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Editoriale

Juan Jos Lahuerta

Nel 1910, su Architettura, Adolf Loos dichiarava di non stupirsi del fatto che i Romani non avessero inventato un nuovo ordine di colonne, un nuovo ornamento, poich erano troppo avanzati per farlo, e proseguiva con alcune considerazioni sul carattere individualista dei Greci e della loro architettura, alla quale opponeva i valori collettivi, o meglio il destino universale dellarchitettura romana. Loos proseguiva parlando di antichit classica e di grandi costruttori, e lo faceva con solennit, come se quella e questi fossero qualcosa di concreto e allo stesso tempo enorme, qualcosa necessariamente al di fuori del quotidiano ma presente ovunque. Esattamente questo: una grande presenza fuori dal tempo, assoluta; una presenza presentita da Loos stesso e da quelli come lui. In verit a Loos interessava ben poco di quello che gli ordini o lornamento potessero significare per i Romani, o quanto importanti fossero. Influenzato dalla scuola degli storici viennesi e anche, perch no, dalle grandi ricostruzioni accademiche , quello che egli vedeva erano le forme essenziali e consumate di quei grandi edifici: prismi,

Architettura, Tempo

cilindri, sfere In quei solidi geometrici, astratti per principio ma costruiti nelle dimensioni gigantesche che si associano sempre alle cose romane, l

dove Loos scopriva le virt delluniversale. Per ottenerlo era necessario spogliare larchitettura romana di molti dei suoi migliori attributi, disprezzarli in quanto superflui quandanche non lo fossero , insomma metterla a nudo. Grandi corpi nudi e sospesi in un Tempo senza temporalit: ci che Loos ammirava erano quelle imponenti masse geometriche in mattoni che i secoli ci hanno tramandato. Il mattone, appunto, il materiale del muro romano, massiccio, omogeneo, capace di rendere solida ogni idea, o la stessa Idea. Il mattone il materiale che rende possibile questa ammirazione. Unammirazione che da un lato totalitaria ed esclusiva, ma dallaltro, e senza alcun paradosso, appare malinconica. In nessun altro modo ormai possibile vedere quegli antichi edifici, se non messi a nudo dal tempo. Il tempo che lascia
Ricostruzione del teatro romano di Sagunto, 1985-93. Prospetto dello scenafronte.

impresse nel mattone le sue orme, che passa e perseguita il fare degli uomini. Le orme di un ambiguo fallimento: definitivo e senza rimedio da un lato, ma dolce e lento dallaltro.

Traduzione di Juan Martn Piaggio

Non ci si stupisce dellinteresse di Giorgio Grassi per il mattone faccia a vista.

CIL 80

Potsdamerplatz (Area ABB-Roland Ernst), Berlino, 2001. Vedute sulla Kthenerstrasse (a fianco) e sullarea verde (in basso). Progetto per la ricostruzione del Neues Museum a Berlino, 1993-97. Prospetto sulla Bodestrasse.

I muri di mattone, con cui molte delle sue opere e in particolare quelle presentate in questo numero vengono costruite, trovano la loro ragion dessere in quella stessa ammirazione che Loos sentiva per le grandi rovine romane. Unammirazione che, daltro canto, si muove tra gli stessi estremi appena commentati che , e non potrebbe essere altrimenti, necessariamente moderna. Moderna, cio di un tempo quello attuale in cui la necessit di costruire deve sempre misurarsi con il malessere che il farlo produce, un fare incomparabile con il vero fare degli antichi.

Chi mai potrebbe, in effetti, vedere oggi, nel nostro debole fare, sempre congiunturale, quelle virt universali? Il sogno dei tempi classici svanito per sempre, spazzato via dal suo stesso vento. Non stupiscono, quindi, quei muri di mattoni, che sempre evocano quegli altri, paradigmi potenti e rovine strazianti, rovine senza tempo, nello stesso tempo. In effetti, il moderno, sembra dire Grassi, non frutto di un atto di volont ma di una necessit. Questo il principio primo della sua opera, lorigine della sua lucidit. La sua architettura sorge dallinvocazione di quella necessit, dalla sua presentazione senza simulacri. Costruire nonostante tutto, per potere impresa impossibile vincere il tempo, che si sa essere invincibile. Larchitettura nuda: quale altro architetto, eccetto Grassi, saprebbe far risuonare ancora la solennit delle sue forme e dei suoi muri, cos come si sentono risuonare, ad esempio, nellaria calma del cilindro di mattoni della chiesa di Porto Santa Rufina?

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