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Peter J.

Van Kessel

Frisoni e Franchi a Roma nell'et carolingia


In: Les fondations nationales dans la Rome pontificale. Actes du colloque de Rome (16-19 mai 1978). Rome : cole Franaise de Rome, 1981. pp. 37-46. (Publications de l'cole franaise de Rome, 52)

Riassunto Le colonie germaniche nella Roma carolingia, cio Franchi, Longobardi, Frisoni, e Sassoni, si concentravano nelle vicinanze di San Pietro, nella citt Leonina. Questa circostanza e il fatto che questi stranieri furono chiamati peregrini hanno dato origine a una interpretazione storiografica in cui i motivi religiosi sono centrali. Non mancano tuttavia argomenti per sostenere che questo tipo di pellegrinaggio aveva il carattere di una migrazione vera e propria, da collocare nel quadro di una apposita politica economica e sociale del papato e nell'insieme delle migrazioni germaniche dell'epoca. Una tale interpretazione non in contrasto con il significato della parola peregrinus a quell'epoca ancora senza la connotazione religiosa del periodo posteriore.

Citer ce document / Cite this document : Van Kessel Peter J. Frisoni e Franchi a Roma nell'et carolingia. In: Les fondations nationales dans la Rome pontificale. Actes du colloque de Rome (16-19 mai 1978). Rome : cole Franaise de Rome, 1981. pp. 37-46. (Publications de l'cole franaise de Rome, 52) http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1981_act_52_1_1395

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In genere le comunicazioni sono ricerche personali ma in questo caso debbo sottolineare che io non ho fatto nessuna ricerca primordiale e che Vi propongo solamente una tesi ed un avvicinamento al problema della pre senza degli stranieri qui a Roma, che sono stati formulati nell'ambito dell'Istituto Olandese a Roma e specialmente da un suo ex-direttore, il professor G. J. Hoogewerff1. Il mio personale campo di interesse in genere rivolto al periodo intorno a Napoleone, cosicch ora mi trovo leggermente a disagio nell'epo ca del suo grande predecessore, l'imperatore Carlo Magno dei Franchi. Nel quadro dell'Istituto comunque mi sono spesso occupato della presenza pi remota dei nostri avi a Roma e ho potuto formulare delle idee fondamentali circa gli stranieri a Roma che, a mio avviso, giustificano una presentazione a questo colloquio. In tal campo, l'istituto Olandese ha gi una lunga tradizio ne. Vari suoi direttori si sono spesso occupati di questa parte della storia di Roma. Baster ricordare qui la discussione tra Gisbert Brom e Joseph Schmidlin in ricorrenza della pubblicazione nel 1906 dell'opera standard di quest'ultimo sulla storia di S. Maria dell'Anima, la fondazione nazionale dei Tedeschi a Roma, allorch Brom contest la tesi dello Schmidlin riguardo al carattere nazionale della fondazione2. In effetti un p incredibile che lo N.B. Per caso venne sotto le mie mani il libro di Peter Partner. The Land's of St. Peter, University of California Press. 1972, che per, non contiene qualcosa di nuovo. 1 G. J. Hoogewerff, Friezen, Franken en Saksen te Rome, in Mededelingen van het Nederlands Historisch Institut te Rome, 3 reeks, V, 1947, p. 1-70; M. P. van Buijtenen, De grondslag 'van de Friese vrijheid, Assen 1953; P. J. Plok, De Friezen te Rome, in De Vrije Fries, CC, 1906, 2 aflevering, p. 3-33. 2 Joseph Schmidlin Geschichte der deutschen Nationalkirche in Rom S. Maria dell'Anima, Freiburg im Breisgau/Wien, 1906; Gisbert Brom De stichting van S. Maria dell'Anima te Roma, conferenza tenuta al Nederlandsch Taal-en Letterkundig Congres te Deventer, 1904; id., De Nederlandsch-Duitsche stichting der Anima te Rome, in De Katholiek, CXXXII, 1907, p. 286-306, 358-380, 446-468; id., Der niederlndische Anspruch auf die deutsche Nationalstiftung Santa Maria

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storico tedesco non sia stato sfiorato dal pensiero di allargare l'uso del concetto germanico e nazionale, fosse solamente per il motivo che la S. Maria dell'Anima stata indiscutibilmente fondata da un certo Petrus di Dordrecht, situata nella contea Olanda che s apparteneva al Regno German ico, ma che difficilmente poteva essere attribuita alla Germania nel senso nazionale pi stretto del XIX secolo, come faceva Schmidlin. La storia delle cosiddette fondazioni nazionali a Roma ci potr dare molti chiarimenti circa la storicit dei concetti nazionale, nazione e straniero in una citt3. Dobbiamo riflettere che anche i Fiorentini, i Milanesi, i Picinesi ed i Maceranesi ebbero le loro fondazioni nazionali a Roma, e secondo me questo un dato da premettere sin dall'inizio di questo colloquio4. La presenza di colonie straniere nella citt di Roma ha le sue origini fin nell'antichit. Le prime colonie conosciute gi nell'epoca dell'Impero Roma no sono quelle dei Greci, dei Sirii e degli Ebrei, le quali tutte indistintament e portano avanti la loro storia fin nel medioevo ed in parte fino ai nostri tempi. I Germani formavano indiscutibilmente un elemento nuovo nella citt e la loro colonia avr un ruolo importante soprattutto dopo il 550. Ci sono diverse interpretazioni della motivazione del loro arrivo e della loro presenza. Essi sono per lo pi considerati pellegrini, anche perch si stabilirono intorno al San Pietro, vicino alla tomba di S. Pietro. Quali esempi pi spettacolari si possono indicare i due Re anglosassoni Caedwalla ed Offa, come pure naturalmente Carlomanno, figlio di Carlo Martello, che si fece consacrare monaco dal papa per poi ritirarsi in convento sul Monte Soratte5. Contrariamente, proprio in base al fatto che si tratta di residenza protratta nel tempo, ci si pu domandare come definire tale tipo di pellegrinaggio. Riprenderemo questo argomento pi in l. Per quanto riguarda i germani, si possono definire dei gruppi chiar amente differenti uno dall'altro : gli Anglosassoni, i Franchi, i Longobardi ed i Frisoni. Questi gruppi si concentravano sempre nelle vicinanze del San Pietro, in dei borghi propri e riconoscibili, con una chiesa, un ospizio e

dell'Anima in Rom, Roma, 1909, replica all'articolo di Joseph Schmidlin, Der hollndische Anspruch auf die Anima vor dem Forum ihrer Geschichte, in Der Katholik, Mainz, 1909, p. 184201. 3 Vedi la mia dissertazione Duitse Studenten te Padua, Assen 1963. 4 Matizia Maroni e Antonio Martini, Le confraternit romane nelle loro chiese, Roma 1963. s Ottorino Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Istituto di Studi Romani, Storia di Roma, voi. IX, Bologna 1941, p. 495.

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spesso un cimitero proprio6. Nelle occasioni speciali, come per esempio la visita di Carlo Magno a Roma, questi gruppi comparivano come scholae diverse; intrattenevano contatti con i loro paesi d'origine, ricevevano sussid i, intermediavano i contatti tra la curia da una parte ed i loro connazionali e specialmente i loro re, dall'altra. Probabilmente le fondazioni romane fungevano anche da base per le imprese militari di gruppi pi numerosi di connazionali che arrivavano in Italia per delle spedizioni militari pi vaste. Si ha l'impressione che i Germani tutti insieme ebbero una posizione chiaramente separata dal resto della popolazione romana. Per primo essi vivevano concentrati sull'altra sponda del Tevere nella zona tra il Castel Sant'Angelo ed il San Pietro; avevano una relazione speciale con i papi i quali, nei loro conflitti con la popolazione romana, cercarono regolarmente appoggio dalle colonie germaniche; nelle festivit ed anche quando la milizia cittadina partiva tutta riunita per la battaglia, esse si presentavano separate dai veri Romani. In breve, la loro integrazione procedeva a stenti cosicch a Roma, gi nel primo Medioevo, si manifestava quella spaccatura tra l'Europa Settentrionale e l'Europa Meridionale nella quale i papi hanno avuto perfino un ruolo determinante nelle loro mire personali a mantenere ed allargare la propria autorit. Anche nella citt di Roma, i Germani furono un fattore significativo nella politica dei papi. I quattro gruppi dei Germani vivevano concentrati in quella zona che venne poi chiamata Citt Leonina, in onore al papa Leone IV che ne fece costruire le mura. Nell'846 infatti, il San Pietro ed i borghi dei Germani circostanti vennero saccheggiati dai Saraceni. Questa storia chiarisce molto bene la posizione dei Germani nell'insieme della citt di Roma7. Gi da tempo i Saraceni erano stati ravvisati nel Mare Tirreno prima di sbarcare ad Ostia il 23 agosto. Senza doversi impegnare in una battaglia, essi conquistarono Gregoriopolis, la fortezza alla foce del Tevere costruita poco prima da Gregorio IV; subito dopo presero anche Porto che abbandonarono in giornata. Nel frattempo la milizia romana aveva preso le armi e si era messa in marcia lungo il Tevere, in direzione dei Saraceni, dopo aver deciso che i Romani avrebbero seguito la sponda meridionale ed i Saxi et 6 Bertolini op. cit., n. s., p. 708-709. Per una bibliografia pi completa vedi Baudouin Gaiffier, Plerinages et culte des saints, in Convegni del Centro di studi sulla spiritualit medievale, 4, Todi, 1963 ristampato negli Etudes critiques d'hagiographie et d'iconologie, Bruxelles 1967. 7 Per questi fatti vedi Paolo Brezzi, Roma e l'Impero medievale (774-1252), Storia di Roma, 10, Istituto di Studi Romani, Bologna 1947, p. 52-56, e G. J. Hoogewerff, op.cil, n. 1, p. 21-25. Ambedue gli autori si riferiscono al Liber Pontificalis.

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Frisones et schola quae dicitur Francorum la riva settentrionale. Verso sera occuparono le diverse posizioni : i Romani davanti ad Ostia, i Germani a Porto. L'indomani si ebbe qualche scaramuccia e subito si manifest la superiorit numerica dei Saraceni, pertanto i Romani si ritirarono verso Roma la stessa sera per non correre rischi. I Sassoni ed i Frisoni invece rimasero a proteggere Porto dove il giorno dopo vennero sorpresi dal nemico e sconfitti. I Saraceni quindi marciarono verso Roma seguendo la riva settentrio nale, dopodicch saccheggiarono il San Pietro ed i borghi. Anche il San Paolo fuori le Mura sub la stessa sorte, ma non toccarono Roma stessa. Infine i Saraceni vennero scacciati da una milizia meglio organizzata di contadini provenienti dalla campagna e dalle truppe ausiliarie della Lega Campana commandate da Cesario di Napoli. Nell'848, l'imperatore Lotharius sarebbe venuto personalmente a Roma con molte truppe militari, tra le quali anche un grosso contingente di Frisoni (Brezzi giudica una leggenda la venuta di Lotharius). In tale occasio ne i Frisoni si sarebbero impadroniti delle reliquie di San Magno di Fondi; la testa del Santo sarebbe andata a finire nella chiesa di San Michele dei Frisoni a Roma, mentre un braccio sarebbe stato portato nella Frisia per essere conservato nella chiesa di Almerum presso Harlingen8. Nell'847, i borghi intorno al San Pietro vennero devastati da un grosso incendio. A causa di tutti questi disastri, il nuovo papa, Leone IV, decise di farli circondare da un muro, per il quale sia l'imperatore Lotharius che il Re degli Anglosassoni, il Re Ethelwulf, imposero una tassa supplementare ai loro relativi popoli. interessante vedere dalle iscrizioni che sono tuttora presenti in tali mura, come parti di esse e qualche torre vennero cedute dalle milizie di due domuscultae papali dell'Agro Romano, cio da Capracorum e da Saltisene. Con Capracorum probabilmente viene inteso la cittadina Crepacuore, situata lungo la Via Cassia, e con Saltisene forse Campo Salino, vicino a Fiumicino, lungo la via per la chiesetta di S. Rufina e S. Secunda, la chiesa vescovile del vescovato omonimo9. La storia dell'attacco dei Saraceni e della susseguente costruzione delle mura intorno alla Civitas Leonina motivo di diversi interrogativi. Primo di tutto curioso che la milizia romana la quale era avanzata contro i Saraceni

s Per la questione delle reliquie di S. Magno vedi Mario Bosi e Piero Becchetti, SS. Michele e Magno, nella serie Le chiese di Roma illustrate, Istituto di Studi Romani, 1973, p. 34-53. 9 G. J. Hoogewerff, op. cit., p. 26; Giuseppe Tomasetti, La Campagna Romana, voi. I, Roma 1910, p. 112, 123.

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insieme con i Sassoni, i Frisoni ed i Franchi, si ritir la sera dopo per la superiorit saracena, mentre i Germani rimasero a Porto contro la stessa superiorit. Per quale motivo essi non si ritirarono a difendare i loro borghi? Si pu addurre che a Porto in una cittadina fortificata, credettero di poter resistere contro il nemico, eppure avrebbero dovuto rendersi conto del fatto che rinchiudersi l ed isolarsi dalla loro base avrebbe significato che i borghi intorno al S. Pietro sarebbero rimasti indifesi. Queste consider azioni fanno supporre che i Germani avessero un tale interesse personale nella difesa di Porto da correre il rischio di lasciare i borghi senza protezion e. Certamente la necessit di proteggere i borghi con delle mura e delle torri stata sentita maggiormente dai pi interessati, in casti le scholae germaniche. Durante la campagna saracena, i Romani non sembrano aver avuto interesse nel dare loro una mano a difendere Porto i borghi. Non pertanto probabile che abbiano dato un cospicuo contributo alla costruzio ne delle mura, come invece dettero le milizie di due pi domuscultae situate nella regione al nord di Roma. Le domuscultae erano state create da recente, sotto il regno di Zaccharia, quali conglomerazioni di popolazione contadina degli intorni di Roma; avevano lo scopo di affrontare le necessit economiche locali con l'aiuto di mulini, forni, granali e piccole officine, a vantaggio degli agricoltori assunti dai papi per ripopolare le zone deserte e per coltivare nuovamente i terreni maggesi. Per facilitare il traffico econo micotra tali domuscultae erano state coniate delle monete con la raffigura zione del papa. Come controparte le domuscultae fornivano prodotti agricoli al papa e rendevano vari servizi, sia militari che di altro genere, viste le iscrizioni nelle mura della Citt Leonina10. Siccome le domuscultae erano di data recente si pu supporre che tra tali servizi ed i relativi interessi ci fosse un legame organico, in quanto i papi chiedevano i loro servizi per delle imprese che avevano importanza per le domuscultae stesse. fatto noto per esempio che Ostia e Porto, dopo essere stati saccheggiati dai Saraceni nell'846, tramite l'intercessione dei papi furono offerte quali domus cultae a dei gruppi di Corsi i quali, in cambio, dovevano rendere dei servizi di guardia litorale contro i Saraceni11. Una simile coesistenza di interessi nella costruzione delle mura intorno ai borghi e nei servizi resi dalle milizie delle due domuscultae non pertanto da scartare. 10 Paolo Brezzi, op. cit., p. 25-26. 11 Evelyne Patlagean, Les armes et la cite Rome du VIIe au IXe sicle et le modle europen des trois jonctions sociales, in Mlanges de l'Ecole franaise de Rome, Moven Age/Temps Modern es, 86, 1974, p. 55-62.

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Anche al Sud del Tevere aveva avuto luogo tale ripopolazione e ricolt ivazione per mezzo di domuscultae. Per si ha l'impressione che qui si sia trattato soprattutto di aggiungere alla popolazione originaria dei gruppi nuovi provenienti dalle montagne contrariamente a quanto avvenuto per la colonizzazione al Nord del Tevere e specialmente tra la Via Aurelia e la Via Flaminia - per le quali sembra siano stati chiamati dei coltivatori da altri luoghi12. I Corsi concentrati nelle domuscultae di Ostia e Porto avevano anche una schola nella citt di Roma, ai piedi del Monte Capitolino. Essi abitavano perci nella citt e pertanto non venivano denominati peregrini come i Franchi ed i Frisoni che risiedevano nella Citt Leonina13. forse possibile che la loro presenza l in scholae rispecchiasse una situazione simile come quella dei Corsi? Cha accanto alle concentrazioni cittadine nei borghi, si trattasse di una colonizzazione rurale da parte dei Franchi e Frisoni per mezzo delle domuscultae al Nord di Roma? utile fermarsi un attimo al termine peregrinus, al quale usualmente viene dato il significato di pellegrino. Nel latino classico manca tale conte nuto specifico e generalmente indica lo straniero, colui che non appartie ne alla comunit propria e con il quale le relazioni si possono regolare con dei trattati14. Cos i Germani che si erano stabiliti intorno al San Pietro, vennero chiamati peregrini. Nella storiografia posteriore che partiva dal concetto medioevale peregrinus, ci port ad una rappresentazione di cose come se questi Germani erano partiti nelle vesti di pellegrini per la tomba di San Pietro. Il fatto che essi rimasero ad abitare l, venne spiegato con il suggerimento di un pellegrinaggio eterno15.

12 G. J. Hoogewerff, op cit., p. 28; Pierre Toubert, Les structure'; du Latium medieval, 1 Roma, 1973, p. 315; 0. Bertolini, La ricomparsa della sede episcopale di Trs Tubernae nella seconda met del secolo Vili e l'istituzione delle domuscultae, in Archivio della Societ Romana di Storia Patria, 75 (1952), p. 103. " G. J. Hoogewerff, op. cit., p. 28. 14 Baudouin Gaiffier, op cit., p. 32-33, sostiene che sarebbe del tutto sbagliato tradurre peregrinus con la parola pellegrino. Secondo Gaiffier difficilissimo stabilire con esattezza il momento in cui la parola peregrinus cambia significato. Nell'epoca dei crociati, probabilmente significava ancora forestiero, mentre nel tempo di Dante c'era ancora una ambiguit nel concetto della parola, Vedi anche Tomasetti, op. cit., vol. I, p. 49. 15 Gaiffier, op. cit., cita vari testi dai quali risulta che nei secoli VII e Vili esisteva il concetto della peregrinatio eterna, comunque quasi sempre in relazione con praedicatio. Egli del parere che la questione del significato del concetto stesso sarebbe ancora da approfondir e.

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L'elemento religioso sar stato certamente una buona motivazione per l'arrivo di questi peregrini a Roma, ma dobbiamo tenere conto dei motivi profondamente psicologici che abbiano potuto spingere tali persone ad andare verso il centro del mondo, dove risiede il Padre dei Cristiani dove la sede della pi alta autorit di questo mondo e dove, pi che in qualunque altro luogo, le tantissime tombe dei santi martiri che ci hanno preceduto, danno maggiori garanzie per una predestinazione all'ultimo giorno. In breve, la vita a Roma e nei suoi dintorni dava molte garanzie anche se i Saraceni devastavano il paese, ma quali minacce hanno fatto s che i peregrini lasciassero i propri paesi?16 Lo stabilirsi a Roma oppure nei dintorni divenne la forma classica di peregrinare e varrebbe la pena esaminare a fondo la misura in cui ci siano state differenze tra quello che definiamo ai giorni d'oggi il pellegrinare e emigrare, e in quale momento tali differenze si siano manifestate17. Nel pellegrinaggio inflitto come punizione e penitenza per aver commesso un delitto, presente certamente l'elemento di scacciare dalla propria comunit , di fare peregrinus nel senso di straniero18. Non voglio assolutamente tirare qui la conclusione che i peregrini a Roma nell'et carolingia fossero dei delinquenti mandati in esilio, per forse, per una grande parte, erano gi dei diversi, degli avventurieri che per una qualsiasi ragione non erano ben inquadrati nella loro propria societ. Anche in fase posteriore, allorch il pellegrinare venne spesso collegato con il combattere i pagani, sia nei Luoghi Santi che in Spagna, tale carattere di esilio, oppure di sottrarsi alla persecuzione, fortemente presente nel senso di prendere servizio nella legione straniera, mentre l'elemento di emigrazione e coloniz zazione di terreni incoltivati oppure di zone spopolate da violenza militare, hanno ancora un ruolo importante. Ritorniamo adesso ai borghi della Citt Leonina, alle domuscultae nell'Agro Romano, ai peregrini assunti dai papi per ricoltivare i terreni abbandonati del Patrimonium Petri, che in cambio dovevano rendere vari servizi - sia militari che manuali ed agricoli - al loro Signore, il Papa, quali

16 Sul periodo, spesso esagerato, dei saraceni ed ungheresi vedi Toubert, op. ciu, p. 31 1 e la bibliografia relativa. 17 Vedi nota 15. 18 J. van Herwaarden, Opgelegde bedevaarten, een Studie over de praktijk van opleggen van bedevaarten (met name in de stedelijke rechtspraak), in de Nederlanden gedurende de late middeleeuwen (ca. 1300- ca. 1550), Assen/Amsterdam, 1978.

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homines S. Ptri, quali i rustici e familires ecclesiae : i Masnadae S. Vetri che per tutto il Medioevo formavano la milizia papale19. Vediamo come nell'ottavo secolo, alla stessa epoca in cui hanno luogo le spedizioni italiane dei Re ed Imperatori carolingi, compaiono delle masserie nell'Agro Romano intorno alle nuove domuscultae, con una specie di concentrazione urbana nella zona tra il Castel Sant'Angelo e San Pietro, conforme al modello dell'urbanistica nella zona germanica. E questo non soltanto intorno a San Pietro, ma anche sia nei dintorni della vecchia cittadina Porto, caduta in rovina, che intorno all'agglomerazione - chiamata tale in onore di Santa Rufina e Santa Secunda - pi al nord-ovest, la vecchia Silva Candida. La giurisdizione su tale zona fu esercitata in nome del papa, dal vescovo suburbano di Porto e S. Rufina, il quale fungeva anche da vescovo della Citt Leonina20. Cos si spiega perch i peregrini germanici dei borghi abbiano difeso Porto contro i Saraceni e perch le domuscultae Saltisene e Capracorum fossero interessate nella costruzione delle mura intorno ai borghi. Non necessario spiegare che si dato soltanto una illustrazione globale alle origini ed al carattere delle residenze germaniche intorno a Roma e dei loro borghi nella Citt Leonina. Per poter formare un quadro pi dettagliato purtroppo ci mancano sinora ulteriori dati e resta il dubbio che la documentazione esistente e/o l'archeologia ce li possano fornire21. Quale tipo di persone erano questi peregrini? Essi mantennero dei contatti con i loro paesi d'origine oppure si assimilarono rapidamente alla popola zionelocale? Quest'ultimo interrogativo sembra avere una risposta negati va, visto che abitavano e partecipavano a manifestazioni separatamente dai Romani. certo per che i Sassoni, i Franchi ed i Frisoni, e perfino i Longobardi a Roma si siano uniti facilmente tra di loro, che abbiano formato una sola conglomerazione la quale, malgrado gli elementi tradizio nali quali chiese, santi ed ospizi che rimasero propri ad ogni singolo agglomerato, si adattava in un rapporto pi ampio all'egemonia degli Imperatori franchi e carolingi. In genere si potrebbe far valere l'ipotesi che la situazione dei Germani a Roma rispecchiasse quella dei Germani nei loro paesi originari. Che in misura in cui - anche tramite la missione dei monaci anglosassoni - il Regno dei Franchi s'ingrandiva fino a diventare un Impero

19 Tomasetti, op. cit., p. 111. 20 G. J. Hoogewerff, op. cit., p. 29. 21 Specialmente per il Lazio settentrionale mancano i dati archeologici; vedi Toubert, op. cit., p. 3 1 1 .

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Germanico, cos i peregrini a Roma e nei suoi dintorni si univano con pi facilit tra di loro. Nel corso del nono e del decimo secolo, i confini tra i borghi diventano sempre pi indefinibili e finalmente anche in relazione alla popolazione romana e quella rurale in genere. I peregrini spariscono infine dalla nostra visuale, integrati come sono nell'ambiente naturale. Solo le loro istituzioni continuarono a mantenere un'indipendenza amministrativa fino nel XVI secolo22. Una tale visione sulla presenza germanica a Roma pu avere le sue conseguenze riguardo all'invasione dei barbari in Italia. Si dovrebbe tenere conto della spopolazione del paese, ragione per cui le invasioni prendono il carattere di migrazioni23. Perfino le imprese militari dei Pipini, dei Carolingi e degli Imperatori Germanici potrebbero essere considerate quali ultime conseguenze della grande migrazione dei popoli che ha interessato l'intera Europa dal quarto sino al decimo secolo, anche sino al tredicesimo quattordicesimo secolo, se si vogliono includere pure gli insediamenti normanni in tale discorso. anche molto probabile che gli insediamenti di interi ducati non potessero consistere solo di persone d'lite, cos come pure le conquiste dei Franchi non potessero avere solo conseguenze politi che od istituzionali. Lo stabilirsi di colonizzatori e coltivatori con tutto il loro avere in delle zone completamente parzialmente deserte era prima un motivo di spedi zioni militari e, in una seconda fase, un punto di partenza. Dei casi interessanti in tale contesto sono per esempio i monasteri franchi intorno a Roma come l'abbazia di Farfa oppure i conventi di S. Andrea e di S. Silvestro sul Monte Soratte, che all'occorrenza fungevano anche da base militare per gli imperatori germanici nelle loro imprese italiane24. Non necessario vedere popolati tali conventi solo da monaci giunti l dalla Francia dalla Germania; i monaci provenivano per lo pi dalla popolazione franca dei dintorni, eventualmente completati da monaci dalle zone originarie. Concludendo giungo alla formulazione di un paio di ipotesi di ricerca : 1. Quando si usa il termine peregrinus riguardo ai Sassoni, i Franchi ed i Frisoni a Roma, lo si dovrebbe interpretare nel senso originario classico di straniero, certamente in relazione alla popolazione romana; lo stesso vale

22 G. J. Hoogewerff, op. cit., p. 40-66. 2 K. Schmid, Zur Ablsung der Langobardenherrschaft durch die Franken, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 52 (1972), p. 1-35. 24 Ibidem. Vedi anche Tomassetti, op. cit., vol. Ill, p. 340.

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per il verbo peregrinavi che in prima istanza non ha il significato di pelgrimare. 2. La presenza dei peregrini germanici a Roma e nell'Agro Romano trova le sue ragioni primarie in motivi socio-economici, le quali in retrospezione debbono essere messe in relazione con quelli di carattere religioso. 3. Sarebbe chiarificante vedere la presenza dei Germani a Roma e dintorni durante l'epoca carolingia in relazione alle grandi migrazioni del primo medioevo, ed in correlazione alle spedizioni militari dei re ed imperatori carolingi. 4. Dal punto di vista della metodica sarebbe una ipotesi fruttuosa quella di porre la presenza effettiva di grandi gruppi di emigranti come la base della formazione istituzionale e formale dei Franchi e Germani a Roma e dintorni, come i monasteri, le chiese e le istituzioni pie in genere. Si deve considerare che le istituzioni ed i regolamenti ecclesiastici in tutti i campi possibili ed immaginabili erano presenti con le loro regole e le loro norme l dove le varie situazioni richiedevano ordine ed autorit. Le istituzioni pie a Roma hanno indubbiamente avute delle aspirazioni pie, ma il carattere pio deve essere spiegato come modo di espressione con il quale, conforme alla gerarchla vigente dei valori, si poteva dare un ordine sanzio nato ad un complesso di aspirazioni molto pi vasto. In altri periodi, le istituzioni pie a Roma sarebbero state denominate delle istituzioni culturali, cos come ai giorni d'oggi, saremmo stati propensi a chiamarle delle unit socio-economiche. Peter Van Kessel

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