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Il problema si complica quando pende invece un giudizio di separazione o divorzio, posto che, come a tutti noto, tali processi

i sono speciali solo per la fase iniziale (quella presidenziale), ma successivamente si trasformano in giudizi a cognizione piena che si svolgono secondo le cadenze codicistiche previste per il processo ordinario ex artt. 16 c.p.c., con la fase davanti al g.i. e la decisione rimessa al collegio. Il quesito da porsi se in tali ipotesi, ove ci sia richiesta di provvedimenti che l!art. " d.a.c.c. demanda al giudice minorile, debba instaurarsi un autonomo giudizio camerale o l!istanza debba essere inoltrata al giudice della fase di svolgimento del processo di separazione o divorzio. #er rispondere necessario tener conto che si in presenza di ipotesi di competenza non autonoma, la cui giustificazione risiede nel fatto che vi gi$ pendente un altro giudizio in cui si controverte sulle questioni relative ai minori, sicch% appare chiara sia la ratio di economia processuale, sia soprattutto l!intenzione di evitare sovrapposizione di distinti organi giudiziari. &ali considerazioni sono importanti perch%, da un lato, circoscrivono l!ambito di operativit$ della norma, dall!altro, consentono anche di risolvere la questione del rito. Infatti, se la pendenza del giudizio di separazione o divorzio che determina la vis attractiva, appare ovvio sostenere la prevalenza del rito di quel processo anche per i provvedimenti di competenza trasferita. Il che significa che, se il processo pende davanti al presidente o al giudice istruttore, la relativa istanza va proposta a tali giudici. 'e mai il problema chiedersi se tali giudici, in quanto dotati del potere di pronunciare misure provvisorie nell!interesse della prole e dei coniugi, possano emettere anche i provvedimenti in questione. (a questione si pone sia perch% ci sono provvedimenti di tale gravit$ che sarebbe opportuno che a pronunciarli sia solo il collegio (si pensi alla decadenza della potest$), sia perch%, tra le misure in questione, ce ne sono alcune che producono conseguenze irreversibili (si pensi all!autorizzazione del matrimonio del minore ex art. ") c.c.), rispetto alle quali, pertanto, sarebbe un non senso parlare di provvedimento provvisorio. #er quanto possa sembrare paradossale, credo che il problema non si ponga nei casi di maggiore frequenza statistica ed importanza, quali quelli di cui ai provvedimenti ex artt. *, c.c. Infatti, le misure ex art. c.c. sono pienamente reversibili, tant! che l!ultimo comma dell!art. c.c. ne prevede la perenne

revocabilit$+ pertanto, non credo che ci siano ostacoli alla possibilit$ di pronuncia delle stesse da parte del presidente o del g.i. #er quel che concerne la decadenza dalla potest$, vero che un provvedimento reversibile, ma sicuramente ha conseguenze talmente drastiche che ne riserverei la pronuncia solo al collegio. ,i- per- non comporta alcun inconveniente pratico, giacch%, ove il presidente o il g.i. ritengano ravvisabili gli estremi che giustifichino la decadenza dalla potest$, pur non potendola pronunciare, comunque possono adottare tutte le misure che la presuppongono, come l!affidamento esclusivo o l!allontanamento del figlio o del genitore di cui parla l!ultimo comma dell!art. * c.c. (provvedimenti . questi ultimi . pienamente reversibili). /ve invece si sia in presenza di misure dalle conseguenze irreversibili, la competenza a pronunciarli va riconosciuta esclusivamente all!organo collegiale.

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