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Esperienza di Griffith Il ceppo S, detto anche liscio in grado di provocare la polmonite.

. Il ceppo R, detto anche rugoso non in grado di provocare polmonite.

1. Griffith iniett batteri R in un topo, verific che la cavia non si ammalava. 2. Griffith iniett batteri S in topo, verific che l'animale si ammalava, moriva ed era possibile isolare questi batteri dai tessuti dello stesso. 3. Griffith prese alcuni batteri S e li uccise in seguito a shock termico. Iniett poi questi batteri morti in un topo e come c'era d'aspettarsi il topo non si ammal e non fu possibile isolare S dai tessuti dell'animale. 4. Da ci si deduce che, per provocare la malattia, necessaria la presenza della capsula e i batteri capsulati devono essere ovviamente vivi. 5. A questo punto Griffith prepar una miscela in cui erano presenti batteri vivi R e batteri morti S (uccisi da trattamento termico). Iniett questa miscela in un topo: quello che ci si aspettava era la non comparsa di malattia nell'animale. In realt il topo si ammal e mor; nei suoi tessuti si riscontrarono batteri S. 6. Griffith propose l'unica spiegazione plausibile: alcuni batteri IIR, in seguito all'interazione con batteri morti IIIS si erano trasformati in S. Evidentemente all'interno dei S morti doveva essere presente una qualche sostanza in grado di conferire ai batteri R che l'acquisivano la capacit di sintetizzare la capsula polisaccaridica. Questa sostanza ovviamente il materiale genetico, ma Griffith lo chiam principio trasformante. Esperienza di Avery Riprendendo lesperimento di Griffith, Avery si procur una coltura di pneumococchi di tipo S. A questo punto lis le cellule (cio ne ruppe la parete e la membrana cellulare) in modo da ottenere una soluzione nella quale era disciolto il materiale contenuto nei batteri, il cosiddetto estratto cellulare o lisato cellulare. Il materiale genetico doveva presumibilmente essere uno dei diversi tipi di macromolecole biologiche presenti nei batteri: (proteine, polisaccaridi, acidi nucleici ovvero DNA e RNA e lipidi). Avery e colleghi riuscirono a separare l'estratto cellulare nelle varie componenti macromolecolari appena citate. Successivamente cercarono di capire quali di queste sostanze erano effettivamente in grado di trasformare batteri R avirulenti in batteri S virulenti. Le cavie sopravvivevano quando trattate con tutte le biomolecole tranne gli acidi nucleici: il materiale genetico doveva essere quindi DNA e/o RNA.

Introduzione allesperienza di Hershey e Chase: i virus I virus sono composti da: DNA o RNA Capsula proteica Asta proteica

Esperienza di Hershey e chase Hershey e Chase svolgevano studi su un fago, ovvero un virus in grado di infettare i batteri, nel loro caso il batterio Escherichia coli (E. coli); in particolare il fago di loro interesse era noto come "T2". All'epoca era noto che T2 era formato esclusivamente da DNA protetto da un involucro proteico. I due scienziati prepararono in parallelo due colture di E. Coli: Nel terreno di coltura della prima introdussero fosforo (l'isotopo 32P). Nel terreno di coltura della seconda introdussero zolfo (l'isotopo 35S).

I batteri delle due colture metabolizzarono da una parte il fosforo e dall'altra lo zolfo introducendo questi atomi radioattivi nelle biomolecole presenti all'interno delle cellule. Il fosforo si trover in gran parte nei nucleotidi e di conseguenza anche negli acidi nucleici; non sar presente invece in quantit significative nelle proteine. Lo zolfo si trover nelle proteine (in particolare nell'amminoacido cisteina) e non si trover nei nucleotidi. A questo punto i ricercatori infettarono parallelamente le due colture batteriche con il fago T2. Questo virus utilizza l'apparato biosintetico delle cellule di E. coli per replicare il proprio DNA e per sintetizzare le proteine del rivestimento (cfr. Ciclo litico di un virus). Dal momento che i nucleotidi e gli amminoacidi utilizzati nella sintesi del DNA e delle proteine virali sono quelli presenti all'interno della cellula infettata, ne risulta che i fagi sviluppati dall'infezione nella prima coltura avranno un DNA marcato radioattivamente, mentre quelli sviluppati dall'infezione della seconda coltura avranno il rivestimento proteico esterno marcato radioattivamente. Hershey e Chase separarono i fagi neoformati (quelli marcati) dai due terreni di coltura e, separatamente, li utilizzarono per infettare altre due colture di E. coli, in questo caso cresciute su terreni "standard" privi di isotopi radioattivi.

Nel caso in cui i fagi infettanti avessero il DNA marcato, in seguito all'infezione gran parte della radioattivit veniva misurata all'interno delle cellule batteriche colpite (e nel DNA di una parte dei nuovi fagi sviluppatisi in seguito a questa infezione). Nel caso in cui i fagi infettanti avessero il rivestimento proteico marcato, la radioattivit veniva misurata solamente all'esterno delle cellule batteriche colpite (e non era presente sul rivestimento proteico dei nuovi fagi sviluppatisi in seguito a questa infezione).

Il processo utilizzato per determinare se la radioattivit provenisse dall'interno o dall'esterno delle cellule fu il seguente: dopo un certo tempo dall'inizio dell'infezione, il terreno di coltura veniva posto in un omogenizzatore. La conseguente agitazione provocava il distacco del rivestimento proteico dei virus dalla membrana cellulare (in questo caso si parla di "ombre fagiche" poich questi rivestimenti proteici non contengono il DNA che gi stato iniettato nella cellula). Il tutto veniva poi centrifugato: la parte cellulare (contenente eventualmente il DNA marcato) rimaneva sul fondo della provetta, mentre i rivestimenti proteici distaccati dalle membrane cellulari rimanevano in sospensione. A seconda di dove si misurava la maggiore radioattivit era possibile dedurre se la molecola marcata si trovasse o meno all'interno della cellula. Nel caso del DNA marcato la radioattivit si misur sul fondo della provetta. Nel caso delle proteine marcate la radioattivit si misur sul sopranatante.

Dal momento che il fago per replicarsi ha bisogno di introdurre all'interno della cellula ospite il suo materiale genetico per poter sfruttare l'apparato batterico di replicazione del DNA, appare evidente che questo materiale genetico deve per forza essere il DNA poich, come dimostrato, le proteine non entrano nella cellula colpita mentre il DNA s.

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