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In Il tempo materiale si parla di terrorismo attraverso un meccanismo narrativo originale e

straniante - la storia di un gruppo di ragazzini che fondano una cellula terroristica a imitazione
delle Brigate Rosse. Lo straniamento raddoppiato dal fatto che i ragazzini pensano e parlano
come degli adulti. Perch questa scelta stilistica? E perch questo tema?
Quando ci si confronta con un romanzo, o quando lo si legge, si tende a supporre che tutto
quello che finisce all'interno di quella struttura, di quella forma che il romanzo, si tende a
supporre che tutto ci che vi finisce dentro sia perfettamente noto all'autore. In realt,
all'interno di un romanzo credo che finiscano delle azioni che sono solo in parte note, di cui si
diventa consapevoli man mano che si va avanti, che magari vengono evidenziate dalla lettura
che gli altri fanno del romanzo. Riguardo a Nimbo e allo scarto tra la sua et e la lucidit di
osservare e dire le cose, c' stata la messa a punto di una lingua, e dall'inizio la decisione di far
esistere questa lingua all'interno di un contenitore che sembra inadeguato come una coca cola
in una damigiana di vino con una vaga consapevolezza del fatto che questo avrebbe
significato far porre una serie di domande a chi non c'era, chiedere una disponibilit. Perch se
non assecondi i soliti meccanismi di verosimiglianza e cerchi di costruire gli stessi su un altro
piano chiaro che stai forzando un legame, il rapporto che si instaura tra chi scrive e chi legge.
Ho deciso di proporre una lettura degli anni 70 che quella che mi interessava gi da prima,
l'ldea per la quale lo decldo dl parlare dl deLermlnaLl Leml solo se quesLl sono sLaLl faLLl" (ho
faLLo gll annl '70", ho faLLo ll '68"...). L una prospeLLlva che pu avere senso ln deLerminate
circostanze, ma in letteratura una definizione simile impossibile, a meno che non si cerchi di
testimoniare in base scientifica quello che si vissuto. In letteratura fai una cosa di altro genere:
non posso ricordarmi tutti i dettagli, ci sono spazi in cui non sono mai stato, che non ho mai
attraverato, ho di essi una percezione ridotta, ma posso comunque raccontarli.
I| suo romanzo, secondo G|ann| 8|ond|||o, amb|entato a a|ermo, che |u| def|n|sce "per|fer|a
dIta||a". L una sce|ta so|o autob|ografica?
Anche questa una cosa che arriva dopo, e che poi si collega in maniera fertile con tutto il resto
delle cose che poi finiscono all'interno della storia. il bisogno di un tipo di dialogo con i luoghi,
con gli spazi, che per certi versi carsico, inconsapevole, e che ha a che fare con elementi quasi
anlmall". L un po' come la conLrapposlzlone Lra l luoghl che sono casa" - e che non
necessariamente sono luoghi piacevoli e quelll che non lo sono. l luoghl che sono casa" sono
quelli in cui ti puoi muovere al buio, di notte, senza accendere la luce. Palermo quel luogo in
cui mi posso muovere anche al buio, ma non perch abbia poi chiss quale conoscenza filologica
della citt, per niente: la conosco meglio da quando non ci vivo, per il luogo in cui sono nato,
in cui tutti gli spazi sono significativi. Quello che mi ha impressionato stato rendermi conto che
la narrazione ha compiuto un processo di risignificazione, di questi luoghi, dal punto di vista
narrativo. una specie di desiderio strutturale all'atto narrativo: quello di dare forma, dare
rilievo a tutto quello che abbiamo considerato secondario e irrilevante per tanto tempo.
Alla fine quindi poi anche vero che Palermo diventa funzionale al discorso che viene fatto nel
romanzo. una periferia di quello strano, aberrante impero che era quello delle Brigate Rosse
durante gli anni '70, i cui centri erano Roma Torino e Milano. Rappresenta il momento in cui si
instaura un meccanismo imitativo nei personaggi: se sei gi qualcuno non hai nessuno da
imitare, ma se sei ai margini, imitando cerchi di avvicinarti al centro. Ho fatto ricerche sul
terrorismo degli anni '70 a Palermo, e ho visto che la vicenda era ridotta praticamente al
minimo. E in effetti veniva ricevuta come una specie di battuta macabra e inverosimile, quella
del Lerrorlsmo a alermo, una specle dl sLrano non dlrlLLo dl clLLadlnanza", laddove quesLo
diritto lo hanno, in maniera sistematica, altre forme di violenza.
Sempre riguardo Palermo: parlando del tuo prossimo romanzo, hai detto che stai tentando di
prelevare un campione di realt normale (carotaggio) per ottenere uno spaccato della realt
|ta||ana genera|e (s|neddoche), e da|tra parte ha| r|bad|to d| non vo|er fare de||a soc|o|og|a,
ma di voler narrare. Quali differenze fondamentali individui fra questi due ambiti?
Questo secondo libro, che esce a Maggio e che gi finito, il secondo di ambientazione
palermitana, ma sar probabilmente l'ultimo, almeno nei termini in cui successo finora. Non
sono neanche sicurissimo che sia un romanzo, nel senso che tenderei a considerarlo un romanzo
breve, un racconto e un ragionamento direttamente collegato a questa sorta di
microavventura vissuta dal protagonista, ma potrebbe anche non esserlo. Devo dire che mi sono
un po' posto il problema di che cosa fosse il romanzo e cosa non fosse, prima di accantonare il
problema e decidere che non fosse importante. Non volevo che si innescasse il processo
fiction/nonfiction. Se ammettiamo che il romanzo un luogo, una struttura elastica che
manifesta la propria duttilit e la propria capacit di esistere come una specie di ventre della
balena, dove possibile trovare tutti i materiali immaginabili, allora in questo senso il mio un
romanzo. Ma, al di l della sua iscrizione in uno o in un altro registro, in una o in un'altra
etichetta, il principio quello di collegare un'azione letteraria ad un criterio che appartiene a un
amblLo del LuLLo dlverso, laddove ancora una volLa non eslsLe mal un del LuLLo dlverso" se la
prospettiva letteraria. Per cui il carotaggio, che una pratica della geologia cui si ricorre per
accertare la natura di un terreno applicando un principio induttivo, viene usato come motore
della storia. Decidendo che se anche una biopsia, anche un prelievo di sangue sono dei
caroLaggl, sl pu pensare dl poLer complere aLLraverso lo sguardo un prellevo dl realLa", usando
tre giorni di tempo e un luogo particolare, che appunto Palermo. Pensando quindi di usare
Palermo per analizzare l'Italia.
Riguardo alla sociologia, l'impressione che ho che ogni narrazione dovrebbe, potrebbe, avere
l'ambizione di usare una serie di strumenti, canalizzandoli e finalizzandoli a qualcosa che va oltre
la natura di questi stessi strumenti. Voglio dire, uno pu passare scrivendo una storia, per
dimensioni che hanno a che fare con la sociologia, con una specie di decifrazione di quelli che
sono gli emblemi, le icone se non addirittura gli idoli della contemporaneit. Per, se la
letteratura pu essere davvero una specie di scienza dell'umano, tutto questo dovrebbe servire
a sfondare di volta in volta una serie di membrane, e fare in modo che il discorso letterario
riguardi sempre le cose ultime, senza mai accontentarsi della dimensione sociale, della
dimensione generazionale il romanzo su genitori e figli, quello sul degrado della nostra citt e
cos via. Cio, le prospettive letterarie non possono arrendersi alle categorie giornalistiche,
senza nulla togliere alla pratica giornalistica, che per ha funzioni e obiettivi radicalmente
diversi. Il discorso letterario dovrebbe essere sempre su cose ultime, ha a che fare
sostanzialmente sull'umano. La speranza quella di riuscire a compiere in modo leale e sensato
questo tentativo e possibilmente arrivare da qualche parte, non per forza ad una soluzione ma
perlomeno a urtare, a irritare queste membrane senza rimanere chiuso fuori, senza rimanere al
di qua della soglia. Per me ragionare attraverso Palermo sull'Italia vuol essere un modo per
ragionare sull'umano, partendo dall'idea che oggi Italiano una manifestazione dell'umano,
un modo in cui noi sinteticamente indichiamo una serie di caratteri, alcune volte anche
tagliando con l'accetta, in modo un po' forzato. E nella maggior parte dei casi non ci riferiamo a
una declinazione dell'umano virtuosa o almeno tollerabile, ci riferiamo ad una specie di mostro
etico che viene sintetizzato in un termine. Mi stato fatto notare che, nel momento in cui
scriviamo dell'italiano, gli opponiamo un'altra accezione del termine, gli opponiamo la lingua.
C' l'italiano che determina un modo di essere, e la lingua. probabile che nella frizione tra le
due accezioni si cerchi di generare una anche microscopica scintilla, non per forza come segno
della conoscenza, anche semplicemente come manifestazione di un dolore che non pu
risolversi nella costatazione del degrado sociale, non basta. A me d un senso di claustrofobia
pensare di dover parlare soltanto di quanto le strade di Palermo siano disastrate. Mi sembra
un'occasione sprecata.
Il Tempo materiale stato pubblicato da una casa editrice di medie dimensioni (minimum fax)
e ha avuto una circolazione notevole bench non fosse sostenuto da un apparato pubblicitario
paragonab||e a que||o d| cu| d|spongono |e grand| case ed|tr|c|. Che cosa pens| de|||ndustria
culturale oggi? Le classifiche di qualit come quelle del Dedalus-Pordenonelegge possono
effettivamente servire, avere un'influenza sull'industria e sul panorama culturale italiano?
Trascorrendo tanto tempo leggendo e facendo attenzione a cosa viene pubblicato, mi sono
accorto che devo andare io a cercare in libreria le cose che mi interessano, e sicuramente ci
sono dei materiali che mi sfuggono, che non riesco a intercettare. Per me, le classifiche, da poco
meno di un anno a questa parte, sono diventate uno strumento concreto. Il libro che sta al
primo posto mi d un'indicazione, cos come quelli al settimo o all'ottavo, perch vengono
semplicemente messi nero su bianco quelli che, nella maggior parte dei casi, proprio per il modo
in cui strutturata la proposta editoriale ovvero per una specie di darwinismo intrinseco per
cui c' una sopravvivenza dei libri che sopravvivono nelle classifiche di quantit demandano il
lettore ai propri doveri. Sta alla curiosit del lettore porsi la questione dell'esistenza di
qualcos'altro e andarselo a cercare. In questo senso uno strumento concreto.
Quello che a me piacerebbe che si potesse estendere la pratica della classifica di qualit a
qualcosa che non un libro. Ogni lettore autore di un comportamento, della propria curiosit,
della propria intelligenza, della propria capacit di interpretare risorse e limiti della macchina
editoriale italiana in questo momento. Sono autoriali anche le scelte che vanno fuori dal
sostantivo, dall'aggettivo, dalla particolare sintassi che si decide di usare per scrivere un libro:
avere pubblicato il primo libro con minimum fax e aver deciso di rimanervi. Ma al netto di
qualunque donchisciottismo. fuori luogo, imbarazzante e sporca il ragionamento l'idea per la
quale uno in modo magari un po' ingenuo sta in un luogo meno potente di altri immaginandosi
chiss che. C' una completa consapevolezza asciutta, precisa, di cosa significhi pubblicare
presso un editore che ha risorse commerciali e della diffusione inferiori rispetto a quelle di altre
case editrici. La scelta per qualcosa che ha a che fare con la tua idea di mondo, che si articola
anche attraverso la scelta di un editore, che deve chiaramente a sua volta sceglierti, e che tira
dentro valori e questioni che hanno a che fare con i rapporti reali tra le persone. Per me
indispensabile che l'azione che compi scrivendo un libro si produca in un ambiente in cui c' un
certo scrupolo e una precisa cura nei confronti del libro. Sarebbe anche bello secondo me che
venisse chiarito, che fosse pi noto, che si attori delle proprie scelte. Non si costretti a
questa specie di seduzione obbligatoria per cui gli editori di qualit sono quelli con cui si
esordisce e poi dopo che un libro ha delle vendite, della critica o entrambe, naturale che si
vada altrove.

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