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Buchi neri.

Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea


Indice
1 Le intuizioni di Michell e Laplace 2 Il cerchio magico di Eddington 3 Il limite di Chandrasekhar 4 Grandi lavori ignorati 4.1 Il pionieristico lavoro di Oppenheimer e Snyder . . . . . . . . . 4 5 8 10 11

Introduzione
Le tappe principali che hanno portato alla scoperta teorica dellesistenza dei buchi neri, no agli ultimi risultati legati alla teoria delle stringhe.

5 Il dopoguerra e gli anni 60. E buchi neri furono. 12 5.1 5.2 Crolla il cerchio magico di Eddington . . . . . . . . . . . . . . I buchi neri di Kerr e di Newmann . . . . . . . . . . . . . un decennio memora16 17 18 20 21 22 25 26 27 Reinhardt: Le interessano i buchi neri? Alex: Come si fa a non essere aascinati dalla forza pi` u micidiale delluniverso? Kate: Il lungo e buio tunnel verso il nulla Reinahardt: O verso qualcosa. E proprio questa la domanda a cui dare risposta... (The Black Hole, 1979) 9 Gli ultimi venti anni di ricerche 9.1 Universi come ologrammi e altre stranezze . . . . . . . . . . . . . Queste battute sono tratte dal lm The Black Hole, pellicola tuttaltro che indimenticabile con co-protagonista uno scienziato decisamente squilibrato. Un brutto lm con uno scienziato pazzo potrebbe far pensare a una sceneggiatura piuttosto misera, tuttavia questo breve dialohttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

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6 1965-1974: bile 6.1 6.2 6.3

La congettura del Censore Cosmico . . . . . . . . . . . . . . . . Il processo Penrose Il teorema No Hair . . . . . . . . . . . . . .

7 La dinamica dei buchi neri 8 I buchi neri evaporano

10 Bibliograa
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea go sintetizza egregiamente il mistero e il fascino che si cela, ` e proprio il caso di dirlo, dietro a due semplici parole che come impatto massmediologico non sono state, e non sono, seconde a nessuno: buchi neri. Ma torniamo per un momento al lm. Prodotto dalla Walt Disney per la regia di Gary Nelson e la partecipazione, tra le altre, di Antony Perkins e Ernest Borgnine, The Black Hole narra le peripezie dellequipaggio di unastronave che viene salvato dalle grine di un buco nero grazie allintervento di un altro vascello spaziale governato da robot comandati dal folle dottor Reinhardt. Animato da una perversa fama di conoscenza, il folle ha deciso di scoprire cosa si nasconde allinterno di un buco nero, attraversandone il limite di non ritorno alla vana ricerca di nuovi mondi. Limite che oggi conosciamo con un nome molto evocativo: orizzonte degli eventi. Il lm, piuttosto modesto anche se ha qualche sequenza di una certa suggestione, appartiene a quella folta schiera di racconti di fantascienza che prendono spunto da questi strani, e in parte misteriosi oggetti cosmologici. Tra interrogativi scientici non ancora risolti e suggestioni fantascientiche, ben poche parole hanno avuto la fortuna mediatica di queste due, introdotte la prima volta da John Wheeler alla ne degli anni sessanta e cos` ampiamente saccheggiate dalla letteratura di genere. Anche Italo Calvino ha dato il suo personale contributo: Da qualche settimana tutti gli amici coi quali il signor Palomar capita di discorrere niscono prima o poi per parlare di buchi neri...Da molto tempo un tema di ricerca scientica fortemente specializzato e lontano da riessi pratici diretti non suscitava tanta emozione come questo dei black hole. Merito soprattutto di una trasmissione televisiva molto ben fatta, andata in onda il 28 agosto, in cui astronomi e astrosici americani, inglesi e italiani spiegavano le propriet` a di questi inimmaginabili oggetti celesti....Negli spettatori profani che lanno seguita con passione, la trasmissione ha messo in moto un vortice di interrogativi. Il black hole non ` e un buco vuoto ma ` e pieno di materia durissima e densissima, sostengono alcuni che hanno letto su un giornale un articolo forse un po imUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

preciso. No. Il buco nero ` e una massa trasformata in pura energia. No, ` e solo massa che ha perso tutta lenergia (Corriere della Sera, 7 settembre 1975, nella rubrica: Osservatorio del signor Palomar) Quante domande, quanti interrogativi. Un vortice di interrogativi, che non hanno fatto altro che aumentare la fama e le fantasie attorno a questi mostri del cielo, come tante volte sono stati deniti nella letteratura popolare. La fama lugubre, e in parte meritata, di un buco nero si aanca al fascino legato alle caratteristiche di questi oggetti che lasciano aperta la via a numerose speculazioni, non ultima la possibilit` a che i buchi neri siano una sorta di portali su altri universi; daltronde, come dice il dottor Reinhardt, ` e proprio questa la domanda a cui dare risposta. Insomma, alla ne, la domanda del savant fou disneyano potrebbe non essere del tutto folle, come avremo modo di scoprire. Potrebbe far sorridere il fatto che il padre della teoria della relativit` a generale, vero pass par tou per ogni buon viaggiatore spazio-temporale, limmortale Albert Einstein, fu tra gli scienziati pi` u scettici e avversi allidea di considerare possibile lesistenza di simili mostruosit` a, e con lui molti altri grandi geni del secolo appena passato; ci` o sottolinea come il rapporto buchi neriscienza non fu mai semplice, e solo a partire dagli anni sessanta si diede la giusta importanza allo studio di queste anomalie nello spaziotempo, riabilitando quella comunit` a scientica che si stava dedicando a questi studi e che non era mai stata presa molto sul serio. Basti pensare che negli anni venti uno dei pi` u grandi scienziati, ed esperti di relativit` a generale, Arthur Eddington aveva denito lorizzonte degli eventi come un cerchio magico. Sar` a John Archibald Wheeler con quel black hole ad alzare il sipario sulla questione e a far entrare nellimmaginario collettivo tutte quelle stramberie alimentate dalla letteratura di fantascienza e, diciamolo pure, dalle scoperte degli stessi scienziati. Questo breve saggio intende ripercorrere le tappe principali che hanno portato alla scoperta teorica dellesistenza dei buchi neri, no a inhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea trodurre alcuni risultati legati agli ultimi aspetti della ricerca legati alla teoria delle stringhe. E stato scelto un approccio storico cronologico, con i pregi e i difetti che questo modo di esporre i fatti comporta, soermandosi su quei personaggi e su quelle vicende che hanno caratterizzato una lunga, e spesso assai pregiudizievole, ricerca scientica su uno dei pi` u grandi misteri della Natura. Tranne che in rare e particolari situazioni si ` e evitato di discutere la sica che governa questi straordinari oggetti, lasciando alla bibliograa nale il compito di suggerire testi divulgativi e specialistici per coloro che intendono approfondire largomento. Quello che presentiamo qui ` e, insomma, un lungo viaggio alla scoperta dei buchi neri. E come tutti i viaggi inizia con un primo lontano passo. E il passo compiuto pi` u di due secoli fa da uno scienziato dilettante alle prese con argute congetture sulla massa delle stelle. Tutto inizi` o nel 1783 per merito di un pastore protestante.

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Le intuizioni di Michell e Laplace

Sembra proprio che le prime intuizioni sullesistenza di particolari corpi oscuri, invisibili, siano state fatte alla ne del Settecento. Pi` u precisamente, correva lanno 1783 quando un pastore inglese di nome John Michell (17241793), rettore di Thornhill nello Yorkshire dopo essere stato insegnante in quel di Cambridge, scriveva in una lettera inviata alla Royal Society di Londra se dovessero eettivamente esistere in natura corpi di densit` a non inferiore a quella del sole e i cui diametri fossero pi` u di cinquecento volte quelle del sole...la loro luce non arriverebbe sino a noi. (Michell, 1783) Il ragionamento di Michell, peraltro dotato di una certa logica, si inseriva nel contesto di una folle idea: stabilire la massa di una stella in base alla misura del rallentamento della velocit` a della luce proveniente dallastro stesso. Ma il ragionamento era pi` u articolato di quello che a una prima lettura poteva sembrare e le lettere che Michell scambiava con un sico di spiccato talento confermano questa visione. Il nostro pastore era, infatti, amico fraterno del grande sico, lui si, Henry Cavendish (17311810), il pi` u eminente studioso di elettricit` a nel regno di Sua Maest` a la regina dInghilterra. Il genio del sico, discendente di una ricchissima e illustre famiglia, andava di pari passo con le sue stravaganze, a cominciare dallabbigliamento, dal modo confuso con il quale si esprimeva e dalla sua totale idiosincrasia verso la pubblicazione dei suoi risultati scientici che si accompagnava a una grande dicolt` a a intrattenere rapporti con gli altri colleghi scienziati. Sebbene riducesse al minimo i rapporti con la comunit` a scientica, Cavendish intratteneva unintensa corrispondenza con Michell, il quale, da parte sua, non esitava a comunicare le sue intuizioni al ben pi` u famoso collega, che, parimenti, non rinunciava a incoraggiare il reverendo nelle sue ricerche. Purtroppo gran parte di questa corrispondenza ` e andata perduta, soprattutto quella di Michell che, come lamico,
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aveva un rapporto con la carta piuttosto conittuale. Fortunatamente una parte del carteggio di Cavendish ` e andato salvato e alcune delle lettere che i due si scambiavano sono arrivate no a noi. Le righe di cui sopra furono presentate da Cavendish alla Royal Society di Londra il 27 novembre del 1783. Da questi scritti si pu` o comprendere che larticolato pensiero di Michell andava ben oltre la semplice speculazione ne a se stessa ma, anzi, rappresentava un lavoro concreto e ben dettagliato sviluppato per ottenere informazioni sulle distanze stellari, la grandezza delle stelle e la loro massa; supponendo, infatti, che le particelle di cui era costituita la luce fossero attirate verso la terra alla stessa maniera di tutti gli altri corpi pesanti, Michell ipotizz` o che sarebbe stato possibile calcolare la massa delle stelle in base al rallentamento della luce che da esse proveniva. Il pastore giunse alla conclusione che se la massa di un corpo di dato raggio fosse stata abbastanza grande allora i raggi luminosi avrebbero avuto velocit` a nulla e quindi gli oggetti corrispondenti essere invisibili. A coronamento del ragionamento labate scrisse una formula assai simile a quella che pi` u di un secolo dopo metter` a in relazione la massa e il raggio di Schwarzschild. E chiaro come il pensiero di Michell fosse incentrato, e non poteva certo essere diversamente, sulle ipotesi di Newton e, in particolare, sullipotesi della natura corpuscolare della luce, come lo stesso reverendo scrisse: Supponiamo ora che le particelle di luce possano essere attratte nello stesso modo di tutti gli altri corpi che conosciamo

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conclusioni assai simili a quelle di Michell, arrivando a ipotizzare lesistenza di un enorme oggetto oscuro al centro della Via Lattea attorno al quale avrebbero ruotato le stelle del centro della galassia. Soldner calcol` o anche le eventuali orbite che le stelle ruotanti attorno a siatto oggetto avrebbero dovuto avere, ma giunse alla conclusione che i dati ricavati non deponevano a favore della sua teoria non essendo stati osservati. E abbandon` o le sue ricerche. Con i dati di Soldner e laermarsi della teoria ondulatoria della luce si conclusero questi primi approcci al problema dei corpi estremamente grande e massicci. Dovremmo aspettare la seconda decade del nuovo secolo, il Novecento, perch e si aermi la teoria della relativit` a di Einstein e il nostro viaggio possa continuare.

Pochi anni dopo qualcun altro fece considerazioni molto simili e, sembra, indipendentemente da Michell; nel 1796, il grande matematico francese Pierrre Simon de Laplace (17491827) espose nel trattato Exposition du Systeme du monde idee assai vicine a quelle di Michell, salvo poi ritrattarle nelle edizioni successive alla seconda, probabilmente per essersi reso conto dellassurdit` a di certi ragionamenti. Il completo voltafaccia del matematico va, tuttavia, interpretato anche alla luce del radicale cambiamento che andava maturando in quegli stessi anni e che riguardava la natura dei fenomeni luminosi. Nel 1801, Thomas Young (1773-1829), aascinante gura di sico, medico e in seguito di egittologo, scopr` il fenomeno dellinterferenza della luce, sancendo di fatto il passaggio dalla teoria corpuscolare della luce a quella ondulatoria. Di conseguenza dalla mente degli scienziati fu completamente rimossa lidea che la gravit` a avesse modo di inuenzare la luce, semplicemente per il fatto che non cerano particelle massive sulle quali la gravit` a potesse agire, come Young aveva appena dimostrato. Insomma, lidea di tali, improbabili, stelle invisibili venne presto dimenticata senza particolari rimpianti. Mezzo secolo dopo la ritrattazione di Laplace, lastronomo tedesco Johann Georg von Soldner eettu` o un coraggioso tentativo e si mise a calcolare la deessione della luce, sempre su base newtoniana, al passaggio di questa vicino alle stelle. Studiandone il comportamento, giunse a
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Il cerchio magico di Eddington

Nel febbraio del 1920, tale A. Anderson del University College Galway pubblic` o nel Philosophical Journal unardita e quanto mai sorprendente speculazione: Possiamo evidenziare, sebbene lassunzione sia piuttosto forte, che se la massa del Sole fosse concentrata in una sfera di 1.47 chilometri, lindice di rifrazione diverrebbe innitamente grande, e avremmo una lente convergente estremamente potente, troppo potente in realt` a, per la luce emessa dal Sole che avrebbe velocit` a nulla sulla sua supercie. Perci` o il Sole... sarebbe circondato dalloscurit` a, non perch e non avrebbe luce da emettere ma perch e il suo campo gravitazionale diverrebbe impermeabile alla luce. Poco dopo, nel 1921, il ben pi` u conosciuto sir Oliver Lodge (1851-1940) tenne una lezione agli studenti dello Students Science Club della prestigiosa Universit` a di Birmingham nella quale disse: Se la luce ` e soggetta alla gravit` a, se in un qualche senso reale essa abbia peso, allora ` e lecito trarre le conseguenze di questo fatto. Una di queste conseguenze dovrebbe essere che un
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea corpo sucientemente massiccio e concentrato sarebbe in grado di trattenere la luce e impedirle di fuggire Sir Oliver prosegu` il discorso portando avanti alcuni calcoli Se una massa come quella del Sole (2.2 x 1033 grammi) potesse essere concentrata in una sfera di tre chilometri di raggio allora tale globo avrebbe le propriet` a prima citate, ma tali concentrazioni travalicano la portata di un pensiero razionale... Ma un sistema stellare -diciamo una galassia a spirale, costituita da una massa di circa 1015 masse solari...racchiuse in un raggio di 300 parsec...con una densit` a media di 10-15 c.g.s. [un milione di miliardesimo quella dellacqua, n.d.r) potrebbe essere in grado di intrappolare la luce. Questa non sembra davvero una concentrazione di materia cos` irraggiungibile. Lintuizione di Lodge era davvero notevole, tanto da travalicare la portata di un pensiero razionale, ma di certo non ebbe grande risonanza nellambiente accademico che allora era gi` a impegnato a celebrare quello che sarebbe divenuto una delle gure pi` u illustri e conosciute della sica di tutti i tempi: Albert Einstein. Sei anni prima del discorso di Lodge ai suoi studenti, Einstein, gi` a conosciuto per la teoria della relativit` a ristretta e gli studi sulleetto fotoelettrico, present` o a ben altro uditorio rispetto a quello di sir Oliver i risultati di un intensissimo periodo di ricerca; avendo appreso che il matematico David Hilbert (1862-1943), non certo uno qualunque, si stava dedicando a un lavoro molto importante sulla gravitazione, il 2 novembre 1915, dopo due intensi mesi di lavoro dedicati a risolvere alcune incongruenze che minavano la sua teoria, Einstein present` o allAccademia prussiana delle Scienze un sistema di equazioni del campo gravitazionale che mettevano in relazione la curvatura dello spazio tempo con la densit` a di energia della materia contenuta al suo interno. Einstein aveva appena esposto la base della teoria della relativit` a generale, forse il pi` u grande contributo di un ricercatore nella storia della sica. Nel marzo del 1916 il lavoro venne pubblicato negli Annalen der Physik e, lanno sucUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

cessivo, Einstein elabor` o le sue Considerazioni cosmologiche applicando la sua teoria allintero universo. Fatta la teoria non rimaneva altro che capire cosa la teoria predicesse.

Un primo passo in questa direzione venne effettuato pochissimo tempo dopo il discorso di Einstein dallastronomo tedesco, direttore dellOsservatorio di Potsdam, Karl Schwarzschild (1873-1916). Oggi questo nome viene associato indissolubilmente a uno dei tipi di buco nero che conosciamo, ma al tempo della scoperta dellastronomo, nessuno, Einstein compreso, aveva ben chiaro cosa egli avesse realmente trovato. E passeranno molti anni prima di questo. Comunque, lastronomo tedesco venne a conoscenza del lavoro di Einstein leggendo il numero del 25 novembre degli Atti dellAccademia Prussiana delle Scienze e poco dopo riusc` a trovare la prima soluzione esatta delle equazioni della relativit` a generale che Einstein lesse nel gennaio del 1916. Il fatto ancor pi` u straordinario fu che quellarticolo era stato scritto da uno scienziato impegnato sul fronte orientale del primo conitto mondiale; conitto dal quale lex direttore dellosservatorio di Potsdam torner` a gravemente malato tanto da spegnersi poco dopo aver dato il suo
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea grande contributo alla scienza: la soluzione di Schwarzschild. Nel suo lavoro, lastronomo aveva trovato due soluzioni rigorose ed esatte delle equazioni di Einstein, sebbene descriventi situazioni piuttosto semplici: una descrivente il campo gravitazionale di una massa puntiforme e laltra descrivente quello di una sfera estesa. Gli assunti per risolvere il problema furono la simmetria sferica del problema e la stazionariet` a. Con il primo assunto si intende che il corpo e il campo da esso creato hanno forma sferica, mentre la parola stazionario indica un evento non dipendente dal tempo, ossia, nel caso di un buco nero, che esiste una famiglia di osservatori esterni alla mostruosit` a per i quali ogni cosa rimane sempre uguale a se stessa. La soluzione trovata da Schwarzschild ha questa forma ds2 = (1- 2m/r)1 dr2 + r2 d I c 2 - (1-2m/r)dt2 dove ds 2 rappresenta lintervallo spazio temporale tra due eventi, m la massa del corpo che genera il campo, r la distanza dal centro e c rappresenta langolo solido. Una formudI la come questa, che esprime lintervallo spazio temporale tra due eventi, viene denita metrica dello spaziotempo. Essa descrive completamente il campo gravitazionale generato dal corpo: denisce il moto di tutti gli osservatori in caduta libera e tutte le relazioni spaziotemporali tra eventi allinterno di questo campo. Questo signica che la soluzione delle equazioni di Einstein appena vista, presupposta una particolare distribuzione della materia (la sfera di Schwarzschild), fornisce il corrispondente campo gravitazionale in ogni punto dello spaziotempo. Non solo. Poich e spazio e tempo sono strettamente connessi, ogni campo gravitazionale produce una deformazione del tempo che ogni soluzione trovata deve essere in grado di misurare in ogni punto dello spazio. E su questo punto il grande Einstein entr` o in crisi. In corrispondenza di un preciso valore del parametro r nella soluzione di Schwarzschild, precisamente r=2M ( e ancor pi` u correttamente
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sarebbe r=2mG/c2 , ma qui per semplicit` a le costanti universali G e c sono state poste uguale a uno), il risultato che la metrica fornisce ` e pari a innito. In altre parole, la soluzione non sembra essere pi` u in grado di fornire una predizione corretta, e presenta una patologia che viene chiamata singolarit` a. Una soluzione che ha questo comportamento si dice che diverge. La cosa si fa preoccupante nel caso in cui vogliamo calcolare proprio quella dilatazione temporale prima menzionata. Si pu` o facilmente dimostrare che nel caso di Schwarzschild la dilatazione temporale dipende solo dalla distanza dal centro di massa, ossia dal parametro r, pertanto risulta che il valore r=2M ` e ancora una volta un parametro critico per la soluzione in questione e la risposta che otteniamo ` e ancora una volta incomprensibile: innito. Ecco linghippo che sconcert` o Einstein: la soluzione di Schwarzschild forniva come risposta innito per gli intervalli di tempo in una certa regione dello spazio. Nel caso del Sole, la deformazione temporale si verica in prossimit` a dei 3 chilometri. A Einstein il fatto che in corrispondenza di questo raggio il tempo fosse innitamente dilatato risult` o n troppo arduo da accettare. E infatti non lo fece. I risultati trovati da Schwarzschild allora furono interpretati in maniera tale che potevano essere utilizzati per calcolare il campo gravitazionale esternamente a una massa sferica, in lontananza della quale la descrizione dellastronomo tedesco si riconduceva alla teoria classica newtoniana; per quanto riguarda la singolarit` a che si presentava al raggio di Schwarzschild fu bellamente ignorata e venne pi` u che altro trattata come una semplice anomalia della soluzione. Questo atteggiamento veniva supportato anche da pure motivazioni pratiche: per il Sole, come detto, il raggio di Schwarzschild vale appena 3 km e cade quindi molto al di dentro dellastro, il cui raggio che ` e di circa 700000 km; visto che la soluzione in esame non si adattava per il campo gravitazionale allinterno del corpo, il problema risultava di scarso interesse pratico. Lo stesso Schwarzschild interpret` o questo dato come
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea limpossibilit` a di comprimere il sole al di sotto di questo raggio, che, pertanto, delimitava una sorta di supercie limite invalicabile: lorizzonte degli eventi. Con buona pace dello stesso Einstein, che daltro canto era n troppo impegnato nelle celebrazioni che lo stavano riguardando. Tre anni dopo la pubblicazione delle equazioni della relativit` a generale il grande sir Arthur Eddington (1882-1944) nel corso di uneclissi totale di Sole dimostr` o che i calcoli di Einstein erano esatti predicendo correttamente la deessione della luce in presenza di un forte campo gravitazionale. Il 7 novembre del 1919 il Times usc` nelle edicole con una prima pagina sensazionale: Rivoluzione nella scienza Nuova teoria delluniverso Demolita la concezione di Newton E fu il trionfo per Einstein. E mentre il mondo celebrava e ricopriva di onori il grande scienziato che ricevette nel 1921 dalla Royal Society la prestigiosa Fellowship e lanno seguente il premio Nobel per leetto fotoelettrico, nello stesso periodo i pi` u anonimi Anderson e Lodge si ponevano i dubbi sulle oscure e invisibili stelle. Eddington, ritornando sullargomento del raggio di Schwarzschild, aoss` o denitivamente la questione apostrofando questa supercie come un cerchio magico, impenetrabile da qualsiasi strumento dosservazione. La questione per lui niva l` . Egli abbandon` o il problema e si dedic` o agli studi sulla materia iperdensa. Con gli anni venti, gli scienziati iniziarono a credere nella possibilit` a che latomo potesse essere in qualche modo rotto e quindi procedere a una compressione della materia a densit` a ritenute, no ad allora, inimmaginabili. Nel 1924, in un discorso alla Royal Astronomical Society, Eddington diceva: Perdere un elettrone signica che la barriera attorno a un atomo ` e spezzata?...Io credo che la maggioranza dei sici sarebbe daccordo nel concludere che la rimozione degli elettroni esterni coincide con la rimozione della barriera. Eddington ancora non lo sapeva, ma sarebbero
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stati proprio gli studi sulla materia iperdensa a rispolverare il problema del cerchio magico. Insieme a esso anche la teoria di Einstein, paradossalmente lasciata un po troppo a languire in qualche vano semi dimenticato della ricerca, riprese a essere una prima donna della ricerca. Infatti, sebbene negli anni venti la teoria eisteniana avesse guadagnato grandi consensi, venne sempre ritenuta un campo estremamente specialistico, complicato e dicilmente vericabile e per un decennio, dopo le misure di Eddington, sub` un periodo di ristagnamento. Ma alcune osservazioni astronomiche eettuate su corpi celesti gettarono scompiglio nella comunit` a scientica, mettendo in evidenza lesistenza di particolari corpi dal diametro modesto ma dalla concentrazione di massa estremamente alta. Il caso pi` u famoso fu quello di Sirio B che in un diametro poco pi` u grande di quello della Terra racchiudeva i 4/5 della massa solare. La classe di queste stelle fu denominata nane bianche. I valori erano sorprendenti e gli scienziati iniziarono a chiedersi cosa sarebbe potuto accadere a stelle ancora pi` u massicce di Sirio B. Forse il collasso gravitazionale, che rappresenta lultima fase nel ciclo vitale di una stella dopo che essa ha terminato il combustibile nucleare, avrebbe potuto portare lastro a valori prossimi al raggio di Schwarzschild? Cosa sarebbe successo poi? Inquietanti scenari iniziarono ad aacciarsi alla mente degli scienziati e il cerchio magico stava per uscire nuovamente dal cilindro del prestigiatore cosmico.

Il limite di Chandrasekhar

La risposta ai grandi interrogativi sul collasso gravitazionale giunse, letteralmente, dalla lontana India. A bordo di un battello, il prestigiatore che avrebbe messo le mani dentro al cilindro cosmico aveva laspetto di un giovanissimo studente indiano: Subrahmanyan Chandrasekhar (1910-1995). Nella primavera del 1930 il diciannovenne scienziato intraprese un viaggio dallIndia a Cambridge per recarsi a studiare come allievo di Eddington; durante la traversata il giohttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea vane ricercatore si mise a fare alcuni calcoli sulle nane bianche e giunse a un risultato che lo lasci` o alquanto sorpreso: se la nana bianca avesse avuto una massa superiore a 1.4 masse solari, allora il suo collasso sarebbe stato inarrestabile.

Quindi, ne (poco decorosa) della storia? Neanche per idea. Altri scienziati giunsero alla conclusione dello studente indiano. Uno di questi, uno dei mostri sacri del secolo, ricav` o un risultato analogo a quello del giovane studente indiano che fu pubblicato nel 1931 con il titolo Sulla teoria delle stelle. In questo lavoro, che portava la rma di Lev Davidovic Landau (1908-1968), si poteva leggere: Se realmente tali masse dovessero esistere...dobbiamo concludere che tutte le stelle pi` u pesanti di 1.5 masse solari sicuramente posseggano regioni nelle quali le leggi della meccanica quantistica (e quindi della statistica quantistica) sono violate Landau concluse il proprio lavoro avanzando lidea che potesse esistere un ulteriore stadio nale che avrebbe potuto raggiunto una stella di dimensioni molto pi` u ridotte di una nana bianca. Il grande sico russo aveva appena ipotizzato lesistenza di corpi celesti che sarebbero stati osservati per la prima volta solo nel 1967: le stelle di neutroni. Assieme a Landau e Chandrasekhar vi furono altri due scienziati che arrivarono a proporre lesistenza di tali corpi celesti; nel 1934 due astronomi di Pasadena, Walter Baade (1893-1960) e Fritz Zwichy (18981974), conclusero i loro lavori con laermazione che in natura si sarebbero potuti trovare due cadaveri stellari: le nane bianche e le stelle di neutroni. Purtroppo la comunit` a scientica aveva una considerazione di Zwichy non proprio esemplare; lo scienziato di origine svizzera, anche se nato in Bulgaria, aveva la fama infatti di essere un tipo molto strano, e questo fu, in qualche modo, una scusa in pi` u per non dare il giusto risalto al suo lavoro. In un futuro neanche troppo lontano, comunque, lo scienziato avrebbe avuto modo di riscattarsi ricoprendo incarichi molto importanti per il governo Usa, non ultimi quello di interrogare il personale della base segreta di Peenemunde dove i tedeschi costruivano le V-2 e quello di far parte di una commissione scientica incaricata di valutare i danni prodotti dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki. Ma tutto questo venne poi, e al tempo risalente allanno 1934 il lavoro di Baade e Zwichy cadde nel dimenticatoio.
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Quando una stella nisce il suo combustibile nucleare non ` e pi` u in grado di sorreggere il proprio peso e inizia a contrarsi. In questa fase le particelle tendono ad avvicinarsi le une con le altre no a quando non interviene il principio di esclusione di Pauli che vieta, a certe particelle, di stare troppo vicine tra di loro. In altre parole si viene a creare una forza di repulsione che controbilancia la pressione gravitazionale. Il risultato trovato da Chandrasekhar dimostr` o per` o che cera un limite a questa repulsione, superato il quale la stella avrebbe continuato a collassare su se stessa. Il limite da lui trovato era strettamente legato alla massa della stella in n di vita che lui valut` o appunto in 1.4 masse solari. Una volta sbarcato in Inghilterra, mostr` o i suoi risultati ad alcuni astrosici britannici, Fowler prima e Edward Arthur Milne (1896-1950) poi, che tuttavia li accolsero con una certa freddezza giudicandoli di scarsa importanza. Il risultato di Chandrasekhar trov` o pubblicazione nella rivista americana Astrophysical Journal nel 1931, alla quale lo scienziato aveva proposto un breve articolo sui suoi risultati. Come avrebbe ricordato lo stesso Chandrasekhar pi` u di quaranta anni dopo, a quel tempo egli non aveva ben chiaro cosa quel risultato signicasse ma soprattutto non riusc` a capire come Fowler avesse potuto giudicarlo di scarsa importanza.
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Per quanto riguarda Chandrasekhar, continu` o con testardaggine le sue ricerche e dopo tre anni di intensi studi sulla natura e gli equilibri delle nane bianche, conferm` o i suoi precedenti risultati: la storia di una stella di massa piccola deve essere essenzialmente dierente da quella di una stella di grande massa. Per una stella di piccola massa lo stadio naturale di nana bianca rappresenta il primo passo verso la totale estinzione dellastro. Una stella di grande massa non pu` o attraversare questo stadio e siamo liberi di speculare su eventuali altre possibilit` a (Chandrasekhar, 1934) Ma ancora una volta, lostracismo della comunit` a scientica non tard` o a manifestarsi. Fin troppo impressionato da questi risultati che parevano sconvolgere tutte le certezze della sica, lo stesso Eddington decise di intervenire una volta per tutte nella questione del collasso gravitazionale con una posizione che lasciava ben poco margine al dubbio sul suo modo di pensare Varie situazioni possono intervenire per salvare una stella...Penso che ci dovrebbe essere una legge in Natura che impedisca alle stelle di comportarsi in una maniera cos` !...Sono convinto che lattuale formula sia basata su una teoria della relativit` a parziale e se la teoria fosse completa le correzioni relativistiche sarebbero compensate in modo da poter riottenere una formula ordinaria . (Eddington, 1935)

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Alla ne degli anni venti, lo scienziato aveva portato a termine pionieristici studi sullespansione delluniverso che, per` o, rimasero pressoch` e sconosciuti; solo con laiuto di Eddington, che dopo averli letti si adoper` o per farli tradurre in inglese e divulgare, poterono essere studiati dalla comunit` a scientica. Almeno in teoria, perch` e, di certo, allinizio, non ebbero grande successo. Tra questi studi, allinterno di un lavoro particolarmente complesso e di dicile comprensione, Leimatre dimostr` o che con un opportuno cambiamento di coordinate era possibile eliminare la singolarit` a che compariva nel punto r=2M nella soluzione trovata da Schwarzschild. La metrica, con le nuove coordinate, non manifestava pi` u alcun comportamento patologico ma, anzi, restituiva valori niti: La singolarit` a del campo di Schwarzschild ` e dunque una singolarit` a ttizia (Leimatre, 1933) Purtroppo il suo lavoro pass` o inosservato e rimase a languire tra i contributi alla cosmologia dimenticati; beardo destino per un lavoro che anticipava la risoluzione del problema delle singolarit` a apparenti di quasi trenta anni. Un ultimo fatto conferma lavversione che la comunit` a scientica aveva nei confronti di questo problema; il lavoro di Leimatre, infatti, attrasse miracolosamente lattenzione di uno scienziato che molto avrebbe avuto da dire nel campo della cosmologia, Howard Percy Robertson (19031961). Questi osserv` o che sebbene una particella (un osservatore) avesse impiegato un tempo innito per raggiungere la supercie delimitata dal raggio di Schwarzschild r=2M, almeno per quanto risultava a un osservatore lontano dal buco nero, il tempo proprio, ossia quello misurato da un ipotetico osservatore posto sulla particella durante il suo viaggio verso lorizzonte degli eventi, sarebbe rimasto in realt` a nito. In altre parole, il tempo scorreva normalmente per la particella (e il suo osservatore) che avesse attraversato lorizzonte degli eventi. Quello che appare essere una magia, dello stesso livello del cerchio magico di Eddington, ` e in realt` a la base della relativit` a einsteniana: non esiste un tempo assoluto uguale per tutti, ma
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Grandi lavori ignorati

Nonostante il clima che circondava il problema delle singolarit` a nella soluzione di Schwarzschild e quello del collasso gravitazionale, ci fu qualcuno che prese di petto la questione e prov` o ad arontare il problema con uno sguardo meno pregiudizievole e pi` u incline ad accettare lesistenza di nuovi scenari scientici. Il primo serio attacco allincomprensibile divergenza che si presentava al raggio di Schwarzschild fu portato da un cosmologo e astrosico belga, George Eduard Leimatre (1884-1966) nel 1933.
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea esistono tanti tempi relativi quanti sono gli osservatori. Cos` mentre un osservatore lontano, al riparo dalla forza dattrazione del buco nero, vede un audace astronauta raggiungere lorizzonte degli eventi in un tempo innito, per lo stesso astronauta il tempo scorre normalmente no al raggiungimento dellorizzonte degli eventi. Anticipando le conclusioni alle quali perverremo al termine di questo lavoro e di cui presto avremo il primo serio indizio, lastronauta in questione non avr` a alcun problema a superare questa ttizia barriera, salvo poi accorgersi che non potr` a pi` u tornare indietro. In un certo senso il cerchio magico di Eddington una barriera sica la pone davvero, ma questo Robertson, Leimatre e tutti gli altri nora incontrati non potevano ancora saperlo. Ma torniamo al lavoro di Robertson. Nel 1939, present` o il suo contributo a una conferenza a Toronto, dove ebbe modo di incontrare Einstein. La circostanza era pi` u che buona per mostrare al famoso scienziato le conclusioni alle quali era giunto. Aascinato dalla questione, il padre della relativit` a non manc` o di meditare sulla questione, ma non tard` o a criticare il lavoro di Robertson, giungendo alle stesse conclusioni della maggioranza dei sici del tempo: ..la singolarit` a di Schwarzschild non pu` o apparire perch e la materia non pu` o concentrarsi arbitrariamente (Einstein, 1939) E se lo diceva Einstein...

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4.1

Il pionieristico lavoro di Oppenheimer e Snyder

Ma anche i grandi scienziati prendono i loro abbagli e, nel caso specico di Einstein, il suo maggiore fu ancora una volta quello di non prendere in considerazioni casi non stazionari. E cos` , appena due mesi dopo che Einstein ribad` le sue convinzioni sul collasso gravitazionale, usc` un pionieristico lavoro di Julius Robert Oppenheimer (1904-1967) e del suo allievo Harland Snyder, dal titolo Sullattrazione gravitazionale continua , pubblicato sulla prestigiosa Physical Review nel 1939. Nel lavoro si arontava il problema di cosa potesse accadere a una stella al termine della sua vita, ossia quando il combustibile nucleare fosse esaurito e nessuna forza fosse pi` u in grado di arrestare il collasso indotto dalla forza di attrazione gravitazionale: ..una stella di massa poco superiore a quella del sole subir` a una contrazione inarrestabile e la sua luce apparir` a spostata verso il rosso no a quando lastro diverr` a invisibile.. (Oppenheimer e Snyder, 1939) I due dimostrarono matematicamente che una stella sucientemente pesante avrebbe dato vita a un collasso inarrestabile dal quale si sarebbe formata una regione di intrappolamento dalla quale nulla sarebbe potuto uscire.

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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Essi studiarono mediante le equazioni di Einstein il moto della supercie della stella nella sua fase di collasso. Secondo i loro calcoli un ipotetico osservatore posto sulla supercie dellastro avrebbe visto la stella ridursi via via a ritmo sempre crescente no a divenire un punto di densit` a innita. Naturalmente la ne dellosservatore non sarebbe stata delle pi` u serene. Ancora un altro innito aveva fatto la sua irruzione nei turbamenti dei sici teorici. Tale innito era quello che cadeva nel punto r=0 della soluzione di Schwarzschild, e sarebbe stato ben pi` u insidioso dellaltro. La spiegazione di Oppenheimer e Snyder, poi, continuava: un osservatore pi` u accorto ben lontano dalla catastrofe stellare, avrebbe visto il collasso rallentare sempre pi` u velocemente a mano a mano che il raggio della stella si fosse avvicinato a quello gravitazionale, o, come lo abbiamo nora chiamato, al raggio di Schwarzschild, in conseguenza dello spostamento spettrale dei segnali uscenti provenienti dalla stella (e dallosservatore sulla sua supercie). Insomma, i due avevano messo in pratica quello che diceva Einstein: osservatori dierenti, tempi dierenti. Lo spostamento spettrale a un certo punto sarebbe divenuto cos` marcato che la stella sarebbe apparsa come congelata in prossimit` a del raggio gravitazionale, e con essa losservatore che sarebbe apparso come in eterna attesa, bloccato a r=2M. Invece per questultimo le cose sarebbero andate diversamente, come gi` a evidenziato da Robertson, avendo la possibilit` a di attraversare il cerchio magico di Eddington senza problemi, salvo poi non riuscire pi` u a dare informazioni allosservatore lontano, per il quale lincauto viaggiatore sarebbe ancora sospeso e immobilizzato sulla supercie di Schwarzschild. I calcoli dimostrarono che nulla, neanche la luce, sarebbe stato in grado di uscire da una zona delimitata dal raggio gravitazionale, ossia quello che no a ora abbiamo incontrato a r=2M. Oppenheimer e Snyder dimostrarono che la regione esterna al bordo della stella collassante era esattamente descritta dalla soluzione trovata da
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Schwarzschild, e una volta attraversato lorizzonte degli eventi si sarebbe formata una regione dalla quale nulla sarebbe pi` u potuto uscire. Il dado era tratto. Questo lavoro ` e universalmente riconosciuto come il primo, fondamentale passo, verso la scoperta teorica dei buchi neri. Ma naturalmente a quel tempo non cera certo questa convinzione e anche questo lavoro non riscosse pi` u fortuna degli altri e venne ben presto dimenticato.

E giusto ricordare, come parziale attenuante, che lo studio fu presentato in un periodo storico piuttosto dicile, alla vigilia della seconda guerra mondiale, e le attenzioni dei ricercatori erano praticamente tutte indirizzate allo studio della struttura nucleare. Lo stesso Oppenheimer fu totalmente coinvolto nel Progetto Manhattan (la costruzione della prima bomba atomica) e abbandon` o i suoi studi sullevoluzione stellare, mentre Snyder si dedic` o alla matematica pura e oggi ` e riconosciuto come uno dei precursori della geometria non commutativa, ramo peraltro piuttosto di moda.

Il dopoguerra e gli anni 60. E buchi neri furono.

Al termine del conitto, latteggiamento della comunit` a scientica non cambi` o molto nei confronti delle problematiche della relativit` a genhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea erale; sullonda emotiva della bomba atomica, lo studio delle forze nucleari aveva la priorit` a su qualsiasi altra problematica. E curioso tuttavia sottolineare il diverso approccio che i due blocchi, sovietico e occidentale, avevano nei confronti del collasso gravitazionale; a est questa situazione compariva nei testi classici della sica come, ad esempio, Fisica statistica (1951) di Landau e Lifshits, nel quale si menzionava esplicitamente il lavoro di Oppenheimer del 39, mentre a ovest la questione venne semplicemente posta nel dimenticatoio senza particolari sussulti, e se mai qualcuno avesse pensato di risollevarla sarebbe stato giudicato un folle. Ma un pazzo deciso a riportare un po di entusiasmo nel campo della relativit` a generale e delle problematiche sollevate dal collasso gravitazionale non tard` o ad arrivare: John Archibald Wheeler (1911). Allievo di Einstein e di Bohr, il geniale e vulcanico sico statunitense sarebbe divenuto unautorit` a nel campo della teoria della gravitazione tanto da far scuola a generazioni di sici con il suo linguaggio e il suo formalismo squisitamente geometrico e, soprattutto, avrebbe portato una ventata di freschezza in un ambiente che stava atrozzandosi. Uno dei suoi allievi migliori, Kip Thorne, avr` a modo di scrivere quale poteva essere uno dei motivi da imputare a quel blocco mentale che impediva ai sici di comprendere la natura del collasso stellare: Probabilmente tra il 1939 e il 1958 quello che contribu` maggiormente a impedire agli scienziati i comprendere limplosione di una stella fu il nome utilizzato per la circonferenza critica: singolarit` a di Schwarzschild Il termine singolarit` a evocava limmagine di una regione in cui la gravit` a diventa innitamente intensa, provocando un crollo delle leggi della sica, rappresentazione che noi oggi sappiamo essere corretta per loggetto che si trova al centro del buco nero ma non per la circonferenza critica (Kip Thorne, Black holes and Time Warps, New York, Norton, 1994)

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Con larrivo dellentusiasta Wheeler le cose, seppur lentamente iniziarono a cambiare. A Princeton, tra gli anni cinquanta e gli inizi degli anni sessanta, radun` o attorno a se giovani talentuosi e motivati che iniziarono lo studio delle problematiche gravitazionali partendo dai classici lavori di Chandrasekhar, Landau e Oppenheimer. Le loro ricerche confermarono linevitabilit` a del collasso gravitazionale senza possibilit` a darresto per masse comprese tra 1.5 e 2 masse solari. A Wheeler, inoltre, non sfugg` una questione molto sottile che, dietro a quei risultati cos` stravaganti, poteva mettere in crisi i modelli sici no ad allora conosciuti. In particolare il comportamento della materia collassante sembrava mettere in crisi una delle leggi di conservazione pi` u solide e sicure a disposizione dei sici: la conservazione del numero barionico. I barioni sono i costituenti pesanti della materia; se un barione sparisce la legge di conservazione garantisce che un altro prender` a il suo posto, in modo tale che il numero di barioni iniziale rimanga sempre quello. Secondo lo scenario di Oppenheimer per` o la stella dovrebbe collassare tutta in uno spazio talmente piccolo che sarebbe impossibile ipotizzare che i miliardi e miliardi di barioni iniziali, costituenti lastro, possano essere tutti contenuti in uno spazio innitesimale. Forse, pens` o lo scienziato, i buchi neri potevano violare la legge di conservazione dei barioni. Lo scenario era inquietante e allo stesso tempo suggestivo tanto che lo scienziato parl` o di grande crisi della sica. Accanto a profondi contributi nel campo della ricerca, a Wheeler si devono due epocali svolte nel mondo della gravitazione: la soluzione del mistero legato alla singolarit` a di Schwarzschild e, nalmente, il nome da dare a un oggetto completamente collassato.
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea

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5.1

Crolla il cerchio magico di Eddington

Schwarzschild poteva essere estesa in modo da coprire tutto lo spazio e non solo lesterno della stella con unopportuna scelta di coordinate temporali ritardate e avanzate. Inne George Szekeres, il terzo a giungere nel 1960 a risultati analoghi. Ungherese, inizi` o la sua carriera come ingegnere nella propria patria, dalla quale, per` o, dovette fuggire in seguito allinvasione nazista. Ripar` o a Shangai per trovare unaltra invasione, quella giapponese, che, tuttavia, gli permise di continuare il suo lavoro. Termin` o la guerra lavorando per gli americani e dedicandosi a tempo perso alla matematica. Divenuto docente di matematica allUniversit` a di Adelaide si interess` o alla relativit` a generale risolvendo il problema della singolarit` a di Schwarzschild. Giudicando il lavoro di scarso interesse, lo pubblic` o in una sconosciuta rivista ungherese dove rimase a prender polvere per molto tempo.

Il cerchio magico di Eddington non fu scontto direttamente da Wheeler ma da tre ricercatori che, indipendentemente, trovarono il sistema di mostrare matematicamente la non consistenza del problema. Spetter` a a Wheeler dare il giusto credito allavvenimento, adoperandosi anch e quel risultato cos` signicativo potesse essere conosciuto da tutta la comunit` a scientica. I nomi dei tre ricercatori erano Martin Kruskal, David Finkelstein e Geroge Szekeres. La cosa curiosa dietro alla vicenda era che nessuno dei tre era un sico teorico, ma provenivano tutti da rami della ricerca completamente dierenti dalla relativit` a. Forse fu questo il vantaggio che permise loro di risolvere il problema. Martin Kruskal era un sico del plasma deciso a studiare con altri colleghi un po di relativit` a. Si era intorno alla met` a degli anni cinquanta e locchio e la mente del neota, privo di pregiudizi, mise subito a fuoco il problema, osservando che la tanto temuta singolarit` a era dovuta a una cattiva scelta di coordinate. Cambiando di coordinate e scegliendone di opportune si poteva superare il problema. Sebbene scettico sul risultato ottenuto, Kruskal si present` o a Wheeler per avere un parere su quello che aveva scoperto. Inizialmente, il sico non fu molto impressionato dal risultato e la risposta che Kruskal ottenne non fu molto incoraggiante. Ma dopo circa un paio danni Wheeler ritorn` o sui suoi passi e, letti con maggior attenzione i lavori di Kruskal, li present` o a una conferenza sulla relativit` a generale a Royaumont nel giugno del 59 e li propose per una degna pubblicazione. Naturalmente sottolineando il fatto che doveva essere dato a Kruskal il merito della scoperta. Alla ne del 59, visto che ancora nulla era stato stampato a riguardo, Wheeler intervenne di persona nella questione con un breve articolo nel quale dava a Kruskal quel che era di Kruskal. Per quanto riguarda Finkelstein, in un lavoro intitolato Asimmetria passato-futuro in un campo gravitazionale di una particella puntiforme (1960), dimostr` o come la soluzione di
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Con le coordinate di Kruskal-Szekeres, come oggi sono conosciute, ` e possibile eliminare la singolarit` a che si incontra in r=2m nella soluzione di Schwarzschild. Quello che si ottiene ` e una nuova espressione per la metrica che descrive un buco nero sferico di Schwarzschild. E importante sottolineare il fatto che con le nuove coordinate ` e possibile mappare anche linterno della regione delimitata dalla supercie r=2m, quella dalla quale nulla pu` o uscire, come si vede dalla gura e sulla quale loriginale lavoro di Schwarzschild nulla diceva. Anche con le nuove coordinate non ` e, tuttavia, possibile eliminare la vera singolarit` a del problema, quella che si trova in r=0. E su questo avremo modo di tornarci in seguito. Ma abbiamo parlato anche di un altro merito di Wheeler, pi` u coreograco e meno scientihttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea co del precedente ma sicuramente dallimpatto sullopinione pubblica assai maggiore. Come un allievo di Wheeler, Jacob Bekenstein, avr` a modo di ricordare, durante una presentazione a un congresso, mentre il suo professore cercava il modo pi` u breve per dire oggetto completamente collassato, qualcuno dei presenti disse ad alta voce perch e non lo chiami buco nero? . A Wheeler lidea piacque subito e adott` o immediatamente il termine, terminologicamente banale ma psicologicamente potente come disse, adoperandosi a dionderlo durante la sua carriera di sico. La leggenda dei buchi neri nacque in quel momento. Era il 1969

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il puro studio teorico della gravitazione. Si prese in considerazione lidea delle onde gravitazionali e si cerc` o di combinare insieme la teoria della relativit` a generale, la cui splendida verica sperimentale non lasciava ombra sulla sua fondatezza, con laltra grande primadonna della ricerca scientica in sica, la meccanica quantistica. Il secondo fatto importante era strettamente legato alle equazioni di Einstein che, no ad allora contavano solo su soluzioni esatte, quella di Schwarzschild e quella data nel lontano 1918 da Reissner e Nordstrom che descriveva un caso molto particolare di buco nero elettricamente carico; caso peraltro di scarso interesse pratico, poich e si ritiene impossibile lesistenza di un simile buco nero. Nel 1963, il neozelandese Roy Kerr ampli` o la famiglia delle soluzioni esatte delle equazioni di Einstein descrivendo il campo gravitazionale generato da una massa rotante. Fino a ora ci siamo molto concentrati sulla soluzione di Schwarzschild, la quale, sebbene assai utile e funzionale in un gran numero di casi, descrive una situazione poco realistica, visto che non considera leventuale e assai probabile fatto che la materia collassante possa ruotare. Il lavoro di Kerr colm` o questa lacuna e apr` una nuova nestra sul sempre pi` u vasto orizzonte della relativit` a. Poco dopo, nel 1968, Ezra Newman con alcuni suoi studenti portarono a quattro le soluzioni esatte con una metrica che descriveva un buco nero rotante e carico. La soluzione di Kerr-Newmann ` e assai intrigante sotto molti punti di vista perch e, oltre ad avere un orizzonte degli eventi come la soluzione di Schwarzschild, presenta una struttura interna assai dierente rispetto a questultima; tanto dierente da poter permettere, in linea puramente teorica, non solo di viaggiare nel tempo ma anche di osservare la singolarit` a al centro del buco nero, quella di massa e densit` a innita che distrugge tutti gli incauti astronauti che ci niscono contro. ... Attraversi questo anello magico e i ritrovi in un universo completamente dierente, dove raggi e masse sono negativi ! diceva Kerr a Werner Israel parlando della soluzione da lui trovata. E Kerr aveva ragione.
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5.2

I buchi neri Newmann

di

Kerr

di

Gli anni a cavallo del 60 furono particolarmente interessanti per le ricerche nel settore della sica gravitazionale, tanto da poter parlare di una sorta di rinascita della relativit` a generale. Insieme al gruppo di Wheeler, altri grandi ricercatori si lanciarono in questo campo, fornendo contributi fondamentali. In Russia, dove come detto il collasso gravitazionale veniva riportato nei libri di testo universitari, si form` o il gruppo di Yakov Zeldovich e di Vitaly Ginzburg per i quali non si parlava ancora di buchi neri ma di stelle congelate, mentre a Cambridge si form` o un connubio che avrebbe garantito enormi contributi nel campo della sica dei buchi neri, Stephen Hawking e Roger Penrose. Intorno a questi due mostri sacri avrebbero ruotato le nuove giovani menti della sica. Ma vi furono anche altri due fatti che stimolarono le ricerche in relativit` a generale. Il primo riguardava un punto di vista pi` u specicatamente astrosico, quando si cominci` o a ottenere importanti risultati nellosservazione di oggetti stellari particolari, come i quasar e le radiogalassie, che suggerirono agli astrosici di associare le enormi energie in gioco in questi sistemi alla presenza di buchi neri. Oramai, infatti, non era pi` u impensabile parlare di oggetti collassati milioni di volte pi` u massicci del sole. Anzi, i progressi compiuti nelle osservazioni incentivarono
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Al di fuori dellorizzonte degli eventi, che possiede anche la soluzione di Kerr, la soluzione trovata dal neozelandese non era molto diversa da quella di Schwarzschild, ma le cose cambiavano drasticamente se si andava ad analizzare linterno di questa soluzione. Mentre, come si sapeva, una particella che cadeva dentro a un buco nero di Schwarzschild era condannata a raggiungere la singolarit` a di densit` a innit` a e volume nullo, nel caso di Kerr la particella in questione poteva evitare completamente la singolarit` a e dirigersi in altri universi del tutto simili al nostro. Non solo ma era anche prevista la possibilit` a di curve temporali chiuse. Insomma, con Kerr si poteva viaggiare nel tempo e su altri mondi, per la gioia di tutti i temponauti in circolazione. Anche la metrica di Schwarzschild pu` o essere espressa in termini di coordinate che ricoprono lintero spazio, come Kruskal e Szekeres avevano dimostrato. Questo ha permesso di mettere in evidenza lesistenza di un mondo speculare al nostro, nel quale il tempo scorre allindietro, ma che non ` e comunque raggiungibile per via della presenza della singolarit` a iniziale a r=0, ove tutto ha ne. Il fatto che non sia eliminabile con nessuna scelta di coordinate, impedisce in ogni modo di poter ricevere informazioni dal quel nuovo universo. I due mondi, insomma, non possono comunicare tra di loro. Con la soluzione di Kerr, la cosa era dierente. I mondi erano inniti e teoricamente percorribili! A questo punto ogni buon viaggiatore nel tempo o impazzirebbe di gioia o si chiederebbe dove sta linghippo. Bene, il problema sta nel fatto che i passaggi attraverso questi universi si rivelano particolarmente instabili, rendendo il viaggio una pura chimera. Non solo. La singolarit` a al centro del buco nero di Kerr ` e una singolarit` a naked (nuda), ossia pu` o essere vista. Ma questa evenienza ` e scongiurata da una serie di congetture, che rendono impossibile un simile, catastroco, evento. Almeno secondo quello che andava proponendo Roger Penrose alla ne degli anni sessanta. Il vaso di pandora era stato aperto, e inquietanti scenari si stavano aprendo nella mente degli
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scienziati. Un decennio ricco di straordinarie intuizioni sulla sica che governa i buchi neri stava per aprirsi

1965-1974: memorabile

un

decennio

Nel decennio 1965-1975, si andarono delineando fondamentalmente due indirizzi di ricerca. Un primo orientamento di ricerca fu di tipo squisitamente matematico volto a comprendere la natura delle singolarit` a vere, quelle non eliminabili come nel caso di Schwarzschild nel punto r=0, o quella a forma di anello come nel caso di un buco nero di Kerr. In questo ambito di ricerca si esalt` o il britannico, Roger Penrose, il quale oltre a dimostrare che le singolarit` a erano inevitabili in ogni processo di collasso gravitazionale enunci` o la famosa congettura del Censore Cosmico. Come se non bastasse mise in luce un processo decisamente aascinante: la possibilit` a di estrarre energia da un buco nero rotante. Un secondo orientamento, invece, si occup` o di comprendere la natura dello stato nale della materia collassante una volta raggiunto lo stadio di buco nero. In questo settore fornirono grandi contributi il gruppo di Wheeler, nel quale eccelse un giovane ricercatore il gi` a menzionato Jacob Bekenstein, e quello di Stephen Hawking. I due orientamenti non corsero paralleli senza confrontarsi mai, ma, anzi, si intersecarono pi` u volte e dallintreccio di queste ricerche vennero gettate le basi della sica classica dei buchi neri.
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Da queste Stephen Hawking avrebbe partorito nel 1974 uno dei risultati pi` u straordinari di tutti i tempi: levaporazione dei buchi neri. La posta in gioco daltronde era grande visto che secondo quanto aveva detto Wheeler, la sica poteva essere alle soglie della pi` u grande crisi che avesse mai conosciuto.

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damentale importanza: le singolarit` a erano inevitabili in ogni processo di collasso gravitazionale. Non cera speranza dunque, per lo scienziato inglese, quei fastidiosissimi punti non si potevano eliminare. Il fatto poteva essere piuttosto allarmante, tuttavia le singolarit` a in relativit` a avevano una caratteristica che salvaguardava tutto lapparato concettuale della sica: le singolarit` a non potevano essere osservate. La presenza dellorizzonte degli eventi, infatti, avrebbe schermato il punto di densit` a e curvatura innita agli occhi e agli strumenti di misura di qualsiasi osservatore posto allesterno, permettendo, cos` , alle nostre leggi della sica di continuare a operare senza problemi fuori dal buco nero. La sica nel nostro universo, era, in qualche, modo salva. Il teorema di Penrose aveva stabilito che ogni orizzonte conteneva una singolarit` a; a quel punto valeva la pena chiedersi se fosse stato vero il contrario: ogni singolarit` a era forse schermata da un orizzonte? La questione condusse Roger Penrose a proporre lipotesi della censura cosmica, secondo la quale le singolarit` a prodotte da un collasso gravitazionale erano sempre protette da un orizzonte degli eventi. Detta in quel modo, lipotesi della censura proteggeva gli osservatori posti al di fuori dellorizzonte degli eventi, che cos` potevano continuare a utilizzare gli strumenti e le metodologie della sica, ma nulla diceva a riguardo di coloro che fossero niti a oltrepassare lorizzonte degli eventi. Cosa che, come visto, non era aatto impossibile. Quella che era stata data, per` o, era versione debole della censura. Cera modo di essere ancora pi` u drastici e salvarsi dalle grine della singolarit` a in extremis. Le nuove soluzioni che avevano proposto Kerr e Newmann, infatti, permettevano di attraversare lorizzonte, passare oltre una singolarit` aa forma di anello, avere la possibilit` a di vederla e uscire senza essere distrutti su un nuovo universo. Alcuni calcoli, per` o, dimostrarono la non consistenza sica di questi scenari; in altre parole le soluzioni che permettevano il passaggio attraverso un buco nero rotante erano alhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

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La congettura del Censore Cosmico

Lidea che esista un punto dello spazio tempo nel quale le leggi della sica non siano pi` u valide, o perdano completamente la loro capacit` a di predizione restituendo sconfortanti valori pari a innito, ` e sempre stata una vera e propria angoscia per ogni buon sico. E lo era anche nel caso della relativit` a generale. Non ` e raro trovare degli inniti nelle teorie siche. Anche il Modello Standard, il grande apparato matematico sviluppato nel corso di quasi quarantanni in grado di descrivere il comportamento delle interazioni tra materia ed energia in termini quantistici (con la sola eccezione, guarda caso della gravit` a) presenta apparenti incongruenze che si manifestano con i soliti inniti; tuttavia si ` e sempre trovato il modo di contenere queste divergenze, di controllarle in maniera opportuna, in modo tale che la teoria riesca sempre, una volta forniti i giusti dati iniziali, a essere preditiva. Se, in un modello, linnito continua a rimanere nonostante vari tentativi, allora, molto probabilmente, siamo in presenza di una teoria sbagliata. Nel caso della relativit` a generale, o meglio di un buco nero, compare una singolarit` a al centro dello strano oggetto che non ammette mezze misure: la singolarit` a di un buco nero ` e totalmente distruttiva. La sica in quel punto non funziona pi` u, e se un incauto navigatore spaziale dovesse incontrarla sulla sua strada se ne accorgerebbe nello stesso momento in cui la sua esistenza verrebbe a terminare. Roger Penrose, studiando il comportamento dei coni di luce in presenza di forti campi gravitazionali, riusc` a dimostrare un fatto di fonUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea tamente instabili e sarebbe bastata una piccola perturbazione, come un astronauta, a distruggerle, tanto da mettere lastronauta nella brutta condizione di vedere la singolarit` a nel momento in cui vi fosse venuto in contatto, nel qual caso la sua esistenza sarebbe ancora una volta terminata allistante. La singolarit` a, quindi, sarebbe stata sempre nel futuro dellosservatore e mai nel suo passato. La versione forte della censura cosmica era cos` servita: le singolarit` a erano sempre o nel futuro o interamente nel passato (Big Bang) di un osservatore. E giusto aggiungere che lipotesi di Penrose ` e solo una congettura che non ` e mai stata provata. E matematicamente arduo interpretare il concetto di censura e a riguardo sono stati trovati molti esempi teorici per i quali lipotesi non ` e vera. Tuttavia ` e possibile pensare che per situazioni sicamente realistiche, come il collasso gravitazionale, la congettura possa essere valida. A sostegno di questa interpretazione ci sono casi in cui la congettura sembra entrare in azione, evitando la presenza di singolarit` a nude. E il caso della pi` u volte citata soluzione di Kerr. Per buchi neri di Kerr, esiste una velocit` a massima di rotazione che dipende strettamente dalla massa del buco nero. Se la rotazione dovesse eccedere questo valore non saremmo pi` u di fronte a un buco nero di Kerr ma a una singolarit` a nuda, cio` e non schermata da alcun orizzonte. Per ottenere questa singolarit` a potremmo pensare di far inghiottire al buco nero particelle dotate di momento angolare molto grande, cio` e che ruotino su se stesse molto velocemente, in modo tale che anche il buco nero, una volta catturate le particelle, accresca la sua rotazione di quel tanto da distruggere la soluzione di Kerr e mostrare la singolarit` a. Catturando le particelle per` o il buco nero accresce anche la sua massa, aumentandola di quel tanto che impedisca alla singolarit` a nuda di manifestarsi. Un ragionamento analogo si pu` o fare utilizzando la pi` u generale soluzione di Kerr Newman, nel qual caso la relazione che devono soddisfare anch e non mostrino singolarit` a nude ` e del tipo
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M2 =Q2 + J2 dove M= massa del buco nero Q= carica elettrica J= momento angolare In questo generico caso, che per Q=0 si riconduce al buco nero di Kerr, ` e ancora dimostrabile come nessuna particella anche carica possa impedire alla diseguaglianza di compiere il proprio dovere. La censura cosmica parrebbe compiere il proprio dovere egregiamente. Ma la questione ` e tuttaltro che chiusa e ancora oggi nel XXI secolo, risulta un grosso problema scientico da risolvere.

6.2

Il processo Penrose

Il buco nero di Kerr possiede anche unaltra meravigliosa caratteristica che Penrose mise in luce alla ne degli anni sessanta. A scapito della sua rotazione ` e teoricamente possibile estrarre energia da un buco nero rotante. Grazie al suo moto di rotazione attorno a un asse, il buco nero di Kerr possiede una regione di trascinamento il cui bordoin prossimit` a dei poli combacia con lorizzonte degli eventi, ma se ne distacca in prossimit` a dellequatore. Tale ragione ` e chiamata ergosfera.

La caratteristica fondamentale di questa zona ` e che nessuna particella, una volta dentro, pu` o rimanere ferma, a riposo, ma deve necessariamente partecipare alla rotazione del buco nero. Ci` o signica che ha ancora la possibilit` a di sfuggire allattrazione gravitazionale del buco ma
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea non quella di rimanere ferma a una certa distanza. Ma non solo. In questa stranissima regione dello spazio-tempo lenergia pu` o avere valore negativo. Immaginiamo, adesso, che una particella di energia E0 entri nella ergosfera e decada in due altre particelle di energia E1 ed E2 di cui una riesca a sfuggire allattrazione del buco nero mentre laltra, facciamo E1 , venga catturata dalla rotazione dellintera regione, no a oltrepassare lorizzonte degli eventi e non tornare mai pi` u. Ricordandoci che in questa regione lenergia pu` o cambiare di segno, risulta possibile, in seguito al principio della conservazione dellenergia per cui E0 = E1 +E2 che la particella uscente possegga pi` u energia di quanta ne avesse prima di entrare nella ergosfera, poich` e adesso E0 = - E1 +E2, dalla quale risulta E2 = E1 +E0 A scapito della massa e della rotazione del buco nero, entrambe ridotte, ` e stato possibile ottenere uno stato nale con pi` u energia di quello nale. In un certo qual modo, con il processo di Penrose si era scoperto che i buchi neri potevano essere un po meno neri di quello che no ad allora si pensava. Ma i buchi neri di Kerr avevano in serbo altre sorprese. Una di queste fu scoperta da un brillante studente allievo di Wheeler, Demetrious Christodoulou. Il giovane ricercatore si accorse che in nessun processo nel quale la rotazione di un buco nero potesse aumentare o diminuire poteva causare la diminuzione di una certo parametro. Parametro che fu chiamato massa irriducibile. Sebbene il nome possa trarre in inganno, tale parametro conteneva non solo la massa del buco nero ma anche il suo momento angolare totale. Tale scoperta dimostrava che indipendentemente da come variavano separatamente massa e rotazione del buco nero, una loro opportuna combinazione, la massa irriducibile, cresceva sempre o al pi` u rimaneva costante. Ma cera di pi` u. Poco dopo la scoperta di Cristodoulou, Penrose insieme a R. Floyd mostrarono per mezzo di esempi, che disturbando per mezzo di qualche causa esterna un buco nero di Kerr, larea dellorizzonte poteva solo aumentare. A quel punto fu abbastanza facile fare 2+2 e molte persone si accorsero che i risultati di Penrose e di Cristodoulou erano la stessa
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faccia di una stessa medaglia; con parole diverse entrambi dicevano la stessa cosa: la massa irriducibile (pi` u precisamente sarebbe il quadrato della massa irriducibile) era proporzionale allarea dellorizzonte degli eventi stesso. Il fatto era decisamente interessante. Qualunque fosse il processo cera una quantit` a che non poteva diminuire ma solo aumentare. Sulla scia di quelle intuizioni, Hawking, ampliando lanalisi a casi pi` u generici di quelli trattati dai suoi colleghi, giunse a enunciare un importantissimo teorema secondo il quale larea dellorizzonte di un buco nero non diminuiva mai qualsiasi fosse stato il processo nel quale era coinvolto. Per qualcuno, Bekenstein in particolare, la rivelazione di Hawking fu una sorta di campanello dallarme: forse sotto cera qualcosa di pi` u; qualcosa ancora di poco chiaro ma strettamente legato al fatto che cera qualcosa di un buco nero che non poteva mai diminuire, qualsiasi processo il buco nero avesse subito. Questa cosa ricordava vagamente una propriet` a legata ai sistemi ordinari con una certa temperatura. Vagamente, si intende. Le riessioni di Bekenstein erano spinte da unosservazione che gli aveva fatto il suo maestro a riguardo dellentropia e dei buchi neri; in breve, Wheeler si chiese se la seconda legge dellentropia, quella che garantisce che lentropia delluniverso non pu` o mai diminuire, fosse in qualche modo violata dalla presenza del buco nero. Osservazione dettata dal fatto che poich e un buco nero inghiottiva ogni cosa, si poteva pensare, idealmente, a un processo nel quale vi fosse un aumento di entropia, ad esempio sciogliere dello zucchero in una tazzina di ca` e, e far sparire il risultato dellesperimento, nel nostro caso la tazzina con il ca` e, dentro al buco nero. Con la scomparsa del corpo del reato, la tazzina, sarebbe anche scomparso linformazione che lentropia del sistema era aumentata. A Bekenstein la cosa parve molto interessante. I buchi neri erano, forse, in grado di sconvolgere anche una legge solida e sempre vericata come quella dellentropia? Forse cera modo, analizzando qualche parametro caratteristico del buhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea co nero, di risalire allinformazione perduta (la tazzina del ca` e di cui sopra), salvaguardando la legge termodinamica. Ma anche questa riessione non era supportata dai fatti, o meglio da quello che Wheeler, ancora lui, ebbe modo di denire come il teorema dellassenza di peli . Nome davvero strano per un teorema, nato come una congettura, per certi versi, assolutamente straordinario: lassenza di peli diceva che della stella collassante rimanevano come marchio di fabbrica solo la massa, la carica e il momento angolare, cio` e i soli parametri che avrebbero caratterizzato la natura del buco nero; tutte le altre informazioni portate dalla materia, i peli, sarebbero sparite per sempre nel buco nero.

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rema di grande rilevanza. Dalla relativit` a generale, come dimostr` o, discendeva un fatto molto importante: tutti i buchi neri non rotanti erano oggetti molto semplici, di forma sferica come sferica sarebbe dovuta essere la forma della materia collassante che li aveva generati, e le sole propriet` a necessarie a caratterizzarli, e a differenziarli, erano la massa e la carica. Nientaltro. Israel aveva dimostrato che potevano esistere solo due tipi di buchi neri non rotanti: quelli di Schwarzschild e quelli di Reisnerr Nordstrom. Il problema si present` o nel momento in cui si ammise che trovare una stella perfettamente simmetrica sarebbe potuto essere una richiesta molto poco sica, dicile da trovare in natura. Penrose e Wheeler allora interpretarono il risultato di Israel in altra maniera; essi ipotizzarono che la materia collassante avrebbe assunto forma a poco a poco sempre pi` u sferica grazie alla dissipazione dellenergia per mezzo delle onde gravitazionali. Il risultato nale sarebbe stato un buco nero stazionario di forma perfettamente sferica, indipendentemente dalla natura e dalle informazioni che la stella collassante non rotante portava con se. Visto che a quel tempo gi` a si conosceva la soluzione di Kerr, rappresentante dei buchi neri rotanti, si estese la congettura di Wheeler in maniera tale che, se la stella collassante fosse stata in rotazione allora il suo stadio nale sarebbe stato un buco nero stazionario descritto dalla soluzione di Kerr, i cui parametri caratterizzanti erano solo massa e momento angolare. Naturalmente quella di Wheeler era solo una congettura, e di fatto cera solo il teorema di Israel del 1967. Il primo passo che innalz` o la congettura di Wheeler al rango di teorema, capit` o nel 1970 quando Brandoon Carter dimostr` o che se un buco nero avesse ruotato attorno a un asse di simmetria, allora le sue caratteristiche, forma e dimensioni, sarebbero dipese da due soli parametri, massa e velocit` a di rotazione. Nel 1973, David Robinson, sfruttando il lavoro di Carter e quello di Hawking del 1971 che dimostrava la necessaria esistenza di questo asse di simmetria, giunse alla conclusione desiderata: questo buco nero non poteva altri che essere
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6.3

Il teorema No Hair

Verso la met` a degli anni sessanta, accanto alle riessioni sulla natura delle singolarit` a, i teorici erano anche impegnati a capire se le soluzioni di Schwarzschild e di Kerr- Newmann fossero le uniche possibili che descrivevano buchi neri nel vuoto. Si pensava ancora che lo stato nale stazionario di una stella collassante sarebbe dovuto dipendere da molti parametri, ossia da tutti quelli che caratterizzavano le propriet` a della materia collassante. Ne risultava quindi uno stadio nale dicilmente prevedibile, vista lampia gamma di propriet` a che questa materia avrebbe potuto avere. In altre parole, si sarebbero potute trovare ben altre soluzioni rispetto a quelle che avevano come unici parametri caratterizzanti, la massa il momento angolare e la carica del buco nero. Ma nel 1967 Werner Israel mise in luce un teoUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea quello descritto dalla soluzione di Kerr. Lardita congettura di Wheeler, era stata dimostrata. E come tale innalzata al rango di teorema No Hair (niente capelli).

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essere un parametro descrittivo dei buchi neri. Il grande numero di queste particelle in una massa collassante, una volta dentro il buco nero cessa di essere rilevante e non forniva pi` u informazioni speciche per il buco nero. Lasserzione di Wheeler era davvero sconvolgente. Negli anni successivi, no alla ne degli anni 80, molti ricercatori hanno provato ad attaccare peli a un buco nero, cercando di trovare soluzioni dellequazione di Einstein che rappresentassero buchi neri muniti di informazioni aggiuntive o, in termini tecnici, provarono ad aggiungere campi alternativi cio` e che nuove particelle, come campi scalari, campi di gauge e cos` via. Di queste soluzioni ne furono anche trovate, ma nessuna di queste era stabile. Ci` o signicava che se si perturbava anche di poco il nuovo buco nero, questo perdeva le proprie caratteristiche trasformandosi in qualcosa di completamente diverso. Insomma, niente a che vedere con gli imperturbabili e stabili buchi neri di Schwarzschild e Kerr.

Limportanza di questo teorema ` e davvero notevole; esso restringe lo stadio nale di una stella collassante a sole quattro possibilit` a e che sono le quattro soluzioni delle equazione di Einstein descriventi buchi neri, ossia: 1) buco nero di Schwarzschild, non rotante e non carico di massa M 2) buco nero di Kerr, rotante non carico di massa M 3) buco nero di Reisnerr-Nordstrom, di massa M, carica Q non rotante 4) buco nero di Newmann, di massa M, carica Q, rotante. Gli unici parametri che intervenivano a dierenziare i buchi neri erano pertanto, massa, carica e momento angolare. Nulla di pi` u. I buchi neri erano oggetti per certi aspetti davvero semplici: se due di loro, ad esempio due non rotanti e non carichi, avessero avuto la stessa massa M, quei due buchi neri erano perfettamente identici ed entrambi appartenenti alla categoria di buchi neri di Schwarzschild di massa M. Wheeler stesso evidenzi` o la portata del suo teorema, riprendendo la questione della conservazione del numero barionico. Ebbene, con il teorema No Hair il principio di conservazione dei barioni non era pi` u valido. Esso cessava di
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Il teorema comunque ` e a tuttoggi ancora fortemente dibattuto, e non ` e esclusa lipotesi che possa essere modicato.

La dinamica dei buchi neri

Nel 1972 le conoscenze sui buchi neri avevano raggiunto uno stadio piuttosto evoluto. I contributi di molti scienziati avevano permesso di capire molte cose sulla dinamica di questi oggetti, tanto che alla ne Hawking, Carter e Bardeen pubblicarono un articolo di straordinaria importanza: Le leggi della meccanica del buco nero. Le quattro leggi che formularono furono: Legge zero: In condizioni stazionarie la gravit` a superciale k di un buco nero ` e la stessa in tutti i punti dellorizzonte. Prima Legge: in un buco nero, nella trasformazione da uno stato a un altro vicino, lenergia del sistema cambia di una quantit` a pari alla somma di un termine di lavoro (che tiene conto del lavoro fatto per cambiare la rotazione del buco nero e del lavoro fatto sui campi di materia eshttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea ternamente a esso) e di un termine proporzionale alla variazione dellarea dellorizzonte. Seconda legge: in un qualsiasi processo sico che si svolga in un sistema isolato larea dellorizzonte degli eventi non pu` o mai diminuire Terza legge: ` e impossibile portare con una successione nita di termini la gravit` a di supercie k a un valore pari a zero. La gravit` a superciale ` e una sorta di parametro che indica il valore di accelerazione che un osservatore dovrebbe avere se volesse rimanere sospeso sopra lorizzonte (in realt` a il suo valore sarebbe innito ma con opportune considerazioni ` e possibile rinormalizzarlo a un valore nito). Insomma, Hawking e compagnia avevano appena detto come funzionavano i buchi neri. A qualcuno, non ultimo Hawking, non sfugg` il fatto che queste quattro leggi erano formalmente identiche alle leggi della termodinamica, se si pensava di comparare la temperatura di un corpo, la sua energia e la sua entropia rispettivamente alla gravit` a superciale, alla massa e allarea dellorizzonte di un buco nero. In uno dei suoi libri divulgativi pi` u famosi Hawking una quindicina di anni dopo avrebbe ricordato: Le propriet` a dellarea di un buco nero di non diminuire mi ricordava molto da vicino il comportamento di una propriet` a sica chiamata entropia, la quale misura il grado di disordine di un sistema. (S. Hawking, A Brief History of Time, 1988) Ma almeno in questa considerazione qualcuno lo aveva preceduto. Fu Jacob Bekenstein ad anticipare sconvolgenti intuizioni. Prima della pubblicazione del lavoro di Hawking, Bardeen e Carter, Bekenstein sugger` che lanalogia no a quel momento solo formale tra dinamica dei buchi neri e termodinamica classica poteva essere pi` u che una semplice coincidenza ma qualcosa di molto pi` u profondo se si fosse considerata la teoria quantistica dei campi. Allora, e solo allora, si poteva realmente pensare di identicare larea di un buco nero con la sua entropia. Le considerazioni di Bekenstein erano maturate
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in seguito alle implicazioni del teorema No Hair e della teoria dellinformazione: quando una particella cade dentro a un buco nero porta con se la sua informazione che pertanto, vista dal nostro universo, va perduta; ma secondo la teoria dellinformazione, la perdita dellinformazione comporta un aumento di entropia. Pertanto ci doveva essere unentropia associata al buco nero. Bekenstein si spinse oltre e cerc` o di misurare questo valore. Usufruendo di qualche suggerimento dato lui da Wheeler valut` o che lentropia era proporzionale allarea dellorizzonte di un fattore di cui se ne poteva dare una stima utilizzando il principio di indeterminazione di Heisemberg. Le motivazioni di Bekestein irritarono non poco Hawking e colleghi che non credevano aatto al connubio tra termodinamica e buchi neri, come lo stesso Hawking ricorder` a nel suo libro a proposito dello storico articolo del 1972: Devo ammettere che scrivendo tale articolo, ero motivato in parte da una certa irritazione nei confronti di Bekestein, che secondo me aveva fatto cattivo uso della mia scoperta dellaumento dellarea dellorizzonte degli eventi . Il motivo per il quale non si poteva credere che i buchi neri fossero anche oggetti termodinamici era piuttosto semplice: ...la temperatura di un buco nero ` e zero. Un modo per rendersene conto ` e notare che un buco nero non pu` o essere in equilibrio con una radiazione di corpo nero a una temperatura diversa da zero (Hawking, Bardeen, Carter, 1973) Ecco il grosso problema. I buchi neri non avevano temperatura! Ma proprio da Hawking venne la scoperta rivoluzionaria. Con grande gioia anche dello stesso Bekenstein, che non aveva aatto digerito come le sue idee erano state trattatte nellarticolo del 1972.

I buchi neri evaporano

Due anni dopo larticolo sulla dinamica dei buchi neri ci fu la grande svolta; la scoperta sensazionale che gett` o una luce nuova sullancora misterioso mondo dei buchi neri: Stephen
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Hawking fu in grado di dimostrare che i buchi neri emettevano energia di natura termica, esattamente come avrebbe fatto un corpo caldo. I buchi neri avevano, realmente, una loro temperatura e potevano addirittura evaporare completamente no alla loro totale scomparsa. Hawking arriv` o al risultato applicando le leggi della meccanica quantistica a un campo gravitazionale contenente un buco nero. Dimostr` o che lemissione era di tipo termico con una temperatura direttamente proporzionale alla gravit` a superciale k : T= h k/ (2p Kc) dove h = costante di Plank K = costante di Boltzmann Una volta in possesso della temperatura, al buco nero poteva anche essere associata unentropia, S, pari a S= AKc3/ (4 G h) dove G= costante di gravitazione universale. E importante sottolineare la presenza della costante di Planck h (si legge h tagliato), indice del fatto che siamo in presenza di un fenomeno puramente quantistico che non ha nessun riscontro classico. Con semplici calcoli si poteva dimostrare che per un buco nero di Schwarzschild, lentropia era proporzionale al quadrato della massa del buco nero mentre la temperatura era inversamente proporzionale alla massa. In altre parole pi` u il buco nero era piccolo e pi` u era caldo. Il risultato di Hawking era frutto del sodalizio tra relativit` a generale e meccanica quantistica, in particolare con il principio di indeterminazione di Heisenberg. Secondo questo principio non ` e possibile conoscere contemporaneamente, ad esempio, posizione e velocit` a di una particella. Pi` u` e precisa la misura della velocit` a di una particella maggiormente incerta ` e la sua posizione e viceversa. Un cosa simile accade per il valore di un campo e la sua variazione, che possono essere paragonati alla posizione e alla velocit` a di una particella. Una conseguenza di questo strano comportamento, puramente quanUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

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tistico, ` e che il concetto di vuoto perde il suo classico e naturale concetto. Se in una certa regione di spazio vi fosse il vuoto allora sarebbero zero tutti i campi di materia e di energia in esso presenti, come il campo gravitazionale o quello elettromagnetico; ma questo signicherebbe che sarebbe possibile conoscere contemporaneamente entrambi i valori prima descritti, ossia il suo valore in un punto e il suo tasso di variazione nel tempo. Entrambi sarebbero pari a zero. E ci` o non ` e assolutamente possibile. Questo signica che, in realt` a, il vuoto ` e un calderone di particelle virtuali che si creano e si annichilano in tempi brevissimi. Poich e non si pu` o creare energia dal nulla, le coppie di particelle che si creano e si distruggono sono in realt` a coppie di particelle e corrispettive antiparticelle. Tali particelle sono virtuali perch e non possono essere osservate. Ma, tuttavia, sono ben misurabili i loro eetti. A questo punto entra in gioco il buco nero.

In prossimit` a dellorizzonte degli eventi, pu` o succedere che una delle componenti di questa coppia, invece che annichilarsi con la sua controparte, venga attirata dal buco nero e oltrepassi lorizzonte degli eventi senza riemergere mai pi` u, come ormai ben sappiamo. Priva della sua controparte, la particella libera pu` o sfuggire ancora al buco nero ed essere rilevata lontano dal buco nero come particella reale. Un osservatore lontano avr` a limpressione che la particella sia stata emessa dal buco nero, mentre in realt` a` e stata emessa nellintorno assai vicino dellorizzonte degli eventi. La particella inghiottita, secondo la famosa legge E=Mc2 , porta dentro al buco nero una massa che va a sottrarsi
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea a quella del buco nero, che pertanto ridurr` a la propria massa, no a diventare sempre pi` u piccolo. Man mano che il buco nero perde massa, diventa anche pi` u caldo, aumentando il suo tasso di irradiamento termico, no a quando non scomparir` a del tutto. Il buco nero ` e evaporato completamente. E Hawking si conquist` o un posto nella galleria degli immortali del secolo. Poich e a questo punto un buco nero pu` o assorbire ed emettere radiazione pu` o anche trovarsi in equilibrio con lambiente circostante, quindi le quattro leggi della dinamica dei buchi neri erano (sono) realmente leggi termodinamiche. Questo ha permesso di enunciare una seconda legge termodinamica pi` u generale, secondo la quale in un processo sico che si svolga in un sistema isolato lentropia della materia e quella dei buchi neri non pu` o mai diminuire. In un certo senso, i buchi neri avevano compiuto uno straordinario miracolo, avevano riunito le leggi della meccanica quantistica, della relativit` a generale (una teoria classica) e della termodinamica in una volta sola. Un risultato straordinario. Tuttavia avevano anche mostrato chiaramente che i buchi neri non dovevano essere pi` u considerati oggetti classici, ossia trattabili con le leggi della dinamica classica. Essi erano oggetti quantistici per i quali, per la loro completa determinazione, occorreva una teoria quantistica della gravitazione. Se, infatti, era stato compiuto un grandissimo passo in avanti verso la comprensione di questi oggetti, era anche vero che questo stesso passo apriva il campo a numerose domande. Non ultimo il fatto che la radiazione fosse esattamente termica, cosa di cui si era certi, perch e questo tipo di radiazione lascia un marchio di fabbrica facilmente riscontrabile. Secondo quanto sostenne Hawking due anni dopo, nel 1976, questo fatto indicava che i buchi neri violavano le leggi di evoluzione dei sistemi quantistici, almeno secondo quanto no ad allora si sapeva. In particolare violavano il concetto di unitariet` a dellevoluzione che, con parole rozze, garantiva il fatto che linformazione contenuta in un sistema prima di un processo fosse rintracciabile a processo ultimato. Nella sica delle particelle, lunitariet` a ` e un conUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

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cetto fondamentale. Ma Hawking stava sostenendo che questo concetto non era pi` u applicabile a un buco nero. Linformazione che il buco nero cattura, asteroidi, stelle, particelle, luce, astronauti, non viene pi` u restituita. Anzi viene totalmente perduta perch e a un certo punto il buco nero evapora completamente. Quello che restituisce gradualmente ` e solo radiazione termica, dalla quale non si pu` o ricavare alcuna informazione. Lasserzione dello scienziato britannico era davvero di quelle forti. Negli anni successivi, i sici si sono impegnati moltissimo a cercare di rispondere ai quesiti che la termodinamica dei buchi neri sollevava. In particolare si ` e cercato di capire che cosa fosse davvero lentropia di un buco nero, e se fosse possibile calcolarla mediante un approccio statistico al problema, in modo da riuscire a comprendere le propriet` a microscopiche dei buchi neri. Ad esempio, se calcoliamo lentropia di un buco nero la cui massa ` e tre volte quella del sole, otteniamo un numero enorme, un 1 seguito da 78 zeri, mentre la sua temperatura non raggiunge neanche il milionesimo di grado. Da dove viene questo valore dellentropia cos` elevato? Evidentemente, un buco nero ` e un oggetto nel cui interno ` e racchiuso moltissimo disordine, sebbene, come abbiamo visto, sia un oggetto per certi aspetti estremamente semplice (Teorema No Hair). Sebbene la visuale classica abbia fornito risultati notevoli ed eleganti, cos` come lutilizzo di approcci matematici diversi dalla teoria della relativit` a, era chiaro che serviva una teoria della gravit` a che fosse nalmente quantistica, come era gi` a possibile fare per tutti gli altri campi conosciuti, quello elettromagnetico, quello debole e quello forte (pi` uo meno). sici teorici avevano in mente qualcosa di straordinariamente ambizioso: una teoria che spiegasse tutte le interazioni materia- energia no ad allora conosciute. Il Sacro Graal della sica teorica era la ricerca della Grande Teoria Unicata. Ancora oggi molti degli sforzi sono orientati in questa direzione, anche se, a detta di una consistente comunit` a di scienziati, ci sono forti inhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea dizi che questa teoria sia stata trovata. Essa risponde al nome di teoria delle stringhe.

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Gli ultimi ricerche

venti

anni

di

su un ampio spettro di problemi, non ultimo quelli di natura gravitazionale, quando, a met` a degli anni novanta Andrews Strominger e Cumrun Vafa dimostrarono come fosse possibile calcolare lentropia di un buco nero considerando i suoi microstati. In altre parole quello che si stava cercando da tanto tempo. O quasi. Nel corso degli anni novanta, mentre da una parte molti sici teorici si sono spostati verso le stringhe, dallaltra sono stati portati avanti interessanti studi di tipo semiclassico (ossia campi quantistici su un campo gravitazionale classico, non quantizzato) sui buchi neri. Piuttosto elegante ` e stata la trattazione fatta da Robert Wald mediante lutilizzo del formalismo di Noether. Amalie Emmy Noether (18821935), bella gura di scienziato donna in un periodo dove la ricerca era allappannaggio dei soli uomini, formul` o un fondamentale teorema che stabiliva una relazione tra propriet` a di invarianza di un sistema e leggi di conservazione. Ad esempio linvarianza rispetto a una traslazione spaziale implicava la conservazione della quantit` a di moto. Trasportano il teorema di Noether a una classe di funzioni dotate di certe simmetrie, Wald ha dimostrato che le leggi della termodinamica dei buchi neri non sono una peculiarit` a della teoria della relativit` a generale, ma una caratteristica intrinseca dei buchi neri. I valori di entropia ricavati da Wald sono in perfetto accordo con quelli precedentemente calcolati. Il limite dellapproccio di Wald, per quanto elegante, si manifesta nel momento in cui non riesce a chiarire da dove venga lentropia di un buco nero, quale sia la sua vera natura, fornendo, di contro, solo un metodo per calcolarla. Ormai era chiaro, per vincere la battaglia cera bisogno di rivoluzionare la sica, per giungere a comprendere la natura nei suoi aspetti pi` u nascosti, quelli dellordine della scala di Planck (1033 cm). Le stringhe potevano dare qualche risposta convincente in proposito. Secondo questa teoria, le unit` a fondamentali non sono pi` u particelle ma corde unidimenhttp://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Nel corso degli anni 80, la sica dei buchi neri si tenne su un prolo piuttosto basso. Gli unici impulsi venivano dalla scoperte nel campo dellastrosica, come lidenticazione di enormi buchi neri supermassicci, o lindividuazione di fenomeni energetici di enorme potenza, per i quali si pensava occorressero campi gravitazionali ugualmente enormi. Si cercavano, poi, soluzioni delle equazioni di Einstein che, come gi` a detto, mettessero in crisi il teorema No Hair, e si continuava a lavorare su una soddisfacente teoria della gravitazione quantistica. La relativit` a generale, infatti, non ` e stata lunica teoria sviluppata sul campo gravitazionale, ma di certo ha dimostrato di funzionare benissimo, e di fare egregiamente quello che si richiede a una teoria: fare previsioni. Il problema era che non era quantizzabile che le normali procedure utilizzate per gli altri campi. La teoria quantizzata mostrava degli inniti non rinormalizzabili, in altre parole che non era possibile eliminare con qualche astuto trucco. Quegli inniti dicevano che realmente cera qualcosa che non andava nella teoria. Tra le tante avanzate nel corso degli anni, la teoria delle stringhe pu` o vantare numerosi punti in suo favore, compreso il problema della quantizzazione del campo gravitazionale. La teoria delle stringhe, sviluppata nel corso degli anni settanta per problemi legati alla sica nucleare, ha dimostrato di fare giuste previsioni
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea sionali in grado di muoversi in uno spazio ndimensionale. Muovendosi in questo spazio la stringa spazza una supercie 2-dimensionale le cui caratteristiche sono importantissime per i sici teorici. Oltre a muoversi, la stringa pu` o oscillare in modi dierenti. Le particelle, come noi le rileviamo, non sono altro che questi diversi modi di oscillazione. Anch e questi modi doscillazione quantizzati risultino in accordo con la meccanica quantistica, lo spazio sul quale si possono muovere ha ben 26 (!) dimensioni nel caso di una teoria che contenga solo forze, mentre si riducono a un minimo di 11 dimensioni qualora si considerino anche campi di materia (fermioni). Particolarmente interessante risulta il fatto che le stringhe possono anche essere chiuse; il loro spettro di oscillazioni, in questo caso, comprende anche particelle di spin pari a 2 e prive di massa. In poche parole la teoria include in modo del tutto naturale la presenza di gravitoni, i quanti del campo gravitazionale. Sulle stringhe si sono riversati un gran numero di ricercatori che a poco a poco hanno sviluppato e reso pi` u chiara una teoria che ha molto faticato per farsi accettare, data la sua grande complessit` a e soprattutto limitata da un aspetto dal quale dicilmente una buona teoria dovrebbe prescindere: le veriche sperimentali. Oggi si ritiene che le cinque teorie che descrivono le stringhe siano, in realt` a, cinque mattoni che costituiscono una teoria pi` u generale detta Teoria M dove le unit` a fondamentali non sono pi` u le stringhe ma delle membrane. Ma torniamo ai nostri buchi neri e a come le stringhe paiano aver risolto il problema. Nel 1995 Andrews Vafa e Cumrun Strominger annunciarono di aver risolto la questione legata allentropia dei buchi neri. I due scienziati hanno assemblato un certo numero di stati delle corde, cosa che ha permesso loro di tenere sotto controllo la struttura microscopica creata, e con una complessa argomentazione hanno associato la loro creatura a una particolare classe di buchi neri, quelli estremali, ossia buchi neri dotati di massima carica elettrica e, compatibilmente, di minima massa. In seguito hanno contato tutti i possibili riarrangiaUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

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menti degli stati microscopici creati che lasciavano inalterate le propriet` a osservabili del buco nero, ossia massa, momento angolare e carica. Una volta terminato il calcolo hanno trovato accordo perfetto tra il risultato ottenuto e larea dellorizzonte degli eventi del buco nero. Finalmente qualcuno era riuscito a calcolare lentropia di un buco nero contando i suoi stati microscopici interni. I teorici delle stringhe, nei loro libri divulgativi, tendono a presentare questo risultato come un grandissimo successo della teoria e non si soermano sui limiti di questo risultato. E ovvio, infatti, che lentropia da loro trovata ` e quella di una classe di buchi neri piuttosto particolare, e non quella, ad esempio, di un buco nero formato da collasso gravitazionale. Inoltre si pu` o obiettare che il loro conto coinvolge non i stati interni del buco nero bens` i stati di stringa, solo in seguito associati agli stati di buco nero. Comunque il risultato di Vafa e Strominger ` e stato davvero importante, segnando un passo notevole nellardua ricerca di una teoria quantistica della gravitazione che esca incolume dalle problematiche sollevate dai buchi neri. Ma c` e ancora dellaltro. Come se non bastasse i buchi neri hanno ispirato unidea per certi versi davvero sconvolgente. Se fosse in qualche modo provata rivoluzionerebbe certamente il nostro modo di pensare lUniverso.

9.1

Universi come ologrammi e altre stranezze

Abbiamo visto che lentropia di un buco nero ` e pari a un quarto dellarea dellorizzonte degli eventi. In altre parole, lentropia ` e legata a una supercie e non, come parrebbe pi` u ovvio, a un volume. Ora, nessuno sa con esattezza cosa ci sia dentro a un buco nero, e questo ormai lo abbiamo capito, per` o sappiamo con ragionevole certezza che lentropia, intesa come quantit` a di informazione, si trova sulla sua supercie, e con essa anche i suoi gradi di libert` a. Questo ha portato i sici a estendere tali ragionamenti a regioni cosmologiche dotate di superci di delimitazione, cio` e delimitate da una sorta di
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea orizzonte degli eventi cosmico. Uno dei primi passi in questa direzione ` e stato compiuto nel 1995 da Leonard Susskind della Stanford University che ha elaborato lipotesi del vincolo olograco : per ogni sistema sico isolato delimitato da una supercie, lentropia ha un limite massimo pari a un quarto dellarea di questa supercie chiusa attorno al sistema diviso per il quadrato della lunghezza di Planck: S ... A/4(Lp)2 Lipotesi di Susskind pare davvero notevole: il vincolo olograco estenderebbe la formula dellentropia dei buchi neri a tutti gli altri sistemi sici isolati e con un bordo. Ma il bello ` e, comunque, gi` a alle porte. La spiegazione alla base dellipotesi di Susskind potrebbe essere data da quello che ` e conosciuto come principio olograco, proposto negli stessi anni da Gerardt Hooft dellUniversit` a di Utrecht. Secondo questo principio, la sica di un sistema tridimensionale pu` o essere descritta da una teoria sica che si muove solo sul conne bidimensionale del sistema in esame. Se fosse vero, la quantit` a di informazione contenuta nel sistema non dovrebbe essere maggiore di quella contenuta nella sua supercie. E il vincolo olograco sarebbe rispettato. A questo punto la fantasia ha iniziato a galoppare veloce quanto le intuizioni dei sici: il nostro universo quadrimensionale potrebbe essere descritto da leggi denite nel suo bordo tridimensionale ? Potremmo essere tutti una sorta di ologramma? A supporto di una simile, inverosimile, ipotesi ` e arrivata nel 1997 la scoperta che la teoria delle stringhe ` e equivalente a una teoria di campo quantistica formulata sul bordo di un particolare spazio-tempo, chiamato di anti-De Sitter. Willem de Sitter (1872-1934), astronomo olandese, trov` o una soluzione delle equazioni di Einstein con la costante cosmologica, che descrivevano un universo vuoto, simmetrico e sempre in espansione. Cambiando segno alla costante cosmologica, ossia trasformando la repulsione in attrazione, otteniamo un universo di antide Sitter, vuoto e simmetrico come il preceUn dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004

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dente. Ebbene, Juan Maldacena, sico dellUniversit` a di Harvard, ha dimostrato che un universo anti-de Sitter in cinque dimensioni descritto da una teoria delle stringhe ` e del tutto equivalente a una sica descritta da una teoria di campo (conforme) sul bordo di questo universo, ossia nella regione quadrimensionale. Insomma, la grande intuizione di Maldacena altro non dice che due teorie cos` dierenti tra loro, come la rivoluzionaria teoria delle stringhe e la piu classica teoria dei campi, sarebbero del tutto equivalenti. Non solo, ma un ipotetico abitante di questo universo non sarebbe neanche in grado di stabilire in linea di principio, in che parte delluniverso esso si trovi, se su uno a cinque dimensioni o sul suo bordo a quattro. Nel caso dei buchi neri, uno di questi che si trovasse nello spazio 5-dimensionale sarebbe del tutto equivalente a una radiazione termica nello spazio a 4 dimensioni: entrambi avrebbero la stessa entropia anche se origine totalmente dierente. E innegabile, il principio olograco potrebbe essere la grande rivoluzione che la sica aspettava. O quantomeno indirizzare i ricercatori verso quel sacro Graal della sica che, sfuggente come un soo di vento ma ingombrante come la biblioteca di Babele, inquieta i sogni degli scienziati: riuscire a capire, nalmente, come agisce la gravit` a. Intanto i buchi neri rimangono a guardare, aspettando con pazienza lavventuroso astronauta che attraverser` a il cerchio magico. Il folle Reinhardt ` e gi` a l` da tempo.

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Bibliograa

Testi divulgativi Dal Big Bang ai buchi neri (A brief history of time), Steven Hawking, 1988. Il best sellers sui buchi neri. Un classico per avvicinarsi al problema I misteri del tempo, Paul Davies, 1995. Discussioni sul tempo viste da un grande scienziato e divulgatore
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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea Teoria del Big Bang e buchi neri, Robert Wald, 1977. Libro vecchiotto ma ancora molto interessante Buchi neri, comunicazione, energia, Jacob D. Bekenstein, 2001. Molto bello. La vita in prima persona e le scoperte di un grande sico Luniverso elegante, Brian Green, 2000. Un altro best sellers: stavolta sulle stringhe. Facile solo in apparenza. A volte troppo di parte. La nuova sica, a cura di Paul Davies, 1998. Compendio di articoli scritti da eminenti sici, che spaziano dalla complessit` a allastrosica. Bello e caro. La natura dello spazio e del tempo, Stephen Hawking e Roger Penrose, 1996. Venduto come libro divulgativo ` e in realt` a densissimo di concetti tuttaltro che banali. Dark stars: the evolution of an idea, Werner Israel, tratto da 300 Years of gravitation, 1987. La storia dei buchi neri raccontata in maniera approfondita da Israel Per avere una panoramica ecace sul principio olograco si rimanda alla lettura di due articoli apparsi su Le Scienze: Linformazione in un universo olograco, J. Bekenstein (Le Scienze 421, settembre 2003) Il futuro della teoria delle stringhe, B. Greene (Le Scienze, 424, dicembre 2003) Testi di stampo universitario per approfondire largomento: Gravitation, (Misner Thorne Wheeler, ed. W H Freeman & Co.,September 1973). La Bibbia Gravitation and cosmology (S. Weinberg, Wiley Text Books,July 1972). Dallo stile un po datato ma rimane sempre un gran libro. General Relativity (R. Wald, University of Chicago Press,July 1984). Gran libro, ma tecnico. Per specialisti. A rst course in general relativity (Bernard Schuntz). Alluniversit` a si inizia con questo. Ma non ` e un granch e. Teoria dei campi (Landau, Lifsits). Come tutti i Landau
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Quantum eld theory in curved space time and black hole entropy (R. Wald, 1994). Impegnativo. Propriet` a termodinamiche dei buchi neri (tesi di laurea dellautore, 1997). Vivamente sconsigliata

Bello.
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