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rnali). 618. Durante le feste dei Saturnali, i Romani usavano far doni e strenne.

Di sol ito i doni venivano indicati in tante schede, e ciascuno di coloro che concorrev a ai doni estraeva a sorte una scheda e aveva il dono che era in essa descritto. Augusto era solito indicare nelle schede i doni con arguta ambiguit. Cos, per esem pio, m una scheda si leggeva: la rivale di Venere; e voi immaginavate chi sa che m agnifica schiava... si trattava invece di una spugna, nata anch'essa, come Vener e, dalla spuma del mare. In un'altra scheda si leggeva: la bella barbiera; ma anch e qui non si trattava di una femmina, ma di una pinzetta da strappare i peli. (N uova Antologia, 1884). 619. L'imperatore Augusto era molto libertino, e quando gli piaceva una donna, l a mandava a prendere con una lettiga coperta, con la quale uale gli veniva porta ta sino in camera da letto. Una volta mand a prendete in questo modo la moglie di un tale, amico del filosofo Atenodoro. I due sposi erano costernatissimi di que ll'oltraggio imperiale, ma non avevano il coraggio di opporvisi. Allora il filos ofo Atenodoro pens di salvar l'onore della sposa, e vestitosi con abiti muliebri, si mise nella lettiga. Quale fu lo stupore dell'imperatore quando, aprendo le c ortine della lettiga, ne vide uscir fuori Atenodoro che, impugnando una spada, e sclam: - Sire, e non temi dunque che qualcuno per ucciderti, voglia fare sul' serio qu ello che questa volta io ho fatto per burla e per metterti sull'avviso? Questo avvertimento fu preso da Augusto in buona parte, e ne trasse il suo profi tto. (Encyclopdiana). 620. Un giorno fu presentato ad Augusto un giovane greco che rassomigliava stran amente a lui. L'imperatore gli domand se sua madre era stata mai a Roma. Il Greco cap il veleno della domanda e gli rispose: - Mia madre no; ma c' stato pi volte mio padre. (PANCKOUCKE). 621. Un tale, a nome Vedio Pollione, fu presentato all'imperatore Augusto in uno stato meraviglioso di salute e di forze, sebbene avesse di gi sorpassato i cento anni. L'imperatore gli domand come aveva fatto a conservarsi cos bene. - Di dentro ho messo molto miele - gli rispose il vecchio - e di fuori ho messo molto olio. Egli insomma si era cibato prevalentemente di miele, e si ungeva il corpo d'olio . (Encyclopdiana). 622. Un giorno un privato cittadino invit a pranzo l'imperatore Augusto, e gli di ede un banchetto scarso e povero. Augusto fece buon viso a cattivo giuoco e mang i quel che la tavola offriva, e cio ben poco, e quel poco tutt'altro che buono. Qu ando fu sul licenziarsi, Augusto ringrazi l'ospite, ma non potette tenersi dal di rgli: - Non sapevo in verit che fossimo tanto in confidenza! (SVETONio, La vita d'Augus to). 623. Augusto aveva emesso ordinanze severissime contro i celibi. Alcuni cavalier i romani si presentarono a lui un giorno, perch volesse mitigare il rigore di que lle leggi; ma Augusto, per tutta risposta, si fece portare i numerosissimi figli di Britannico, e li mise tutti accanto a s, quale tra le braccia, quale sui gino cchi, quale ai suoi piedi, e tutti tenerissimamente baci e accarezz, facendo compr endere quale, secondo lui, era il dovere del buon cittadino romano. (Encyclopdie mthodique). 624. Venne a morire un uomo che era stato tutta la vita carico di debiti. L'impe ratore Augusto diede ordine che acquistassero per conto suo il materasso su cui egli aveva per tanti anni dormito. - Dev'essere un materasso ottimo, morbidissimo, se egli ha potuto dormirci tranq uillo, non ostante tanti debiti che lo crucciavano. (GUERARD, Dictionnqire d'ane cdotes). 625. Augusto era indignato perch tutto il popolo di Roma non s'occupava altro che della rivalit dei due mimi Ila e Pilade. - Ingrato! - gli disse Pilade - tu dovresti ringraziarci, perch fin che il popolo si occupa di noi, non si occupa di politica. (MACROBIO, Saturnali). . 626. Avendo inteso che Alessandro, dopo aver conquistato la maggior parte del mo ndo, era preoccupato di sapere come avrebbe potuto impiegare ormai il suo tempo,

esclam: - Come! Alessandro ignorava dunque che il governare saggiamente un impero vale a ssai pi che conquistarlo? (Encyclopdie mthodique). 627. Poich Orazio aveva una fistola lacrimale e Virgilio era asmatico, Augusto, e ssendosi seduto in un banchetto in mezzo a loro due, disse: Sedeo inter suspiria et lacrymas e cio: sto a sedere tra i sospiri e le lagrime. (Encyclopdie mthodique). 628. Augusto aveva messo una taglia di diecimila sesterzi sul capo di Caracotta, famoso brigante di Spagna. Quando Caracotta seppe questo, si present da se all'i mperatore, che, maravigliato di quel tratto, gli perdon, gli pag la taglia e lo ri mand libero in Spagna. (Encyclopdie mthodique). 629. L'imperatore Augusto soleva dire che non bisogna far nulla con precipitazio ne e che bisogna nel far una cosa affrettarsi lentamente. (PANCKOUCKE). 630. Un cortigiano disse un giorno all'imperatore Augusto: - Corre voce che tu vuoi farmi un bel dono. E Augusto pronto: - Non dar ascolto alle chiacchiere della gente! (Magazin historique, 1764). 631. Da vecchio soleva dire che avrebbe voluto avere la forza d'animo di Scipion e, la benevolenza di Pompeo e la fortuna di Cesare. (GARZONI, Il teatro di vari e diversi cervelli mondani). 632. Quando l'imperatore Augusto fu sul letto di morte, si fece dare uno specchi o, e si mise ad accomodarsi i capelli in modo che non apparisse troppo la magrez za estrema del viso. Essendo entrati in quel mentre alcuni cortigiani, l'imperat ore morente domand loro: - Ebbene, vi pare che io abbia recitato bene la farsa della vita? Se siete conte nti, applaudite all'attore. (SVETONIO, Vita di Augusto). AUMALE (Enrico Filippo Luigi d'Orlans, duca d') n. 1822 - m. 1897; quarto figlio del re Luigi Filippo, governatore dell'Algeria, esule dopo il 1848, torn in Francia nel 1870. 633. Il duca d'Aumale aveva sposato la figlia del principe di Salerno. Quando la duchessa si metteva a parlare napoletano, prendeva immediatamente a gesticolare . - Sta' ferma - le diceva il marito. - Non gesticolare. - Ma non mi accorgo di gesticolare - rispondeva la duchessa. E il duca allora: - - Tu hai ragione. Anche mia madre fin che parla francese non muove un dito; ma appena si mette a parlare napoletano, comincia a gesticolare come pulcinella. ( BERTAUT, Le roi bourgeois). 634. Era a quei tempi a Parigi Ferdinando di Bulgaria, salito da poco al trono, e non senza contrasti di molti Stati d'Europa. Un giorno sull'imbrunire, il re si rec a far visita al duca d'Aumale, al quale pi aceva scherzare e pungere con qualche bel motto i suoi amici. Fosse la penombra del salotto, o un'intenzione scherzosa del duca, il fatto che questi accolse l'i llustre ospite assai freddamente, come si trattasse di una persona introdottasi senza permesso. Solo quando il re fu a pochi passi da lui, il duca fece mostra d i riconoscerlo e allora, alzandosi premurosamente, ' gli corse incontro ed escla m: - Ah, Ferdinando, siete voi? Io avevo fatto come l'Europa: non vi avevo riconosc iuto. (Temps, 27 febbraio 1936). 635. Dopo l'attentato di Orsini dicevano al duca d'Aumale: L'imperatore si compor tato molto bene. - Come mio padre, - rispose il duca - ogni volta che han tentato di assassinarlo . Ma aspettate un po'! Non passava una settimana e mio padre commetteva qualche grosso sproposito! (GUY DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). 636. Dicevano al duca d'Aumale che la Francia era azzurra, cio - legittimista. - S - rispose - ma appena le mostrano il bianco, diventa rossa. (GUY DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). AURELIANO n. 220 m. 275; imperatore romano. 637. L'imperatore Aureliano, arrivando davanti alla citt di Tiana, ne trov chiuse

le porte e i cittadini pronti alla difesa. In un momento d'ira disse:- Appena prendo questa citt ribelle, non voglio lasciar neanche un cane vivo per le sue vie. I soldati erano tutti lieti di queste parole che promettevano loro un buon botti no. Dopo qualche resistenza, la citt fu finalmente espugnata, e allora i soldati ricordarono all'imperatore le sue parole perch rispettasse il giuramento fatto. - Giustissimo - rispose Aureliano. - Io ho giurato di non lasciare un cane vivo nella citt; perci vi prego di sterminare tutti i cani che incontrerete; ma guai a voi se fate il minimo danno alle persone e ai loro beni. (Encyclopdie mthodique). AUTERROCHE (conte di) generale francese del XVII secolo. 638. Il conte di Auterroche ispezionava, insieme con un ufficiale, le fortificaz ioni della piazzaforte nemica di Maestricht. L'ufficiale, impressionato delle di fese, esclam: - Generale, ma questa fortezza imprendibile. - Cercate di parlar bene - gli ordin il conte. - Imprendibile non una parola france se. (Paris, Versailles, etc.). 639. Un generale port al conte d'Auterroche l'ordine del re di dar l'assalto al n emico nell'isola di Santa Margherita. Potete scendervi - gli domand - coi vostri soldati? Generale, - rispose d'Auterroche - il sole .entra in quest'isola? Ebbene, se vi entra il sole, potranno entrarvi anche le mie truppe. (Encyclopdie mthodique). AVANZINI Baldassare n. 1840 - m. 1908; giornalista italiano, fondatore e direttore del famoso giorna le Fanfulla. 640. Ogni tanto veniva a cercarlo al Fanfulla qualche creditore. Ma, inesorabile , all'usciere che andava ad annunziargli la visita poco gradita, egli gridava co n un vocione che si sarebbe inteso lontano un miglio: - Digli che non ci sono. Tanto che il pudico usciere, tornando in anticamera, stimava pi decoroso esprimer si cos: - Ha detto che non c'. (VASSALLO, Gli uomini che ho conosciuto). 641. Quando scoppi la guerra franco- prussiana, il Fanfulla volle darsi le arie d i aver un inviato speciale sul teatro della guerra: questi era nientemeno che Or este Baratieri, allora semplice capitano, il quale mandava i dispacci... da un p aese della Sardegna dove era di guarnigione; ma questi dispacci erano cos precisi e particolareggiati che i lettori credettero davvero che provenissero dal front e. Qualche volta essi precedevano persino gli avvenimenti con una precisione pro fetica sbalorditiva. Tutti giuravano che il Fanfulla era il giornale meglio info rmato. Inoltre Avanzini si concesse il lusso d'avere, allo stesso prezzo, anche un corrispondente borghese dal fronte, e questo pareva presente sempre a tutti g li avvenimenti, raccoglieva le parole di bocca a Bazaine, a Napoleone III, al ma resciallo Canrobert; e questo secondo corrispondente era Yorick, che se ne stava chiuso in una stanzetta del Fanfulla a sfogliare giornali e riviste francesi. - Credi a me - diceva Avanzini agli amici - al pubblico importa poco sapere quel che Napoleone ha detto a Guglielmo dopo Sdan; gl'importa sapere invece se aveva i calzoni bigi o rossi, se fumava la sigaretta o no. (VASSALLO, Gli uomini che h o conosciuto). 642. Baldassare Avanzini, direttore del Fanfulla, dovette una sera andare al vec chio e popolare teatro Corea, che l'elegante giornalista naturalmente non freque ntava. Si diresse subito alla sua poltrona: a quella, diciamo meglio, del giorna le, e fu meravigliato di vederla occupata. - Scusi, signore, - disse a colui che vi era istallato - ella si deve essere sba gliato. Questa la poltrona del Fanfulla. - Appunto - rispose l'intruso; - ma io sono il direttore di quel giornale. Avanzini si fece allora tutto ossequioso, e, dopo aver salutato profondamente il signore, gli domand: - Tanto piacere di conoscerla; ma, signore, mi faccia allora il piacere di dirmi chi sono io! AXWORTY Peter scrittore inglese contemporaneo.

643. Peter Axworty aveva scritto e pubblicato un suo primo romanzo, ma i comprat ori non si presentavano, e il romanzo rimaneva invenduto. Ebbe allora un'idea. S tamp sui giornali un avviso economico che diceva cos: Milionario, alto, elegante, c olto, musicista, sposerebbe signorina che somigli in tutto alla protagonista del romanzo Vinse l'amore di Peter Axworty. Il romanzo and a ruba, e il romanziere si vide offrire da molti editori lavoro e promesse di pubblicare un secondo romanz o. (Minerva, 30 agosto 1932). AZEGLIO (Cesare d') n. 1763 - m. 1830; generale e ambasciatore del re di Sardegna; padre di Massimo. 644. Al tempo delle guerre napoleoniche, Cesare D'Azeglio, tenente colonnello de l Reggimento Vercelli in Val d'Aosta, fu fatto prigioniero sul Piccolo San Berna rdo. Al momento di cadere nelle mani del nemico, gli venne fatto di guardarsi alle sp alle: non c'era pi nessuno dei suoi, tranne un tamburino sui quattordici anni. Gli fece un gesto d'impazienza: - Eh! che cosa fai tu cost? E il fanciullo: - Finch ci sta il colonnello, ci sto anch'io. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 645. Il marchese Cesare D'Azeglio non imbottiva la testa dei figliuoli di muffa nobilesca. Un giorno, essendo tutti riuniti in famiglia ed essendo caduto il dis corso sulla nobilt, Massimo, che poteva avere dodici anni, salt fuori a domandare, ingenuamente: - Noi, signor padre, siamo nobili? Tutti si misero a ridere, e Mammolino arross, accorgendosi che doveva aver fatto una domanda sciocca. Ma suo padre, sorridendo benevolmente, gli disse: - Sarai nobile, se sarai virtuoso. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 646. Cesare D'Azeglio insegnava assiduamente ai suoi figli a non temere il dolor e; lo insegnava con la parola, e, quando si presentava l'occasione, con l'esempi o. Se i figli si lagnavano di qualche maluccio, soleva dire un po' in ischerzo, ma in fondo. anche seriamente: - Un buon piemontese, dopo che ha gambe, braccia rotte e due stoccate attraverso il corpo, allora e non prima pu dire: Veramente, s... mi pare di non sentirmi trop po bene. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 647. Cesare D'Azeglio era rigido nell'esigere dai figli l'osservanza del galateo . Un giorno che, nell'andare a tavola, Massimo s'era cacciato avanti alla sorell a, lo rimise in coda a tutti, dicendo: - Perch tua sorella, non c' ragione che tu sia incivile. (M. D'AZEGLIO, I miei ric ordi). 648. Dopo la morte di Robespierre e dei terroristi, si scatenarono atroci vendet te contro i loro seguaci. Cesare D'Azeglio raccontava d'un fervente cattolico ch e gli si present un giorno coi capelli irti e con gli occhi stralunati, gridando: - Ho ucciso colui che fece ghigliottinare mio padre. - Signore, - gli rispose il D'Azeglio - voi non siete cristiano. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 649. Cesare D'Azeglio aveva condotto seco come attendente il suo fedel servitore Giovanni Drovetti. Questi gli stava sempre ai panni, e il D'Azeglio se lo trov l quando fu fatto prigioniero. - Eh! vattene - gli grid - non lasciarti prendere... Ma l'altro lo guard trasecolato, come per dire: A me, Giovanni Drovetti, una propo sta simile?. E fu compagno fedele ed eroico al suo padrone, nella lunga e penosa prigionia. Giovanni Drovetti visse poi sempre amato nella casa D'Azeglio, col nome classico di Pilade, l'eroe dell'amicizia: cosa che onora lui e la casa ospitale. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). AZEGLIO Massimo Taparelli, marchese d' n. 1798 - m. 1866; patriota torinese, statista, scrittore, pittore, scultore, mi nistro di re Vittorio Emanuele IL 650. In una passeggiata col padre e coi fratelli sotto Fiesole, Massimo D'Azegli o, fanciullo, cadde malamente e si ruppe un braccio. Il babbo si accorse subito

della frattura, ma, frenando l'emozione, disse: - Senti, Mammolino, la mamma malata e a sapere che ti sei fatto male si potrebbe rimescolare. Per stasera devi mostrare di non aver male. Domattina si andr a Fir enze e si far quel che bisogna. Hai inteso? Mammolino stette tutta le sera cheto cheto, e la mamma lo credette solo un po' s tanco. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 651. Massimo D'Azeglio, tornato giovinetto a Torino dopo la restaurazione, fu af fidato a diversi preti, l'uno pi pedante dell'altro. L'ultimo, certo abate Guala, lo sottoponeva ad esercizi opprimenti di devozione e di studio, vigilando con u n'attenzione esasperante. Massimo si sfog contro il pedante con un sonetto che co minciava: Volendo far veder la seccatura quanto tremenda sia sua potest, fece dar gli esercizi di piet da un prete seccator senza misura. Il sonetto, scoperto, ebbe per effetto un po' di tregua alle pie seccature. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 652. A trent'anni il D'Azeglio, mentre si trovava alla Riccia, nello Stato Roman o, a lavorar di pittura, s'era messo in testa d'essere affetto di aneurisma, e a d ogni minuto era col polso in mano ad ascoltarsi. Alla fine gli vennero in uggi a queste seccaggini, e un bel giorno si disse: - Imbecille, o tu hai un aneurisma, o non l'hai. Se tu l'hai, non te lo leva nem meno il papa; .e se non l'hai, vuoi fare questa miserabile vitaccia per niente? Smise di tastarsi il polso e si mise invece a tirar di scherma... e camp fino a s ettant'anni. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 653. Massimo D'Azeglio, dopo aver deposto le spalline per improvvisarsi pittore, fu tentato a divenire romanziere. Scritti i primi capitoli dell'Ettore Fieramos ca, li diede a leggere, con un po' di tremarella, a suo cugino Cesare Balbo. - Molto ben scritto! - gli disse; e Massimo si rimise all'opera con pi ardore che mai. Venuto poi a Milano, mostr il suo lavoro al Manzoni, che disse bonariamente al Gr ossi: - Strano mestiere il nostro! Lo fa chi vuole, da oggi a domani. Ecco qui Massimo : gli salta il grillo di scrivere un romanzo, e se la sbriga non tanto male. Confortato da tali padrini, si rassicur del tutto e poco dopo l'Ettore Fieramosca vedeva la luce. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 654. Finito di scrivere l'Ettore Fieramosca, occorreva, per pubblicarlo, l'impri matur dell'imperiale regio censore abate Bellisonci. Con le belle e con le buone, e con le ottime referenze del Manzoni, l'imprimatur fu dato. Ma da Vienna vennero i fulmini, e anche da Roma, per via di quella tal lettera di Alessandro VI al Valentino. Il buon- Bellisonci si difende va: t un documento storico; come volete proibirlo? Il poveretto non sapeva, che il documento storico l'aveva inventato D'Azeglio, c ome Manzoni il manoscritto del suo romanzo. E venne rimosso dall'ufficio di cens ore. (M. D'AZEGLIO, I miei ricordi). 655. Quando Massimo D'Azeglio fece entrare Cavour nel suo ministero, a chi gli d omandava come andavano le cose rispose: - Che volete che vi dica? Io ormai sono come Luigi Filippo: porto la corona, ma non governo. (Russo, Oratori). 656. Nel 1853 i vari Stati d'Europa si minacciavano sempre guerra, ma non se la facevano mai, essendo grande in tutti la paura che una volta in guerra, le agita zioni interne dei vari paesi avrebbero costituito un grave pericolo per la loro integrit. Il D'Azeglio a questo proposito scriveva alla Peruzzi Toscanelli: Le pot enze fanno come un individuo che, avendo ricevuto uno schiaffo, si volti ai circ ostanti e domandi: Ma un casus belli? L'imperatore Napoleone III ebbe a dire: - Ecco la messa in scena di un dramma che non si rappresenter mai! (TOSCANELLI PE RUZZI, Vita di me,). 657. Massimo D'Azeglio non approvava la politica di Cavour che chiamava audace e temeraria. Ma, quando ormai la guerra contro l'Austria era imminente, il D'Azeg

lio, sempre generoso e cavalleresco, si mise a disposizione del conte di Cavour con una lettera storica nella quale gli diceva: Ora non si tratta pi di discutere la tua politica, ma di farla riuscire. (GHIRON, Aneddoti sulla vita di Cavour). 658. Nel 1853 il D'Azeglio era a Firenze e parlando con la signora Emilia Peruzz i disse: - Mi hanno fatto senatore. Mi hanno messo la parrucca. Era tempo! si lament della sua vita di ministro, che gli dava molti grattacapi senza compens o alcuno. - Dio mi ha negato l'organo dell'ambizione, almeno di quell'ambizione li; perch h o anch'io le mie ambizioncelle, ma sono diverse... (TOSCANELLI PERUZZI, Vita di me,). 659. Nel luglio 1859, quando il governo provvisorio delle Legazioni offerse a Vi ttorio Emanuele la dittatura e il re non credette accettarla per evitare complic azioni diplomatiche, fu inviato a Bologna Massimo D'Azeglio con mandato di mante nere l'ordine e organizzare le forze militari. Il D'Azeglio, accettando l'incari co, disse scherzosamente: - Andr dunque a Bologna a fare l'antipapa. (MASSARI, Vitt. Em. II). 660. 'Quando nel 1859, dopo la pace di Villafranca, a Cavour era succeduto Ratta zzi, i ministri non erano tutti all'altezza della situazione ed erano soprattutt o assai perplessi se accettare o no le annessioni dell'Italia centrale che, con plebisciti entusiastici, s'era offerta di unirsi al Piemonte. Massimo D'Azeglio, condannando le incertezze e le titubanze del ministero, che e ra allora formato da sei ministri, disse assai spiritosamente: - La Signora Putifarre ebbe da combattere con un Giuseppe solo; ma l'Italia cent rale ne ha almeno sei! A. me, non fan paura n l'Austria ne la diplomazia europea, quanto queste eccellentissime zucche arbitre di una delle posizioni pi belle ma pi difficili di quante ne abbiamo passate. (GHIRON, Aneddoti s ulla vita di Cavour). 661. Massimo D'Azeglio, d nobile famiglia piemontese, era alieno da tutto ci che e ra esteriorit. Aveva lasciato la carriera militare e la vita del suo ceto per seg uire l'arte e le lettere, e dopo essere stato portato dagli eventi alle pi alte c ariche politiche - presidente dei ministri, governatore di province - aveva volu to fino all'ultimo poter dire di vivere del suo lavoro. Gli fu proposto il Colla re dell'Annunziata; ma egli declin l'offerta, dicendo: - Io mi onoro di vivere del mio lavoro, ma non mi sembrerebbe decoroso per un cu gino del re vendere quadri. Gli fu pure offerto il comando onorario della milizia nazionale; ed egli, che pu re aveva combattuto ed era stato ferito a Santa Lucia, rispose arguto: - La burletta mi sempre piaciuta, ma fino a questo segno sarebbe troppo. 662. Molti anni or sono a Torino un barbiere aveva ordinato a un pittore un'inse gna che doveva raffigurare San Francesco. Il povero pittore stava facendo del su o meglio, quando un giorno si ferma a, guardarlo un signore, il quale comincia a dargli qualche consiglio: - Corregga quel tono, rinforzi quella luce, esamini meglio la prospettiva. Tanto che l'altro, vedendo che costui se ne intendeva pi di lui, gli mise in mano la t avolozza e il pennello, dicendo: - Mi faccia un piacere: lo corregga lei! Dopo le pagher una bottiglia. quello, con poche pennellate, mise a posto l'insegna. Ma ecco, sul pi bello, giungere una carrozza di casa reale, che si ferma davanti allo sconosciuto; e un signore, sceso dalla carrozza, gli dice: - Eccellenza, Sua Altezza la prega di favorire da lui. - Collega, - dice allora lo sconosciuto al pittore - la bottiglia sar per un'altr a volta. - E sal in carrozza. Era Massimo D'Azeglio. (BLANCHE, Sui margini della storia). 663. La prima moglie di Massimo d'Azeglio era Giulia Manzoni, la figlia del gran de romanziere; ma, quando questa mor, egli spos Luisa Blondel, la simpatica zietta della prima moglie, la quale tuttavia non convisse a lungo con lui, ma, capricc iosa e volubile, fece una vita errabonda di viaggi e avventure. Se non che, quan do Massimo fu in punto di morte, Luisa Blondel, avvertita, torn alla casa marital e ed assistette agli ultimi istanti di vita del marito. Il buon Massimo, appena

la vide, le disse: - Buon giorno Luisa! Come vedete, sempre la stessa storia: appena voi arrivate, io parto! (Minerva, 1 agosto 1925). AZIZ BILLAH sultano turco dal 1761 al 17,'6. 664. Un poeta satirico aveva scritto un libello pieno di sanguinosi sar= casmi c ontro due ufficiali del califfo Aziz Billah, e contro lo stesso califfo. I due u fficiali si presentarono a lui per chiedergli che punisse il colpevole; ma. Aziz Billah, dopo aver letto la satira, disse: - Siccome anch'io sono a parte delle ingiurie, permettete che io faccia partecip areanche a voi il merito del perdono che gli accordo. (Encyclopdie mthodique). BACCELLI Guido n. 1832 - m. 1916; professore di medicina all'Universit di Roma, deputato, minist ro. 665. Guido Baccelli era un profondo latinista. In un congresso internazionale i vari medici e scienziati che vi erano intervenuti parlarono ognuno nella loro li ngua, o, come d'uso, per farsi capire da tutti, in lingua francese. Quando fu la volta di Baccelli, si alz in piedi e cominci cos: - Romanus sum, latine loquor. (Sono romano e perci parlo latino). E tenne un applauditissimo discorso tutto in latino, che naturalmente fu capito da tutti. Il che dimostra che, meglio di ogni * esperanto, il latino davvero una lingua universale. (MORPURGo, Alle porte di Roma). 666. Un tale che non credeva alle improvvisazioni oratorie latine del Baccelli, nell'occasione che costui teneva un discorso in latino davanti a scienziati inte rnazionali, volle metterlo in imbarazzo facendogli interruzioni in latino. Ebbene, il Baccelli colse le interruzioni e ne improvvis la risposta fulmineament e, con stile sicuro, abbondante, eloquente, lasciando sbalordito l'interruttore, il quale finalmente si convinse che il Baccelli possedeva la lingua latina come l'italiana. (Dott. VERITAS, Conversazioni). 667. Tra Guido Baccelli, ministro della P. I., ed il pittore Morelli, era sorto qualche dissapore; tanto che il grande pittore napoletano aveva presentate le su e dimissioni da membro del Consiglio Superiore delle Belle Arti, dimissioni che il ministro aveva accettate. Mentre, la sera dopo, il Baccelli si divertiva a un veglione, gli si present una maschera, che gli disse: - Hai fatto male ad accettare le dimissioni del Morelli. Vale pi una delle sue pe nnellate, che cento delle tue ricette. E il ministro di rimbalzo: - Ebbene, quando ti senti male, fatti dare una pennellata da Morelli. (Il Mattin o Illustrato, ottobre 1924). BACCHELLI Giuseppe n. 1849 - m. 1914; avvocato bolognese, deputato al Parlamento. z 668. L'avvocato, Domenichini, cattolico di antico stampo, scrupoloso e zelante , cui dava gran pena il liberalismo a fondo volterriano dell'avvocato Giuseppe B acchelli, uomo di grande ingegno, versato nell'arte, nelle scienze giu ridiche e amministrative, caduta una volta la conversazione su questioni religio se, udendo il Bacchelli andar fuori di carreggiata, `proruppe in questa apostrof e: - Bachl, pins bein al'nma vostra. Mo cossa i vliv dona arsponder a noster Sgnour, q uand a sri d'l, s'luv d' manda: cossa i n'aviv fatt d'al vostar inzagn, d'la vost ra cultura, del vostri qualit? (Bacchelli, pensate bene all'anima vostra. Ma cosa volete rispondere al nostro Signore, quando sarete al di l, se vi domanda: che c osa ne avete fatto del vostro ingegno, della vostra cultura, delle vostre qualit? ) - Ai direv: veli m, Pader Eteren, che a dscur coni l'avuct Dumenichein! (Gli direi: ma guarda, Padre Eterno, voi parlate proprio come l'avvocato Domenichini!) (SAN I, Bologna di ieri). BACH Giovanni Sebastiano nato nel 1685 ad Eisenach, morto a Lipsia nel 1750; uno dei maggiori musicisti t edeschi. 669. Orfanello, era stato raccolto per carit dal suo fratello maggiore che era or

ganista. Il piccolo Sebastiano sapeva che il fratello teneva gelosamente nascost o in un armadio un quaderno di musica, in cui era ricopiato quanto di meglio ave vano composto i grandi organisti di tutte le epoche. Appassionatissimo della mus ica, il povero ragazzo avrebbe voluto vedere quel quaderno, ma il fratello crude le non voleva che lo toccasse. Allora Sebastiano ronz tanto intorno all'armadio, che riusc a scoprire un foro, allargando il quale, gli fu facile cavar fuori il q uaderno. Poi la notte, mentre il fratello dormiva, al lume della luna, in tre no tti successive, lo ricopi tutto, con tale sforzovisivo, che ne ebbe la vista rovi nata per tutta la vita. Tuttavia il fratello s'accorse, dal modo come ritrov il quaderno, che esso era st ato toccato, e dopo aver percosso il ragazzo; volle avere il quaderno dove egli aveva ricopiato conGSPLIT:uPalazzi-Zanichelli 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED4692-9DC5-DA0556BA26AC}sm ) 4

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