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Didattica
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i i n n s sa al l d da at tu ur ra a, , m me et to od do ol l o og gi i e e t tr ra ad di i z zi i o on na al l i i
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S Sa al l d da at tu ur ra a p pe er r d di i f f f f u us si i o on ne e, ,
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A Ag ge en nt ti i f f i i s si i c ci i ( ( r ru um mo or re e, , r ra ad di i a az zi i o on ni i
e e m mi i c cr ro oc cl l i i m ma a) ) e e s sa al l u ut te e i i n n s sa al l d da at tu ur ra a
Didattica
A Ap pp pl l i i c ca az zi i o on ne e d de el l c co on nt tr ro ol l l l o o
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Una riflessione
scomoda
orse non molti sono al corrente che
nel nostro amato Paese, la quantit di
energia necessaria al funzionamento di
tutti i dispositivi elettrici, utilizzati nella
nostra vita quotidiana (televisore,
computer, frigorifero, illuminazione,
ecc.), per l84% (ottantaquattro!) di
importazione dallestero: 49% in forma
di petrolio e 35% di gas naturale. Va
aggiunto che sia il petrolio che il gas
naturale vengono approvvigionati da
paesi con stabilit politica non sempre
certa, ma comunque con unindustria in
espansione.
Ci significa che, prima o poi, queste
risorse serviranno a loro o, quanto meno,
verranno gestite in modo coercitivo nei
confronti degli acquirenti pi deboli.
LItalia, dal punto di vista energetico,
certamente il Paese pi debole nel
contesto europeo. Lo abbiamo verificato
linverno scorso, con la diatriba tra
Russia ed Ucraina e le restrizioni delle
quote del gas allocate al nostro Paese.
Lultimo piano energetico nazionale
risale al 1988, esattamente un anno dopo
il referendum - commedia (delle parti)
Cosa fare, dunque?
Innanzitutto si dovr pensare la saldatura
sotto una nuova ottica, ovvero quella di
giunto minimo indispensabile ad
adempiente ai requisiti di progetto: cian-
frini stretti, diluizioni ridotte, sovram-
metallo nullo o quasi, messa a punto di
processi di saldatura con parametri elet-
trici contenuti, aumento dellefficienza
delle macchine con eliminazione delle
dispersioni di energia, impiego di meto-
dologie ad apporto termico intrinseca-
mente basso (come, ad esempio, la
saldatura plasma a polvere, la saldatura
laser e la friction stir welding).
Converge verso lo stesso proposito un
uso razionale dei materiali di costru-
zione, ovvero, ad esempio, la scelta di
materiali altoresistenziali che permet-
tono una riduzione delle sezioni resi-
stenti e quindi lesecuzione di giunti di
minori dimensioni.
praticamente obbligatorio inoltre
rivedere tutti quegli impieghi della
saldatura, comunque sostituibili con altri
metodi di giunzione a minore consumo
elettrico: rivettatura, graffatura, incol-
laggio strutturale mediante adesivi, ecc..
La nostra posizione, di popolo della
saldatura, pu diventare, dunque, quella
di pionieri in questo cambio di menta-
lit, suggerendo soluzioni interessanti,
non solo tecniche ma anche organizza-
tive (maggiore integrazione della salda-
tura nel processo globale di fabbrica-
zione), nel confronto quotidiano con chi
progetta e costruisce strutture saldate.
Tutto ci perch vorremmo che questo
Paese continuasse a vivere anche di
industria e non si affidasse soltanto a
mandolino e maccheroni.
sul nucleare, con cui una classe politica
poco previdente ha consegnato un argo-
mento cos delicato, come il futuro ener-
getico della nazione, ad una consulta
popolare, presentandolo con immagini
da Hiroshima e Nagasaki.
Anche oggi appare assurdo che le scelte
in materia energetica debbano essere
condizionate dagli umori di gruppi
ecologisti con idee antiche e abbastanza
confuse. Come dimostrano le lotte a
favore dellistallazione di torri eoliche e
le battaglie successive per la loro elimi-
nazione, per presunta deturpazione del
paesaggio!
Le stime pi accreditate a livello
mondiale, ci informano che la diminu-
zione della produzione di greggio
inizier tra il 2010 ed il 2020, da
pensare, quindi, che nel nostro futuro
italiano, un mestiere emergente potr
essere quello della fabbricazione di
candele di cera (e non solo quelle da
chiesa!).
Ma noi, popolo della saldatura, perch
mai dobbiamo occuparci di questi argo-
menti?
Il 99% delle saldature vede lenergia
elettrica quale protagonista indiscussa.
un uso dellenergia elettrica con
bassissima efficienza, in quanto buona
parte del calore non si traduce in metallo
fuso, ma viene disperso nellambiente.
Anche nei processi di saldatura, dunque,
il nostro Paese si permette di bruciare
energia acquisita a cos caro prezzo
dallestero; e ci, nel contesto di uneco-
nomia non proprio brillante, dove fisco e
burocrazia restano i riferimenti princi-
pali.
Quindi, saldare sar sempre pi costoso
(magari si dovr saldare di notte in modo
da garantire energia nelle ore diurne, per
i servizi essenziali).
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Dott. L.M. Volpone (IIS)
Editoriale
20 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Sommario
ANNO LIX
Gennaio-Febbraio 2007
Pubblicazione bimestrale
DIRETTORE RESPONSABILE: Ing. Mauro Scasso
REDATTORE CAPO: Geom. Sergio Giorgi
REDAZIONE: Sig.ra Sara Fichera, P.I. Maura Rodella
PUBBLICIT: Sig. Franco Ricciardi
Organo Ufficiale
dell'Istituto Italiano della Saldatura
Abbonamento annuale 2007:
Italia: .......................................... 90,00
Estero: ........................................ 155,00
Un numero separato: ................ 20,00
La Rivista viene inviata gratuitamente ai Soci
dellIstituto Italiano della Saldatura.
Direzione - Redazione - Pubblicit:
Lungobisagno Istria, 15 - 16141 Genova
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D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n 46) art. 1
comma 1, DCB Genova - Fine Stampa Febbraio 2007
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della Legge 675/96, i dati personali dei destinatari della
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strettamente connesse e strumentali allinvio della
pubblicazione e ad eventuali comunicazioni ad esse correlate.
Articoli
23 Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali
di misura, precauzioni e rimedi - M. MURGIA
43 Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling - J. WILDEN et al.
53 Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in
saldatura - F. TRAVERSA, T. VALENTE, N. DEBARBIERI
65 Principali problemi nella saldatura subacquea - F. LEZZI
75 Monitoraggio di emissione acustica di corpi a pressione - E. FONTANA
81 Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30 - U. NATALE et al.
International Institute of Welding (IIW)
91 Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled
aluminium structures using FITNET procedure - E. SEIB, M. KOAK
IIS Didattica
105 Applicazione del controllo ultrasonoro ai giunti saldati
Rubriche
113 Scienza e Tecnica
Comportamento in regime di scorrimento viscoso di giunti saldati dissimili -
M. SCASSO
115 IIS News
Comitato Direttivo
Effettuato a Genova dallIIS il primo Corso per il rilascio della certificazione
a Saldatore Subacqueo
117 Formazione
Obblighi formativi sempre riferiti ai rischi specifici - T. LIMARDO
119 Salute, Sicurezza e Ambiente
Le particelle dei fumi ci appaiono sempre pi piccole - T. VALENTE
121 Dalle Aziende
127 Notiziario
Letteratura tecnica
Codici e norme
Corsi
Mostre e convegni
139 Ricerche bibliografiche da IIS-Data
Resistenza a fatica di giunti saldati in leghe di alluminio
145 Elenco degli Inserzionisti
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In copertina
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Il procedimento di saldatura ad arco sommerso pu depositare una considerevole quantit di
metallo saldato di alta qualit ad un basso costo totale di saldatura in una vasta gamma di appli-
cazioni.
Varianti del processo con lutilizzo di fili multipli diventano pi interessanti allaumentare dello
spessore e del volume dei giunti, perch offrono un ulteriore aumento del tasso di deposito.
Nella ricerca di una sempre maggiore produttivit, ESAB ha sviluppato la tecnologia di saldatura
Tandem Twin. Impianti di questo tipo impiegati per la saldatura di torri eoliche, con lutilizzo di
filo OK Autrod 12.22 e Flusso OK Flux 10.72, depositano oltre 35 kg/ora di metallo saldato.
Corso di qualificazione per International Welding
Inspector - Comprehensive (IWI-C)
Genova 2007
LISTITUTO ITALIANO DELLA SALDATURA, secondo la programmazione descritta nella propria
Attivit Didattica 2007, organizza presso la propria sede di Genova un Corso completo di Quali-
ficazione ad International Welding Inspector (livello Comprehensive, IWI-C).
A tale Corso potranno partecipare anche candidati non in possesso dei requisiti di cui al punto
successivo, concordando con la Segreteria le modalit per la propria iscrizione, per il conseguimento
di Diplomi al livello Standard o Basic.
Requisiti di ingresso
Per iscriversi al Corso non prevista esperienza specifica, quanto il possesso di uno dei titoli di
studio previsti dalle vigenti disposizioni internazionali emanate dall'Istituto Internazionale della Salda-
tura (IIW) e dalla Federazione Europea della Saldatura (EWF):
- Laurea o Diploma di Laurea in Ingegneria; in alternativa, Laurea in Scienza dei materiali,
Architettura, Fisica o Chimica, supportate da comprovata esperienza industriale in saldatura
oppure
- Diploma di Scuola Media Superiore ad indirizzo tecnico.
Calendario e sede delle lezioni
Il Corso ha una struttura modulare, basata su due corsi successivi denominati Welding Technology e
Welding Inspection, di carattere teorico - pratico (chi sia in possesso di un Diploma da Welding Engi-
neer o da Welding Technologist pu accedere direttamente al secondo Modulo).
Per diluire limpegno, le lezioni saranno svolte in settimane non consecutive, secondo il seguente
calendario:
Modulo Welding Technology: prima settimana, dal 2 al 6 Aprile 2007
seconda settimana, dal 7 al 11 Maggio 2007
terza settimana, dal 4 all 8 Giugno 2007
Modulo Welding Inspection: prima settimana, dal 3 al 7 Settembre 2007
seconda settimana dal 1 al 5 Ottobre 2007
terza settimana, dal 5 al 7 Novembre 2007
Il Corso sar tenuto presso la Sede dell'IIS di Genova, in Via Lungobisagno Istria, 15.
Orario delle lezioni
Per consentire il raggiungimento della Sede senza spostamenti in orario festivo, il Corso sar svolto
con orario 9.00 18.00, ad eccezione delle giornate di Luned (orario 14.00 18.00) e di Venerd
(orario 9.00 13.00).
Conseguimento del Diploma
Chi sia risultato in possesso dei requisiti di ingresso ed abbia completato il percorso formativo pu
accedere agli esami previsti nelle date 19 e 20 Dicembre 2007, presso la Sede di Genova (o, in
alternativa, in qualunque altra sessione programmata successivamente).
Le domande di iscrizione agli esami dovranno essere indirizzate all'Area Certificazione Figure
Professionali (tel. 010 8341307, e-mail angela.grattarola@iis.it), con un costo di iscrizione pari a
410,00 (+ IVA).
Iscrizione al Corso
Per iscriversi al Corso sufficiente utilizzare il modulo cartaceo fornito con lAttivit Didattica 2007
oppure procedere on - line attraverso il sito www.formazionesaldatura.it, selezionando il Corso
dallapposito motore di ricerca.
La quota di partecipazione al Corso completo pari ad 5.000,00 (+ IVA), comprensiva della
collana delle pubblicazioni specifiche dell'IIS e del pranzo presso la mensa dellIIS.
Sono accettate iscrizioni solo se effettuate contestualmente al pagamento della relativa quota, il cui
pagamento pu essere effettuato tramite bonifico bancario sul CC 4500 - Banca Popolare di Milano
(ABI 05584 CAB 01400 CIN I), intestato all'Istituto Italiano della Saldatura.
Informazioni
Per ulteriori informazioni possibile rivolgersi allIstituto Italiano della Saldatura (Via Lungobi-
sagno Istria 15, 16141 Genova), Divisione Formazione, al numero 010 8341371 (fax 010 8367780),
oppure allindirizzo di posta elettronica mariapia.ramazzina@iis.it).
23 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
() Memoria presentata alla Giornata di Formazione e Aggiornamento IIS:
Le tensioni residue in saldatura - Milano, 6 Aprile 2006.
* Istituto Italiano della Saldatura - Genova.
I processi di saldatura ad arco e - anche se con diverse caratte-
ristiche - quelli allo stato solido producono nel giunto, allo
stato come saldato, una complessa e multi-dimensionale
distribuzione delle tensioni principalmente dovuta alle condi-
zioni disomogenee di riscaldamento e raffreddamento ed alle
trasformazioni microstrutturali.
Pi precisamente, le condizioni di vincolo, possono determi-
nare nel corso della parte finale del ciclo di saldatura (raffred-
damento) reazioni in grado di compensare le tensioni sopra
citate; in tale situazione si pu generare una distribuzione
multidirezionale delle tensioni, talvolta nelle tre principali
direzioni del giunto, con una possibile interazione con le
azioni esterne che esistono nelle condizioni di servizio (ad
esempio: fatica, tensocorrosione, bassa temperatura).
Lo scopo principale di questo articolo quello di fornire un
quadro introduttivo al fenomeno, partendo dal principio
fisico dello stesso, esaminando gli esempi pi comuni di
distribuzione delle tensioni dopo saldatura, analizzando casi
importanti di interazione tra tensioni residue e condizioni di
servizio e indicando le possibili soluzioni tecniche prima,
durante e dopo saldatura.
The arc processes and - even if with relevant differences the
solid state joining processes produce in the joint, at the as
welded state, a complex and multi-dimensional residual
stresses distribution, basically due to the dishomogeneous
heating and cooling conditions and to the microstructural
transformations.
The restraint conditions, more in detail, can produce during
the final part of the welding cycle (cooling) reactions able to
compensate the stresses above mentioned; in such a way, a
multi-directional stress distribution can be genereted, some-
times in the three principal directions of the joint, with the
risk of a possible interaction with the external actions
existing in service conditions (e.g.: fatigue loads, stress
corrosion, low temperature).
Main target of this article is to give an introduction based on
the physical basis of the matter, the most common examples
of stress distribution after welding with a final analysis of
some relevant cases of interaction between residual stresses
and service conditions and their possible solutions before,
during and after welding.
Keywords:
Circumferential welds; flame straightening; fusion welding;
girders; heat treatment; measurement; peening; plate; post
weld heat treatment; residual stresses; stress analysis; stress
distribution; tubes and pipes; vibratory stress relief.
Sommario / Summary
Origine delle tensioni residue in saldatura,
metodologie tradizionali di misura,
precauzioni e rimedi
()
M. Murgia *
sono in genere tensioni legate primaria-
mente alle condizioni di raffreddamento
cui si possono sovrapporre, in modo
anche determinante, quelle dovute alle
trasformazioni microstrutturali.
Durante la saldatura, la regione interes-
sata al processo riscaldata fortemente e
portata localmente a fusione (nei
processi autogeni), con una forte dilata-
zione di natura termica come effetto del
proprio riscaldamento.
Le regioni circostanti, a temperatura
molto pi bassa, ostacolano la dilata-
zione del giunto comportando lo
sviluppo degli stati tensionali; le
tensioni residue superano in parte il
limite elastico del materiale, la cui
entit ridotta per via delle elevate
temperature. In termini qualitativi, la
zona del giunto caratterizzata a
raffreddamento ultimato da stati preva-
lentemente di trazione, cui fanno equili-
brio stati di compressione nelle zone
adiacenti.
Le variazioni microstrutturali allo stato
solido, ad esempio le trasformazioni
fuori equilibrio, sono accompagnate
nella maggior parte dei casi da aumenti
di volume: se si verificano a temperature
sufficientemente basse, il limite di sner-
vamento sufficientemente alto a
contrastarle, determinando uno stato
finale di compressione nella zona inte-
ressata alle trasformazioni e di trazione,
in quelle circostanti.
chiaro quindi che lo stato tensionale
finale sar dovuto allentit delle
tensioni prevalenti tra le due sopra
descritte.
Come noto, le tensioni residue possono
essere significativamente ridotte ad
elevata temperatura attraverso la ridu-
zione del limite elastico del materiale e
del suo modulo di elasticit, senza
trascurare gli effetti della distensione per
effetti di scorrimento viscoso (creep) che
accompagnano in forma localizzata lo
svolgimento dei tradizionali trattamenti
di stress relieving (distensione).
Il successivo raffreddamento deve essere
adeguatamente controllato ed uniforme.
Un secondo modo per ottenere una
sostanziale riduzione delle tensioni
residue di saldatura lapplicazione di
azioni esterne che determinino in forma
localizzata il superamento del limite
elastico del materiale, con una sostan-
ziale ridistribuzione degli stati tensio-
nali, a trattamento ultimato.
24 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
2. Distribuzione delle tensioni
residue
Appare logico, una volta compreso -
almeno in termini generali - il principio
fisico del fenomeno, provare a cono-
scere nel modo pi preciso possibile
lentit e la distribuzione delle tensioni
residue nelle giunzioni saldate, in modo
da valutarne le possibili interazioni con
le prestazioni del giunto in esercizio e
valutare le eventuali azioni correttive.
In realt, i fattori che influenzano leffet-
tiva distribuzione degli stati tensionali in
un giunto sono numerosi; ad esempio:
la geometria del giunto stesso e gli
spessori in gioco;
le condizioni di vincolo;
la presenza di eventuali stati tensio-
nali dovuti a lavorazioni precedenti;
gli stati di fornitura dei semilavorati;
il processo di saldatura utilizzato e la
specifica di procedura impiegata;
la natura del consumabile (se
previsto).
Occorre inoltre sottolineare come i
metodi di misura utilizzati siano ovvia-
mente, a loro volta, affetti da errori
sperimentali e caratterizzati da ovvie
limitazioni per effetto del principio
fisico su cui si basano. Per gli scopi di
questa relazione, dunque, pu essere
utile distinguere tra le distribuzioni che
possono essere determinate su base
sperimentale, con metodologie anche
estremamente sofisticate, e quelle che
invece possono essere assunte ad
esempio per verifiche di stabilit di
imperfezioni, che devono soddisfare un
opportuno compromesso tra esigenze di
conservativit e semplicit, senza neces-
sit di ricorrere a validazioni sperimen-
tali di caso in caso.
2.1 Caratterizzazione sperimentale
degli stati tensionali
In genere, lo studio condotto a partire
da geometrie di giunzione semplici,
come ad esempio, la saldatura testa a
testa tra lamiere con giunzioni simme-
triche rispetto alla loro mezzeria, consi-
derando cicli termici rapidi per assumere
condizioni di riscaldamento e raffredda-
mento uniformi sulla lunghezza del
giunto. Ulteriori assunzioni semplifica-
tive riguardano spesso anche lassenza
di momenti agenti sul giunto o deforma-
zioni ad essi legate, considerando in
sostanza che le tensioni agiscano come
1. Origine delle tensioni residue
di saldatura
1.1. Considerazioni preliminari
Prima di procedere alla descrizione
delle condizioni che portano allo
sviluppo delle tensioni residue di salda-
tura bene precisare che con tale
termine, in genere, si intendono tensioni
del primo ordine (o macroscopiche) che
si estendono in volumi di dimensioni
maggiori rispetto agli elementi costi-
tuenti la microstruttura (cristalli, grani,
dendriti). Per quanto esse subiscano
vari azi oni di nat ura l ocal e, nel
passaggio ad esempio da un grano
allaltro, sono in realt considerate per il
loro valore medio.
Le tensioni residue del secondo ordine
interessano invece linterazione tra
cristalli, grani o fasi eterogenee (le
dimensioni di riferimento possono
variare da 0.01 ad 1 mm): un esempio
possono essere gli stati tensionali legati
a punti di accumulo di dislocazioni o a
seconde fasi precipitate.
Le tensioni residue del terzo ordine sono
invece quelle che agiscono in scala
ancora minore, ad esempio tra diverse
regioni atomiche, come nel caso degli
stati tensionali che caratterizzano una
singola dislocazione.
1.2 Descrizione del fenomeno
In sintesi, le tensioni residue di saldatura
sono il risultato di una deformazione
permanente non omogenea, nella quale
possibile distinguere:
una variazione di volume, dovuta alle
dilatazioni termiche, a processi di
natura chimica ed alle microtrasfor-
mazioni strutturali;
una variazione di forma, legata a
deformazioni di tipo plastico e visco-
plastico.
Eventuali tensioni di natura termica
generate in campo elastico scompaiono
di fatto con le cause che lhanno
prodotte e non sono pertanto neppure
considerate come tensioni residue. Le
cosiddette tensioni residue di saldatura
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
25 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
tensioni membranali. Considerando a
questo punto le tre direzioni principali
(longitudinale, trasversale e verticale),
occorre osservare che lo sviluppo delle
tensioni residue legato a meccanismi
differenti.
2.1.1 Tensioni longitudinali
Le tensioni longitudinali sono legate
soprattutto al ritiro del giunto in quella
direzione in fase di raffreddamento; le
tensioni sono di trazione nella zona fusa
e raggiungono in genere il loro valore
maggiore in corrispondenza dellasse
longitudinale, avendo ovviamente come
limite superiore il limite elastico del
materiale. Nelle regioni circostanti (ZTA
e materiale base) nascono stati di
compressione che scendono rapida-
mente a zero, allontanandosi in dire-
zione trasversale dal centro della giun-
zione (Fig. 1).
Questa situazione ad esempio quella
degli acciai al carbonio e degli acciai
inossidabili austenitici: nel caso di leghe
di alluminio o di leghe di titanio, trattate
termicamente, i valori massimi delle
tensioni non raggiungono il limite
elastico e si osservano spesso (in
funzione della scelta del consumabile
effettuata) fenomeni di addolcimento
(softening) al centro della zona fusa
(Fig. 2).
Nel caso invece degli acciai bassolegati
si osservano spesso comportamenti
ancora differenti, poich le trasforma-
zioni microstrutturali che si svolgono a
bassa temperatura
(1)
possono portare la
nascita di stati di compressione al centro
del giunto, con i valori massimi nel
campo della trazione in zona termica-
mente alterata o nel materiale base
immediatamente adiacente (Fig. 3).
Allo stesso modo, nel caso si impieghino
consumabili di tipo inossidabile austeni-
tico facile raggiungere il suo limite
elastico nella regione centrale della zona
fusa, mentre i massimi livelli di compres-
sione si manifestano nella ZTA, con stati
di tensione massimi invece in materiale
base, che si annullano e si convertono in
deboli stati di compressione nella parti
pi esterne del giunto (Fig. 4).
Si pu dunque concludere che:
le tensioni longitudinali, date le forti
condizioni di autovincolo che caratte-
rizzano questa direzione, tendono ad
assumere valori molto elevati e su
giunti abbastanza lunghi raggiungono
facilmente il limite elastico del mate-
riale, con il rischio di deformazioni
plastiche;
la saldatura ad arco manuale produce
tensioni massime pi alte di quelle
causate da procedimenti caratterizzati
da maggiore apporto termico; spesso
in entrambi i casi, ma pi frequente-
mente nel caso dellarco manuale, si
supera il limite elastico;
la zona fusa risulta tesa nella maggior
parte dei casi, mentre le zone adia-
centi compresse;
la tensione longitudinale, pressoch
costante lungo tutto il giunto, si
annulla per ragioni di equilibrio alle
estremit; il tratto di caduta sembra
sia dellordine di 100200 mm (pezzi
molto corti hanno sollecitazioni
longitudinali minori);
le condizioni di vincolo eventual-
mente agenti parallelamente allasse
della saldatura non hanno pratica-
mente influenza sullandamento e
sullentit delle tensioni longitudi-
nali.
2.1.2 Tensioni trasversali
Le tensioni residue trasversali sono
correlate ai fenomeni di contrazione in
quella direzione del materiale, in parti-
colare se accompagnati da severe condi-
zioni di vincolo. A differenza di quelle
longitudinali, esse tendono ad interes-
sare ragioni pi estese; una seconda
differenza inoltre data dalleffetto della
velocit di saldatura, responsabile a sua
volta della maggiore o minore tendenza
al cosiddetto effetto di chiusura a fornice
del giunto (tipico soprattutto delle velo-
cit pi ridotte). Ne risultano, come
conseguenza, stati prevalentemente di
tensione, nella parte centrale del giunto,
che divengono di compressione in quelle
iniziali e terminali (per elevate velocit
di saldatura), oppure stati di compres-
sione che divengono di trazione nella
zona terminale, per maggiori velocit di
avanzamento (Fig. 5). Appare evidente,
a differenza del caso delle tensioni
longitudinali, come sia difficile indivi-
duare distribuzioni caratteristiche, per
effetto del gran numero di variabili che
influenzano il fenomeno in questa dire-
zione.
Ulteriori osservazioni possono giovare
alla comprensione del fenomeno:
le tensioni trasversali, nel caso degli
acciai da costruzione, difficilmente
superano i 100 N/mm
2
quando si
salda a ritiro pressoch libero;
le tensioni trasversali massime si
verificano in una fascia a cavallo
Figura 1 - Distribuzione tipica delle tensioni
longitudinali (acciai al carbonio, inossidabili
austenitici).
Figura 2 - Distribuzione tipica delle tensioni
longitudinali (leghe di Al, di Ti trattate
termicamente).
Figura 3 - Distribuzione tipica delle tensioni
longitudinali (acciai bassolegati).
Figura 4 - Distribuzione tipica delle tensioni
longitudinali (acciai bassolegati,
consumabile austenitico).
(1)
Si ricorda al lettore che il valore di Ms forte-
mente legato all'analisi chimica dell'acciaio.
y
y
y
y
26 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
dellasse del giunto; esse sono posi-
tive (trazione) nella zona centrale e
negative (compressione) alle estre-
mit del giunto, con notevole
influenza della velocit di avanza-
mento;
una pi allargata distribuzione delle
temperature in direzione trasversale,
per effetto ad esempio di cicli termici
blandi, produce valori massimi di
tensione trasversale un poco minori
di quelli generati da cicli pi severi
nel caso di provette libere; nel caso di
provette incastrate avviene il
contrario, cio la saldatura ad arco
normale tende a provocare tensioni
trasversali inferiori a quelle degli altri
procedimenti detti sopra. Ci in
armonia col fatto che il ritiro trasver-
sale tende ad aumentare con la
larghezza della zona riscaldata, e
quindi logico che anche la tensione
che rappresenta la conseguenza della
deformazione impedita, tenda ad
aumentare con essa;
le estremit del giunto risultano in
genere compresse trasversalmente:
ci pu rivelarsi vantaggioso, perch
pu rendere meno pericolosi even-
tuali difetti di estremit (crateri,
discontinuit di forma, incompletezza
ecc.), ivi assai pi frequenti che nelle
zone centrali.
2.1.3 Tensioni agenti lungo la direzione
dello spessore
Le tensioni residue in direzione verticale
(normale al piano della lamiera, nelle-
sempio) sono dovute alla presenza di
spessori significativi; ad es., si hanno
stati prevalentemente di trazione per
giunti senza trasformazioni allo stato
solido e di compressione nel caso
contrario. Nel primo caso, chiaro che il
giunto di pu trovare localmente in uno
stato di trazione triassiale, estremamente
critico nei confronti di eventuali feno-
meni di criccabilit. Il caso delle salda-
ture a passate multiple di forti spessori
caratterizzato da forti condizioni di
vincolo in direzione longitudinale e
trasversale delle ultime passate, che
risultano caratterizzate da stati finali di
tensione di trazione tanto nelle due
suddette direzioni, mitigate dallentit
delleventuale preriscaldo (Fig. 6, il caso
di un giunto testa a testa, preparazione
ad X, spessore 25 mm, larghezza e
lunghezza del giunto 500 mm).
2.2 Distribuzione convenzionale degli
stati tensionali
Come gi osservato, chi dovesse proce-
dere ad esempio a verifiche di stabilit di
un componente o di unimperfezione
attraverso la meccanica della frattura,
difficilmente potrebbe basarsi su distri-
buzioni rilevate sperimentalmente per
una serie di ragioni; gli standard o i
codici di calcolo, al proposito, propon-
gono essi stessi, almeno per i casi pi
significativi, modelli di distribuzione
che possono essere assunti come base
per il caso in esame, utili ad esempio alla
caratterizzazione del dettaglio attraverso
tecniche FEM. Un esempio di partico-
lare rilevanza ed autorevolezza indub-
biamente quello della norma BS
7910:2005 Guide to methods for asses-
sing the acceptability of flaws in
metallic structures.
Tale norma, come peraltro si evince
chiaramente dal titolo, non di per s
finalizzata allanalisi delle tensioni
residue che possano caratterizzare i
giunti ma fornisce degli strumenti per
tenere in considerazione la loro
presenza, nella realizzazione di verifiche
di stabilit, in funzione del livello di
confidenza circa i dati posseduti e lef-
fettivo svolgimento sul manufatto di
trattamenti termici dopo saldatura o
prove idrauliche. In particolare, la
norma prevede un primo livello (Level
1) in base al quale considerare uniformi
le tensioni residue che agiscono sul
giunto. Qualora si voglia invece proce-
dere ad unanalisi pi dettagliata, rite-
nendo ad esempio eccessivamente
conservativa lassunzione di distribu-
zioni uniformi, possibile fare riferi-
mento allAnnex Q della normativa,
passando di fatto ai livelli 2 e 3.
LAnnex Q prevede cinque casi fonda-
mentali: giunti testa a testa tra lamiere,
giunti testa a testa tra tubi (corpi cilin-
drici), giunti longitudinali su tubi (corpi
cilindrici), giunti a T ed a cordoni dan-
golo, giunti di riparazione. Le direzioni
considerate sono le direzioni longitudi-
nale e quella trasversale.
Per ognuno dei cinque casi suddetti, la
norma propone distribuzioni delle
tensioni variabili con lo spessore di
Figura 5a, 5b e 5c - Distribuzione qualitativa delle tensioni residue trasversali (a: elevata velocit di avanzamento v
w
, giunto vincolato
trasversalmente; b: elevata v
w
; c: bassa v
w
).
(a) (b) (c)
27 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
parete, considerando come limite supe-
riore il carico di snervamento
y
del
materiale (o il suo Rp
0,2
), come illustrato
nella Figura 7.
3. Casi tipici di distribuzione
delle tensioni
Dopo lanalisi sullorigine e la distribu-
zione degli stati tensionali condotta al
punto precedente pu risultare di inte-
resse considerare alcuni esempi tipici di
distribuzione delle tensioni residue
agenti su specifiche tipologie di detta-
glio strutturale, utilizzando ovviamente
gli elementi di base acquisiti.
3.1 Saldatura circonferenziale di
inserti su lamiere
La Figura 8a mostra la saldatura fra un
inserto circolare e una lamiera preparata
con foro, tipico caso di saldatura impie-
gata in lavori di riparazione. Nella
Figura 8b indicata schematicamente la
distribuzione delle tensioni radiali (
x
) e
tangenziali (
y
), che risultano elevate
soprattutto in corrispondenza del
cordone, e che quindi molto spesso
possono dare luogo a cricche.
3.2 Travi saldate
Come noto, esiste una notevole variet
di soluzioni geometriche per le travi
saldate; si considerano, per gli scopi di
questo articolo, le distribuzioni delle
tensioni residue longitudinali in travi
saldate a T, doppio T e a cassone
(Fig. 9).
3.3 Giunti circonferenziali di tubi
La distribuzione delle tensioni residue in
un giunto circonferenziale tra tubi
dipende - tra laltro - dal diametro e
dallo spessore di parete del tubo, dalla
preparazione e dalla sequenza di salda-
tura.
Burdekin ha effettuato misure estensi-
metriche su tubi in acciaio a basso
carbonio, di diametro 760 mm e spes-
sore 11 mm, ottenendo la distribuzione
della Figura 10. In tali esperienze stata
usata la saldatura con procedimento
automatico ad arco sommerso su passata
manuale di sostegno. Girardi e Rinaldi
hanno studiato landamento delle
tensioni residue nel caso di tubi in
acciaio al 3,5% Ni (diametro 250 mm,
spessore 10 mm) con saldatura manuale
ad arco nella posizione fissa ad asse
orizzontale. I risultati ottenuti sono indi-
cati nella Figura 11.
Appare chiaro, da entrambe le espe-
rienze, come gli stati pi elevati di solle-
citazione, sia per le tensioni residue
longitudinali sia per le tensioni trasver-
sali, si manifestino sulla superficie
interna e siano di trazione. Una spiega-
zione di ci potrebbe essere data consi-
derando i diversi gradienti termici che
durante il raffreddamento interessano la
superficie interna ed esterna.
Infatti con la seconda esperienza stato
verificato sperimentalmente che dopo il
deposito dellultima passata, durante il
raffreddamento, per il maggiore scambio
termico verso lesterno, la parete interna
si venuta a trovare ad una temperatura
maggiore di circa 80C rispetto a quella
esterna, a partire da temperature (circa
850900C) al di sotto delle quali sono
rilevanti le differenze di valore dello
snervamento.
4. Metodi di misura delle
tensioni residue
La misura delle tensioni residue pu
certamente essere considerata un ramo
di una materia di carattere pi generale,
la misura di stati tensionali e delle defor-
Figura 7 - Esempi di distribuzione delle tensioni residue longitudinali e trasversali per verifiche di stabilit secondo BS 7910:2005 (Annex Q).
Figura 6 - Esempio di distribuzione delle
tensioni agenti in direzione dello spessore.
Giunti testa a testa tra lamiere Giunti testa a testa tra tubi Giunti a T e fillet Giunti di riparazione
Tensioni
longitudinali
Tensioni
trasversali
28 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
mazioni ad esse collegate. In generale, si
pu distinguere tra metodi distruttivi e
metodi non distruttivi; tra i primi,
possibile una seconda distinzione tra i
metodi distruttivi veri e propri e quelli
parzialmente distruttivi (che compor-
tano, ad esempio, la presenza di piccoli
f or i sul component e, che non ne
compromettono, nella maggior parte dei
casi, il successivo esercizio).
I principi su cui si basano i metodi
distruttivi (e quelli parzialmente distrut-
tivi) sono gli stessi utilizzati per valutare
le tensioni dovute allazione di carichi
esterni: in questo caso, la misura delle
tensioni risulta relativamente semplice,
assumendo che il materiale abbia un
comportamento di tipo elastico e di
considerare le sole superfici del compo-
nente (limitazioni, in genere, considerate
accettabili).
inoltre chiaro che la misura dellallun-
gamento di un elemento superficiale del
componente, preso come riferimento,
possibile sinch lo stesso soggetto alle
condizioni di carico, noto il suo stato di
riferimento (scarico) in assenza di solle-
citazioni; certamente pi complessa la
misura di stati biassiali di tensione, per
cui si rendono necessarie misurazioni in
almeno tre direzioni. Le deformazioni
relative agli elementi di riferimento
possono essere interpretate con la legge
di Hooke; estensimetri elettrici, estensi-
metri distaccabili e rivestimenti superfi-
ciali fotoelastici sono i metodi pi
diffusi, con lintroduzione, in tempi
recenti, di tecniche olografiche. In gene-
rale, la tecnica di misurazione e di valu-
tazione semplificata dalla conoscenza
della direzione della tensione principale,
che pu essere determinata a sua volta,
ad esempio, con limpiego di speciali
vernici con comportamento fragile.
Come nel caso delle tensioni indotte da
carichi esterni, anche quelle residue
possono essere determinate scaricando il
componente: date le differenze tra i due
casi, ossia lassenza - per definizione - di
carichi esterni - si rende necessario
scaricare una determinata porzione del
componente dalle azioni indotte dal
materiale circostante. A questo scopo,
sono prelevate delle porzioni di mate-
Figura 8a ed 8b - Distribuzione qualitativa delle tensioni residue per effetto della saldatura di un inserto circolare.
Figura 9 a, b, c - Distribuzione delle tensioni residue longitudinali per effetto della saldatura in travi composte.
Lamiera esterna
Lamiera
esterna
Lamiera
esterna
Lamiera
interna
Lamiera
interna
Saldatura
Deformazione
angolare
Distribuzione delle tensioni
nella sezione A-A
A
A
(a) (b) (c)
(a) (b)
y
29 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
riale dal componente in esame oppure,
in altri casi, sono praticate delle aperture
per consentire allelemento di misura di
deformarsi, liberandolo parzialmente da
parte dei vincoli esercitati dal materiale
adiacente. Questi metodi sono utilizzati
talvolta nel caso di travi, di lamiere, di
corpi a simmetria cilindrica; inteso che
essi possono fornire indicazioni utili
solo nel caso in cui il recupero elastico
del materiale, in seguito allasportazione
totale o parziale degli elementi di
misura, sia analiticamente descrivibile.
In tutti i metodi di misura delle tensioni
residue la costanza della temperatura
un aspetto fondamentale per ottenere
risultati accurati: si rendono necessari,
pertanto, particolari accorgimenti
durante il prelievo degli elementi. Un
secondo aspetto da valutare, sempre per
ottenere risultati accurati, la necessit
che il materiale non superi il proprio
carico di snervamento.
4.1 Metodi di misura di stati
monoassiali o biassiali di tensione
per scomposizione
In numerosi casi pu essere sufficiente
valutare le tensioni residue assumendo
che vi sia un andamento prevalente-
mente monoassiale, con la possibilit di
una distribuzione non uniforme della
tensione sulla sezione trasversale.
I metodi di misura per scomposizione
prevedono, in sintesi, che il componente
sia suddiviso in un adeguato numero di
sottili elementi (vedere il caso di una
trave composta a doppio T) lungo la
direzione principale (x) della tensione.
In prima approssimazione, si pu risalire
alla tensione
x
attraverso la relazione:
x
= - E
x
Il taglio effettuato mediante sega;
la deformazione misurata quindi con
lapplicazione di estensimetri distacca-
bili o estensimetri elettrici: i primi
consentono una misura riferita ad un
elemento di maggiore lunghezza, da 100
a 250 mm, cosa che rende preferibile la
misura di tensioni poco variabili nella
lunghezza di misura; gli estensimetri
elettrici invece, pi sensibili, consentono
una misura riferita ad elementi di minori
dimensioni, per quanto i fili di collega-
mento possano complicare lesecuzione
dei tagli.
Sicuramente pi complessa la misura
di stati biassiali di tensione. Nel caso pi
semplice, le due direzioni ortogonali x
ed y sono associate alle tensioni normali
x
e
y
, assumendo che esse siano
costanti rispetto allo spessore (pu
essere il caso di piccoli spessori, ad
esempio). Gli estensimetri sono in
genere applicati su entrambi i lati del
componente, dopo di che sono tagliati
elementi quadrati di circa 30 x 30 mm.
Ottenute le deformazioni
x
ed
y
,
possibile calcolare le relative tensioni e
y
in base alla legge di Hooke:
x
= - E / (1-
2
) (
x
+
y
)
y
= - E / (1-
2
) (
y
+
yx
)
Per determinare completamente lo stato
di tensione sono necessarie almeno tre
direzioni di misura associate ad altret-
tante rosette estensimetriche a tre
elementi. Il metodo descritto stato
usato con successo, nel passato, nel caso
di serbatoi di stoccaggio di grandi
dimensioni.
4.2 Metodi di misura di stati triassiali
di tensione per scomposizione
Un problema comune a tutti i metodi di
misura di stati triassiali di tensione il
Figura 10 - Distribuzione delle tensioni
residue longitudinali e trasversali nella
saldatura di tubi in acciaio al carbonio
(Burdekin).
Figura 11 - Andamento delle tensioni residue
nella saldatura testa a testa di tubi di acciaio
al 3,5 Ni (Girardi e Rinaldi).
Superficie esterna
Superficie interna
Distanza dallasse della saldatura (cm)
T
e
n
s
i
o
n
i
(
k
g
/
m
m
2
)
30 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
blocchi e, via via, ulteriori strati proce-
dendo verso le due superfici dotate di
estensimetri, misurando di volta in volta
le deformazioni sulle superfici stesse; il
metodo per scomposizione combinato
di fatto con il metodo per rimozione di
strati successivi. In questo modo, la
tensione longitudinale rispetto ai blocchi
pu essere determinata, comprese le
tensioni di taglio agenti sugli stessi: le
tensioni agenti nella direzione dello
spessore, infine, sono calcolate mediante
le equazioni relative allequilibrio dei
solidi continui.
4.3 Metodo per esecuzione di fori
(metodo di base)
Si tratta di un metodo alternativo al
precedente, per la misura di stati di
tensione triassiali, basato su esperienze
condotte da Mathar: il principio prevede
lesecuzione di fori passanti nello spes-
sore e la misura delle deformazioni in
direzione radiale (Fig. 14) attraverso
measuring balls oppure estensimetri
elettrici a cavallo del foro stesso.
Il metodo stato standardizzato dalla
norma ASTM E 837-85.
Misurate le deformazioni in direzione X
ed Y, possibile risalire alle tensioni
x
e
y
attraverso la teoria dellelasticit
applicata ad un piano infinitamente
sottile, al quale sia praticato un foro
circolare, soggetto ad uno stato di
tensione monoassiale; sostituendo i dati
(diametro del foro d
0
= 12 mm, base di
misura d = 16 mm, = 0,3) si possono
esprimere le tensioni in funzione delle
deformazioni x e
y
:
x
= E [0.99 2 (
x
/d) + 0.38 2 (
x
/d)]
y
= E [0.99 2 (
y
/d) + 0.38 2 (
x
/d)]
Volendo esprimere la deformazione
radiale
r
in funzione delle tensioni
x
e
y
possibile introdurre i parametri A e
B, funzioni delle caratteristiche elastiche
del materiale e della geometria del
sistema di misura:
r
= (A + B cos 2)
x
+ (A-B cos2)
y
essendo appunto:
A = - (1-) / 2E (d
0
/d)
2
B=- (1+) / 2E [4/(1+)(d
0
/d)
2
- 3(d
0
/d)
4
]
Nel caso di stato di tensione residua
biassiale di direzione sconosciuta, sono
necessarie misure effettuate in almeno
tre direzioni diverse (le relazioni sopra
riportate non tengono conto di questo
caso generale). Per questo scopo, il
metodo prevede nella sua versione gene-
rale limpiego di rosette estensimetriche
(Fig. 15), aventi lo scopo di determinare,
oltre alle deformazioni, anche langolo
tra la direzione della tensione principale
I
e la direzione di misura
x
.
Come accennato, langolo pu essere
analiticamente espresso mediante la
relazione:
tan(2) = (
00
- 2
45
+
90
) / (
00
-
90
)
In generale, laccuratezza delle misure
dipende, per questo metodo, dal posizio-
namento degli elementi di misura rispetto
al foro; nel caso dei measuring balls, essi
possono essere posizionati a 1 mm dal
bordo, in quello degli estensimetri, a valori
compresi tra 2.5 e 3.4 il rapporto d/d
0
.
A sua volta, il diametro del foro dipende
dalle dimensioni degli elementi di
misura (ad esempio, diametri d
0
pari a
1.5 3.0 mm e basi si misura pari a
1.5mm sono piuttosto comuni).
Occorre ricordare che il metodo basato
su modelli di tipo elastico, per cui la
presenza di stati tensionali prossimi al
carico di snervamento e/o la possibilit
di deformazioni di tipo plastico possono
falsare i risultati, fornendo indicazioni
assolutamente inattendibili.
4.4 Cenni ad altre metodologie di
misura
4.4.1 Metodo per esecuzione di fori
ciechi
Il metodo descritto al paragrafo prece-
dente pu essere esteso anche a parti di
Figura 12 - Misura delle tensioni residue in
una trave composta a doppio T.
Figura 13 - Metodo di Rosenthal - Norton
per la misura di stati triassiali di tensione.
difficile accesso alla parte centrale del
componente, in relazione alla misura
delle tensioni normali alla superficie
dellelemento. Tuttavia, alcuni metodi
possono essere applicati, assumendo
note per ipotesi le direzioni delle tre
tensioni principali, ad esempio corri-
spondenti alle direzioni principali della
geometria del componente.
Una sorta di metodo per scomposizione
fu sviluppato da Rosenthal e Norton,
relativamente a componenti rettangolari,
di medio o grosso spessore, caratteriz-
zati da una saldatura centrale. Per questo
caso, pu essere di interesse conoscere
la variazione delle tensioni residue
longitudinali e trasversali attraverso lo
spessore. Allo scopo, vengono ricavati
due blocchi di materiale sottili, in dire-
zione longitudinale e trasversale rispetto
al giunto, opportunamente equipaggiati
di estensimetri sulle due facce (Fig. 13).
Successivamente, sono ricavati due
strati sottili al centro dello spessore dei
31 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
distanza reticolare si pu legare questa
grandezza con una semplice relazione
trigonometrica:
2 d sen () = n
in cui si valutano, in genere, i fenomeni
di diffrazione del primo ordine (con n=1,
cio).
Sul piano sperimentale (Fig. 16),
possibile ottenere il valore dellangolo
di Bragg in funzione della distanza r di
massima diffrazione rispetto allasse del
fascio incidente ed alla distanza di
misura a:
=
1
/
2
arctan (r/a)
Considerando quindi la distanza retico-
lare d
0
in assenza di stati tensionali,
possibile stimare lo stato di deforma-
zione dalla relazione:
= (d - d
0
) / d
0
Per ottenere i valori degli stati biassiali
di tensione necessario effettuare
almeno tre misure lungo diversi angoli
(ad esempio: , +/2, +/4),
i mpi egando i n ogni caso di versi
angoli di misura rispetto allasse
verticale z.
Con questo metodo larea di misura
varia tra 0,1 ed 1 mm
2
, la profondit di
misura invece risulta intorno a 10 m;
quindi possibile procedere a misure
attraverso lo spessore, per incrementi
successivi della profondit.
Il principale vantaggio del metodo
certamente il fatto di essere non distrut-
tivo e di consentire misure quasi
puntuali; daltra parte, esso pu presen-
tare forti limitazioni nel caso di materiali
caratterizzati da un forte orientamento
della microstruttura (ad esempio,
prodotti lavorati a freddo).
4.4.4 Misura delle tensioni residue per
diffrazione di neutroni
Il principio di questo metodo, di fatto,
lo stesso descritto al paragrafo prece-
dente per fasci di radiazioni X monocro-
matiche.
Una differenza significativa data dalla
diversa profondit di penetrazione (al
massimo 20 m nel caso dei raggi X), che
in questo caso pu arrivare sino a 50 mm
nel caso degli acciai, 300 mm nel caso di
leghe di alluminio e 30 mm per le leghe di
Figura 15 - Posizionamento di rosette
estensimetriche.
Figura 14 - Applicazione di measuring balls
o di estensimetri per la misura delle
deformazioni radiali.
spessore finito adottando la variante con
fori ciechi.
Assumendo che lo stato tensionale non
vari o vari in maniera trascurabile
appena al di sotto della superficie del
componente (quindi, in funzione
della quota z), il metodo con fori
ciechi pu essere utilizzato intro-
ducendo solo una modifica ai
parametri A e B, descritti in precedenza
(indicativamente, la profondit t del foro
pu essere assunta pari a circa 1.2 volte
il suo diametro).
Daltra parte, pure possibile tenere in
considerazione la variazione delle
tensioni residue in funzione della quota z
applicando il metodo in modo incremen-
tale, variando cio gradualmente la
profondit t del foro.
4.4.2 Metodo per estrazione di inserti
circolari
Unalternativa al metodo per esecuzione
di fori il metodo (detto di Gunnert e
Kunz) che prevede la misura degli stati
di deformazione sul componente dopo
avere ricavato sullo stesso dei blocchi a
geometria cilindrica, di opportune
dimensioni, adeguatamente corredati
con sistemi di misura.
Il metodo pu essere considerato unal-
ternativa al metodo con fori ciechi, nel
caso di tensioni costanti o variabili in
funzione della quota z.
Il principio consentire ad una super-
ficie di riferimento, a geometria circo-
lare appunto, di distendersi completa-
mente eliminando i vincoli esercitati dal
materiale adiacente: allo scopo prati-
cato appunto un foro cilindrico sino ad
una profondit minima, oltre la quale
non si verificano ulteriori rilassamenti
superficiali.
Identificata unidonea base di misura,
possibile risalire analiticamente alle
tensioni
I
e
II
, con riferimento a
modelli elastici di comportamento del
materiale (legge di Hooke):
Di fatto, possibile successivamente
applicare le stesse relazioni descritte per
il metodo per esecuzione di fori, tenendo
conto dei necessari aggiustamenti in
funzione del numero dei punti di misura.
4.4.3 Misura delle tensioni residue per
diffrazione di raggi X
Tra i metodi non distruttivi per la misura
delle tensioni residue particolare rilievo
assume quello basato sulla diffrazione di
radiazioni ionizzanti, in particolare i
raggi X.
Il principio fisico si basa appunto sulla
diffrazione originata dallinterazione tra
le radiazioni ed i reticoli cristallini del
materiale, la quale risulta essere
funzione delle costanti reticolari del reti-
colo stesso e, in definitiva, degli stati
tensionali applicati, per confronto con lo
stato non tensionato del reticolo.
In particolare, si osserva che un fascio
monocromatico di radiazioni X, inci-
dente sulla superficie in esame in modo
normale, produce effetti di diffrazione
che possono essere rilevati ad una data
distanza dallasse del fascio incidente
con opportuni sistemi di rivelazione
(pellicole radiografiche o altri metodi).
Dal punto di vista analitico, se rappre-
senta langolo di diffrazione (angolo di
Bragg), la lunghezza donda del fascio
(di fatto, si possono impiegare valori
pari a circa 0.050.23 nm) e d la
I
+
II
= - E / 2(1-) (
00
+
45
+
90
+
135
)
I
-
II
= E / 2(1+) [(
00
-
90
)
2
+ (
90
-
135
)
2
]
1/2
45
45
2
d
0
d
32 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
nichel (si deve considerare, al proposito,
che i raggi X utilizzati per queste applica-
zioni interagiscono con la materia a
livello di gusci elettronici esterni mentre
fasci di neutroni riescono a penetrare la
materia stessa a livello nucleare).
Una conseguenza importante quindi
che i metodi a diffrazione neutronica
sono in grado di fornire indicazioni su
stati triassiali di tensione, a differenza
della diffrazione a raggi X.
Il metodo, in pratica, prevede limpiego
di un fascio di neutroni di sezione pari a
circa 50 mm
2
, ottenuto con reattori
nucleari o mediante sincrotroni; il fascio
viene collimato con idonee maschere, ad
esempio al cadmio, in modo da ridurne
sensibilmente la sezione trasversale ed
interessare alla misura il minore volume
possibile di materiale (da 10 a 100 mm
3
);
il fascio diffratto rivolto verso un
sistema di rilevazione, cui arriva oppor-
tunamente collimato.
Il metodo si presta a misurazioni di inte-
resse in settori come quello nucleare,
aerospaziale, off-shore, con particolare
riferimento a giunti a passate multiple
(multipass).
4.4.5 Misura delle tensioni residue con
metodi acustici
I metodi di tipo acustico, pure di tipo non
distruttivo, sono basati sulla relazione
esistente tra la velocit di propagazione
delle onde (ultra)sonore e talune
propriet elastiche dei materiali, funzione
a loro volta dello stato tensionale.
Di fatto, il metodo basato sulle varia-
zioni delle velocit di propagazione delle
onde longitudinali, trasversali e superfi-
ciali dovute agli stati tensionali; spesso,
sono utilizzate onde ultrasonore superfi-
ciali generate da un trasduttore montato
sul pezzo (frequenze variabili tra 2 e 10
MHz). La notevole entit del volume di
materiale coinvolto nella misura porta,
ovviamente, a misure mediate di carat-
tere non puntuale; un aspetto da non
trascurare, evidentemente, linfluenza
della microstruttura nei confronti della
velocit di propagazione delle onde, che
costringe ad accurate tarature preliminari
con blocchi campione rappresentativi del
pezzo reale.
4.4.6 Misura delle tensioni residue con
metodi magnetici
La presenza di stati tensionali residui
determina variazioni nelle propriet
magnetiche dei materiali. Questa consi-
derazione alla base della misura di
tensioni residue con i metodi di tipo
magnetico, di carattere superficiale; le
propriet magnetiche, in particolare,
influenzate dagli stati tensionali sono
leffetto Barkhausen di tipo magnetoin-
duttivo o magnetoacustico, lincremento
della permeabilit alle correnti indotte,
la magnetostrizione.
Come gi accennato nel caso di metodi
di tipo acustico, anche queste propriet
sono fortemente legate al tipo di micro-
struttura ed al suo orientamento, ragione
che porta, anche in questo caso, alla
necessit di accurate tarature preliminari.
In definitiva, si tratta di metodi di inte-
resse nel campo del Controllo Qualit
per i ridotti tempi di misura e la possibi-
lit di automazione; si consideri infine,
che attraverso opportune combinazioni
di tecniche, basate su differenti propriet
magnetiche, possibile ottenere una
notevole indipendenza rispetto allaccu-
ratezza dei metodi di taratura utilizzati.
5. Precauzioni e rimedi
Allo scopo di prevenire, ridurre o elimi-
nare gli effetti dei ritiri o degli sforzi di
ritiro delle saldature si possono prendere
a volte utili precauzioni; oppure si pu
intervenire durante la saldatura con
opportuni procedimenti o trattamenti,
oppure, infine, si possono usare adatti
rimedi a saldatura ultimata.
5.1 Precauzioni prima della saldatura
Le precauzioni che il tecnico di saldatura
pu prendere prima di eseguire un
giunto saldato allo scopo di contrastare
gli effetti del ritiro, senza porre daltro
canto vincoli rigidi ai pezzi da saldare,
debbono rispondere al criterio fonda-
mentale di alimentare il ritiro. Con
questa espressione si intende la crea-
zione di una opportuna condizione per
cui il ritiro possa effettuarsi nel modo
pi libero possibile, portando i pezzi
saldati nella esatta posizione richiesta.
Citiamo di seguito alcune precauzioni
comunemente usate allo scopo.
5.1.1 Deformazione preventiva
Si pu dare ai pezzi da saldare una
disposizione o una deformazione uguale
ed opposta a quella che provocherebbe il
ritiro. Con questo metodo molto
semplice si possono eliminare gli effetti
del ritiro angolare dei giunti testa a testa,
a T e di spigolo.
Nel caso di giunti di testa, basta disporre
le lamiere leggermente angolate (verso il
basso, se si deve saldare in piano, o
comunque dalla parte opposta a quella
del maggior apporto termico) anzich
complanari (Fig. 17), langolo di devia-
zione, in genere dellordine di qualche
grado soltanto, deve essere determinato
caso per caso, a seconda del procedi-
mento e delle condizioni operative e non
vi che la base dellesperienza di casi
identici o analoghi che pu costituire un
indice sicuro.
Analogamente, nel caso di giunti a T,
saldati con un unico cordone dangolo,
si alimenta il ritiro predisponendo i
pezzi con un angolo un poco maggiore
di quello richiesto (leggermente ottuso
nel caso comune di giunti dangolo,
Fig. 18a); per i giunti a T saldati simme-
tricamente con due cordoni dangolo si
dovrebbe dare una leggera pre - defor-
mazione alla lamiera continua, come
indicato nella Figura 18b.
Figura 16 - Schema per la misura dellangolo di diffrazione (angolo di Bragg) a raggi X.
33 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
Figura 17 - Pre - deformazione di un giunto
testa a testa in compensazione del ritiro
angolare.
Figura 18a e 18b - Pre - deformazione
di giunti a T in compensazione del ritiro
angolare.
(a) (b)
Nel caso di giunti di spigolo, sempre
secondo il medesimo criterio, si
dovrebbe invece chiudere un poco lan-
golo fra le due lamiere (Fig. 19).
Nel dare queste pre - deformazioni
bisogna sempre tenere conto della capa-
cit di deformazione dei pezzi: gli
elementi pi sottili e pi liberi tendono a
deformarsi di pi e perci su di essi
che in linea preventiva conviene
maggiormente agire.
Quando si deve saldare un tubo con una
lamiera (Fig. 20) con un cordone dan-
golo circonferenziale esterno, due ritiri
intervengono a deformare il giunto: il
ritiro angolare visto per i giunti a T ed il
ritiro longitudinale (circonferenziale)
del cordone di saldatura: questo tende in
sostanza a ridurre la lunghezza della
circonferenza di saldatura.
Se si vogliono prevenire questi effetti di
ritiro, bisogna dare alla lamiera di
appoggio del tubo una leggera curvatura
in senso opposto.
5.1.2 Creazione di una zona elastica
Si pu alimentare il ritiro trasversale
costituendo nellelemento pi deforma-
bile una zona elastica, che ceda facil-
mente sotto lazione del ritiro.
Esempi di questa precauzione sono
presentati nella Figura 21 (dove si
appositamente creata una leggera ondu-
lazione nella lamiera pi sottile) e nella
Figura 22, dove lapplicazione del
giunto dorlo invece di quello a T,
oppure la preparazione a lembi rilevati
anzich di quella a lembi retti su giunti
di testa, garantisce al giunto una note-
vole elasticit per sopportare ed alimen-
tare il ritiro.
Nella Figura 23 sono invece riportate
due preparazioni utilizzate nella salda-
tura dei tubi alle piastre tubiere degli
scambiatori di calore (il solco circolare
ha anche lo scopo di alimentare il ritiro).
Nella Figura 24 infine riportato il caso
dellinnesto di un elemento da saldare
lungo tutto il suo perimetro in una
grande lamiera (caso frequente di
rappezzo di riparazione, della chiusura
di un passo duomo, ecc.). Per alimen-
tare il ritiro bisogna dare alla lamiera da
riportare una leggera curvatura a cupola,
il ritiro della saldatura periferica ne trae
alimento, e tende a spianarla.
5.1.3 Disposizione opportuna del
cordone di saldatura
Vi sono casi in cui unopportuna disposi-
zione dei cordoni di saldatura pu
ovviare gli inconvenienti del ritiro, ad
esempio, nel collegamento a T di due
tubi (Fig. 25): nel caso di spessori sottili,
lo spostamento della linea di saldatura
dalla posizione a alla posizione b,
dopo avere opportunamente preparato i
pezzi, rilevando un collarino di innesto
nel tubo verticale, permette di evitare gli
inconvenienti del ritiro angolare e, se si
allarga leggermente il diametro di colle-
gamento su entrambi i tubi, si evita lo
strozzamento per ritiro longitudinale.
5.1.4 Costruzione di pannelli di prefab-
bricazione
Nelle costruzioni saldate complesse
bene procedere per prefabbricazione di
parti pi semplici, costituendo pannelli
in cui pi facile controllare le deforma-
zioni e raddrizzarli. Una volta ottenuti
questi pannelli in modo corretto risulta
pi agevole dominare e prevedere sul
complesso della costruzione i ritiri din-
sieme.
Tale il caso, ad esempio, della costru-
zione navale che fa largo impiego di
blocchi di prefabbricazione da unire poi,
fra loro, sugli scali, e della costruzione
di carpenteria saldata, specie quando si
hanno complesse strutture a traliccio le
quali vengono decomposte in vari tron-
Figura 19 - Pre - deformazione di giunti di
spigolo in compensazione del ritiro angolare.
Figura 20 - Effetto di ritiro della saldatura
di un tubo su una lamiera sottile.
Figura 21 - Creazione di una zona elastica
per alimentare il ritiro.
34 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
testa, soprattutto
sugli spessori che
richiedono parec-
chie passate.
Nei giunti a T possibile la compensa-
zione del ritiro angolare saldando
contemporaneamente nei due angoli
opposti ed impedendo la deformazione
angolare della lamiera continua; nel caso
di giunti a croce basta saldare contempo-
raneamente o alternativamente nei due
angoli opposti al vertice. Per quanto si
riferisce ai ritiri trasversali si visto
come il procedimento ossiacetilenico dia
luogo a ritiri maggiori di quello ad arco e
che in ogni caso tanto minori sono i ritiri
quanto minore lampiezza del cian-
frino.
Per quanto riguarda i ritiri longitudinali
valgono considerazioni analoghe; vi
per da osservare che tali ritiri, sempre
molto contrastati dalle parti fredde adia-
centi, tendono a generare deformazioni
per compressione assiale delle parti
fredde stesse e ci risulta particolarmente
evidente e fastidioso per gli spessori
sottili, che hanno tendenza a ondularsi.
Per quanto si riferisce alle sollecitazioni
residue di saldatura bisogna distinguere
il caso di pezzi liberi e quello di pezzi
vincolati. In questultimo caso la
reazione dei vincoli tanto maggiore
quanto pi ampia la zona riscaldata,
quanto pi cio sarebbe forte il ritiro se i
pezzi fossero liberi; poco perci da
attendersi da particolari modi operatori.
Questi invece possono essere efficaci
nellattenuare gli sforzi di ritiro se i
pezzi non sono esternamente vincolati,
se la saldatura cio assoggettata solo
allautovincolo costituito dalle parti
fredde o gi raffreddate del pezzo stesso.
Si visto cos come nella saldatura ad
arco qualche lieve beneficio possa otte-
nersi con leffettuazione della saldatura
dal centro alle estremit anzich da una
estremit allaltra, ovvero applicando il
sistema a blocchi e facendo raffreddare
ogni blocco fino a 60.
Dalla trattazione esposta traspare altres
la necessit di avere saldature sane ed
effettuate con materiale sia di base sia
dapporto che consenta una certa defor-
mabilit plastica sotto sforzi complessi
quando si debbano effettuare giunti su
pezzi vincolati e non sia quindi possibile
evitare linsorgere di sforzi di ritiro n in
corso di esecuzione n a saldatura termi-
nata.
Occorre infatti in tal caso una saldatura
che non solo dopo il suo completa-
mento abbia alte caratteristiche di
Figura 25 - Innesto di un tubo su un corpo
cilindrico a parete sottile.
Figura 22 - Preparazioni che consentono
elasticit a giunto.
(a) (b)
Figura 23a e 23b - Solcatura per alimentare
il ritiro (ed eguagliare le capacit termiche
dei lembi) - Saldatura eseguita con il
procedimento TIG (caso a) o con elettrodi
rivestiti (caso b).
Figura 24 - Pre - deformazione della piastra
di chiusura (inserto).
(a)
(b)
coni da prefabbricarsi nelle officine e da
unire poi fra loro in cantiere.
A suggerire la tecnica della prefabbrica-
zione intervengono anche (e a volte in
modo preponderante) altri fattori, quali
la facilit e leconomia di esecuzione, la
maggiore possibilit di impiego della
saldatura automatica ed infine le even-
tuali necessit di trasporto dellopera
saldata.
5.2 Precauzioni esecutive
Varie precauzioni possono essere prese
anche in sede esecutiva allo scopo di
controllare o ridurre i ritiri e diminuire
gli sforzi di ritiro; le necessit costrut-
tive spesso impongono di fare un
compromesso tra sforzi e deformazioni.
5.2.1 Scelta del procedimento di salda-
tura e dei modi operativi
Si visto nei paragrafi precedenti come
il procedimento di saldatura possa
influire sia sullentit dei ritiri che su
quella delle sollecitazioni residue di
ritiro di una opera saldata.
Il ritiro angolare dipende alquanto dal
procedimento di saldatura e dal modo
operativo; la cautela pi utile quella di
effettuare saldature simmetriche rispetto
allasse od al piano che si desidera non si
deformi. Cos le preparazioni ad X sono
particolarmente indicate per i giunti di
Sezione A-B
A B
(a) (b)
35 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
plasticit, ma anche atta a non dar
luogo a cricche nel corso dellesecu-
zione, cricche che avvengono pi facil-
mente quando le condizioni di vincolo
sotto le quali il giunto effettuato sono
pi severe.
La tendenza a fessurarsi specialmente
accentuata nella prima passata che, per
effetto del ritiro, attraversata da un
fascio di linee di forza che, partendo dai
pezzi adiacenti, si addensano nella sua
limitata sezione e che possono per di pi
esaltarsi facilmente in corrispondenza
delle irregolarit di penetrazione spesso
inevitabili; nel corso del suo raffredda-
mento il materiale pu attraversare fasi
assai poco propizie a fronteggiare sforzi
complessi e pu cedere di fronte a
questi.
5.2.2 Condizioni di vincolo ed ordine di
esecuzione delle saldature
Le condizioni di vincolo esterno dei
pezzi devono essere quanto pi possibile
alleggerite, limitandosi ad introdurre
vincoli atti ad impedire il ritiro angolare
delle saldature che, ove non possibile
una pre - deformazione, rappresentano
una necessit costruttiva se si vuole che
la costruzione mantenga le forme
richieste, lasciando libert ai pezzi di
muoversi nelle altre direzioni.
Si deve cercare altres di non creare
mediante puntatura troppo rigida, o
cavalletti applicati in sua sostituzione,
vincoli locali severi a cavallo del giunto.
Purtroppo, in pratica, la accennata
libert di movimenti dei pezzi non
sempre possibile ed in tali casi si ricorre
a tutti quegli espedienti che consentono
di avvicinarsi a quella condizione il pi
possibile; si cercher cio di alimentare
il ritiro al massimo nei limiti che le
circostanze permettono. Alcuni esempi
serviranno meglio a far comprendere
questo criterio.
Nellesempio della Figura 27 riportato
il caso della congiunzione di due tron-
coni di una trave composita a doppio T;
la sequenza migliore sarebbe la salda-
tura contemporanea dei tre giunti di testa
trasversali, ma essa non pi di facile
esecuzione. Altra sequenza consigliata
quindi la seguente: si saldino prima i
giunti di testa delle piattabande, se
possibile contemporaneamente e simme-
tricamente, dopo aver liberato (o aver
lasciato libero) un, tratto adeguato delle
saldature di unione delle piattabande
allanima. Si saldi poi il giunto di testa
dellanima ed infine si completino i tratti
longitudinali di saldatura che uniscono
lanima alle piattabande.
Nellesempio della Figura 28 si indica
una sequenza consigliata nellesecu-
zione di un grande pannello piano: si
nota come non si debba in nessun caso
procedere alla saldatura dei lembi lunghi
longitudinali prima di aver saldato il
giunto trasversale che su essi termina
ed anzi come bisogna tenersi dietro a
questo, per non meno di 300 mm onde
lasciare la maggiore
possibile libert al
ritiro del giunto
trasversale lungo il
proprio asse.
Nel caso di attacco
di una st r ut t ur a
cel l ul ar e s u un
fasciame (Fig. 29)
si s e g u e d i
sol i t o questa sequenza; prima si prepa-
rano separatamente il pannello piano e la
struttura cellulare corrispondente, quindi
si iniziano le saldature di collegamento a
partire dal centro ed espandendosi a
macchia dolio" verso la periferia in
modo da permettere al materiale di
compiere il pi liberamente possibile il
suo ritiro verso la zona centrale, secondo
lordine di esecuzione segnato nella
figura.
Anche il preriscaldo localizzato, nel
caso di saldatura di materiali fragili, pu
essere sfruttato allo scopo di diminuire
le tensioni di saldatura alimentando il
ritiro.
Loperazione del preriscaldo deve
iniziare prima della saldatura in modo
che la zona del giunto possa giungere al
voluto regime termico, ma deve poi
continuare durante tutto il tempo della
saldatura.
Un caso frequente di applicazione del
preriscaldo localizzato quello della
riparazione di pezzi di ghisa; esso deve
eliminare le tensioni residue in questo
materiale fragile, poco resistente agli
sforzi di trazione. Il preriscaldo deve
pertanto essere applicato in modo da
tendere ad aumentare il distacco dei
lembi da saldare sicch, cessando poi ad
Figura 26 - Esempi di prefabbricazione modulare nel settore navale.
Figura 27 - Esempio di sequenza delle
saldature per una trave composta a doppio T.
Preparazione dei due tronconi Giunzione
36 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
un tempo saldatura e preriscaldo, il
pezzo possa ritirarsi in modo uniforme
nel suo insieme e senza produrre
tensioni.
Nella Figura 30 sono riportati semplici
casi di riparazione con saldatura di pezzi
fusi di ghisa, indicandovi le zone di
preriscaldo intorno a 500600C; si
vede come il preriscaldo tende ad allon-
tanare i lembi del giunto durante la
saldatura; si pu cos alimentare il ritiro
durante il raffreddamento e perci dimi-
nuire od eliminare le tensioni residue a
giunto ultimato.
5.3 Rimedi dopo saldatura
Vari mezzi, che qui esaminiamo,
possono essere utilizzati allo scopo di
ridurre od eliminare, a saldatura finita, le
deformazioni o le sollecitazioni di ritiro.
5.3.1 Calde di ritiro
Il principio delle calde di ritiro prevede
un riscaldamento localizzato che, grazie
al ricalcamento a caldo del materiale
riscaldato, permette di ridurre la
lunghezza delle sue fibre a raffredda-
mento avvenuto. Facciamo due esempi:
la saldatura AB, eseguita nel pezzo
della Figura 31, ha prodotto linarca-
mento dello stesso, come si nota nella
stessa figura.
Per raddrizzare il pezzo si possono
applicare delle calde di ritiro lungo la
superficie pi allungata, ottenendo
una penetrazione triangolare della
zona portata alla temperatura di rical-
camento (600800C);
la saldatura di lamiere sottili spesso
ne provoca londulazione per carico
di punta dovuto alle sollecitazioni
longitudinali: si possono togliere tali
deformazioni appli-
cando una serie di
calde di ritiro sulle
facce delle lamiere in
modo da metterle in
tensione.
5.3.2 Trattamento di
distensione (in
forno)
Il suo principio legato
al fatto che, ad alta temperatura, il carico
di snervamento del materiale ridotto a
valori praticamente ridotti. Ad esempio,
nel caso dellacciaio al carbonio, nellin-
tervallo compreso tra 600 e 650C il
suddetto valore dellordine di 40 50
N/mm
2
.
Pertanto, riscaldando tutto un complesso
saldato alla suddetta temperatura e
mantenendovelo per un tempo suffi-
ciente, le tensioni si rilassano riducen-
dosi al valore del carico di snervamento
a questa temperatura. A seguito di questo
rilassamento si sviluppano delle defor-
mazioni plastiche per cui dopo il tratta-
mento termico le dimensioni del
complesso presentano delle variazioni
pi o meno sensibili.
Vengono inoltre eliminate le punte di
durezza (che possono essere sensibili nel
caso di grossi spessori di acciai a facile
tempra, pur usando le dovute precau-
zioni) e questo addolcimento, con la
concomitanza favorevole della disten-
sione delle tensioni residue, previene
grandemente le possibilit di rotture
fragili. Il trattamento termico di disten-
sione viene effettuato in pratica
mettendo tutta la struttura saldata in
forno e sottoponendola ad un riscalda-
mento sufficientemente lento in modo da
garantire una distribuzione della tempe-
ratura ragionevolmente uniforme entro
la massa metallica (per esempio, infe-
riore a 6000C/h divisi per lo spessore
massimo espresso in millimetri).
Figura 28 - Esempio di sequenza di saldatura
nella composizione di un grande pannello
piano.
Figura 29 - Sequenza di saldatura
nell'unione di una struttura cellulare su un
fasciame (giunti d'angolo).
Figura 30 - Esempi di riparazione con l'applicazione di preriscaldi compensativi.
Zona da
preriscaldare
Zona da
preriscaldare
Frattura
da riparare
Zona da
preriscaldare
Giunto da saldare Giunto da saldare
6
5 5 3 3 3 3 1 1 5 5
5 5 3 3 1 1 3 3 5 5
6
6 6 4 4 4 4 2 2 6 6
4 4 2 2
6 4 4 1 1 1 1 6 6
6 4 2 2 4
37 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
La permanenza in forno a 600650C
va proporzionata in base agli spessori
componenti la struttura (in genere, 2
ogni millimetro) e comunque non deve
mai essere inferiore a 30 min.
Anche il successivo raffreddamento va
effettuato in modo da mantenere
uniforme la temperatura entro la massa
metallica, altrimenti verrebbero a
nascere nuove tensioni interne. La velo-
cit di raffreddamento quindi stretta-
mente legata allo spessore massimo del
manufatto.
Questo trattamento vantaggioso e
pertanto utilizzato soprattutto nei casi di:
saldatura degli acciai a maggior resi-
stenza;
saldatura di strutture composte di
elementi di grosso spessore e di
giunti rigidi;
recipienti a pressione particolarmente
importanti;
strutture saldate suscettibili di succes-
sive lavorazioni meccaniche.
Una possibilit intermedia tra il tratta-
mento globale in forno e quello localiz-
zato il trattamento ottenuto intro-
ducendo i n forno una sol a part e
dellelemento da trattare.
Lefficacia della distensione ottenuta
dipende, tra laltro, dal gradiente di
temperatura che si prodotto sulla parte
rimasta allesterno del forno durante
lultimo trattamento in relazione alla
presenza o meno, in tale parte, di varia-
zioni della forma costruttiva.
A seguito di ci, la distensione di tale
part e pot r pert ant o non essere
completa; tuttavia, il trattamento in
grado di eliminare efficacemente le
punte di tensione e le brusche variazioni
dovute alla presenza di cordoni di salda-
tura.
5.3.3 Trattamento termico localizzato
la soluzione cui a volte si ricorre
quando non possibile effettuare il trat-
tamento integrale
della struttura in
forno (caso di
grossi complessi
oppure di saldature
eseguite in opera).
Questo metodo va
i mpi egat o con
molta oculatezza,
limitandolo ai casi
nei quali la sua
adozione pu apportare un reale bene-
ficio nei confronti delle tensioni interne.
Infatti, sempre riferendoci al caso
dellacciaio al carbonio, necessario
tenere presente che questo trattamento
d luogo al riscaldamento localizzato a
600650C di una zona con carico di
snervamento ridotto a valori trascurabili.
La zona riscaldata tende a dilatarsi, ma,
impedita dalla massa circostante fredda,
si ricalca secondo le modalit viste. Al
successivo raffreddamento ancora la
massa circostante fredda che si oppone
alla contrazione, per cui in definitiva si
forma uno stato di trazione nella zona
riscaldata cui fa equilibrio uno stato di
compressione nellimmediato intorno
della massa rimasta fredda.
Questo stato di sollecitazione si diffe-
renzia da quello precedente (dovuto alla
saldatura) per un ampliamento della
zona massima di tensione, che dal giunto
saldato si allarga nelle vicinanze della
zona di confine tra zona riscaldata e
zona mantenuta sufficientemente fredda.
In pratica, lunico caso in cui il tratta-
mento di ricottura localizzato pu
portare ad un certo beneficio il caso di
giunti circonferenziali di tubazioni o
comunque di costruzioni a geometria
cilindrica libere di dilatarsi longitudinal-
mente. In questo caso sussiste la possibi-
lit da parte del tubo di subire dilatazioni
crconferenziali infinitesime, che ridu-
cono la condizione di autovincolo della
parte riscaldata in corso di dilatazione
rendendo minimo il ricalcamento di
questa zona. Per questi giunti si ha
quindi la possibilit di conseguire un
certo effetto di distensione.
Il metodo viene impiegato, in pratica,
riscaldando una fascia a cavallo del
giunto saldato; da notare che la
larghezza di tale fascia pu variare anche
significativamente prendendo in consi-
derazione i criteri contenuti in alcuni dei
pi autorevoli codici o norme applicati
sul piano nazionale o internazionale.
Precisiamo che le considerazioni svolte
non si applicano per i giunti longitudi-
nali dei tubi, per i quali il trattamento
localizzato non presenta nessun
vantaggio.
Si deve quindi osservare che buona parte
dei trattamenti termici di distensione
localizzati agisce principalmente come
trattamento di rinvenimento di strutture
rese poco duttili dai cicli termici di
saldatura; il loro effetto di distensione
non elimina, per contro, i forti gradienti
di tensione esistenti nella zona termica-
mente alterata dei giunti, ma lascia
sussistere nei giunti stessi (in ZTA ed in
due fasce di materiale immediatamente
adiacenti) tensioni residue di entit non
trascurabile, funzione del tipo di acciaio,
della temperatura di trattamento e dalle
dimensioni dellelemento.
Di conseguenza, il risultato di un tratta-
mento localizzato eseguito con tali
criteri di certo diverso da quello di un
trattamento di distensione in forno
eseguito sullintero apparecchio; manca
comunque una sperimentazione mirata a
mettere in luce le reali conseguenze
pratiche che tale differenza pu compor-
tare, ad esempio dal punto di vista dei
rischi di rottura fragile.
5.3.4 Trattamento di stiramento alla
fiamma
Il suo concetto discende immediata-
mente da quanto visto a proposito
dellapplicazione temporanea di un
carico al telaio raffigurante il modello di
un giunto saldato. Infatti lapplicazione
di un carico d trazione agente secondo
lasse del cordone provoca uno scorri-
mento plastico della zona tesa che porta,
dopo leliminazione del carico, ad una
nuova distribuzione delle tensioni longi-
tudinali, con diminuzione di quelle pi
elevate.
Nel caso di questo trattamento lo stira-
mento del giunto viene conseguito attra-
verso il riscaldamento di due strisce a
cavallo del cordone: nascono cos le
dilatazioni termiche che portano agli
scorrimenti plastici desiderati nella zona
centrale tesa (Fig. 32). Leffetto termico
viene quindi sfruttato unicamente per
provocare un effetto meccanico di
trazione sul giunto saldato.
pertanto opportuno che le due zone
laterali riscaldate mantengano le proprie
deformazioni non molto al di fuori del
campo elastico, evitando marcati feno-
Figura 31 - Applicazione di calde di ritiro
per il contenimento delle deformazioni di una
trave composta a T.
Calde di ritiro
A
M N
B
38 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
meni di ricalcamento che altererebbero
il risultato. Le deformazioni plastiche
devono intervenire soprattutto nella
zona centrale che si trova gi sollecitata
allo snervamento ed costretta a seguire
per congruenza le zone laterali. Per
questo motivo la temperatura delle zone
laterali non deve superare i 200250C,
mentre posizione, potenza termica e
velocit di avanzamento delle fiamme
vanno regolate in funzione dello spes-
sore e dimensioni degli elementi che
compongono il giunto.
Va precisato che questo metodo ha
influenza solo sulle tensioni longitudi-
nali; quelle trasversali rimangono inalte-
rate, dopo il trattamento.
5.3.5 Martellatura
La martellatura della saldatura pu
assolvere il duplice scopo di raddrizzare
i pezzi deformati e di eliminare o ridurre
le tensioni residue di saldatura; essa
infatti in grado di produrre delle defor-
mazioni plastiche locali che, se opportu-
namente provocate, possono raggiun-
gere i due suddetti scopi.
Esempi sperimentali dei risultati ottenuti
con martellatura sono riportati nei
diagrammi della Figura 33 (per solleci-
tazioni longitudinali) e della Figura 34
(per sollecitazioni trasversali). Tali
diagrammi, tracciati da Jonassen,
Merian e De Garmo, mettono in
evidenza la riduzione di sollecitazione
nel caso di piastre vincolate specie dopo
martellatura a freddo delle passate finali.
La martellatura deve essere eseguita
passata per passata in modo da allungare
con gradualit le zone soggette a
tensione ed effettuata con perizia da
personale esperto.
Essa infatti, con laumentare delle defor-
mazioni plastiche, pu produrre perico-
lose sollecitazioni di tensione nelle zone
adiacenti, incrudire il materiale ed anche
peggiorare le propriet di certi acciai nei
riguardi dellinvecchiamento.
Di conseguenza non consigliabile
effettuare, nella pratica delle costruzioni,
la martellatura sulle passate finali,
mancando in questo caso leffetto di trat-
tamento termico delle passate succes-
sive.
5.3.6 Trattamento di distensione per
vibrazione - VSR
Soprattutto nel caso in cui il tradizionale
trattamento termico di distensione (TSR,
S
o
l
l
e
c
i
t
a
z
i
o
n
i
l
o
n
g
i
t
u
d
i
n
a
l
i
(
N
/
m
m
2
)
senza martellatura
martellatura di tutte le passate tranne la prima, subito dopo lesecuzione di ciascuna
martellatura delle passate di superficie, dopo raffreddamento
S
o
l
l
e
c
i
t
a
z
i
o
n
i
t
r
a
s
v
e
r
s
a
l
i
(
N
/
m
m
2
)
senza martellatura
martellatura di tutte le passate tranne la prima, subito dopo lesecuzione di ciascuna
martellatura delle passate di superficie, dopo raffreddamento
Figura 33 - Variazione delle tensioni residue longitudinali di saldatura a seguito di
martellatura.
Figura 32 - Effetto del trattamento di distensione a bassa temperatura sulle tensioni di ritiro.
Sollecitazione longitudinale
dopo saldatura
Lamiera da m. 2x1,20
Zona riscaldata
180-200
Zona riscaldata
180-200
N/mm
2
C
o
m
p
r
e
s
s
i
o
n
e
o
t
e
n
s
i
o
n
e
Sollecitazione longitudinale
dopo il trattamento di
distensione a bassa
temperatura
Sollecitazione trasversale
dopo il trattamento di distensione
a bassa temperatura
Figura 34 - Variazione delle tensioni residue trasversali di saldatura a seguito di martellatura.
39 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
M. Murgia - Origine delle tensioni residue in saldatura, metodologie tradizionali di misura, precauzioni e rimedi
Thermal Stress Relieving) si presenti
difficoltoso, critico o impossibile per i
volumi e le masse in gioco pu essere
valutata leffettuazione di un trattamento
di distensione per vibrazione (VSR,
Vibratory Stress Relieving).
Il principio fisico del metodo basato
sullinduzione del pezzo di vibrazioni di
frequenza inferiore o pari a quelle di
risonanza del componente allo scopo di
ridurre lentit delle tensioni residue di
picco, quindi anche di quelle medie,
attraverso lenergia associata alle onde
elastiche responsabili delle vibrazioni:
tale energia pu consentire micro defor-
mazioni a livello reticolare che consen-
tono alla struttura
del manufatto di
t rovare condi -
zioni di minore
energia, quindi di
maggiore stabi-
lit.
N e l c a s o d i
fabbricazione di
s t r ut t ur e non
soggette a pres-
si one i nt er na,
considerando le
dimensioni e le
geometrie talvolta
in gioco, il trattamento si pu rivelare di
interesse, specie alla luce di talune indi-
cazioni riportate da norme o codici che
sconsigliano per ragioni microstrutturali
leffettuazione del classico TSR ( il
caso dellamericano AWS D1.1, relati-
vamente agli acciai tipo ASTM A514,
A517, A709 o grado 100).
Per quanto non sia facile reperire infor-
mazioni scientificamente attendibili su
prove validate con criteri industriali,
sembra che limpiego di frequenze pari a
quelle di risonanza dia risultati pi effi-
caci rispetto alle frequenze inferiori.
Bibliografia
[1] Radaj D.: Welding residual stresses and distortion, Calculation and measurement.
[2] Istituto Italiano della Saldatura: Tensioni e deformazioni in saldatura.
[3] BS 7910:2005: Guide to methods for assessing the acceptability of flaws in metallic structures.
[4] British Energy R6, Revision 4.
[5] API 579: Fitness for service evaluation of pressure vessels and equipment.
[6] Withers P.J. and Bhadeshia H.K. D.H.: Residual stress. Nature, origins and measurement.
[7] Withers P.J.: Encyclopedia of materials science and technology, (ed. K.H.J. Buschow et al.); 2001, Oxford, Pergamon.
[8] Bouchard P.J.: Encyclopedia of materials science and technology, (ed. K. H.J. Buschow et al.), 2001, Oxford, Pergamon.
[9] Flavenot J.F.: Handbook of measurement of residual stresses, (ed. J. Lu), pp. 35-48; 1996, Lilburn, GA, Society for
Experimental Mechanics.
(10) Franxois M., Sprauel J.M., Dehan C.F., James M.R., Convert F., Lu J., Lebrun J.L., Ji N. and Hendricks R.W.: Handbook
of measurement of residual stresses, (Ed. J. Lu), pp. 71-131; 1996, Lilburn, Ga, Society For Experimental Mechanics.
Figura 35 - Il trattamento VSR di un componente di grandi dimensioni.
Michele MURGIA, laureato in Ingegneria Meccanica presso la Facolt di
Ingegneria dellUniversit di Genova nel 1991, entrato allIstituto Italiano
della Saldatura nel 1992 ed ha maturato esperienza nel settore della forma-
zione e dellassistenza tecnica, con particolare riguardo ai controlli non
distruttivi e alla saldatura di materiali termoplastici e compositi. certificato
European / International Welding Engineer, European Welding Inspection
Engineer / International Welding Inspector Comprehensive, Livello 3 EN 473.
Coordina i Gruppi di Lavoro Requisiti di qualit in saldatura ed Incol-
laggio di tubazioni e raccordi di PVC ed ABS della Sottocommissione Mista
UNI Saldature - UNIPLAST Saldatura delle materie plastiche di cui
Presidente dal 2005; membro del Comitato Plastic welding dellEWF
(European Welding Federation) e, dal 2001, del Group A Education, trai-
ning and qualification dello IAB (International Authorisation Board)
dellIIW (International Institute of Welding). Responsabile dellArea salda-
tura materie plastiche dellIIS nel 1994, dellArea corsi teorici nel 1996,
attualmente ricopre il ruolo di Responsabile dellintera Divisione Forma-
zione ed Insegnamento dellIstituto Italiano della Saldatura.
43 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
* TU Ilmenau - Fachgebiet Fertigungstechnik - Ilmenau (Germania).
Sommario / Summary
Saldatura per diffusione,
un esempio di rapid tooling
J. Wilden *
J.P. Bergmann *
S. Jahn *
M. Sagrauske *
La saldatura per diffusione viene spesso indicata come un
metodo di giunzione poco economico e con lunghi tempi.
In verit un corretto uso di questa metodologia dimostra che la
saldatura per diffusione rappresenta un processo di saldatura
con molteplici aspetti positivi in particolare per applicazioni,
in cui debbano essere ricavate strutture interne per liquidi di
processo.
Larticolo vuole dare uno spunto sulle varie possibilit e sui
gradi di libert, che possono essere raggiunti con la saldatura
per diffusione e concetti di rapid tooling. In questo articolo
vengono presentati alcuni esempi ed alcune applicazioni.
The application of diffusion welding in production of tools as
well as components, which have internal channels, is a very
successful way in order to increase functionality of structures
for micro-application.
Indeed the slicing of bulk-components reduces complicated
3-D shapes into a molteplicity of 2-D slices, which can be
easily processed and then joined to each other. Diffusion
welding of tempered tools was performed and some strategies
as well as the methodology are reported in this paper. Further
diffusion welding of different materials to each other repre-
sents a new way in order to enhance the performance of such
components.
Keywords:
Diffusion welding; optimisation; process procedures; solid
phase welding; utilisation; welding without filler.
44 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
qualche millimetro, ma che hanno una
geometria diversa. Nel caso di micro-
strutturazione vengono spesso richiesti
canali con una sezione di 50x50 m
2
.
Dopo aver semplificato il componente in
un numero di lamelle con diverse carat-
teristiche (Slicing), queste possono
essere lavorate singolarmente tramite ad
esempio taglio al laser. Ricompattando i
singoli lamierini e congiungendoli
possibile ricreare le geometrie interne
come da disegno di progetto (Fig. 4).
Questa metodologia offre il vantaggio di
un elevato numero di gradi libert nella
Introduzione
Gli sviluppi degli ultimi anni hanno deli-
neato nuovi trends nella progettazione e
costruzione di componenti per lindu-
stria ad esempio meccanica, chimica o
per la lavorazione delle plastiche.
In particolare la richiesta di utensili con
unelevata funzionalit e piccole dimen-
sioni richiedono unulteriore struttura-
zione, in modo da localizzare le funzioni
di processo in piccoli volumi. Si pensi,
ad esempio, a scambiatori termici per
sorgenti laser, oppure a microreattori o
ad utensili per la lavorazione delle
plastiche. In ognuno di questi compo-
nenti sono richiesti canali interni di
diverse forme, direzione e geometria,
che servono o per i liquidi di processo o
per il raffreddamento o riscaldamento
mirato dellutensile.
La lavorazione delle plastiche per pres-
sofusione fortemente caratterizzata da
ridotti tempi di ciclo, che possono essere
raggiunti con un raffreddamento del
fuso. Questo, per, deve avvenire in
modo tale, che anche su lunghi percorsi
non avvenga una solidificazione, con
otturazione degli ugelli, anche per
componenti di forma complicata. Lap-
portare canali sia di raffreddamento che
di riscaldamento nelle vicinanze delle
pareti, rappresenta una soluzione per
incrementare la qualit e la riproducibi-
lit del processo, come riportato nella
Figura 1.
La geometria e la posizione dei canali
rappresenta un fatto determinante per il
ciclo termico. Si prenda lesempio di
due tipi di strutturazione come rappre-
sentati nella Figura 2.
Sebbene la sezione totale dei canali di
raffreddamento sia rimasta costante tra
le due soluzioni, possibile notare che
sulla superficie superiore del compo-
nente/utensile, nel caso di un elevato
numero di canali di dimensioni pi
piccole, viene raggiunta una regione con
una distribuzione della temperatura
uniforme pi estesa. Ed proprio sotto
questi aspetti, che a seguito della persi-
stente miniaturizzazione di componenti
plastici per le applicazioni medicali
oppure per la meccanica di precisione,
sono necessarie nuove metodologie,
come quella di rapid tooling.
Si pensi ad esempio al componente della
Figura 3, in cui sono previsti canali con
un andamento elicoidale. Questo non
pu essere prodotto tramite lavorazione
per asportazione di truciolo, bens con
un metodo di prototipazione rapida.
Lutensile viene diviso virtualmente in
un numero di lamelle, che possono avere
spessore da pochi micrometri fino a
Figura 1 - Esempio di strutturazione interna di utensili per la lavorazione delle plastiche.
Figura 2 - Influenza del tipo di strutturazione sulla distribuzione della temperatura in superficie.
Plastica solidificata
Superficie da raffreddare
Sezione totale dei
canali: 30 mm
2
Perimetro totale
120 mm
Perimetro totale
34 mm
Plastica fusa
Canali per il raffreddamento ed il riscaldamento
45 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
progettazione dei canali interni. La giun-
zione delle singole lamelle fino a
formare un componente massivo, deve
condurre ad una giunzione sulla
completa superficie. Inoltre per alcune
applicazioni in campo chimico, il
componente deve avere elevate caratte-
ristiche di resistenza alla corrosione.
La saldobrasatura in forno delle singole
lamelle rappresenta sicuramente un
metodo di giunzione, anche se lutilizzo
di materiali di brasatura riduce spesso la
temperatura di esercizio e la resistenza
alla corrosione. In alcuni casi, inoltre, i
canali vengono intasati da alcuni resti
del materiale solidifi-
cato. La saldatura per
diffusione rappresenta
in questo caso unot-
tima soluzione per
produrre utensili con
e l e va t e pr opr i e t
meccaniche.
Saldatura per
diffusione
La saldatura per diffu-
sione viene raggrup-
pata tra i metodi di
saldatura allo stato
solido ed avviene a
temperature omologhe
tra 0,5-0,8. La diffu-
sione dei singoli atomi
oltre la superficie di
c ont a t t o a vvi e ne
secondo la legge di
Fick, per la quale lo
spostamento (x)
direttamente propor-
zionale alla tempera-
tura (T in [K]), al
tempo (t in [s]) ed
inversamente proporzionale (andamento
esponenziale) alla energia di attivazione
[Q in kJ/mol] [1]:
La diffusione pu avvenire in tre modi
(Fig. 5): in superficie, ai bordi di grano o
nel volume.
Lenergia di attivazione ha un valore
massimo nel volume, mentre il minimo
in superficie [2].
Allatto pratico la superficie di contatto
tra i componenti da saldare presenta
ossidi, che possono influenzare la salda-
tura. Sulle due superfici in contatto
agisce una pressione meccanica che pu
avere valori molto diversi da pochi
N/mm
2
fino a 40 N/mm
2
e che dipende
dai materiali utilizzati e dalla finitura
superficiale.
Un modello macroscopico sullanda-
mento del processo di saldatura per diffu-
sione viene presentato in (Fig. 6 [3]).
Lunione pu essere descritta tramite uno
stadio iniziale e tre stadi che si susse-
guono.
Nella fase iniziale vengono a contatto
solo pochi punti sulla superficie, che
presenta una relativa rugosit. Con
aumento della temperatura e grazie alla
presenza di una forza, che agisce inizial-
mente localmente, il materiale si
deforma (scorrimento plastico e viscoso)
e la superficie di contatto aumenta (la
deformazione totale del componente di
circa 2-3%). Proprio in questa fase viene
distrutto lo strato continuo di ossido in
superficie. Una nuova ossidazione della
superficie non pu pi avvenire, visto
che ci si trova in condizioni inerti. La
rugosit delle superfici deve avere un
valore di R
a
pari a 0,3-0,4 m.
In un secondo stadio in cui i due compo-
nenti sono a stretto contatto tra loro, si
assiste a fenomeni diffusivi di diverso
tipo. Dal punto di vista fenomenologico
il volume degli spazi vuoti presenti tra le
superfici viene ridotto, mentre dal punto
di vista metallurgico si hanno diversi
fenomeni che si sovrappongono (Fig. 7
[4]):
Scorrimento plastico nelle zone con
una elevata sollecitazione di pres-
sione meccanica.
Diffusione superficiale (1-3) che
parte dalla superficie degli spazi vuoti
verso la zona di contatto (riduzione
Figura 3 - Esempio di utensile per la
pressofusione.
Raffreddamento
Disegno di
progetto
Slicing Taglio Giunzione Finishing Utensile
Riscaldamento
Figura 4 - Metodologia per la costruzione di utensili con strutture interne.
46 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
della superficie a volume costante)
con una ridistribuzione del materiale.
Diffusione di volume, dallinterno del
componente alla superficie di
contatto (2).
Diffusione ai bordi di grano (4) dalla
zona saldata alla zona di contatto e
riduzione del volume delle zone non
saldate.
Diffusione di volume dallinterfaccia
alla zona di contatto (5).
Scorrimento viscoso (6).
In un ultimo stadio predomina la diffu-
sione per volume, che porta alla ridu-
zione di zone non saldate allinterno dei
singoli grani. Un esempio di giunto
saldato in Ti6Al4V riportato nella
Figura 8.
Per lo sviluppo del processo di saldatura
vengono considerati in linea di massima
tre parametri: tempo, temperatura e pres-
sione meccanica. In particolare secondo
la legge di Fick vale che, per elevate
temperature possibile ridurre il tempo
di saldatura e viceversa.
Nella Figura 9 riportato un microscam-
biatore di calore prodotto tramite salda-
tura per diffusione di lamierini di mate-
riale austenitico 1.4301 (X4CrNi18 9).
In questo caso la saldatura avvenuta a
1050C per una durata di 60 minuti.
In realt nel caso di componenti con
microcanali da 50-100 m devono essere
prese delle precauzioni a tale riguardo.
In effetti per elevate pressioni mecca-
niche, deve essere mantenuta bassa la
temperatura e quindi allungati i tempi,
poich altrimenti si assiste ad una
elevata deformazione delle lamelle e dei
canali. Per basse pressioni, invece, sono
visibili dopo saldatura regioni in cui non
avvenuta la giunzione tra le lamiere.
Nella Figura 10 riportato un simile
comportamento per la saldatura per
diffusione di lamierini da 200m di
acciaio austenitico 1.4301 (X4CrNi18 9)
a 1050C per una durata di 60 minuti.
Nel primo caso in cui stata esercitata
una pressione molto bassa pari a 0,6
N/mm
2
possibile riconoscere zone in
cui non vi una unione tra le lamelle.
Nel caso di una pressione 10 volte
maggiore (6 N/mm
2
) non risultano zone
non saldate, bens una deformazione del
canale.
Una soluzione a questo problema pu
essere presa introducendo gi in fase di
progetto delle superfici dedicate, che
servano da compensazione e che
possano essere deformate senza perdita
delle funzionalit del componente.
Una simulazione viene rappresentata in
Figura 11 a) ed indica, che con lapporto
di superfici di compensazione, la forma
del canale rimane pressoch inalterata.
Il risultato sperimentale riportato in
Figura 11 b) e conferma la modellazione.
Inoltre sono da considerare in maniera
maggiore effetti dovuti alla lavorazione,
Figura 5 - Diversi percorsi di diffusione.
Figura 8 - Giunto saldato per diffusione di
Ti6Al4V.
Figura 6 - Modello macroscopico
sullandamento della diffusione
(secondo [1]).
Figura 7 - Andamento microscopico della
saldatura per diffusione ([4])
Situazione iniziale
Poche zone di contatto a basse temperature
Stadio 1
Aumento della superficie di contatto
con scorrimento plastico
Stadio 2
Riduzione delle zone non saldate e crescita
di grani oltre linterfaccia
Stadio 3
Riduzione delle zone non saldate
47 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
al posizionamento ed alla successione
delle saldature. Proprio linfluenza di
questultima viene descritta in modo
esemplificativo per la struttura della
Figura 12, in cui la trasmissione della
forza (pressione) da lamella a lamella
non avviene in modo uniforme per la
presenza di discontinuit.
Qualora venga eseguita una unica salda-
tura, la mancanza di una continuit di
materiale tra le lamelle risulta come una
non saldatura (Fig. 13 a). In casi come
questi consigliabile suddividere il
componente in sottogruppi e, ad
esempio, effettuare prima la saldatura
dei gruppi 1 e 2, poi la saldatura conclu-
siva (Fig. 13 b).
Un esempio di rapid tooling
Il componente della Figura 14 stato
saldato per diffusione con una batteria di
canali da 100m che si trovano in pros-
simit della superficie. Un test delle
propriet stato effettuato misurando la
variazione della temperatura in super-
ficie sia con termocoppie, che per emis-
sione (termografia).
Il diagramma della Figura 15 mostra la
curva di riscaldamento (con una velocit
di 3,8 K/s) e di raffreddamento (6,5 K/s)
della superficie in funzione della tempe-
ratura del medium refrigerante (in
Figura 11 - a) Modellazione della forma del
canale e b) risultato sperimentale.
Figura 12 - Struttura di prova con canali
nelle lamelle 2 e 3 sfalsati.
Figura 10 - Esempio di ottimizzazione del processo di saldatura.
a)
A
B
senza compensazione con compensazione
Lamella 1
Lamella 2
Lamella 3
Lamella 4
Lamella 3
Lamella 2
Lamella 1
con compensazione
Deformazione del canale
Zone con giunzione difettosa
b)
Figura 9 - Esempio di rapid tooling per uno scambiatore di calore.
48 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
riscaldamento, mentre sono necessari
circa 25 secondi durante il raffredda-
mento (Fig. 16).
Possibilit di
produrre
componenti
fit-for pourpose
La saldatura per
diffusione presenta
ulteriori potenzia-
lit, che possono
essere usate per la
prototipazione di
utensili.
In particolare il fatto
che la giunzione
avvenga allo stato
solido d la possibi-
lit di combinare
diversi materiali tra
loro, senza che si
compongano fasi
intermetalliche.
Le propri et del
rame, che ha una elevata conducibilit
termica e dellacciaio, che porta le carat-
teristiche meccaniche, possono essere
combinate in un unico prodotto (Fig. 17)
senza dovere ricorrere ad una saldatura
per fusione.
Una parte della fase di ottimizzazione
del processo di saldatura riportata nella
Figura 18. La temperatura ottimale di
circa 680C ed il tempo di permanenza
di circa 60 minuti.
Nel caso di materiali in lega leggera
come alluminio e titanio, che non
possono essere saldati per fusione, la
saldatura per diffusione permette di
evitare la formazione di fasi intermetal-
liche (Fig. 19). In questo caso la diffu-
sione dellalluminio avviene in modo
controllato nella zona di miscibilit
dellalluminio nel titanio. Il limite di
miscibilit di ca. 10-at.-% alle tempe-
rature di 500-550 C.
Nella Figura 20 sono riportati due
esempi di saldatura per diffusione tra
alluminio e titanio a 550C per 15 e 45
minuti. La zona di diffusione che si
forma tra 2-3 m di spessore.
Conclusione
La saldatura per diffusione presenta
molteplici aspetti positivi, che possono
essere utilizzati per la produzione di
componenti, che abbiano caratteristiche
meccaniche e termiche pertinenti. Nel
corso dell articolo sono stati descritti
metodologie e strategie per la ottimizza-
zione del processo e per il migliora-
mento delle propriet del componente.
Figura 13 - a) Saldatura unica e b) saldatura modulare.
questo caso acqua con portata tra 5,8 e
13,5 l/min).
La distribuzione della temperatura in
superficie conferma inoltre, che un
campo di temperatura uniforme viene
raggiunto dopo 13 secondi in fase di
Lamella 1
Lamella 2
Lamella 3
a)
Temperaturverlauf Aufheizen
Figura 14 - Esempio di utensile con struttura
integrale.
Aufheizen (T = 73 C, 5,8 l/min)
Aufheizen (T = 68 C, 5,8 l/min)
Aufheizen (T = 67 C, 13,5 l/min)
Temperaturverlauf Khlen
Figura 15 - Andamento della temperatura a) in fase di riscaldamento e b) in fase di raffreddamento in funzione della temperatura del liqudo
refrigerante.
b)
Khlen (T = 18 C, 10,0 l/min)
Khlen (T = 18 C, 10,0 l/min)
Khlen (T = 26 C, 13,5 l/min)
Zeit [s] Zeit [s]
T
e
m
p
e
r
a
t
u
r
[
C
]
T
e
m
p
e
r
a
t
u
r
[
C
]
49 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
In particolare la saldatura per diffusione
permette di ampliare lo spettro di mate-
riali da utilizzare. La giunzione avviene
a temperature al di sotto della tempera-
tura di fusione e senza lutilizzo di mate-
riali dapporto.
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare lAs-
sociazione per la ricerca Deutscher
Verband fr Schweien und verwandte
Verfahren (FV DVS), lAssociazione
per la ricerca industriale (AiF) ed il
Ministero per lIndustria della Repub-
blice Federale Tedesca, che hanno
finanziato le ricerche nellambito di
due progetti di ricerca: Saldatura per
diffusione di utensili per microlavora-
zione (AiF-Nr.:13.772 B, 1.8.2003-
31.7.2005) e Saldatura per diffusione
di giunti misti a base titanio (AiF-
Nr.:13.772 B, 1.9.2006-31.8.2008).
a) riscaldamento
Figura 18 - Diverse prove di saldatura per diffusione di acciaio da utensili con rame.
Acciaio
resistenza allusura
Rame
elevata conducibilit
termica
T = 610 C, t = 30 min T = 680 C, t = 30 min T = 680 C, t = 60 min
Superficie di lavorazione
1.2767 1.2767 1.2767
Cu
irregolarit irregolarit
Cu Cu
b) raffreddamento
Figura 16 - Misura della distribuzione della
temperatura in superficie tramite termografia.
Figura 17 - Esempio di ottimizzazione delle
propriet di utensili tramite material-Mix.
Figura 19 - Diagramma di stato Ti-Al con indicazione della regione di saldatura per
diffusione [5].
Weight percent aluminum
Atomic percent aluminum
T
e
m
p
e
r
a
t
u
r
e
C
50 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Wilden J. et al. - Saldatura per diffusione, un esempio di rapid tooling
Bibliografia
[1] Gnther W.D., Mehlhorn H., Wiesner P.: Diffusionsschweien, VEB Verlag Technik, (1978).
[2] Kazakov N.F.: Diffusion bonding of materials, Pergamon Press, (1985).
[3] Lison R.: Untersuchung der Herstellmglichkeiten und der Eigenschaftendiffusionsgeschweiter bergnge von den Iva, Va,
Via Metallen auf einen austenitischen oder ferritischen rost- und surebestndigen Stahl. Diss., RWTH Aachen, (1982).
[4] Mahoney W.M., Bampton C.: Fundamentals of diffusion bonding, 156-159.
[5] ASM International, Binary alloys.
Johannes WILDEN, laureato in Fisica ha ottenuto il dottorato di
ricerca in Ingegneria dei Materiali presso la RWTH Aachen. Dopo
unesperienza in campo industriale ha fatto ritorno alla ricerca
come ingegnere capo al Lehrstuhl fr Werkstofftechnologie dellU-
niversit di Dortmund, dove ha ottenuto la venia legendi in Tecno-
logie Meccaniche. gi stato docente universitario presso lUniver-
sit di Chemnitz (Germania) prima di diventare ordinario di
Tecnologie Meccaniche presso il Fachgebiet Fertigungstechnik
della Technische Universitt Ilmenau (Germania), di cui il diret-
tore. autore e coautore di pi di 200 pubblicazioni.
Jean Pierre BERGMANN, laureato con lode in Ingegneria Mecca-
nica presso lUniversit di Ancona, dottore di ricerca presso lUni-
versit di Bayreuth International Welding Engineer dal 1999. Fino
al 2003 ha lavorato come ricercatore e poi come capogruppo
Lavorazione di materiali ed ingegnere capo presso il Lehrstuhl
Metalliche Werkstoffe dellUniversit di Bayreuth (Germania). Dal
2003 ingegnere capo e capogruppo Saldatura/riporti superfi-
ciali presso il Fachgebiet Fertigungstechnik della Technische
Universitt Ilmenau (Germania). Si occupa di idoneit alla salda-
tura di materiali leggeri sia con tecniche tradizionali che con tecno-
logie innovative, di saldatura per diffusione e di riporti superficiali
macro con plasma e laser. autore e coautore di pi di 100 pubbli-
cazioni.
Simon JAHN, laureato nel 2003 presso la Technische Universitt
Ilmenau, ricercatore presso il Fachgebiet Fertigungstechnik e
capogruppo lavorazioni per asportazione di truciolo. Si occupa tra
laltro di saldatura per diffusione di materiali metallici, di thermal
spraying cos come di aspetti di nanotecnologia nei processi di giun-
zione. autore e coautore di pi di 20 pubblicazioni.
Marc SAGRAUSKE, laureato nel 2004 presso la Technische Univer-
sitt Ilmenau con una tesi sulla costruzione e produzione di uetnsili
per la pressofusione. stato ricercatore presso il Fachgebiet Ferti-
gungstechnik fino al 2005.
a) b)
Al99,5
Al99,5
Ti2 Zona di diffusione
Zona di diffusione
Ti2
T 550C
t=45 min
Pressione meccanica 6 N/mm
2
T 550C
t=15 min
Pressione meccanica 6 N/mm
2
XMC 4000 un impianto compatto multiprocesso
estremamente flessibile.
Realizzato per garantire prestazioni elevatissime
con tutti i procedimenti: Elettrodo - Tig - Mig -
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raffreddamento integrata, interfaccia semplice
e intuitiva sono solo alcune delle caratteristiche
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Hot Start
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Fan-On-Demand
Cool-On-Demand
Lift-Arc
() Memoria presentata alla Giornata di Formazione e Aggiornamento IIS:
La salute in saldatura - Genova, 26 Ottobre 2006.
* DIMEL, Sezione di Medicina del Lavoro, Universit di Genova.
Sommario / Summary
Agenti fisici (rumore, radiazioni e
microclima) e salute in saldatura
()
F. Traversa *
T. Valente *
N. Debarbieri *
Le attivit di saldatura comportano lesposizione a diversi
agenti fisici che possono avere effetti anche rilevanti sulla
salute dei lavoratori.
Ai fini della prevenzione dei danni alla salute, gli agenti di
maggiore importanza sono il rumore e gli ultrasuoni, le vibra-
zioni, le radiazioni elettromagnetiche (in particolare tutto lo
spettro delle radiazioni non ionizzanti, ed ancora pi in parti-
colare le radiazioni ottiche) ed i fattori microclimatici.
Nel presente lavoro vengono sommariamente trattati gli
effetti biologici degli agenti in questione e le concrete possi-
bilit di esposizione a questi fattori di rischio da parte dei
lavoratori addetti alla saldatura e tecniche collegate.
The welding tasks involve the exposure to various physical
agents who can have important effects on the health of the
workers.
The most important factors to take into account are: noise,
ultrasounds, electromagnetic fields (in particular the whole
spectrum of the not ionizing radiation and above all the
optical radiation), vibrations, and microclima.
In the present job, the biological effects of such agents and
the concrete possibilities of exposure to these risk factors for
the welders and other related workers are briefly analyzed.
Keywords:
Electromagnetic fields; environment; health and safety;
noise; operators; radiation hazards; risk evaluation; vibra-
tion; welding.
53 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
54 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
1. Rumore
I fenomeni acustici appartengono alla
famiglia dei fenomeni oscillatori mecca-
nici ed i parametri che li caratterizzano
sono l a frequenza e l ampi ezza
dellonda.
Le onde di compressione si traducono,
in funzione del tempo t, in una varia-
zione di pressione, p(t), allinterno
della pressione ambiente: lorecchio,
considerato come un sensore differen-
ziale di pressione, capta il termine p(t)
come un microfono.
Le oscillazioni di frequenza compresa fra
20 Hz e 16.000 Hz sono percepibili
dallorecchio umano come suoni: al di
fuori di questo intervallo si hanno rispet-
tivamente gli infrasuoni e gli ultrasuoni.
I suoni possono essere caratterizzati da
oscillazioni di una singola frequenza
(tono puro), o da una mescolanza di
oscillazioni di varia frequenza e intensit.
Lintensit del suono una grandezza
vettoriale ed equivale alla potenza
sonora P (in Watt), trasportata da
unonda di superficie S (in m
2
), pertanto
si misura in Watt/m
2
. Lintensit
proporzionale al quadrato della varia-
zione della pressione atmosferica che
accompagna londa sonora.
La differenza di intensit fra un suono
fortissimo ed un suono debolissimo
molto elevata (un suono fortissimo ha
unintensit pari a milioni di volte quella
di un suono debolissimo, a parit di
frequenza), perci si ritenuto pi
conveniente esprimere lintensit dei
suoni con una scala logaritmica, anzich
con una scala aritmetica. Si ha la
seguente equazione:
Livello di intensit L = 10 log
10
(J/J
0
)
ove J/J
0
rappresenta la variazione di
intensit dal minimo livello percepibile
J
0
(pari a 10
-12
W/m
2
) a quello del suono
in questione J, che accompagna la
trasmissione dellonda sonora. Il livello
di intensit del suono (L) si esprime in
decibel (dB).
I suoni si possono inoltre distinguere in
suoni puri e suoni misti a seconda che
siano o no caratterizzati da una singola
frequenza.
Negli ambienti di lavoro la rumorosit
prodotta dalle varie macchine ed attivit
muta le proprie caratteristiche nello
spazio e nel tempo.
1.1 La valutazione del rischio
Il metodo di misurazione deve consen-
tire lelaborazione del segnale acustico
prodotto dal fenomeno fisico in modo
tale da riprodurre, quanto pi fedelmente
possibile, il comportamento dellorgano
delludito: in pratica si deve attribuire
maggiore peso ai suoni con frequenze
medie piuttosto che a quelle basse o alte
(nel campo delludibile). Pertanto sono
state adottate curve di ponderazione del
segnale corrispondenti alle curve di
isosensazione sonora per i diversi livelli
di intensit e sono state indicate con le
prime lettere dellalfabeto. Da ricerche
effettuate risulta che, nella maggior
parte delle misure di rumore industriale,
gli indici di rischio coincidano con
quelli ricavati dalla sola misura del
livello in dB(A).
Gli effetti della intensit e della durata
della stimolazione sonora sulla fatica
uditiva e sulla sordit sono interdipen-
denti. Si ammette che lentit del deficit
uditivo sia legata al prodotto fra inten-
sit e durata, cio allenergia sonora.
Quantit uguali di energia dovrebbero
produrre perdite uditive uguali. In
termini di valutazione del rischio
dunque utile valutare lenergia sonora
totale ricevuta in un tempo T, che pu
essere uguale alle 8 ore di una giornata
di lavoro. Lenergia totale, rapportata al
tempo T, fornisce il cosiddetto livello
acustico equivalente (L
Aeq,Te
), che
rappresenta il livello globale della pres-
sione acustica ponderata A di un rumore
continuo che darebbe la stessa energia
acustica del rumore a carattere flut-
tuante, tipico dellesposizione professio-
nale.
Vale la seguente equazione approssi-
mata:
L
Aeq,Te
= 10 log (1/T) 10
Li/10
t
i
in cui T = durata totale della misura = t
i
,
L
i
= livello i-esimo in dB(A),
t
i
= durata di esposizione al livello
i-esimo.
Il livello acustico equivalente un primo
importante descrittore dellesposizione a
rumore, ma lindicatore che stabilisce il
rischio il livello di esposizione gior-
naliera al rumore (L
EX,8h
), che defi-
nito dal d. lgs. 195/06 (che ha modificato
il d. lgs. 626/94) come il valore medio,
ponderato in funzione del tempo, dei
livelli di esposizione al rumore per una
giornata lavorativa nominale di otto ore,
definito dalla norma internazionale ISO
1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i
rumori sul lavoro, incluso il rumore
impulsivo. espresso con la seguente
formula:
L
EX,8h
= L
Aeq,Te
+ 10 log (T
e
/8)
in cui T
e
la durata quotidiana delle-
sposizione personale del lavoratore al
rumore in ore.
Per esposizioni variabili anche nei
diversi giorni della settimana, si pu
utilizzare lesposizione settimanale.
Il livello di esposizione giornaliera
corregge il livello acustico equivalente
tenendo conto del tempo di esposizione
giornaliero di ciascun operatore.
Un riferimento generale per la strategia
di misurazione pu essere la norma
UNI 9432, che identifica tre possibili
situazioni.
Se il rumore variabile per tutto il
tempo di esposizione, il tempo di misu-
razione non pu essere inferiore a
quello delleffettiva esposizione. Se
durante le lavorazioni si possono identi-
ficare intervalli di tempo, T
p
, con rumo-
rosit omogenea, si potranno misurare i
livelli equivalenti per intervalli di tempo
T
m
< T
p
, tali da consentire la stabilizza-
zione del dato; il livello di esposizione
giornaliero pu essere quindi calcolato
con la media dei singoli livelli equiva-
lenti per i rispettivi tempi di esposi-
zione, rispetto al tempo totale di esposi-
zione.
Nella valutazione del rischio il d. lgs.
195/06 considera anche la pressione
acustica di picco (p
peak
), definita come
il valore massimo della pressione
acustica istantanea ponderata in
frequenza C.
Nella Tabella I sono riportati i valori
limite per esposizione al rumore previsti
dal d. lgs. 195/06 e gli adempimenti
richiesti al datore di lavoro per il supera-
mento di determinati livelli di esposi-
zione del personale.
55 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
Il datore di lavoro sceglie dispositivi di
protezione individuale delludito che
consentono di eliminare il rischio per
ludito o di ridurlo al minimo, previa
consultazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti. Egli tenuto alla verifica
dellefficacia dei dispositivi di prote-
zione individuale delludito.
Il datore di lavoro tiene conto dellatte-
nuazione prodotta dai dispositivi di
protezione individuale delludito indos-
sati dal lavoratore solo ai fini di valutare
il rispetto dei valori limite di esposi-
zione.
La determinazione dei L
EX,8h
pu essere
tuttaltro che semplice: se lattivit del
lavoratore non legata ad un ciclo lavo-
rativo ben definito e sempre uguale
(caso, ad esempio, dei manutentori, dei
falegnami, dei lavoratori delledilizia o
in generale della cantieristica), non sar
facile o possibile trovare giornate (o
settimane) di lavoro standard. Il fatto
che le prescrizioni di legge siano legate
pi a fasce di rischio che non allo speci-
fico L
EX,8h
, pu essere di aiuto nella
valutazione, ma diventa arduo ottenere
quella precisione di determinazione che
sembra essere il principio ispiratore
della legge stessa.
1.2 Effetti biologici del rumore
Lesposizione ad onde acustiche deve
essere differenziata, per lesame degli
effetti biologici, in due categorie caratte-
rizzate da diversi ambiti di frequenza: il
rumore udibile e gli ultrasuoni.
1.2.1 Rumori e suoni di frequenza
udibile
Le onde sonore che raggiungono il
nostro orecchio vengono successiva-
mente inviate attraverso vie nervose
particolari al cervello, che le elabora in
percezioni uditive.
Possono raggiungere il nostro cervello
solo frequenze comprese tra 20 Hz e
16.000 Hz.
Suoni e rumore di elevata intensit
possono provocare due tipi di danni:
danni allorecchio e quindi alla funzione
uditiva, e danni cosiddetti extrauditivi.
Gli effetti dannosi pi evidenti sono a
carico dellorecchio. A seconda dellin-
tensit e della durata del rumore possono
verificarsi due diverse situazioni:
un rumore molto forte, come une-
splosione, provoca unonda durto
che d luogo a dolore e talvolta addi-
rittura ad una lacerazione del
timpano; inoltre pu danneggiare le
cellule sensoriali con riduzione anche
grave delludito;
un rumore meno forte, ma superiore a
80-85 dB(A), protratto per molto
tempo pu determinare una riduzione
delludito. Questa inizialmente si
manifesta con una ridotta capacit
uditiva temporanea dopo lesposi-
zione a rumore, che regredisce dopo
alcune ore; dopo mesi od anni di
esposizione, la riduzione della capa-
cit uditiva, diventa permanente e
non regredisce neppure se si cessa del
tutto lesposizione. Soggettivamente
compare inizialmente una difficolt
alla percezione dei toni acuti, con
difficolt a comprendere la conversa-
zione soprattutto in presenza di
rumore di fondo, che progressiva-
mente si trasforma in una ridotta
sensibilit uditiva pi globale; si
parla in questi casi di ipoacusia da
rumore.
Il nostro orecchio tollera meglio: i
rumori continui (ad esempio il rumore
emesso da una pompa) rispetto a quelli
impulsivi (ad esempio il rumore emesso
da un martello che batte su una lamiera);
i rumori gravi rispetto a quelli acuti; i
rumori meno intensi.
La riduzione delludito pu trovare
molte altre cause. Essa influenzata in
particolare da malattie dellorecchio
(otiti, otosclerosi, traumi, ecc.), dallet
del soggetto (con laumentare dellet si
ha una riduzione delludito detta
presbiacusia), dalluso di farmaci (strep-
tomicina, alcuni antibiotici, ecc.).
La capacit uditiva di un soggetto pu
essere indagata in modo relativamente
semplice mediante esami diagnostici tra
i quali il pi comune laudiometria
tonale liminare.
Il rumore pu inoltre determinare altri
effetti, detti extrauditivi, tra cui in parti-
colare: alterazioni della frequenza
cardiaca e circolatoria; modificazioni
della pressione arteriosa; aumento delle
resistenze vascolari periferiche; modifi-
cazioni funzionali del sistema nervoso e
neurovegetativo; alterazioni a carico
dellapparato digerente. Questi effetti
sono difficilmente dimostrabili e quanti-
ficabili, e non si ritrovano in tutti i
soggetti esposti; inoltre sono quasi
sempre transitori, cio regrediscono con
il cessare dellesposizione.
Infine, il rumore pu contribuire allau-
mento degli infortuni sul lavoro facendo
diminuire lattenzione e la concentra-
zione degli operatori e la percettibilit
dei segnali acustici.
TABELLA I - Esposizione professionale al rumore ed interventi richiesti.
Esposizione
Intervento
L
EX,8h
p
peak
> 80 dB(A) 135 dB(C)
Valore inferiore di azione. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di
protezione individuale dell'udito.
Informazione dei lavoratori sui rischi e la sua valutazione, sulle misure adottate, sui mezzi indivi-
duali di protezione, sul controllo sanitario (che non obbligatorio, ma su richiesta).
85 dB(A) 137 dB(C)
Valore superiore di azione. Elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative
volte a ridurre l'esposizione al rumore. I luoghi di lavoro sono indicati da appositi segnali e le
aree sono delimitate e l'accesso alle stesse limitato (se tecnicamente possibile e giustificato). Il
datore di lavoro fa tutto il possibile per assicurare che vengano indossati i dispositivi di prote-
zione individuale dell'udito. Sorveglianza sanitaria.
87 dB(A) 140 dB(C)
Valore limite. Il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto
dei valori limite di esposizione e modifica le misure di protezione e di prevenzione.
56 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
Indipendentemente dallesposizione a
rumore, danni allorecchio possono deri-
vare da eventi di tipo infortunistico quali
la penetrazione di schegge nel condotto
uditivo, che in casi rari possono avere
sequele anche gravi, quali la perfora-
zione timpanica, unotorrea cronica o la
paralisi del nervo facciale. Spesso eventi
di questo tipo possono determinare
anche una perdita uditiva.
1.2.2 Ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono onde sonore caratte-
rizzate da frequenze comprese tra i
18-20 ed i 500 kHz. Esse non sono
udibili allorecchio umano poich
mancano nellorgano del Corti (orecchio
interno) i recettori idonei ad essere
stimolati da frequenze cos elevate.
Gli ultrasuoni si distinguono in:
ultrasuoni a bassa frequenza (tra 20 e
100 kHz) usati per scopi industriali;
ultrasuoni a media frequenza (tra 100
kHz e 1 MHz) usati in applicazioni
terapeutiche;
ultrasuoni ad alta frequenza (tra 1 e
10 MHz) impiegati in applicazioni
mediche diagnostiche (ecografia e
velocimetria).
In termini generali, si pu affermare che
gli ultrasuoni possono essere responsa-
bili di danni uditivi, anche se questi sono
di entit minore rispetto a quelli dovuti
al rumore percepibile. Tali danni sono
determinati, pi che dagli ultrasuoni
stessi, dalle componenti subarmoniche
le cui frequenze cadono nel campo
delludibile.
Gli effetti extra-uditivi sono, invece,
superiori rispetto a quelli associati al
rumore udibile. stato osservato che
lavoratori esposti con continuit ad
ultrasuoni di livello pari o superiore a
100-110 dB possono subire alterazioni
del sistema nervoso centrale e periferico,
del sistema cardiovascolare e degli
apparati uditivo e vestibolare. Queste
alterazioni sono analoghe a quelle osser-
vate in lavoratori esposti a rumore
udibile di alta frequenza anche se gli
ultrasuoni hanno un effetto sensibil-
mente pi ridotto sullapparato uditivo,
mentre causano effetti pi pronunciati
sullapparato vestibolare, sulla sensa-
zione del dolore e sulla regolazione della
temperatura corporea. Tali effetti sono
peraltro generalmente transitori e regre-
discono dopo un certo tempo dalla fine
dellesposizione.
Gli indicatori pi significativi dei poten-
ziali danni provocati da ultrasuoni
rimangono gli effetti soggettivi denun-
ciati dai lavoratori esposti: affatica-
mento, cefalea, nausea, sensazione di
oppressione, deambulazione incerta,
vertigini e disturbi del sonno. Tali
sintomi sono, a volte, accompagnati da
una moderata sindrome neurovascolare
alle mani ed alle dita (torpore, cianosi
alle dita).
1.3 Esposizione a rumore nelle attivit
di saldatura
Tra i rischi connessi con le operazioni di
saldatura, sono stati indagati i livelli di
emissione sonora prodotti dai diversi
sistemi per la saldatura.
Lorigine del rumore prodotto durante le
operazioni di saldatura riconducibile:
alla combustione della miscela
gassosa emessa ad alta pressione dal
cannello nella saldatura a fiamma
ossiacetilenica;
allo scoccare dellarco elettrico per le
altre tipologie (saldatura elettrica);
alla fuoriuscita del plasma dallu-
gello, che produce un caratteristico
sibilo, nelle operazioni di saldatura al
plasma.
Anche superiori possono essere le espo-
sizioni derivanti dalle operazioni succes-
sive quali scriccatura, molatura, smeri-
gliatura ecc.
I dati desunti dalle indagini fonome-
triche suggeriscono che tra le tecniche
tradizionali la saldatura a filo continuo
presenta valori di emissione sonora pi
elevati rispetto alle altre.
Elevati livelli di emissione sonora sono
stati rilevati anche quando si ricorre alla
saldatura con fiamma ossacetilenica. Tra
le tecniche pi recenti, la saldatura al
plasma caratterizzata da livelli di
rumorosit piuttosto elevati (intensit
110 dBA, frequenza 24-48 kHz).
Per quanto riguarda lemissione di ultra-
suoni, nelle tecniche tradizionali di
saldatura essa raggiunge livelli solita-
mente modesti, non tali da poter causare
danni alla salute.
Nella saldatura ad ultrasuoni vi sono un
generatore che crea una serie di impulsi
regolari e perfetti fra loro ed un gruppo
vibrante che li trasforma in vibrazioni.
Lutensile che effettua la saldatura
trasmette questa velocissima ed intensa
vibrazione al pezzo in materiale plastico
il quale fonde. Il tempo di saldatura
brevissimo e non vi produzione di
calore. In normali condizioni operative
lesposizione delloperatore agli ultra-
suoni , anche in questo caso, trascura-
bile.
Gli ultrasuoni sono utilizzati anche nelle
attivit di verifica delle saldature (ultra-
sonografia); i livelli di esposizione
delloperatore sono molto contenuti.
2. Vibrazioni
Lesposizione a vibrazioni meccaniche
pu rappresentare un fattore di rischio
rilevante per i lavoratori esposti. Da un
punto di vista igienistico, si differenzia
in:
esposizione del sistema mano-
braccio, indicata con acronimo
inglese HAV (Hand-Arm Vibration).
Si riscontra in lavorazioni in cui si
impugnino utensili vibranti o mate-
riali sottoposti a vibrazioni o impatti.
Lesposizione a vibrazioni al sistema
mano-braccio generalmente causata
dal contatto delle mani con limpu-
gnatura di utensili manuali o di
macchinari condotti a mano;
esposizione del corpo intero, indicata
con acronimo inglese WBV (Whole
Body Vibration). Si riscontra in lavo-
razioni a bordo di mezzi di movimen-
tazione usati in industria ed agricol-
tura, mezzi di trasporto e in generale
macchinari industriali vibranti che
trasmettano vibrazioni al corpo intero.
Tale esposizione pu comportare
rischi di lombalgie e microtraumi del
rachide per i lavoratori esposti.
Le misure quindi dovranno essere svolte
in modo diverso nei due casi ed i valori
limite vengono stabiliti per entrambe le
tipologie. In tutti i casi la misurazione
deve avvenire lungo tre assi ortogonali,
poich la vibrazione una quantit
vettoriale. Nel caso di esposizioni varia-
bili nel tempo, dovr essere effettuata
una integrazione lineare (come abbiamo
gi visto per il rumore).
Lindicatore di esposizione imposto
dal Decreto Legislativo 19 Agosto 2005,
n. 187, fa riferimento agli standard
ISO 5349-1 ed rappresentato dallac-
celerazione equivalente ponderata in
frequenza di vibrazioni riferita a 8 ore di
lavoro, A(8), calcolato come radice
quadrata della somma dei quadrati dei
valori medi delle accelerazioni ponde-
57 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
rate in frequenza, ed espresso in m/s
2
.
Nella Tabella II sono riportate le soglie
giornaliere indicate dal citato decreto, il
cui superamento comporta la predisposi-
zione di interventi preventivi (azione) ed
i valori limite giornalieri di esposizione.
2.1 Effetti biologici delle vibrazioni
Le vibrazioni condotte al sistema mano-
braccio possono indurre un insieme di
disturbi neurologici e circolatori alle dita
delle mani e lesioni osteoarticolari a
carico degli arti superiori, oggi definito
con termine unitario Sindrome da
vibrazioni mano-braccio.
Il fenomeno patologico pi tipico delle
esposizioni importanti del passato la
cosiddetta angioneurosi da strumenti
vibranti, che una forma di sindrome di
Raynaud, caratterizzata da un blocco
temporaneo della circolazione periferica
dopo esposizione a vibrazioni od al
freddo.
Le vibrazioni al corpo intero possono
comportare rischi di lombalgie e micro-
traumi del rachide per i lavoratori
esposti, fino a manifestazioni quali la
spondiloartrosi, le discopatie e lernia
del disco.
2.2 Esposizione a vibrazioni nelle
attivit di saldatura
Nelle attivit di saldatura lesposizione
a vibrazioni al corpo intero gene-
ralmente trascurabile, e comunque
non dipendente dallattivit di saldatura
in s.
Vibrazioni al sistema mano-braccio
possono essere presenti invece soprat-
tutto nelle attivit complementari alla
saldatura: scriccatura, molatura e simili.
3. Radiazioni
Lo spettro delle radiazioni molto
ampio e devono essere prese in conside-
razione tutte le radiazioni elettromagne-
tiche, compresi i campi statici. I campi
elettromagnetici (CEM; nella sigla
inglese EMF, electro-magnetic fields)
possono facilmente essere distinti, in
termini qualitativi, in base alla frequenza
di oscillazione dellonda elettromagne-
tica, misurata in Hertz (Hz).
Dal punto di vista della protezione della
salute, i campi elettromagnetici di
frequenza inferiore ai 300 GHz,
compresi i campi statici, sono definiti
complessivamente come radiazioni non
ionizzanti (NIR, Non Ionizing Radia-
tion) in quanto, a differenza dei campi a
pi elevata frequenza ed energia (raggi
X, raggi gamma ecc.), non sono in grado
di produrre ionizzazioni primarie negli
organismi viventi. Pertanto gli effetti
sulla salute che devono attendersi da
questi agenti fisici sono complessiva-
mente di minore gravit.
Nelle attivit di saldatura, mentre
possono essere presenti esposizioni a
campi elettromagnetici NIR di vario
tipo, non sono dimostrabili esposizioni a
radiazioni ionizzanti diverse da quelle
della popolazione generale (che
comunque esposta al cosiddetto fondo
naturale), con la sola eccezione di
alcune tecniche particolari (ad es. la
saldatura a fascio elettronico, che pu
esporre il lavoratore a raggi X).
Pertanto gli effetti delle radiazioni ioniz-
zanti non verranno ulteriormente consi-
derati.
In relazione ai diversi tipi di effetto sui
tessuti biologici, le NIR sono grossola-
namente suddivise in gruppi caratteriz-
zati da intervalli di frequenza (o di
lunghezza donda) come riportati di
seguito:
TABELLA II - Livelli di azione giornalieri e valori limite per l'esposizione a
vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio ed al corpo intero.
Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio
Livello dazione giornaliero di esposizione
A(8) = 2,5 m/s
2
Valore limite giornaliero di esposizione
A(8) = 5 m/s
2
Vibrazioni trasmesse al corpo intero
Livello dazione giornaliero di esposizione
A(8) = 0,5 m/s
2
Valore limite giornaliero di esposizione
A(8) = 1,15 m/s
2
Campi elettrici e magnetici statici e quasi statici 0-1 Hz
Frequenze estremamente basse (Extremely Low Frequency, ELF) fino a 300 Hz
Frequenze molto basse (Very Low Frequency,VLF) 300 Hz-30kHz
Basse frequenze (Low Frequency, LF) 30 kHz-300 kHz
Radio frequenze (Radio Frequency, RF) 300 kHz-300MHz (0,3 GHz)
Microonde (Micro Waves, MW) 0,3-300 GHz
Infrarosso (Infrared, IR) 300 GHz -375 THz
Visibile (Visibile, VIS) 375-750 THz
Ultravioletto (Ultraviolet, UV) 750-3104 THz
Ne descriveremo brevemente gli effetti
biologici.
3.1 Effetti biologici delle radiazioni
non ionizzanti
3.1.1 Campi elettrici statici
I campi elettrici e magnetici statici sono
presenti in applicazioni industriali e
mediche speciali. In generale leffetto
prevalente sullorganismo linduzione
di cariche e correnti elettriche; gli effetti
nocivi si manifestano solo ad intensit
molto elevate. Tra questi, i campi elet-
trici sono di scarsa rilevanza sanitaria.
Sono generati da una distribuzione fissa
di cariche elettriche, e vengono impie-
gati nei sistemi di trasmissione di
energia elettrica e di alimentazione di
treni in corrente continua. Non hanno
applicazioni che risultino significative ai
fini dellesposizione: infatti non
vengono assorbiti dal corpo umano,
sono schermabili facilmente da materiali
quali legno, metallo, edifici, ecc.
In presenza di campi elettrici statici si
possono manifestare vibrazioni nei peli
cutanei e, per campi elevati in vicinanza
delle sorgenti, si possono creare scariche
elettriche. Esistono pochi studi in
materia, con scarsa evidenza di nocivit
tranne che per le scariche elettriche
dovute a forti campi. Non sono ipotizzati
effetti a lungo termine.
3.1.2 Campi magnetici statici
Sono generati da una distribuzione di
cariche in movimento (corrente). Si
trovano presso i potenti magneti utiliz-
zati ad esempio in medicina (risonanza
magnetica), presso impianti elettrochi-
mici, nei trasporti elettrificati in corrente
continua (treni, tram, veicoli della
metropolitana). Si possono realizzare
esposizioni anche di alta intensit.
bili errori del codice genetico. Tali
effetti peraltro non hanno avuto suffi-
cienti conferme sperimentali.
Non sono dimostrati danni al feto per
esposizioni a campi di induzione magne-
tica fino ad 1 T, e nellanimale da esperi-
mento non sono evidenziabili effetti
significativi su molti parametri fisiolo-
gici, comportamentali e di sviluppo,
valutati a densit di flusso magnetico
statico fino a 2 T.
Alcuni dati della letteratura riguardanti
gli effetti di tipo graduato riferiti da
lavoratori esposti a campi magnetici
statici sono: malessere soggettivo, bradi-
cardia, tachicardia, prurito, senso di
scottatura, sensazione gustativa con i
movimenti della testa, sensazione dolo-
rosa in denti con otturazione con i movi-
menti della testa, breve freddo intenso,
dolori ossei e formicolio a carico delle
mani.
3.1.3 Campi elettrici e magnetici a
frequenze estremamente basse e
molto basse (ELF e VLF fino a
30 kHz)
Gli effetti sono simili a quelli dei campi
statici.
In questo intervallo si colloca la
frequenza industriale di 50 Hz (60 Hz
solo in USA) a cui funziona la rete elet-
trica nazionale. Particolare attenzione va
posta alle esposizioni degli addetti alle
attivit manutentive di linee elettriche ad
alta tensione (intensi campi elettrici) e di
linee elettriche attive (intensi campi
magnetici); inoltre le sorgenti pi nume-
rose si trovano nellambiente domestico,
industriale, artigianale, nei cantieri edili,
negli ambienti commerciale, scolastico,
ospedaliero, nel comparto dei trasporti,
negli impianti di produzione, trasmissione
e distribuzione dellenergia elettrica.
Nellintervallo 3-30 kHz si collocano le
trasmissioni marittime e i videoterminali
(VDT) (Tab. III).
Gli effetti biologici a breve termine
inducibili dalle ELF sono correlabili alla
induzione di correnti elettriche nellor-
ganismo ed in particolare al trasferi-
mento di ioni potassio, sodio e calcio
attraverso le membrane cellulari, che si
manifestano per esposizioni elevate.
Studi epidemiologici ben controllati
sullo stato di salute in generale dei lavo-
ratori addetti a linee e sottostazioni elet-
triche non hanno rilevato alcuna diffe-
renza statisticamente significativa tra
gruppi di esposti e gruppi di controllo.
Gli studi epidemiologici sui potenziali
effetti oncogeni forniscono risultati
contrastanti che non consentono valuta-
zioni definitive. Da un esame dei dati
sperimentali e dagli studi sulluomo non
emerso alcun danno sanitario conse-
guente a esposizioni di breve durata a
campi di intensit fino a 20 kV/m.
3.1.4 Campi elettrici e magnetici a
bassa frequenza (LF 30-300 kHz)
Tra 10 e 80 kHz troviamo le frequenze
di televisori, di forni ad induzione con
potenze medie di circa 500 kW; si gene-
rano intense correnti indotte e quindi le
esposizioni possono essere significative.
Funzionano intorno a qualche centinaio
di kHz i dispositivi per il controllo di
presenza di persone allinterno di uffici
per rilevazione degli orari di lavoro o per
sistemi antiintrusione e rapina mediante
varchi magnetici (nelle banche, nei
supermercati). Questi campi hanno
rilievo per le persone esposte in quanto
determinano nei tessuti biologici indu-
zione di cariche e correnti elettriche. Il
corpo umano presenta buona scherma-
tura rispetto al campo elettrico esterno.
58 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
I campi attraversano il corpo umano di
fatto senza essere attenuati; sono difficil-
mente schermabili. Ad intensit elevate,
superiori ai valori ambientali tipici, si
manifestano alterazioni del flusso
ematico o modificazioni dei normali
impulsi nervosi. Molti studi sono
presenti in letteratura sulle esposizioni
acute, pochi o nulli sono quelli da espo-
sizioni prolungate.
Gli effetti biologici sono riconducibili a
tre gruppi principali:
a) Effetti definiti sensory group,
correlabili ad una magnetorecezione
sensoriale, anche per campi con
intensit dellordine di quello geoma-
gnetico (regolano la navigazione
degli uccelli migratori, il senso dire-
zionale degli insetti, e anche la reatti-
vit di tipo radioestesico).
b) Effetti definiti stress group, suddi-
visibili in effetti ematologici (leuco-
penia, orientamento macromoleco-
lare su emazie falciformi per campi
verticali di 350-420 mT), effetti sul
sistema nervoso centrale (fenomeno
dei magnetofosfeni, da stimolazione
della retina da parte di correnti
indotte, e da alterazioni dellattivit
bioelettrica cerebrale per campi di
alte intensit), ritardo nella guari-
gione delle ferite e nella rigenera-
zione dei tessuti, abbassamento della
temperatura corporea, ritardo dellac-
crescimento, scomparsa del ciclo
estrale, riassorbimento dellembrione
nellutero, riduzione della respira-
zione tissutale, alterazioni epatiche
(sempre per campi di intensit di
decine di Tesla).
c) Effetti di tipo genetic code group,
ipotizzati come meccanismi perturba-
tivi del tunneling dei protoni durante
la duplicazione del DNA, con possi-
TABELLA III
Sorgente Livelli di esposizione Note
Fondo ELF in aree urbane 1-100 V/m 0,1 T permanente
Linee elettriche di trasmissione 1-10 kV/m 1-30 T al di sotto della linea
Fondo ELF indoor (imp. elettrici) 1-30 V/m ~0,1 T permanente
Elettrodomestici 10-250 V/m50-150 V/m 0,01-5 mT 0,1-1 T a 30 cm di distanza
Coperte elettriche 250-1000 V/m 1-5 T
Televisori 1-10 V/m 0,01-0,2 T
Altiforni e fonderie 100 T-10 mT permanente
Videoterminali 1-10 V/m 0,01-0,1 T posizione operatore
59 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
Ad intensit elevate si possono avere
vibrazioni dei peli cutanei. Riguardo al
campo magnetico, che lagente inqui-
nante prevalente, questo penetra facil-
mente nei tessuti senza ridursi e pu
determinare correnti elettriche circolanti
anche intense.
3.1.5 Radiofrequenze (RF) e
microonde (MW)
Sono di particolare interesse per lespo-
sizione delle persone: possono produrre
nei tessuti correnti indotte e riscalda-
mento secondo varie modalit, in rela-
zione alla frequenza.
a) Campi RF a frequenza inferiore a
3 MHz: le sorgenti radianti sono
sfruttate nel settore industriale per
saldatura, fusione con riscaldamento
di tipo induttivo, sterilizzazione,
tempera e nel settore delle telecomu-
nicazioni come emissioni radio AM e
amatoriali, radionavigazione. Indu-
cono cariche e correnti elettriche che
possono stimolare nervi e muscoli.
b) Campi RF e MW a frequenza supe-
riore a 3 MHz: tra 3 e 30 MHz sono
impiegati per riscaldamento, essicca-
mento, saldatura, polimerizzazione,
sterilizzazione di sostanze dielet-
triche, per impieghi medici, emissioni
radio internazionali e amatoriali citta-
dine come citizen band e walkie-
talkie con potenze massime di 5 W,
emissioni in radio-astronomia; tra 30
e 300 MHz troviamo applicazioni
industriali quali riscaldamento capa-
citivo o dielettrico per incollare legno
o plastiche, essiccare, vulcanizzare,
con potenze fino a 200 kW, emissioni
radio FM e TV-VHF, controllo del
traffico aereo, radar; tra 300 Mhz e
3 GHz troviamo radar meteorologici,
ponti radio fissi e mobili con potenze
della decina di watt, radar per
controllo del traffico stradale, telefoni
cellulari con frequenze di 900-1800
MHz, emissioni televisive, processi
sfruttati nellindustria alimentare,
forni a microonde da 900 a 2450
MHz con potenze fino a 600 kW,
applicazioni in medicina; tra 3 e 30
GHz si incontrano altimetri, radar per
navigazione marittima e aerea, comu-
nicazioni via satellite, telefonia
pubblica con ponti radio a
microonde, telerilevamento per veri-
fica del rispetto dei limiti di velocit
sulle strade per mezzo di radar
doppler e per cont r ol l o aut oma-
t i co del passaggio di veicoli in
ingresso e uscita dai caselli autostra-
dali; tra 30 e 300 GHz gli impieghi
riguardano la radiometeorologia, la
radioastronomia, la spettroscopia a
microonde. Infine in campo sanitario
i campi elettromagnetici sono impie-
gati a scopi diagnostici, con scarso
utilizzo, e terapeutici sia alle
frequenze pi basse che a quelle alte
(20 kHz- 2450 MHz, 10 GHz) per
ipertermia, marconiterapia e radarte-
rapia. Tali applicazioni sfruttano le
propriet dei campi elettromagnetici
di produrre riscaldamento nei tessuti.
Inoltre le microonde sono utilizzate
in chirurgia per la sterilizzazione e
per il trattamento del sangue.
Linterazione tra radiofrequenze o
microonde e materia vivente pu
comportare alterazioni della struttura
biologica delle cellule e nei diversi
organi e apparati in funzione del tipo di
radiazione incidente, della esposizione
(modalit e durata) e delle caratteristiche
delle diverse matrici biologiche. Essen-
zialmente si possono verificare indu-
zioni di dipoli, rotazioni di molecole
polari, oscillazioni di cariche libere, in
funzione del contenuto di liquidi intra ed
extracellulare, di molecole polari, di
acqua e di cariche elettriche con varia-
bile distribuzione spaziale.
In tali intervalli di frequenze la penetra-
zione nel tessuto si riduce con laumento
della frequenza: sopra 10 GHz il corpo
umano presenta buone propriet isolanti
e lassorbimento riguarda prevalente-
mente la superficie della pelle. Si mani-
festa per lo pi riscaldamento nei tessuti
esposti dovuto allenergia trasportata
dallonda che viene depositata nei
tessuti e ne aumenta la temperatura.
Gli studi epidemiologici sulluomo
hanno rilevato effetti che possono essere
schematicamente divisi in:
a) effetti acuti di natura termica. Sono
dovuti ad un innalzamento misurabile
della temperatura allinterno dellor-
ganismo umano. Per bassi livelli di
esposizione le capacit di termorego-
lazione riportano il sistema nella
condizione termica iniziale. Ad espo-
sizioni intense e durature, con asso-
ciato aumento di temperatura supe-
riore a 1 C. si possono manifestare
effetti anche molto gravi soprattutto a
carico degli organi poco vascolariz-
zati (cristallino dellocchio, testicoli)
ove la dispersione del calore pi
difficile essendo scarso il contenuto
dacqua (che favorirebbe la disper-
sione del calore). Per il verificarsi di
danni di questo genere sono neces-
sarie esposizioni e dosi rilevanti agli
organi bersaglio (densit di potenza
di almeno 500-600 W/m
2
) per tempi
di esposizione piuttosto prolungati;
b) effetti cronici per bassi livelli di espo-
sizione, definiti anche non termici.
Sarebbero attribuibili ad alterazioni
biologiche, a modificazioni trans-
itorie di propriet elettriche e magne-
tiche delle molecole e delle cellule
senza una chiara e dimostrabile mani-
festazione di effetti sul piano biolo-
gico. Questi effetti sono stati descritti
per il passato da autori dellarea
europea orientale in alcune categorie
di lavoratori addetti ai radar e alle
radio e telecomunicazioni, e riguar-
derebbero, per esposizioni prolungate
nel tempo (molti anni) ad intensit di
campo elettrico di qualche decina di
volt per metro, il sistema nervoso
centrale, il sistema neurovegetativo e
il sistema cardiocircolatorio. Gli studi
riportano danni quali astenia, affati-
camento e perdita di memoria fino
allinduzione di tumori per campi
troppo bassi per produrre riscalda-
mento (<1C) e per esposizioni
prolungate, ma di tali effetti non
esistono finora prove certe.
Per questi effetti, come per quelli ipotiz-
zati di tipo tumorale, quelli condizionati
dalla presenza di ipersuscettibilit indi-
viduale e quelli connessi con la salute
riproduttiva, al momento attuale non si
registrano dal punto di vista scientifico
n una sufficiente evidenza n un diffuso
consenso.
3.1.6 Radiazione infrarossa (IR)
associata a tutte le attivit in cui si
impiegano sorgenti di calore elevato
(fonderie, laboratori del vetro, ecc.);
essendo maggiormente energetica delle
RF, espone a rischi di danno al cristal-
lino e alla cornea, oltre che al rischio di
bruciature generiche ed eritemi da vaso-
dilatazione.
In particolare, una potenziale patologia
legata allesposizione a radiazioni infra-
rosse quella che va sotto il nome di
cataratta da radiazione: una opacit
localizzata al polo posteriore del cristal-
pi rilevanti che si possono manifestare
sono la fotocheratocongiuntivite, lopa-
cit del cristallino fino alla cataratta e il
danno retinico.
Relativamente alla cute possono presen-
tarsi il fotoinvecchiamento, leritema, le
reazioni fototossiche e fotoallergiche, la
pigmentazione e i tumori cutanei.
Per quanto riguarda questi ultimi va
infatti ricordato che alla radiazione UV
viene riconosciuta la capacit di produrre
direttamente lesioni al DNA e quindi il
ruolo di agente induttore della cancero-
genesi. Basaliomi e spinaliomi si manife-
stano nelle zone cutanee pi esposte e
sono stati sperimentalmente prodotti
sugli animali; ma soprattutto il mela-
noma cutaneo che per la sua gravit va
tenuto particolarmente presente nella
sorveglianza medica. Ricerche condotte
in Australia ed in Israele mostrano infatti
correlazioni tra incidenza di melanoma
ed esposizione a radiazioni UV, special-
mente in conseguenza di esposizioni
intense cui conseguano eritema e flittene.
3.1.9 Luce laser
La durata dellimpulso condiziona gli
effetti fotobiologici indotti. Per esposi-
zioni alla luce laser dellordine dei nano-
secondi sar prevalente leffetto termoa-
custico, mentre per esposizioni intermedie
(da 100 millisecondi ad alcuni secondi) o
prolungate (oltre i 100 secondi) saranno
prevalenti rispettivamente leffetto
termico e quello fotochimico.
Leffetto termoacustico prodotto
quando lenergia laser incidente di tipo
pulsato produce, attraverso lespansione
termica, onde di pressione (transienti
acustici) che possono dislocare e
danneggiare a distanza i tessuti. Leffetto
termico determina principalmente una
denaturazione delle proteine attraverso
lassorbimento del calore. Leffetto foto-
chimico produce attivazione molecolare
mediante la cattura di quanti di energia.
Anche per i laser gli organi bersaglio
sono locchio e la cute. Nel primo caso il
tipo di effetto dipende dalla lunghezza
donda. Le radiazioni di tipo visibile e
infrarosso raggiungono e ledono retina e
coroide; quelle della regione ultravio-
letta e del lontano infrarosso vengono
assorbite dalla cornea, dalliride e dal
cristallino, e determinano fotocheratiti e
opacit del cristallino. Gli effetti sulla
pelle variano dalla lieve iperemia a vari
livelli di ustione.
Accanto ai rischi propri della luce laser,
definibili come primari, debbono essere
considerati ulteriori rischi di vario tipo,
definibili come associati, e pi precisa-
mente:
a) contaminazione ambientale da mate-
riale bersaglio vaporizzato da opera-
zioni di taglio e perforatura, da
dispersione in aria di frammenti di
tessuti biologici, da gas di sistemi
laser flussati, da vapori di criogenici,
da coloranti, da policlorodifenili;
b) radiazioni ottiche collaterali (U.V. o
I.R. emessi da tubi del flash, da tubi
di scarica dei laser in continua, da
sorgenti di pompaggio ottico);
c) elettricit (specie dai laser ad alto
voltaggio);
d) radiazioni ionizzanti (emissioni di
raggi X da tubi elettronici con
voltaggi maggiori di 5 kV);
e) refrigeranti criogenici (ustioni da
freddo, esplosione, incendio, asfissia,
intossicazioni);
f) rumore (condensatori di laser pulsati
di potenza elevata).
3.2 Normativa sulle radiazioni non
ionizzanti
LItalia non ha ancora recepito le diret-
tive emanate dallUnione Europea sulle
radiazioni non ionizzanti, in quanto sono
molto recenti ed il nostro Paese si deve
adeguare nei prossimi due anni.
La Direttiva 29 Aprile 2004 n. 40
(2004/40/CE) detta le prescrizioni minime
di protezione dei lavoratori contro i rischi
per la salute e la sicurezza che possono
derivare dallesposizione ai campi elettro-
magnetici da 0 Hz a 300 GHz.
Tralasciando tutte le disposizioni parti-
colari (per le quali opportuno attendere
il testo di legge) esaminiamo solo i
valori limite di esposizione ed i valori di
azione, per i quali riteniamo che il nostro
legislatore non apporter significative
variazioni al testo della direttiva.
Per specificare i valori limite di esposi-
zione relativi ai campi elettromagnetici,
a seconda della frequenza, sono utiliz-
zate le seguenti grandezze fisiche:
sono definiti valori limite di esposi-
zione per la densit di corrente per i
campi variabili nel tempo fino a 1 Hz,
al fine di prevenire effetti sul sistema
cardiovascolare e sul sistema nervoso
centrale,
fra 1 Hz e 10 MHz sono definiti
valori limite di esposizione per la
60 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
lino, legata allinnalzamento della
temperatura. Lesposizione della cute
alle radiazioni nella regione dellinfra-
rosso pu produrre lesioni cutanee
(ustioni), superficiali o profonde, la cui
gravit sar in rapporto, oltre che alle-
nergia calorica incidente, al grado di
pigmentazione e allefficienza dei feno-
meni locali di termoregolazione.
3.1.7 Visibile (VIS)
Secondo la teoria ondulatoria, lenergia
radiante si propaga sotto forma di onde
elettromagnetiche che si caratterizzano
per la loro frequenza. Secondo la teoria
corpuscolare la luce, sotto forma di
piccoli pacchetti di energia chiamati
fotoni, colpisce la retina e provoca una
sensazione luminosa se viene assorbita
in quantit sufficiente. La sensazione
luminosa proporzionale al numero di
fotoni che sono assorbiti dalla retina e
dalla selettivit dei recettori retinici che
mostrano diverse sensibilit alle diverse
lunghezze donda.
Il danno retinico derivante dalla visione
di una sorgente intensa di luce pu
essere indotto da un meccanismo
termico o fotochimico: il primo prevale
nelle esposizioni di breve durata, il
secondo predomina nelle esposizioni pi
lunghe. Le radiazioni ottiche apparte-
nenti alla porzione blu della regione del
visibile risultano essere le pi efficaci
per i disturbi retinici di natura fotochi-
mica (fotoretinite con piccoli addensa-
menti di pigmento o melanomata,
discromie a carico della macula).
Per quanto riguarda lesposizione della
cute alle radiazioni nella regione del
visibile, non sono descritte alterazioni
patologiche di rilievo.
Notevoli rischi possono essere associati
alluso di apparecchiature laser con
possibili danni alla retina, dei quali sar
detto poco oltre.
3.1.8 Radiazione ultravioletta (UV)
Interessa ancora prevalentemente le
strutture dellocchio e pu produrre alte-
razioni della pelle ai lavoratori impiegati
ad esempio in attivit di saldatura.
Come per le radiazioni ionizzanti, anche
per lultravioletto possiamo distinguere
danni di tipo deterministico, acuti e
cronici, e di tipo stocastico (tumori). Gli
organi bersaglio sono rappresentati dalla
cute e dagli occhi.
Per quanto riguarda locchio gli effetti
61 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
densit di corrente, in modo da preve-
nire effetti sulle funzioni del sistema
nervoso,
fra 100 kHz e 10 GHz sono definiti
valori limite di esposizione per il SAR
(tasso di assorbimento specifico di
energia), in modo da prevenire stress
termico sul corpo intero ed eccessivo
riscaldamento localizzato dei tessuti.
Nellintervallo di frequenza compreso
fra 100 kHz e 10 MHz, i valori limite
di esposizione previsti si riferiscono
sia alla densit di corrente che al SAR,
fra 10 GHz e 300 GHz sono definiti
valori limite di esposizione per la
densit di potenza al fine di prevenire
leccessivo riscaldamento dei tessuti
della superficie del corpo o in prossi-
mit di essa.
TABELLA IV - Valori limite di esposizione. Tutte le condizioni sono da rispettare (f = frequenza in Hz).
Intervallo di
frequenza
Densit di corrente
per capo e tronco J
(mA/m
2
) (rms)
SAR mediato
sul corpo intero
(W/kg)
SAR localizz.
(capo e tronco)
(W/kg)
SAR localizz.
(arti)
(W/kg)
Densit di
potenza
(W/m
2
)
Fino a 1 Hz 40 - - - -
1-4 Hz 40/f - - - -
4-1000 Hz 10 - - - -
1000 Hz-100 kHz f/100 - - - -
100 Hz-10 MHz f/100 0,4 10 20 -
10 MHz-10 GHz - 0,4 10 20 -
10-300 GHz - - - - 50
TABELLA V - Valori di azione (valori efficaci r.m.s. imperturbati - f = frequenza, espressa nelle unit indicate nella colonna
relativa allintervallo di frequenza)
Intervallo
di
frequenza
Intensit
di campo
elettrico
E (V/m)
Intensit
di campo
magnetico
H (A/m)
Induzione
magnetica
B (T)
Densit di potenza
di onda piana
equivalente
S
eq
(W/m
2
)
Corrente
di contatto,
IC (mA)
Corrente indotta
attraverso
gli arti,
I
L
(mA)
0 - 1 Hz - 1,63x10
5
2x10
5
- 1,0 -
1 - 8 Hz 20000 1,63x10
5
/f
5
2x10
5
/f
2
- 1,0 -
8 - 25 Hz 20000 2x10
4
/f 2,5x10
4
/f - 1,0 -
0,025 - 0,82 kHz 500/f 20/f 25/f - 1,0 -
0,82 - 2,5 kHz 610 24,4 30,7 - 1,0 -
2,5 - 65 kHz 610 24,4 40,7 - 0,4 f -
65 - 100 kHz 610 1600/f 2000/f - 0,4 f -
0,1 - 1 MHz 610 1,6/f 2/f - 40 -
1 - 10 MHz 610/f 1,6/f 2/f - 40 -
10 - 110 MHz 61 0,16 0,2 10 40 100
110 - 400 MHz 61 0,16 0,2 10 - -
400 - 2000 MHz 3f
1/2
0,008f
1/2
0,01f
1/2
f/40 - -
2 - 300 GHz 137 0,36 0,45 50 - -
I valori di azione di cui alla Tabella IV
sono ottenuti a partire dai valori limite di
esposizione secondo le basi razionali
utilizzate dalla Commissione internazio-
nale per la protezione dalle radiazioni non
ionizzanti nelle linee guida ICNIRP 7/99.
La Direttiva 27 Aprile 2006 n. 25
(2006/25/CE) detta le prescrizioni
minime di sicurezza e di salute relative
allesposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti da radiazioni ottiche artificiali.
In questo caso, oltre a tralasciare le
disposizioni particolari, non esporremo
pure i valori limite, in quanto, per le
sorgenti naturali di radiazioni ottiche,
sono riportati nella norma ben 15 valori
limite differenti in relazione a ristretti
ambiti spettrali ed una gamma ancora
pi vasta per lesposizione per le radia-
zioni laser. Si tratta di un sistema valuta-
tivo complesso ed articolato che richie-
der parecchia cura e dotazioni strumen-
tali adeguate.
3.3 Esposizione a radiazioni non ioniz-
zanti nellattivit di saldatura
La fiamma ossiacetilenica ed in misura
ancora maggiore larco voltaico, oltre al
calore necessario a determinare la
fusione dei lembi del materiale da
saldare, producono una radiazione ottica
costituita da:
radiazione infrarossa;
radiazione visibile;
radiazione ultravioletta.
Le radiazioni ultraviolette, le pi energe-
tiche tra le radiazioni non ionizzanti e
quindi le pi pericolose, sono assorbite
pigmentazione cutanea, zone di atrofia,
accelerazione dellinvecchiamento
cutaneo ed possibile riscontrare un
aumento della quantit di colesterolo
nelle cellule basali dellepidermide.
Questi fattori rappresentano probabil-
mente delle condizioni che favorireb-
bero lo sviluppo del cancro cutaneo.
Unesposizione cronica a raggi UV
anche responsabile di infiammazioni
alla cornea e danni al cristallino; il
cristallino , infatti, un forte assorbitore
di lunghezze donda comprese tra 400 e
350 nm. Questo fenomeno suggerisce
che gli UVA possano contribuire alla
formazione di certi tipi di cataratta.
4. Microclima
4.1 Benessere termico e stress termico
Il benessere termico rappresentato da
quelle condizioni in cui lorganismo
riesce a mantenere lequilibrio termico
senza lintervento del sistema di termo-
regolazione propria.
Lo stress termico definito dalle condi-
zioni microclimatiche che richiedono
lintervento del sistema di termoregola-
zione al fine di mantenere lequilibrio
termico del corpo.
Per valutare se i lavoratori sono sotto-
posti a stress termico ed in via subordi-
nata se operano in uno stato di benessere
termico, possibile caratterizzare e
misurare i parametri che costituiscono il
microclima di un ambiente di lavoro.
Lo stress termico al quale sottoposto
un lavoratore, che opera in ambiente
caldo, funzione della produzione di
energia termica allinterno del corpo,
delle caratteristiche microclimatiche
dellambiente circostante e dellabbi-
gliamento. Il carico termico interno il
risultato del metabolismo collegato
allattivit fisica.
Quanto sopra detto espresso matemati-
camente dalla seguente equazione di
bilancio termico:
B=MCR-E
dove:
M= calore metabolico prodotto
dallorganismo
C = calore scambiato per convezione
R = calore scambiato per irraggia-
mento
E = calore scambiato per evaporazione
Nel caso in cui il risultato dellequa-
zione sia B = 0, si avr una condizione
di omeotermia, ovvero di stabilit
nellequilibrio termico ambiente-uomo e
quindi una situazione di benessere
termico e di gradevolezza per questul-
timo.
Al contrario, se B > 0 si avr un apporto
termico dall ambiente verso luomo,
mentre se B < 0 si avr un dispendio
termico dalluomo verso lambiente.
In tutti e due questi casi, si avr una
condizione termica tale da creare una
situazione di disagio se non addirittura
di malessere per luomo.
Nella formulazione del bilancio termico
intervengono numerosi fattori distingui-
bili in due gruppi:
A) Fattori fisici ambientali quali:
- Temperatura dellaria o di bulbo
secco a ventilazione forzata TA.
- Temperatura del bulbo umido a
ventilazione forzata TW.
- Temperatura del bulbo umido a
ventilazione naturale TN .
- Temperatura globotermometrica
TG.
- Velocit dellaria VA.
- Temperatura media radiante TR.
- Umidit relativa RH.
Tutti questi fattori sono misurabili diret-
tamente con opportuna strumentazione.
B)Fattori soggettivi strettamente legati
allindividuo quali:
- Temperatura cutanea
- Temperatura corporea interna
- Vestiario indossato
- Superficie corporea vestita
- Superficie corporea svestita
- Capacit sudorativa
- Attivit metabolica di base
- Attivit fisica svolta
- Et
- Peso
- Acclimatazione
- Stato di salute
Essi sono valutabili tramite lintrodu-
zione di un modello umano standard con
caratteristiche prestabilite quali, ad
esempio, Temperatura corporea = 37C,
Peso = 70 Kg, Attivit metabolica
di base = 35 W/m
2
, Altezza 1.70 m,
Et = 35 anni, in buono stato di salute.
Esistono al momento numerose norme
tecniche che descrivono metodi di valu-
tazione del sovraccarico carico, anche in
accoppiamento al dispendio energetico
lavorativo; queste norme fanno riferi-
62 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
quasi totalmente dagli strati protettivi
superficiali della cute e solo una piccola
frazione (1%) penetra e agisce sui tessuti
sottostanti. Nel campo delle radiazioni
ultraviolette (lunghezza donda 400
100 nm), esiste un intervallo (320 280
nm) detto regione eritemale, per la capa-
cit di provocare arrossamenti della
cute.
La produzione di calore, in particolare di
elevatissime temperature localizzate in
vicinanza della zona di saldatura,
caratteristica comune delle tecniche a
gas, ad arco elettrico, al plasma e al
laser.
Come si anticipato pi sopra, le radia-
zioni emesse dallarco voltaico interagi-
scono con la pelle e con locchio del
lavoratore esposto, dando luogo ad una
serie di possibili disturbi, quali:
bruciori alla pelle e danni alla cornea
(radiazione infrarossa);
iriti e blefariti dellocchio (radiazione
visibile);
bruciori alla pelle, danni alla cornea
ed incremento del rischio di tumori
alla pelle, con effetti a breve e lungo
termine (radiazione ultravioletta).
Lentit del danno pu dipendere dalla
sensibilit individuale del singolo lavo-
ratore a questo tipo di radiazione.
Pi in particolare, gli effetti biologici
delle radiazioni infrarosse sullocchio
derivano dallassorbimento di tutte le
radiazioni incidenti sulla cornea e
nellumor acqueo aventi lunghezza
donda compresa tra i 1400 e 1900 nm.
Lenergia assorbita trasmessa a strut-
ture pi interne dellocchio determinan-
done un riscaldamento. Si ritiene che il
riscaldamento delliride, trasmesso poi
al cristallino, sia il fattore principale
dellinsorgenza della cataratta di origine
professionale.
Le radiazioni visibili inducono sulla cute
in particolare eritemi cutanei e desqua-
mazioni. Sullocchio possono provocare
ustioni della retina, dolore oculare,
sensazione dabbagliamento, diminu-
zione dellacuit visiva, restringimento
del campo visivo e alterazione della
visione dei colori.
Gli effetti acuti associati ad unesposi-
zione a radiazione ultravioletta possono
essere cos descritti: comparsa di eritemi
cutanei, desquamazione, dolore agli
occhi, fotofobia e infiammazioni alla
cornea. Lesposizione cronica a radia-
zioni ultraviolette pu provocare
63 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Traversa et al. - Agenti fisici (rumore, radiazioni e microclima) e salute in saldatura
mento a vari studi portati avanti fin dai
primi decenni del secolo scorso e si
basano sui principi teorici precedente-
mente descritti. Tuttavia la normativa
vigente in Italia non prevede alcun
metodo ufficiale di valutazione, limitan-
dosi ad affermare che la temperatura
nei locali di lavoro deve essere adeguata
allorganismo umano durante il tempo di
lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro
applicati e degli sforzi fisici imposti ai
lavoratori.
Nel giudizio sulla temperatura adeguata
per i lavoratori si deve tener conto della
influenza che possono esercitare sopra
di essi il grado di umidit e il movimento
dellaria concomitanti. (art. 11 del
D.P.R. 547/55, cos come modificato dal
D. Lgs. 626/94).
4.2 Effetti biologici del microclima
Per un funzionamento ottimale lorga-
nismo umano deve mantenere la sua
temperatura sui 37C: nel caso di tempe-
ratura esterna sensibilmente pi elevata
di quella corporea (stress da calore) il
termometro interno agisce sulla circo-
lazione sanguigna e leffetto pi impor-
tante si manifesta sullepidermide con
laumento della sudorazione.
Oltre certi limiti tuttavia non viene pi
assicurato il bilanciamento termico e la
temperatura del corpo comincia a
crescere.
Questo il meccanismo che, in situa-
zioni estreme, porta alla pi seria
malattia causata dal calore: il colpo di
calore, che pu essere una minaccia per
la stessa vita o pu causare un danno
irreversibile.
Unaltra patologia tipica lesaurimento
da calore che, nella forma pi grave,
conduce a prostrazione e pu causare
gravi danni. Crampi da calore e debilita-
zione passeggera sono invece facilmente
reversibili se trattati prontamente in
modo adeguato.
Lesposizione ad alte temperature
provoca altri disturbi meno gravi:
disidratazione, eruzioni cutanee, edema
da calore e diminuita capacit lavorativa
sia fisica che mentale (da cui deriva un
possibile aumento del rischio di infor-
tunio).
Per questi disturbi meno gravi il rischio
varia comunque, a parit di condizioni
ambientali e di attivit lavorativa, da
soggetto a soggetto.
4.3 Condizioni microclimatiche nelle
attivit di saldatura
Gli ambienti moderati sono caratteriz-
zati innanzitutto dal fatto che impon-
gono un moderato grado di intervento
alla termoregolazione corporea e che vi
risulta facilmente realizzata la condi-
zione di omeotermia (equilibrio termico
tra corpo e ambiente) del soggetto.
Gli ambienti caldi sono caratterizzati da
un notevole intervento del sistema di
termoregolazione umano al fine di dimi-
nuire laccumulo di calore nel corpo. Le
caratteristiche degli ambienti caldi negli
ambienti di lavoro sono:
valori elevati di temperatura in rela-
zione alle caratteristiche dellattivit
svolta e del vestiario indossato dagli
operatori;
possibili alti valori di umidit relativa
dellaria e richiedenti un considere-
vole scambio termico per sudora-
zione al fine di conservare lomeo-
termia;
variabilit della temperatura e dellu-
midit da postazione a postazione di
lavoro;
disuniformit del livello di impegno
fisico richiesto e del vestiario indos-
sato dagli operatori.
In generale, lattivit di saldatura causa
un apporto termico moderato, pi rile-
vante nel caso delluso di fiamma ossia-
cetilenica. Nella stagione calda, gli
aspetti pi problematici sono costituiti
dallambiente e dai materiali di lavoro
(ad es. lamiere esposte al sole) e dalla
necessit di indossare indumenti protet-
tivi sempre molto pesanti.
Lesecuzione di lavorazioni su strutture
metalliche preriscaldate pu invece
comportare un sovraccarico calorico,
che ovviamente si aggrava nella
stagione estiva.
Un altro aspetto critico rappresentato
dallattivit svolta allaperto e pertanto
dallesposizione a condizioni meteocli-
matiche sfavorevoli, ma anche variabili
nel corso della giornata.
Come nella maggior parte delle attivit,
risulta invece molto pi facile combat-
tere il freddo.
Franco TRAVERSA, laureato in Medicina e
Chirurgia e specialista in Medicina del Lavoro.
ricercatore universitario presso il Dipartimento di
Medicina Legale e del Lavoro dellUniversit di
Genova, dove insegna Medicina del lavoro e
Tossicologia professionale in diversi Corsi di
laurea e di specializzazione, e dirige lambula-
torio di Medicina del Lavoro ed il laboratorio di
Patologia clinica e Tossicologia professionale.
capo redattore della rivista Lavoro e Medicina,
vice presidente dellAssociazione Ligure di Medi-
cina del Lavoro e vice coordinatore della Sezione
Ligure dellAIRM (Associazione Italiana di
Radioprotezione Medica). Ha pubblicato 93 tra
articoli, relazioni a convegni e volumi monogra-
fici, ed organizzato diversi eventi scientifici e di
aggiornamento professionale. Svolge attivit di
medico competente e di medico autorizzato alla
radioprotezione presso diverse aziende pubbliche
e private ed attivit peritale presso il tribunale di
Genova.
Teresio VALENTE, Professore Associato di Igiene
Industriale della Scuola di Specializzazione in
Medicina del Lavoro dellUniversit di Genova.
Ha partecipato a diversi programmi di ricerca
finanziati da organismi nazionali ed internazio-
nali. Membro del CEN TC 121/SC 9 e della
Commissione Saldature dellUNI. Coordina-
tore del Comitato Igiene del Lavoro dellAssocia-
zione Italiana Addetti Sicurezza (AIAS).
Nicoletta DEBARBIERI, laureata in Medicina e
Chirurgia nel 1998 presso lUniversit di Genova.
Specializzata in Medicina del Lavoro nel 2002.
Abilitata alla professione di medico autorizzato
per la radioprotezione. Svolge attivit libero
professionale di medico competente presso
aziende private, pubbliche amministrazioni,
aziende no profit.
65 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
Principali problemi nella
saldatura subacquea
()
() Memoria presentata alla Giornata di Formazione e Aggiornamento IIS:
La saldatura subacquea - Genova, 16 Novembre 2006.
* Istituto Italiano della Saldatura - Genova.
La saldatura subacquea si sviluppata a partire dagli anni
sessanta, soprattutto in applicazioni Dry (in ambiente
asciutto), anche ad elevate profondit, come diretta conse-
guenza delle crescenti esigenze dellindustria petrolifera
(strutture e pipelines offshore); pi recentemente, a partire
dagli anni novanta, grazie ai minori costi dimpiego, stato
dato maggiore impulso alla ricerca applicata per rendere affi-
dabile la saldatura Wet (in ambiente bagnato), gi in prece-
denza utilizzata nella riparazione navale e nellutilizzo su
basso fondale nelle aree portuali, pur con limitati standard di
qualit e bassa considerazione, almeno fino a met degli anni
ottanta, da parte degli addetti ai lavori.
Oggi esistono, dal Mare del Nord al Golfo del Messico, oltre
4000 strutture offshore e svariate decine di migliaia di chilo-
metri di condotte sottomarine, buona parte delle quali sono in
servizio da pi di ventanni, sottoposte a sollecitazioni di
fatica, corrosione, danneggiamenti dovuti ad eventi naturali
(uragani, maremoti), incendi, esplosioni, collisioni provocate
da naviglio ecc; la saldatura subacquea rappresenta quindi il
principale processo per la riparazione e il mantenimento delle
strutture necessarie ad un settore strategico come quello
dellestrazione degli idrocarburi. In questa memoria si
cercher, pertanto, di fornire una sintesi delle problematiche
relative alle due possibili applicazioni.
Underwater welding was developed back in the sixties, espe-
cially for Dry applications (in a dry environment), even at
considerable depths, to fulfil the needs of the oil industry (plants
and offshore pipelines);since the beginning of the nineties,
thanks to lower working costs, applied research has concen-
trated on renderingWet welding truly reliable (in a wet envi-
ronment) a technique previously utilized in ship repairs and in
shallow waters of port areas, with however limited quality stan-
dards and little consideration by the persons involved up at
least until the mid-eighties.
Today, extending from the North Sea to the Gulf of Mexico, there
are over 4000 offshore plants and various tens of thousand kilo-
metres of underwater pipelines, a good portion of which have
been operating for over twenty years, continuously subject to
fatigue stress, corrosion, damages caused by natural events
(hurricanes,submarine earthquakes), fires, explosions, ship
collisions, etc.;underwater welding currently represents the
primary process for the repair and maintenance of structures of
what is deemed a strategic sector such as the extraction of
hydrocarbons. This report shall highlight the issues and prob-
lems concerning both applications.
Keywords:
Consumables; electric arcs; environment; friction welding;
influencing factors; MAG welding; mechanical properties;
MMA welding; shielding gases; underwater environments;
underwater welding; weldability; welding power sources.
Sommario / Summary
F. Lezzi *
66 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Lezzi - Principali problemi nella saldatura subacquea
a saldatura subacquea comporta
problematiche molto diversifi-
cate che coinvolgono competenze
specialistiche riguardanti, sia gli aspetti
tecnologici e metallurgici del processo,
che quelli logistici e della sicurezza
connessi allattivit di immersione; la
seguente trattazione si limiter ad esami-
nare solo quanto di nostra competenza, e
cio, il comportamento e la caratterizza-
zione in ambiente subacqueo dei possi-
bili processi di saldatura oggi utilizzabili.
1. Introduzione
La saldatura subacquea pu essere classi-
ficata oggi in tre tipologie fondamentali:
Hyperbaric dry welding, realizzata
allasciutto allinterno di una camera
habitat, assemblata intorno ai compo-
nenti da saldare, alla pressione dipen-
dente dalla profondit. Si fa notare che
alla fine degli anni ottanta si conside-
rava ancora impossibile ottenere risul-
tati accettabili di wet welding e
pertanto la terminologia usuale era
semplicemente hyperbaric welding
Wet welding, realizzata a diretto
contatto dellacqua e a pressione
dipendente dalla profondit di esecu-
zione.
Coffer dam welding, realizzata
allasciutto e a pressione atmosferica,
tramite una struttura metallica, emer-
gente, connessa con tenute stagne al
componente in riparazione, al cui
interno opera il saldatore.
Poich la coffer dam welding si
realizza alle stesse condizioni ambientali
di terra, saranno esposte le sole proble-
matiche inerenti la hyperbaric dry
welding e la wet welding.
2. Saldatura iperbarica
allasciutto
2.1 Generalit
La saldatura in camera iperbarica stata
largamente impiegata negli ultimi tren-
tanni per la realizzazione di componenti
strutturali di piattaforme e per la connes-
sione di condotte sottomarine, quindi sia
per lestrazione che per il trasporto di
idrocarburi gassosi e liquidi, i cui giaci-
menti sono localizzati, per oltre il 50%,
sul fondo degli oceani. Unintensa atti-
vit di studi e indagini sperimentali
stata costantemente sviluppata nei pi
importanti Istituti della Saldatura (fra
cui lIIS) e in noti Centri di ricerca, al
fine di determinare le opportune solu-
zioni per adeguare i processi di saldatura
(elettrodi rivestiti, MIG/MAG con fili
pieni e animati, TIG) allesposizione di
un ambiente particolarmente umido, in
atmosfere diverse dallaria e, soprat-
tutto, allelevata pressione.
Sono stati in particolare indagati lin-
fluenza della pressione e delle miscele
protettive sul trasferimento dei consu-
mabili e sulla perdita di elementi trasfe-
riti nel bagno, linfluenza della portata
dei gas di protezione sulla disossida-
zione del bagno e sulla stabilit darco e,
ovviamente, gli effetti sulla microstrut-
tura di saldatura e sulle sue caratteri-
stiche meccaniche. Poich nuovi giaci-
menti, sia nel Mediterraneo che nel
Golfo del Messico e sulla Costa Brasi-
liana, sono stati localizzati ad oltre 500
metri di profondit, per limitare la
permanenza di saldatori subacquei a tali
profondit, stata incrementata la
ricerca per la messa a punto di sistemi di
saldatura completamente automatici e a
controllo remotato. Sia per il processo
TIG che per il filo continuo con prote-
zione gassosa, pi produttivo, sono state
qualificate procedure che garantiscono
elevata qualit e ripetibilit prestazio-
nale fino a 450 metri di profondit.
2.2 Atmosfera gassosa della camera
iperbarica
Occorre distinguere due tipi di atmo-
sfera:
latmosfera della camera di saldatura;
latmosfera fornita al saldatore da
respirare.
A causa della contaminazione dellatmo-
sfera dellhabitat da parte del procedi-
mento di saldatura, il saldatore dovrebbe
portare la maschera ed avere unatmo-
sfera di respirazione indipendente.
Per, poich vi un lavoro di prepara-
zione che precede la saldatura e poich
esiste il rischio che il saldatore respiri
inavvertitamente latmosfera della
camera, necessario che questa sia
respirabile.
Lazoto un gas poco costoso e sarebbe
conveniente usarlo; esso , tuttavia, un
forte anestetico anche a bassa pressione;
inoltre crea una notevole produzione di
ossidi di azoto per contatto con le parti
calde appena solidificate, al di fuori del
gas di protezione.
Lelio invece molto costoso ma risulta
respirabile anche al crescere della
profondit e non produce ossidazione
apprezzabile. Largon non impiegabile
perch diventa, sotto pressione, un gas
narcotico mortale.
Per quanto riguarda lossigeno, esso
risulta fisiologicamente accettabile per
la respirazione in un ampio campo di
concentrazioni; necessario per realiz-
zare un compromesso tra lesigenza
biologica e quella di evitare rischi din-
cendio. Occorre inoltre notare che se il
gas espirato dal saldatore immesso
nella camera, il tenore di ossigeno pu
diventare inaccettabile: il saldatore deve
essere dotato di una maschera che
consenta lemissione del gas allesterno
oppure deve essere previsto un sistema
di rigenerazione dellatmosfera che
tenga sotto controllo anche il tenore di
ossigeno. La miscela pi utilizzata fino
alla profondit di 300 m costituita da
elio con ossigeno alla pressione parziale
di 300400 mbar. La pressione totale
della miscela deve essere tale da equili-
brare la pressione esistente sul fondo
della camera di saldatura.
Oltre lossigeno, altre sostanze inqui-
nanti sono prodotte in corso di saldatura:
NO
2
O
3
, CO, CO
2
e polveri, che devono
essere tenute entro i valori limite TLV
(Threshold Limit Values).
Oltre la composizione dellatmosfera di
saldatura devono essere tenuti sotto
controllo lumidit e la temperatura:
lumidit, sia dal punto di vista metallur-
gico che per il benessere dei saldatori; la
temperatura importante per il benes-
sere dei saldatori e deve essere regolata
con sistemi elettrici di riscaldamento (e
raffreddamento) in particolar modo in
concomitanza allutilizzo di miscela di
elio, che conduce il calore pi dellaria e
dellazoto.
2.3 Influenza delle condizioni ambien-
tali sullarco elettrico di saldatura
La maggiore pressione e conduttivit
termica dellatmosfera dellhabitat
L
67 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Lezzi - Principali problemi nella saldatura subacquea
producono una maggiore caduta di
tensione darco ed una maggiore costri-
zione del fuso darco. Nel caso di salda-
tura MAG, con protezione di miscela
attiva, con polarit negativa al bagno, si
hanno emissioni di vapori metallici
(plasma stream) dal bagno sullarco e
instabilit darco fino alla sua estin-
zione, trasferimento irregolare con
produzione di spruzzi e fumo intenso.
Nel caso di trasferimento short arc, a
basso apporto termico, si depositano
cordoni eccessivamente bombati con
rischio di mancanza di penetrazione.
Esperimenti condotti con procedimento
TIG hanno rilevato una notevole suscet-
tibilit al soffio magnetico al di sopra
di 8 bar, sia per preesistenza di campi
magnetici, soprattutto su strutture tubo-
lari e pipelines, sia per magnetismo
indotto durante la saldatura in corrente
continua. Il problema stato risolto
sperimentalmente con lapplicazione di
una bobina avvolta intorno allelettrodo
di tungsteno (500 spire da 0,6 mm con
corrente continua di circa 3 A) che ha
instaurato un campo magnetico di circa
140 Gs permettendo il deposito regolare
alla pressione di 21 bar, corrente di
100A, lunghezza darco di 2 mm e velo-
cit di saldatura di 20 cm/min. Ulteriori
prove sperimentali hanno evidenziato un
miglioramento alimentando la bobina
con CA.
2.4 Influenza della pressione sulla
composizione chimica del metallo
depositato
Lelevata pressione della camera
influenza lanalisi chimica del metallo
depositato attraverso tre meccanismi
principali:
la riduzione della macchia catodica e
anodica dellarco a causa della costri-
zione del fuso darco (la sezione si
restringe allaumentare della pres-
sione della camera) provoca un incre-
mento di energia (maggiore densit di
ionizzazione) e temperatura con
conseguente maggiore vaporizza-
zione del metallo dapporto e inevita-
bile perdita di elementi di lega,
la maggiore concentrazione del fuso
darco influenza la geometria del
bagno liquido ed agisce sulla penetra-
zione (i cordoni risultano pi stretti e
bombati); la vaporizzazione di
elementi di lega nel metallo trasferito
influenza la tensione superficiale del
bagno e la fluidit del deposito,
lassorbimento dei gas nel metallo
liquido depositato aumenta al
crescere della pressione.
Indipendentemente da un generale
aumento di ossigeno, azoto e idro-
geno le reazioni chimiche legate alla
concentrazione di manganese e silicio
nei consumabili regolano i processi di
disossidazione del bagno metallico.
Si ha pertanto una diminuzione di Mn
e Si nel deposito ed una maggiore
concentrazione di ossidi di Mn e Si
nella scoria. Pu anche essere rilevato
un leggero incremento della concen-
trazione del carbonio.
2.5 Gas di protezione
Le numerose indagini effettuate per la
determinazione delle opportune portate
di gas protettivo nella saldatura MAG
hanno individuato la portata di 10 l/min
(Fig. 1) come ottimale per evitare conta-
minazioni del bagno metallico dai
componenti gassosi (azoto o idrogeno)
provenienti dallesterno.
La turbolenza nella protezione gassosa
riduce i valori di tenacit del metallo
depositato (Fig. 2).
Le condizioni di prova sono state le
seguenti:
atmosfera della camera = Trimix
(He/O
2
/5%N
2
)
Figura 1 - Portata ottimale della miscela di protezione in funzione della pressione.
S
h
i
e
l
d
i
n
g
g
a
s
f
l
o
w
r
a
t
e
(
l
/
m
i
n
)
Working pressure (bar)
Figura 2 - Valori di resilienza Charpy su saldature effettuate alla pressione corrispondente a
360 m di profondit: a) flusso di gas laminare, b) flusso di gas turbolento.
C
h
a
r
p
y
i
m
p
a
c
t
v
a
l
u
e
(
J
)
Test temperature (C)
LEGEND
Szelagowski et al.
Muleman et al.
Richardson et al.
Richardson et al.
Szelagowski et al.
He based mixtures
Richardson and Nilson
He + 0,5 bar CO
2
Richardson and Nilson
Ar + 0,1 bar O
2
Muleman et al.
Ar + 0,1 bar O
2
1000
800
600
400
200
0
200
190
180
170
160
150
140
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
1 10 100
-100 -90 -80 -70 -60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
68 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Lezzi - Principali problemi nella saldatura subacquea
gas di protezione = He/CO
2
metallo dapporto = filo animato al
C-Mn- 1% Ni
metallo base = tubo in acciaio API 5
LX 65.
Il procedimento MAG con filo animato
offre prestazioni superiori allelettrodo
rivestito e al MAG filo pieno: la combi-
nazione filo flusso migliora lefficienza
termica e la ionizzazione dellarco con
trasferimento regolare.
Una corretta scelta delle combinazioni
filo/flusso e gas di protezione permette:
trasferimento regolare
controllo degli elementi depositati e
della loro disossidazione
maggiori apporti termici che bilan-
ciano le perdite termiche dovute alla
pressione
maggiori tassi di deposito in ogni
posizione
alti duty cycle
maggiore tolleranza alla variazione
dei parametri.
Linfluenza dellossigeno contenuto
nelle miscele attive He/CO
2
e He/O
2
3
6
700
600
500
400
300
200
100
0
60
50
40
30
20
10
0
0 20 40 60 80 100
0 20 40 60 80 100
72 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Lezzi - Principali problemi nella saldatura subacquea
bile dalla superficie con controllo
remoto
il metallo plastificato spinge verso
lesterno impurit di ogni genere
saldature esenti da porosit e cricche
da idrogeno
metallo riportato a struttura molto
fine
modesto effetto temprante esercitato
dallacqua (durezza HV10 <250).
Bibliografia
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7918-0785-1.
segue
Figura 12 - Esempio schematico di
riparazione con procedimento FHPP.
Franco LEZZI, laureato in Ingegneria Industriale Meccanica presso lUni-
versit di Genova nel 1976, fa parte dellIstituto Italiano della Saldatura dal
1978; dedicatosi principalmente ad attivit di formazione e normazione, nel
1988 diventa Dirigente Responsabile per le attivit di qualificazione e certifi-
cazione del personale, nel campo della saldatura e delle PND e nel 1990
Direttore della Divisione Formazione e Insegnamento dellIIS. Attivo come
Presidente o Membro di importanti Comitati Tecnici nazionali (UNI, AIM,
CICPND, ISPESL) ed internazionali (CEN, ISO), si particolarmente impe-
gnato nellambito dei Comitati Tecnici dellEuropean Welding Federation e
dellInternational Institute of Welding, per lelaborazione delle linee-guida
per larmonizzazione della formazione, qualificazione e certificazione delle
Figure Professionali di saldatura EWF e IIW. Dal 2001 Direttore della Divi-
sione Promozione, Relazioni Esterne e Normazione dellIIS.
73 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F. Lezzi - Principali problemi nella saldatura subacquea
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Monitoraggio di emissione acustica di
corpi a pressione
()
Questa memoria delinea le applicazioni di Emissione
Acustica (EA) come metodo di controllo non distruttivo per
valutare lintegrit meccanica e strutturale di una grande
variet di componenti e strutture. L applicazione della
tecnica di EA ha raggiunto una significativa maturit e pene-
trazione industriale e, per specifici componenti, richiesta in
modo obbligatorio in Europa e nella comunit internazionale
sia in prima prova di collaudo che per successive qualifiche.
Lo sviluppo di software e hardware sempre pi accurati e
dedicati e lincremento di esperienze pratiche hanno consen-
tito un allargamento delle applicazioni di EA in tutti i settori
industriali. Data la sua intima relazione con la sollecitazione
lEA consente un controllo volumetrico globale, in tempo
reale, dei corpi a pressione anche durante il normale ciclo
operativo. Lo sviluppo e la realizzazione di procedure
europee hanno inoltre favorito una maggiore accettazione
della tecnica a livello industriale.
Nella memoria viene data una panoramica delle applicazioni
dellEA unitamente ad alcune considerazioni generali e
commenti sulle applicazioni industriali.
This paper outlines the Acoustic Emission applications as
non-destructive control method to evaluate the structural and
mechanical integrity of a large variety of components. The
application of AE technique has reached a significant matu-
rity and industrial penetration and, for specific component, it
is mandatory in Europe and in the international community
during the first acceptance test and subsequent re-qualifica-
tions. The development of more accurate and dedicated soft-
ware and hardware and the improvement of practical experi-
ences have allowed an enlargement of the AE applications in
all industrial sectors. Due to its close relation with the stress
the AE allows a volumetric real time control of pressure
components also during the normal operating conditions.
The development and realisation of European codes and
procedures have promoted a greater acceptance of the tech-
nique in the industrial community.
The paper gives an overview of the Acoustic Emission appli-
cation with some general comments and considerations on
the industrial applications.
Keywords:
Acoustic emission; automatic control; computer programs;
nondestructive testing; other NDT methods; pressure vessels;
structural analysis.
Sommario / Summary
E. Fontana *
75 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
() Memoria presentata al Convegno: Applicazioni di tecniche PND non
convenzionali, organizzato da AIPND e IIS - Genova, 30 Novembre 2006.
* Libero professionista - Milano.
76 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Fontana - Monitoraggio di emissione acustica di corpi a pressione
1. Introduzione
Una grande variet di applicazioni di EA
sono state fatte sia in laboratorio che in
campo sin dalla fine degli anni 60. La
quasi quarantennale storia dellEA
stata caratterizzata da periodi alternati di
approvazione e di criticismo, oggi-
giorno, un atteggiamento pi bilanciato
e realistico sembra ormai essere stato
raggiunto.
Il grande vantaggio della tecnica di EA
consiste nella sua capacit di monitorare
in tempo reale lintero volume di una
struttura in esame con un numero ridotto
di sensori, opportunamente predisposti
sulla struttura. Dovuto alla natura intrin-
secamente dinamica del fenomeno di
EA, lEA offre una incomparabile
opportunit di ottenere informazioni
sullintegrit strutturale di un dato
componente dimpianto nelle differenti
fasi della sua vita operativa, ad esempio
alla fine del processo di fabbricazione
(collaudo idraulico), durante le normali
operazioni dimpianto (monitoraggio
continuo e incremento di pressione) e
durante fermate di manutenzione
programmate (prova di riqualifica).
Limpegno di personale ben addestrato e
qualificato, equipaggiato con strumenta-
zione dedicata multicanale e multipara-
metrica soggetto allosservanza di requi-
siti minimi e procedure di prova ben
definite essenziale per mantenere un
alto livello di significato diagnostico e
affidabilit dei risultati ottenuti nel corso
di un esame di EA. Perci essenziale
che operatori con una consolidata espe-
rienza di applicazione della tecnica di
EA vengano utilizzati per effettuare e
gestire le prove.
2. Monitoraggio di EA
Il monitoraggio con EA di un corpo a
pressione in prova ha come obbiettivo
principale la rilevazione e la localizza-
zione dei difetti planari eventualmente
presenti nel materiale.
Considerevoli progressi sono stati otte-
nuti nellutilizzo dellEA dalle prime
applicazioni. Pi settori industriali sono
stati esplorati: offshore e trasporto di
olio e gas, chimico e petrolchimico,
nucleare, generazione termica e idroelet-
trica, aerospaziale e aeronautico, auto-
mobilistico, ferroviario, industrie
cartarie ecc.
LEA stata applicata ad una grande
variet di materiali (metallici, e non
metallici) e strutture/componenti, per
valutazione di integrit strutturale o
rivelazione di perdite: reattori e colonne
chimiche e petrolchimiche; desolfora-
zione, hydrotreating, platforming,
hydroforming, hydrosulphurization,
unit di trasferimento catalitico, dearea-
tori, cooldown reactors, nuclear vessels
e componenti a pressione, boiler drums,
steam headers e line di vapore, serbatoi
di stoccaggio cilindrici e sferici, gas
cyclinders, ponti; ferrocisterne e autoci-
sterne, biforcazioni di condotta forzata,
pompe reversibili, valvole a sfera per
unit idroelettriche, tubazioni interrate,
componenti automobilistici, carlinghe e
ali di aerei.
Studi intensivi di base di laboratorio per
la caratterizzazione dei materiali, inve-
stigazione sui meccanismi di genera-
zione dellEA, propagazione dei segnali
di EA, sono ancora oggi in atto.
Lutilizzo dellEA, oltre ad assicurare un
controllo diretto dellevoluzione del
danneggiamento e una indicazione
precoce di possibile rottura catastrofica
durante la pressurizzazione, fornisce una
mappatura iniziale della distribuzione
delle sorgenti di EA attivate nel mate-
riale del componente quando sollecitato
al massimo carico ammissibile.
Queste mappe di riferimento delle
sorgenti di EA possono essere utilizzate
durante la vita operativa del componente
per confronto con i risultati di controlli
successivi di EA, anche di monito-
raggio, effettuati per mantenere sotto
controllo le aree del componente identi-
ficate come acusticamente attive.
Ulteriori sviluppi della tecnica hanno
consentito di applicare lEA per affron-
tare nuovi problemi di valutazione di
integrit strutturale, come ad esempio:
riqualificazione di componenti strut-
turali dopo un periodo prestabilito di
anni di servizio
prove in linea durante il normale
funzionamento
monitoraggio a breve e lungo termine
monitoraggio intermittente
per differenti condizioni di sollecita-
zione, pressione, temperatura, sollecita-
zione meccanica monotonica e ciclica e
differenti condizioni ambientali e di
fluidi di processo.
Lutilizzo dellEA per il monitoraggio
di prove di riqualifica e, pi critica-
mente, di componenti durante le normali
condizioni operative, deve essere cauta-
mente valutato in termini di affidabilit
diagnostica dellinformazione ottenuta
da una prova di EA.
Poich solo i difetti che evolvono a
causa dello stimolo applicato possono
essere identificati e localizzati, se la
sollecitazione aggiuntiva applicata,
rispetto alle normali condizioni di solle-
citazione, insufficiente per indurre
qualche crescita del difetto (o qualsiasi
forma di instabilit), o il tasso di energia
elastica locale rilasciata troppo basso, i
difetti possono sfuggire alla rilevazione,
salvo che meccanismi di generazione
sussidiaria di EA (frizione delle super-
fici della cricca, rottura di ossidi, frattura
dei prodotti di corrosione ecc.) possano
intervenire. Questo fatto ovviamente
applicabile a tutti i meccanismi di gene-
razione di EA.
I difetti pi pericolosi che possono
propagarsi in un materiale di un corpo a
pressione sono quelli di tipo planare,
quali appunto le cricche.
Nel corso di una sollecitazione, alle
estremit dei difetti planari eventual-
mente presenti nel corpo a pressione, a
causa delle rilevanti intensificazioni
degli sforzi ivi esistenti si producono
sollecitazioni locali elevatissime e
quindi alterazioni strutturali e talora
anche significative estensioni degli
stessi difetti, processi tutti caratterizzati
da significativa generazione di EA.
Il monitoraggio on-line di componenti
operativi di impianto al tempo stesso la
pi attrattiva e la pi vulnerabile delle
applicazioni di EA. Esso pu essere
applicato in produzione, assicurando la
copertura volumetrica al 100% del
componente, pu assicurare la rileva-
zione e la localizzazione dei difetti attivi
e pu essere correlato con i parametri di
impianto quali la pressione, portata,
temperatura, ciclo di produzione ecc.
Queste applicazioni on-line devono
affrontare alcuni problemi e ostacoli,
quali:
77 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Fontana - Monitoraggio di emissione acustica di corpi a pressione
attenuazione delle onde acustiche di
EA, dovuta alla complessit geome-
trica e alla presenza di isolamento
termico;
rumore di fondo di processo;
segnali spuri di rumore provenienti
dallesterno dellarea monitorata o
generati da movimenti strutturali
(specialmente nel caso di avvia-
menti/fermate di impianto) o generati
da eventi strutturali non-rilevanti,
come la rottura di ossidi.
Lattivit di EA che pu essere associata
al danneggiamento occorso nellarea
monitorata deve essere chiaramente di-
scriminata dal rumore.
Tuttavia, se applicato contestualmente in
un programma di ispezione comples-
sivo, dove gli obbiettivi del monito-
raggio con EA sono stati chiaramente e
realisticamente definiti e concordati con
il personale di processo, manutenzione e
ispezione, lEA pu dare informazioni
diagnostiche utili e preziose.
Lespansione delle applicazioni di
EA, unitamente con la tremenda e
rapida evoluzione delle performance
dei sistemi hardware e software nel-
loperare calcoli complessi e nellacqui-
sire dati multi parametrici ad alta velo-
cit, hanno consentito agli operatori di
mantenere un controllo costante sullat-
tivit globale delle sorgenti attive di EA
e in alcuni casi, attraverso la realizza-
zione di database, di ottenere il
gradiente di severit delle sorgenti iden-
tificate di EA.
I sistemi di EA attualmente disponibili
sono in grado di garantire una acquisi-
zione e un trattamento ad elevata velo-
cit multi-canale e multi-parametrico,
cos che lestrazione e la presentazione
delle caratteristiche pi rilevanti dei
segnali di EA, la localizzazione e la
discriminazione delle sorgenti di EA e la
loro presentazione possono essere fatte
in tempo reale.
In alcuni casi particolari nei sistemi di
EA viene incorporato un database o un
sistema esperto, per effettuare una valu-
tazione o una classificazione delle
sorgenti di EA assistita.
Due sono i metodi largamente utilizzati
per la localizzazione delle sorgenti di
EA: triangolazione basata sui tempi di
ritardo e localizzazione a zona o hits.
Il primo metodo necessita che il segnale
acustico, generato da una sorgente di
EA, raggiunga tre o pi sensori perch
sia possibile effettuare una localizza-
zione accurata della posizione, laltro
basato sul fatto che il confronto dellat-
tivit di EA accumulata su un set di
singoli sensori identifichi aree ad elevata
attivit del componente monitorato.
Alcune considerazioni devono essere
fatte per permettere una valutazione dei
meriti e delle limitazioni dei due metodi.
La rivelabilit di un difetto in evoluzione
tramite EA dipende essenzialmente da:
tasso di energia elastica rilasciato
dalla sorgente ( conosciuto essere
alto, ad esempio, per crescita di
cricca in materiale non duttile)
livello del rumore di fondo
energia persa lungo il percorso di pro-
pagazione tra la sorgente e il sensore.
Il metodo di triangolazione, che processa
stringhe di tempi di ritardo ottenute
dallattivazione di uno o pi sensori
allinterno di un dato intervallo tempo-
rale, previene, utilizzando filtri logici, di
processare sequenze di tempi di arrivo
errate, cos che le sorgenti localizzate
possano essere considerate valide,
Questo approccio ha le sue controindica-
zioni quando lattivit totale del tasso di
eventi di EA troppo alta, perch gli
eventi di EA si possono sovrapporre nel
tempo e i filtri logici rifiutano un
numero crescente di dati apparente-
mente inconsistenti.
La localizzazione a zona o singolo
colpito (hit) non richiede lattivazione
di molti sensori per registrare un
evento, ma richiede lutilizzo di una
riduzione e filtraggio dei dati durante
lanalisi fuori linea per eliminare dati
inconsistenti.
Nella localizzazione a zona la preoccu-
pazione principale quella di evitare
ogni perdita di dati e la selezione e la
localizzazione delle sorgenti vengono
parzialmente ritardate. La discrimina-
zione dei dati acquisiti per il metodo a
zona pertanto il problema pi critico
per lidentificazione non ambigua delle
sorgenti di EA.
Ognuno dei due metodi ha la sua forza e
debolezza e pu dare risposte ottimiz-
zate alle specifiche esigenze o condi-
zioni di prova.
Il modo migliore di prendere dati di
EA di utilizzare linformazione conte-
nuta nella sequenza dei colpiti per indi-
rizzare la triangolazione ed ottenere il
maggiore vantaggio possibile dalluso
delle due metodologie.
3. Qualificazione del personale
LEA una tecnica complessa che
richiede una preparazione specifica ed
estesa del personale. In aggiunta ad una
minima conoscenza teorica di base,
loperatore necessita di un addestra-
mento in campo per affrontare una
grande variet di problemi reali, sorgenti
di rumore, rumore di processo, tipo e
metodo di sollecitazione, conoscenza
delle propriet del materiale ecc., per
incrementare e consolidare la sua capa-
cit operativa ed esperienza diagnostica.
La qualificazione e la certificazione del
personale altamente raccomandata
congiuntamente con le linee guida e le
procedure di applicazione della tecnica
di EA.
La preparazione e successiva pubblica-
zione in ambito Unione Europea (UE)
delle seguenti norme:
UNI EN 1330-9: Terminologia -
Termini utilizzati nel controllo con emis-
sioni acustiche,
EN 13477-1: C a r a t t e r i z z a z i o n e
dellapparecchiatura - Descrizione
dellapparecchiatura
EN 13477-2: C a r a t t e r i z z a z i o n e
dellapparecchiatura - Verifica delle
caratteristiche funzionali
EN 13554: Emissione acustica - Prin-
cipi generali
EN 14584: Acoustic emission - Exami-
nation of metallic pressure equipment
during proof testing - Planar location of
AE sources
EN 473: Qualifica e certificazione del
personale addetto alle prove non distrut-
tive. Principi generali
ha sicuramente dato un contributo signi-
ficativo al consolidamento della tecnica
di EA in campo industriale.
4. Conclusioni
Il controllo con EA applicato regolar-
mente ad una grande variet di corpi a
pressione in molteplici settori indu-
striali. La tecnica di EA di grande inte-
resse per la possibilit che offre di effet-
tuare, con limpiego di un numero
limitato di sensori, un controllo volume-
trico su tutto il materiale del corpo in
pressione, specialmente nel caso di
grandi strutture, e di fornire la mappa
con le posizioni dei punti sospetti identi-
ficati nel corso della prova.
78 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Fontana - Monitoraggio di emissione acustica di corpi a pressione
Una importante peculiarit dellEA
quella di assicurare un riscontro costante
sulle condizioni di criticit a cui sotto-
posta una struttura permettendo di
controllare la sollecitazione applicata ed
eventualmente di fermarla prima del
raggiungimento di situazioni critiche.
Strutture complesse possono essere
monitorate con lEA studiando opportu-
namente la disposizione dei sensori per
garantire che il monitoraggio rilevi
segnali di EA provenienti da zone anche
geometricamente complicate come nel
caso delle biforcazioni di condotta
forzata.
Questa tecnica, inserita in un program-
ma di manutenzione predittiva, con altri
metodi di CND, permette di determinare
con maggiore precisione lo stato delle
condizioni effettive della struttura
esaminata.
Lo sviluppo e la pubblicazione di stan-
dard di formazione e applicazione a
livello europeo hanno fornito una vera e
propria guida operativa di riferimento
per gli utilizzatori della tecnica di EA,
ed hanno consentito una maggiore pene-
trazione in pi settori industriali.
Emerge chiaramente la tendenza, per
applicazioni specifiche, di sviluppare
standard di applicazione differenziati
che forniscano criteri per la valutazione,
anche automatica, dellimportanza delle
sorgenti di EA individuate.
Il grande sviluppo di componenti hard-
ware e software consentono di miglio-
rare laffidabilit delle tecniche di
discriminazione e di determinare con
pi precisione la localizzazione delle
sorgenti di EA, aiutando loperatore
nellanalisi delle sorgenti di EA per la
loro classificazione. LEA essenzial-
mente una tecnica sintomatica, capace
di evidenziare la presenza di processi di
danneggiamento in atto, la loro posi-
zione sulla struttura e il loro andamento
dinamico in funzione di un dato
stimolo.
LEA non pu essere rimpiazzata e non
pu rimpiazzare altre tecniche di
controllo non distruttivo, essa comple-
mentare a sinergica con tecniche di
CND convenzionali e deve essere utiliz-
zata allinterno di un programma ispet-
tivo per contribuire allottenimento di
una informazione diagnostica perfezio-
nata del componente in esame.
Emilio FONTANA, diplomato in Elettronica Nucleare nel 1967. Attualmente
svolge attivit di formazione e di consulente nel settore applicativo della
tecnica di controllo non distruttivo Emissione Acustica della quale un
Livello 3 certificato dal CICPND ed un esperto di ricerca perdite in tuba-
zioni interrate. Collabora con UNI, AIPnD e CICPND, stato per 12 anni il
chairman del gruppo europeo del CEN7TC 138 WG7 Acoustic emission.
Il background culturale nel settore di diagnostica industriale si formato in
oltre 36 anni di attivit di ricerca e sviluppo e applicazioni in campo delle
tecniche sopra citate presso il CISE (Centro Informazione Studi ed Espe-
rienze) di Segrate - MI. Ulteriori esperienze professionali sono state fatte
presso la Societ STA (Servizi Tecnologici Avanzati) e la Societ EMAC.
Molteplici sono state le missioni allestero per trasferimento tecnologico e
addestramento di personale. Tra le pi significative quelle svolte per conto
dellIAEA (International Atomic Energy Agency) nal 1992 presso i laboratori
Indonesiani di BATAN vicino a Jakarta. Nel 2004 osservatore indipendente
per conto della Comunit Europea per la valutazione di progetto di sviluppo
di applicazione dellEA alla corrosione dei serbatoi delle navi cargo. Molte-
plici i corsi di formazione per la tecnica di Emissione Acustica svolti.
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Bando per lammissione agli esami da livello 3
secondo EN 473 / ISO 9712
Prima sessione desame 2007
LISTITUTO ITALIANO DELLA SALDATURA organizza a Genova una sessione desami da livello 3 secondo
la normativa EN 473 / ISO 9712 nel mese di Marzo 2007.
Metodi di controllo
Oltre allesame di base, se non gi superato in precedenza, nellambito della sessione sar possibile sostenere
esami e prove di recupero nei metodi di controllo:
- con particelle magnetiche (MT);
- con liquidi penetranti (PT);
- radiografico (RT);
- rivelazione di fughe (LT);
- ultrasonoro (UT);
- visivo (VT).
A seguito del superamento degli esami lIIS emetter certificati secondo EN 473 / ISO 9712 con accredita-
mento Sincert e pertanto con la pi ampia validit.
Sede di svolgimento
Gli esami si svolgeranno presso la Sede Centrale IIS, Via Lungobisagno Istria, 15 - 16141 Genova, con
disponibilit di parcheggio interno.
Requisiti di ammissione alle prove
I requisiti di ammissione alle prove sono quelli previsti dalle norme EN 473 / ISO 9712, di cui si riporta
il dettaglio nella domanda di ammissione agli esami.
Si ricorda ai candidati non in possesso della certificazione al livello 2 nel metodo di interesse, che per lac-
cesso diretto al livello 3 necessario sostenere preliminarmente la prova pratica al livello 2, presso i
Centri dEsame dellIIS di Legnano o Mogliano Veneto entro Venerd 16 Marzo o contestualmente alle prove
di livello 3 presso la sede IIS a Genova.
Calendario degli esami
Per contenere al minimo limpegno degli interessati previsto un programma desami flessibile e
personalizzato per ogni candidato, in funzione del numero di metodi richiesti.
Lesame di base previsto Luned 26 Marzo; successivamente inizieranno gli esami di metodo, che richiedono
circa una giornata di impegno per ogni singolo metodo, e le prove di recupero.
Le prove programmate al mattino inizieranno alle ore 8.30, quelle pomeridiane alle 14.00.
Iscrizione
Liscrizione agli esami pu essere formalizzata attraverso la specifica domanda scaricabile in formato pdf dal
sito dellIstituto allindirizzo www.iis.it, cos come copia del Regolamento IIS per la certificazione degli opera-
tori di controlli non distruttivi.
Contestualmente alla domanda dovr essere versata la quota di iscrizione, nella misura di 170,00
(+IVA) per lesame di base e di 380,00 (+ IVA) per ogni esame di metodo, mediante bonifico bancario sulla
Banca Popolare di Milano, C/C 4500 ABI 05584 CAB 01400, specificando la causale Quota partecipazione
esami livello 3 - Commessa CERTND07. La quota comprensiva del pranzo presso la mensa dellIIS.
La domanda, compilata in ogni sua parte e completa di tutti gli allegati previsti, dovr essere inviata presso la
Sede di Genova dellIIS, allattenzione della Sig.ra Angela Grattarola (Tel. 010 8341307, Fax 010 8367780,
E-mail angela.grattarola@iis.it), entro Venerd 16 Marzo.
Informazioni
Per qualsiasi informazione possibile contattare la Sig.ra Angela Grattarola.
Pu essere fornito supporto per la sistemazione in alberghi convenzionati con lIIS.
La successiva sessione desame prevista nellautunno 2007.
SINCERT
ACCREDITAMENTO ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE E ISPEZIONE
SGQ N 021A
PRD N 021B
PERS N 021C
Lu 26.03.07 Ma 27.03.07 Me 28.03.07 Gi 29.03.07 Ve 30.03.07
Mattino ---------------
Prova di metodo
a quiz
Prova di metodo
a quiz
Prova di metodo
a quiz
Prova di metodo
a quiz
Pomeriggio
Esame di base
a quiz
Stesura procedura Stesura procedura Stesura procedura Stesura procedura
81 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
* Dipartimento di Progettazione e Gestione Industriale -
Universit di Napoli Federico II - Napoli.
Con riferimento alle anime cilindriche bimetalliche impiegate
nella calibratura di fori passanti in componenti sinterizzati, si
illustra la procedura teorico-sperimentale mediante la quale
sono stati individuati i parametri del processo di brasatura
utilizzato per realizzarle mediante giunzione di un elemento
cilindrico in carburo di tungsteno sinterizzato con uno
analogo in acciaio da bonifica 52NiCrMo6.
Dopo unanalisi numerica dello stato tensionale nel metallo
brasato in presenza di carichi assiali, successivamente si
procede, sotto le stesse condizioni statiche, alla determina-
zione sperimentale del valore ottimale della conicit del cian-
frino secondo la quale vanno preparate le estremit dei due
diversi tronchi cilindrici dellanima al fine di assicurarne la
massima capacit portante.
At the opening the brazing main parameters of a cylindrical
jointing of two different metallic materials, 52NiCrMo6 steel
alloy and sintered tungsten carbide G30, are analyzed and
selected by experimental tests.
Successively, for five different models of edges shaping, the
authors carry out a numerical stress analysis of the silver alloy
layer employed to brazing the two metallic materials.
At last, the same models are tested to define the good tensile
performance resulting by a more experimental procedure to
identify the optimum value of the edges conicity of the cylin-
drical specimens employed.
Keywords:
Brazing; brazing fillers; cylinders; dissimilar materials;
mathematical models; QT steels; sintered materials; stress
analysis; tungsten carbide.
Sommario / Summary
Analisi sperimentale di coppie brasate
52NiCrMo6-G30
U. Natale *
V. Rosiello *
R. Paradiso *
M. Capaccio *
82 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
esterno (in acciaio
legato) del materiale
base (Fig. 3), dei
provini.
Dopo un a na l i s i
n u me r i c a a g l i
elementi finiti, volta
ad evidenziare la
distribuzione in eser-
cizio dello stato
tensionale lungo le
generatrici di accop-
piamento dei coni dei
materiali base della-
nima (che delimitano
il volume di materiale
di apporto allor-
quando la bagnat ura
si ipotizza completa
e la brasat ur a di
spessor e uniforme)
si procede a testare
sperimentalmente una
serie di provini
brasati, differenzi at i
da una diversa coni-
cit di attestatura dei
lembi cianfrinati.
Attraverso le prove di
trazione viene analizzata linfluenza,
sulla resistenza statica, di una variazione
della geometria della cianfrinatura
conica dei due tronchi cilindrici al fine
di ricercare, per unimposta estensione
assiale della brasatura, lesistenza di un
eventuale valore ottimale della conicit
del cianfrino cui possa cio corrispon-
dere un valore massimo della capacit
portante del collegamento brasato.
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
el ciclo produttivo dei compo-
nenti sinterizzati , di solito,
prevista una particolare operazione di
stampaggio, denominata calibratura, che
ha lo scopo (Fig. 1), di conferire ad una
dimensione del componente gi sinteriz-
zato un prefissato intervallo di tolle-
ranza.
In particolare, quando debbono essere
calibrati fori passanti, ad es., negli ingra-
naggi dei cambi, vengono impiegate
anime cilindriche solidali al punzone
mobile dello stampo, costituite (Fig. 2),
da due tronchi cilindrici di materiali
dissimili giuntati mediante una brasatura.
La parte superiore dellanima impe-
gnata con il punzone costituita in
acciaio legato mentre quella inferiore,
che interferisce con il componente sinte-
rizzato da calibrare, fabbricata in
carburo di tungsteno sinterizzato: questa
soluzione dettata dallesigenza di assi-
curare allanima una resistenza allusura
notevolmente superiore, di circa il
300%, a quella che presenterebbe se essa
fosse tutta realizzata, ad es., in acciaio
legato.
Durante la successiva fase di estrazione
del punzone, lanima bimetallica deve
sfilarsi dal foro del sinterizzato in cui
risulta forzata a seguito del consegui-
mento, nello stampaggio di calibratura,
dellimposto campo di tolleranza del
foro del componente sinterizzato: essa
risulta, perci, sottoposta a notevoli
sforzi assiali che ne possono compro-
mettere la resistenza in corrispondenza
del collegamento brasato con inevitabili
ed indesiderate interruzioni del ciclo
produttivo.
pertanto su questo delicato collega-
mento che abbiamo soffermato, in quanto
segue, la nostra attenzione con lintento
di individuare, in primo luogo, la tecnica
di brasatura pi adeguata allo scopo e,
successivamente, di definire la prepara-
zione ottimale dei cianfrini dei lembi dei
due tronchi cilindrici da giuntare.
I valori ottimali dei parametri fonda-
mentali della brasatura (processo -
flusso-materiale di apporto-gas combu-
N
Figura 2 - Stampo di calibratura con anima
bimetallica.
Figura 1 - Collocazione della calibratura nel
ciclo di sinterizzazione.
Punzone superiore
52NiCrMo6
Testa G30
Matrice
Componente
da calibrare
Punzone inferiore
Figura 3 - Aspetto della brasatura dopo
tornitura del cono esterno.
stibile tecnica esecutiva, ecc.) vengono
determinati, con lausilio di analoghe
analisi disponibili in letteratura [1-10],
attraverso una serie di ispezioni visive
delleffettiva superficie brasata portata
alla luce asportando al tornio il cono
83 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
Scelta dei parametri di brasatura
I due materiali da brasare per la fabbrica-
zione delle anime oggetto dello studio,
sono costituiti, per il tratto superiore
( st el o) , da acci ai o da boni f i ca
52NiCrMo6 avente carico di scosta-
mento dalla proporzionalit di 810
N/mm
2
ed allungamento a rottura
dell11%, mentre quello inferiore (testa),
che lavora a contatto con il componente
sinterizzato in lavorazione, costituito
in carburo di tungsteno sinterizzato G30,
le cui caratteristiche fisiche sono indi-
cate nella Tabella I, sul quale viene prati-
cato il cianfrino conico maschio neces-
sario per eseguire la brasatura stessa.
Questultima non interessa le superfici
minori di base dei due coni che, a brasa-
tura effettuata, sono qui considerati solo
in battuta; la giunzione interessa,
pertanto, solo le superfici laterali dei due
coni dei cianfrini le cui modalit di prepa-
razione sono mostrate nella Figura 4.
appena il caso di precisare che per le
prove distruttive effettuate per definire i
parametri di brasatura sono stati utiliz-
zati provini diversi da quelli impiegati
per le prove di resistenza statica in
quanto sono state recuperate alcune
brocce scanalate in G30 gi disponibili
in officina.
Per quanto attiene al metodo di brasatura
si preliminarmente convenuto di
impiegare, in alternativa a quello in
forno, una brasatura forte al cannello
(torch brazing) sulla base delle seguenti
considerazioni:
dovendo realizzare piccole produ-
zioni di anime (3-4 pezzi) per ognuna
delle 5-6 tipologie di cianfrini da
testare, risulta possibile utilizzare in
questo caso un unico cannello a pi
punte;
lossidazione del flusso di protezione
risulta praticamente trascurabile;
la rimozione della scoria di flusso
solidificata sullesterno delle anime
non comporta una specifica lavora-
zione meccanica in quanto viene
effettuata durante la prevista rettifica
postbrasatura dei provini;
le modeste dimensioni dei provini
(~ 20mm) scongiurano ogni rischio di
surriscaldamento dei materiali base
tipico della brasatura al cannello;
contrariamente a quanto comporta la
brasatura in forno, con la tecnica
torch brazing non necessitano parti-
colari attrezzature per il posiziona-
mento dei provini durante il loro
riscaldamento.
Dopo la pulizia dei lembi cianfrinati,
effettuata con sgrassante, spazzolatura
ed alcol etilico, stato spalmato con
pennello il decapante (flusso) in pasta
Castolin 1802 PF che, presentando una
temperatura di fusione nettamente infe-
riore a quella del solidus del materiale di
apporto ed unelevata viscosit alla
temperatura di brasatura, favorisce in
maniera soddisfacente la bagnatura dei
materiali base da parte della lega di
apporto utilizzata nella brasatura.
Figura 5 - Disposizione della lega di apporto
nel cono femmina.
Composizione %
Densit
g/cm
3
Durezza
Rockwell
R
A
Durezza
Vickers
kg/mm
2
Resistenza a
flessione
N/mm
2
WC Co
85 15 13,8 14,0 86 88 1150 1250 180 220
Resistenza a
rottura
N/mm
2
Modulo E
N/mm
2
Conducibilit
termica
cal/cm sec C
Coefficiente di
dilatazione
*10
6
Resistenza
elettrica
cm
390 54000 - 6 -
TABELLA I - Caratteristiche fisiche della testa in G30.
Figura 4 - Cianfrinatura dello stelo (a)
e della testa (b).
(b)
(a)
A questo proposito si convenuto di
impiegare, con le modalit mostrate
nella Figura 5, la lega di argento
Castolin 1802F/XFC in bacchette che,
oltre a notevoli propriet meccaniche
(che per possono risentire, a brasatura
avvenuta, di un decadimento dellordine
del 25-30% imputabile alla presenza di
gradienti termici che si instaurano lungo
le generatrici dei coni di accoppiamento
allorquando si raggiunge la temperatura
di brasatura), presenta un intervallo di
fusione molto stretto: questa una
caratteristica essenziale per la tipologia
di brasatura in esame in quanto consente
di realizzare brasature con meati sottili e
processi di riscaldamento abbastanza
lenti come quello al cannello ossiacetile-
nico qu impiegato. Detta lega non
sviluppa gas tossici durante la fusione
che, a sua volta, non richiede un riscal-
damento diretto in quanto in grado di
fondere soltanto quando il metallo base,
interessato invece a riscaldamento
diretto, raggiunge la temperatura di
bagnatura; essa, inoltre, presenta una
trazione della
brasatura, si
ritenuto utile
individuare per
via teorica il
livello di solleci-
tazione cui sono
sottoposte in
esercizio le
diverse brasature
da testare.
A questo propo-
sito si provve-
duto a condurre unanalisi numerica agli
elementi finiti per valutare lo stato
tensionale in corrispondenza del cono
medio della lega di apporto il cui spes-
sore normale (meato) stato sempre
assunto pari a 0,04mm.
Con riferimento alla Figura 9, una volta
fissati per tutti i modelli analizzati in
25 mm la lunghezza assiale l del cono
maschio ed in 6 mm il suo diametro
minore d, si fatto variare il diametro
maggiore D dello stesso cono secondo i
valori 16-18-20-22-24 mm a cui stato
sempre ricondotto anche il diametro D
del cono femmina con una rettifica post-
brasatura.
I cinque modelli, di cui nella Figura 10
sono riportati alcuni esemplari, caratte-
rizzati dai rapporti
= D/d = 2.66 - 3.00 - 3.33 - 3,66-4.00,
sono stati individuati, nellordine, con le
lettere A-B-C-D-E.
84 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
(Fig. 7), nel cono femmina. Ci riuscito
di eliminarle, per, facendo ruotare, al
raggiungimento della temperatura di
brasatura, di due giri completi il cono
maschio (Fig. 8), con lausilio di una
pinza: questazione meccanica ha
evidentemente favorito una distribu-
zione pressocch uniforme della lega
fusa nel meato contribuendo a realiz-
zare, assieme alle scelte gi discusse, le
condizioni ottimali dellintero processo
di brasatura secondo il
quale sono state realiz-
zate, perci, le giunzioni
brasate nelle successive
fasi dello studio.
Analisi numerico-
sperimentale
Individuate cos le
condizioni ottimali per
brasare i due materiali di
cui costituita lanima
di calibratura, prima di
procedere alle prove di
trazione volte ad indivi-
duare la geometria della
conicit di cianfrinatura
dei lembi in grado di
assicurare la massima
capacit di resistenza a
Intervallo di fusione: .......................................... 595 - 600 C
Temperatura di esercizio: ................................. 610 C
Forno: ................................................................... ~ 700 C
Densit: ................................................................ ~ 9,3 g/cm
3
Resistenza alla trazione: ....................................400 - 500 N/mm
2
Allungamento (l=5d): ......................................... 25 - 35 %
Durezza: ............................................................... ~ 100 HB
30
Resistivit : ........................................................ 0,06 Wm
TABELLA II - Propriet fisiche della lega di apporto.
Figura 7 - Foro di sfiato nel cono femmina.
Figura 8 - Eliminazione dei difetti di
adesione.
Figura 9 - Parametri geometrici dei modelli
di provini.
Figura 6 - Difetti di adesione del metallo di
apporto.
notevole capacit di bagnare il metallo
base, rifluisce agevolmente nel meato
per attrazione capillare e non presenta
fenomeni di liquazione durante tutta la
brasatura.
Le principali propriet fisiche della lega
di apporto prescelta per realizzare le
brasature in esame sono riportate nella
Tabella II.
Le prime brasature cos effettuate hanno
presentato, per, alle prove distruttive
del cono esterno, una serie di difetti
costituiti essenzialmente da parziale
riempimento del meato, di spessore
variabile tra 0,02-0,04 mm, con
mancanza di adesione della lega di
apporto alla testa in carburo di tung-
steno (Fig. 6); non stato possibile
eliminare questo tipo di difettosit attra-
verso alcuni accorgimenti tecnici
convenzionali quali, ad es., ladozione di
un cannello doppio per il riscaldamento
o la realizzazione di un foro di sfiato
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85 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
Lo stato tensionale lungo la generatrice
del cono medio della brasatura stato
valutato con metodo agli elementi finiti
mediante codice Ansys assumendo i
seguenti valori del modulo Young e del
coefficiente di Poisson
Utilizzando la modellazione mostrata
nella Figura 11 sono state ricavate,
per carico assiale di 1GN applicato
alla porzione di anima mostrata nella
Figura 11, le distribuzioni lungo lasse
del cono delle sollecitazioni (radiali,
tangenziali, assiali ed equivalenti di Von
Mises) riportate nella Figura 12.
Da questi diagrammi si evidenzia imme-
diatamente una notevole disuniformit
nella distribuzione delle suddette solle-
citazioni con valori massimi che, pur
ri ducendosi al crescere del l a coni-
cit del cianfrino,
s i r egi s t r ano
sempre in corri-
spondenza della
sezione minima
del cono in prossi-
mit della quale si
innesca, evidentemente, la rottura del
collegamento brasato con conseguente
sfilamento del cono maschio dalla
sede femmina.
Le prove di trazione sono state condotte
su tre esemplari di ognuno dei cinque
modelli precedentemente definiti in
maniera da poterne valutare il carico di
rottura attraverso la media dei tre valori
ottenuti per ciascun modello.
Le testine dei provini sono state ricavate
di pezzo sul tronco in 52 Ni Cr Mo6 e
mediante cannotto scorrevole a foro
conico ed a perimetro quadrato sul
tronco in G30 che presenta, ovvia-
mente, il tratto terminale conico.
Nella Figura 13 sono evidenziate le
modalit costruttive delle estremit delle
teste in G30 mentre nella Figura 14
mostrata anche lattrezzatura che si
dovuto predisporre per lammorsaggio
dei provini sulla macchina di prova.
Alcuni provini che hanno ceduto in
corrispondenza del tratto conico della
testina (Fig. 15), non sono stati presi in
considerazione per la valutazione del
carico medio di rottura che stato, per
208 Gpa....... 0,30............................. 52NiCr Mo6
E = 70 Gpa ....... = 0,37............................. 1802 XP
540 Gpa....... 0,28............................. G30
Figura 12 - Distribuzioni delle tensioni sul
cono medio del metallo di apporto.
Figura 10 - Vista dinsieme di alcuni provini.
Figura 11 - Modellazione
dellaccoppiamento brasato.
86 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
brasatura pi conveniente allo scopo.
Successivamente, dopo aver motivato le
scelte del decapante in pasta Castolin
1802PF per proteggere la brasatura e del
materiale di apporto, lega di argento,
Castolin 1802F/XFC per eseguirla, si
individuato in una torsione del cianfrino
conico maschio, da effettuare al raggiun-
gimento della temperatura di brasatura,
nella corrispondente sede femmina
dellacciaio da bonifica, laccorgimento
essenziale per eliminare ogni difetto di
adesione della lega di apporto al cono in
carburo di tungsteno.
Dopo unanalisi agli elementi finiti che
ha consentito di determinare, in via
puramente teorica, la distribuzione dello
stato tensionale in corrispondenza del
cono medio della lega di argento e di
evidenziarne le variazioni con la coni-
cit di preparazione dei lembi, si
proceduto a testare sperimentalmente 5
tipologie di preparazione dei lembi
corrispondenti ad altrettanti valori del
rapporto tra i diametri delle sezioni
estreme del cono di cianfrinatura.
Queste prove hanno consentito di
evidenziare lesistenza di un valore otti-
male = 3 del suddetto rapporto in corri-
spondenza del quale le brasature realiz-
zate presentano la massima capacit a
resistere a carichi assiali.
Tale comportamento trova spiegazione
nel fatto che ad un aumento del rapporto
corrisponde, ovviamente, non solo un
incremento della superficie di brasatura
ma anche una riduzione della tensione di
rottura della lega di argento attribuibile
Figura 13 - Particolare costruttivo delle teste
in G30.
Figura 16 - Rottura per sfilamento
stelo-testa.
Figura 14 - Modalit di ammorsaggio dei provini.
Figura 15 - Tipologia di rottura non valida.
Modello
d
[mm]
l
[mm]
d
[mm]
Al
[mm
2
]
Rm
[kN]
Ri
[kN]
A 6 25 16 2,6 863,50 135,66
A1 125
A2 142
A3 140
B 6 25 18 3 942,00 142,50
B1 137
B2 148
B3 -
C 6 25 20 3,33 1020,50 137,30
C1 143
C2 130
C3 138
D 6 25 22 3,66 1099,00 127,00
D1 130
D2 127
D3 124
E 6 25 24 4 1177,50 121,00
E1 132
E2 -
E3 110
TABELLA III - Risultati delle prove effettuate.
ciascun modello, calcolato solo per i casi
in cui le rotture dei provini sono avve-
nute (Fig. 16), per sfilamento dei due
coni brasati e con una caratteristica
statica come quella evidenziata nella
Figura 17.
Nella Tabella III e nella Figura 18 sono
riportati i risultati delle prove effettuate
che evidenziano come la capacit
portante delle brasature eseguite risulti
funzione del rapporto ed, in partico-
lare, presenti un massimo in corrispon-
denza del valore = 3.
Conclusioni
Dovendo procedere alla brasatura di
unanima di calibratura utilizzando due
materiali dissimili (acciaio da bonifica
52NiCrMo6 e carburo di tungsteno G30)
si preliminarmente individuata nella
brasatura forte al cannello la tecnica di
Roberto PARADISO , laureato in Ingegneria
Meccanica, stato titolare di un contratto di
collaborazione continuativa con il Dipartimento
di Progettazione e Gestione Industriale dellUni-
versit di Napoli Federico II ed , attualmente,
tutor del corso teleimpartito di Affidabilit e Sicu-
rezza delle Costruzioni Meccaniche.
87 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
U. Natale et al. - Analisi sperimentale di coppie brasate 52NiCrMo6-G30
ad un maggiore grado di disuniformit
nella distribuzione delle temperature
lungo le generatrici dei cianfrini conici
di accoppiamento: il risultato comples-
sivo di questi due effetti contrapposti
tale da comportare lindividuazione di
un valore ottimale del rapporto cui
corrisponde un massimo della capacit
portante delle brasature in esame.
Ringraziamenti
Si ringraziano il Prof. Ing. Antonio De
Iorio, Direttore del Dipartimento di
Progettazione e Gestione Industriale
dellUniversit di Napoli Federico II, e
le Officine Meccaniche Pontillo srl di
Scafati (SA) per aver messo a disposi-
zione degli Autori parte del materiale
utilizzato per le prove di laboratorio.
Bibliografia
[1] Sabadasc O.M., Khorunov V.F.: Materials and technology for flux brazing
and soldering of aluminium and aluminium to steel, Paton Welding Journal,
Oct. 2005.
[2] Kang S.K, Sarkhel A.K.: Lead-free solders for electronic packaging,
Journal of Electronic Materials, Vol. 23, n. 8, 1994.
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Cu solder alloy, Journal of Electronic Materials, Vol. 29, n. 10, 2000.
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Schweissen und Schneiden, n. 1, 2001.
[10] American Society for Metals: Welding, brazing, and soldering handbook,
ASM International, Materials Park, Ohio, 1992.
Figura 17 - Caratteristica statica di rotture
per sfilamento.
Figura 18 - Variazione della resistenza media
con la conicit di cianfrinatura.
Umberto NATALE Docente nella Facolt di
Ingegneria dellUniversit di Napoli Federico II,
presso la quale titolare dei corsi di Costruzioni
Saldate e di Progettazione Meccanica. viceDi-
rettore del Dipartimento di Progettazione e
Gestione Industriale dove svolge attivit di
ricerca scientifica e consulenza industriale
nellambito, prevalentemente, della resistenza
statica ed a fatica delle strutture saldate. Coor-
dina il gruppo di ricerca interdipartimentale sullo
sviluppo dei processi di saldatura ad elevato tasso
di deposizione in controllo adattativo.
Vincenzo ROSIELLO ricercatore confermato
presso la Facolt di Ingegneria dellUniversit di
Napoli Federico II, e svolge la propria attivit
didattica e scientifica presso il Dipartimento di
Progettazione e Gestione Industriale. Insegna
Macchine di Sollevamento e Trasporto e Costru-
zioni Saldate e collabora con il gruppo di ricerca
interdipartimentale sulla saldatura.
Marco CAPACCIO, laureato in Ingegneria
Meccanica, svolge attivit professionale di consu-
lente industriale nellambito della progettazione
di impianti meccanici.
International Institute of Welding
1. Introduction
Driven by the demand for lighter and
cost-effective airframes as well as by the
close competition with the non-metallic
composite materials, the design of
metallic structures in the airframe fabri-
cation has experienced revolutionary
changes during the last decade. The well
established joining technique by rivets is
currently being replaced for some
airframe applications by welding using
novel welding technologies like laser
beam welding (LBW) and friction stir
welding (FSW). The adoption of these
welding processes provides savings in
structural weight and fabrication cost up
to about 15% [1]. The most widely used
metallic material in aircraft structures is
aluminium and was deemed to be
unweldable [2]. However, newly devel-
oped aluminium alloys with silicon (Si)
and magnesium (Mg) as the main
alloying elements facilitate the use of
low heat input welding technologies to
manufacture crack and porosity free
welds with good mechanical properties
compared to the properties of the
conventional base material alloys.
Stringer-to-skin joints in advanced
airframes of some airplanes are already
being produced using LBW with the use
of 12% Si containing wire, whereas for
the skin-to-skin joints, LBW and FSW
techniques are currently under consider-
ation in order to replace conventional
riveted lap joints. Current metallic
airframes of airplanes are designed to
satisfy the damage tolerance require-
ments in terms of fatigue and residual
strength. The residual strength of a
structure is defined as the remaining
load carrying capacity in presence of one
91 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
F
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e
e
( ( ) )
Summary
The paper presents a methodology for the residual strength prediction
for the load carrying thin-walled components with highly strength under-
matched welds containing cracks. The analysis is based on the strength
Mismatch Option of the Fracture Module, being a part of the newly
developed fitness-for service (FFS) procedure FITNET. The Mismatch
Option of the FITNET Fracture Module allows for the account of weld
features like the weld tensile properties and weld geometry in the frac-
ture analysis of cracked welded components. The methodology described
was verified with the generated experimental results within this investi-
gation. The material used is an age-hardening aluminium alloy 6013 in
T6 temper condition used in recent airframe components. The welds in
the form of butt joints were produced using the CO
2
laser beam and fric-
tion stir welding processes. The deformation and fracture behaviour as
well as the special features with respect to the FITNET FFS Procedure
were analyzed. The results have shown that using the presented method-
ology along with newly proposed recommendations for the input data
selection, conservative predictions of the maximum load carrying
capacity of the large welded panels under tensile loading containing a
long crack in the weld can be obtained.
KEYWORDS: Aerospace; Aluminium alloys; Butt joints; Cracking;
Defects; Deformation; Elongation; Fractures; Friction stir welding; Friction
welding; Laser welding; Light metals; Mechanical properties; Mismatch;
Plastic deformation; Photon beam welding; Radiation welding; Reference
lists; Strength; Thermomechanically affected zone; Thin; Ultimate tensile
strength; Weld zone; Yield strength.
E. Seib *
M. Koak *
() Doc. IIW-1709-05 (ex-doc. X-1577-05) recom-
mended for publication by Commission X
Structural performances of welded joints -
Fracture avoidance.
* GKSS Research Center, Institute for Materials
Research (Germany).
92 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
or multiple cracks. Conventional
analysis tools for the residual strength
prediction of riveted thin-walled struc-
tures are well established. However, the
move from the differential (riveted) to
integral (welded) design of the airframe
components introduces new aspects,
which potentially need to be considered
in the analysis route for cracked welded
components made of thin sheets. The
material is no longer homogeneous since
joining of aluminium alloys by LBW
and FSW usually produces a weld joint
area having lower strength (under-
matching) than the base material. In
such welded structures, a lower strength
weld zone leads to a localization of the
plastic strain if the component experi-
ences a high level of external loads. In
particular, for cracks located in the weld
material, the plastic zone at the crack tip
is entirely confined to the softer weld
material leading to an increase of the
crack tip constraint, which in turn may
influence the fracture performance of
the welded component. Therefore, it is
essential to take into account of the
material heterogeneity when structural
integrity assessment needs to be
conducted for cracks in the vicinity of
such welds.
The identification of adequate input
parameters based on the experimental
observation of the deformation and
damage process in the weld area is
essential to describe the critical condi-
tion of strength undermatched struc-
tures. The selection of the strength and
fracture toughness properties to be used
in the FFS analysis of welded thin-
walled structures has significant impli-
cations on the results. Currently,
FITNET FFS procedure [3] is consid-
ering an analysis route for the assess-
ment of welds in
thin-walled struc-
tures. Therefore, this
pa pe r a i ms a t
providing a validated
procedure to assess
the structural signifi-
cance of flaws in
s t r engt h under -
matched LBW and
FSW welds in thin
Al-alloy sheets.
2. Deformation
characteristics
of highly
strength
undermatched
welds
The material investi-
gated within this
work is an age-hard-
ening Al-alloy 6013
in T6 temper condi-
tion. The thickness of
the sheets was varied
between 2.2 mm to
2.6 mm. The laser
beam welding has
been carried out
using a single CO
2
laser source with a
AlSi12 filler wire.
The optical macro-
sect i ons of bot h
LBW and FSW butt joints are shown in
Figure 1. No post weld heat treatment
has been applied to the welds. Both
welding processes produced, as
expected, strength undermatched welds
(i.e. weld having lower yield strength
than base metal). The Vickers micro-
hardness profiles for both LBW and
FSW butt joints are shown in Figure 2
which clearly demonstrates the loss of
strength in the weld area. The LBW joint
exhibits the lowest hardness in the
fusion zone whereas the FSW joint
shows two distinguished hardness
Figure 2 - Micro-hardness profiles.
Figure 1 - Macro-sections.
a) LBW butt joints
a) LBW butt joints
LBW butt joints
b) FSW butt joints
FSW butt joints
b) FSW butt joints
93 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
minima in the thermo-mechanically
affected zone (TMAZ) on each side of
the nugget area.
A detailed knowledge on the evolution
of the plastic deformation at the crack tip
in mismatched structures is essential to
develop a methodology to assess its
structural significance. For this purpose,
a detailed investigation was conducted
by using the experimental image
analysis of the ARAMIS system [4].
ARAMIS is a correlation based image
evaluation technique to capture the
deformation distribution of a sample
under load. The sample (large welded
panel in this study) is viewed by a CCD
camera, which records the surface defor-
mation in the form of digital images.
The system then enables the calculation
of the surface displacement and surface
strain fields at each deformation step.
The measurement area captured by the
CCD camera was about 70 mm wide so
that the welds of this maximum length,
ahead of the crack tip, could be moni-
tored. The plastic zone evolution in
LBW M(T)760, FSW nugget M(T)750
and FSW TMAZ M(T)750 panels is
qualitatively shown in Figures 3-5,
respectively. In all three cases the plastic
deformation is entirely confined to the
lower yield strength weld material and
does not penetrate into the base material.
3. Weld strength mismatch
phenomenon
The yield load of a cracked component
is defined as the load level at which the
uncracked ligament starts yielding. For
the simple case of a homogeneous
middle cracked M(T) panel with a total
width 2W, thickness B and the crack
length 2a, the yield load solution, F
YB
,
under plane stress condition is [5]:
where
YB
is the yield strength of the material.
For a weld strength mismatched config-
uration the yield load also depends on
the yield strength of the weld material
and the parameter which defines the ratio of the uncracked
ligament length, W-a, and the weld
width, 2H. The mismatched yield load
solution, F
YM
, for a butt welded M(T)
panel with strength undermatched weld,
i.e. the plastic deformation at the crack
tip is entirely confined to the weld mate-
rial, is given by [6]:
Figure 4 - Evolution of the plastic zone ahead of the crack tip in the M(T)750 FSW plate with a
crack in the nugget area along the weld centreline.
Figure 3 - Evolution of the plastic zone ahead of the crack tip in the M(T)760 LBW plate.
(1)
(2)
94 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
where
is the mismatch factor defining the ratio
between the weld (
YW
) and the base
(
YB
) material yield strengths. The
mismatch yield load solution is graphi-
cally depicted in Figure 6, which also
shows the yield load solution for an
overmatched case [6].
The description of the weld strength
mismatch as given above clearly indi-
cates that an assessment of flaws in the
vicinity of welds requires a particular
assessment procedure. This situation has
been well practiced for strength over-
matched steel or Ti-alloy welds. Flaws
within the strength overmatched welds
are principally protected. However, Al-
alloy weldments generally show
strength undermatching in varying
degree depending on the alloy type and
welding technology used. Contrary to
the overmatched welds, flaws within the
lower strength weld deposit will not
protected from applied strain by using
inherent strength properties of the weld
metal. Therefore, it is essential to
provide additional shielding mecha-
nisms for such flaws to promote damage
tolerant behaviour. Development of effi-
cient joint design and local engi-
neering methods (e.g. strengthening of
the weld area) are required to overcome
the loss of the load carrying capacity of
such welds almost in all geometries.
4. Methodology and approach
The residual strength analysis of LBW
and FSW wide plates is based on the
Fracture Module of the FITNET FFS
Procedure which has been newly devel-
oped within a European thematic
network FITNET [3, 7]. The procedure
covers the failure (in four major areas:
fracture, fatigue, creep, corrosion)
analysis of metallic structures with and
without welds giving clear guidelines for
the evaluation of the structural signifi-
cance of defects. The Fracture Module
provides an engineering methodology
for a prediction of critical conditions in
terms of the maximum load or critical
crack length in a cracked component.
For the analysis of detected of postulated
weld defects, the FITNET FFS Proce-
dure provides a special analysis option.
Figure 5 - Evolution of the plastic zone ahead of the crack tip in the M(T)750 FSW plate with a
crack in TMAZ.
Figure 6 - Mismatch yield load solution of a M(T) panel with a crack in the weld centre [6].
(3)
(4)
95 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
The FITNET FFS approach uses the
methodology formerly known as the
SINTAP procedure [8] and extends it
with fully validated strength under-
matched welded thin-walled structures.
If the yield strength difference between
the base and weld materials is more than
10%, the FITNETT FFS Mismatch
Option provides an assessment route
accounting for the special features of
welds, as it was established within the
SINTAP procedure.
In the following, only the set of equa-
tions for the Mismatch Option of the
Fracture Module will be given. For the
complete information on the different
analysis options within the FITNET FFS
Procedure, the reader is referred to [3].
The required input information, as
schematically illustrated in Figure 7, for
the application of the Fracture Module
to cracked welded structures will be
given subsequently, including the deter-
mination of the weld metal tensile and
fracture properties.
4.1 FITNET FFS Procedure - Fracture
Module: Option 2: Weld strength
mismatch
The Fracture Module provides two
complementary analysis routes: Failure
Assessment Diagram (FAD) and Crack
Driving Force (CDF). Since both routes
are based on the same set of equations,
their predictions are also the same.
Therefore, only the CDF route will be
presented in this paper. The CDF
expression in terms of the crack tip
opening displacement (CTOD), , is
given as:
with the elastic part of CTOD,
e
:
K denotes the elastic stress intensity
factor,
the parameter m (m = 1 for plane stress
and m = 2 for plane strain) is considered
a constraint parameter,
E = E for place stress and
E = E/(1-v
2
) for plane strain (E =
Youngs modulus, v = Poissons ration),
and
is the ratio of externally applied load, F,
and the yield load, F
Y
, of the cracked
component which is a function of the
materials yield strength,
Y
, of the
crack location and component/weld
geometry. Regarding the selection of E,
the plane stress condition has been
chosen due to the fact of the thin sheet
material. It should be pointed out that
for v = 0.3, E for the plane strain case
differs only by a factor of 1.1
from the plane stress case, whereas the
variation of m between 1 and 2 is much
more pronounced. The plasticity correc-
tion function, /(L
r
) is subdivided into
different options within the FITNET
FFS Procedure and is dependent on the
extent of the material data input and on
the case analyzed (homogeneous or
heterogeneous with strength mismatch).
For a strength mismatched configuration
(FITNET FFS Fracture Module Option
2), the plasticity correction function is
defined as:
Figure 7 - Required input information for the application of the FITNET FFS Procedure - Fracture Module.
Material related input:
- tensile properties
of base and weld materials
- fracture resistance
Component or structure
related input:
- K-factor solution
- Yield load solution
Prediction of critical conditions:
- critical crack size
- maximum load level
FITNET Procedure
Fracture Module
(5)
(6)
(7)
96 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
UTS
denotes the ultimate tensile
strengths of base (subscript B) and weld
(subscript W) materials. F
YM
and F
YB
are
the yield load solutions for the mismatch
and base material plates, respectively.
By the use of Eq. (14), the FITNET FFS
procedure takes account of the interac-
tion between base and weld metals in
terms of post-yield properties of the
weld joint constituents. The described
procedure aims at reducing the exces-
sive conservatism
(in case of over-
mat chi ng) and
non-conservatism
(in case of under-
ma t c h i n g ) i n
prediction of crit-
ical conditions for
weld flaws. The
pr e s e nt pa pe r
focuses on the
validation for the
safe applicability
of this procedure
t o t hi n- wal l ed
hi ghl y st rengt h
undermatched Al-
alloy welds. Contrary to the over-
matched cases, there is a need for a fully
validated procedure for undermatched
welds.
4.2 Material related input
information
4.2.1 Tensile properties
One of the major input parameters in the
FITNET FFS analysis is the yield load
of the mismatched configuration.
The yield load solution presented above
contains the mismatch factor M, which
in turn depends on the yield strength of
the weld material. An important task is
therefore the determination of the weld
metal tensile properties. Two approaches
will be presented in the following:
tensile tests using standard flat speci-
mens containing transverse welds and
micro-flat tensile specimens.
It is known that the standard flat tensile
specimens produce tensile properties of
the whole joint covering the interaction
between base and weld areas. However,
micro-flat tensile specimens enable the
determination of local tensile properties.
These 0.5 mm thick and 1.5 mm wide
small specimens, see Figure 8, were
extracted using electrical discharge
machining (EDM) from different loca-
tions of the LBW and FSW joints.
Figure 8 also shows the extraction tech-
nique for sheet thicknesses up to about
3.0 mm. For thicker plates, specimens
can also be extracted across the weld
joint. This technique yields full stress-
strain curves obtained from the bulk
material of the region of interest. The
elongation was measured at a gauge
length of L
0
= 7 mm. It should be noted
that micro-flat tensile specimens are
made of all-weld material and thus
provide the intrinsic (local) material
tensile properties.
The stress-strain curves are shown in
Figure 9 a) along with the base material
curve. The undermatching nature of the
LBW and FSW joints is clearly visible.
Since the TMAZ region is narrower than
the width of the micro-flat tensile spec-
imen, tensile specimens from that region
also contained material of HAZ. This
Strain hardening exponents for mismatch, N
M
, base, N
B
, and weld materials, N
W
, are
defined as follows:
Figure 8 - Schematics of the micro-flat tensile specimen extraction from the LBW and FSW welds.
(8)
(9)
(10)
(11)
(12)
(13)
(14)
(15)
(16)
97 Riv. Ital. Saldatura - n. 1 - Gennaio / Febbraio 2007
E. Seib e M. Koak - Fracture analysis of strength undermatched welds of thin-walled aluminium structures using FITNET procedure
has led to a higher
stress-strain curve
although the hard-
ness is found to be
the lowest in the
TMAZ region. In the
defect assessment the
lowest stress-strain
curve of the FSW
joint will be used to
be on the conserva-
tive side.
Global tensile prop-
erties of LBW and
FSW joints were
d e t e r mi n e d b y
tensting standard flat
tensile specimens
according to the stan-
dard DIN EN 895
wi t h t r a ns ve r s e
welds. In order to
make a comparison
of the tensile proper-
ties between welded
joints and the base
material excluding
any geometry and
size effects, speci-
mens of the same
g e o me t r y we r e
prepared from the
base material. The
e l o n g a t i o n wa s
measured at a gauge
length of 50 mm.
Since the plastic
strain entirely localized within the softer
weld material, the elongation at fracture
is obviously much smaller than that in
the base material specimen, Figure 9 b).
Table 1 summarizes the tensile strength
and elongation values for all materials.
For the LBW material, the standard
specimens yielded much higher yield
and ultimate tensile strength than the
micro-flat tensile specimens. The higher
strength values should be expected due
to the constrained plastic deformation
within the welds (both LBW and FSW)
which leads to a higher stress triaxiality.
However, the (apparent) yield strength
increase is primarily attributed to the
relatively large gauge length for the
strain measurement in the standard spec-
imens. Since the yield strength is deter-
mined in terms of the 0.2% proof stress,
it is dependent on the gauge length.
A reduction of a gauge length will
increase the strain and decrease the 0.2%
proof stress [9]. The sensitivity of the
FITNET FFS residual strength prediction
to the weld metal yield strength will be
demonstrated in a later section including
the recommendation for the suitable
determination of the weld metal tensile
properties. The differences in LBW and
FSW tensile properties are due to their
weld metal microstructures and weld
geometries (FSW has a much larger
width, 2H, than the LBW joint, see Figure
1). The large differences in weld widths
strongly influences the deformation
behaviour of the undermatched joints.
Figure 9 - Stress-strain curves of LBW, FSW,
and base materials obtained.
a) from the micro-flat tensile specimens
b) from standard transverse flat
Material
Yield strength
= R
p0.2
MPa
Tensile strength
UTS
MPa
Elongation
at fracture, A
%
Mismatch factor,
M =
YW
/
YB
: la gamma Tychem
offre
leggerezza e protezione contro un ampio
ventaglio di sostanze, dagli agenti
chimici poco tossici ai gas altamente
tossici, nonch contro i rischi biologici.
Tyvek
: la gamma Tyvek
offre prote-
zione da numerosi agenti chimici liquidi
o solidi, ma anche dalla polvere e dalle
fibre.
Proshield
Armor, Kevlar
Comfort,
Kevlar