L'ecologia
considera l'uomo
il padrone del mondo,
riproponendo quella
superbia antropologica
che all'origine
dei mali che
vorrebbe combattere.
E se l'uomo smettesse
di credersi
il signore della natura,
per riconoscersi
ospite fra gli ospiti,
in una responsabile
convivenza con
l'Altro e gli altri viventi?
Beato de Fernando, Miniatura dell'Apocalisse, X secolo, cortesia www.wikimedia.org.
Oltre l'ecologismo
Massimo Filippi
k
onostante i l degrado am%
I bientale si vada facendo di
I % I giorno in giorno pi pressant i te e, di conseguenza, la questione ecologica sia entrata a
pieno titolo nell'ambito del dibattito
politico e dell'elaborazione etica,
sempre pi evidente come tutto ci
non si traduca in una reale riduzione
dell'impatto umano sul benessere
dell'ecosistema. La discrepanza tra la
ricchezza del pensiero ambientalista
e la scarsezza dei suoi risultati materiali riflette molto probabilmente
una difficolt che si annida irrisolta
nel cuore dell'ecologia stessa, e cio
nella sua incapacit di prender congedo dal paradigma antropocentrico
dominante. L a visione che l'ecologia
11
DIOGENE
N. 15 Giugno 2009
IL
MONDO
La scena originaria
A differenza di quanto comunemente
si crede, i l pensiero ambientalista riconosce la sua prima mossa molto addietro nel tempo. L'ecologia , infatti,
coeva di No: fin dalla sua nascita
una semplice appendice dell'umano,
una costola di Adamo. La Genesi su
questo non lascia dubbi, laddove
descrive la strategia adottata da No
nell'affrontare un disastro ambientale
su scala planetaria del tutto simile a
quello che oggi ci sta di fronte: " D i
quanto vive, di ogni carne, introdurrai
nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e
femmina. Degli uccelli secondo la loro
specie, del bestiame secondo la propria
specie e di tutti i rettili della terra
secondo la loro specie, due d'ognuna
verranno con te, per essere conservati
in vita", ordina Dio a No.
L'ambientalista moderno riconosce in
No i l proprio antesignano perch,
come quest'ultimo, applica uno standard per se stesso (per l'uomo) e un
altro, completamente diverso, per i l
resto del vivente: entrambi si preoccu-
"L'ecologia fallir,
perch il suo orizzonte
mentale non diverso,
in profondo, d a quello
del distruttore".
G u i d o Ceronetti
12
N. 15 Giugno 2009
mente nelle mani dell'uomo. Per questo motivo, poich immune da ogni
idea di conflitto, la decrescita non pu
che essere felice.
La n a t u r a i aestethics
sostiene la necessit di accordare tutela morale ad
almeno una parte del mondo naturale
in quanto bello. Cos facendo, subordinando il naturale all'estetico, implicitamente accetta una prospettiva antropocentrica, quella che permette all'uomo di osservare e giudicare la natura e
la sua bellezza da sopra e da fuori.
L'ecologia sociale elaborata da Murray
Bookchin, pur sostenendo la necessit
di riconsiderare le dinamiche che
hanno portato alla scissione tra questione sociale e questione ecologica,
non si smarca anch'essa dall'antropocentrismo nel momento in cui individua i l dominio della natura come prodotto di scarto del dominio dell'uomo
sull'uomo.
Utopie estinzioniste
L'ecologia profonda sembra invece
abbandonare la prospettiva antropocentrica in quanto si prefigge di assegnare il primato al sistema-natura sulle
sue varie componenti (umano compreso). Dovrebbe, per, insospettire i l
fatto che mentre tutti gli ecologi profondi non hanno mai esitato ad approvare l'abbattimento selettivo di animali a favore del benessere sistemico, nessuno di loro (fortunatamente!) ha mai
suggerito procedure analoghe per gli
umani che, notoriamente, costituiscono i l problema principale del sistemanatura. Questa incongruenza tutt'altro che accidentale, segnalando invece
in maniera inequivocabile che anche
l'ecologia profonda non si smarca dalla
retorica della sopravvivenza umana:
pur assegnando alla natura la capacit
di autoregolarsi, e quindi una mente,
riserva comunque all'uomo i l ruolo
della parte cosciente della mente di
Gaia. Con tratto tipicamente moderno,
la dicotomia fra mente e corpo si replica nella dicotomia fra coscienza e
inconscio. L'ecologia profonda un'altra versione del mito di Edipo: l'ecologo profondo uccide il padre No per
prenderne i l posto nell'abbraccio
misticheggiante di madre Natura. La
difficolt ad abbandonare la nostra
posizione sovraecologica testimoniata anche dalle principali proposte ecologiste, l'estinzionismo umano e i l primitivismo, rintracciabili nell'antispecismo, cio in quel pensiero che intende
ridare dignit al mondo animale.
L'estinzionismo umano, la speranza
che un giorno la nostra specie, preso
atto della sua natura antiecologica e
distruttiva, si sacrifichi autoestinguendosi a vantaggio degli altri viventi, rappresenta un'assurdit logica (una specie intrinsecamente malvagia non
opter mai per la propria autodistruzione; e, d'altra parte, una specie pronta a sacrificarsi per il bene comune non
intrinsecamente malvagia e, quindi,
non decider mai di autoestinguersi),
ma l'entusiasmo anche un'assurdit
"ontologica" perch pensa di opporsi
alle attuali logiche distruttive, continuando a ribadire la divisione fra uomo
e natura, semplicemente ribaltandone
l'assiologia: l'uomo i l male assoluto
che va relegato in fondo alla nuova
scala degli esseri.
IL
MONDO
DIOGENE
13
N. 15 Giugno 2009
IL
MONDO
Immagini e catastrofi
Le immagini che corredano gli articoli da pagina 8 a 14 sono miniature eseguite nel X secolo dal Beato de Fernando a commento d e l l ' A p o c a l i s s e .
Che relazione hanno con l'ecologia? Nesssuna dal punto di vista dei contenuti,
perch le catastrofi descritte dall'apostolo Giovanni hanno cause ben diverse
dalla cattiva manutenzione del pianeta di cui l'umanit si fatta recentemente
responsabile. Prova per a confrontare i l disastro descritto dal Beato de Fernando in questa pagina, la caduta di una montagna infuocata sulla Terra (si vedono
le navi naufragate e la striscia rossa simboleggia il sangue), con l'immagine nella
pagina a fianco, un manifesto di lotta contro i l g l o b a l w a r m i n g . Basterebbe la
scritta che l'accompagna: "I mondi in fiamme periranno presto", per rilevare la
presenza di una vena catastrofista nella cultura ambientalista contemporanea.
Maria Inglisa, per, nell'articolo che segue, ci spiega come queste accentuazioni apocalittiche non siano veramente sostenute dagli scienziati ma facciano
parte degli eccessi retorici tipici della divulgazione di massa e della comunicazione mediatica. Il giornalista esagera, i l titolista ancor di pi e l'illustratore
sembra non poter fare altro che immaginare di che morte moriremo, sicuramente e presto.
Certo questa la logica dell'informazione, e sappiamo tutti che spesso i fatti
sono gonfiati dai giornalisti. M a nel ragionare su una possibile morte del pianeta entrano in gioco insicurezze primordiali, paure archetipiche (leggi la sezione
dedicata a Jung) e fantasie escatologiche: in fondo non c' cultura che non abbia
sviluppato un proprio mito sulla fine del mondo e anche quella dominata dalla
scienza sembra non sottrarsi alla regola. Morale? Approfondire gli studi ecologici, ma combattere anche la naturale tendenza della nostra mente alla visione
apocalittica quando si ragiona del cosmo.
14
DIOGEN
N. 15 Giugno 200