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Otto giorni
e mezzo
Diario di produzione di
“L’amore. quasi. (oppure no)”
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Dedico questo libro a Barbara e a chi, come lei,
ha imparato a guardare la vita attraverso un biscotto.
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“Girls in white dresses with blue satin sashes
Snowflakes that stay on my nose and eyelashes
Silver-white winters that melt into springs
These are a few of my favourite things”
John Coltrane
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PROLOGO
Sorvolando in ogni caso sulla filosofia spicciola, questa mattina è iniziato il nostro
prologo.
Proveremo una buona parte delle scene del film con tutti gli attori.
Per fare questo ci siamo trovati alle nove e un quarto al Politeama di Fano.
E‟ un cinema. Uno di quelli mitici. Quelli che sono sempre stati lì.
Ed è bellissimo stare al cinema per non vedere un film.
Oggi qui si fa un film.
Domani si girerà, ma oggi si fa. Scusate se è poco.
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Dopo pochi secondi arriva anche Ploto (non c‟è niente da fare: non ci riesco proprio a
scrivere Andrea Lodovichetti… è Ploto!), il regista.
Sembra più attivo che mai e anche lui si fionda alla ricerca di un pacchetto di
sigarette nello stesso bar che era stato la salvezza di Giorgia.
Aspettando gli altri attori sfogliamo i giornali e mentre Ploto scopre su “Il resto del
Carlino” un interessante articolo che parla del film, io mi dedico a letture
„impegnate‟.
Apprendo, infatti, dal quotidiano che ho per le mani (per non far nomi “Il corriere
della sera”), quella che è la notizia più importante finora giuntaci dal festival del
cinema di Venezia: pare che la cagnolina di Stefano Accorsi abbia avuto un flirt con
un bastardino del Lido.
Lascio immaginare lo sgomento che immediatamente, al diffondersi della notizia tra i
ragazzi, si è creato: Roby Cardinali (backstage), arrivata nel frattempo, non ha
nascosto le lacrime, dicendo che in occasioni funeste come queste non si possono
ostacolare le proprie emozioni.
Nessun bastardino merita la stima, né tanto meno l‟affetto della cagnolina di Stefano
Accorsi.
Ploto, con fare da vero gentleman, pronuncia per noi, affranto popolo cine/cinofilo,
parole di conforto esortandoci a girar pagina e a guardare avanti.
Intanto, ignari della notizia, sono arrivati tutti quelli che mancavano all‟appello,
almeno per oggi: Pia Punzo (la portinaia), Ursula Iannone (la donna della coppia),
Claudio Alfredo Alfonsi (lo psicanalista), Alessandra Faiella (Laura), Francesco
Belfiori (lo sceneggiatore) ed Henry Secchiaroli (il direttore della fotografia).
Siamo tutti pronti, finalmente.
Si può cominciare.
E si comincia.
Ci trasferiamo nella sala vera e propria dove Ploto, Henry e Roby hanno allestito il
minimo indispensabile per le prove: un faretto che contribuisce non poco
all‟innalzamento delle temperatura corporea degli attori; un monitor con collegata
una telecamera e la stessa Roby che si aggira felina tra tutti noi e fa riprese per il
backstage.
La prima scena che proviamo è la visita di Laura da Onelia, la strampalata
cartomante.
La cosa più bella di una prova è vedere la sceneggiatura che prende vita.
Tutto quello che fino a ieri era stato solo inchiostro nero su un foglio, adesso diventa
una situazione pseudo-reale.
Giorgia ed Alessandra iniziano con una rispettosa lettura della scena.
Sembra quasi che abbiano un po‟ paura di tradire il copione, di farlo proprio.
Ma ogni volta che ripetono la scena si vede che si sciolgono, la voce prende
sicurezza, i gesti si fanno decisi e la situazione prende vita dalla carta.
Ora sono loro che dominano la sceneggiatura.
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E allora vedi Onelia che assume la sua caratteristica vena di cattiveria mentre entra e
vola nel bosco preannunciando la solitudine per Laura, e Laura che cammina in bilico
tra le sue insicurezze che si concretizzano in repentini ma comunque fluidi
cambiamenti d‟umore.
Ogni volta che si ricomincia, c‟è sempre un botta e risposta di improvvisazioni
strepitoso che trasforma il copione quasi in un canovaccio e che trasforma quello che
stiamo facendo.
Da cinema a teatro.
Profumo di commedia dell‟arte.
Ci sono state altre due prove, poi, nessuna si è più nemmeno avvicinata all‟intensità
di questa.
E‟ inevitabile che dopo il picco ascendente, si torni giù.
Mica tanto.
Quel tanto che basta a non essere eccessivi.
Intanto poco dietro di me sono arrivati i costumisti, Jean Claude Poderini e Michela
Ricci, stracarichi di borse, borsette , borsettine, sacchi e quant‟altro.
Ogni tanto sequestrano un attore e gli fanno provare un po‟ di costumi.
Si vede che si divertono…
La prima a finire nelle loro mani è Giorgia, la cui vestizione sembra lunga e
laboriosa.
Pare infatti che la nostra Onelia sarà bardata di tutto punto come Cloris Brosca con
tanto di cavigliere e bracciali che appena si muove fanno un rumore del diavolo e che
secondo Francesco non saranno affatto graditi dal fonico di presa diretta.
L‟effetto, però, è suggestivo e nonostante qualche piccolo difetto che Jean Claude e
Michela ritengono indispensabile correggere e che io nella mia abissale ignoranza in
materia di abiti e sartoria non avevo nemmeno notato, funziona.
Liberata Giorgia, ora tocca a Pia per la quale le cose sono molto più semplici: una
semplice divisa da portinaia e cioè, perdonatemi lo scivolone nel dialetto, „zinalon‟ e
„grembiul‟ che indossa con disinvoltura e che la fanno entrare perfettamente nella
parte.
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Iniziano con un vestitino rosa attillato con un fiocco sul davanti che secondo me, se
posso dir la mia, è… non brutto, ma parecchio di più… ma che viene ravvivato dal
modo spiritosissimo di Alessandra di portarlo.
La sfilata prosegue poi con il vestito da sposa con il quale Alessandra si esibisce in
una corsa in mezzo al Politeama cercando la maniera migliore di ripetere poi la scena
in spiaggia senza cadere intrappolata nelle maglie del proprio abito.
Le prove dei costumi non si fermano quasi mai per tutta la mattinata e appena gli
attori hanno un momento libero, eccoli a cambiarsi d‟abito e accessori cento volte e
anche un po‟ a pavoneggiarsi… (stavo per scrivere “pavoneggiarsi come struzzi”, poi
mi son reso conto che forse non dovevo bere tutto quel vino prima di mettermi a
scrivere, ma si sa, come insegna il sommo poeta dialettale Giacomo Gabbianelli:
“costo a me c‟è il fiasco pino / perché a me un bicchier di vino / mi fa scriver più
migliore”…).
Non bisogna però dimenticare chi sta ancora sul palco a provare e riprovare: ci sono
Alessandra e Claudio per la scena dell‟ingesso di Laura nello studio dello
psicanalista.
C‟è una battuta che Alessandra non riesce mai a ricordarsi e per questo spesso si
ricomincia ma alla fine si riesce a raggiungere una bella intesa e il ritmo giusto arriva.
Claudio è un perfetto analista freudian-naturalista.
Instilla il dubbio nello spettatore che quello che avrebbe bisogno della psicanalisi
sarebbe proprio lui.
E forse, chissà, vorrebbe essere curato proprio dal busto di Freud a cui si rivolge con
insistenza mentre parla con Laura.
Alessandra sprofonda ancora di più nell‟allegro terrore di diventare davvero pazza, a
tal punto che non c‟è bisogno di sottolinearlo a parole: via quella battuta dal copione,
le espressioni dicono molto di più.
Ad un certo momento c‟è chi fa notare che il ritmo potrebbe essere migliore…. Ci
siamo quasi ma con qualche ritocco si arriverebbe più avanti…
Francesco, Ploto, Alessandra e Claudio prendono in mano il copione, Ploto lo mette
in bocca e sbircia in quello di Alessandra: tempesta di cervelli.
Alla fine provano a portare un po‟ di disordine nelle battute dello psicanalista: le
tagliano e poi le rimettono insieme in modo differente.
Finalmente è la volta buona: ora tutto è fluido e gira bene…
Le pause hanno trovato il loro posto e il discorso scorre proprio bene con un ritmo
più serrato.
Sì, a posto.
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restare single o farsi sposare dall‟uomo più ricco della città, ovvero il suo fidanzato
Pierre.
Le prime prove sono indubbiamente professionali, gli attori sanno perfettamente cosa
dire, però manca la verve di una vera litigata: la coppia e lo psicanalista devono
arrabbiarsi l‟uno con l‟altro perché Laura segua i loro consigli, ma in realtà ne
approfittano per tirare in ballo qualunque pretesto buono per azzannarsi su questioni
personali; si accusano di tutti quei piccoli screzi che avvengono all‟interno di un
condominio come la polvere dei tappeti e l‟acqua dei fiori che finiscono sempre nei
terrazzi altrui…
Nelle prime prove manca l‟immedesimazione totale, manca quel sano odio che
generalmente c‟è tra vicini di casa, infatti quando Claudio ha la bellissima idea di
abbandonare la compostezza del suo analista Freudian-naturalista, tutto il
meccanismo si sblocca e la rabbia comincia a montare davvero.
I tre iniziano a guardarsi sinceramente in cagnesco e a rinfacciarsi con passione le
battute del copione, mentre da dietro Ploto continua a farli spostare alla disperata
ricerca di una disposizione spaziale che non sia troppo teatrale (mica facile, del resto,
stiamo provando in un teatro…).
A forza di provare, però, iniziamo a perdere la cognizione del tempo e quella che, nel
pieno stile Lodovichetti, doveva essere “L‟ultima prova al volo prima di andare a
mangiare” sta andando avanti ormai da più di mezz‟ora: evidentemente, però, negli
attori comincia a farsi sentire una certa stanchezza e nemmeno a farlo apposta (o
forse si… chi lo sa che non si siano messi d‟accordo… un boicottaggio…), tutti
insieme, all‟una e trentacinque circa, iniziano ad avere qualche black out mentale e a
dimenticarsi pezzi di copione.
Vedendo ciò, forse impietosito e forse un po‟ stanco anche lui, il capo decide di
smettere, tornare ancora un attimo sullo studio dello psicanalista e poi di andare
davvero a mangiare: stavolta è di parola.
Il motivo principale per cui ancora quella scena non gli va a genio è che non si riesce
a capire quando Laura deve consegnare all‟analista il mazzetto di asparagi, visto che
generalmente Alessandra finisce di recitare giocherellando in tutta tranquillità con
l‟ortaggio che ha in mano.
Questa prova, comunque, evidenzia anche che forse con qualche piccolo
cambiamento di tono, il tutto potrebbe essere molto più divertente.
A dimostrazione di questa tesi, quando Claudio prova ad aggiungere alla sua
interpretazione un pizzico di quello che lui definisce “stile da integerrimo
professionista”, io inizio a ridere di gusto, perché le espressioni che riesce a
impostare con quel suo viso gommoso sono davvero irresistibili…
Visti i risultati di quest‟ultima fatica, Ploto dichiara la pausa pranzo e ci informa che
le prove proseguiranno nel pomeriggio nell‟ufficio della Lo.Be.Ca. film.
Alla fine di queste, l‟appuntamento è al “Caffè del pasticcere” per la conferenza
stampa di presentazione.
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LA CONFERENZA STAMPA
Quando arrivo al locale dove ci siamo dati appuntamento, non riesco a fare a meno di
notare che non riuscirò mai a vincere la mia abitudine di arrivare con almeno venti
minuti d‟anticipo e sentirmi comunque in ritardo.
Nell‟attesa mi siedo ad un tavolo, ordino un succo all‟ananas e approfitto per
guardarmi intorno: la saletta per le conferenze è già pronta.
C‟è il tipico tavolo da conferenza stampa con un mazzo di fiori che nessuno riuscirà
mai a capire se veri o finti, tre bottiglie d‟acqua (Sempre tre… congresso di politici
scalmanati e sudati… solo tre bottiglie d‟acqua…) e un microfono, come se ci fosse
qualcosa di serio da dire (mah… io questa la taglierei…!)!!!!!
Scherzi a parte, sono già pronte le sedie per i giornalisti e gli attori.
Dopo pochi minuti dal mio arrivo, vedo fuori dal vetro Ploto, anche lui notoriamente
affetto da quella piacevole malattia che è l‟“anticipite cronica” all‟ultimo stadio.
Arrivano poi anche Luca e Checco con le cartelline stampa per i giornalisti contenenti
i vari curricula, la scheda del film e un pass.
A proposito di queste cartelline, voglio spendere due paroline: eh si, perché anche se
Henry dice (e io non lo metto in dubbio) che per farle gli ci saranno voluti si e non
dieci secondi, bisogna dire che fanno proprio la loro bella figura…
Nel frattempo, mentre io sbircio dentro una di queste per vedere che cosa c‟è di bello
dentro, la saletta inizia a riempirsi di giornalisti e dei ragazzi dello staff tecnico che
cercano di prendere un posto buono (i posti in realtà sono tutti buoni, visto che la
saletta è molto piccola…ma ognuno comunque cerca di leggere il libro del tornaconto
e di evitare di ritrovarsi davanti il classico giocatore di pallacanestro di due metri e
novantacinque proprio davanti… cosa che di solito capita con matematica regolarità
al cinema anche se in sala ci sono solo due persone…).
Il problema, però è che i posti davanti che sono riservati per i giornalisti (non è che
sono proprio riservati, ma la logica impone che loro stiano il più avanti possibile,
no?) sono occupati da persone che tutto sono fuorché giornalisti! Generalmente sono
curiosi, o clienti del bar che approfittano della situazione per passare un po‟ di tempo
in modo diverso dal solito.
Proprio per cercare di liberare questi posti, Valentina Butera (l‟addetta stampa) gira
per la stanza come una trottola e con tutta la gentilezza del mondo continua a
chiedere alla gente di spostarsi.
Qui va un grazie a tutte le persone che hanno capito subito, hanno chiesto scusa e si
sono alzate.
Di contro, non ricordo nessuno che abbia opposto resistenza!
Ma allora tutto questo paragrafo che scopo ha di esistere???
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Il primo a prendere la parola è Luca, che per prima cosa fa un‟introduzione generale
del discorso e si affretta a ricordare che il progetto è patrocinato dal Comune di Fano
e finanziato da “Marina dei Cesari” (sploing bloing… leggasi come: sviolinata) dopo
di che passa il microfono ad Alessandra Faiella, cui spetta il non facile compito di
spiegare, senza però svelare nulla, la trama del film: sarà un momento epico.
Anche il più grande scrittore esistito sulla faccia della terra, non riuscirebbe a
scrivere, quanto il discorso di Alessandra sia strampalato, difficile da seguire e
proprio per questo divertentissimo: parte in sordina, sembra avere le idee chiare e
precise, ma quando il racconto entra nel vivo, la vediamo partire per la tangente e
iniziare ad arrampicarsi sugli specchi scivolando rovinosamente nel tentativo di
districarsi tra cartomanti (che non doveva nemmeno menzionare!), maggiordomi
vestiti da mocio Vileda ed amiche vipere.
Quando alla fine passa il microfono a Ploto, praticamente implorandolo di aiutarla,
lui, divertito, non può fare a meno di dire “Signore e signori: Laura!”.
E l‟applauso è immediato.
La conferenza continua con gli interventi di diverse personalità politiche e non, tutti
contenenti i migliori auguri perché il nostro lavoro prosegua nel migliore dei modi:
sentitamente ringraziamo.
Due in particolare sono gli interventi che mi hanno colpito: uno è quello di un
giornalista che fa notare, essendo… no, non lo scrivo così… voglio provare a far uno
sforzo e ricordarmi le sue parole:
“Probabilmente questo che scriverò sarà l‟ultimo articolo su Ploto e Checco e Luca
che scriverò, non perché io voglia cambiare mestiere, ma perché probabilmente, dopo
questo lavoro, saranno loro ad approdare a nuovi porti, irraggiungibili da me.
Spetterà a qualcun altro recensire i loro lavori.
Ma finchè sono qui, mi ostinerò a dire che il film verrà girato in LUOGHI.
LUOGHI. E non LOCATIONS.
Non cediamo all‟esterofilia anche noi!”
C‟è chi applaude e chi ride, ma generalmente l‟aria è di piena condivisione e anche i
tre signori seduti laggiù al tavolo coi fiori misteriosi e le tre bottiglie d‟acqua
sorridono.
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Visto che sembra che i giornalisti non abbiano più molte domande, Checco, cerca di
alleggerire l‟aria dando i numeri della pre-produzione, ovvero i consumi di farmaci e
veleni vari in tre mesi di lavoro:
- 12347 sigarette
- 12 casse di Maalox
- infinite notti in bianco
- innuemerevoli litri di Borghetti (suggerisce il padre di Ploto…)
Sembra proprio che le parole da dire, o almeno quelle decise, siano già state spese…
Nessuno chiede più se ci sono altre domande per timore che la risposta sia “Quando
avete intenzione di scoperchiare il buffet, che è da oggi che non mangio!?”
La conferenza è finita.
Quindi si può cominciare a mangiare e nessuno se lo fa dire due volte: si avventano
tutti sui vassoi come uno sciame di locuste su un campo di grano.
Forse però questo, nella versione pubblica, sarà meglio farlo passare come uno
scherzo…
Anche se a me piacerebbe sapere quanti dei giornalisti presenti usciranno davvero
con un articolo e quanti , invece, avranno solo scroccato una cena con le migliori
pizzette farcite di tutta Fano (e suggerirei, di tutto l‟universo conosciuto…).
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IL PRIMO GIORNO
La Maison Coloniale
Manca più di un quarto d‟ora alle otto, ora dell‟appuntamento ma io sono già piantato
davanti ai cancelli di un posto che per quattro anni, uscendo ogni giorno da scuola mi
son ritrovato davanti, senza mai capire cosa fosse.
C‟è un gran cartello con scritto “La maison coloniale”, non mi ero mai curato di
avvicinarmi per vedere meglio…
Beh, per chi come me avesse passato anni senza sapere cosa pubblicizzava quel
cartello, ve lo dico io: è un negozio di arredamento.
Ma non un negozio di arredamento come tutti gli altri dove generalmente tu entri,
guardi in giro e dici “Ah, bello questo tavolo: chissà quanto costa?” e ti si avventa
addosso un avvoltoio che ti vende una cucina componibile da 185 pezzi senza
nemmeno che tu te ne accorga.
Questo è un negozio di tipo “Terzo mondo a ingresso libero”… che poi vorrebbe dire
che tu entri e dici “Guardaaaaa!!! Tutte le cosine dei paesi lontani che non costano un
cazzo!!!” e nessuno ti si avvicina nemmeno…. poi quando arrivi alla cassa e ti dicono
il prezzo, nel terzo mondo ci finisci tu a prepararti la colazione col latte in polvere
diluito nell‟acqua piovana.
Non divaghiamo!
Sono qui davanti al cancello e per ingannare il tempo e darmi un‟aria da “ingliscmen”
leggo un giornale che mi sono previdentemente comprato.
Come è logico quando si inizia a fare qualcosa di nuovo, c‟è sempre un po‟ di
emozione e a dirla tutta il giornale non lo leggo nemmeno: lo sfoglio distrattamente
modulando le espressioni in base al numero della pagina, assumo un faccione
sconsolato quando arrivo alla pagina della politica interna (tanto anche se non leggo
Berlusconi avrà fatto una buscherata nuova!), sbircio se negli spettacoli qualcuno
parla di noi (stamattina no…) e guardo le figure…
Proprio quando decido di mettermi di buzzo buono a leggere un articolo che mi pare
interessante, ecco che mi ritrovo in fondo senza averci capito niente perché tanto ho
la mente troppo occupata da altri pensieri… tanto vale mettere il giornale nello zaino
e lasciarlo per tempi migliori!
Stamattina ci aspetta la scena della telefonata iniziale tra Laura ed Anna nella quale
Laura è agitatissima perché ha appena ascoltato il messaggio di Pierre in segreteria: ci
saranno Alessandra Faiella e Marina de Juli a recitare i due ruoli,.
Pochi minuti dopo di me, a cavallo di una delle tante ragioni per cui lo ammiro
moltissimo e cioè una Ducati Monster 600 rossa, arriva anche Ploto.
Ha l‟aria rilassata di chi la notte precedente ha dormito come un bambino.
Scendendo, infatti, dalla moto si stiracchia e mi chiede se ho dormito bene anche io.
La risposta è ampiamente negativa visto che la notte scorsa ho avuto mille pensieri
per la testa (Se becco quello che ha inventato gli Sms, giuro che lo eviro… ti
incasinano la vita in maniera impressionante!) e in più il vento, per ore ha fatto
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sbattere la cassetta della posta della mia vicina di casa (didindidindidindidin….)
facendo un rumore infernale.
Stamattina per precauzione, l‟ho tappata con lo scotch… la cassetta, non la vicina di
casa…
Comunque, quando Ploto rivolge la stessa domanda anche a Giammarco “Giammi”
Grottoli (Il direttore tecnico) che è appena arrivato con le chiavi del negozio, questi lo
guarda stralunato come a dire “ma scherzi o fai sul serio!?!?!”.
Ormai rassegnato all‟evidenza di essere stato l‟unico a dormire bene, Ploto,
sopraffatto da terribili sensi di colpa malcelati, decide saggiamente di smettere di far
sondaggi d‟opinione sull‟argomento.
Il set di oggi è stato “costruito” al piano superiore del negozio in due stanze attigue
che, mi pare inutile dirlo, nel film saranno le stanze di Laura ed Anna, quindi si è
dovuto rimediare al fatto che le pareti sono dipinte dello stesso colore perché non si
capisca che in realtà siamo nello stesso posto.
Per fare questo, Alessandra “Lalla” Giardini (la scenografa) e i suoi assistenti Sara
Curina e Paolo “Magno” Magnoni, hanno tappezzato le pareti della stanza di Anna
con dei pannelli di legno rigidi ricoperti di carta rossa: l‟effetto è sorprendente!!
Anche se le attrici non sono ancora arrivate, tutto il set è in piena attività: i tecnici
finiscono di sistemare le luci allestite già dalla sera prima, Ploto stende i cavi di
segnale delle telecamere e ogni minuto che passa lo si vede alterarsi (quanto mi
piacciono gli eufemismi!!!) per il crescente ritardo di Henry che dovrebbe preparare
le inquadrature e che invece non si vede…; Checco Montesi e Michele Conti
preparano i microfoni e il computer per la presa diretta: insomma, non posso mica
dire esattamente tutto quello che fanno tutti, però, per tagliare corto, non c‟è uno che
stia con le mani in mano.
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nostri corpi (solo quando ve lo dico io…) accendiamo tutte le luci di Marte!
b) In questo formicaio in piena attività, io mi sento l‟unica cicala (Miii… le
citazioni!!!). E‟ vero che il mio ruolo è quello di osservare e poi scrivere, ma è
anche vero che agli occhi di chi non sa ancora cosa sto facendo passa la
sensazione che io me ne stia lì a non fare un beato cazzo.
Dopo qualche minuto dal lieto evento, finalmente arriva anche Henry, il quale non
riesce a salire due gradini senza incappare in qualcuno che gli riversi addosso una
valanga di improperi per i suoi ormai tre quarti d‟ora di ritardo.
Arrivato in cima, provato come uno scalatore svizzero che si è rotto una gamba
scavalcando un cancello (ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite è da
considerarsi puramente casuale), invece della quiete dopo la tempesta, trova ad
attenderlo Checco e Ploto al Nirvana della rabbia o, per essere più filosofici, incazzati
come api ( “South Park” docet) che gli danno il colpo di grazia.
Per sua fortuna, ad interrompere la tortura, arrivano dal piano di sotto delle urla
allucinanti.
Bambini sgozzati?
Orge da mille e una notte?
Non lo so…
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il telefonino che sta chiamando il pronto soccorso psichiatrico… Faccio appena in
tempo a chiudere…
Ormai è davvero tutto pronto per girare: anche le attrici hanno smesso di urlare e
sono salite vestite in “abiti” di scena (piuttosto in disabbignè, come direbbe
Sconsolata!).
Alessandra è in accappatoio con un asciugamano in testa in pieno stile guerrigliero
Mujaidin, Marina De Juli (che interpreta Anna), invece, ha un pigiamino azzurro stile
Bridget Jones.
Siamo tutti alle nostre postazioni, sui monitor c‟è il segnale (e non succederà spesso
nei prossimi giorni…), le attrici sono nei loro rispettivi letti, quando Ploto,
improvvisamente si ferma e fa:
“Fermi tutti, qui non si comincia se non si fa l‟un, due, tre: MERDA!”
Le uniche tre facce stravolte sono la mia, quella di Marina e quella di Alessandra,
ovvero gli unici che non hanno mai lavorato con questo staff.
In ogni caso, la spiegazione è presto data (e se non siete dementi del tutto, o miei fidi
lettori, credo proprio che sarà superflua!): è un rito scaramantico che precede il primo
ciak.
C‟è qualcuno che fa giustamente notare che la formula ufficiale prevede anche di
sgargarozzarsi un bel Borghetti, ma qualcun‟altro replica che essendo Domenica non
è poi tanto facile trovarne una bottiglia così su due piedi (grave, gravissima
disorganizzazione produttiva… signori miei!).
Ci raduniamo tutti in “camera di Anna” e….
“UNO”
“DUE”
“TRE”
“MERDAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA”
“Pronti?”
“Motore!!” “Partito!” “Partito!” “Partito!”
“Sequenza uno, scena uno, uno, prima!”
Dieci secondi di silenzio e concentrazione
(Madonna!)
“AZIONE!!!!”
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La mia azione è quella di non far sconti a nessuno ma stavolta anche senza sconti la
scena è bella, alchemica (non perdete tempo a pensare a cosa mai possa voler dire
alchemica, non lo so: ma rende l‟idea) e serrata.
I problemi sono solo di natura tecnica.
Quello che salta immediatamente all‟occhio è la durata: più o meno tre minuti.
Ora, tre minuti a dirli così, sono un battito di ciglia (oh, ti sarai mica addormentato!?)
ma in un film di quindici minuti sono un terzo della durata…
Non rendo ancora bene l‟idea?
Vi faccio un esempio, perché con gli esempi si capisce meglio…
Sarebbe come se in “Il padrino parte seconda” Al Pacino stesse a parlare al telefono
col suo avocato per un‟ora: roba da impiccarsi al soffitto per i piedi…
E non mi venite a tirare fuori a storia di “Phone booth”.
E‟ una situazione sensibilmente diversa.
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Nella stanza di Laura (Alessandra, Laura, Marina, Anna… alla fine di questo diario
avrò una personalità ampiamente dissociata… come quel tale, Cameron West che a
38 anni ha scoperto di avere 23 personalità differenti… sapete come si chiama
questa? “Cultura da Focus”, ovvero conoscere tante piccole curiosità totalmente
inutili, e farne sfoggio da pavone…), ci sono Checco Belfiori, Alessandra, Marina e
ultimo arrivato anche Ploto; tutti di fronte alla palese esigenza di tagliare il copione.
Non si deve superare il minuto e mezzo…
Non credo che sia un‟operazione piacevole: devi rinunciare a pezzi di una tua
creatura…
I tagli sono orientati in due precise direzioni: eliminazione di alcune battute e
adeguamento della mimica facciale.
Siamo d‟accordo che i giochi e le improvvisazioni spontanee non siano da
penalizzare troppo…
Su questo campo si decide più che di togliere, di pressare: così, si guadagna sia in
ritmo che in tempo…
“Two piccions with one fav”, come direbbe Oscar Wilde. “Ho sofferto, ma è venuto
fuori un lavoro che neanche te lo immagini…”.
Adesso che il copione sembra aver fatto la giusta dieta, si può ricominciare a girare.
Dopo una pausa forzata come questa ci vuole un po‟ per riprendere il ritmo: tutti sono
usciti a fumarsi una sigaretta o a sgranchirsi le gambe dopo essere stati pigiati come
sardine nel corridoio del negozio per un buon paio d‟ore.
Ora, io non so come la vedete voi, ma radunare una ventina di persone, far loro capire
che la pausa è finita e che quindi è ora di tornare a lavorare senza essere pagati non è
una delle cose più facili da fare che in questo momento mi vengano in mente.
E‟ come l‟intervallo a scuola: dura ogni giorno di meno e alzi la mano chi, il grillo
dotto rientra in classe con quel classico sorriso da ebete, di ci tutti gli appartenenti a
questa categoria sono dotati, non ha mai pensato “Guarda st‟imbecille: passa la vita a
ripetere le stesse cose, entra a scuola dopo di me e ne esce prima, osa anche darmi dei
compiti perché crede che io nel pomeriggio non riesca a stare lontano dai libri e alla
fine del mese lo pagano pure. Io invece, se mi viene in mente di comprare qualcosa
devo mettermi per il corso a intonare squallidi motivetti natalizi con davanti un
sottovaso verde sperando nella magnanimità di qualche passante.
Tutto questo, naturalmente dopo aver fatto i suoi compiti.”
Così dicendo, sperando di aver evocato in voi controversi ricordi delle superiori, vi
sarete resi conto che prima di battere un altro ciak passa almeno un‟ora…
Anche perché, ci ho messo tempo a capirlo, ma poi ci sono arrivato, se tu lasci sole
per un po‟ le attrezzature, quelle si sentono trascurate…
Per esempio: ti allontani dalla telecamera per un po‟?
Affari tuoi: lei se ne va in stand-by e perde tutte le impostazioni!
E via di nuovo a risistemare tutto.
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Nel riquadro rosso potete notare il frutto dell’ingegno del Giardo…
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C‟è una frase che in meno di una mattinata ho sentito due o tremila volte e comincio
ad intuire che sarà il tormentone per i prossimi otto giorni:
“HENRY FUOCOOOO!!!!”
Alla fine, tra una battuta tagliata e una telecamera sensibile alla solitudine, riusciamo
a riprendere a girare.
Io mi rimetto nel mio angolino tattico e stavolta ci resto per parecchio tempo, perché
grazie ad una concentrazione ritrovata, riusciamo a rifare la scena diverse volte di
seguito senza problemi.
Sì, vabbè, qualche sbavatura da correggere c‟è sempre, però in linea di massima ci
siamo, ecco…
Facciamo diciannove ciak (alla faccia di Kubrick!), tra i quali ce ne sono alcuni buoni
e altri meno, alcuni interi e altri interrotti da clamorosi scoppi di risa.
Quando Marina nel rispondere al telefono prende la cornetta al contrario, continua a
recitare e dopo un po‟ si lamenta anche che non si sente bene la voce di Alessandra!
Nel mezzo della scena si comincia a sentire un rumorino bastardo che entra
nell‟audio e che nessuno capisce da dove venga.
Titintitintitintitintitin….
Da andar via di testa…
Alla fine, capisco che viene proprio da sopra la mia testa: è il cartellino di un
lampadario che con l‟aria condizionata picchia contro il vetro.
Per fermarlo, perfomance numeri da circo Togni per evitare di cadere addosso a
mobili e persone.
Stavolta va davvero tutto alla grande: i giochi con la voce ci sono, quelli con il viso
anche, i tempi sono quelli giusti e nessuno si scorda le battute…
In regia si assiste ad uno spettacolino esilarante: Ploto, Checco e Luca sono tutti
davanti ai monitor con le dita incrociate, il respiro trattenuto e non so che altro…
Dopo un minuto giunge, liberatorio più che mai il verdetto.
“STOOOOP!!! PERFETTA: TUTTI A MANGIARE!!!!”
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sprechi capitalisti di questa società consumistica che non pensa ad altro che ad a
sviluppare la propria economia… beato pensiero…prodromo di un discorso roboante,
manicheo e fortemente dicotomico.
Insomma, c‟è uno che prende la macchina, va al negozio e la riempie di paste,
pizzette e di tutto quello che uno potrebbe mangiare ininterrottamente per tutta la vita
senza mai stancarsi (forse non la penserò così alla fine delle riprese) e le porta qui.
Ormai è più o meno l‟una e mezza, orario in cui una buona parte della popolazione
mondiale si concede di mettersi sulla propria poltrona preferita e farsi un palugo di
quelli storici.
Invece qui, siccome ci piace andare contro corrente, ricominciamo di buona lena a
lavorare.
Stavolta, come non mi aspettavo, la ripresa dei ritmi è più veloce: si vede che hanno
tutti voglia di concludere per andare a fare il famoso palugo.
In realtà il lavoro che rimane da fare non è tanto: qualche prova della telefonata in
primo piano e poi i dettagli degli oggetti da montare sui titoli di testa.
Si potrebbe prenderlo come digestivo…
Mai come adesso, mentre facciamo le soggettive, Alessandra e Marina sono state
tanto brillanti.
Tutto è ok dal punto di vista tecnico e da tutti gli altri.
Di solito va avanti a oltranza, ma stavolta l‟unico commento che si riesce a fare è
“Grandiosa!!”.
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Sembrano due venditori ambulanti che fanno le dimostrazioni di un aspirapolvere: si
arrampicano anche sulle finestre per avere un‟angolazione che gli piace!
Ci mettono una decina di minuti più o meno e alla fine indugiano un po‟ anche su un
pesciolino rosso vanesio ed egocentrico dentro ad una boccia in camera di Laura che
sembra molto felice delle attenzioni che gli vengono dedicate.
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SERATA
Il Duomo
Dopo la suddetta doccia mi sento fresco come se fossi stato appena messo al mondo
(che poi è un‟affermazione discutibile).
Quando arrivo al Duomo sono le otto passate, ma quel burlone del padreterno non ha
la minima intenzione di spegnere il sole, per cui la prova luci che era prevista per
adesso, salta per evidenti motivi e potremo farla solo tra una mezz‟ora abbondante se
tutto va bene.
Intanto, però, visto che a nessuno qui piace rilassarsi (o meglio, piacerebbe a tutti, ma
non si può…) si cominciano a montare i carrelli e tutto quello che ci permette di
risparmiare un po‟ di tempo, visto che la serata si preannuncia lunga e freddina.
Mentre cerca di far spianare il carrello, il Giardo rende noto il suo desiderio, al
prossimo film, di girare in uno studio con il pavimento liscio come un biliardo invece
che in una via a schiena d‟asino dove mancano pure i sampietrini…
Con un elaboratissimo sistema di zeppe (che sembra casuale, ma in realtà nasconde
mesi e mesi di perizie geologiche, fori piezometrici e ore passate ad auscultare la
terra… tutti questi dati poi sono stati trasformati, appunto, in una ventina di pezzetti
di legno da infilare sotto il carrello) riesce però, incurante della forma del mondo, a
far sì che le carrellate che bisognerà fare non sembrino uno spot televisivo per
Mirabilandia…
Mentre tutti lavorano, io continuo a prendere appunti e non trovando niente di meglio
da fare, mi diverto a dir baggianate ai passanti che, incuriositi da tanto trambusto, si
fermano a chiedere che cosa stiamo facendo.
Un paio di volte ho anche provato a fare la persona seria, ma, a parte che non è
proprio una cosa che mi si addice, un passante che si è sentito rispondere “Si gira un
film…. Un corto di 15 minuti” ha avuto la bella pensata di ribattere “Ah… chisà cu
ce vol… tut „ste casin pr‟un quart d‟ora?”.
Credo che quell‟uomo debba ritenersi fortunato per due fondamentali motivi:
2) Me lo ha chiesto al primo giorno di riprese. Credo che se, infatti avesse fatto la
stessa divertentissima battuta otto giorni dopo, adesso vedrebbe il mondo da
una prospettiva diversa.
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La domanda sorge spontanea: Abbiamo tra noi il testimonial della Lacoste?
Oppure quest’uomo sa compier miracoli? Perché il laccio del suo pass riesce a non
nascondere il coccodrillo sulla maglia?
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tornare su e chiederci come vanno le cose, credo proprio che si possa incominciare a
provare le luci.
Comunque prima di parlare dei problemi dei fonici avevo detto che le cose stanno
andando un po‟ meglio…
Non era una bugia: infatti, una volta domata la lampada ribelle, siamo tutti pronti a
girare.
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Intorno alla regia si è creato un certo affollamento di persone che cercano di
accaparrarsi un posticino per vedere qualcosina sui monitor…
Poco prima che venga data l‟azione, risuona nell‟aria un grido raggelante e
perentorio:
SILENZIO ASSOULTOOOOOOOO!!!!!!!
E‟, come avrete capito, Michele che in cuffia sente il brusio della gente che fuori
dalle transenne cerca di carpire qualcosa che possa gettare un po‟ di divertimento
nelle loro piatte esistenze…
Non so bene quale sia l‟effetto sortito, cioè non capisco se sono tutti morti o se sono
fuggiti in Pakistan a chiedere asilo politico, fatto si è che ( “Fatto si è che” dopo
Collodi in Italia non l‟aveva mai più usato nessuno!!! Alle elementari, quando
provavo a metterlo in un tema, “una” maestra me lo segnava in rosso venti volte…)
all‟istante si crea, nella piazza un silenzio metafisico.
Si gira.
“CHECCOOOOOOOOOO!!”
“Oh…”
“Vien machì!!!”
“Guarda un po‟… non è bellissimo??? Dai ti prego, vaglielo a dire…”
“Eh, Io ci provo…”
Avete capito?
Sì…
Checco sta andando dalle due signore a chiedere se almeno una delle due è disposta
ad attraversare la piazza nel senso contrario a quello di Alessandra.
Sarebbe bellissimo, no?
Un tocco di realismo in più…
Lars Von Trier del Metauro basso, ci chiamano…
Finita? No.
La seconda, nella sua fuga, commette un errore fatale: viene verso la regia dove sono
anch‟io.
Lei non mi ha visto, ma io l‟ho riconosciuta.
E‟ la zia o nonna (non me lo ricordo più) di un ragazzo che veniva con me alle medie.
Non ci conosciamo molto, ma lei è una di quelle che si affezionano…
Il livello di intimità è quello delle caramelle al miele.
Quando una vecchietta ti regala le caramelle al miele vuol dire che l‟hai conquistata.
Non so perché regalino solo dolci a quel gusto orribile, però è un dato di fatto.
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A me, tempo fa, ne ha regalata una.
Così, quando si avvicina tanto da riconoscermi, credo si renda conto di essere finita
nella tela del ragno.
Quando glielo chiedo, sulle prime è riluttante, ma poi inizia a cedere…
Ora l‟ultima mossa è quella di pungerla nel vivo della sua vanità un po‟ assopita…
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IL SECONDO GIORNO
La Palestra dell’Istituto A. Volta
Ovvero:
Se avete evitato la malaria quando avete fatto quel bellissimo viaggio in Kenya,
stavolta non avete speranze di salvarvi.
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Quando l‟avrete trovata (probabilmente incastrata dentro alla guarnizione della
lavatrice, cosa per la quale incolperete ingiustamente chi fa il bucato per voi), uscite
di casa e dirigetevi con passo spedito verso la vostra videoteca di fiducia.
Ora che ci siete davanti, potete entrare e fare alla commessa la vostra richiesta in tono
deciso.
“Sto cercando la cassetta di “Seven” di David Lynch…”
MA IO DICOOOOOO!!!! Fino a qui era andato tutto bene! Tutto liscio come l‟olio!
E vi siete andati a rovinare perché volevate fare i critici cinematografici!
Ma si potrà?????
Dai, vi aiuto io: David Fincher. Se volete dire le cose, assicuratevi di dirle giuste,
dai…
“No scusi, volevo dire Fincher, non Lynch… li confondo sempre, sa…”
“Ah, tanto io non ne conosco nessuno dei due.”
“Ah…”
V‟è andata bene che l‟avete trovata ignorante come un cervo Andaluso…
“Ecco a lei… e la prossima volta si ricordi di ricaricare la tessera ché ha pochi soldi!”
“Grazie”
Ora che siete fuori e che avete sfiorato una bella figurina, vi risparmio commenti, ma
vi chiedo cortesemente di affrettarvi ad andare a casa a vedere il film perché io ho
anche un limite di pagine da rispettare.
Converrete di certo con me, che se tra un mese, consegno, invece di un diario
l‟edizione rivista e corretta con due capitoli in più di ”Guerra e pace”, qualcuno
potrebbe avere qualcosina da ridire.
Facciamo così: mentre voi vi guardate il film, io vado a prendere un caffè, che ne ho
proprio bisogno…
Ripasso tra un paio d‟ore…
Toc! Toc!
Posso entrare?
Avete finito di vedere il film?
Ah, bene… è sempre un piacere rivederlo eh?
Adesso prendete il telecomando e tornate indietro fino al punto in cui Brad Pitt e
Morgan Freeman trovano il tizio legato al letto con gli Arbre Magique appesi al
soffitto… ci siete? Era esattamente questo che volevo mostrarvi.
Volevo che vedeste la sporcizia di quel posto, che vi immaginaste un odore rivoltante
e che pensaste che lì, non ci entrereste mai nemmeno se dentro ci fossero in bella
vista e pronti per voi duecento miliardi di euro.
Ah….
Ora che avete fatto tutto quello che vi ho chiesto, posso anche dirvi perché ve l‟ho
fatto fare.
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Volevo solo che capiste quanto può essere sporca la palestra di una scuola dopo tre
mesi di chiusura estiva e che faceste un inventario di tutte le malattie che si può
essere preso Checco Montesi compiendo l‟insano gesto che vedete nella foto qui
sotto (mi sembra doveroso dire che la foto SEMBRA sfuocata ma, in realtà, è
assolutamente perfetta, solo che la polvere nell‟aria contribuisce a creare una certa
atmosfera rarefatta):
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E chi, secondo voi, poteva essere così bravo, così disponibile e geniale se non i
magnifici tre scenografi?
Sono proprio loro: la Lalla, la Sara e Magno aiutati dalla Roby e da altri che, da
molto prima che arrivassi io, sono alle prese con teli, fascette, scotch e spille da balia
per cercare di creare un‟atmosfera adatta ad un antro magico.
Intanto gli altri ragazzi (Giammi, Longa, Riccardo...) montano la regia nella palestra
vera e propria.
Però io ho una sensazione strana… vedo la gente che va, viene, pensa… e poi torna
via….
Son tutti fuori nel cortile con una faccia scura…
Li raggiungo e comincio a capire piano piano.
Prima di tutto, il cielo non promette niente di buono e stasera dobbiamo girare al
Pincio.
Ci sono qui bei nuvoloni bassi e pesanti che procedono lenti… lenti, ma sempre
costanti verso di noi.
Vediamo arrivare alla velocità di un vecchietto artritico i nostri problemi… pesanti e
scuri.
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E‟ un lavoro di precisione: comunicazioni veloci e frammentarie tra Henry e Thomas.
“Prova 1.8”
“Ecco…”
“No, non va… ritorna com‟eri prima”
Per più di un‟ora si va avanti così, lavorando sui centesimi, sulle posizioni delle luci e
sui diaframmi, lottando con dei cavi di segnale che Ploto vorrebbe strappare.
E ci sta riuscendo… ma poi il Giardo lo convince a lasciar stare perché non ce ne
sono altri di migliori in circolazione…
Non possiamo permetterci scatti d‟ira.
E poi ci sono i problemi organizzativi, primo tra tutti, chiamare Checco e farlo venire
con le attrici.
Non le abbiamo chiamate per farle stare senza far nulla tutta la mattina…
Con un po‟ di pazienza, per quello che riguarda la fotografia, si arriva ad un risultato
accettabile e si comincia a far largo l‟ipotesi che forse tra un po‟ potremo battere il
primo ciak.
Ploto si attacca al telefono con Checco per dirgli che può portare le attrici: siamo
pronti per girare.
A forza di camminare su e giù per la palestra ha creato un corridoio perfettamente
pulito e, forse, sterile.
Sono momenti in cui lo sconforto è a livelli incredibili: io, poi, che sono uno che si
definisce ottimista, ma in segreto sono pessimista come pochi, sento da vicino
l‟ineluttabilità del destino e sono ormai convinto che non gireremo nemmeno due
minuti…
Invece per fortuna mi sbaglio: da poco sono arrivate Alessandra e Giorgia che senza
nemmeno un saluto sono state spedite alla velocità della luce a vestirsi e al trucco.
Al termine di queste operazioni preliminari, Ploto spiega alle due le ultime modifiche
alla scena e le informa del fatto che non si girerà nella palestra (come stava
ingannevolmente scritto nel programma dei giorni di posa) ma nello spogliatoio.
Le facce che si producono all‟udire questa novità non sono quelle tipiche di chi ha
appena ricevuto la notizia più bella del mondo.
Un misto di disgusto, incredulità e indignazione si dipinge nel subconscio delle due
attrici.
Vi immaginate il perché di cotanta reticenza?
Esatto! Proprio quello!!!!
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Tra lampade e candele in quello stanzino c‟è una temperatura insopportabile.
A riprova del fatto che non sto qui a raccontare boiate, sappiate che appena
Alessandra e Giorgia hanno messo piede dentro il baldacchino, il trucco che gli era
stato diligentemente shpalmato® (non è un errore!) sul viso, fa i bagagli e se e va in
vacanza in Groenlandia.
La truccatrice non fa in tempo a dare la prima mano, che già è ora di ricominciare con
l‟antiruggine (non sono troppo sicuro che la terminologia sia quella giusta…)
Superate (?!?) tutte queste difficoltà, anche se non mi sembra vero, battiamo il primo
ciak alle 13.20.
Dai, in fin dei conti sono solo quelle tre orette di ritardo sulla tabella di marcia che ci
possiamo anche permettere…. Non ci fa mica la fuga nessuno, no?
Se, per esempio, oggi non fossimo riusciti a girare, che problema ci sarebbe stato?
Nessuno! E‟ più che ovvio che gli attori sono dispostissimi a rimanere qui quanto
tempo vogliamo… in fin dei conti è vero che il vitto e l‟alloggio sono a spese loro,
ma è anche vero che da parte nostra non vedono un soldo!
Di cosa possono venire a lamentarsi???
Tra una bestemmia perché nell‟inquadratura entra chissà che cosa e uno sguardo di
approvazione quando tutto gira per il verso giusto, arriva l‟ora di pranzo.
O meglio, un‟ora qualsiasi del pomeriggio in cui la produzione decide che comincia
ad avere troppa fame per continuare a girare digiunando.
I vassoi con pizzette e quant‟altro vengono appoggiati su panche ben lontane dal
suolo per evitare la contaminazione con le sostanze tossiche presenti nell‟ambiente
(abbiamo fosgene, isocianato di metile, diossina e una gran varietà di scorie
radioattive stivate in barili custoditi negli scantinati della scuola), ma anche oggi la
velocità con cui vengono ripuliti è così elevata che questa misura precauzionale si
rivela del tutto inutile.
Credo che se fossero stati gettati in aria, non un solo panino sarebbe caduto a terra.
Siamo efficientissimi quando si tratta di nutrirci.
Troppo, forse.
Sì, perché mentre noi mangiamo ci dimentichiamo che Alessandra e Giorgia si stanno
cambiando…
Quando tornano, regna la calma più totale e, ad un ignaro spettatore, non
sembrerebbe neanche che fino a due minuti prima in quello stesso posto era in corso
un regale banchetto.
Non ci sono più nemmeno i vassoi, ma quelli non so chi se li sia mangiati.
Se Alessandra, non trovando nulla da mettere sotto i denti ci sia o meno rimasta male,
è una cosa che lascio giudicare a voi guardando la foto della prossima pagina.
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“Tanto ero a dieta…”
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Per fortuna che a distoglierla dagli oscuri pensieri che le offuscano la mente in questo
momento, arriva una gradita sorpresa (lo sapevamo tutti, ma voi che leggete no e
quindi mi permetto di definirla ugualmente “sorpresa”), anzi due: Giorgio Ganzerli,
che oltre a far coppia con lei sul lavoro è anche, ogni tanto, suo marito e il
biondissimo figlio Leonardo.
Nel frattempo, visto che il tempo stringe e che non siamo qui per far conoscenza, chi
era andato alla ricerca di un panino per Alessandra (qualcuno si era accollato questa
missione) torna vittorioso e così “ella puote sfamar se stessa e nell‟intanto giuocar col
suo figliuolo”.
Ormai sono quasi le tre e rientrare nel forno in piena digestione è un‟esperienza
devastante.
Sebbene non si registrino casi di morte immediata, secondo me, qualcuno ci è andato
vicino…
Nel pomeriggio, come ieri, del resto, il grosso del lavoro è fatto.
Bisogna comunque fare i controcampi e fare qualche ciak in più sempre per
sicurezza.
L‟operazione, però, non è veloce, perché Alessandra e Giorgia devono andare a
rivestirsi e riprendere una certa compostezza.
Non so esattamente fino a che ora giriamo, ma approssimativamente direi fino alle
cinque, ora in cui, non smettiamo perché abbiamo finito, ma semplicemente per
dedicarci ad un abbondante quarto d‟ora di feroci bestemmie e ingiurie a tutto il
calendario.
PIOVE.
Ma non è che piove un po‟…
Diluvia in maniera indecorosa.
Però, sai, è un temporale estivo, lo fa, dai è normale…
Ma cosa vuoi che sia normale?
Quest‟estate non ci ha fatto vedere una goccia d‟acqua nemmeno a pregare in
ginocchio….
Infatti, dopo un‟ora non solo non ha smesso di piovere, ma ha aumentato il ritmo.
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A questo punto, si pone un quesito fondamentale: o si cambia radicalmente il copione
di questa sera e lo si ambienta a Venezia, oppure non possiamo girare al Pincio.
La prima ipotesi (per quanto affascinante) viene scartata per l‟impossibilità di trovare
una gondola in tempo utile.
La seconda, invece, sembra essere l‟unica proponibile.
Nell‟aria c‟è una confusione pazzesca e la netta sensazione di essere stati presi per il
culo.
Luca cerca di dare una classifica delle priorità: prima dobbiamo assolutamente finire
di girare qui e poi potremo pensare a questa sera.
In realtà il lavoro viene finito abbastanza in fretta e senza molta passione da parte di
nessuno.
Appena viene dato l‟ultimo “STOP” ricomincia la tempesta di cervelli che era
iniziata prima.
Telefonate.
Molte telefonate.
Imprecazioni contro chi ha il telefono e non lo tiene acceso.
La soluzione che sembra meno problematica è quella di girare stasera l‟interno che
era in programma per domattina.
In realtà, a ben vedere, così non si risolve nessuno dei problemi di tempo che
abbiamo, ma almeno cerchiamo di prepararci per altre eventualità ancora più
tragiche.
Chiunque oggi abbia passato almeno dieci minuti in questa palestra, si è esposto a
livelli di radiazioni e onde elettromagnetiche emanate dai cellulari talmente alti che
gli è immediatamente spuntata la coda.
Un intero staff di uomini e donne muniti di una nuova estremità è al lavoro per
cercare di salvare il salvabile.
Siamo tutti con il naso appiccicato ai vetri per vedere se si apre qualche piccolo
spiraglio di speranza, anche se ormai è inutile.
Dietro di noi, Checco sta facendo le ultime telefonate a Ursula e Sebastiano: ormai la
decisione è presa.
Stasera si gira.
Facciamo la scena della casa della coppia stralunata all‟interno del palazzo di Pierre.
Saremo a Casarredo.
Sono ormai le sei passate e inizia la diaspora: ci sparpagliamo ognuno verso casa con
in mente i più fantasiosi progetti di relax.
I tecnici, invece rimangono a smontare il baldacchino e le attrezzature.
Mi chiedo come faranno ad arrivare alla fine delle riprese lavorando a questi ritmi.
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Quando saluto tutti e me ne vado verso il sogno di una doccia, ancora si telefona, si
telefona, si telefona…
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SERATA
Casarredo
Sono più o meno le nove quando prendo le scale che in teoria dovrebbero portarmi al
set.
Durante la salita incontro progressivamente vari palloni sonda meteorologici, le urne
cinerarie di qualche vezzoso personaggio dello spettacolo defunto ormai da qualche
decennio e mi imbatto in un bambino-delle-stelle cui chiedo informazioni:
“Scusi vado bene per di qua? Continuo a salire?”
“…”
“Ah, grazie, allora continuo…”
Finalmente verso le nove e un quarto, metto il piede sinistro sul primo gradino
dell‟ultima rampa.
Si sentono voci.
Forse ci sono.
Se da questa stanza si seguono le svariate decinaia (chi lo diceva?) di fili stesi a terra,
si arriva immancabilmente alla stanza dove è stata sistemata la regia davanti alla
quale Ploto, Luca e Checco si stupiscono del fatto che, da quello che si vede sui
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monitor sembra andare tutto bene.
In effetti, per una volta, è davvero tutto a posto e quando i tecnici hanno finito di
sistemare le ultime luci e nascondere gli ultimi cavi, possiamo cominciare.
No…
Cosa avete capito?
Non dicevo cominciare a girare: intendevo cominciare ad aspettare che Ursula e
Sebastiano abbiano finito il magico rito della vestizione e del trucco (nel frattempo
non perdono occasione per lanciarsi frecciatine al vetriolo…) ai quali pensano Jean
Claude, Michela e Francesca.
Ma ad un tratto, la sciagura.
Il sommo vede qualcosa che turba la quiete del suo animo.
Le sue papille gustative si interrompono e il gomito prende a fargli contatto con il
ginocchio.
Il suo sguardo va a posarsi, come un‟aquila che di lontano individua la propria mal
capitata preda, su di un cavetto.
Cavetto il quale è stato da noi accidentalmente appoggiato su di un prezioso mobile
bianco lungo sei metri e novanta abbondanti (una cassa da morto bi-familiare, per
intenderci…) che risalta in un lato della stanza della regia.
Gli occhi di tutto lo staff corrono in cerca di altri occhi a cui poter dare la colpa.
Nessuno osa respirare.
La fine è ormai vicina.
Queste potrebbero essere le ultime parole che scriverò…
No…
A dispetto di tutto mi sembra di essere ancora vivo…
Ma che è successo?
E‟ presto detto: invece di incenerirci tutti con i suoi superpoteri, l‟Uomo ha messo in
atto del sano terrorismo psicologico.
Niente violenza o cambiamenti del tono di voce.
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Solo una minuscola, ma incisiva, frase pronunciata in tono perentorio: “Quel mobile
costa sei milioni”.
Per rispetto nei confronti di tutti, il cavetto in questione si è smaterializzato all‟istante
senza che nessuno avesse bisogno di andare a rimuoverlo dal posto in cui era venuto
a trovarsi.
E sembra dare i suoi frutti: dopo la visita del Supremo, Luca, che già prima era
preoccupatissimo che potesse succedere qualcosa, inizia gentilmente a chiedere a tutti
coloro che non sono ASSOLUTAMENTE necessari di attendere fuori…
Quando si accorge che in effetti nessuno lo ascolta, non si fa scrupoli a demandare a
Giammi questo compito: anche se le sue maniere non sono assolutamente scortesi, la
strana luce spiritata che si può intravedere nei suoi occhi, l‟asciugamano saldamente
ancorato al collo e l‟altezza non del tutto trascurabile, hanno un effetto estremamente
diverso sugli interessati: la saletta si svuota lentamente e senza lamentele da parte di
nessuno, anche perché nessuno è dispiaciuto di questa licenza che permette, tra
l‟altro, un bel digestivo…
Naturalmente anche chi non ha ancora mangiato, non perde l‟occasione di
avvantaggiarsi….
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In giro vanno a dire che si odiano cordialmente, ma, si sa, chi disprezza compra…
Quanto a noi, ci raduniamo tutti nella stanza dove abbiamo sistemato la regia e dove
ci auto-convinciamo che non ci sia alcun tipo di poltrona o divano…
Solo dopo averci accuratamente avvisati che non ha avuto il tempo di farsi una doccia
e che quindi il suo odore potrebbe essere vagamente pungente, Ploto prende il posto
di comando e dà l‟azione.
I primi ciak, sono senza infamia e senza lode… una buona fase di rodaggio e qualche
problema tecnico risolvibile con un po‟ di pazienza.
Ploto,che non è del tutto soddisfatto di alcune inquadrature, scende direttamente sul
set a fare l‟operatore per qualche ciak.
E siccome, quando il gatto non c‟è i topi ballano, Luca e Checco rimangono in regia
per controllare la situazione nei monitor e anche perché in cuor loro continuano ad
essere non poco preoccupati del mobilio che ci sta intorno (In particolar modo Luca
che, essendo quello che va in giro a chiedere le chiavi di mezza Fano mostrando la
sua faccia e dando a destra e a manca il suo nome, sarebbe il primo, in caso di
qualunque incidente ad essere chiamato a risponderne…).
E‟ un po‟ come quando alle elementari la maestra doveva andare a fare una telefonata
e lasciava il bidello a controllare l‟aula.
Lui era sempre quello che si preoccupava di più.
Nessuno l‟ha ufficialmente dichiarata, ma questi cinque minuti che sto usando per
buttar giù appunti, sono una pausa…
Forzata, per carità, ma sono pur sempre una pausa.
Approfittandone, la Roby svolge il suo lavoro di ladra d‟immagini.
Già da un po‟ si aggira furtiva, telecamera alla mano, tra tavoli e poltrone in pelle
umana alla ricerca di gaffe, stronzate e momenti epici da inserire nel backstage.
A proposito…
Visto che, in fin dei conti, il mio diario è un back-backstage, vi racconto una cosina
divertente che mi sa che non ha notato nessuno….
Mentre siamo quasi tutti pronti per ricominciare a girare, la Roby, spegne la
telecamera e inizia a guardarsi intorno con la tipica aria di chi sta cercando
qualcosa….
In un primo momento non capisco bene, ma poi ci arrivo: sul set serve un paraluce e
non si riesce a trovarlo….
Naturalmente il bastardo, accortosi di essere un pezzo di plastica ricercato, si sarà
andato a nascondere in chissà quale borsa…
Visto che non si può cedere ai capricci di un paraluce buontempone, Tomas chiede
alla Roby di dargli quello che sta sulla telecamera che usa lei.
Lei accetta tranquillamente visto che può permettersi di spendere qualche minuto per
cercarne un altro, ma appena lo smonta, mi fa piegare dal ridere.
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Con una mano copre l‟obiettivo della telecamera e con quella voce da bambini che
solo le donne riescono a imitare così bene, le dice: “Dai, non ti vergognare se sei tutta
nuda! Nessuno ti guarda la patatina!”
Mentre in regia, fervono le ricerche del paraluce fantasma, nell‟altra stanza le cose
procedono davvero bene: Alessandra si diverte a giocare con le espressioni, come un
bambino gioca con le costruzioni.
Ovvero, costruisce una casetta bellissima con tanto di finestre e mansarda abitabile e
poi la distrugge con la stessa naturalezza con cui sorride.
Ecco, lei continua a costruire smorfie, movimenti ed espressioni per poi cancellarli
appena gliene vengono in mente di migliori.
Una vera gioia per chi, come me, sta qui davanti ai monitor…
Sta tutto andando a meraviglia: è addirittura balzato fuori dalla borsa di Henry il
paraluce della Roby…
Ploto gira per la stanza con la telecamera a mano e in regia Checco e Luca ridono a
crepapelle e incrociano le dita perché continui tutto così.
A prima vista il problema non sembra così grave: basta trovare il pannello del quadro
generale…
Ma dove cercare? Siamo in un negozio che occupa un intero palazzo e probabilmente
sarebbe più facile trovare un ago in un pagliaio.
Tra l‟altro, la luce non è nemmeno saltata in tutte le stanze, quindi ci devono essere
più quadri dislocati in giro…
L‟unica cosa possibile da fare è mettersi a cercare di buona lena: in prima fila ci sono
Giammi e tutto il suo squadrone di elettricisti armati di torce e dietro di loro tutti gli
altri rabdomanti elettrici…
Alla ricerca del quadro perduto.
I più ottimisti dicono che ci vorranno almeno tre quarti d‟ora perché la ricerca dia
qualche frutto e poter ricominciare a girare.
Intanto in regia, Ursula si appropria di un inquietante puff bianco sul quale si distende
a pelle d‟orso e dal quale sembra non volersi più staccare…
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Mentre la spedizione di temerari continua, comincia a insinuarsi in tutti una certa
atmosfera di sconforto.
Basta guardarsi intorno per vedere un campionario di facce smorte e incredule.
C‟è chi lancia maledizioni contro tutto e tutti a gran voce e chi lo fa in silenzio.
La costante sono le maledizioni.
Fluiscono con impressionante regolarità.
Siamo vicini alla mezzanotte e, tra l‟altro siamo preoccupatissimi del fatto che
quando tornerà il mahatma dell‟atelier, sarà alquanto dispiaciuto dal trovarci ancora
in alto mare e senza luce.
Abbiamo il terrore che ci mandi via senza farci finire.
Ormai però non abbiamo più alternative: se da soli non riusciamo a trovare niente,
bisogna chiamarLo e farLo venire qui.
Checco (credo) prende il telefono con aria titubante…
Non sembra molto contento che gli sia stato affidato questo compito alquanto
scabroso….
“Tuu tuu tuu….. Tim, il cliente da lei chiamato….”
Spento.
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Siamo partiti con l‟idea di girare un film e sembra di essere capitati in un film
dell‟orrore.
Adesso ci manca solo di sentire un urlo e un botto, poi saremmo a posto.
Ore?
Ormai è mezzanotte.
Guardando i lati positivi di questa faccenda, il proprietario del negozio starà
sicuramente arrivando.
Segue uno di quei momenti di silenzio in cui il mondo sembra fermarsi per aspettare
te.
Non succede niente.
Uno seduto.
Tre in piedi.
Non una sola molecola che osa saltellare da qui a lì.
“Arriva!”
“Chi?”
“Casarredo!”
Ci alziamo e cerchiamo di farci trovare un po‟ ricomposti per fare una figura decente.
Nessuno osa pensare agli improperi che ci pioveranno addosso.
Nemmeno a dirlo, Checco e la sua storica diplomazia vengono spediti a cercare di
calmare le acque.
Che però, a dir la verità sono molto meno agitate di quanto non credessimo.
Chiaro: non è che il mikado sprizzi gioia da tutti i pori, ma poteva essere anche molto
più arrabbiato…
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Finalmente scopriamo dove sta il quadro della luce: ovvero in una parte del negozio
chiusa a chiave.
Tra l‟altro c‟è un nuovo problema: anche se riattacchiamo la corrente, salta dopo un
secondo….
Ormai non ci stupiamo più di niente.
Però stavolta la soluzione si trova subito: c‟è un corto in una presa.
E sappiamo anche in quale!
Due minuti due e la luce torna a illuminare “Laura e Pierre”
Peccato io non sia riuscito a vedere, quello che forse, sarebbe stato più divertente da
raccontare.
Sto, ovviamente parlando di Checco che con tutti i mezzi possibili cerca di
convincere il proprietario a non sfrattarci.
Non so che cosa gli abbia detto o quale mirabolante somma di denaro gli abbia
offerto, ma so che quando li vedo salire le scale assieme sembrano due amici di bar.
Hanno entrambi un bel sorriso stampato in faccia, ridono e scherzano.
Sì, sono un po‟ tirati, ma non si può aver tutto dalla vita…
Alla fine, riusciamo ad ottenere il permesso di restare fino a quando sarà necessario
per finire le riprese.
Ho sentito pronunciare da Checco splendide frasi da imbonitore come: “Domattina
non si ricorderà nemmeno che qui è stato girato un film. Sarà tutto perfettamente a
posto, esattamente come l‟abbiamo trovato.”
E ho visto il capo acconsentire più rassegnato che convinto.
Ma tant‟è.
Questa scena la finiremo.
Mentre si cambiano le ottiche alle telecamere per i controcampi o per non mi ricordo
più che cosa, Alessandra, che sembra aver sempre più voglia di scherzare, prende ad
agitare la sua borsetta proclamando a destra e a manca che tornerà alla sua vecchia
professione di meretrice visto che questo mestiere la stressa troppo.
Il giochetto prosegue gaio come non mai e Ale sembra immedesimarsi nel ruolo con
estremo piacere fino a quando non si gira e propone al signore che sta dietro di lei:
“Solo 50.000!!!”.
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Dopo un istante di raggelante silenzio, Checco prende le redini della situazione e,
misuratissimo, fa le presentazioni: “Alessandra, questo è il proprietario del locale
dove siamo ospiti… rimane qui per vedere qualche ciak…”
Noi ce la ridiamo della grossa alle loro spalle…
Sadici…
Io saluto tutti e se mi ricordo ancora dove si passa, torno sul pianeta terra.
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IL TERZO GIORNO
SERATA
Piazza XX Settembre e Fontana della Fortuna
Stasera siamo in Piazza XX Settembre, come i più scaltri tra di voi avranno notato
leggendo il titolo sopra la pagina, e gireremo due scene.
La prima sarà una semplice camminata panoramica di Laura attraverso il portico del
teatro illuminato a puntino da Henry (visto che Fano ha deciso di patrocinarci, noi le
regaliamo un po‟ di notorietà…) e la seconda sarà il monologo di Laura con la statua
della Fortuna.
Ci sarà da divertirsi.
Davvero?
Mah, lo vedremo…
Arrivo in piazza alle otto e quaranta più o meno e la prima cosa che vedo è il Giardo
che assieme a tutta la sua allegra brigata fa il trenino per spostare un carrello.
Come i bimbi dell‟asilo…
Molti dei tecnici che hanno lavorato tutto il pomeriggio per portare l‟attrezzatura sul
posto e montare le luci, si sono rifugiati dentro al “Caffè Aurora” e si stanno appunto
imbottendo di caffè (forse in previsione di una serata fredda e stressante…).
Io li imito e me ne faccio fare uno doppio da portare via: non si è mai troppo
previdenti…
Quando mi riavvicino al set, trovo Ploto che con Valentina Butera (Io odio Windows
XP: perché se voglio scrivere Butera, questo maledetto pezzo di ferro si ostina a
correggermi e insinuare che stia imperversando una Bufera!?!?!?) sta sfogliando tutti
gli articoli che in questi giorni sono usciti su di noi.
Alcuni fanno piacere, altri scatenano qualche dissapore….
Per esempio ci sono diversi giornali che hanno scritto che la Faiella ha rinunciato ad
un film con Vanzina per girare con noi, quando lei aveva chiesto espressamente che
questo non venisse scritto.
D‟accordo: magari la sua è stata una leggerezza, ma a volte i giornalisti si attaccano a
qualunque cosa pur di far notizia… (Frase trita e ritrita…).
Per non creare ulteriori inconvenienti ci curiamo di non far leggere queste cose ad
Alessandra.
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Pian piano tutti i tecnici, fonici, elettricisti, backstagisti, registi, sceneggiatori e
produttori e chi più ne ha più ne metta iniziano a tornare sul set ben ristorati nel corpo
e nello spirito dai caffè e dai superalcolici assunti: una Sambuchina, uno
Jagermaisterino, un Borghettino al volo con mosche, mosconi, vipere e animali
feroci….
Fuori dal set, che è delimitato da millemila metri di nastro bianco e rosso (stile scena
di un delitto), inizia ad assieparsi un bel po‟ di gente curiosa che, insensibile al freddo
ogni secondo più pungente (la stagione è quella che è: di giorno è caldissimo e di
notte si muore di freddo), continua a guardare noi che ancora non stiamo facendo
assolutamente niente.
Alla fine delle riprese potremmo dare un premio al curioso più stoico degli altri che ci
ha seguito in tutti i nostri set…. ma avremo mai un fan così fedele?
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Basteranno solo un paio di bicchierini a riportare un bel colore rubizzo sulle gote
della nostra primadonna e a farla scendere dal camion
Per, la Roby, invece sarà sufficiente un balzo felino con triplo avvitamento carpiato
all‟indietro.
Coefficiente di difficoltà 4.9 (esiste?).
“Plo, la gente!”
“Checco, il grillo”
L‟uomo si nutre,
indi scricchiolii tetri:
troppa attenzione
Nascosto sotto un domino, c‟è un grillo. Ci osserva lavorare, curioso anche lui.
Ma canta. O frinisce. Fa frusc frusc frusc. E questo non va bene.
Abbiamo anche qualche problema con dei faretti bianchi che illuminano la vetrina
della “Benetton” per il corso.
Sono molto forti, molto bianchi, ma soprattutto sono molto in campo.
Non riusciamo a dare un taglio diverso all‟inquadratura, ma d‟altro canto, nessuno è
molto soddisfatto della resa del fotografia.
E poi giriamo in digitale.
Le luci bianche sono molto più evidenti rispetto a come verrebbero se girassimo su
pellicola.
Io questo lo so perché lo sa Ploto.
E me lo ha detto una sera in un pub.
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Alla fine, la vittoria va ai realistibarrapessimisti che propongono la via
dell‟accontentarsi…
Sono il fegato in vacanza del regista.
“Una macchina???”
“Eh, no! Stavolta vado oltre io… non c‟è diplomazia che tenga: quello se ne deve
andare.”
Tutti ci guardiamo allibiti.
La reazione animalesca tipicamente umana che abbiamo appena osservato ci ha
sbigottito.
Proveniva da Checco Belfiori.
Con passo deciso e occhi spiritati sta attraversando di gran carriera la piazza per
andare a punire lo sventurato che ha osato entrare in campo con la sua macchina.
Avreste dovuto vederlo.
Ergersi nella sua maestosità di divinità imbestialita.
Scatenare le sue ire contro l‟empio traditore.
O perlomeno, provarci.
“ Checco, noooo!!! “
“Perché!?”
Il suo sguardo sottintende: “Non tentare di fermarmi o ne farai le spese tu stesso!”
“Perché il signore sta caricando in macchina un paraplegico”
“Ah…”
Sono il calore che avvampa sulle guance di Checco.
Giriamo diverse volte questa scena: non è facile tecnicamente per via di quel bel
movimento del dolly sul carrello.
In un‟ora e mezza ce la caviamo.
Si inizia a togliere il nastro rosso e bianco con cui avevamo infiocchettato la piazza
da lampione a lampione.
Con il nastro, man mano se ne vanno anche i nostri spettatori.
Se ne va la curiosità della gente che ci stava attorno.
Se togli il nastro ad un pacchetto, poi cosa ne rimane?
Cos‟è più bello tra l‟emozione dello scartare il regalo e l‟averlo tra le mani?
Il mondo si aspetta così tanto da un semplice nastro di plastica…
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Se mancasse un solo componente dello staff, tutto il lavoro si fermerebbe.
Se mancasse la vespa in culo, non ci sarebbe miele da spalmare sulle fette biscottate
al mattino.
Una gerarchia perfettamente organizzata.
E chi, ora si dovesse sentire confuso, disorientato dalla logica di queste poche righe,
si ricordi una cosa importante.
La prima regola di “Laura e Pierre” è: non si fanno domande.
C‟è un gran fermento per il trasferimento del set fin davanti alla fontana.
Intanto Alessandra, Checco, Ploto e Luca discutono degli ultimi ritocchi al copione.
Rispetto alla sceneggiatura originale ci sono stati molti tagli.
A dire il vero, quello che era nato come una specie di dialogo, si è radicalmente
trasformato ed è diventato un velocissimo scambio di battute.
Scambio, poi, è una parola grossa, visto che l‟interlocutrice è una statua…
Siamo pronti: poco prima del ciak c‟è stata un‟altra amputazione al copione.
Ci sarebbe dovuta essere una comparsa, ma con i tagli che sono stati fatti, sarebbe
stata di troppo.
Anzi, avrebbe avuto più posto della stessa statua della Fortuna.
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Seconda voce: Checco Montesi
Terza voce: Ploto.
“Michele, com‟è?”
“Nient!!”
“Plo, l‟audio è inutilizzabile…”
“Vento?”
“Eh…”
“Fa sentire…”
“…‟spetta un attimo… prendi le cuffie…”
“Eh, nient nient..”
“Facciamo l‟ultima!!”
Finito il carburante, finito il gioco.
Senza Borghetti, si va a nanna.
“Stop, buona!”
Gli ultimi momenti di questa sera sono consacrati a registrare per un paio di minuti il
gorgoglio della fontana.
Servirà nel montaggio audio.
Nemmeno a dirlo, ora che abbiamo finito, il vento si è calmato e anche la temperatura
sembra un po‟ più mite…
Ma che bella fattoria piena di umorismo…
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IL QUARTO GIORNO
Appartamento sfitto di F. DeMarchi
Ovvero: il cinema sopra il cinema
Passi.
“A me en me piac per nient…”
Più vicini.
“Va… va… tut ste piant in gir… e pu la polvra…”
“Buongiorno signora!”
“Eh… bongiorn… mo sta a sentì… sa la luc… du è che sit „tacati?? Tel
cunduminiiiii???”
“No, signora, non si preoccupi: non le rubiamo niente!”
“En so tant cunvinta….”
“Buona giornata anche a lei e tante belle cose!”
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Credo che anche mio fratello, che abita proprio di fronte all‟appartamento che
abbiamo trasformato in foresta vergine, quando stamattina è uscito di casa per andare
al lavoro sia rimasto un tantino colpito…
Cerco di infilare il naso dentro l‟ingresso, ma mi basta una fugace occhiata per
accorgermi che oltre alle piante e alle persone che già si contorcono in modo strano
per montare luci e barre estensibili non ci entrerebbe neanche uno spillo per
traverso…
Così me ne sto fuori, e osservo il passeggiare pallido e assorto di Ploto lungo il
corridoio.
Come se fosse una novità, è tra il preoccupato e il rassegnato…
Il motivo c‟è: domani è il gran giorno.
Di cosa?
Della presentazione di “Untitled” a Venezia!!!
Si rende quindi necessaria la sua presenza e quella di Checco Belfiori alla conferenza
stampa e alla proiezione….
Ma come fare? Il piano elaborato già da qualche giorno di andare con l‟aereo sembra
essere ampiamente irrealizzabile perché una volta atterrati a Venezia non ci sarebbe il
tempo materiale per arrivare ai giardini del Casinò, dove avverrà il tutto.
Sulle facce che vedo intorno a me non leggo una grande dose di ottimismo.
Ploto, che pur di trovare una soluzione darebbe il suo fegato in pasto ai pesci, è quasi
rassegnato all‟evidenza: se non ci possiamo permettere di perdere un giorno di riprese
(e non possiamo permettercelo), allora non si può fare.
Eh, va bè… ogni tanto una ne va buca per definizione….
Meglio continuare a lavorare e non pensarci, dice qualcuno, ma si vede che ai diretti
interessati la cosa non va giù per nessun verso.
Hanno tutta l‟aria di due bambini che mentre fanno finta di fare i compiti, sono
intenti a architettare un fior di birbonata …
Bisognerà tenergli gli occhi ben piantati addosso.
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Le risate che non è ancora riuscito a strapparmi Claudio, me le tira via a forza il busto
di Freud agghindato con un cappellino da baseball e un fazzoletto al collo che fa
molto Sergio Leone.
Superato il primo momento di ilarità generale, il lavoro procede bello spedito anche
se le prime riprese sono come sempre da ritoccare.
Una è scarica, una è fuori fuoco e una non ci piace perché stamattina ci siam svegliati
tutti con la luna storta.
Col passare del tempo, però, Claudio, che evidentemente è un motore Diesel, si
scalda e comincia a tirar fuori battute una dietro l‟altra e a improvvisare.
Risultato: in regia facciamo aeroplanini di carta col copione e ci scascelliamo dal
ridere con somma disperazione di Michele Conti e di Checco Montesi che continuano
a minacciarci che se andiamo avanti così o viene fuori un film muto o bisognerà
doppiare tutto, perché si sentono più le nostre risate in sottofondo che le voci degli
attori.
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A dire il vero, Ploto sembra aver preso sul serio la cosa, visto che è da una buona
mezz‟ora che sta andando in giro come un tossico ad implorare chiunque gli capiti a
tiro di dargli un analgesico per il mal di testa che lo sta logorando…
Per una volta che sarebbe stato utile che qualche ragazza fosse stata proprio in quei
giorni lì….
Insomma, tanto strepita e si dimena cha alla fine la sua richiesta di medicinali cade
ignominiosamente nel vuoto, ma almeno bisogna dire che Francesca Cognome (la
truccatrice) arriva con un bel vassoio di caffè bollente per tutti…
Alla vista della magica bevanda tipo dei dell‟Olimpo, il dolore non gli passa, ma
almeno se lo scorda….
Momentino di relax…
Troppo bello….
Intanto, mentre noi siamo quassù schiacciati come sardine in una scatoletta, gli attori
di sotto sudano copiosamente al caldo di luci e piante; sembra che chi se la stia
passando meglio siano i tecnici che saggiamente hanno deciso di non entrare e di
starsene beatamente seduti nel corridoio del condominio….
Qui, il sonno arretrato e la stanchezza fisica accumulata da quattro giorni sembrano
farsi sentire…
A turno, i ragazzi si litigano un po‟ di pavimento per stendersi (notizia falsa e
tendenziosa, visto che di posto ce n‟è quanto ne vogliono, ma così fa più effetto…) e
con una birra in mano (?!?) si godono un po‟ di riposo… i momenti belli della vita….
Ad affacciarsi dalla balaustra della scala uno può anche vedere un mucchietto d‟ossa
piluccate con Henry al centro che banchetta beatamente.
Le ossa sono di Checco Belfiori che aveva osato far presente che forse la scena era un
po‟ buia.
Pare che dovremo fare a meno dello sceneggiatore.
Ma almeno ora il direttore della fotografia sembra sazio e appagato.
E magari, a ben vedere la scena non era poi nemmeno così buia come sembrava.
Arrivano pizze e panini di gran carriera (cioè, non è che arrivano proprio da soli….
C‟è qualcuno che li porta in braccio…. credo…) e noi dietro come lupi famelici in
ansia da prestazione.
Fame.
Sbranare.
Nutrirsi.
Ci trasferiamo tutti su un piccolo ponticello che unisce due delle ali del palazzo.
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Mi viene in mente “Rosemary‟s baby”.
Crunch.
Come andavano i ciak?
Glom.
Bene. Molto bene. Magari dopo vediamo…. Su qualcosa c‟è ancora da lavorare un
po‟…. Mi passi la birra?
Tieni.
Un occhio si stacca dallo spioncino di una delle tante porte lungo il corridoio.
Sciabattio veloce verso carta e penna.
“Egr. Amministratore dello stabile,
Le scrivo per informarLa che nei corridoi del palazzo loschi individui si aggirano
con aria sospetta e bivaccano senza ritegno
Essi arrecano alla mia persona un certo fastidio, pertanto La prego cortesemente di
provvedere.
Certa che Lei vorrà intervenir al più presto,
le porgo i miei omaggi.”
Rumore di fax.
Partito.
“Vogliamo ricominciare?”
“Eh…. È fatiga a fatigà….”
“El so….”
Con l‟ennesimo caffè in mano ci avviamo nuovamente verso il set.
O la foresta.
Dipende da come vi piace di più chiamarlo…
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“Non sprecarci nemmeno il tempo….” E giù a raccontare la storia di come è successo
anche a me, mia sorella e un paio di amici.
“Ma a parte questo, funziona perfettamente e resiste a qualunque tipo di urto.”
“Beh, fantastico” è la replica che mi aspetto.
Ed è la replica che arriva puntuale.
Finito.
Almeno per la prima parte della giornata.
Nessuno più bivacca nei corridoi: tutti i tecnici tornano dentro a disboscare il set.
Un via vai di piante talmente grandi che nascondono chi le trasporta.
Le piante viventi. Attacco finale.
Luci. Via.
Telecamere. Via.
Hai sigillato i nastri finiti? Si.
Dove li hai messi? Via.
Ci vediamo stasera allora.
Bon.
Ciao.
Ciao.
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So che anche lui conviene con Luca che la suddetta è una rompiballe di discrete
proporzioni.
Come io sappia tutte queste cose non è affare di nessuno, se non mio e dei miei
informatori.
E questo basti.
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SERATA
Il circolo cittadino (Prima parte)
Sono quasi a metà pasto (domani dovrò farlo plastificare nuovamente) quando
arrivano Michela e Jean Claude carichi di vestiti.
Si guardano intorno con aria torva, hanno mangiato in fretta e furia, dicono, per
venire qui in orario.
Sembra che solo loro si siano presi questo disturbo.
“Ricordati di metterlo nel diario!”
Sìsì.
Obbedisco a tutti, basta darmene il tempo.
Mentre io me lo appunto mi comunicano che vanno a prendersi un bicchiere di vino.
Un aperitivo dopo cena, in sostanza.
“Vieni con noi?”
“No grazie, sono a posto. Ci vediamo dopo.”
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Gli altri tre carichi di cartelli, targhette e targhettine per camuffare i campanelli degli
appartamenti.
Subito dietro di noi arrivano anche l‟accoppiata dei costumisti che deve averci visto
salire e che si è fiondata a depositare gli abiti.
Non c‟è ancora nessun altro e io ne approfitto per darmi un‟occhiata intorno.
Mobili Luigi nonsochenumero.
Pavimenti antichissimi.
Soffitti affrescati.
Persino i tarli e la polvere sono d‟epoca.
Smetto di curiosare subito dopo essermi imbattuto in una bacheca tipo quelle che si
trovano nelle scuole.
Solo che qui non ci sono avvisi di motorini scassati da acquistare a poco prezzo.
Qui si parla di cifre simboliche.
Duecento eurini striminziti per la festicciola di Carnevale.
Giusto un contributo per le patatine, in sostanza.
Quando mi affaccio alla finestra per osservare da dentro quello che per una vita
avevo sempre e solo visto da fuori, vedo che di sotto è arrivata un po‟ di gente.
Scendiamo.
Un altro giretto per le amene stanze del circolo e ci saremmo forse persi la parte più
divertente della serata.
All‟osteria qui all‟angolo (da Micky Mazza, che detto così sembra un incrocio tra
Topolino e John Holmes…), Alessandra, evidentemente elettrizzata e soddisfatta per
le buona riuscita di queste prime fasi della lavorazione, sta offrendo da bere a tutti.
Oddio, qualcuno dice che forse le parole “a tutti” erano da intendersi
metaforicamente, ma noi che non siamo avvezzi alle figure retoriche e agli intrallazzi
grammaticali, ci fiondiamo dentro al locale e due minuti dopo, grandissime
faccedaculo, abbiamo in mano un bel bicchierozzo di vino bianco propedeutico alle
riprese.
Nemmeno a farlo apposta, qualcuno fa bella mostra della splendida e ormai storica
maglietta-ricordo della Sora Emilia che recita: “Non siamo noi che siamo alcolizzati:
siete voi che siete astemi!!”.
Se qualcuno ancora nutrisse dei dubbi, questo è il tipico inizio di una serata che finirà
immancabilmente in vacca.
Usciamo dall‟osteria visibilmente più allegri e ben disposti verso le sfighe che ormai
siamo abituati ad aspettarci.
Ormai siamo arrivati tutti: Tomas sistema le telecamere con Henry, Ploto confabula
con Valentina Butera, Pia Punzo, per la prima volta sul nostro set, sta vestendo gli
abiti della portinaia assumendo via via un‟aria sempre più angosciante.
Ognuno al suo posto.
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Pare che ci sia un problema: non abbiamo corrente elettrica.
O meglio, tutti i modi che potremmo utilizzare per averla non sono praticabili.
Questi modi sono due: usare un generatore smarmittato di quelli che i venditori di
zucchero filato usano a carnevale che col suo lieve rumorino sveglierebbe le
marmotte uzbeke oppure affidarci al Giardo che, pinze alla mano, propone di
scardinare una cabina dell‟Enel e ciucciare la luce gratis (Daidai facciamo
così…daidai…. Almeno ho qualcosa di veramente figo da scrivere…).
Al solito una ventina di teste pensierose si girano tutte insieme verso Checco Belfiori
in attesa di una risposta.
Messia casalingo.
“Si potrebbe provare a chiedere la corrente al ristorante…”
“Chiedila”
Si comincia.
Causa mancanza di spazio, stasera non sono riuscito a imbucarmi vicino alla regia,
così me ne sto fuori a scribacchiare.
Ad ogni ciak, qualcuno esce fuori dalla regia, spara un paio di ordini e torna dentro.
E si rifà.
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In sottofondo Pia continua a minacciare Alessandra con un piumino e con
apocalittiche predizioni.
Dentro il regista dirige, lo sceneggiatore assiste, il produttore produce.
Tutto va bene.
E poi accade.
Non che non ce lo fossimo aspettato.
Gli stomaci si chiudono.
Altri luoghi si dilatano.
Una porta si apre e subito dopo si chiude.
Sereno come un cielo senza nuvole, maglioncino finto casual gettato sulle spalle,
appare il proprietario della baracca.
Il Conte Bracci.
E il livello di leccaculaggine e ossequiosità della troupe raggiunge vertici assoluti.
Roba da acquario degli impiegati.
Lui, il Conte, si profonde in eloquenti gesti di approvazione.
Sorriso smagliante.
Casomai ci fosse un fotografo di Vogue dietro l‟angolo.
Mano tesa a stringere altre mani.
L‟educazione prima di tutto.
Poi, così com‟era arrivato, dopo essersi sincerato di non disturbare, infila la porta e se
ne va.
Gli stomaci si dilatano.
Altri luoghi tornano alle loro normali dimensioni.
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Tutto procede bene ma a rilento: Michele continua a far tremare la terra con le sue
grida per imporre il silenzio, Federico continua a sbucar fuori da ogni angolo con una
macchinetta digitale facendo foto a destra e a manca.
La rifacciamo.
Ancora.
L‟ultima.
No, un‟altra.
Al tredicesimo ciak, Checco esce a fumarsi una sigaretta con gustosa avidità.
Il lavoro non si ferma: chi deve minacciare minaccia e chi deve subire subisce.
Per la quattordicesima, quindicesima, sedicesima volta….
Ogni volta che vedo Pia sventolare il piumino, sbraitando contro Alessandra, temo
che alla fine, a forza di ripetere la scena, possa provarci gusto e prenderci tutti quanti
in ostaggio.
“La pulizia e l‟igiene sono le porte.
Di là tutto è pulito.
Vuoi vedere com‟è di là?”
“Grazie, magari più tardi.”
Ho perso il conto dei ciak, ma arriva il momento in cui chi deve sentirsi soddisfatto si
sente soddisfatto.
O anche se non è del tutto soddisfatto, confida nel fatto che tra i vari ciak, uno buono
non possa non esserci.
A voler essere sinceri, poi, abbiamo fatto anche parecchio in fretta: oltre ogni più
rosea aspettativa.
Ci complimentiamo gli uni con gli altri mentre i tecnici smontano qui e rimontano lì.
Dove qui è da intendersi come qui e lì come il pianerottolo del circolo.
Qualche gufo, però, dice che non andrà sempre così bene.
Tanto qualcosa deve succedere.
70
“AZIONE!”
Ma stavolta non andiamo da nessuna parte.
Le luci sono invasive, le macchine perennemente fuori fuoco.
Battiamo pochissimi ciak e sono tutti da buttare.
In regia l‟occupazione principale è chiedersi se sia più tragico che non si riesca a fare
una ripresa decente o che tra un ciak e l‟altro voli via come minimo un quarto d‟ora.
Stand-by.
Gli asparagi che servono a Pia per questa scena sembrano appassire lentamente ma
inesorabilmente.
C‟è una macchia sul vestito?
Si, ma dai che non si vede.
Sbrigarsi.
Niente.
E‟ serata per i gufi.
Basta.
Non vale più nemmeno la pena di stare qui a perder tempo: la scena va rigirata.
Siamo tutti scoglionati e il fatto di non sapere perché non aiuta di certo.
Sento Ploto che dice di scattare più foto possibili a luci e camere per poterle
riposizionare nello stesso modo Sabato.
Ovvero, quando ricominceremo daccapo.
Non è ancora nato e già “ Laura e Pierre” soffre di crisi di mezza età.
Ma di questo ce ne occuperemo più avanti.
Ora è il caso di andare a dormire o ad ubriacarsi fino al collasso.
Domattina vacanza (o Venezia) e domani sera, non so in che condizioni, Il Pincio.
Vale a dire il set più difficile di tutti. Staremo a vedere.
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IL QUINTO GIORNO
SERATA
Il Pincio
Mondoboia, sta già facendo buio e io non so come fare per scrivere.
Sono appena le otto e già hanno spento le luci del mondo.
Lasciatemi almeno un abat-jour!
Niente, manco quello.
Aspetto un miracolo.
E luce fu.
Grazie ad Angelino che ha appena acceso un domino posso iniziare a scrivere
qualcosa (cioè quello che avete appena letto, in quanto il prima e il dopo in questa
dimensione spazio temporale si escludono a favore di una circolarità del tempo…
no?).
Reduci dall‟avventura veneziana, arrivano anche Ploto e Checco Belfiori (il secondo
ancora impacchettato in un simpatico completino da gangster…)
“Com‟è andata?”1
“Bene, molto bene ma siam disintegrati…”
In effetti non è che potevamo aspettarci qualcosa di molto diverso.
A detta di Checco Montesi il viaggio non è stato tra i più divertenti: da Fano a
Venezia, l‟unica compagnia che ha avuto è stato il russare dei suoi due compagni di
viaggio.
Poi la proiezione del film.
Poi la conferenza stampa (con gli organizzatori che ogni due secondi gli facevano
segno di stringere).
Poi di nuovo in macchina (dormendo) per venire quaggiù a girare di nuovo.
La notte dei morti viventi.
72
Sono più o meno le nove e la serata si preannuncia freddina.
Alla faccia di un‟estate torrida e insopportabile.
Immagino quanto sarà contenta Alessandra che dovrà stare fasciata per non so quante
ore dentro al suo vestitino smanicato rosa confetto.
Tra le altre cose non l‟ho ancora vista. Speriamo non ci dia buca…
In attesa degli ultimissimi preparativi (in realtà manca ancora parecchio, ma volevo
creare una certa suspence…) per iniziare a girare, Ploto ci fa sapere che il suo
problema non è assolutamente il sonno perso in questi primi quasi-cinque giorni di
lavorazione, non è il viaggio Fano-Venezia di stamattina che a ben vedere non è che
lo abbia stancato eccessivamente, non è il fatto che il suo ultimo pasto completo e
decente risalga a quattro giorni fa e non è nemmeno il massiccio consumo di
sigarette, caffè e alcolici di quest‟ultimo periodo.
No no no.
Quello preoccupa per davvero e che lo fa stare un pelino in ansia è l‟ictus che
potrebbe derivare dalla somma di tutti questi fattori.
Mah… speriamo bene!
Nel frattempo Checco Belfiori sta facendo un salto a casa per cambiarsi d‟abito e
mettersi qualcosa di più adatto alla situazione.
Vedendolo allontanarsi in moto tutto ben vestito, con la giacca svolazzante e il vento
che gli si insinua tra i lunghi capelli scompigliandoglieli bizzarramente, mi ricorda
tanto El Mariachi…
Peccato che non ci sia in giro la Roby con la telecamera…
Qui vicino a me, mentre scrivo, c‟è una signora di quelle, non voglio dire matte,
ma… aspetta fammi trovare un sinonimo carino… ecco: “conosciute a Fano”, che mi
scruta con attenzione dalla testa ai piedi…
Non mi pare molto felice di questa nostra intrusione nel suo territorio.
Non mi stupirei se questa sera ce la ritrovassimo in mezzo in qualche ciak.
Sempre qui vicino a me c‟è anche qualcun altro.
Sembra che stasera siano tutti molto interessati a quello che faccio…
Appollaiato dietro la mia spalla c‟è Stitch, il cagnolone di Elisa Ridolfi (fotografa di
scena in b/n. Non nel senso che lei è in bianco e nero… le foto, intendevo) che legge
avidamente ogni parola che scarabocchio sulla mia cartellina stile “Lascia o
raddoppia”.
Intervallo.
Quando una signora, incuriosita da questo insolito movimento di luci, telecamere e
attori, chiede alla Roby “Che festa c‟è stasera??”, lei risponde prontissima “La festa
della polenta”.
“Ahhh… Dopo faccio un saltino con mio marito!”
Cercando di essere discreto e professionale, mi alzo e mi avvio verso un posto dove
possa sganasciarmi dal ridere senza essere visto dalla signora.
73
Ogni tanto qualche passante si ferma a chiedere informazioni.
Qualcuno chiede apertamente al primo che passa.
Qualcuno fa finta di sapere perfettamente che cosa stiamo facendo e si fa carico della
responsabilità di spiegare a chi gli sta vicino la situazione. “Vedi? Registrano un
programma per la Rai!”
Una signora ci comunica che lei abita proprio di fronte alla statua di Cesare e che le
luci che abbiamo acceso potrebbero darle fastidio durante la notte. Forse
disturberanno i suoi focosi incontri amorosi.
Qualcun altro, infine, guarda e basta, accontentandosi di vedere qualcosa di nuovo e
fregandosene altamente di sapere che cosa sia.
Abbandono per un attimo i preparativi delle telecamere Rai per filmare la grandiosa
festa della polenta e mi avvio verso Sara, Franz e Lalla che da una mezz‟ora buona
sono alle prese con un cartello con su scritto “14.8 METRU” che non vuole proprio
saperne di stare attaccato dove dovrebbe.
Mentre li guardo divertito, cercando di capire perché effettivamente il cartello non
voglia star su, Lalla dice che è un po‟ preoccupata del fatto che io possa scrivere per
filo e per segno tutti gli scleri (si, un piccolo fanesismo ogni tanto ci vuole proprio)
che sento da cinque giorni a questa parte.
Le dico di non preoccuparsi anche perché se davvero mi mettessi a scrivere tutto
quello che viene detto, verrebbe fuori un libro al cui confronto “L‟uomo senza
qualità” di Musil, sembrerebbe un Bignami da nascondersi in tasca….
Henry sembra aver risolto i problemi che aveva con le luci ed ora, guardando sul
monitor l‟illuminazione della scena è ben soddisfatto.
Il Giardo è arrampicato su una scala il cui equilibrio è una sfida alle leggi della fisica
e controlla se il dolly funzioni a dovere armeggiando con pesi da palestra, cinghie e
tiranti.
Checco Belfiori sta tornando sul set in compagnia di un‟immensa palla di vestiti
ambulante.
A questo punto i casi sono due: o L‟Omino Michelin esiste davvero e ha deciso di
venire a trovarci sul set, oppure sotto i cappotti sta ben nascosta Alessandra.
La seconda ipotesi si rivela quella giusta.
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Sta diventando così freddo che Alessandra dopo aver salutato tutti velocemente si
infila a razzo dentro il furgone del Giardo e non ne esce più finché non arriva il suo
momento.
Ormai siamo quasi pronti per girare e per tirar giù Alessandra dal suo piccolo e caldo
nido.
Gli ultimi problemi tecnici (come il fatto che le macchine che passano sulla nazionale
disturbano la presa diretta) sono praticamente irrisolvibili quindi seppur a malincuore
facciamo spallucce e iniziamo a lavorare sul serio.
Ben scaldata dagli alcolici che Checco Belfiori continua prontamente a procurarle,
Alessandra è più attiva che mai e per lo meno durante i primi ciak si cala nei panni di
una Laura agguerritissima e più nevrotica che mai.
La sua unica richiesta è il suo fedele cappotto tra un ciak e l‟altro.
Non la ferma nemmeno il vento.
Vento che, se non ferma lei, continua a spegnere le candele sui muretti.
Il bello è che ogni volta che se ne spegne una, ci vogliono cinque minuti buoni per
riaccenderla.
E quello che fa davvero ridere è che se non facciamo in fretta a girare andrà a finire
che finiremo la cera per alimentarle.
Ci sbellichiamo.
“Pronti?”
“Azione!”
Treno.
Aereo.
Sirena di un‟ambulanza.
Ma stiamo girando il remake di “Apocalypse now”???????
Alle undici e venti si cominciano ad armare i dolly al piano superiore: pochi minuti e
siamo di nuovo pronti a girare.
Io mi sistemo su uno scalino proprio di fianco ad una candela in via di estinzione: c‟è
una puzza di pollo bruciato da far paura… spero solo non provenga da me!
Visto che non le è stato concesso di rifugiarsi nuovamente nel furgone, Alessandra si
è barricata dentro al baldacchino.
A suo dire sta amabilmente conversando con un lupo e un orso polare sorseggiando
Borghetti.
Non capisco se stia scherzando o se sia in preda ad allucinazioni alcoliche.
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Forse per assicurarsi che i due compagni di tenda non la infastidiscano, alla parola
magica Borghetti, Ploto si precipita come un cane idrofobo dentro alla tenda e non ne
esce finché non è riuscito ad appropriarsi di almeno un bicchierino del magico fluido
scuro.
Nel triangolino erboso nel quale è stato sistemato il set, sono stipate talmente tante
persone che è difficile capire come facciano a stare in piedi.
C‟è chi gestisce la macchina montata sul carrello frontale, chi quella montata sul
treppiedi, chi ha trovato un posticino vicino a una candela dal quale si vede anche
discretamente.
Intanto la metà del cast tecnico è emigrata al bar Pincio per tentare di scongelarsi a
forza di punch, Tè caldi e alcolici vari.
Ci faccio un salto anche io, anche perché rimanere qui sarebbe inutile visto che le
mani mi fanno troppo male per riuscire a scrivere un‟altra sola riga.
Quando, rinfrancati e un po‟ più felici (come diceva una pubblicità un po‟ di tempo
fa), torniamo sul set, abbiamo una piacevole sorpresa: stanno già fervendo i
preparativi per trasportare baracca e burattini ai piedi di Cesarone.
Cesarone.
Il solito spaccone, non c‟è niente da fare…
E‟ sempre mezzo nudo qualunque temperatura ci sia...
E non si prende mai un malanno, eh…
Magari avrà ragione lui…
Domani vado a scuola con addosso solo quel gilettino di bronzo tanto carino che lui
indossa da un po‟ di tempo (con buona pace di chi, da tre anni, sta provando a
infilarmi in testa qualche rudimentale nozione di storia dell‟arte)…
Non so bene che ore sono, credo più o meno le due e mezzo.
Iniziamo ad essere tutti stanchi.
Qualcuno, a dire il vero, non ha mai smesso di esserlo da qualche giorno.
Forse è la voglia di andare a dormire che ci spinge a lavorare meglio e più in fretta,
ma anche qui chiudiamo la faccenda con pochi ciak.
La scena che abbiamo appena finito è quella in cui Laura conversa amabilmente con
la statua di Cesare chiedendogli consigli…
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La sceneggiatura originale prevedeva un discorso ben più lungo di quello che
effettivamente è stato girato, ma questo voi non avreste dovuto saperlo.
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IL SESTO GIORNO
Il bagno
Comunque, stavo dicendo che per arrivare fino a qui bastava seguire i fili: ora che
sono in casa vedo che da ogni finestra che dà sull‟esterno penzola una gran numero di
cavi che collegano non so cosa a non so cosa.
Io, che non li avevo notati, ho semplicemente aspettato che arrivasse Ploto che mi
indicasse dove andare.
Quando arriviamo sono più o meno le 11.00, ovvero in perfetto orario.
Tanto di tempo per accumulare il ritardo ce n‟è tanto.
La casa, e specialmente il bagno, è invasa dai tecnici che montano luci, microfoni e
telecamere.
Lalla sta riempiendo la vasca d‟acqua e bagnoschiuma facendo quella tipica
schiumina vaporosa e profumata, come dire… da film.
A sporgere la testa dentro la porta del bagno si può assistere ad un affascinante
spettacolo di giocoleria e contorsionismo: una massa confusa di gambe, braccia e
teste, si muove con precisione cambiando i connotati alla stanza.
Un paio di braccia fissano una barra estensibile.
Due mani fissano un quadro sopra la vasca.
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Una bocca si lamenta perché le mattonelle lucide riflettono le luci montate sopra lo
specchio.
Un avambraccio risolve il problema.
Con la porta del bagno chiusa, e i monitor girati dalla parte opposta da quella in cui io
sono incastrato non ho la minima idea di come questa scena sia venuta.
I soli metri di misura che posso usare, sono le espressioni che via via si susseguono
sul viso di Luca.
Ride.
Scuote la testa.
Ride di nuovo.
Annuisce.
Si mette le mani davanti agli occhi.
Ploto continua ad uscire dal bagno con una sola domanda: “Com‟era?”, poi confabula
un paio di secondi con Luca e scompare nuovamente chiudendosi la porta alle spalle
per evitare il rischio che, vista la mancanza di spazio, la regia possa entrare in campo.
Intanto quelli che non hanno trovato nemmeno un posticino o quelli che hanno le
gambe troppo doloranti per continuare ad occupare il proprio si radunano in salotto
dove si formano due o tre gruppetti di conversazione.
Chiacchiere pacate ad occhi semichiusi per il sonno arretrato.
Un incrocio tra la compostezza di Parini e l‟intorpidimento malefico di Baudelaire.
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“Com‟era?”
E‟ tornato fuori.
“Ah, per me era ottima… abbiamo già un certo numero di ciak buoni”
“Checco, il suono?”
“Ti dirò che oggi è andata benone! Ce ne sono molte buone….”
“Perfetto”
E si richiude dentro.
La perfezione va bene, ma se si può ottenere qualcosa di più è ancora meglio.
Le quattordici sono passate da poco quando Ploto decide di non aver superato la
perfezione ma che comunque va bene così, liberando Claudio Alfonsi dalla vasca da
bagno nella quale nel frattempo aveva messo le radici: speriamo solo di non doverlo
travasare a terra come nel finale di un certo film.
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POMERIGGIO
Il Lido
(Scene non presenti in copione)
Fare in fretta.
Queste sono le parole che più frequentemente serpeggiano tra i ragazzi che stanno
allestendo il set.
Ognuno lo dice alla sua maniera.
Qualcuno non lo dice, ma lo fa capire.
Come in ogni scena in esterni che venga girata di giorno, abbiamo il problema del
rapido variare della luce.
Nemmeno il Giardo è riuscito a attaccare un dimmer al sole e così per una volta
dobbiamo adattarci a queste tradizioni ormai vecchie di secoli che vogliono che il
crepuscolo venga proprio verso le sei di sera.
Almeno d‟estate.
Per questo pomeriggio abbiamo in programma ben due scene che non erano previste
originariamente nel copione (in fase di lavorazione, a dire il vero, sono stati fatti
diversi cambiamenti tra i quali, appunto, l‟inserimento di queste due scene e il totale
sconvolgimento del finale) ovvero un‟onirica corsa sulla spiaggia in cui Laura vestita
da sposa e Pierre vestito da non so cosa si gettano (forse) l‟una nelle braccia dell‟altro
e un inserto finale nel quale Laura gioca con suo figlio e chiacchiera con una
passante, qualche tempo dopo la conclusione della storia.
Per la serie “se facciamo le cose in famiglia magari vengono meglio” il figlio di
Laura è Leonardo, ovvero il figlio della Faiella e la signora con la quale Laura
scambia un paio di battute, è la madre.
Non passa neanche mezz‟ora da quando arrivo che siamo già pronti per girare.
Rimane qualche problema come il fatto che ci sono un sacco di riflessi sui monitor e
che bisogna usare uno scatolone come camera oscura per vedere cosa stiamo girando;
Michele ha rinunciato al suo silenzio assoluto capendo che per ottenerlo in una
spiaggia alle sei del pomeriggio di una giornata estiva come questa ci vorrebbero
almeno un paio di omicidi di quelli sadici, ma a parte questo siamo tutti operativi e
possiamo iniziare.
E‟ incredibile.
Quando un bambino deve fare qualcosa non la farà.
E non è mica per una questione di capricci o cose del genere. No.
E‟ natura.
Non è che gli stiamo chiedendo una cosa che gli costerà un sacrifico enorme.
Deve solo scendere da uno scivolo. Dal lato divertente, nemmeno dalle scale.
Eppure lui non ne vuole sapere.
Ci puoi rimettere l‟orologio che in un‟altra occasione, magari se la mamma avesse
avuto una fretta del demonio, lui su quello scivolo ci si sarebbe impallinato per ore.
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E invece adesso sembra che lo faccia star male solo il pensiero di una scivolatine.
Avrà visto l‟altalena.
Per cercare una soluzione, mezzo staff si sposta dall‟altra parte del set per cercare di
invogliare Leo a scendere giù.
Muahahahahah!!!
PLPLPLPLPLPLPLPLPLP!!!!!!!
Aahhhhhhhhhhh!!!
Sono solo alcune delle argomentazioni che i ragazzi cercano di usare per convincerlo
a scivolare.
Sembra una squadra di poliziotti che cerca di convincere un aspirante suicida a non
buttarsi.
Solo che stanno facendo il contrario.
Alla fine non so quale sia stata la smorfia che lo ha conquistato, ma la situazione si è
sbloccata e Leo si è lanciato in una timida scivolata.
Che gli è piaciuta.
Oh, gli è piaciuta proprio tanto!
Lo rifà?
Si?
Via a fare ciak, allo sfinimento finché non si stufa!
Oh, non si ferma più!
Quante ne abbiamo buone?
Eh, un po‟ ce ne sono… facciamone un altro paio (la paranoia non se ne va mai del
tutto) e poi spostiamo il set in riva…
***
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Ma si sente mancanza vestito rosa confetto. STOP.
Sole sempre più basso su mare. STOP.
Stringere i tempi. STOP.
Forza col carrello. STOP.
Luce insufficiente. STOP.
Ultimo ciak. STOP.
Stop. STOP.
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IL SETTIMO GIORNO
Il circolo cittadino (Seconda parte)
Non ho suonato.
Nemmeno stavolta.
Però ho fatto un passo avanti e ho bussato.
Non potete chiedermi di suonare, su… è troppo!
Mi hanno aperto i tecnici impegnati nel cortile.
Sollievo.
Sgattaiolo su per le scale incrociando e salutando chi sta già lavorando da un po‟.
“‟giorno!”
“Uè, ciao!”
“Novità?”
“Eeee…”
La regia è sistemata in un angolo della stanza del circolo in cui c‟è il bar.
Come gli antichi Greci, abbiamo edificato la nostra fortezza in posizione strategica e
l‟abbiamo dotata di tutti i comfort.
10 passi dal bagno.
1.5 passi dal bar.
18 passi in media dai vari set considerando gli spostamenti nel corso del giorno.
Tre sedie con braccioli per chi sta davanti ai monitor.
Un divano (che poi si rivelerà una trappola mortale) per chi invece, come me, si
limita a cacciare il naso.
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Visto che le scene che gireremo si svolgono di notte, già da qualche tempo, abbiamo
iniziato a sprangare le finestre per non fare entrare nemmeno un filo di luce.
Nelle fessure che rimangono (gli infissi sono vecchi) viene infilato di tutto:
Nastro adesivo colorato.
Stracci presi in prestito dal bar.
La tua maglia.
La mia?
Si!
Buio pesto.
A parte tutte le luci accese, i riflettori e quant‟altro.
Prendiamo posto e per l‟ennesima volta negli ultimi giorni, siamo pronti a iniziare.
“Azione!”
Diciotto passi più a est, Alessandra entra in scena e trova Sebastiano e Ursula seduti
al pianoforte che si scambiano sguardi languidi.
“Sposati e troverai la felicità”
“…”
Non era male.
Ma la rifacciamo.
Ancora.
Per sempre… e sempre… e sempre…
Otto passi a sud della regia, nello stesso momento in cui la melensa coppietta incita
Laura a sposarsi per la quarta volta, Giardo scopre il biliardo.
L‟artigiano che è in lui prende il sopravvento.
Lo squadra.
Batte le palpebre per tre volte.
Passa una mano sul panno verde.
Accarezzandolo.
Afferra un stecca.
Non l‟ho più visto.
Zerovirgolasette passi a est del divano Ploto si arriccia nervosamente la barba con
due dita, Checco Belfiori si leviga ossessivamente il viso con entrambe le mani, Luca
è irrigidito sulla sua sedia a due braccioli, le braccia conserte.
Ottovirgolatre passi a nord del bagno, con indosso un grembiule preso non so dove, la
Roby sta sfornando caffè per tutti.
“Vuoi caffè?”
“Si”
“Tu?”
Annuisce
“Anch‟io!”
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Ogni tre minuti e cinquantasette secondi esatti, Bruno, il barista del circolo, passa a
controllare che non esploda niente.
“Ho fatto la barista tutta l‟estate”, lo rassicura la Roby.
“Oh…”
Tranquillizzato, il ritmo delle sue visite cala a una ogni sei minuti e dodici secondi.
Salvo per le ordinazioni dei membri del circolo.
Quattro passi a sud di una delle finestre rattoppate con ogni e qualsiasi materiale, i
tre uomini seduti sulle sedie di legno con braccioli e schienale dichiarano lo stop.
Cinque minuti per trasferire il set nell‟altra stanza.
Per un quarto d‟ora abbondante non riesco a tenere il conto dei passi.
Troppa gente che viene e che va.
Mi capita un giornale tra le mani.
Notizia del giorno: in uscita il CD “Meglio una canzone”.
Musiche di Mariano Apicella.
Testi del Cavalier Silvio Berlusconi.
Peccato, era una bella giornata.
Tredici passi a est del bar, radunati in una stanza che fino a poco prima era stata usata
come spogliatoio, togliamo la carta dai vassoi, arrivati direttamente dal “Caffè del
pasticcere”.
Stretto in mano il nostro trofeo con prosciutto o tonno, lo addentiamo con gusto
mistico.
Non è da escludere l‟ipotesi che dietro alla porta della sala situata a sei passi a nord-
est dell‟ingresso, ben nascoste, ci siano ancora le spoglie dell‟ex tavolo da gioco
camuffato da sgabello.
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Nove passi a est della sala con il pianoforte, il set è stato trasferito con successo e
quando una voce a ottovirgolauno passi dal biliardo strilla “Azione”, Anna, sbracata
sul divano con fare da diva, si fa aria con un piccolo ventaglio ragguagliando Laura
sui suoi diabolici piani di conquista sessuale ai danni di Alfredo, Ettore, Franco e
Luigi (Chiiiiiiii?????).
Un orgasmico salto sul divano.
“Ma chi è Alfredo?”
Per mezz‟ora, Anna continua a saltare e a non rispondere a Laura, che con pazienza
certosina continua a chiedere chi sia Alfredo.
Poi, l‟ultima.
Ultima domanda.
Ultima non risposta.
“ssshshhshshhshhs sh hs hsshhsh”
“Va bene”
Ora, corri a cambiar di nuovo tutto per la scena del convivio finale.
Sposta i cavi di segnale.
Attento che qui tirano.
Che gelatina ci metto qui?
Un frost.
Giammi e il suo asciugamano coordinano le operazioni.
Te lì, te qui e voi via.
Sistema le sedie.
I paraluce ce li hai tu?
No.
Batteria scarica.
C‟è n‟è un‟altra in quella borsa laggiù.
Com‟è la luce?
Spegni quella?... Nonono! Riaccendi!
Pronti?
Partito.
Partito.
Partito.
Vai col ciak, Mone.
Sequenza 7, scena….
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Azione!
Quindici passi a sud-est di Mone, accoccolato sotto un termosifone col ciak in mano
per non entrare in campo, Laura si fa imbottire la testa di stupidaggini dalla coppietta
e dallo psicanalista.
Urla.
Più forte.
DI PIUUUUUUUUUUUUU‟!!!!
Ancora.
E Mone va avanti e indietro col ciak. Trenta passi.
Ancora.
E Mone va avanti e indietro col ciak. Trenta passi.
A fine giornata lo accompagno a fare il tagliando.
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L’OTTAVO GIORNO
Il circolo cittadino (Terza parte)
E‟ ancora lì.
Non solo: ora c‟è anche Giorgio Ganzerli.
Dove lo avevo perso ieri mattina, lo ritrovo oggi.
Giardo, sta dando spettacolo.
E‟ da un po‟ che li osservo.
Senza capirci assolutamente niente.
Non ho ancora capito chi sta vincendo.
Il fatto è che giocano su uno di quei biliardi che non hanno le buche.
Ci sono i birilli.
Niente da dire: giocano in maniera estremamente scenografica.
Birilli abbattuti che si rialzano, fanno una piroetta, ringraziano e tornano a
stramazzare sul panno verde.
Solo che non so quanto questo sia positivo per l‟uno o per l‟altro.
Un paio di porte più in là, computer con foto alla mano, i tentativi di ricostruire il set
esattamente uguale a com‟era ieri.
Allooora….
Quella sedia stava a metà tra la terza e la quarta mattonella a partire da destra…
Uno, due, tre… qui.
La prima telecamera?
Esattamente dove ho i piedi io: non mi sposto finché non l‟hai sistemata
In sottofondo, senza un attimo di pausa, il sibilo sfinito della macchina del caffè
messa nuovamente sotto torchio dalla Roby.
Uno per volta, con gli occhi che ormai hanno preso la residenza fuori dalle orbite, ci
presentiamo al bar per riscuotere ciò che ci spetta.
Quelli più distrutti, insieme al caffè trangugiano un paio di pastiglie di guaranà.
Un‟erba o qualcosa di simile.
E‟ da una settimana che questa strana sostanza gira sul set.
Dammene un‟altra, tanto non fa niente….
Son stati svegli per tre giorni con le allucinazioni.
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Io lo riscrivo.
Kasparov, gli scacchi… ci serve una scacchiera….. e poi una canzone…
Hai scritto?
Si
E poi io ti guardo, dico che mi hai stancata e me ne vado…
E magari dai anche un ceffone a Ste.
(Stefano Mancini: il maggiordomo)
Eh eh… ok…
Deve essere tutto più chiaro per chi guarda.
Stai scrivendo?
Si, ma andate un po‟ più piano che faccio confusione…
Mhm…
Provatelo, dai.
Ridiamo.
Che è comunque una cosa positiva.
“Chi è?”
“Sono quelli della Rai, t‟avevo detto…”
“Ah si… arriviamo…”
Una troupe del Tg3 regionale, si fa largo tra la selva di cavi sparsi per il pavimento
fino ad approdare alla regia.
Dammi un‟intervista con il regista.
Dammi verità.
Dammi passione.
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Datemi movimento.
Fate come vi pare, ma datemelo.
E noi ci muoviamo.
Vengono battuti anche un paio di ciak nel frattempo.
Grazie, noi avremmo finito.
(Dammi gratitudine)
Prego, buona giornata.
Andiamo avanti.
Arroccati sulle loro personalissima scacchiera, Laura e Pierre continuano ad urlarsi
contro.
Ti lascio perché mi sposi.
Non ti sposo più.
Ho perso il conto.
Bastaaaaaaaa!!!!!!!
Sciaffff…..
Prima è il gelo.
Alessandra, nella concitazione della scena ha mollato un ceffone a Stefano.
Fatto bene.
Di quelli sonori, che lasciano le cinque dita.
Roba che ti vien da dire: l‟ha rotto dentro.
Prima è il gelo.
Poi vedi la faccia di Stefano.
Lacerato dal suo dissidio interiore.
L‟ammazzo qui o la prendo a ridere?
Mentre lui decide, noi ci sbellichiamo.
Pausa.
Ora di pranzo.
Ormai i vassoi di pizzette conoscono da soli la strada per raggiungerci.
E invece no.
Oggi si cambia.
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Ci siamo.
Siamo in un salone.
Non un salone qualsiasi: una sala da pranzo.
A qualcuno iniziano a scendere le lacrime. Goccioloni di commozione.
Le gambe appesantite dal vino e tutto il resto appesantito dalla pasta, ci alziamo dal
tavolo con qualche difficoltà.
“Si possono rivedere un paio di ciak, così vedo dove posso fare di meglio?”
“Ci mancherebbe! Naturale!”
Giorgio si studia con attenzione.
Alessandra anche.
“E se cantassi qualcosa?”
“Come?”
“Qualcosa… proviamo come dico io…”
Torna nell‟altra stanza.
96
Figli delle stelle, figli della notte che gira intorno a noi…. Auhhhhhh!!!!!!!
Rimaniamo basiti.
Poi ci mettiamo a ridere come porci sumeri fino allo sfinimento.
Ploto gliela farà rifare almeno cinquanta volte.
Ce l‟abbiamo fatta.
Cambio scena.
Porta tutto fuori.
Come sempre: via i cavalletti, le luci, i microfoni.
Porta tutto in fondo in fondo.
Nella stanzetta con i tre scalini.
Sciak.
Perché secondo me il ciak non fa ciak.
Fa SCIAK.
Prima della botta c‟è il sibilo nell‟aria.
97
Moltissime volte.
Un‟infinità di volte.
Dietro alla regia qualcuno fa il gesto dell‟impiccato.
Qualcun‟altro stramazza a terra.
A forza di entrare e uscire dalla stessa porta, Laura che (sta scritto sul copione) ha
bisogno del bagno, rischia di farsela addosso.
98
SERATA
Il circolo cittadino (Quarta ed ultima parte)
99
Cosa sono quelli? Asparagi?
Ehm… si… verdi e… nuovi…
Me li dia..
No, faccio io, grazie… (e stai indietro con quel piumino…)
Stop.
“ATTENZ….”
Non ha fatto in tempo a finire la parola.
Dal terzo piano, una pioggia di acqua e vetri.
Ma che caz…
“Scusate, colpa mia…”
Una vocina dall‟alto.
“Stacca il domino, dai!”
“Tutto a posto?”
“Spero… vediamo quando lo riaccendiamo…”
“S‟è fatto male nessuno?”
Silenzio.
O son tutti morti, oppure chi tace acconsente.
Era l‟unica bottiglia d‟acqua di vetro che era mai arrivata sul set in otto giorni.
Le altre tutte di plastica.
100
101
Rimangono da girare le scene in cui Laura entra in casa della “trasgressiva” coppietta
e quella in cui viene accolta dal maggiordomo in casa di Pierre.
Con calma, facciamo tutto.
Driiin…
“Dovrei vedere Pierre…”
“…”
Entra e scompare.
Stop.
TOC TOC….
“Aprite…. dai aprite….”
“Siiiiiiii??”
“Posso farvi… ehm… (fatemi entrare…..) qualche domanda?”
“Si accomodi….”
Entra e scompare.
102
Saluti.
Saluti più forti con quelli che partono stasera.
Baci.
Abbracci.
Ebbuonanotte.
103
IL NONO GIORNO
Il porto
Un bubbolio lontano…
Eh… mi sa che va a piovere oggi…
Zitto! Non lo dire neanche!
Era una constatazione…
Z-I-T-T-O.
“Tirat via finchè en tira „l vent… dop buta giù un scrulon d‟acqua….”
Parola di lupo di mare che passeggia assorto sulla banchina.
Ci proviamo.
104
Facciamo così.
Ci prepariamo in modo da essere pronti in qualsiasi momento.
E iniziamo nel momento esatto in cui loro fanno la pausa per il pranzo.
La faranno, no?
In lenta processione (per non cadere in acqua), un attimo dopo Mone e Michele
arrivano con la macchina sulla banchina.
E adesso?
Adesso ci accucciamo nel bagagliaio con il computer e i microfoni.
Il portellone attutirà il rumore.
Ingegnoso.
“Dov‟è Francesca?”
“Chi?”
“Francesca, la truccatrice…”
“Ah… non è arrivata…”
“Cosa????”
“Non riusciamo nemmeno a rintracciarla”
“Ma che ore sono?”
“Meglio che non te lo dico…”
Rossoarancionegialloverdebluindacovioletto.
Tutti insieme sul viso di Ploto.
nero di pece, a monte,
Mezzogiorno passato.
Attrici ancora struccate.
“Non mi sembra una persona così snaturata da non presentarsi al lavoro.
Dev‟essere sicuramente morta.”
Ora di pranzo.
Per noi e per gli operai.
Ruspe ferme.
Silenzio assoluto.
Minuti che se ne vanno.
105
Sono le due.
Allegra e giuliva, borsetta in mano, arriva la truccatrice.
Rancore negli occhi di tutti.
E‟ viva.
stracci di nubi chiare:
Fa schifo.
(Dovremo rigirare.
Oggi è improponibile).
Riproviamo.
La seconda va meglio.
Accettabile.
Ploto, Luca e Checco, nascosti sotto un telo per eliminare i riflessi, meditano
intensamente.
“Vale la pena andare avanti?”
“Ormai siamo qui”
“Non possiamo permetterci di fare diversamente”
Molto più tardi, col cielo ancor più scuro, viene dichiarato lo stop.
Disperazione o soddisfazione.
Non so quale delle due.
Via veloci!
Trasferire il set in sull‟ultimo molo dove è ormeggiato “Cacao”.
Aiutami.
Arrivo: che devo fare?
Prendi un monitor, portalo laggiù.
106
107
“Mi spiace che vada così… ma se non sbaglio lei aveva chiesto di far uscire il
catamarano per una delle riprese, vero?”
“S.. si”
“Beh, ecco, non è più possibile… sa, il vento sta gonfiando un po‟ il mare…
potrebbero esserci dei danni…. Non possiamo rischiare.. sono certo che lei capirà…”
“Naturale… troveremo una soluzione… Grazie dell‟informazione.”
Una goccia.
No, adesso, no.
E‟ inutile che provi a piovere, chiaro?
A costo di rimanere fulminati, noi oggi finiamo il film.
Smettila di far casino con quei tuoni.
“L‟ultima.”
La voce tremava di rabbia, emozione.
Azione!.
Dettaglio su Alfredo.
Fazzoletti che sventolano.
Stop.
Piove.
Goccia su goccia, sempre più in fretta.
Svelto a smontare quel faro!
Copri la telecamera e tieni questo.
Cos‟è?
Non lo so.
Seduto su una panchina, la pioggia battente, sistemo nella borsa la cartella con gli
appunti.
Alzati da lì e vattene. E‟ finita. Questa volta è finita davvero.
108
un‟ala di gabbiano.
109
CENA DI FINE RIPRESE
Cartoceto (PU) 19 Settembre 2003
Casa Curina
In macchina con Magno e Lalla dritto verso quella che, già lo so, sarà la serata più
distruttiva di tutta la mia vita.
Una settimana dopo l‟ultimo ciak di “Laura e Pierre”.
Settimana passata a dormire senza alcun tipo di interruzione.
Sognando dolly, telecamere e asparagi.
“Oh, adesso piano piano che non ci sono più cartelli e dobbiamo ricordarci qual è la
casa….”
“Sta anche facendo buio….”
“No, aspetta un cartello c‟è….”
La luce fioca di due candele illumina un cartello artigianale con tanto di freccia:
“MACHI‟!
Siamo arrivati.
110
Davanti e dentro casa, lo scenario è di Petroniana memoria.
I genitori di Luca, sono impegnatissimi ad accendere il barbecue che servirà tra
qualche minuto.
Eh, se servirà!
Rumore di macchine.
Cominciano ad arrivare gli altri ragazzi.
Ciao.
„Spetta, parcheggia più giù…
Machì?
Bon, ferma!
Venti minuti più tardi siamo tutti attorno ai genitori di Luca (nel frattempo arrivato
anche lui) con un filino di bava che ci scende lungo l‟angolo sinistro della bocca.
Pesce.
Chili e chili di pesce.
In ogni salsa.
Mi viene in mente La Bubba Gump Gamberi Corporation.
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“T‟a fa de‟n tel cul te e la cartina! En l‟ho presa..”
“Segui i cartelli per Cartoceto…. Dove sei esattamente, ora?”
“Davanti a “L‟alberone”…
Risata generale.
Quando sentiamo il rumore di una moto corriamo vicino al cancello per accogliere il
nuovo arrivato con il giusto applauso.
Non lo stiamo prendendo per il culo…
Parigi-Dakar.
“Ehm.. ehm…”
Teste che si girano verso Ploto.
Ha in mano un piccolo plico di fogli.
Chissà perché mi viene in mente l‟inaugurazione del Teatro.
“Vorrei leggere un paio di righe, se non vi dispiace…”
“Ha d‟avè scrit gros un bel po‟ s‟en sol un para d‟rig…”
Attenzione: da questo momento in poi mi risulta difficile trovare un filo logico nel
corso dei miei pensieri. Avrò preso freddo…
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Quello che mi ricordo sono solo sprazzi di conversazioni.
“L‟hai letto quel libro? Lui si strozzava per guadagnarsi da vivere…”
Assopito, il criceto che abita nel mio cervello zoppica faticosamente…
“Mhmmm l‟ho letto anch‟io… ma non mi ricordo che libro è…”
“Soffocare”
“‟zz, vero.. gran libro…”
E ripiombo nell‟incoscienza.
Mi alzo.
“Serve una mano?”
“Nono, tranquillo…”
E invece mi servirebbe.
Proprio mentre mi sollevo dalla sedia qualcuno, da fuori, inizia a ruotare la stanza.
Perché fate cosi?
Mi volete far star male.
Non siate dispettosi….
Devo arrivare al bagno…
Ci sono: mi spoglio.
Freddo.
“Ben tornato!”
“Grazie”.
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Dormo.
Dormo.
Dormo.
Mezz‟ora di stallo.
Stupidaggini che non colgo.
Discorsi seri.
***
Sono sveglio.
Dalla finestra entra uno spiraglio di luce gialla.
E‟ una bella giornata.
Guardo Ploto che dorme nel letto di fianco a me.
Stringo gli occhi.
Respira?
….
Si, è vivo.
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Per lo stupore, mi cade la mascella sul tappeto.
Alle otto… per alzarsi deve aver fatto meditazione guidata….
Giardo se ne va.
Una giornata così chiama un giro in moto.
Alberone… one.. one…
Così per tutto il viaggio dalla casa a un bidone della spazzatura, mi godo la vista di
persone che mi osservano con sguardo truce sul limitare della strada.
Mi si stanno spezzando le braccia.
“Ci siamo”
Pfui…
***
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Seduto sulla punta di una seggiola spagliata, leggo e rileggo quello che in questi mesi
ho scritto fino a qui.
Di sicuro poteva essere molto migliore.
Avrebbe potuto essere peggiore.
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Stavo dimenticando…
Quella che ha letto Ploto alla cena era una poesia.
Questa:
“…Non lo so…”
Cena di fine riprese LoBeCaFilm - Cartoceto (PU) 19 Settembre 2003
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ma uno di dò me sa che pu è mort
perché quand un solo è armasto tra i pìa
le gente brindava, malagiù in regia!
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t‟argir e te fiss el „dolli‟ in t‟la schina
te vrichi i tirant sota le ascell
e te stend giu da pied anca tut el carell.
Apena pu sent che qualcun dà l‟ „asiòn‟
tien pur el respìr a pieni pulmon:
che si c‟èn Merio e Fede a dàm una man
te fag veda, da pr‟aria, i tre quarti de Fan!”
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de fa le rob ben bèn e prest
quanti han dit “J se putessa,
j darìa un casòt t‟la testa!” ?
Se se gira diciòt‟ òr
tra don nud e vibrator
voi veda el prim che lascia el set
tra chel casin de cul e tett!
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Pian pianìn sarìa trop bel
tentar di fare un mes apèll!
Ma se de alcuni en cnosc i nom,
sa altri faccio confusion:
se manca un, porca miseria
en el fag per cativeria!
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SCUSE
Devo le mie più profonde scuse agli artisti a cui ho rubato qualcosa.
Eccone alcuni:
Chuck Palahniuk, Woody Allen, Fernando Marchiori, Marco Paolini, Alessandro
Baricco, J.K. Rowling, Giovanni Pascoli, Hubert Selby Jr., Lucia Moisio, Gabriel
García Marquez, J.D. Salinger, Italo Calvino, Osvaldo Soriano, Bret Easton Ellis,
Elio e le storie tese, Anthony Burgess, Filippo Tommaso Marinetti…. e molti altri dai
quali ha preso in prestito stile, frasi e modi di dire senza nemmeno essermene
accorto…
RINGRAZIAMENTI
Grazie a chi mi ha detto e mi dirà: “ Questo toglilo”, a chi, per tutti i giorni di
lavorazione, ha portato i panini sul set, a Barbara e mio padre che hanno corretto le
mie bozze, a Ploto a cui sequestrato un maglione per mesi e mesi, a Tommy che
armato di pazienza e cacciavite ha permesso che io potessi scrivere queste pagine, a
Sabrina che prima o poi verrà a bere qualcosa con me, a Rupert, a Mone ed Eugenio
senza mai una penna, a Luca che mi ha fatto scoprire “Requiem for a dream”, a
Federico ed Elisa per le foto di queste pagine, a Checco e al suo nuovissimo cellulare,
a chi mi ha detto: “Son gli ultimi otto giorni che puoi dormire: dormili!”, alla mia
mamma, ad Andrea che mi ha insegnato come giustificare un testo e mi ha dato dieci
validi motivi per farmi una carta di credito, ad Alby e alla Tata, a quella famigliola
(mmammababbofigliofiglianonna) che ha attraversato la superstrada proprio sotto il
mio naso, a Sara che non ha ancora visto “Memento”, a tutto lo staff di “L‟amore.
Quasi. (Oppure no)” di cui ancora faccio fatica a ricordare i nomi, a tutti quelli che
leggendo queste ultime righe hanno pensato: “Mi piacerebbe che ringraziasse anche
me”….
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