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Luca Beltrami Gadola PD: TRA GIUNTA E PARTITO VOGLIO METTERE IL DITO Walter Marossi IL CRAXIANO RENZI E LA MALEDIZIONE DEL SEGRETARIO PROVINCIALE Jacopo Gardella CENTRO MACIACHINI: TROPPE MANI PER UNA SOLA PAGINA Ilaria Li Vigni CITT METROPOLITANA O DELL'AGILIT ISTITUZIONALE Vito Antonio Ayroldi IL P.S.I. A MILANO. MA CHE STORIA ? Evergreen LE DOMENICHE A PIEDI TORMENTONE URBANO Giuseppe Gario EXPO E NUTRIZIONE: DOPO IL MOTTO IL TRADIMENTO? Francesca Zajczyk CONTRO LA PUBBLICIT SESSISTA MILANO COMUNE CAPOFILA Emilio Battisti APPELLO PER UNA LETTERA APERTA SULLA QUALIT URBANA DI MILANO Giuseppe Ucciero DOPO LAMPEDUSA: CAPITALI LIBERI MIGRANTI, UOMINI REI CLANDESTINI Paolo Mottana PSICOLOGI DELLEDUCAZIONE, SALVARE IL SOLDATO "ALLIEVO" Riccardo Lo Schiavo BERLUSCONI: CHARTAGO DELENDA EST? VIDEO I CANDIDATI ALLA SEGRETERIA PROVINCIALE DEL PD: DAVID GENTILI PIETRO BUSSOLATI suggerimento musicale BOB ACRI in Bob's Blues rubriche di attualit CINEMA - Anonimi milanesi MUSICA - a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Virginia Colombo LIBRI - a cura di Marilena Poletti Pasero SIPARIO E. Aldrovandi D. G. Muscianisi www.arcipelagomilano.org
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PD: TRA GIUNTA E PARTITO VOGLIO METTERE IL DITO Luca Beltrami Gadola
Alessandro Alfieri, coordinatore regionale del Pd per la Lombardia, giusto una settimana fa in occasione di una conferenza stampa sulle candidature alla segreteria provinciale ha detto: Il futuro segretario provinciale dovr essere in grado di dialogare con la Giunta Pisapia, collaborativi ma non supini. Francamente non capisco o forse capisco troppo. In parole povere la Giunta Pisapia una sorta di frutto avvelenato per il Pd: ha rappresentato il fallimento di unoperazione politica passata attraverso le primarie che ha visto il candidato Boeri malamente sostenuto da suo partito, lauto candid atura di un serio competitore come Giuliano Pisapia che ha saputo raccogliere entusiasmi e consensi vittoriosi e, per finire, il siluramento di Boeri assessore, operazione la cui logica sfuggita alla maggior parte dei votanti di sinistra. Quello che ha detto dunque Alfieri avrebbe meritato qualcosa di pi di una semplice dichiarazione alla stampa. Tra Pd e Giunta non c dialogo? Come dire che sino a ora il principale Partito che la sostiene non riesce, non pu, non vuole dialogare con la Giunta? Che cosa lascia supporre che il nuovo segretario provinciale dialogher pi facilmente? Perch sar pi autorevole? Non credo proprio, visto che la designazione del segretario provinciale curiosamente (rispetto al nazionale) riservata ai soli iscritti, ormai pochini e dunque non rappresentativi di uneventuale larga base di consenso in citt. Possiamo dire che ormai la confusione regna sovrana, tanto da rimpiangere i vecchi tempi, quelli prima della riforma Bassanini. Allora il meccanismo era semplice e comprensibile: i partiti presentavano i candidati al Consiglio comunale, scelti poi andando alle urne con il sistema delle preferenze, il Consiglio comunale eleggeva sindaco e Giunta. Tutto fu buttato a mare con laccusa di essere un sistema che non garantiva stabilit alla Giunta e al Sindaco. Era vero. La riforma ha dato stabilit a un sistema squilibrato nei suoi poteri: dunque rapporti difficili tra partiti e Giunta, rapporti difficili tra Consiglio comunale e Sindaco e tra Consiglio comunale e Giunta e, direi, persino tra Sindaco e Giunta. Meglio o peggio? A complicare ulteriormente lo scenario arriva il fenomeno delle liste civiche, come la lista arancione di Milano. Cosa sono? Una sorta di araba fenice elettorale, manifestazione visibile, ma non la sola, dellantipartitismo? Non siamo un partito n vogliamo fondare un partito, Umberto Ambrosoli una settima fa. A fasi alterne anchio sono daccordo e non sono daccordo. Ma allora cosa siamo, cosa sono, cosa siete? Me lo domando sempre in particolar modo se rileggo larticolo 49 della Costituzione che assegna ai partiti il ruolo di soggetti in grado di determinare per conto dei cittadini la politica nazionale. Non un ruolo assegnato dalla Costituzione esclusivamente ai partiti, ovvio, perch la stessa Costituzione allarticolo 18 garantisce la libert di associazione e i partiti per altro sono libere associazioni senza natura giuridica. In ogni caso la legge elettorale non riserva certo solo ai partiti la possibilit di presentare liste e candidati che andranno a costituire le due Camere (per quanto ancora due?), i veri organi in grado di determinare la politica. La legge elettorale per ha un occhio di riguardo per i partiti: rende solo a loro il percorso elettorale pi facile - la raccolta delle firme - e anche qui ci sarebbe un lungo discorso da fare. Questarchitettura istituzionale non certo fatta per rendere agevole e facilmente visibile da parte dei cittadini la via per determinare la famosa volont politica. Forse anche questa una delle ragioni del fascino populista degli uomini soli al comando: elezione diretta dellunto del Signore, facile, comprensibile. Da tempo la contesa sulla Costituzione e le sue modifiche accende gli animi: partendo dal vertice della piramide bisogna rivedere larchitettura istituzionale scendendo fino ai livelli pi bassi, quelli vicini ai cittadini. Per il momento dunque la confusione regna sovrana: iI Pd collabora, gli altri pure.
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Craxi, presumo che lo sar anche per Renzi. Allora il cosiddetto partito degli assessori e degli enti, forte di una legge elettorale fondata sulle preferenze e sul proporzionale a tutti i livelli ader entusiasticamente al progetto craxiano ottenendone in cambio mani libere sul territorio: sia sul terreno delle alleanze sia sul terreno della gestione sia della continuit del gruppo dirigente. A gestire questa autonomia i segretari provinciali e regionali mediatori tra i vari gruppi soi disant craxiani. Queste mani libere se da una parte diedero a Craxi il controllo sugli indirizzi nazionali dall'altra ne limitarono fortemente l'autonomia d'azione, molte giunte e molti eletti potevano "fregarsene" del segretario nazionale che chiedeva manifestazioni di fedelt ma contrariamente a quello che si crede governava non regnava, autocrate solo a parole. Al dunque il tanto deprecato dirigismo craxiano si scontrava con un notabilato che era molto pi autonomo di quello che appariva. Cos avvenne che la "grande riforma" che avrebbe dovuto rivoluzionare il sistema rest un bello slogan mentre buona parte delle modernizzazioni si arenarono nella palude del quieto vivere amministrativo. Oggi con l'elezione diretta dei sindaci e dei governatori e l'indicazione delle leadership locali attraverso le primarie il partito degli assessori e degli enti e pi forte che mai e le mani libere sono istituzionalmente riconosciute; la struttura locale pu agevolmente, in virt della logica federale del partito, infischiarsene del nazionale, non solo in Sicilia. Il potere reale del segretario nazionale solo nella gestione del finanziamento pubblico e nell'indicazione dei parlamentari pi precisamente nel potere di concedere il simbolo, grazie al "porcellum". Tuttavia il peso del finanziamento pubblico tra controlli e riduzioni difficilmente avr in futuro l'importanza che ha avuto in questi anni. Resta il "porcellum". Poich tutti vogliono cambiarlo il movimento per l'autoconservazione
si sta organizzando per capire come ridurre gli effetti della rottamazione e mantenere il potere di indicazione nelle mani dei soliti noti, intendendo come soliti noti non solo le vecchie barbe ma anche giovani arrampicatori. Le buffe primariette del Natale scorso sono state un primo strumento. Il secondo strumento il recupero della la figura del segretario provinciale. Chi il segretario provinciale? Non pi colui che tratta con gli altri partiti per dare vita a maggioranze, scegliere assessori, identificare sindaci come quando c'era la proporzionale, men che meno un leader. invece il garante delle varie correnti che compongono il partito, quello che finisce sui giornali, il potenziale candidato a tutto, il mediatore per eccellenza. A termini di statuto rappresenta il partito e il suo indirizzo politico per quattro anni. Sopratutto colui che gestir tutte le prossime elezioni e campagne elettorali sia interne che esterne indipendentemente da quella che sar la futura legge elettorale; in pratica l'unica certezza e continuit dell'organizzazione. Quindi per ogni gruppo importante averlo amico, quindi importante eleggerlo svincolato dalle primarie nazionali, quindi in tutta Italia si scatenata la bagarre. Voteranno solo gli iscritti, anche quelli che si iscriveranno il giorno del voto, quindi la campagna elettorale si rivolger ad una platea presumibilmente ridotta di militanti ma indefinita, insomma una campagna al buio ad elettorato variabile. Cos mentre una vasta maggioranza si appresta a incoronare Renzi attraverso il lavacro dei gazebo, localmente nascono pi liste renziane, si realizzano alleanze apparentemente incomprensibili, ricompaiono le mitiche mozioni locali. Centinaia di migliaia forse milioni di elettori per il segretario nazionale, centinaia forse migliaia per i segretari provinciali. Curioso dualismo nella stessa organizzazione A Milano il dibattito gi caldo: si narra di firme raccolte senza il nome
del candidato (stile Formigoni), della Fondazione Quercioli da rottamare perch inquinante, si squalifica l'avversario definendolo come ex penatiano (a me sembra di ricordare che lo fosse il 95% del partito ma forse cogli anni i ricordi si confondono); come riassume esemplarmente Pizzul: "limpressione che sia in atto un vero e proprio braccio di ferro tra cordate o gruppi pi o meno consolidati con lobiettivo di conservare rendite di posizione pi che di costruire percorsi e proposte da offrire alla citt nella sua declinazione metropolitana". La lettura dei programmi e delle dichiarazioni a sostegno dei candidati, tolte le ovviet di rito, tutta una rivendicazione e una denuncia: Bussolati dice che "i consiglieri comunali hanno giocato di rimessa e che il partito non stato interlocutore del sindaco" e che "abolir regni e principati" facendo pensare al televisivo duca di Valentinois; Gentili si batter "affinch nel nostro partito metropolitano si torni a votare. Si torni a scrivere documenti, a condividerli tra circoli" evidentemente fino a oggi sono stati vittima di leucopaginosi; Arianna Censi " capace di andare oltre i renziani della prima ora" siamo gi al dibattito sul sansepolcrismo. In pratica tutti i candidati dicono che il partito in questi anni non esistito malgrado abbia vinto le elezioni a Milano, Brescia, etc. Vien da dire che forse se fosse esistito ancora meno le avrebbe vinte anche in regione. Abbiamo quindi un consiglio per Renzi, rottami la figura del segretario provinciale, la abolisca come vorrebbe abolire le provincie, lasciando come unit territoriale il comune e come struttura di riferimento i gruppi con i loro capogruppo eviter di mantenere in piedi una organizzazione che al di l delle persone solo un freno a qualsiasi rinnovamento.
CENTRO MACIACHINI: TROPPE MANI PER UNA SOLA PAGINA Jacopo Gardella
Il Centro Maciachini un esteso complesso edilizio ormai in fase di ultimazione allinterno di un largo isolato compreso fra due strade di grande traffico (via Imbonati e via Crespi) e due strade secondarie (via Bovio e via Bracco). A un primo colpo docchio il complesso edilizio, sorto sul terreno della fabbrica dismessa Carlo Erba, si presenta molto articolato, vario, movimentato; ricco di volumi e di tipologie alquanto diverse tra loro. Tra i diversi progettisti presenti Italo Rota, nel presentare il suo intervento, fa riferimento al Neoplasticismo, movimento artistico comparso in Olanda quasi un secolo fa. Il rimando al Neoplasticismo sembra tuttavia alquanto fragile. Per giustificarlo
www.arcipelagomilano.org e sostenerlo il progettista fa rimarcare laccostamento delle coperture colorate degli immobili, se viste dallalto, con le campiture colorate dei dipinti di Piet Mondrian, maestro del Neoplasticismo. Laccostamento fortunatamente resta una illusione; se fosse vero degenererebbe in un deplorevole formalismo al quale sarebbe necessariamente sacrificata la funzionalit delle costruzioni; e sul quale avrebbe dato un giudizio severissimo larchitetto Ernesto Nathan Rogers che della lotta al formalismo aveva fatto la sua missione culturale. In realt il Neoplasticismo chiamato in causa dal progettista non presuppone una composizione plastica, cio un assemblamento di volumi, ma si caratterizza per una scomposizione plastica, cio per uno smembramento di volumi, per la loro disarticolazione nei diversi piani da cui sono racchiusi. In Olanda, ad Utrecht, la casa progettata nellanno 1934 da Gerrit Rietveld un esempio eloquente di questa scomposizione plastica: i muri sono diventati semplici lastre distaccate tra loro e poi riaccostate; tutto linvolucro sembra essere stato prima scomposto e poi ricomposto. Nel Centro Maciachini al contrario i corpi di fabbrica si presentano fitti, compatti, strettamente accostati, sia nella zona a est dellisolato, sia ne lla zona a sud, dove la volumetria tenuta molto alta per compensare il vuoto aperto nella zona centrale e riservato al verde. Tale zona, insieme al viale alberato che le passa in tangenza, il punto di forza del progetto. Oltre a un notevole pregio urbanistico va anche riconosciuto un lodevole merito sociale giacch essa sar aperta tanto ai residenti del Centro quanto alla popolazione circostante, e contribuir a migliorare le precarie condizioni igieniche di una periferia densamente costruita, intensamente popolata e totalmente priva di verde. Tuttavia la collocazione dellarea verde nella zona settentrionale dellisolato e la corrispondente co ncentrazione di edifici nella zona meridionale non pu dirsi una scelta felice. Sarebbe stato meglio capovolgere le due collocazioni: mettere gli edifici a nord e il verde a sud. La soluzione adottata dal progetto penalizza chi occupa gli quegli edifici; se ci si rivolge al sole non si scorge il verde, se si guarda il verde non si vede il sole. Il rapporto di un qualsiasi nuovo insediamento con ci che gli sta intorno, con le preesistenze ambientali, imprescindibile da un buon risultato, da un intervento che si proponga migliorare lo stato di fatto. Le preesistenze ambientali intorno al Centro Maciachini non sono entusiasmanti: un coacervo di edifici strettamente addensati, un campionario di tipologie incongrue, difformi, disparate. Vi sono tuttavia allinterno del tessuto edilizio che circonda il Centro due vettori non trascurabili, due riferimenti da non ignorare: sono le due strade secondarie che provengono da ovest e da est e si arrestano contro i due lati maggiori dellisolato. Essendo allineate sullo stesso asse le due strade avrebbero potuto facilmente essere collegate da un percorso diverso da quello progettato e condotto attraverso lintero isolato; avrebbe potuto dare vita a un nuovo tragitto urbano, verso il quale sarebbero confluiti i maggiori flussi pedonali della zona, e ai lati del quale si sarebbe creata una varia e vivace successione di vecchie case e di nuovi alberi, adatta a rendere pi gradevole la nuova arteria pedonale; questa oltretutto avrebbe potuto proseguire nelle due strade esistenti, invece di terminare miseramente, come succede con il progetto attuale, contro le anonime facciate di due banali case di periferia. In passato ogni nuova costruzione si insediava con attenzione nellam biente pre-esistente, fosse esso naturale come la campagna o artificiale come la citt. Il rapporto del nuovo edificio con i dintorni era imprescindibile e imperativo. Ci che in passato non si poteva ammettere era lindifferenza per i dintorni; la scarsa considerazione per lambiente entro cui si trovava ad agire. Nel Centro Maciachini la collocazione impropria del viale alberato una debolezza che si poteva evitare. Tuttavia vi un dettaglio in cui il progetto dimostra di aver tenuto conto dei dintorni, e di aver prestato attenzione alle preesistenze; peccato che una spiacevole disattenzione sia intervenuta a distruggere la bont della idea iniziale. il caso della ciminiera in mattoni lasciata intatta a ricordo della fabbrica demolita e messa in evidenza sul fondo del marciapiede di via Imbonati. Per migliorare la vista della alta e sottile costruzione il marciapiede viene allargato e fatto divergere nella direzione voluta. Ma a che serve questo attento accorgimento prospettico se poi dietro alla ciminiera si permette la elevazione di unalta e massiccia torre che annulla lo slanciato profilo della vecchia ciminiera ritagliata contro il cielo? Larchitettura del passato aveva un carattere positivo: la omogeneit; la conformit degli edifici, lappartenenza degli stessi a un medesimo disegno unitario. Larchitettura di oggi ama la discontinuit, la difformit degli edifici, la loro stridente diversit. Sarebbe stato auspicabile che larca a verde e il viale alberato del Centro Maciachini fossero delimitati e circoscritti da un perimetro edilizio uniforme. Ci avrebbe giustificato la definizione, a loro data dal progettista, di Land-mark, ossia di segno emergente nel paesaggio, capace di attirare lattenzione dei passanti e di fungere da polo di ritrovo per gli abitanti. I confini di questarea al contrario sono del tutto disomogenei e dispiegano un campionario di architetture tutte diverse e poco intonate tra loro: a est lincombente parete di un massiccio volume a pi piani; a sud una fila di bassi edifici collegati da una elaborata pensilina, e subito dietro a questa alte facciate rivestite di vivaci pannelli multicolori che ricordano i maglioni del noto stilista Missoni; a ovest la fiancata del Teatro, la cui struttura inclinata sembra sopravvissuta a una scossa di terremoto; e poco oltre il retro di uno Stabilimento di Bellezza (il villaggio fitness ndr) perforato da grandi fori circolari come giganteschi obl di un transatlantico. Un contorno di edifici cos eterogeneo e disparato disorienta, confonde, sconcerta; e compromette leffetto distensivo e rilassante che lampia zona verde dovrebbe offrire a chi la frequenta e vi sosta. Labisso tra il volto della citt di ieri e quello di oggi reso ancora pi evidente dal vivace contrasto creatosi fra i due lati di via Imbonati: da una parte, verso i quartieri preesistenti, una cortina di vecchie facciate dante-guerra, ordinata, composta, omogenea; dallaltra, verso il Centro Maciachini, la concentrazione dei nuovi volumi irregolari, difformi, contrastanti. In un epoca di esasperante individualismo com lattuale una sola ossessione accomuna i progettisti di oggi, una sola ambizione li stimola: essere originali, unici, diversi. Non si accorgono che questa loro ambizione a renderli tutti uguali, tutti simili, tutti indistinti gli uni dagli altri. Volere affermare a tutti costi la propria originalit porta al risultato opposto di perdere ogni originalit.
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www.arcipelagomilano.org mutasse dambl nella carezza consolatoria dellarte. Laltro, inquietante, che scorrendo le altre voci non appare nemmeno la pi discutibile. La conclusione che sorge spontanea che la bestia incontrollabile e temo incontrollata, che tiranneggia lAmministrazione si chiami spesa corrente. La spesa per investimenti i cittadini sono maggiormente in grado di verificarla, anche se non sempre come si evidenziato pocanzi. E tuttavia metr, infrastrutture, sono sotto gli occhi dei cittadini che le usano e dal momento che la citt ha deciso, alquanto improvvidamente,
a trovare i fondi per sussidiare gli abbonamenti ATM agli anziani o che fan capriole per tener aperti gli asili siano a conoscenza del fatto che nel 2012 in piena recessione, si ritenuto un investimento indifferibile lacquisizione, con danaro pubblico per 360.000 euro dei collages di Bruno Munari (pag.54). Due aspetti sono emblematici di questa posta tra le tante. Quello letterario del termine acquisizione appropriato anzich no, come se acquisendo e non acquistando, come magari avremmo scritto noi semplici cittadini, questo schiaffo alla miseria si tra-
di imboccare la via evenemenziale allo sviluppo, gli investimenti andranno, ci si augura, realizzati. Alla luce di quanto detto e della dinamica in aumento della spesa corrente, la domanda ultima : Dovevamo credere al Sindaco quando annunciava che non si poteva fare diversamente, ovvero aumentare IRPEF e tariffe? Chi scrive ritiene che la risposta debba essere negativa e non per difetto di capacit bens di altri attributi diversamente dislocati.
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TUTTE LE DOMENICHE A PIEDI, MA RISPETTANDO LA LIBERT ALTRUI! 17 APRILE 2013 DI ANDREA BOITANI MARCO PONTI (...) Ci premesso, tuttavia, per godere di strade libere le domeniche alcuni divieti necessario e oppor-
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www.arcipelagomilano.org lavoro fare del proprio meglio, non fare i servi; il mercato fare scambi, non fare soldi. E a Milano, nel nostro piccolo, che fare? Giorni fa a New York ho visto affollati a ogni ora di ogni giorno i locali con otto vetrine di Eataly, tra la 23a strada e Broadway, dove si mangiano, studiano, acquistano alimenti e cucina italiani. A Monticello, Florida, ho fatto colazione a chilometro zero tostatura caff, latte, miele, dolci, pane buona da commuovere, in un locale con biblioteca comunitaria a libero scambio e Cucina Italiana nella emeroteca. A Milano la lingua universale del (buon) cibo ha un appuntamento globale nel 2015, nella veste di unExpo che sembra parlare di tutto, salvo che della sua ragion dessere: nutrire lumanit. Eppure da qui emerge il mondo nel collasso archiviato della burocrazia che ha divinizzato, a suo beneficio, il lavoro (altrui) e da quello incipiente della burocrazia antagonista che, per intascarli, divinizza i soldi (altrui). Il mondo dove tutti possono sperare di vivere con dignit, nutrirsi ma non solo, perch la sostanza del cibo cultura saper fare e imparare dalla esperienza e la cultura non solo cibo, come ci stato detto. Con lExpo, Milano ha lopportunit di aprire la porta a tutti coloro (non moltissimi) che hanno qualcosa di significativo da testimoniare, dire, fare in una umanit affamata di conoscenza, giustizia e futuro, oltre al cibo. Noi italiani vi apparteniamo come ex-potenza economica. Eurostat scrive che, a parit di potere di acquisto, nel 2010 il reddito procapite lombardo al 27 posto tra le regioni dEuropa, vicino a Paesi Baschi, Karlsruhe e Tirolo; lontano invece da Londra, Bruxelles, Parigi, Stoccolma, Vienna, ma anche Bratislava e Praga; e inferiore a Bolzano e Valle dAosta, a statuto speciale vero, ma lo sono anche Trento, Sardegna e Sicilia, che stanno sotto. Bilancio ben magro per la Lombardia, tra i quattro motori dEuropa prima del rampante ventennio italiano a conduzione lombarda. Milano pu ora porsi al centro di una questione a sua volta centrale nel mondo, perch riguarda miliardi di persone, molto pi della moda e comunque con essa compatibile. loccasione per essere globali nei contenuti oltre che nelle confezioni, memori dei mondiali di calcio che avrebbero dovuto portare a Milano tutto il mondo, che chiss perch non venne. Sempre a New York ho ascoltato la riflessione di un sacerdote indiano (cattolico, dallIndia) sul passo del ricco epulone: si tratta non di quanto diamo agli altri, ma di quanto teniamo per noi stessi. In questo senso stiamo diventando, certo senza volerlo, tutti fratelli o almeno lontani cugini in povert. Grazie alla nutrizione del mondo, non allExpo, Milano il luogo e il tempo per cambiare rotta. Ne ha lopportunit e quindi il dovere, come una impresa che non si lascia sfuggire una innovazione fondamentale. Senza spingerci troppo in l, un dovere economico, perch gli economisti sanno per esperienza e scienza che non esistono pasti gratis.
www.arcipelagomilano.org bre, che anche in un paese come lAustralia, incomparabilmente pi avanti del nostro - almeno questo limmaginario diffuso - nel promuovere pari opportunit di genere e non solo, il fenomeno della pubblicit sessista sta tornando violentemente allattenzione del mondo femminile che, pensandolo risolto, aveva inavvertitamente abbassato la guardia. dunque importante procedere su questo terreno, ma con attenzione e facendo buon uso dellesperienza. A tal fine il Comune di Milano intende costituire un gruppo di supporto interno allAmministrazione che affianchi lattivit dellUfficio Affissione in tutti i casi ritenuti dubbi rispetto alla applicabilit dei criteri - elaborati sulla base di fonti giuridiche - previsti dalla delibera approvata. Lobiettivo, ovviamente per tutti quei casi in cui il Comune ha una competenza diretta ed esclusiva, quello di intervenire a priori sulle pubblicit in modo da evitarne la esposizione in spazi pubblici. Nei casi in cui il dubbio dovesse perdurare, lintenzione dellAmministrazione di coinvolgere direttamente IAP - Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria - in virt del ruolo che ricopre e dellesperienza che ha maturato negli ultimi anni anche sulla base delle nuove procedure messe a punto per procedere alla richiesta di rimozione di pubblicit ritenute offensive e volgari. La pratica ci suggerir - anche con laiuto delle cittadine e dei cittadini se, ed eventualmente in quale direzione sar necessario modificare la nostra azione.
APPELLO PER UNA LETTERA APERTA SULLA QUALIT URBANA DI MILANO Emilio Battisti
Da quasi cinque anni si svolgono nel mio studio degli incontri di cui molti lettori di ArcipelagoMilano hanno avuto notizia o vi hanno partecipato, anche per discutere di temi di particolare interesse per Milano: lExpo 2015, larte pubblica e le nuove linee MM, il nuovo museo darte contemporanea, le nuove architetture e il paesaggio urbano, la cultura del design, la darsena, i navigli e Area C. Pi recentemente stato ripreso il discorso avviato nel 2010 nei due incontri dedicati alle nuove architetture e al paesaggio urbano, con alcuni colleghi che hanno riferito delle esperienze di progettazione per la nostra citt, approfondendo i temi della mutazione dei modelli insediativi (1), della trasformazione delle tipologie edilizie (2) e della proliferazione dei linguaggi dellarchitettura (3). Infine, due successivi seminari (4) sono serviti a mettere a punto le questioni da riportare nella lettera aperta e alla sua stesura definitiva. Nelle nostre intenzioni la lettera aperta deve servire ad avviare un dibattito pubblico - del quale anche lAssessore De Cesaris in una sua recente dichiarazione ha riconosciuto la necessit - per verificare la possibilit di allargare la consapevolezza e il consenso su alcuni principi e valori fondativi e per la messa a punto di unagenda urbana e di un manifesto per la qualit dellarchitettura a Milano. Lesperienza dei seminari mi ha dato modo di riflettere sulliniziativa degli incontri che si sono svolti con cadenza quasi mensile, ormai da quasi cinque anni, dando luogo a un repertorio di temi e riflessioni molto utili, soprattutto quando si ritorna su qualche questione a distanza di tempo e si va a riascoltare quanto detto nelle precedenti occasioni per cercare di portar avanti il discorso. Ho tuttavia la sensazione che, nonostante linteresse e la partecipazione suscitati, gli incontri siano serviti a confrontarci ma non riescano a produrre altri effetti significativi. Allora forse necessario che siano accompagnati da un lavoro pi sistematico rivolto a perseguire obiettivi di volta in volta differenti ma concreti. In sostanza penso sia necessario darsi una condotta pi da laboratorio che da cenacolo, sottoporre le proprie idee al vaglio della fattibilit e della concretezza, particolarmente in questa fase di grave crisi economica e affrontare temi che sappiano dare una risposta allattuale situazione, senza riproporre acriticamente lo stereotipo della crescita a tutti i costi, cercando invece di comprendere come lo sviluppo debba essere perseguito soprattutto usando meglio le risorse di cui disponiamo anche a livello urbano. Siamo quindi tutti interessati a utilizzare le indicazioni che emergeranno dalla discussione per alimentare unattivit di laboratorio partecipata e condivisa e cercare di elaborare lo scenario in divenire della Milano che vorremmo e che saremo in grado di immaginare, soprattutto in vista della costituzione dellArea metropolitana. Un lavoro che va fatto anche per valorizzare tutte quelle competenze che esistono ma sono disperse e non hanno la possibilit di interagire per la mancanza di occasioni appropriate. Mi rendo conto che un proposito molto ambizioso e impegnativo, ma due analoghe esperienze sono gi state fatte per i Navigli e per Circle Line e scali ottenendo risultati di qualche interesse. Siete quindi invitati al prossimo incontro, che si terr il 28 ottobre nel mio studio in via Braida 1, non tanto per presentare la lettera aperta, che diamo per conosciuta e vi preghiamo di diffondere e farla conoscere in tutte le sedi possibili, quanto per avviare una riflessione su come organizzare il laboratorio. Allincontro hanno gi confermato la propria partecipazione Ada Lucia De Cesaris Vicesindaco e Assessore allUrbanistica, Alessandro Maggioni Presidente Reggente di Federabitazione Confcooperative, Marco Vitale economista e Ennio Brion imprenditore.
(1) Francesco De Agostini, Giovanna Latis, Cino Zucchi, Roberto Giussani, lo scorso ottobre, sulla mutazione dei modelli insediativi; (2) Giacomo Borella, Giacomo De Amicis, David Hirsch, a gennaio, sulla trasformazione delle tipologie edilizie; (3) Michele Reginaldi, Gino Garbellini, Giacomo Polin, a marzo, sulla proliferazione dei linguaggi dellarchitettura. Alla loro riuscita hanno anche contribuito Maria Vittoria Capitanucci, Marco De Michelis e Paolo Mazzoleni coordinandoli; Lucia De Cesaris, Aldo Bassetti, Paolo Deganello, Gianni Scudo, Luigi Caroli e altri hanno alimentato il dibattito con i loro interventi. (4) ai quali hanno dato il proprio contributo oltre a me, Francesco De Agostini, Giovanna Latis, Roberto Giussani, Giacomo De Amicis, Giacomo Polin, Maria Vittoria Capitanucci, Paolo Mazzoleni, assieme a Leonardo Cavalli, Laura Montedoro e Marco Prusicki
www.arcipelagomilano.org CITT e ARCHITETTURA Lettera aperta per la qualit urbana di Milano In questa fase di profonda crisi economica e sociale che si ripercuote inevitabilmente anche sui modi e sugli obiettivi delle trasformazioni urbane che interessano Milano alle diverse scale, sentiamo l'esigenza di richiamare i fondamenti di quella magnificenza civile che hanno caratterizzato lo sviluppo della Milano moderna in epoca neoclassica e che, a nostro parere, dovrebbero ancora nutrire e supportare i processi di trasformazione della citt. tuttavia difficile rintracciare tanto nellapparato normativo in vigore, quanto nella pratica amministrativa corrente - strumenti o documenti di indirizzo che affrontino, direttamente e con chiarezza, la qualit urbana, soprattutto dal punto di vista della configurazione generale della citt. Uno di questi sicuramente il Manifesto della Commissione per il Paesaggio del febbraio 2010, che contiene importanti e condivisibili elementi di orientamento circa i valori di urbanit che i nuovi progetti per Milano dovrebbero custodire e promuovere. Altre timide affermazioni si trovano nel nuovo Piano di Governo del Territorio, attraverso le Norme Morfologiche. Pur considerando tali documenti un significativo segnale, riteniamo che i mutamenti degli ultimi anni impongano una rinnovata e ampia riflessione sul tema dellarchitettura e della citt: sulla qualit del paesaggio urbano nelle sue possibili declinazioni, sulle strategie insediative, sul rapporto tra i diversi tessuti e sui linguaggi dellarchitettura. Per questo appare urgente la condivisone della conoscenza delle molteplici trasformazioni di questi anni che hanno riguardato Milano e la sua area metropolitana, necessaria a orientare le analisi e soprattutto le scelte volte al futuro, attraverso la costituzione di un Osservatorio Urbano istituzionale e partecipato. Daltra parte, il bilancio delle esperienze progettuali degli ultimi anni nel riuso delle grandi aree dismesse nella generalit dei casi negativo ed essendosi risolte in occasioni mancate, hanno causato una alienazione del sistema territoriale rispetto alle aspirazioni di rinnovamento della citt stessa. Ci anche a causa di una normativa indeterminata soggetta a troppe possibili interpretazioni e di una impasse burocratico - amministrativa dellurbanistica. invece nei piccoli interventi, alcuni dei quali sono stati presentati nei tre incontri che si sono tenuti tra ottobre e marzo nello studio Battisti, che si talvolta ritrovata una maggiore qualit urbana nella cucitura tra spazi pubblici e privati e nellarchitettura. Alcuni consistenti cambiamenti, che potrebbero essere assunti come opportunit oppure essere causa di disastrose derive, si presentano oggi allorizzonte della nostra ci tt: la recente approvazione del PGT e le trasformazioni che ne potranno conseguire, sia per gli Ambiti di Trasformazione Urbana che per i tessuti pi consolidati, limminente varo del nuovo Regolamento Edilizio; listituenda Citt metropolitana e le ricadute che si avranno nei suoi territori per lExpo 2015; i bandi comunali di valorizzazione degli immobili e la faticosa rinascita dei concorsi di progettazione; la programmazione della infrastrutturazione del territorio urbano, scali, circle line ferroviaria, e sistema dei Navigli compresi. In certo modo, la stessa pesante crisi che investe il nostro Paese, e il sistema immobiliare e delle costruzioni in particolare, dovrebbe essere assunta come unoccasione di ripensamento per riaffermare indispensabili elementi di civilt e, primo tra tutti, il valore delle competenze in ogni ambito. Si dovrebbe, in altri termini, inaugurare una nuova stagione di responsabilit collettiva circa le modificazioni dellam biente fisico, anche nel quadro di una riformulazione del rapporto tra sviluppo e crescita, che pare non pi perseguibile nel modello fin qui praticato. Daltro canto, a fronte della recente e cospicua trasformazione diffusa della citt, emergono elementi critici e questioni che richiederebbero unefficace strategia condivisa da tutti gli attori in campo Amministrazione, operatori, committenti, professionisti, universit, terzo settore e cittadini per laffermazione di unidea di citt pi vivibile, equa, sostenibile e bella. Si registra, in particolare, la necessit di costruire scenari di medio e lungo periodo, di un pi sistematico ricorso alla pratica del disegno urbano, di una riflessione sulle potenzialit connotative del linguaggio dellarchitettura, di una pi attenta conoscenza e considerazione del sistema delle relazioni spaziali, funzionali e sociali, di sperimentare nuove pratiche di alta manutenzione della citt e valorizzazione dellesistente, di una cultura pi estesa e pervasiva della cura dei luoghi e di praticare processi progettuali pi condivisi e partecipati. Alcune questioni si impongono con urgenza: si pu immaginare una scala di progetto intermedia che definisca gli obiettivi comuni e i contenuti collettivi che le trasformazioni devono portare e che possa essere arricchita nel tempo dai singoli progetti architettonici? Quali sono le condizioni che devono definire questa scala di progetto e quali le indicazioni morfologiche irrinunciabili? E ancora, in che modo ciascun edificio, pubblico o privato, deve contribuire a interpretare unidea di citt? Ci sembra necessario che alcuni elementi vengano definiti con chiarezza; tra questi: i criteri morfologici generali; i tracciati e le relazioni con i confini delle aree; le relazioni con il sottosuolo e le strutture in elevazione, la forma e il carattere delle strade e degli spazi pubblici e soprattutto la disposizione degli edifici in rapporto ad essi e al sistema della acque; i servizi pubblici e di trasporto. Un altro elemento fondamentale per il buon esito dei progetti di grande scala il coordinamento. Ad esempio, la progettazione delle infrastrutture cos come delle zone industriali e commerciali al confine tra i comuni comporta la relazione tra molti soggetti pubblici e privati ma ciascuno di questi soggetti difficilmente riesce a interpretare linteresse pi generale di un progetto. quindi indispensabile promuovere unattivit di coordinamento costante e attento che sappia dialogare con tutte le parti coinvolte e mantenere allo stesso tempo chiaro lobiettivo generale di creare un p aesaggio urbano di qualit a tutte le scale e a tutti gli effetti, lontano dalla logica del consumo di territorio. Per tutte le ragioni fin qui espresse, ci proponiamo di aggregare il consenso su alcuni principi e valori fondativi e di avviare lapertura di un dibattito pubblico, inclusivo e intenso, per la messa a punto di unagenda urbana e di un manifesto per la qualit del-larchitettura a Milano. Milano, 1 ottobre 2013 Emilio Battisti, Maria Vittoria Capitanucci, Leonardo Cavalli, Francesco De Agostini, Giacomo De Amicis, Michele De Lucchi Roberto Giussani, Giovanna Latis, Paolo Mazzoleni, Laura Montedoro, Giacomo Polin, Marco Prusicki.
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DOPO LAMPEDUSA: CAPITALI LIBERI MIGRANTI, UOMINI REI CLANDESTINI Giuseppe Ucciero
Crisi radicali chiedono risposte radicali. La tragedia di Lampedusa, l'ultima, aggiorna la contabilit dei morti e ci mette di fronte, ci squaderna, la drammatica condizione di esseri umani che fuggono dalla fame, dalla malattia, dalla povert estrema, ma soprattutto dall'assenza di futuro nel sud del mondo. Solo l'assenza di un futuro in un qualche modo accettabile, pu muovere verso nord la carovana infinita di donne, bambini, uomini, verso nord, verso una nuova vita, una nuova dimensione umana, sociale, esistenziale. Questa crisi epocale, questo sommovimento nel profondo del sociale mondiale, chiede risposte radicali per la sua ampiezza e intensit, ma anche per il suo segno, il suo essere "sintomo", manifestazione febbrile, di una condizione generale dell'organismo planetario, ormai critica. Guardiamo al sintomo, allora, per diagnosticare la malattia e non per occultarla, magari prescrivendo aspirine a un paziente che soffre di polmonite. Se milioni di uomini e donne, africani, asiatici e sudamericani, pensano che solo andando a nord, attraverso il Mediterraneo o il Rio Grande, ci si pu salvare, e se questa decisione tanto pi irremovibile quanto pi disperata la loro condizione e forte la speranza di cambiamento, cosa possono fare le leggi degli stati? Come possono fermare un cambiamento tanto inesorabile, quanto immensa la marea umana che preme, s'infrange e si rinnova inesausta ogni istante contro le barriere dei vecchi confini nazionali? Il Nord prova a difendere, con lo stigma della clandestinit, l'idea morale, il concetto, la legittimit stessa dei confini territoriali dello stato nazionale, e con questa la stessa nozione di "cittadinanza" che vi inscritta, ma senza esito, senz' altro effetto che non sia lo svuotare il mare con un secchiello. Non si svuota il mare di centinaia di milioni di esseri umani che sperano e disperano, con il secchiello del reato di immigrazione clandestina: cosa questo reato, quale effettivo deterrente produce verso persone che accettano il rischio di morire prima ancora di giungere sulle spiagge, gettate in pieno mare dai barconi prima ancora di divenire incriminabili? Come non rendersi conto che l'emergenza non emergenza quando diviene prassi quotidiana, molecolare, universale e perpetua, quando neppure chi rischia l'esistenza la percepisce come qualcosa di peggio del restare in vita, nella sua vita, talmente inaccettabile da non volerla pi vivere nei suoi attuali "confini"? Le innumerevoli crisi personali dei migranti ci raccontano di una crisi radicale mondiale che mette in questione il fondamento stesso dell'ordinamento internazionale, ma ancora pi a fondo lo stesso concetto di cittadinanza, strutturato com' tuttora attorno al profilo dello stato nazionale. Cittadinanza, status giuridico di diritti e doveri, creazione storica, sviluppata al massimo grado negli ultimi secoli dall'occidente democratico. Cittadinanza, spazio vitale, ambito in cui le persone condividono un'esperienza sociale fondativa, e, condividendolo, ne sono soggetti paritari: cittadini. Lo status di cittadino rimanda essenzialmente a un'inclusione e a una separazione: chi nasce nello spazio della comunit acquisisce diritti e doveri, chi non vi si trova, ne escluso. e l'esclusione non ammette eccezioni neppure a favore di chi nasce sul territorio nazionale ma ahim generato da lombi esotici. Ma oggi, chiediamoci, e chiediamocelo senza attardarci pigramente su costrutti ereditati dal passato, cosa vuol dire davvero essere cittadino di uno stato, componente di una comunit nazionale. Nel momento in cui capitali e merci, informazioni e stili di vita, rappresentazioni e produzioni, rivolte e missioni di pace, minacce e opportunit, attraversano liberamente i confini degli stati nazionali, sovvertendo strutture produttive, aggregazioni sociali e visioni del mondo, solo le persone devono "stare ferme" ben dentro i cerchi confinari? Che senso ha? Cosa del cittadino, se lo stato nazionale diviene sempre pi guscio inerte di un processo omeostatico che fluidifica l'interno con l'esterno, e li mischia sempre pi ogni giorno? Se i nostri figli giocano con la Play Station con un coetaneo messicano, se le App affollano i cellulari di un maghrebino e di un cinese, se il calcio diviene sempre pi meta-gioco mondiale, sogno mediatico globale di tutti i ragazzini e del "fanciullo che in noi", se le felpe sono vietnamite sotto brand italiano, se Facebook e Google ci connettono senza respiro da un capo all'altro del mondo, se un fondo finanziario canadese pu domani requisire tutto il cacao esistente su scala mondiale rovinando milioni di piccoli coltivatori equatoriali, cosa resta dello stato nazionale se non il simulacro di una condizione di parit, sotto cui troviamo privilegi che alcuni intendono difendere a scapito di altri? E come possono questi altri, questi a cui tutto viene tolto e al tempo stesso tutto restituito simbolicamente come "sogno possibile", semplicemente acquietarsi come vacche sacre del Bramaputra, immote e come basite di fronte all'assenza di un futuro che non sia il ripetersi indefinito di un presente senza speranza? E come non vedere che questa assenza di cittadinanza corrisponde sempre pi, come una moneta truccata con la medesima effige sui due lati, alla perdita di "cittadinanza" che colpisce gli operai di una fabbrica delocalizzata in una notte d'agosto? Cosa unisce ormai, nel nome della cittadinanza nazionale, lavoratore a capitalista, se il loro orizzonte non pi lo stesso, se la comunit nazionale per il secondo non altro che un vincolo del passato e per il primo un presente inaccettabile, se l'essere cittadino sempre meno espressione e fonte di comunit tra eguali, ammesso pure che lo sia mai veramente stata? Crisi radicali, chiedono risposte radicali, nuova visione, nuovo racconto, pensiero "laterale" capace di rimettere in questione anche gli istituti che abbiamo ereditato dal passato come preziosi beni immateriali e che sono sempre pi ora "fortini" ingiustificabili e indifendibili storicamente. A Lampedusa, alla crisi di un mondo troppo piccolo e ingiusto, non si risponde con la Legge Bossi Fini, ma neppure solo con la sua depenalizzazione: solo un secchiello con i buchi che serve, pi che a svuotare l'acqua, a scaricare la nostra coscienza di bravi cittadini del secolo scorso, rendendoci ancora accettabile una forma stato pensata nel, e per, il vecchio mondo. Serve altro, servono coraggiosi istituti innovativi che riconoscano il mutamento e regolino la nostra nuova condizione di cittadini del mondo e
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www.arcipelagomilano.org nel mondo. Serve una revisione delle ragioni di scambio che impediscano gli "arbitraggi" calcolati e incassati ogni momento dal capitalismo finanziario telematico, dagli imprenditori, con tutta la coorte di interessi "diffusi" che si portano dietro, charity internazionali comprese, liberi, loro s, di scegliere dove migrare, comparando costi e benefici delle difese ambientali, dei livelli fiscali, delle tutele sindacali, nei diversi stati nazionali che fanno a gara al ribasso (la chiamano competitivit) per attrarli. Servono necessariamente politiche, strumenti e strategie, intermedie e locali, prima fra tutte una nuova cooperazione tra i due lati, nord e sud, del Mediterraneo, ma senza risposte radicali ci rester in mano solo il secchiello, perch abbiamo bisogno disperatamente di un'altra visione, di un internazionalismo rivisitato, di un "comunismo" che, emendandosi dagli orrori passati, si ridefinisca a partire dal concetto di terra come "spazio comune universale" e ci dia il passaporto di "cittadini del mondo". Terra Bene Comune.
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www.arcipelagomilano.org questi ultimi che forse rinviano simbolicamente alle figure anche del padre e della madre, ma che soprattutto rinviano alla scomparsa di ogni tutela, ogni cura, ogni prossimit, ogni intimit, il che significa scomparsa di dimensioni dellesperienza notturne, femminili, quelle s, di cui non si sente neppure pi implorare il bisogno, tanto appaiono impossibili e veramente interdette. Mentre a godere, a godere sfren atamente, sono sempre quel pugno di soliti, un pugno di privilegiati, che per tutti quanti (e confessiamolo!), a caccia di successo, si sogna pi o meno smaccatamente di arrivare a essere (e qualcuno ce la fa anche!). Le scuole fanno il loro lavoro di sempre: rendere docili i corpi per un sistema pronto a stritolarli, con i suoi bravi insegnanti, pieni di buone intenzioni, di valori umani ma del tutto impotenti di fronte alle leggi delleconomia, quelle che continuano a sagomare il tessuto delle procedure che davvero contano, nelle scuole, al di l di ogni pia buona intenzione: gli esami, le interrogazioni, i voti, le schede, lapparato enciclopedico e astratto dei saperi, il primato dei cervelli, limmobilizzazione dei corpi, lanestesia degli affetti, lespulsione di ogni dimensione poetica, gratuita, dissipativa, perfino semplicemente interpretativa. Pi che mai oggi scuole e universit, ben oltre lassenza o levaporazione dei padri, sono il luogo dove vige lunica legge che governa tutte le autentiche politiche della formazione: quella che il vecchio Marx, e non me ne si voglia se oso citarlo ancora (s lo so morto ma allora anche Freud abbiate pazienza), definiva accumulazione illimitata di capitale (oggi noi, eufemisticamente, la chiamiamo crescita).
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MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Inaugurazione delle Serate Musicali
Finalmente una serata magnifica e degna di inaugurare una delle storiche stagioni milanesi di musica da camera. Purtroppo a sala mezza vuota, a causa della burrasca che imperversava a Milano quella sera, gioved scorso al Conservatorio ha preso il via il nuovo ciclo delle Serate Musicali con un concerto di elevatissima qualit, a dispetto del fatto che sia i solisti (il violinista Thomas Zehetmair e la violista Ruth Killius) che lorchestra (lorchestra di Padova e del Veneto) non facciano parte del grande circo mediatico del concertismo internazionale. Ci ha molto colpito la biografia di Zehetmair, una famiglia nata intorno al Mozarteum di Salisburgo dove i due genitori insegnavano e dove lui ha studiato e si diplomato, che da ventanni suona con la moglie tedesca (ricordate il film Una fragile armonia di cui parlammo solo tre settimane fa?) in un Quartetto da lui fondato, che porta il suo nome e con il quale gira il mondo intero. Una storia antica, che sembra ripetersi nei secoli, soprattutto in quel magico mondo mitteleuropeo che crediamo di conoscere bene e che invece ci nasconde sempre qualche mistero. Un concerto memorabile per i due pezzi forti della serata, la Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore K. 364 di Mozart e (niente-po-podi-meno-che) la Quinta Sinfonia in do minore opera 67 di Beethoven. A introdurli, nel primo tempo la The unanswered question un breve celebre pezzo per orchestra da camera del 1906 di Charles E. Ives, poetica e assorta riflessione sulles senza della musica che sembra non conclusa proprio per affermare che non possibile alcuna conclusione quando ci si pone seriamente la questione musicale e nel secondo un goffo Adagio per tromba e orchestra attribuito (a nostro giudizio impropriamente) a Verdi, giusto per ricordarci che proprio quel giorno ricorreva il bicentenario della sua nascita. Dunque Mozart, che in termini moderni non potremmo chiamare Sinfonia ma piuttosto doppio concerto per violino, viola e orchestra, diretto dallo stesso violinista che lo eseguiva insieme alla consorte in una partita a due non solo suonata ma anche recitata come fosse una amorosa pice teatrale. Immaginate i due solisti che iniziano dando le spalle al pubblico per dialogare in-
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www.arcipelagomilano.org timamente con lorchestra, pi avanti si rivolgono alla sala per dare forza ai ripieni e ai tutti, poi ancora si pongono uno di fronte allaltro, nelle cadenze, con gli strumenti che quasi si toccano come a scambiarsi tenerezze e baci, poi ancora si voltano verso lorchestra e cos via. Sembrano recitare - con composta classicit - una scena damore, in realt interpretano la musica anche con il corpo, la spiegano agli ascoltatori e li rendono ancor pi partecipi. Era curioso percepire da lui la voce pi femminile, del violino, e da lei quella pi virile della viola (lo strumento che Mozart suonava personalmente e che, allo scopo di farne risaltare la sonorit, vuole in questa occasione sia accordata mezzo tono pi alto); una sensazione molto mozartiana di scambio fra le parti, che si accentua nel finale (un presto in tempo di contraddanza) in cui i due strumenti solisti entrano in punta di piedi ma finiscono per diventarne gli assoluti protagonisti. E poi Beethoven, con la pi beethoveniana delle sue Sinfonie, quella che ogni musicista sogna di dirigere, un concentrato di vitalit, di emozioni, di vibrazioni fisiche e spirituali. Non avremmo mai immaginato di poterne ascoltare una esecuzione di tale livello, tanto da far affiorare prepotentemente il ricordo di Karl Bhm con i Wiener e di Claudio Abbado con i Berliner; non solo bravissimo lo Zehetmair, violinista e direttore che contro ogni regola dimostra di saper eccellere in entrambi i ruoli, ma magnifica anche lorchestra, con la sezione dei violoncelli - nella Quinta hanno una parte essenziale che nei due famosi incipit del secondo e del terzo tempo hanno letteralmente fatto venire i brividi agli ascoltatori. Questa Quinta ci ha sconvolto, e non facile che capiti; appartiene a quellelenco di musiche che asco ltiamo da quando siamo nati, che canticchiamo soprapensiero, malamente utilizzata dal mondo della pubblicit e spesso anche nelle colonne sonore dei film, che ha avuto mille interpretazioni per cui finiamo per crearci una nostra idea di quella musica e guai a chi se ne discosta. Insomma ci vuole molto coraggio per affrontare una musica tanto celebre, amata, consumata; occorre possedere una grande umilt ma anche una grandissima sicurezza, non tollerabile alcuna sbavatura, non ci si pu lasciare andare un secondo n perdere il minimo colpo; la concentrazione, la visione dassieme e la cura di ogni dettaglio devono essere assolute. Chapeau, dunque, non solo ai musicisti ma anche alle Serate Musicali che si dimostrano essere ancora una volta una delle migliori istituzioni musicali milanesi. P.S. Nellultimo numero del giornale avevamo chiesto al Presidente della Societ del Quartetto di farci conoscere il suo punto di vista sulle vicende di cui si occupata pi volte la stampa milanese, e in particolare Repubblica, riguardante Casa Verdi (la casa di riposo per anziani musicisti, in piazza Buonarroti a Milano, voluta e tanto amata da Giuseppe Verdi negli ultimi anni della sua vita). Lavvocato Antonio Magnocavallo, che da anni presidente del Consiglio di Amministrazione di quella istituzione, ci ha cortesemente risposto. Cos. Caro Viola, sul sito web di Casa Verdi (www.casaverdi.org) ci sono tutti i documenti (senza particolari commenti, visto che parlano da soli) di risposta alla campagna diffamatoria di cui Casa Verdi, e io come suo presidente, siamo oggetto dal 2009. Le ragioni sono note a tutti. Aggiungo che siamo (Casa Verdi e io personalmente) in causa civile contro l'editore L'Espresso, il direttore Mauro e l'articolista con una fondata richiesta risarcitoria dei danni causati dalla diffamazione subita. La causa stata rinviata a sentenza senza neanche ammettere le prove richieste dalle controparti, probabilmente perch evidente e documentale la fondatezza della causa. Ovviamente, per quel che mi riguarda, non a beneficio (ma a costo s) mio, ma di Casa Verdi per met e per l'altra met a beneficio del Quartetto, certamente danneggiato per la diffamazione subita dal suo presidente. L'episodio di cui all'ultimo articolo di Repubblica semplicemente ridicolo. Il Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia mi aveva invitato, nella mia veste, a partecipare alla presentazione di certe iniziative per il bicentenario di Verdi. Avevo aderito, poi il Vice Presidente mi aveva avvertito che si era trovato di fronte a un voto unanime (forse l'unico caso!) del Consiglio Provinciale che, istigato dal Consigliere Gatti (non so bene se di Rifondazione, di PRC o di quale altra sigla di cui penso sia l'unico, o quasi, rappresentante in Provincia gi distintosi un paio di anni fa per comunicati diffamatori contro Casa Verdi e me personalmente), aveva deliberato di chiedere di escludermi. Ho dunque risparmiato mezza mattina, comunicando al Vice Presidente (gentilissimo, allibito dalla cosa) che avevo impegni che mi impedivano di partecipare. Ieri c' stata in Casa Verdi la Messa per il bicentenario di Verdi, officiata dal Vicario Episcopale e responsabile per la Cultura Monsignor Luca Bressan, arricchita dal Coro della Scala. Era presente il Presidente della Provincia, onorevole Podest. Ha cercato di infiltrarsi anche il signor Gatti, bench non invitato. stato ammesso. Non amo la dietrologia. So per per certo che la buriana giornalistica si scatenata nell'estate 2009 dopo il licenziamento disciplinare, per giusta causa, di un dipendente di Casa Verdi (responsabile del servizio socio-assistenziale). Dopo che il Tribunale di Milano ne aveva respinto la richiesta di reintegro, abbiamo definito la vicenda in transazione, a evitare che Casa Verdi fosse turbata ancora dall'incomprensibile clamore seguito a una vicenda in fondo piuttosto banale. Ma non servito, come ha constatato. Che sia desiderio di visibilit alle (o sulle) spalle di Casa Verdi, o che vi sia (molti indizi lo fanno pensare) l'intenzione di qualche esponente delle amministrazioni locali di rimettere le mani su di una fondazione illustre, ben gestita, che vive senza attingere alle risorse pubbliche, non lo so e, in fondo, non mi interessa. Il Consiglio da sempre schierato col Presidente. Alessandro Magnocavallo Ringrazio molto il Presidente della Societ del Quartetto e di casa Verdi per la cortese risposta e per le puntuali precisazioni, che fanno capire un po meglio cosa diavolo sta accadendo in piazza Buonarroti. Non possiamo che augurare ogni bene a quella meravigliosa opera verdiana (lopera mia pi bella, ripeteva) e ovviamente lasciamo spazio a eventuali altre voci a commento. P.V.
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www.arcipelagomilano.org Grazia Toderi, Marcella Vanzo, Nico Vascellari, Francesco Vezzoli. PREMIO ACACIA 2013 Sede Galleria Kaufmann Repetto via di Porta Tenaglia, 7 - 20121 Milano Proclamazione ufficiale gioved 10 ottobre alle ore 18.30
ll Volto del '900. Da Matisse a Bacon - I grandi Capolavori del Centre Pompidou Palazzo Reale Fino al 9 Febbraio 2014 Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,5 euro. Luned 14.30-19.30; da Marted a Domenica 9.30-19.30; Gioved e Sabato: 9.30-22.30
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www.arcipelagomilano.org Porto poetic Triennale di Milano fino al 27 ottobre Costi: 8,00 Euro, 6,50 Euro Orari di apertura Marted - Domenica 10.30 - 20.30 Gioved10.30 - 23.00
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www.arcipelagomilano.org ti, ma anche a elaborare una metodologia che potr essere replicata per altre realt non solo milanesi ma anche lombarde.
Il Napoleone restaurato
Dal 1859 sorveglia lAccademia e la Pinacoteca di Brera. In un secolo e mezzo di vita ha visto passare artisti, personalit illustri, studenti e appassionati darte. Ora, finalmente, si concede un meritato restauro. Protagonista di un intervento che durer 12 mesi proprio il Napoleone come Marte Pacificatore di Antonio Canova, statua bronzea che troneggia al centro del grande cortile donore in omaggio a colui che, nel 1809, fond la Real Galleria di Brera. Dal prossimo giugno limponente scultura sar circondata da una teca di vetro, attraverso la quale si potranno seguire, passo dopo passo, i progressi compiuti sul grande bronzo, proprio come consuetudine per i restauri sui dipinti della Pinacoteca, esposti al centro del percorso museale in un laboratorio di vetro. Sistemati, ripuliti e messi a nuovo da abili restauratori che lavorano sotto gli occhi (curiosi) di tutti. Pannelli illustrativi e attivit didattiche per scuole e appassionati accompagneranno i restauri, sponsorizzati da Bank of America Merrill Lynch, dallAssociazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi e dalla Soprintendenza per i beni storici artistici e etnoantropologici di Milano. Che fosse necessario un restauro era evidente da tempo: la superficie ha subito alterazioni causate da fattori metereologici e dall'inquinamento atmosferico, cos come sono visibili distacchi e cadute di frammenti e crepe nel marmo posizionato sotto il piedistallo della statua. Un Napoleone che ha avuto vita non facile, fin dallinizio. Lopera fu commissionata nel 1807 da Eugenio di Beauharnais, vicer del Regno dItalia, allo scultore Antonio Canova, ma non essendo ancora pronta, per problemi con la fusione, nel 1809, per linaugurazione della Pinacoteca di Brera, Beauharnais acquis a Pado-
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www.arcipelagomilano.org va il calco in gesso, da esporre in quella occasione. Il gesso, depositato in unaula dellAccademia, stato riesposto in uno dei saloni della stessa Pinacoteca, in concomitanza con le celebrazioni dei duecento anni dellistituzione museale, avvenuti nel 2009. Dopo il declino della fortuna e del comando di Napoleone, la statua in bronzo, che a Milano non aveva mai trovato collocazione in luogo pubblico, fu abbandonata nei depositi del palazzo di Brera. Riemerse alla luce allepoca dellarrivo in Lombardia di Napoleone III, a conclusione della seconda guerra di indipendenza italiana. Nel 1859 la statua fu eretta su un basamento temporaneo nel cortile principale di Brera. Solo nel 1864 fu inaugurato lattuale basamento in granito e in marmo di Carrara progettato da Luigi Bisi, docente di prospettiva allAccademia di Brera, ornato con aquile e fregi di bronzo. La statua in bronzo fu ottenuta con un'unica fusione (ad eccezione dell'asta e della vittoria alata) tenendo conto delle prescrizioni dettate dallo stesso Canova: l'asta tenuta nella mano sinistra composta da due elementi avvitati; la vittoria alata, che per fu rubata, stata allinizio degli anni 80 ricostruita basandosi su documentazione fotografica. Una curiosit: il bronzo utilizzato per la fusione proviene da cannoni in disuso di Castel Sant'Angelo a Roma. Un restauro iniziato in un momento non causale: il progetto parte del lavoro di valorizzazione che la Pinacoteca di Brera ha avviato in preparazione dellEXPO 2015, in cui giocher un ruolo fondamentale sulla scena culturale non solo milanese ma anche internazionale.
LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia (Dem)
a cura di Claudio Camarca, prefazione Gian Carlo Caselli Castelvecchi 2013 pp. 960, euro 25
Mercoled 16, ore 18, presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via
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F. Sforza 7, Milano il DEM verr presentato con Edmondo Bruti Liberati, Nando Dalla Chiesa e gli autori. La mafia non affatto invincibile, un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un principio e una fine" (G. Falcone). Con questo spirito il curatore e tutta la sua quipe di valenti collaboratori, (composta da 19 autori di lemmi e 51 autori dei testi), ha impostato la stesura di questa opera, unica per ideazione in forma di dizionario alfabetico (4.700 lemmi) e per ricchezza di notizie e dati relativi alle mafie; il termine assunto a neologismo universale per significare tutte quelle associazione criminose che perseguono profitti e vantaggi ingiusti con l'intimidazione e il ricatto, secondo la definizione di mafia per la prima volta inserita nel Codice penale italiano con la legge Rognoni - La Torre nel 1982, a seguito dell'omicidio dello stesso sindacalista Pio La Torre e del Generale Dalla Chiesa Biografie di vittime, carnefici, oppositori, imputati (per i quali, si ricorda, vige sempre la presunzione di innocenza), eventi e luoghi del crimine, tutto documentato su fonti ineccepibili, gli atti giudiziari esaminati dagli autori del DEM, nel corso di tre anni di lavoro. Il DEM vuole essere uno spartiacque in quel "fiume carsico" che la mafia, un groviglio inestricabile di interessi tra il potere e la societ civile; uno squillo di tromba per svegliare le coscienze, smuovere l'indifferenza e fare leva sulla responsabilit di ognuno in una piccola -grande azione di contrasto quotidiano al prevalere della corruzione e prepotenza, dilaganti sul territorio; un faro di conoscenza a 360 gradi sul male assoluto, una mappatura del crimine organizzato, con un procedimento simile all'"Enciclopedie" francese: qui perseguire e sistematizzare la conoscenza per crescere, l vincere
l'oscurit dell'ignoranza per difendersi. Ora a tutti dato sapere ci che racchiuso nelle carte processuali e il mistero che protegge le mafie in parte svelato, sicch anche la legge dell'omert subisce un duro colpo. Giancarlo Caselli nella prefazione rileva che le mafie sono sempre pi "mafie d'affari". Sono soggetti politici - sociali infiltrati ovunque, al sud come al nord (il confino?) in grado di orientare le scelte politiche con il voto di scambio, dai consigli comunali fino al Parlamento e financo al Governo, in un rapporto organico mafia e una certa politica, grazie anche al finanziamento occulto dei partiti, in una singolare convergenza di interessi, conniventi a volte persino alcuni magistrati. I proventi degli appalti pilotati, delle cos dette ecomafie (le cui attivit sono discariche abusive, rifiuti tossici, tombamento scorie), l'abusivismo edilizio, la diffusione della droga a livello internazionale, il gioco d'azzardo, il pizzo, la corruzione nella grande distribuzione, l'usura, le rapine, fanno s che i soggetti mafiosi dispongano di ingenti quantit di denaro sporco e occulto, che re immettono sul mercato grazie al riciclaggio di banche e banchieri compiacenti (celebre il caso del Banco Ambrosiano), denaro buono per reinvestire in borsa e per corrompere o minacciare commercianti e imprenditori pubblici o privati, decretando la fine del libero mercato, in un sorta di "vampirizzazione" del tessuto economico sociale. E tutto questo genera metastasi nell'economia e prima ancora nelle coscienze. Con buona pace di chi ritiene, e ahim sono molti, che la mafia venga incontro ai bisogni di settori deboli e marginali della societ, procurando lavoro e reti di protezione, s, ma letali, infine, per
chi vi incappi. come giocare a carte con dei bari. Chi pu vincere? Si capisce allora che la mafia una questione nazionale, dice Caselli, come ben sapeva Falcone nelle sue geniali intuizioni, che gli sono costate la vita: dal 1982, sono stati fatti passi da gigante nel contrasto alle cosche ,grazie all'art. 416 bis, alla legge sui pentiti, alla creazione della Procura Nazionale Antimafia e alla sua formidabile banca dati, alla DIA Direzione Investigativa Antimafia, alle nuove tecnologie e alle intercettazioni telefoniche, oggi messe a rischio dall'uso massiccio della rete e di Facebook, attraverso le quali vengono inviati messaggi criminali difficilmente rilevabili, in nome della libert del web, come apprendiamo dal DEM. Pi che di criminalit organizzata, verrebbe spontaneo parlare di criminalit istituzionalizzata, anche alla luce dei dati relativi alle sue attivit illecite, che, si legge nel testo ammontano al 20% del Pil italiano, ai 300 omicidi all'anno riconducibili alle mafie, e ai 30.000 addetti a quel tipo di crimine . Gi Pio La Torre nel 1982 aveva capito che per combattere efficacemente la mafia occorreva colpirla nei suoi interessi pi cari, il profitto. E cos con la legge 109/96 (di cui Libera stata promotrice con la raccolta di 1 milione di firme), siamo giunti alla confisca dei beni dei mafiosi, e alla loro riconversione a fini sociali, attivit queste sostenute dalle ormai numerose Associazioni antimafia e dalle cooperative di giovani, quelle di Libera in primis, fondata da don Ciotti, che figura nel DEM con suoi articoli. Ora abbiamo un lume di speranza in un mare di nefandezze, e procediamo a piccoli passi verso una cultura della legalit e una "antimafia sociale".
CINEMA questa rubrica a cura di Anonimi Milanesi rubriche@arcipelagomilano.org Via Castellana Bandiera
di Emma Dante. [Italia - Svizzera, 2013, 94'] con. Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Renato Malfatti, Dario Casarolo
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2013, Via Castellana Bandiera segna l'esordio cinematografico della palermitana Emma Dante, attrice regista e autrice tra le pi importanti del teatro italiano contemporaneo. La storia, tratta dal suo romanzo omonimo e sceneggiata insieme al conterraneo Giorgio Vasta, si svolge a Palermo durante una calda giornata estiva, in una parte della citt senza bellezza. L'azione concentrata nella reale via Castellana Bandiera, trasformata dalla scenografa Emita Frigato in uno stretto vicolo dove due macchine si ritrovano una di fronte all'altra: nessuno vuole cedere il passo e nasce un duello tra le due donne al volante.
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www.arcipelagomilano.org Da una parte Rosa (la stessa Dante), scontenta di essere tornata nella citt d'origine per accompagnare la fidanzata Clara (Alba Rohrwacher) al matrimonio di un amico. da subito arrabbiata Rosa, scorbutica con Clara, e sembra covare l'ostinazione feroce che poi mostrer nella contesa. Dall'altra l'anziana Samira (Elena Cotta, vincitrice della coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile), che appena stata sulla tomba della figlia e viaggia - e vive - con i parenti acquisiti della famiglia Calafiore (benissimo interpretati da attori della compagnia fondata da Emma Dante, Sud Costa Occidentale, e da attori non professionisti). Samira non dice una parola ma guarda con occhi espressivi, di volta in volta allucinati, ammiccanti, terribili. come inebetita dal dolore e condurr la sua battaglia fino alle estreme conseguenze. Intorno alle due donne, gli sguardi e i commenti degli abitanti della strada e le manovre dei Calafiore che cercano di approfittare della situazione raccogliendo scommesse "su chi ha le corna pi dure". un'umanit agghiacciante che emerge, ridotta agli istinti primordiali, desiderosa solo di prevalere e arraffare, e il fatto che la strada, nel corso del film, si allarghi un metro alla volta, senza quasi che ce ne accorgiamo, sino alla rivelazione finale, sottolinea la condizione di rabbia cieca in cui viviamo. Via Castellana Bandiera un'opera prima potente e anche se forse Emma Dante non ha ancora trovato uno stile cinematografico personale, ci sono momenti molto belli come l'ultima lunghissima inquadratura, che inghiotte tutti gli sventurati protagonisti della storia. I suoni e i dialoghi, spesso in dialetto, sono stati registrati da due valenti fonici milanesi: Paolo Benvenuti e Simone Olivero. Kaspar H. In sala a Milano: Anteo Spazio Cinema
SIPARIO questa rubrica a cura di E. Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Il Lago dei cigni da Petipa-Ivanov a Nuriev
Il 15 gennaio 1895 sul palco del Teatro Imperiale di San Pietroburgo (oggi Teatro Mariinskij) and in scena il Lago dei cigni sostanzialmente come lo conosciamo e rappresentiamo oggi, diventando uno degli allestimenti pi ambiti e contesi per i corpi di ballo di tutto il mondo. Le riprese coreografiche sono state numerose e firmate da prestigiosissimi nomi della storia della danza durante tutto il Novecento: la versione Nuriev stata creata nel 1984 per lo Staatsoper di Vienna. A venti anni dalla sua scomparsa il Teatro alla Scala di Milano vuole rendergli omaggio con la messa in scena del Lago nella versione creata dal grande danzatore russo. Che cosa rende diversa la versione Nuriev del Lago dei cigni rispetto alla versione originale di Petipa e Ivanov? Balletto fantastico in tre atti e quattro scene con prologo, il Lago dei cigni si apre con il prologo in cui la principessa viene stregata dallin cantesimo del mago Rothbart, che la tramuta in un cigno di giorno e in una creatura fantastica per met fanciulla e met cigno di notte; la fanciulla potr liberarsi solo grazie alla fedelt del proprio innamorato. La prima scena racconta la festa di compleanno del principe Siegfried, ricca di divertimento e scherzi tra gli invitati e alcune contadinelle; il divertimento si interrompe quando la Regina madre irrompe nella festa per portare il proprio dono al figlio rammentandogli il prossimo giorno di fidanzamento. Siegfried abbandona la festa e si dirige di notte da solo presso il lago (scena 2) nel quale incontra Odette la fanciulla n.35 V 16 ottobre 2013 mezzo cigno e se ne innamora, subito ricambiato. Nel secondo atto si ritorna nel palazzo, durante la cerimonia di fidanzamento di Siegfried, durante la quale, memore della promessa fatta a Odette, rifiuta tutte le pretendenti, alcune arrivate da molto lontano, come la pretendente spagnola, quella napoletana, quella ungherese e quella russa (pretesto per le danze di carattere adorate da Petipa); a un tratto Rothbart presenta una nuova pretendente di nome Odile, in tutto simile a Odette: linganno di cui il principe ignaro. Dopo un ammaliante pas de deux Odile seduce Siegfried, che le promette amore eterno. La nuova promessa a Odile infrange la precedente fatta a Odette, che nel suo dolore svanisce nel lago; svaniscono pure Rothbart e Odile. Siegfried comprende di essere stato raggirato e si dirige immediatamente al lago dove, respinto dai cigni che difendono la propria regina Odette, lotta inutilmente contro il malvagio mago. I finali del balletto sono numerosi: nelloriginale i due amanti si suicidano insieme sconfiggendo Rothbart e ricongiungendosi nellalba dellAldil; con lo stalinismo lAldil poco si sposava con lideologia comunista, per cui il balletto ha subito la variazione del finale, in cui Siegfried sconfigge in vita Rothbart e si ricongiunge allamata libera ormai dallincantesimo (versione Bourmeister); il finale totalmente pessimistico, in cui si assiste a un trionfo della notte e del male, nella morte dei due amanti, quello pensato pi di recente dai coreografi, tra i quali Nuriev. Nuriev non cambia la storia, ma cambia i personaggi. Dopo il suo abbandono del Balletto Kirov nel 1961 in segreto ed essere divenuto un danzatore free-lance in Europa e nel mondo, Nuriev percep che il pubblico necessitava un approfondimento psicologico maggiore dei classici, al pubblico serviva immedesimarsi. Per questo nella propria versione del Lago ridusse gli atti a due (il I e il II insieme, e il III e il IV), mantenne le quattro scene e spost alcune musiche della partitura originale di ajkovskij dove riteneva pi opportuno per il proprio obiettivo di analisi psicologica, per esempio la partitura del famoso pas de deux del Cigno nero (Siegfried-Odile) stata spostata nellultimo doloroso gran pas damour di Siegfried con Odette prima che Rothbart strappi definitivamente via lamata al principe. Nella versione Nuriev Odette una ragazza triste, prigioniera, ingenua e indifesa, ma soprattutto come unapparizione nei pensieri del pri ncipe; Siegfried dal canto suo un giovane tormentato tra i doveri della vita di corte (rappresentati dalla Regina madre) e il proprio sogno damore fuori dalla realt e libero da vincoli sociali (Odette). A questa attenzione al personaggio fa seguito la scelta di eliminare il personaggio del Buffone di corte, amico e confidente di Siegfried, e invece una maggiore partecipazione attiva (cio danzata, non solo mimica) di Wolfgang, il precettore del principe, e del malvagio mago Rothbart, en22
www.arcipelagomilano.org trambi ruoli molto enigmatici che Nuriev riserva a s stesso. Quello che era in Pas daction nei titoli di ajkovskij e nella versione originale del balletto (atto I n. 6) diventa una sorta di passo a due del precettore che cerca di riportare il principe alla realt e ai doveri di marito e sovrano che lo attendono. La stessa partitura viene riproposta nel secondo atto quando, dopo lingresso a palazzo con Odile, Rothbart danza la propria variazione (nelloriginale era il momento del pas de deux del Cigno nero). Il finale assolutamente pessimistico la novit dei coreografi del Novecento e in particolare di Nuriev. In quegli anni Ottanta, infatti, la malattia stava cominciando a manifestare i propri sintomi: la morte sul Lago, la sua ultima creazione, e sulla sua vita stava gettando la sua ombra, il presagio della sconfitta imminente. Lo spettatore di tutti i tempi trova nella morte (nella tragedia, diceva Aristotele) la catarsi, la purificazione dellanimo attraverso leroismo romantico, dinamico, ma certo anche turbato e pauroso, del principe Siegfried. Nuriev non quelleroe romantico, che forse stato negli anni doro della sua carriera; lui ora Wolfgang e Rothbart, la durezza della realt e la concretezza del male e della morte. Domenico G. Muscianisi
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