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“La spiritualità di coppia nelle

END:
un cammino sempre rinnovato”
Relazione di Emilio ed Alberta Perusi: Giornata del Settore Milano del 25 ottobre 1998

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Abbiamo pensato di sviluppare questa nostra relazione facendo riferimento alla
nostra storia personale così come si è andata costruendo in questi 31 anni di vita
matrimoniale e in particolare in questi ultimi lo anni di équipe grazie ad incontri di
persone, esperienze di sessioni, di giornate di spiritualità, letture, doveri di sedersi,
...tanti doni che ci hanno arricchiti e che non sarebbe giusto trattenere solo per noi, ma
che desideriamo condividere con Voi.
...E’ un po’ una restituzione, secondo l’invito del Vangelo “Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date” (Mt, 10, 8)
Come percorso seguiremo la traccia propostaci dal tema dell’incontro di oggi,
soffermandoci poi, così come ci è stato richiesto, su un punto particolare del metodo
END: “La regola di vita”.

La spiritualità
Ci è sembrato giusto iniziare a riflettere sulla parola “spiritualità”.
“Questa parola è, purtroppo, così estranea alla mentalità comune che ingenera
facilmente degli equivoci, come se la “spiritualità” portasse necessariamente con sé
una perdita di umanità” (cf. don Gianni Colzani in Teologia e Spiritualità della vita di
coppia. Lettera END 95).
Spiritualità vuol dire “attitudine a vivere secondo le esigenze dello Spirito”, a vivere
cioè la nostra umanità di uomini e di donne uniti dal sacramento del matrimonio
secondo le esigenze dello Spirito.
La prima domanda che ci facciamo allora è questa: conosciamo le esigenze dello
Spirito e prima ancora conosciamo la persona dello Spirito Santo? Lo sentiamo vivo
e presente in noi e nella nostra vita di coppia?
E’ stata una presenza rimasta in ombra nella storia del cristianesimo occidentale e in
particolare in quella della chiesa cattolica e riscoperta solo recentemente grazie anche
ad alcuni movimenti ecclesiali, al cammino ecumenico che ha messo in dialogo la
chiesa cattolica con le altre chiese cristiane ed in particolare con le chiese ortodosse,
dove è stato sviluppata maggiormente nei secoli una dimensione pneumatologica.
Il cammino giubilare che la chiesa cattolica ha consacrato, nell’anno pastorale
appena trascorso, allo Spirito Santo, ci ha aiutato a cogliere tutta la carica di novità che
la riscoperta della Sua presenza e dei Suoi doni comporta nel cammino personale di
ogni cristiano e in quello di tutta la Chiesa. La chiesa ambrosiana su invito del suo
illuminato arcivescovo, ha camminato con molta intensità e fervore su questa strada.
Vorremmo riprendere e meditare insieme a voi proprio l’inizio della lettera pastorale
del cardinale Martini, intitolata “Tre racconti dello Spirito”, e fare nostre le sue parole
per introdurci a guardare dentro di noi, nei nostri vissuti personali e di coppia con un
atteggiamento di fiducia e di speranza. “E’ la convinzione che lo Spirito c’è, anche
oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli; c’è e sta operando, arriva prima di noi,
lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca nè seminarlo nè svegliarlo, ma anzitutto
riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non si è mai
perso d’animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe,

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avvolge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato” (pag. 11 del citato documen-
to).
E’ lo Spirito che nel battesimo ci ha donato l’identità di figli di Dio in Cristo,
chiamandoci ad una comune vocazione, abilitandoci ad assumere nella quotidianità
della vita gli stessi atteggiamenti filiali di Cristo.
E’ ancora lo Spirito che nel sacramento del matrimonio ci convoca ; è una vera e
propria con-vocazione, una chiamata a due, a vivere come coppia la stessa vocazione
battesimale.
Siamo chiamati, grazie al dono dello Spirito, a diventare con il nostro amore segno
dell’amore fecondo di Dio e strumento della sua rivelazione nella storia di salvezza.
Non abbiamo ancora abbastanza riflettuto come chiesa sul dono e sulla portata
innovativa che la presenza dello Spirito opera nel sacramento del matrimonio.
“Il matrimonio secondo Cristo - spiega san Giovanni Crisostomo - è un matrimonio
secondo lo Spirito: una vera generazione spirituale”. Il matrimonio fiorisce come dono
dello Spirito e come evento che in Cristo e nella Chiesa dona lo Spirito. Questa
dimensione pneumatologica è costitutiva del matrimonio cristiano, in tutto il suo essere
e nella sua forma celebrativa, nel suo segno, nella sua realtà e nella sua realizzazione.
E’ lo Spirito il protagonista invisibile del matrimonio fra due battezzati, dall’inizio al
suo compimento, alla costituzione e all’edificazione della famiglia cristiana.... Lo
Spirito Santo, in quanto Spirito dell’amore del Padre e del Figlio, trasforma sopranna-
turalmente l’amore dell’uomo e della donna e lo fa diventare una reale partecipazione
all’amore sponsale di Cristo per la Chiesa e, in ultima analisi, all’amore trinitario stesso
che costituisce l’essere di Dio... L’azione dello Spirito nell’incontro matrimoniale
uomo-donna si esprimerà anzitutto come vincolo d’amore, reciprocità di amore, di
accoglienza e di dono come fondamento permanente della vita di coppia come “chiesa
domestica” nella grande Chiesa.” (dalla prefazione di Carlo Rocchetta al libro “ Lo
Spirito Santo e il Matrimonio “ di Moisès Martinez Peque, edizioni Dehoniane Roma).
Il Nuovo Testamento si interessa molto della persona del discepolo e della vita della
comunità, ma solo raramente mette in risalto la vita discepolare di coppie di sposi o la
vita ecclesiale di comunità domestiche.
Il testo classico sulla vita discepolare della coppia è quello di Ef 5, ma in particolare
richiamiamo i versi 21-25.
“Siate sottomessi gli unì agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse
ai mariti come al Signore, il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo
è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta
sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi,
mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per
lei, per renderla santa...”
nel quale l’autore, per mostrare la novità e la peculiarità delle relazioni cristiane,
applica alla vita di coppia il fare sponsale di Cristo che “ha amato la chiesa e ha dato
se stesso per lei per renderla santa”.
Si può dire quindi che la vita della coppia credente - in forza del matrimonio - porta

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a pienezza e a verità sia la dinamica di grazia discepolare che la dinamica di grazia
ecclesiale (naturalmente sul presupposto delle dinamiche antropologiche). In questo
senso, l’amore di Cristo per l’uomo e per la chiesa, può trovare nella coppia il massimo
di efficacia e il massimo di significatività. La coppia diventa così luogo manifestativo
dell’amare di Dio e strumento di rivelazione, (dagli Esercizi Spirituali tenuti da don
Giovanni Gottardi alle END nel 1994 : Vivere da discepoli nella vita di coppia).
Anche nella tradizione della chiesa raramente emergono figure di coppie credenti e
di santi sposati (Cf. “I santi sposati “ bella pubblicazione della Comunità di Caresto“).
Si è esaltata soprattutto la scelta verginale proponendo modelli di spiritualità
monastica o comunque legata ad una speciale consacrazione.
La formazione di molti di noi ha trovato qui il suo humus naturale e a partire da questi
ideali e da questi valori si è andato formando un peculiare modello di spiritualità.
In questo contesto la nascita delle END nel 1939 ha costituito per la chiesa un evento
profetico carico di novità.
La riflessione teologica sul matrimonio, emersa in seno al Concilio Vaticano II, poi
sviluppata dal papa Paolo VI e approfondita dall’attuale pontefice Giovanni Paolo II
nell’esortazione apostolica “Familiaris Consortio” ha portato ad una modalità tutta
nuova di vivere la fede per noi coppie sposate.
Nella nostra storia personale l’incontro con le END ha segnato una svolta, una vera
e propria conversione.
Educati ad una spiritualità da singoli, la scoperta della fecondità di una spiritualità
di coppia ha comportato un lavoro lento e sofferto di revisione del nostro modo di
vivere la fede; un lavoro di demolizione di certezze, di abitudini e di comportamenti
acquisiti negli anni e di ricostruzione difficile... e il cantiere è ancora aperto!
Abbiamo vissuto da sempre la nostra storia d’amore dal primo incontro ad oggi (sono
passati circa 35 anni) nella stessa parrocchia, una parrocchia viva, attenta al cammino
conciliare e post conciliare che ci ha aiutato a maturare nella fede attraverso percorsi
di catechesi e proposte di servizi, che ci hanno certamente fatto crescere come cristiani
adulti e responsabili, ma sempre come individui, trascurando la nostra dimensione di
coppia e di coppia che prendeva sempre più coscienza delle proprie diversità e della
difficoltà di gestirle.
Queste nostre diversità, del resto, preferivano esplicarsi a campo libero, in diversi
ambiti, non ultimo quello dei servizi ecclesiali evitando quel confronto che intuivamo
poteva sfociare in uno scontro e mettere in crisi la nostra coppia.
Il nostro matrimonio andava così impoverendosi e sentivamo ( Alberta soprattutto)
che questo non era una cosa buona per noi che ci eravamo sposati nel Signore e che fin
dall’inizio del nostro matrimonio lo avevamo chiamato a far strada con noi.
Vivere la spiritualità coniugale per noi è stata una conversione di rotta, una traversata
difficile che ci ha impegnato e ci sta impegnando ancora oggi; ha significato uscire dal
proprio io, dalle proprie sicurezze per andare verso l’altro e vivere così in modo nuovo
la relazione fra di noi, mettere al primo posto la nostra coppia per farne lo spazio
ospitale delle nostre diversità, abbandonando tanti spazi privati. In concreto ha

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significato alimentare la quantità e la qualità dell’ascolto reciproco, ascolto che si nutre
di attenzione, di rispetto delle idee dell’altro/a, di confronto, di stimolo e questo vissuto
nel quotidiano accettando la pazienza e l’attesa dei tempi lunghi... i tempi del Signore...
non i nostri!

Il cammino
La proposta di spiritualità coniugale che ci veniva offerta attraverso il movimento
END ci era subito apparsa affascinante, ma molto difficile da far nostra di fronte alla
consapevolezza delle nostre povertà, dei nostri limiti e del nostro peccato.
La tentazione di lasciare perdere e di tornare al nostro quieto vivere si è fatta più volte
presente in noi. Ciò che ci ha permesso di continuare è stata la presa di coscienza che
spiritualità è cammino.
La Bibbia ci parla della storia del popolo eletto fatta di cammini: il cammino di
Abramo dalla sicurezza della sua terra verso una terra promessa sconosciuta; il
cammino dell’Esodo del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà di
popolo di Israele. Il cammino dell’Esodo conosce il passaggio miracoloso del Mar
Morto, ma anche il lungo peregrinare nel deserto, la fiducia e la speranza dell’ingresso
nella terra promessa, ma anche lo sconforto ed il rimpianto per le sicurezze abbando-
nate.
La stessa vita di Gesù, così’ come ce la presentano i Vangeli, in particolare il Vangelo
di Luca, è stato un cammino verso Gerusalemme che è il luogo del compimento... cioè
della morte, della resurrezione e dell’ascensione ed quindi dell’offerta dello Spirito.
In particolare vorremmo riprendere con voi una riflessione sul racconto evangelico
dei due discepoli di Emmaus che ci è stata proposta durante un corso di esercizi
spirituali all’inizio della nostra esperienza nelle END e che più volte abbiamo meditato
in altre occasioni perché ci ha aiutati a leggere la nostra storia di coppia, ad identificarci
con questi due pellegrini e a vedere nel loro camminare il nostro camminare e nel loro
progressivo maturare nella loro esperienza di credenti, il nostro progressivo venire alla
luce del nostro cammino di salvezza.
Lungo la strada i due discepoli conversano e dibattono sulla morte di Gesù, ma sono
su posizioni diverse, hanno difficoltà a trovare un significato comune circa gli eventi
appena vissuti.
“ Che sono questi discorsi che dibattete fra voi durante il cammino? ..., mentre
discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.” (Lc. 24, 15-16).
11 Signore Risorto in tanti momenti cammina con noi, proprio nelle situazioni che
apparentemente sono problematiche e negative, ma noi non cogliamo la sua presenza
dentro gli avvenimenti della vita.
E’ la carenza di apertura interiore che impedisce di cogliere la presenza del Signore,
non è lui che è lontano, siamo noi che ci allontaniamo da lui.
Gesù prende l’iniziativa - aprendo il dialogo con loro invitandoli a portare alla
coscienza ciò che essi hanno nell’animo (sentimenti di delusione, dubbi, incompren-

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sioni, paure...) ed essi si fermano e si pongono in ascolto...
E’ una fermata di riflessione...
E’ il nostro “dovere di sedersi”.
E’ il momento in cui siamo invitati ad analizzare, a fare chiarezza sulla nostra realtà,
a scoprire le vere e false aspettative nell’altro che stanno alla base dei nostri conflitti,
gli atteggiamenti interiori che ci accompagnano, le esperienze contraddittorie di cui
non percepiamo il senso e che viviamo con atteggiamenti di delusione e di turbamento.
E’ sempre lo Spirito che ci precede...
E Gesù che cammina e si ferma con loro, li aiuta ad interpretare i fatti della realtà che
non avevano compreso e li compone in una visione nuova. Egli innanzitutto li
rimprovera: “stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!... E cominciando
da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui”. I
due discepoli avvertono allora che il loro cuore si va riscaldando.
Il cuore è l’interiorità dove l’uomo elabora le sue valutazioni, i suoi giudizi, la sua
comprensione dei fatti, e quindi anche il suo orientamento attivo verso la realtà.
Dentro la storia dei 2 pellegrini di Emmaus ognuno di noi può leggere la propria
storia di coppia.
L’ incontro con il Signore Risorto ha riscaldato anche il nostro cuore ed ha aperto e
apre nuove prospettive al nostro cammino di coppia e questo incontro si rinnova di
giorno in giorno nello ascolto della sua parola e nella frazione del Pane.
In particolare la Parola di Dio è diventata un po’alla volta il centro della nostra
preghiera quotidiana personale e di coppia ed ha illuminato e nutrito tanti momenti di
riflessione soprattutto nelle giornate di ritiro e durante gli esercizi spirituali che sono,
ogni anno, una pausa importante e vitale nel nostro cammino.
La parola di Dio messa al centro dei nostri “doveri di sedersi” ci ha aiutato a
stemperare le tensioni, i conflitti e le contrapposizioni. E’ stata la presenza di Gesù,
attraverso il dono dello Spirito Santo, che ci ha condotto passo dopo passo fino ad
entrare nell’intimo di noi stessi, nel sacrario della nostra coscienza, creando quell’in-
timità che ci permette di togliere i veli e le maschere e di restare nudi l’uno di fronte
all’altro e trovare così il coraggio ed anche la gioia di tornare indietro e di rileggere con
occhi nuovi la nostra storia personale - di Emilio e Alberta - scoprendo nella trama,
talvolta ingarbugliata, della nostra vita, il filo d’oro della presenza di Dio che da sempre
ci ha amato, ci ha chiamato e ci accompagna in questa storia d’amore.
Di fronte alla parola di Dio che ci interpella come singolo e come coppia e che ci
chiede “dove sei?”, come ad Adamo nel giardino dell’Eden, abbiamo risposto,
vincendo la paura, la tentazione della fuga o del nascondimento, della chiusura
difensiva in noi stessi.
Adamo si nasconde per non dover rendere conto a Dio della sua disubbidienza, per
sfuggire alla responsabilità della propria vita. Anche noi spesso siamo tentati di
nasconderci al volto di Dio e al volto del nostro coniuge per sfuggire alla realtà del
nostro “io” povero e limitato e così alla responsabilità che la nostra vita di coppia ci
domanda.

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Ma solo accettando il rischio della verità, presentandoci nudi ed inermi, nella giusta
consapevolezza ed accettazione di noi, dei nostri limiti e dei nostri tradimenti, è
possibile iniziare un cammino nuovo.

La Regola di vita nelle END


Ci è stato chiesto in particolare una riflessione sulla regola di vita. Abbiamo ritenuto
importante ripercorre con voi, anche se molto velocemente, il cammino di rinnovamen-
to del nostro movimento.
Sappiamo, per esperienza personale e di tante coppie che camminano con noi quanto
questo punto del metodo costituisca problema e ci spieghiamo. La stessa parola
“regola” può aver diverso impatto e quindi diversa ricezione sia negli équipiers
convinti della bontà del metodo ed impegnati sia su chi si accosta per la prima volta al
movimento nel percorso del pilotaggio.
Anche noi, Emilio ed Alberta, ci troviamo a reagire con sensibilità differenti, di
fronte al linguaggio con cui vengono presentati alcuni punti del metodo ed in
particolare quello relativo alla regola di vita (una di accoglienza positiva, l’altra di
rifiuto istintivo).
Se da una parte dobbiamo mettere in conto la diversità dei vissuti delle persone, della
loro formazione e della loro sensibilità, dall’altra è importante porre attenzione alla
storia del movimento: la carta fondativa è datata 1947 ed il linguaggio interpreta la
spiritualità di quel tempo. E’ significativo ripercorrere assieme le tappe più importanti
di questi 51 anni di vita del movimento per cogliervi dentro un cammino di rinnova-
mento pur nella fedeltà al carisma fondativo. E’ la forza, la “dinamis” dello Spirito che
fa della fedeltà non una realtà statica ma una forza dinamica (pensiamo all’immagine
dello Spirito come vento che muove, modella, purifica e come fuoco che riscalda e
illumina).
Abbiamo così ripreso in mano la “Carta delle Équipes Notre-Dame”, il documento
“Che cosa è una Équipe Notre Dame”, “40 anni dopo: il Secondo Soffio”, il documento
“La Compartecipazione sui Punti Concreti di Impegno” e “Gli Orientamenti dopo
Fatima”.
Nella Carta del 1947 si legge:
Gli obblighi di ogni coppia
Le coppie, come abbiamo visto, vengono alle équipes per cercare aiuto. Ma non per
questo esse sono dispensate dallo sforzo. E’ appunto per orientare e sostenere i loro
sforzi che le équipes chiedono loro:
a) di fissare a se stessi una regola di vita (la grande varietà delle coppie non permette
di proporre la stessa a tutti). Senza regola di vita, molto spesso la fantasia sovrintende
alla vita religiosa degli sposi e la rende caotica. Questa regola di vita (beninteso
ciascuno degli sposi deve avere la propria) non è altro che lo stabilire gli sforzi che
ognuno intende imporsi per meglio rispondere alla volontà di Dio su di lui.
Non si tratta di moltiplicare gli, obblighi, ma di precisarli, per sostenere la volontà
ed evitare la deriva. Il consiglio e il controllo di un sacerdote sono auspicabili, onde

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premunirsi contro i sovraccarichi o la faciloneria. Non vi è alcun obbligo di far
conoscere all’équipe la regola di vita che si è adottata, né il modo in cui la si osserva.
Facciamo tuttavia presente che alcuni sono trovati bene nell’aver spinto fino a questo
punto l’aiuto reciproco.
b) pregare insieme e con i loro figli una volta al giorno, nei limiti del possibile,
perché la famiglia in quanto tale deve un culto a Dio, e perché la preghiera in comune
ha un grande potere.
c) recitare ogni giorno la preghiera delle Équipe Notre Dame, in unione con tutte
le coppie di queste Équipe.
d) praticare ogni mese il «dovere di sedersi» (Luca Xl V, 28-3 1). E’ l’occasione, per
ogni coppia, di fare il punto.
e) studiare tra sposi il tema di studio mensile ed inviare le loro riflessioni per iscritto
prima della riunione - assistere a tale riunione.
f) leggere ogni mese l’editoriale della Lettera Mensile.
g) fare ogni anno un ritiro spirituale chiuso, di almeno 48 ore, marito e moglie
insieme per quanto possibile. Prima dell’impegno dell’équipe è obbligatorio un solo
ritiro spirituale.
h) versare ogni anno - come quota - il frutto di una loro giornata di lavoro, per
assicurare la vita materiale e lo sviluppo del gruppo cui devono, almeno in parte, il
loro arricchimento spirituale.
i) avvicinare ed accogliere con cuore fraterno, quando se ne presenta l’occasione,
le coppie delle altre équipe.

Nel documento “Cosa è una équipe N. D.” del 1972, troviamo :


Orientamenti ed impegni
L’ispirazione fondamentale è quella dell’amore che Cristo ci è venuto a portare:
«ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con la tua mente e
con tutte le tue forze... ama il tuo prossimo come te stesso» (Marco 12, 30-31).
Per tradurre concretamente nella vita e verificare questa ispirazione, le END
propongono ai loro membri i seguenti impegni:
- l’ascolto, l’approfondimento, la verifica nella vita quotidiana della Parola di Dio;
- la meditazione e la preghiera quotidiane fatte personalmente, in coppia e con i
figli,
- un dialogo aperto e sincero con il coniuge da concretizzare, almeno una volta al
mese, in una pausa di meditazione a due (dovere di sedersi),
- la scelta di un particolare impegno personale o di coppia che aiuti a progredire
nella vita cristiana (regola di vita );
- la partecipazione a giornate di riflessione e di meditazione (ritiri annuali);
- la partecipazione ai sacramenti, soprattutto l’Eucarestia celebrata anche nella
piccola comunità, nel piccolo gruppo (Eucarestia domestica),
- l’impegno nell’educazione umana e cristiana dei figli e nel tentare di creare una
famiglia aperta agli altri ed ai loro problemi, sensibile ed attenta ai segni dei tempi,

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pronta all’accoglienza, all’ospitalità ed alla condivisione anche del pane con i
fratelli;
- la testimonianza di Cristo e del suo amore impegnandosi là dove ognuno si ritiene
più adatto (cfr. CEL Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio» - Sez. II, § 102-
117).

Balza subito all’occhio, oltre al linguaggio rinnovato e più vicino alla nostra
sensibilità (non si parla più di obblighi, ma di impegni) un cambiamento nell’ordine in
cui vengono presentati gli impegni.
Al primo posto del secondo documento troviamo: l’ascolto, l’approfondimento, la
verifica nella vita quotidiana della parola di Dio, poi la preghiera quotidiana, poi il
dovere di sedersi e quindi la regola di vita, proposta come scelta di un particolare
impegno personale o di coppia che aiuti a progredire nella vita cristiana. Questo
spostamento è indicativo di un cambiamento radicale di prospettiva.
E’ la parola di Dio al primo posto nel nostro cammino e solo dall’ascolto della Parola
(con la P maiuscola) acquistano senso le nostre parole e orientamento le nostre azioni.
Il Secondo Soffio, documento nato dopo il raduno internazionale di Lourdes del
1988, ha segnato dopo 40 anni dalla stesura della Carta, un nuovo orientamento per il
movimento chiamato sotto l’azione dello Spirito a farsi attento al cammino della storia
per rendere attuale e fecondo il carisma originario.
In merito leggiamo:
3.2 Un metodo concreto di impegno
L’amore è una decisione che la coppia rinnova giorno dopo giorno, è una decisione
che essa vive come adesione del cuore profondo e che realizza con un impegno di
volontà. Le END offrono un metodo e dei mezzi concreti per aiutare le coppie a nutrire
questo amore, a sostenere la loro decisione e a percorrere insieme un cammino di
conversione. Questi mezzi che le END propongono non sono delle “cose da fare”, ma
piuttosto una metodologia che faccia emergere ed assimilare tutta una serie di
atteggiamenti, un’attenzione indirizzata verso una formazione permanente che porti
a orientare la vita, poco a poco, verso una direzione determinata: discernere e
compiere la volontà del Signore. Occorre comprendere che i mezzi proposti servono
a portare avanti dei processi di interiorizzazione e dì unificazione della vita .

3.3 Le tappe del cammino delle équipe


Le END aprono alle coppie un cammino che offre loro, ad ogni tappa della vita, i
mezzi adeguati per poter realizzare un reale incontro con il Signore e per potersi
impegnare a seguirlo. Questo cammino si compie sempre in gruppo, in “équipe”,
piccola comunità di vita cristiana formata da 5 a 7 coppie con un prete. Il prete, che
fa realmente parte dell’équipe, con una modalità tuttavia un po’ differente, rende
presente il Cristo come capo della comunità. Le équipe, acquistano così uno speciale
arricchimento dall’incontro di questi due sacramenti. In quei casi in cui la mancanza
di sacerdoti potrebbe costituire una remora alla formazione di nuove équipe, si

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potrebbero preparare delle coppie ad una funzione di accompagnamento. Le tappe di
un cammino che dura di fatto tutta una vita non sono esenti da quelle difficoltà che
comporta tutta una vita in comune. E’ per questo che è bene riuscire a vivere con gioia,
coraggio e realismo...

2.2 Il matrimonio al servizio della felicità.


Il sacramento del matrimonio ci aiuta a vivere durante i periodi di crisi e di deserto.
Le crisi sono infatti spesso necessarie per poter crescere nell’amore. Le crisi sono
spesso necessarie per rompere gli steccati che mettiamo alla nostra creatività, per
portarci a situazioni nuove ed a comportamenti rinnovati.
Questo tipo di crisi risulta così un elemento positivo nella misura in cui la coppia
si pone in un’ottica di discernimento spirituale per cogliere la volontà di Dio in quella
circostanza della propria vita. Cercare il bene dell’altro nel lavoro, nella condizione
di maternità-paternità, nel suo equilibrio psicologico. Farsi carico della felicità
dell’altro, anche nella vita sessuale. Scoprire che riconciliarsi non è arrendersi, ma
possibilità di un nuovo incontro. Scoprire che quando uno dei due vince è, spesso, la
coppia che perde. Vivere un atteggiamento di dono, decidere di restare innamorati.
Lungi dal limitarci, dal costringere la nostra personalità, questi atteggiamenti ci
aprono all’altro/a ed gli altri: essi ci aprono alla felicità.

Riprendendo la nostra riflessione ci sembra importante osservare come venga


introdotto e sottolineato in più punti la dimensione della spiritualità END come di un
cammino di coppie con altre coppie. Un cammino che pur segnato da crisi e da fatiche
è al servizio dell’amore e della felicità.
Ci pare che solo dentro questo cammino possiamo comprende il senso profondo
della regola di vita come strada che parte dalla verità di se stessi e porta ad un processo
di unificazione interiore, cioè fra i nostri bisogni profondi ed i nostri desideri.
I documenti su “La Compartecipazione” e su “Gli Orientamenti dopo Fatima”
aiutano a cogliere le tappe ulteriori ed i nuovi percorsi di questo processo di crescita
nella consapevolezza della nostra identità di coppia cristiana chiamata alla santità nel
sacramento del matrimonio.
In merito leggiamo nel documento su La Compartecipazione pag. 9 b)

La capacità di vivere nella verità:


Il secondo atteggiamento da sviluppare è, quello di prendere coscienza di noi stessi,
di accettare consapevolmente la nostra verità e di costruire a partire da essa e non nel
sogno, nell’evasione, nell’alienazione o nella menzogna.
Sta qui l’utilità della “regola, di vita” da adottare e da rivedere periodicamente. Per
stabilirla è importante conoscersi nella verità, con le proprie forze e le proprie
debolezze, le proprie ferite e le proprie grazie. Gli altri possono aiutarci in questa
scelta: spesso essi ci vedono meglio di noi, che abbiamo la tendenza a essere ciechi
riguardo a noi stessi. Poiché però un cammino spirituale non è un’avanzata in linea

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retta e occorre incessantemente ripartire, avremo bisogno di rivedere questa regola
di vita di tanto in tanto...

Ci piace inoltre ricordare che il tema della “regola di vita” è stato trattato in più
occasioni ed è stato più volte proposto alla nostra riflessione nelle Lettere END (cf. 55,
82, 83).
Sappiamo che anche a livello internazionale si sta riflettendo su questo punto
concreto d’impegno per renderlo più esplicito e più rispondente ad un autentico
cammino di santità per coppie.
Tentiamo ugualmente a partire dai nostri vissuti personali e di équipe, di portare un
nostro contributo che può aiutare ulteriormente nella comprensione del senso profondo
della regola di vita.
Avvertiamo il pericolo sempre presente di ridurre le regole di vita dentro uno sterile
schema doveristico e moralistico in cui siamo alla ricerca delle cose da fare più che del
senso che le orienta. Abbiamo parlato di cammino e dentro questo cammino la regola
dovrebbe fornirci i mezzi per mantenere la rotta giusta.
In questa nostra ricerca ci viene in aiuto ancora una volta nella Bibbia l’esperienza
del popolo ebraico. Nel libro dell’Esodo e del Deuteronomio là dove viene consegnato
il Decalogo (la regola di vita del popolo ebraico) notiamo come sempre prima della
legge venga evidenziata l’identità di Dio che la dona e la sua opera di liberazione e di
salvezza in favore del suo popolo. L’asserzione all’indicativo “Io sono il Signore tuo
Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù...” è seguita
da un comando all’imperativo “non avrai altri Dei, non ti farai idolo...” (Es. 20, 1-3).
Ancora nel Deuteronomio: “Ascolta Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è uno
solo, tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze”
(Dt. 6,4-5) . E’ la regola d’oro!
Appare evidente come la legge non sia fine a se stessa, ma in funzione della relazione
d’amore fra Javè ed il suo popolo.
E’ dalla consapevolezza del dono dell’Alleanza da parte di Dio che scaturisce
l’impegno del Decalogo da parte di Israele. E’ dall’ascolto della parola di Dio, dalla
consapevolezza del dono ricevuto nel sacramento del matrimonio, della chiamata a
vivere e a testimoniare nel nostro amore di coppia l’Amore di Dio, che scaturisce
l’impegno a non sprecare questo dono, ma ad impiegarlo nel concreto della nostra
storia quotidiana perché porti frutti di vita.
La regola di vita è allora la modalità con cui fare funzionare il dono ricevuto dentro
i percorsi dell’amore.
Potremmo qui fermarci ad esemplificare, ma ci sembra riduttivo di fronte alla
ricchezza dei doni e dei cammini che il Signore traccia per ciascuno di noi, come singoli
e come coppia.
Può essere il tesoro nascosto nel campo della parabola. “Un uomo lo trova”, ci dice
il vangelo (Mt.13, 44). E noi come trovarlo?
In ogni tempo può convenire una cosa diversa: un’azione da porre in atto (verso il

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coniuge, i figli, i genitori anziani, ecc), un sentimento da coltivare (di pace, di gioia, di
gratitudine, di ascolto), uno stile nuovo da vivere (di sobrietà, di condivisione), una
disposizione d’animo da non soffocare (perdono, misericordia, benevolenza, non
giudizio) che vanno scoperti riconoscendo quale sia la musica che lo Spirito suona
esattamente in quel momento della nostra vita.
Ci sembrano significative le parole di Quoelet 3, 1-8

Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sfasciare le piante....
un tempo per demolire e un tempo per costruire....
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per tacere e un tempo per parlare....

Lo Spirito che agisce in noi come maestro interiore con i suoi doni di sapienza e di
intelligenza, di consiglio e di fortezza, di pietà e di timore del Signore ci aiuta in questa
ricerca reciprocamente in coppia e in équipe attraverso gli strumenti che il metodo
END ci offre (il dovere di sedersi, le giornate di ritiro, gli esercizi spirituali). In
particolare l’esperienza dei ritiri e degli esercizi spirituali ci offre la possibilità, così
rara dentro i ritmi frenetici del vivere quotidiano, di sperimentare il “Silenzio” fuori di
noi e dentro di noi; “Silenzio” che ci permette di ascoltare la “brezza leggera dello
Spirito del Signore che ci parla” (cf. I Re 19, 12) così come parlò ad Elia nella caverna
sull’Oreb.
E’ preziosa, nella fatica del discernimento, la presenza del Sacerdote - Consigliere
Spirituale che ci conosce come coppia e che ci accompagna con il dono particolare del
“consiglio”, che illumina e rende più chiara la nostra strada e più consapevoli e
responsabili le nostre scelte nel vivere quotidiano.
Ed è prezioso poi porci alla scuola di Maria, così come ci propongono “Gli
Orientamenti dopo Fatima”, per imparare come Lei ad ascoltare, a custodire e ad
ubbidire alla Parola. Maria, alle nozze di Cana, si pone in ascolto della realtà, intuisce
il disagio degli sposi per la mancanza del vino e confidando nell’intervento del Figlio
rivolge l’invito ai servi: “Fate quello che Lui vi dirà”. E se il nostro “FARE” nascerà
come quello di Maria e dei servi del Vangelo dall’“ESSERE IN ASCOLTO”, allora
potremo fare nostre con Maria le parole del Magnificat: “grandi cose ha fatto in noi
l’Onnipotente e santo è il Suo nome”.

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