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Con questo volume la collana Pensamiento latino cambia editore e veste tipografica.

Nella precedente serie edita dalla Citt del Sole di Napoli erano stati pubblicati i seguenti testi: E. Nicol, Metafisica dellespressione, prefazione di G. Cacciatore, introduzione e traduzione di M.L. Mollo; E. Nicol, Il problema della filosofia ispanica, introduzione di L. de Llera, traduzione e note di M. Porciello; G. Scocozza, La Spagna alle origini della contemporaneit. Cnovas e la questione cubana; J.M. Sevilla Fernndez, El espejo de la poca. Captulos sobre G. Vico en la cultura hispnica (17372005); P. Di Vona, Lontologia dimenticata. Dallontologia spagnola alla Critica della ragion pura. Siamo certi che con lattuale editore non solo verr mantenuta, ma anzi migliorata, quella qualit di contenuti e di eleganza grafica che fa della collana un unicum nel panorama della saggistica ispanica e ispanoamericana italiana. I Direttori della collana Giuseppe Cacciatore Luis de Llera

Pensamiento Latino Collana di filosofia iberica e iberoamericana Diretta da Giuseppe Cacciatore e Luis de Llera (nuova serie) n. 1

Stefano Santasilia Tra Metafisica e Storia


Lidea delluomo in Eduardo Nicol

Prefazione di Pio Colonnello

LE CRITI

Questo volume pubblicato con il contributo M.I.U.R - P.R.I.N. 2007 - Universit degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Filosofia A. Aliotta, e con il contributo del Dipartimento di Filosofia dell'Universit della Calabria e fondi MIUR ex 60%. Prima edizione: agosto 2010. Impaginazione e graca: Augereau & Co., Firenze. Stampa: Digital Team, Fano (PU). Consulenza di Phasar, Firenze. ISBN: 978-88-87657-58-6. vietata la riproduzione. Le Criti Editore, casella postale 1394, Succ. Fi 7, 50121 Firenze www.lecariti.com; redazione@lecariti.com

SOMMARIO

Prefazione di Pio Colonnello Tavola delle abbreviazioni


TRA METAFISICA E STORIA. LIDEA DELLUOMO IN EDUARDO NICOL

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Nota bio-bibliografica Bibliografia Indice dei nomi Indice generale

Prefazione

Nel variegato orizzonte della filosofia latinoamericana, oggi si pensi a correnti come la filosofia della liberazione o la filosofia dellinterculturalit, alla riproposizione critica del marxismo o alla rielaborazione originale di molti temi propri della filosofia della scienza, della filosofia del linguaggio, del pensiero ermeneutico, della filosofia della religione e di una serie di questioni che ruotano intorno alle scienze sociali occorre operare senza dubbio opportuni distinguo, e non solo perch non possibile parlare in blocco di filosofia latinoamericana senza tenere conto dellarticolata e complessa realt delle espressioni nazionali, politiche, culturali, geografiche e linguistiche del continente americano centro-meridionale, ma anche perch allinterno delle singole correnti culturali si possono individuare molteplici diramazioni, che, sebbene sorte da un unico tronco, presentano comunque una loro precisa peculiarit. Ad esempio, allinterno della filosofia della liberazione si possono individuare diverse anime: la corrente analettica (Enrique Dussel, Juan Carlos Scannone), quella ontologista (Rudolf Kusch, Carlos Cullen), quella storicista (Arturo Andrs Roig, Leopoldo Zea), quella problematizzatrice (Horacio Cerutti Guldberg, Franz Hinkelammert) ecc. In questo quadro di riferimento occorre segnalare un evento che non appartiene solo alla storia della cultura o alla storia delle idee o al campo proprio della storiografia filosofica, un evento che ha inciso in maniera significativa sugli sviluppi della filosofia latinoamericana nella seconda met del secolo ventesimo: mi riferisco allesilio di molte decine di filosofi spagnoli senza contare le centinaia di intellettuali, tra professori, scienziati, giornalisti, scrittori, e cos via nei Paesi dellAmerica latina, in seguito allavvento del regime franchista. questo il caso dei diretti seguaci di Ortega y Gasset, come Jos Gaos, Manuel Granell, Luis Recasens Siches, e dei filosofi detti della 11

scuola di Barcellona, come Jaime Serra Hunter, Joaqun Xirau, Eduardo Nicol, e, ancora, dei filosofi di orientamento marxista e socialista, come Fernando de los Ros, Adolfo Snchez Vzquez e Juan David Garca Bacca. Solo alcuni scelsero gli Stati Uniti, come Ferrater Mora, e pochi altri lEuropa. Se possibile parlare di un evento che ha inciso significativamente sugli sviluppi della filosofia latinoamericana nella seconda met del Novecento, perch non pochi dei filosofi esiliati hanno esercitato il loro influsso sulla contemporaneit sia attraverso i loro allievi diretti, sia attraverso le loro opere. In Italia, se a partire da alcuni decenni, vi una sempre maggiore attenzione per la cultura latinoamericana, nelle sue varie forme ed espressioni, dalla letteratura al cinema, dalla poesia alla musica, al folclore e cos via, nondimeno unattenzione minore stata riservata alla filosofia latinoamericana, che pure presenta tratti di indiscussa originalit. Tra i pensatori di maggiore spessore teoretico, un posto di rilievo spetta indubbiamente a Eduardo Nicol. Nel filosofo, esiliato in Messico allindomani del trionfo del franchismo, la filosofia acquista una connotazione tipicamente catalana, nel senso che si riferisce deliberatamente alla tradizione del sentit com. Anzi, la posizione filosofica di Nicol in contrasto con le intenzioni degli altri filosofi esiliati e dei colleghi ispanoamericani, come Garca Bacca e Jos Gaos, di creare una filosofia in lingua spagnola. Tuttavia la questione molto pi articolata di quanto risulti a prima vista. Basti considerare, dello stesso Nicol, El problema de la filosofa hispnica, che si avvicina per alcuni aspetti alle posizioni di un Maeztu e di un Garca Morente. Rifugiatosi in America latina, in seguito alla derrota repubblicana avvenuta in Spagna, Nicol si addottor in filosofia in Messico ed esercit per quarantanni la sua attivit di docente nel Colegio de Mxico. Disincantato dal personalismo di tipo unamuniano e dallorteghismo, fu influenzato, in qualche misura, da Husserl, ma soprattutto da Bergson, sebbene alla fine si sia allontanato anche da questultimo. Loriginale riflessione di Nicol prende lavvio dallanalisi sistematica delle situazioni vitali, nelle quali sempre immerso luomo in carne e ossa; esse sono di genere molto diverso e posseggono un contenuto materiale specifico. Alcune sono fondamentali, come le leggi di unici12

t, di moralit o di fallibilit della nostra esistenza, mentre altre sono considerate permanenti, come la mascolinit o la femminilit, e altre ancora transitorie, come le condizioni sociali ed economiche. Uno sviluppo di questa linea di pensiero poi nellopera La idea del hombre. Nella Metafsica de la expresin, Nicol esige una riforma radicale della fenomenologia, che fa discernere, nel nucleo dei fenomeni, la presenza dellessere: il suo , in qualche modo, il tentativo di restaurare una metafisica autentica, attraverso unontologia dellespressione. Non a caso, questa metafisica si appogger sulla situazione espressiva, che smetter di essere semplice apparenza per convertirsi nella comunicazione immediata dellessere. Lesperienza dellespressione, descritta da Nicol, apertura e dialogo, scoprimento del senso. Infatti, lidentificazione primaria delluomo come essere dellespressione definisce luomo realmente, cio, non soltanto logicamente: lo comprende in maniera totale perch, nel riconoscerlo attraverso la forma del suo essere che manifesta, nello stesso tempo lo distingue da qualunque altra forma dessere1 (Metafsica de la expresin). Un riferimento dobbligo anche a Los principios de la ciencia, non tanto per sottolineare lintenzione di volere ristrutturare lepistemologia sulla base della metafisica dellespressione o la critica nicoliana al principio di non contraddizione e la sua sostituzione con principi dialettici, quanto piuttosto perch va rimarcato che tra le relazioni essenziali che legittimano la conoscenza, la relazione logica (ladeguazione del pensiero a se stesso), la relazione epistemologica (laccordo del pensiero con la realt), e la relazione dialogica (il vincolo comune tra lobiettivo di comunicazione e il contenuto significativo del logos) incontriamo, non a caso, la relazione storica, espressa dal vincolo del pensiero con il flusso della storia.
1. E. Nicol, Metafisica dellespressione, traduzione a cura di M.L. Mollo, Citt del Sole, Napoli 2007, p. 193 [E. Nicol, Metafsica de la expresion, FCE, Mxico 1974, p. 137]. Il testo tradotto da Mara Lida Mollo e la traduzione de El problema de la filosofa hispnica, a cura di Michele Porciello (E. Nicol, Il problema della filosofia ispanica, Citt del Sole, Napoli 2007) costituiscono, finora, le uniche traduzioni in lingua italiana di opere di Eduardo Nicol. La traduzione della Mollo preceduta da un interessante saggio di Giuseppe Cacciatore (Verit e storicit nella metafisica dellespressione di Eduardo Nicol, pp. 9-26). Entrambi gli autori, insieme a Luis De Llera, sono tra i pochissimi studiosi italiani che hanno contribuito a far emergere ed approfondire il valore intellettuale e filosofico della figura di Eduardo Nicol.

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In Historicismo y existencialismo, seguendo il filo conduttore del conflitto della ragione con la storia, da Parmenide fino a Heidegger, Nicol affronta una serie di temi e di questioni, come il rapporto tra individualit e comunit o le relazioni tra storia e salvezza, etica e politica, temporalit e conoscenza, con la conseguente critica del solipsismo, del nichilismo e del naturalismo. Lintento fondamentale di Nicol quello di darle la vuelta sia allo storicismo che allesistenzialismo; e darle la vuelta qui assunto nel senso di unoperazione ermeneutica, che corrisponde a quellatteggiamento critico che la Wiederholung heideggeriana: non la semplice ripetizione, non la pura ripresa di un tema, ma la ripresa deliberata per la valutazione e lo svolgimento delle possibilit effettive e del significato intrinseco di queste due correnti filosofiche, che Nicol giudica di importanza centrale nella storia del pensiero. Darle la vuelta quindi come ripetizione e superamento: Sapere da dove proviene una filosofia, quali connessioni ha con le altre del suo tempo, e con il tempo stesso, come epoca storica; qual la sua idea direttrice tutto questo non lo si ottiene se non superando il suo livello.2 Se uno dei problemi centrali della teoria della conoscenza nel Novecento quello di ripensare il nesso tra identit e dinamicit, tra unit e pluralit e, in definitiva, tra essere e tempo, allora merito dello storicismo e dellesistenzialismo lavere proposto uninedita considerazione della temporalit e, pertanto, della pluralit, ovvero della dinamicit dellindividuale. Nicol riconosce a Dilthey, nel fondare la scienza storica, limpegno di dare inizio ad una scienza rigorosa dellindividuale, di contro alla svalutazione tradizionale dellindividualit come ci che, privo di leggi e costanti, non avrebbe potuto appartenere al territorio della razionalit. E se lo storicismo posthegeliano ha posto il problema di uno statuto logico ed epistemologico dellindividualit, la considerazione temporale dellessere, propria dellesistenzialismo, ha poi condotto in maniera radicale lanalisi dellindividualit ontica, che il Dasein. Nondimeno Nicol ritiene che sia giunto il momento di apportare una correzione al modo in cui queste due filosofie hanno ri2. E. Nicol, Historicismo y existencialismo. La temporalidad del ser y la razn, Fondo de Cultura Econmica, Mxico 1950. Il passo citato da questopera, da me tradotto, tratto dalla ristampa della terza edizione (1989), apparsa sempre nella Collana filosofica del Fondo de Cultura Econmica, p. 14.

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solto il problema della connessione dellindividualit con la comunit: ed questo un compito che, iniziato con La idea del hombre, prosegue in Historicismo y existencialismo. Nicol ritiene che occorra riproporre, ancora una volta, la questione del fondamento ontologico della storicit, una questione peraltro abbandonata da Dilthey, nonch ampliare lidea della storicit dellessere, correggendo, dove era necessario, la concezione di Heidegger, cio, ponendo allo scoperto il presupposto dellindividualit assoluta di questo essere storico. In un altro passo della sua opera, Nicol osserva: Lo storicismo di Dilthey prescinde dal carattere ontologico dellessere storico, lesistenzialismo di Heidegger prescinde dalla dimensione storica generale dellesistenza. Occorreva portare ancor pi agli estremi il concetto della storicit dellumano, perch comprendesse persino lindividualit dellessere.3 In realt, per Nicol, tanto lo storicismo, quanto lesistenzialismo presentano un vizio di fondo: lesistenzialismo, con la sua attenzione peculiare allesistenza singola, finirebbe col perdere di vista la connessione tra individuo e comunit; daltra parte, nel seno dello storicismo si anniderebbe quel relativismo distruttore del senso stesso dellesistenza singola inserita nella comunit. Questi, tuttavia, sono solo alcuni dei molteplici temi e problemi che il pensatore catalano ha sviluppato nellintero arco della sua riflessione. Orbene, molto opportunamente Stefano Santasilia, che studia da tempo in maniera appassionata la filosofia latinoamericana, riprende e delucida, nel presente volume, i caposaldi fondamentali del pensiero di Eduardo Nicol. Unanalisi del percorso filosofico nicoliano deve iniziare, a suo parere, a partire da tre momenti centrali: lanalisi dellesistenza, la problematica della storicit, la costituzione ontologica delluomo. Riguardo al primo tema, Santasilia ritiene opportuno rimarcare la distanza di Nicol rispetto ad altri protagonisti della storia del pensiero, dal momento che nellopera del pensatore catalano emerge la singolare tesi per la quale lidea che luomo elabora riguardo se stesso costituisce in atto lespressione del proprio essere e, in quanto tale, assumerebbe un carattere performativo nel momento stesso in cui viene formulata e comunicata; proprio per questo motivo, qualsiasi dibattito riguar3. E. Nicol, Historicismo y existencialismo, cit., p. 304.

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dante lesistente uomo nella storia non pu non iniziare con unindagine riguardante le categorie fondamentali che regolano la sua esistenza. Santasilia ritiene di grande importanza il punto di avvio della questione antropologica in Nicol, che coincide con la pubblicazione, nel 1941, della Psicologa de las situaciones vitales, testo il cui intento quello di condurre unanalisi, quanto pi approfondita possibile, riguardo lesistenza delluomo: la psicologia si mostrerebbe non pi come una scienza della natura, composta di tecniche di calcolo e valutazioni, ma delineerebbe unanalisi del modo in cui luomo stesso concepisce la propria ek-sistenza: una psicologia intesa come saber del hombre non per Nicol qualcosa di rivoluzionario, anzi essa unautentica creazione perch non mai esistita e il suo intento, come asserisce lo stesso Nicol, non deve consistere nellavanzare solamente analisi concrete dellindole indicata, ma nel dare avvio a queste stesse partendo da una struttura di base articolata e rigorosamente costituita da concetti che inquadrino il campo di quella vita umana che bisogna comprendere e, infine, il campo stesso della psicologia.4 Nel seguire lo sviluppo di questopera, Santasilia rimarca i punti centrali di questa prima tappa della riflessione nicoliana riguardante luomo: la critica del soggetto, cartesianamente concepito, e lindividuazione di una nuova categoria che permetta una comprensione pi chiara e completa di come si strutturi lesistere umano, cio la situazione. A partire dalla situazione come espressione della relazione con laltro o lalterit, lanalisi nicoliana mostra come il valore delle situazioni sia legato alla qualit stessa delle relazioni. Tale valore gi espressione della situazione, sebbene sia soggetto a cambiamento. Se la situazione sempre espressiva, perch luomo stesso espressione: espressione di se stesso in quanto essere-in-situazione. La teoria delle situazioni vitali rimanda peraltro continuamente ad un nodo teorico centrale: la questione del mutamento delle stesse situazioni, una questione che si radica nella storicit costitutiva delluomo. Il problema della storicit del hombre il secondo motivo fondamentale del pensiero nicoliano che Santasilia sviluppa, seguendone le implicazioni teoretiche. La temporalit, che costituisce il cuore stesso
4. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional, in Id., La vocacin humana, Lecturas Mexicanas, Mxico 1997 (ristampa della prima edizione del 1953), p. 206.

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della soggettivit non compromette la stabilit dell io e la sua mismidad, anzi la sviluppa. La mismidad vuole indicare semplicemente il soggetto come dinamico, fondandosi il nostro stesso esistere sulla possibilit del cambiamento: appunto perch luomo essere storico, pu riconoscersi come mismidad ed espressione. Ci che avviene per lindividuo ha valore anche per la comunit degli uomini. Nel riprendere il confronto di Nicol con le correnti di pensiero esistenzialista e storicista, Santasilia evidenzia particolarmente, nel pensatore catalano, unidea di ragione legata alla vita. Se la ragione deve essere legata, anzi radicata nella vita, allora pensare la realt deve significare pensarla razionalmente, nel senso del logon didonai, di darne ragione, individuarne la forma stabile. Tuttavia, la ricerca della forma regolare del cambiamento non consiste in una razionalizzazione della storia, ma nel ritrovare nel corso stesso degli eventi delle costanti storiche. La ricerca della forma della storia mostrerebbe, cos, che il cambiamento stesso si fonda sulle categorie di base dellesistenza e che queste hanno un valore fondamentalmente ontologico. pertanto necessario stabilire una morfologia della storia, e tutto ci implica una nuova idea dellessere delluomo. Luomo lessere che, auto-definendosi, modifica di volta in volta se stesso, vale a dire: la storicit delluomo , di per s, la forma del suo essere, ossia il suo stesso manifestarsi come continuo cambiamento. La conoscenza che luomo ha di s e degli altri uomini differisce in maniera fondamentale da quella che riguarda ogni altro ente; vero che una sorta di familiarit ontologica gli consente di ri-conoscere laltro uomo in maniera immediata. appunto la familiarit ontologica che permette di riconoscere laltro uomo come prossimo, in base a una co-partecipazione nellessere che si esplica in forma di dialogo. Daltra parte, la stessa familiarit ci mostra quanto sia problematico conoscere lindividualit del prossimo. Tuttavia, la questione dellessere delluomo non pu essere considerata solo dal punto di vista esistenziale, bens anche ad un livello pi radicale, quello ontologico. Lultimo capitolo del libro, dedicato appunto alla questione della costituzione ontologica delluomo, ha inizio con una critica della ragione attraverso la quale Nicol si confronta col pensiero di alcuni esponenti della filosofia contemporanea con Bergson per quanto riguarda il rapporto tra ragione e vita; con Dilthey e Ortega y Gasset per 17

quanto riguarda il rapporto tra ragione e storia; e con Heidegger per quanto riguarda lanalisi dellesistenza , al fine di enucleare la sua idea di metodologia necessaria allo studio dellessere delluomo. Da tale indagine risulta evidente, per Santasilia, la nicoliana idea di ragione come ragione storica in quanto fondata nella storicit che caratterizza lesistenza umana, e vitale perch espressione della vita stessa; tale ragione non pu essere che comunitaria e, appunto per ci, necessaria una critica che conduca alla corretta metodo-logia: Questa comunit della ragione il punto decisivo. Assente questa, il metodo non avrebbe senso, e il metodo la condizione che la filosofia stabilisce affinch sia efficace la conoscenza oggettiva. Senza metodo-logia il logos pu essere arbitrario. Condotta con metodo, la ragione pu portare allerrore, ma mai allarbitrariet. Chi decide di impiegare un metodo, con esso depura il proprio pensiero da qualsiasi interesse soggettivo. Il metodo non un mero tecnicismo, uno strumento di lavoro, ma segno di una forma vocazionale della vita, di un atteggiamento assunto di fronte alla realt e al prossimo. Il metodo ragione vitale perch forma parte dellethos della scienza.5 Il contro-discorso del metodo, elaborato da Nicol, ha lo scopo di mostrare lunica possibile analisi metodo-logica dellesistenza: unica perch il metodo non che il manifestarsi delle caratteristiche della ragione, del suo stesso essere. Per tale motivo, il metodo non potr che essere fenomenologico, sebbene fondato su una peculiare concezione della fenomenologia, che rifiuta il sospendere la questione dellesistenza del mondo tipico dellepoch husserliana: lautentica fenomenologia, nella prospettiva nicoliana rileva giustamente Santasilia deve partire dallaffermazione che lessere non problema, ma dato. Lerrore metodologico che ha costretto i filosofi ad intraprendere sentieri contorti al fine di costituire lontologia delloccultamento dellessere, consiste nellaver creduto, a causa della temporalit inerente allesistenza degli enti, che lessere come assoluto non si manifestasse sin dallinizio, che non fosse dato primario. Il nuovo discorso sul metodo elimina lessere come problema, riconoscendolo come evidenza primaria: la tesi dellimmediatezza dellassoluto non una verit, n pu essere definita tesi; non che il riconoscimento filosofico di
5. E. Nicol, El falso problema de la intercomunicacin [1958], in E. Nicol, Ideas de vario linaje, UNAM, Mxico 1990, p. 154.

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unesperienza comune. Se esperienza che fa ogni uomo, non si richiede alcun metodo per giungere allassoluto; non c bisogno di giungervi: siamo nellassoluto.6 Il metodo fenomenologico, allora, dovr riconoscere la costitutiva dialettica storica dellesistenza che , in realt, manifestazione della ragione stessa. Solo il metodo filosofico che dovr essere fenomenologico e, allo stesso tempo, dialettico, permette di conoscere luomo nella sua autentica struttura, ossia come essere dellespressione: tale condizione, che mostra la realt della scienza nella sua essenza dia-logica, aggiunge al metodo la sua ultima connotazione fondamentale, quella di essere ermeneutico. Luomo sempre in dialogo, da intendersi come logos condiviso. Tutto ci che afferma, lo afferma in virt di un dialogo: se luomo lessere dellespressione, perch espressione esso stesso. Per questa ragione, si pu parlare di metafisica solo nei termini di una Metafsica de la expresin. In definitiva, per la vastit dei temi trattati e lo sviluppo problematico delle questioni ad essi connesse, dobbiamo riconoscere al presente volume il merito non solo di una ricostruzione storiografica attenta, con seriet filologica, al rispetto testuale di uno dei momenti pi alti del pensiero latinoamericano, ma anche di una esegesi animata da passione riflessiva. Pio Colonnello

6. Cfr. pagina 154 del presente volume. Le citazioni comprese tra virgolette ad apice sono tratte da E. Nicol, Crtica de la razn simblica, FCE, Mxico, 2001, p. 163.

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Tavola delle abbreviazioni. CRS = Crtica de la razn simblica, FCE, Mxico 2001. HE = Historicismo y existencialismo, FCE, Mxico 1989. IH = La idea del hombre, Herder, Mxico 2004 (ristampa della prima edizione del 1946). IH2 = La idea del hombre, FCE, Mxico 1977 (seconda edizione modificata dallo stesso autore). ME = Metafsica de la expresin, FCE, Mxico 1957. ME2 = Metafsica de la expresion, FCE, Mxico 1974 (seconda edizione modificata dallo stesso autore); per quanto riguarda le citazioni tratte da tale testo ci riferiremo alla traduzione italiana, E. Nicol, Metafisica dellespressione, traduzione a cura di Maria Lida Mollo, Citt del Sole, Napoli 2007. PFH = El problema de la filosofa hispnica, Tecnos, Madrid 1961; per quanto riguarda le citazioni tratte da tale testo ci riferiremo alla traduzione italiana, E. Nicol, Il problema della filosofia ispanica, traduzione a cura di Michele Porciello, Citt del Sole, Napoli 2007 (traduzione condotta sulla seconda edizione dellopera: El problema de la filosofa hispnica, FCE, Mxico 1998). PSV = Psicologa de las situaciones vitales, FCE, Mxico 1996 (ristampa della seconda edizione del 1963, che riportava un nuovo prologo e nuove note rispetto alla prima del 1941). VH = La vocacin humana, Lecturas Mexicanas, Mxico 1997 (ristampa della prima edizione del 1953). Tutte le citazioni tratte da opere in lingua spagnola, ove la traduzione italiana non sia esplicitamente indicata, sono state tradotte dallautore del presente lavoro.

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TRA METAFISICA E STORIA. LIDEA DELLUOMO IN EDUARDO NICOL

A mio cugino Paolo, prima radice di ogni mio profondo riflettere

Introduzione. Luomo ha ideato luomo

Hay mil verdades, el error es uno (N. Gmez Dvila, Escolios a un texto implicito)

Luomo ha da sempre creato immagini per conoscere, o meglio conoscersi, nella consapevolezza di non essere mai dato a se stesso una volta per tutte, ma di doversi continuamente definire, spinto dalla necessit di agire, di realizzarsi, di completarsi attraverso il proprio operare. Riflettere sulle immagini delluomo che sono emerse nel pensiero filosofico occidentale indispensabile per chiunque voglia descrivere le caratteristiche di una determinata epoca e gli elementi che la differenziano da tutte le altre. Inoltre, senza partire da unanalisi di ci che luomo ha pensato di se stesso, non gli sarebbe possibile progettarsi e, cos, incamminarsi verso il futuro.1 Lidea delluomo si presenta come un prodotto particolare: formulata dalluomo affinch gli permetta di conoscer-si pi profondamente. lidea che accompagna la storia umana perch risultato e stimolo allo stesso tempo. Lindefinibilit che la caratterizza indice del tentativo umano di conoscere il quid che distingue luomo tra tutti gli esseri. Luomo insegue la definizione di s, quasi attendendo il sopraggiungere di un momento in cui questa possa essere individuata in maniera definitiva. La storia ha mostrato, finora, che la condizione umana si manifesta e realizza in questo inseguire che non giunge mai al proprio scopo, cosa resasi evidente soprattutto nella nostra epoca caratterizzata da profonde problematiche interculturali2: riflettere sull'uomo non pi, primariamente, conoscere se stessi, ma rendere ragione della persino imbarazzante pluralit dei modi di
1. M. T. Pansera, Antropologia filosofica, Bruno Mondadori, Milano 2001, p. 3. 2. Riguardo al dibattito interculturale sviluppatosi negli ultimi anni, la bibliografia da citare, anche solo per quel che riguarda il punto di vista filosofico, risulta sterminata. Ci limitiamo pertanto a rimandare, come introduzione alla questione, al testo curato da Giuseppe Cacciatore e Giuseppe DAnna, Interculturalit. Tra etica e politica, Carocci, Roma 2010, che riporta in appendice una bibliografia ragionata estremamente accurata.

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darsi dell'uomo, relativamente agli altri uomini e agli esseri simili a noi per struttura fisica e comportamento.3 Di fronte a tale situazione si pu decidere di abbandonare la ricerca e considerare vano ogni tentativo dindagine ma qualsiasi problematica riguardante la convivenza sociale riporter alla questione abbandonata. Il problema che luomo si percepisce come il massimo segreto cosmico che, allo stesso tempo, il pi vicino a noi.4 Lidea delluomo, allora, si mostra come la possibilit di conoscer-si, di comprender-si, e, in base a ci, di realizzare la propria esistenza. Come possibile, per, giungere ad una idea delluomo definitiva se nel corso della storia ne sono state formulate varie e differenti fra loro? In questo caso, la legittimit di tale idea potr essere assicurata solo da una formulazione che consideri luomo nella sua storicit costitutiva. Se luomo si ri-conosce come uomo lungo il corso dei secoli, e in tal modo ri-conosce, come propri prodotti, i prodotti culturali appartenenti ad altre epoche, deve poter esistere una forma delluomo che comprenda in s la sua storicit, non come caratteristica accidentale ma come componente costitutiva la soggettivit stessa. A tale ricerca volta lindagine di Eduardo Nicol, a partire dallesistenza delluomo analizzata attraverso la sua vita interiore fino al rivolgersi alla questione del suo stesso essere. Cos, il presente lavoro di ricerca si svolger ripercorrendo la strada segnata dal solco di tale riflessione. Per questo motivo, sar necessario soffermarsi sulla figura di Eduardo Nicol e sulla sua idea di filosofia, intesa come scienza dei principi primi: scienza che riconosce il dato primario e che lo assume come punto di partenza indiscutibile. Solo a partire da tale comprensione del sapere filosofico possibile, infatti, operare la distinzione tra ci che riflessione sulluomo e sulla realt, e ci che invece ideologia. Distinzione, questa, che introduce alla riflessione nicoliana sullesistenza umana, rivolta alla formulazione di quelle categorie che, secondo il nostro pensatore, possono permettercene la comprensione. Attraverso tale comprensione sar, dunque, possibile giungere a cogliere la storicit come componente costitutiva dellumano esistere. Storicit che tratto fondamentale della vita individuale e della vita comunitaria, quindi scaturigine della stessa storia. Lidea delluomo, dunque, co-

3. R. Martinelli, Uomo, natura, mondo, il Mulino, Bologna 2004, p. 7. 4. K. G. Jung, Realt dellanima, Bollati Boringhieri, Torino 1970, p. 7.

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stituisce il punto in cui si incrociano storia individuale e storia collettiva: per questo espressione di una precisa cultura. Questo, per, non spiega come mai luomo abbia la necessit di formulare tale idea, e come si esplichi la sua storicit costitutiva. A tale questione sar dedicata particolare attenzione nella conclusione del presente lavoro, al fine di mostrare come, secondo Eduardo Nicol, ogni riflessione sulluomo e lidea delluomo non che il frutto di tale riflessione debba obbligatoriamente condurre a porsi la domanda circa lessere stesso del soggetto. Dal momento che luomo colui che domanda, colui che pu e deve domandare,5 il suo interrogare non potr essere altro dallespressione del suo stesso essere e dallidea che ha di s. Conoscere lidea delluomo, come la necessaria espressione dellumana esistenza nel suo comune ri-conoscersi e modificarsi, lintento stesso che muove tutta la riflessione nicoliana. Intento che, a nostro parere, vale la pena analizzare a fondo. Prima di lasciare al lettore la possibilit di immergersi nellitinerario delineato dalle pagine seguenti, ritengo mio piacere e dovere il ringraziare coloro che, in maniera sempre personale e particolare, hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro. Ringrazio, in primo luogo, doa Alicia Nicol per aver creduto in me come studioso e amico ed avermi accolto nella sua casa mettendomi a parte di ci che stata la genesi intima ed esistenziale dellopera nicoliana, nonch permettendomi la consultazione delle opere della biblioteca personale del filosofo catalano. Verso un tale dono il semplice ringraziare sempre un gesto manchevole. Ringrazio i professori Maria Luisa Santos, Jos Luis Mora, Lizbeth Sagols, Mauricio Beuchot, Alberto Constante, Elizabeth Padilla, Alejandro Gutirrez Robles, Jorge Velzquez Delgado, Ricardo Horneffer, Eduardo Gonzlez Di Pierro, per avermi accolto con simpatia e fiducia ed avermi guidato durante i miei periodi di studio in Spagna e in Messico. Ringrazio coloro che, con forte senso di amicizia e partecipazione, mi sono stati vicini lungo il cammino della mia formazione filosofica e non; tra questi un pensiero particolare va a Mario Acerra, Raffaele
5. E. Coreth, Antropologia filosofica, Morcelliana, Brescia 2000, p. 9.

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Carbone, Agostino Cera, Andrea Di Miele, Felice Masi, Massimo Di Lillo e, nello specifico, a Rosario Diana, per lattenzione che ha sempre mostrato nei miei confronti come amico e come studioso, a Mara Lida Mollo, per il tempo dedicatomi nel discutere e riflettere insieme sugli aspetti problematici della proposta nicoliana, ad Armando Mascolo, per la vicinanza affettiva ed accademica mai venuta meno, a Giuseppe DAnna, per il senso di fraternit esplicitato nei miei confronti e la profonda attenzione mostrata verso il mio lavoro, ad Arturo Aguirre, per lamicizia che ci ha legato fin dal primo momento in cui abbiamo iniziato a dialogare . Ringrazio il prof. Luis De Llera e il prof. Giuseppe Cacciatore per aver accolto questo scritto nella collana da loro diretta. In particolare, ringrazio questultimo perch in questi anni di collaborazione ha saputo insegnarmi qualcosa che va al di l della mera relazione lavorativa, un sentimento di collaborazione e di attenzione, una disposizione che non pu essere descritta se non come vocacin humana. Ringrazio il prof. Pio Colonnello, per lamicizia, la fiducia e la profonda attenzione che ha sempre mostrato nei miei confronti, come amico e come studioso. Per avere creduto in me ed aver scelto di seguire i miei studi personalmente, indirizzandomi in maniera sempre precisa e fruttuosa. A lui il mio pi sentito grazie, ben consapevole di aver contratto un debito impagabile attraverso una phila di cui sono profondamente onorato. Infine, ringrazio i miei genitori e mio fratello, senza i quali non sarebbe stato possibile nulla di tutto ci, e Paola che, al di l delle differenti modalit del nostro incontrarci, ha sempre saputo essere un appoggio vivo e sentito. Madrid, Pasqua 2010 Stefano Santasilia

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Capitolo I. Eduardo Nicol: filosofia come vocacin

El hombre es el ser preocupado (E. Nicol, Formas de hablar sublimes: poesa y filosofa)

La vita del Dott. Nicol stata caratterizzata dal suo impegno vocazionale, dal suo essere pienamente concentrato nellimpegno filosofico, che stato esercitato con medesima intensit, nei suoi due campi principali: la ricerca e linsegnamento.1 Una vocazione, quella di Nicol, pi precisamente una vocazione filosofica. Vocazione come espressione e realizzazione del proprio essere uomo, filosofica perch si sviluppa e risolve nella ricerca e nella comunicazione (nel dialogo quindi) che questa implica. Vocazione, espressione, termini che gi da subito2 caratterizzano la speculazione del pensatore catalano, il quale trov nel suolo latinoamericano il punto di approdo dellesilio a cui fu costretto dalle sue idee politiche. Un esilio che lo spinse ad abbandonare, non senza lotta,3 la Spagna, sua patria (in particolare Barcelona, quindi la Catalunya) e a trasferirsi oltreoceano, nello specifico in Messico, dove si stabilir definitivamente portando a termine la sua formazione accademica, svolgendo attivit didattica e divenendo uno dei pi importanti pensatori contemporanei. Una vocazione, allora, che,

1. J. Gonzlez, Palabras de homenaje, in J. Gonzlez, L. Sagols (eds.), El ser y la expresin, UNAM, Mxico 1990, p. 17. 2. Non necessario attendere la pubblicazione, nel 1957, della Metafsica de la expresin (dalla critica generalmente considerata come lopera fondamentale del pensatore catalano); basta dare uno sguardo alle pagine centrali della sua prima opera, la Psicologa de las situaciones vitales pubblicata nel 1941, per rendersi conto dellimportanza che questi termini ricoprono nellambito del pensiero di Nicol. 3. Lo stesso Nicol, in unintervista, afferma di aver attraversato il confine tra Spagna e Francia, allindomani della sconfitta repubblicana, la derrota del 1939, in carovana, in uniforme e con le armi, dove con tale espressione vuole intendere che eravamo sconfitti, ma non umiliati, in Eduard Nicol, pensador cataln. Dilogo con Xavier Rubert de Vents in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, Anthropos, Extra 3 (1998), numero monografico dedicato ad Eduardo Nicol, p. 19.

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mutuando il titolo di un articolo scritto dalla stessa moglie di Nicol, doa Alicia Rodriguez de Nicol, vocacin cumplida.4 proprio il rispetto dovuto a tale vocazione e a chi, come testimone privilegiato, pu darcene conferma, che ci invita a non spingerci oltre nelle considerazioni biografiche riguardanti Eduardo Nicol proprio nellottemperanza verso alcune precise affermazioni dello stesso pensatore. Nellarticolo citato, doa Alicia afferma che
quando qualche persona vicina mi suggerisce di scrivere la biografia di mio marito, mi vengono alla memoria le risposte che lui stesso dava in questi casi: la mia biografia nei miei libri; o anche una cosa situare unopera nel quadro teorico di unepoca (o nel corso generale della storia), altra cosa situare lautore in un determinato ambiente. Ci che si dice riguardo questo conversazione familiare. Non bisogna prestar loro molta attenzione. Lambito della filosofia non familiare.5

E ancora
Ho sempre creduto che fosse conveniente eliminare una volta per tutte quella inclinazione ispanica per il personale e laneddotico, propria di un mondo poco avvezzo alla disciplina scientifica. Le questioni personali possono essere pertinenti se si tratta dellanalisi di unideologia; al contrario, sono qualcosa di estrinseco e perturbatore quando si tratta della filosofia come scienza rigorosa, per dirlo con la consacrata formula di Husserl.6

Come Heidegger afferm riguardo Aristotele, anche per Nicol sembra che non resti da dire altro se non che nacque, lavor e mor.7 A
4. A. R. de Nicol, Eduardo Nicol. La vocacin cumplida, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 46. 5. Ibidem. 6. Ibidem. Nicol conferma laffermazione di Husserl per il quale nella scienza rigorosa non vi deve essere spazio alcuno per opinioni, intuizioni e punti di vista privati. Nella misura in cui, tuttavia, vi in un ambito particolare qualcosa di analogo, la scienza in questione non ancora divenuta scienza, ma in via di divenirlo (E. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa [1959], Laterza, Roma-Bari 2005, p. 6). pur vero che non sarebbe corretto procedere nellanalisi del pensiero nicoliano senza fornire alcune minime indicazioni che permettano al lettore di collocare la vita e la produzione filosofica di Eduardo Nicol in un preciso intervallo spazio-temporale; a tal proposito si rimanda alla nota bio-bibliografica situata in chiusura di volume. 7. Laffermazione di Heidegger riportata in F. Volpi (a cura di), Guida a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 2002, p. 4.

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maggior ragione se lo stesso pensatore insiste sul fatto che quanto pi serio un lavoro, meno ha importanza la persona dellautore.8 Se, per, come nel caso di Eduardo Nicol, la filosofia una vocazione umana, non una vocazione professionale, ma una maniera di essere uomo,9 allora conoscere lo stesso uomo permetter di conoscere pi a fondo il suo pensiero o, almeno, di individuare concetti e termini particolari che assumono poi, nellambito della sua riflessione prettamente teoretica, una notevole importanza, la cui eco si diffonde in quellambito da lui stesso definito casero. Questo significa tentare di distillare da alcune affermazioni dello stesso pensatore quei nodi problematici che, essendo parte fondamentale della sua vita intellettuale, ci sia concesso dire situazione vitale, costituiscono la trama della sua riflessione mostrando quanto la teoria fosse legata alla praxis. In tal maniera sar possibile gi entrare come nellanticamera di ci che costituisce lo sviluppo del suo pensiero, reso esplicito nelle sue opere. Che il dolore e il travaglio e alcune tormentate vicissitudini dellesistenza, come lesilio, possano costituire il momento privilegiato di una maturazione intellettuale e che talora dallesperienza delle situazioni-limite derivi la genesi di una peculiare visione del mondo, pu sembrare un trito luogo comune,10 e in effetti, data la mole della letteratura ormai presente sullargomento,11 non crediamo sia il caso di ri8. A. R. de Nicol, Eduardo Nicol. La vocacin cumplida, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 46. Per un approfondimento riguardo la formazione intellettuale di Eduardo Nicol ci si pu riferire, inoltre, anche alle opere di J.L. Abelln, El exilio filosfico en America: los transterrados de 1939, FCE, Madrid 1998 e Historia crtica del pensamiento espaol, 5 voll., Espasa-Calpe, Madrid 1979-1991. Una piccola biografia intellettuale contenuta anche in M. Gonzlez Garca, El hombre y la historia en Eduardo Nicol, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1988. 9. A. Mora, La filosofa de Eduardo Nicol. Una introduccin, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 17. 10. P. Colonnello, Tra fenomenologia e filosofia dellesistenza. Saggio su Jos Gaos, Morano, Napoli 1990, p. 5. 11. Riguardo lesilio degli intellettuali spagnoli a causa della sconfitta repubblicana del 39 v una vasta letteratura, qui ci limitiamo a segnalare alcuni testi, riguardanti per lo pi lambito degli studi filosofici: J. L. Abelln, Filosofa espaola en America (1936-1955), Guadarrama, Madrid 1966; Id., El exilio filosfico en America: los transterrados de 1939, cit.; J. Izquierdo Ortega, Pensadores espaoles fuera de Espaa, Cuadernos Americanos, enero-febrero (1965); J. L. Abelln, Panorama de la filosofa espaola actual. Una situacin escandalosa, Espasa-Calpe, Madrid 1978; AA.VV., El exilio espaol en Mxico 1932-1982, FCE, Mxico 1983; J. L. Abelln A. Moncls, El pensamiento espaol contemporneo y la idea de America, 2 voll., Anthropos, Barcelona 1985; G. Vargas Lozano (cur.), Cincuenta aos de exilio espaol en Mxico, Universidad Autnoma de Tlaxcala, Mxico 1991; L. De Llera, I. Buonafalce, Lesilio repubblicano

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tornare su tale questione dal punto di vista generale o meramente biografico. C per un punto che ci sembra giusto considerare: il modo, abbastanza peculiare, in cui Eduardo Nicol ha percepito il suo destierro. Insistiamo sulla parola destierro proprio perch il nostro filosofo non considera valida la categoria di trans-tierro. In Jos Gaos,12 che coni il termine, transterrado uninflessione determinante nella costante allusione che gli esiliati fanno della propria condizione, uninflessione che fa s che si dia una attestazione storica del fatto che lo schema generale dellesilio come partenza che deve tornare al suo punto di origine non necessariamente lunica possibile interpretazione.13 Questo pu essere considerato valido anche per quel che riguarda lesperienza esistenziale di Eduardo Nicol ma, come ribadisce Moncls, tale espressione porta con s determinate esperienze cariche di significato che non sono le stesse per tutti gli esiliati. Infatti, la decisione di non ritornare nella propria patria non sempre indice dellaver accettato il destierro semplicemente come un passaggio. Mentre Gaos afferma che la condizione dei filosofi spagnoli in America Latina non il destierro ma il transtierro,14 formulando, come ricorda Abelln la sua teoria delle due patrie: quella di origine, che ci data per un caso che trascende ogni decisione personale, e la patria del destino, liberamente scelta, perch coincida con il progetto di vita che volontariamente ci siamo imposti,15 esiste una parte di esiliati che non considera affatto la possibilit di una patria del destino e che reagisce in diverse maniere alla situazione, anche scegliendo di non voler pi tornare in patria.16
del 1936 in Messico: filosofia e identit del pensiero in lingua spagnola, Cultura Latinoamericana Annali dellISLA, 1-2 (1999-2000), pp. 399-437. Per uno sguardo pi ampio sulla questione dellesilio repubblicano rinviamo a L. De Llera, El ltimo exilio espaol en Amrica, Mapfre, Madrid 1996 e A. Sanchz Cuervo, Las huellas del exilio, Tebar, Madrid 2008. 12. Jos Gaos, allievo di Jos Ortega y Gasset, pu essere considerato uno dei pi importanti tra i filosofi spagnoli esiliati che scelsero di trasferirsi in America Latina. Riguardo la sua vita e la sua opera ci permettiamo di rimandare al gi citato testo di Pio Colonnello, Tra fenomenologia e filosofia dellesistenza. Saggio su Jos Gaos, e alle due opere che Vera Yamuni dedica al pensatore transterrado: Jos Gaos. El hombre y su pensamiento, UNAM, Mxico 1980 e Jos Gaos, su filosofa, UNAM, Mxico 1989. 13. A. Moncls, Jos Gaos y el significado de transterrado, in J. L. Abelln A. Moncls, El pensamiento espaol contemporneo y la idea de America, cit., vol. 2, p. 37. 14. J. Gaos, Los transterrados espaoles de la filosofa en Mxico, Filosofa y Letras, Revista de la Universidad de Mxico, 36 (1949). 15. J. L. Abelln, Panorama de la filosofa espaola actual, cit., p. 123. 16. Caso drammatico , per esempio, quello di Eugenio maz che morir suicida, deluso profondamente dal perdurare del franchismo dopo la seconda guerra mondiale. Altra re-

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Come, dunque, si chiede De Llera, si pu davvero applicare a tutti gli esiliati in questione il termine di transterrado, oppure si tratta di un concetto restrittivo che, come nel caso di Gaos, si radica in unesperienza estremamente personale?17 Quanto detto non mette in ombra il merito di uno Stato, quello messicano, che si impegn nellaccogliere e permettere a tanti talenti, filosofici e non, di poter continuare a svolgere le proprie ricerche, garantendo loro quella stabilit necessaria al fine di riprendere e sviluppare il proprio lavoro. Vale, dunque, la pena di soffermarci un momento sulla peculiare esperienza di Nicol, poich in un pensiero che congiunzione di filosofia e vita,18 il rapportarsi con un avvenimento decisivo per la propria storia mostra, anche se in maniera sfocata, gi i lineamenti della propria concezione della temporalit. La domanda iniziale questa: possibile secondo Nicol considerare, come fa Gaos, la patria autentica non quella da cui si proviene come da un passato gi accaduto, mentre quella verso cui ci si dirige come un futuro da farsi?19 La risposta la possiamo trovare nel discorso che lo stesso Nicol present alla chiusura del Homenaje organizzato nel 1989 da parte dellUniversidad Nacional Autnoma de Mxico in onore dei Professori Emeriti Spagnoli rifugiatisi in Messico:

azione quella di Mara Zambrano, la quale pur tornando in Spagna, descrive lesilio come la stessa possibilit di fedelt alla propria terra, condizione che non si riferisce solo al dato storico-autobiografico: Y soy exiliada porque es la nica forma que he tenido de ser espaola, Quizs es que uno naci exiliado (Regreso de una exiliada, El Pas, 27-11-1984, p. 27). Vale la pena di riferire la ripartizione in tre categorie, riguardante gli esiliati, che Abelln fa nel suo, gi citato, Panorama de la filosofa espaola actual: 1) coloro che prestano il loro appoggio incondizionato alla causa repubblicana e, perduta la guerra, lasciano la Spagna per non farvi pi ritorno, quali per esempio Jos Gaos e Joaqun Xirau; 2) coloro che non hanno la possibilit o si rifiutano di abbandonare la patria; c) coloro che si rifiutano di partecipare al conflitto stesso emigrando dalla Spagna allinizio della guerra civile, tra questi spiccano i nomi di Ortega y Gasset e Zubiri (pp. 115-116). Lo stesso Abelln riconosce che, come ogni schema, anche la sua tripartizione non pu considerare in maniera precisa tutte le differenze esistenti tra le singole esperienze individuali degli esiliati; risulta utile, per, come riferimento generale per poi entrare nellambito dello studio particolare riguardante ogni singolo pensatore. 17. Cfr. L. De Llera, El ltimo exilio espaol en Amrica, cit., p. 21. 18. A. Snchez Vzquez, Palabras de reconocimiento a Eduardo Nicol, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 30. 19. Cfr. J. Gaos, En torno a la filosofa mxicana, Alianza Mxicana, Mxico 1980, p. 142.

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Non importa qui quello che potemmo fare o essere prima, l. Noi nascemmo nel 1939. Importa ora ci che accaduto dopo quella nascita, che ci allontanava dalla madre, con una tristezza che non avr fine n consolazione. Fu un parto doloroso. In alcuni provoc un sentimento incurabile di nostalgia. In altri, un desiderio di non pensarci pi, di rivolgersi interamente al futuro. Per qualcuno, la solitudine e il pianto produsse come un concentrarsi interiormente, una maniera di convertire la disperazione in tensione vitale, promotrice di lavoro. Il lavoro diventava lespressione del nostro ringraziamento, e allo stesso tempo unorgogliosa rivendicazione dei nostri motivi; perch la calunnia non termin con la guerra, e ci accompagn nellesilio. Insomma: era un grande desiderio quello di servire quel paese che non ci chiedeva niente, e al quale, per questo motivo dovevamo dare tutto. E fummo fedeli.20

Pur essendo comune, tra Gaos e Nicol, laccettazione del proprio destino, in questultimo permane il senso di una separazione che lacerazione non ricomponibile, che implica una nuova nascita. Non c una continuit e la patria del destino, volendo impiegare la terminologia gaosiana, non tale grazie alla continuit culturale, ma grazie allaiuto prestato, verso il quale si genera una forma di gratitudine che Nicol ben accentua in questo discorso, alla quale pu vantarsi di aver ottemperato.21 Nicol realizza in Messico quasi tutta lopera che non poteva realizzare in patria; unopera teoretica che, insieme al suo lavoro di docente allUNAM gli ha permesso di servire il paese che con tanta solidariet lo accolse, ma questo non significa che il destierro sia stato per lui un semplice trans-tierro, o trapianto da una terra ad unaltra, [] la lacerazione dellesilio non si chiude mai, n se si torna n se non si ritorna [] ci che decisivo non stare di qua o di l ma come si sta.22 La scelta di Nicol stata quella di rimanere nella patria del destino senza mai rinnegare il destierro, e, soprattutto, e forse qui si pu
20. Discorso tenuto dallo stesso Nicol e riportato in J. Gonzlez, Los maestros del exilio espaol: un modelo de enseanza, in AA.VV., Maestros del exilio espaol, UNAM, Mxico 1993, p. 9. 21. Durante la sua vita Eduardo Nicol rifiuter lofferta di trasferimento da parte dellUniversit di Yale e del governo spagnolo, motivando il rifiuto proprio con il fatto di non poter abbandonare un paese che laveva accolto rendendogli possibile la realizzazione della sua vocazione; tali notizie sono riportate in A. R. de Nicol, Eduardo Nicol. La vocacin cumplida, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit. 22. A. Snchez Vzquez, Palabras de reconocimiento a Eduardo Nicol, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 31.

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individuare la radice del suo distanziarsi dalla concezione di Jos Gaos, considerando il suo come un destierro23 molteplice. Nella gi citata intervista con Xavier Rubert de Ventos, alla domanda riguardo lesilio, Nicol risponde che si trovato in una situazione complessa vivendo contemporaneamente tre esili:
Per iniziare, lesilio manifesto di vivere in una terra diversa dalla terra in cui uno nato ed stato educato. Poi c lesilio della lingua: io non avevo scritto nemmeno una riga in castigliano durante i miei anni di Barcelona []. Scrissi per la prima volta in castigliano quando venni in Messico []. Alla fine c la questione dellesilio intellettuale o culturale, che non determinato dalla mia presenza in questo luogo chiamato Messico, ma lo stesso che, in minor grado, avrei incontrato in Spagna. Il fatto che la cultura in lingua spagnola una cultura esiliata dai centri di produzione culturale europei.24

Lesilio, dunque, non solo quello legato alla perdita della patria, al cambiamento di abitudini e costumi. Lesilio di Nicol ha una componente culturale estremamente importante che tocca non pi solo la sua esistenza. In questo che lui chiama esilio culturale implicato tutto un modo di vedere la realt e interagire con essa, che quello che si esprime in lingua castigliana. Esiste dunque un problema, e riferendoci in maniera pi specifica alla filosofia, possiamo affermare, con Nicol, che esiste un problema concernente la filosofia in lingua castigliana. Questo breve incipit riguardante il destierro conduce, dunque, a quellopera di Nicol che ci permette di dare il via alla nostra ricerca entrando direttamente in medias res attraverso un passaggio indicatoci dallo stesso pensatore: stiamo parlando del testo pubblicato da Nicol nel 1961 presso leditore Tecnos di Madrid avente come titolo appunto El problema de la filosofa hispnica.25 Sebbene questo non sia il primo testo pubblicato dal pensatore catalano, riteniamo interessante lasciarci condurre da questi scritti, successivi alla pubblicazione della Metafsica de la Expresin (1957), proprio perch elaborati da Nicol in un momento

23. Riguardo il rifiuto, da parte di Nicol, di considerarsi come un transterrado, cfr. Angel Castieira, E. Nicol: semblana dun filsofo, Barcelona 1991, pp. 150-155. 24. Eduard Nicol, pensador cataln. Dilogo con Xavier Rubert de Vents, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 21. 25. Successivamente ripubblicato in seconda edizione, nel 1998, dal Fondo de Cultura Econmica, Mxico

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in cui il proprio iter speculativo si era gi dispiegato secondo le sue fondamentali direttrici. Labbandonare la mera notizia biografica per rivolgerci direttamente allopera, non solo ci permette di ottemperare al rispetto verso le stesse affermazioni di Nicol, ma anche a quellinvito, ad esse conseguenti, della stessa doa Alicia: Caro amico lettore, ritorni ai libri, che, con miglior prosa e maggiore profitto, le faranno conoscere chi era Eduardo Nicol.26 1.1. La filosofia hispnica La questione della filosofia hispnica non si delinea, nel panorama della produzione nicoliana, come una semplice riflessione su una tematica di ordine storiografico. Il nodo problematico del testo mostra quanto questo sia qualcosa di pi di una ricognizione, ossia un tentativo di mettere in evidenza il valore della filosofia, di una riflessione che per Nicol non degna di questo termine se non si pone a quel livello che lui stesso definisce come scienza. Oltre a ci, concordando con Alberto Constante e Ricardo Horneffer, in una certa misura, potremmo dire che questopera una lunga meditazione riguardante lesilio, una lunga meditazione sulla visione di un emigrato, non transterrado, che ha adottato unaltra terra e unaltra lingua27 e che, da queste, in modo reciproco si lasciato accogliere e adottare. Seguendo il discorso che Nicol intesse attraverso le pagine di questopera possiamo incamminarci su un sentiero che conduce lungo una riflessione che riesce a unire la questione personale, potremmo dire esistenziale, dellautore, la sua origine, la sua lingua, alla questione in generale della filosofia. Come gi il titolo dellopera afferma, esiste un problema riguardante la filosofia hispnica, e bisogna dire hispnica ora, e non spagnola perch non si parla pi solo delle riflessioni dei pensatori spagnoli, ma anche di quelli ispanoamericani.28 Ma da cosa nasce questo proble26. A. R. de Nicol, Eduardo Nicol. La vocacin cumplida, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 55. 27. A. Constante, R. Horneffer, Prefacio in E. Nicol, El problema de la filosofa hispanica, FCE, Mxico 1961, p. 15. 28. Questa considerazione gi mette in evidenza il problema di una definizione della hi-

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ma? Innanzitutto dal fatto che, secondo Nicol, sembra che, per questi pensatori, non ci si possa dedicare alla filosofia senza sollevare un dibattito intorno alla questione del carcter e dello stile della filosofia hispnica. In base a ci, essa si distingue dalle altre a causa del suo curioso ensimismamiento: perch si occupa tanto di se stessa quasi di pi di quanto si occupa dei problemi filosofici.29 Crediamo sia importante notare quanto questaffermazione fatta da Nicol nel 1961 trovi riscontro ancora oggi nellambito della storiografia filosofica ispanica. Con questo non vogliamo affermare che su questa problematica sia ormai chiuso definitivamente il dibattito ma che tale questione ancora oggi di grande attualit se solo si considera che lo stesso Jos Luis Abelln, voce autorevole nellambito degli studi riguardanti la storia del pensiero spagnolo, nel dare il via alla stesura della sua storia della filosofia spagnola, trova necessario porsi, come afferma lui stesso a mo dintroduzione , il problema stesso del pensamiento espaol.30 Secondo Abelln, nel riferirsi al pensiero spagnolo, pi adeguato utilizzare il termine pensamiento che filosofia. La distinzione tra i due termini importante, poich se nella modernit si pu assistere ad un pensiero che sempre pi assume i caratteri peculiari del tecnicismo e della sistematicit, in Spagna, successivamente alla Edad Media, si manifesta un fenomeno inverso: il pensiero inizia a perdere il carattere della sistematicit, pur mantenendo la sua anima filosofica. Parlare di pensamiento, dunque, significherebbe parlare di una riflessione che anela a dare risposta ai problemi che assillano luomo, ma che non considera come metodo da utilizzare quello delle scienze esatte e soprattutto non d un posto centrale alla ragione. Al di l delle ulteriori specificazioni espresse dallo stesso Abelln onde caratterizzare sempre meglio il significato del termine, quello che ci interessa in maniera prioritaria, e che crediamo oramai sia stato messo in evidenza, che anche nellambito del pensamiento non trova posto una concezione sistematica della filosofia.31
spanidad, cosa che Nicol non tralascer di affrontare in un momento successivo dello stesso testo (cfr. PFH, pp. 107-119), su cui ci soffermeremo pi innanzi. 29. PFH, p. 43. 30. Cfr. J. L. Abelln, Historia del pensamento espaol de Sneca a nuestros das, EspasaCalpe, Madrid 1996. 31. Ivi, pp. 23-24.

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Nicol non certo a favore di una tale posizione ma, in questo caso, il riferirci ad Abelln serve solo a mostrare che nellambito della riflessione esistente riguardo la storia del pensiero spagnolo o hispnico in generale esiste un problema peculiare: quello appunto, gi detto, del carattere, dello stile. A tal proposito possiamo volgere lo sguardo su un altro pensatore, anchegli catalano, che forse pu darci qualche delucidazione riguardo tale questione: Jos Ferrater Mora. In un articolo pubblicato nel 1959,32 Ferrater Mora si pone il quesito: che intendiamo per stile di pensiero?. Le risposte che d il filosofo sono in tutto sei ma a noi interessano fondamentalmente solo quelle due che fanno da base anche per le altre: 1) uno stile di pensiero soprattutto un sistema, per in nessun modo un sistema esclusivamente composto da concetti. Intuizioni di qualsiasi indole, osservazioni varie, maniere di dire (e anche di agire), molteplici manierismi e altri ingredienti analoghi hanno il loro posto il loro posto indispensabile in tale stile;33 2) La forma normale di espressione di uno stile di pensiero il saggio [el ensayo].34 Secondo Ferrater Mora, da questo punto di vista, el estilo de pensar, si distingue dal sistema filosofico, che ha una sua metodologia precisa ed esprime una certa Weltanschauung. Infatti, lesprimersi attraverso il saggio, ma preferiremmo mantenere la parola ensayo, dato il valore che ha nella cultura ispanica,35 indica una scelta ben precisa: lensayo un modo di vedere la realt parlandone da vicino []. Nellensayo si seguono certe norme, ma non sono norme fondate nella
32. J. Ferrater Mora, Sobre estilos de pensar en la Espaa del siglo XIX, Hispanfila, 7 septiembre de 1959. Tale saggio, riveduto e in parte modificato, fu poi incluso come ultimo capitolo in Id., Tres mundos: Catalua, Espaa, Europa, Edhasa, Barcelona-Buenos Aires 1963. In questo caso ci stiamo riferendo alla versione del 1959, inclusa successivamente in Id., Variaciones de un filsofo. Antologa, Edicios do Castro, A Corua 2005, pp. 167-174. 33. Ivi, p. 168. 34. Ivi, p. 169. 35. Basti pensare alla poderosa produzione orteguiana. A tal proposito ci sembra doveroso riportare alcune delle affermazioni contenute nelle pagine che lo stesso Nicol dedica alla questione dellensayo: lensayo un artificio letterario che serve per parlare di quasi tutto dicendo quasi tutto. [] Lensayo si trova, cos, a met strada tra la pura letteratura e la pura filosofia [] quasi letteratura e quasi filosofia. Per questo, lensayo diretto ad un pubblico vasto dato che la sua lettura non richiede alcuna conoscenza specifica. A questo essere di generale fruizione corrisponderebbe la generalit dei temi trattati, e la generalit nello stesso stile con cui lensayo viene scritto. Questo significa che nellensayo non possono essere trattati i grandi problemi, o meglio, si pu dicorrere riguardo qualche grande problema, per non sopra tutti, e senza andare fino in fondo (PFH, pp. 205-206). In riferimento allensayo cfr. J. L. Gmez-Martnez, Teora del ensayo, UNAM, Mxico 1992.

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realt o in un sistema concettuale che si suppone capace di avere presa sulla realt, bens nel temperamento di chi contempla.36 Per questo secondo Ferrater Mora uno stile di pensiero non una filosofia.37 Ma cosa ne pensa Nicol? necessario, dopo questallontanamento prospettico, per guardare la questione da una certa distanza, ritornare alle parole del nostro autore. Abbiamo sottolineato come Abelln consideri valida la categoria del pensamiento al fine di descrivere il pensiero ispanico e la sua indole filosofica, pur mancante di sistematicit, e come, pur riconoscendo un valore filosofico a tale forma di pensiero (che sembra prediligere, come forma di espressione, lensayo), Ferrater Mora sia chiaro nellaffermare che non si tratta di una filosofia, sebbene in qualche modo vi afferisca. Per affrontare in maniera adeguata la questione, Nicol afferma la necessit di una chiarezza concettuale: le categorie che vogliamo utilizzare debbono essere preparate con rigore, perch ci si trova dinanzi a questioni etiche, e tutto ci che etico sempre molto confuso se non sottoposto a chiarificazione teoretica.38 In che senso la questione etica e non solo storiografica? O meglio, possibile che linterpretazione storiografica si debba riferire ad una base etica? Proviamo a seguire largomentazione nicoliana, al fine di comprendere, alla luce delle sue affermazioni, ci che ora ci appare abbastanza confuso, forse proprio perch non ancora intervenuta la suddetta chiarifcazione teoretica. Secondo Nicol, la filosofia hispnica, contiene in s un problema che riguarda lethos, un problema che si colloca a un livello pi basilare di quello in cui si prospettano le divergenze dottrinali. Ci che, dunque, si pu dire in riferimento a tale problema deve, per forza di cose, riguardare lethos filosofico della comunit, in generale, e il momento opportuno, perch il cammino della civilt sta producendo ovunque una crisi dellethos delle professioni.39 Nicol ravvisa che si sta perdendo lidea che luomo pu raggiungere leccellenza, in quanto uomo, mediante leccellenza del suo lavoro, eccellenza che dovrebbe essere il
36. J. F. Mora, Variaciones de un filsofo. Antologa, cit., p. 170. 37. Ivi, p. 171. 38. PFH, p. 44. Il corsivo nostro. 39. A tal proposito cfr. S. Santasilia, Lethos della filosofia nel pensiero di Eduardo Nicol, in G. Cacciatore, P. Colonnello, S. Santasilia (a cura di), Ermeneutica tra Europa e America Latina, Armando, Roma 2008, pp. 223-239.

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fine, lobiettivo dello stesso lavoro.40 Il filosofo, dunque, chiamato allo svolgimento del proprio lavoro, quello filosofico, in maniera tale da tendere al miglior risultato possibile, pena la possibilit stessa di fare filosofia. Ora, secondo Nicol il filosofo deve potersi esprimere con chiarezza, la chiarezza la cortesia dei filosofi, ma il rigore non pu essere sacrificato alla chiarezza nemmeno per cortesia.41 La filosofia deve affrontare i problemi con rigore, tentando, nellambito della soluzione proposta, di mirare alleccellenza. Eccellenza, questa, che non riguarda la soluzione pi comoda, ma la metodologia migliore, quella pi opportuna. La questione del perdere lidea, etica, di dover tendere a questa eccellenza risiede nella natura stessa dei problemi affrontati dalla riflessione filosofica. Come ravvisa lo stesso Nicol, i problemi non li inventa nessuno [] i grandi problemi fondamentali sono l presenti davanti a tutti, e ci interessano allo stesso modo. Non tutti sicuramente ne hanno una consapevolezza ugualmente acuta.42 Questo, fa s che anche linesperto, colui che non si dedica alla riflessione filosofica, pensi di poter dire la sua opinione riguardo tali questioni, e questo solo perch anche egli ne affetto.43 Qui, entra in gioco la questione della chiarezza a svantaggio del rigore, per cui acquista popolarit maggiore il filosofo le cui idee sono pi accessibili, anche se non sono le pi valide.44 Questo, che sembra, e forse anche, un tentativo di difendere la propria riflessione, caratterizza per Nicol un problema importantissimo che permette alla filosofia di abbandonare una ricerca fondamentale, che rivolge il suo sguardo al problema del fondamento, e di fermarsi in zone mediane o addirittura di periferia. Una volta chiarito questo problema, una volta mostrato come compito della filosofia quello di andare pi a fondo possibile nellambito di quei problemi che possiamo definire come fondamentali (che riguardano tutti gli uomini), che dovrebbero costituire il solo oggetto della ricerca filosofica, possibile

40. PFH, pp. 47-48. 41. PFH, p. 51. 42. PFH, p. 52. 43. In maniera acuta Nicol sottolinea che da questa condizione la filosofia riceve una forma di omaggio, inconsapevole e distorto, ma molto sincero, PFH, p. 53. Il corsivo nostro. 44. Ibidem.

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rivolgere di nuovo il nostro sguardo alla questione particolare della filosofia hispnica. Dunque la domanda va portata pi a fondo. Che significa dire problema della filosofia hispnica? Esiste un problema filosofico che i pensatori ispanici prediligono e trattano rispetto a tutti gli altri? Chiaramente non si tratta di questo. Per chiarire di cosa si tratta, Nicol invita a spostare la nostra attenzione dal termina problema a quello hispnica, o meglio allispanico.45 Che cosa significa tale lemma? La definizione non sembra costituire un problema: la si stabilisce per larea linguistica o, se si vuole precisare meglio, per la zona che abbraccia la famiglia delle lingue ispaniche.46 Gi ci rendiamo conto, per, che in realt non stiamo parlando solo di questo, ma di qualcosa di pi, qualcosa di speciale, peculiare e distintivo. Ed proprio questo che, secondo Nicol, costituisce il problema: la distinzione.47 Giunti a questo punto, ci permesso gettare uno sguardo, anche se mantenendoci ancora in periferia, al nucleo della sua riflessione. Riguardo la distinzione, il pensatore catalano riconosce che ogni zona in base alla lingua che vi si parla si caratterizza per delle specifiche modalit culturali, infatti in quanto lessere espressione, nessun essere umano pu parlare in in una forma distinta senza essere distinto.48 Questa per Nicol, una semplice evidenza metafisica, e tutti ci basiamo implicitamente su di essa. Vale la pena di riportare lesempio che, a verifica di tale evidenza, propone lo stesso Nicol: quando ci rechiamo in visita in un paese straniero speriamo sempre di incontrare una differenza, rispetto al nostro, per quanto riguarda la cultura e lo stile di vita, in modo particolare se si tratta di un popolo che si esprime in una lingua diversa dalla nostra; ci infastidiscono le similitudini e sentiamo che la variet e le singolarit a noi estranee ci arricchiscono. Tale esempio addotto a dimostrazione di quanto facilmente riconoscibile sia levidenza metafisica che espressione differente corrisponde ad essere differente. In realt, per comprendere appieno affermazioni quali queste bisogner attendere di entrare nel nucleo centrale
45. PFH, p. 55. Si pu iniziare a riscontrare, da parte di Nicol, una certa attenzione di Nicol nei confronti della questione della hispanidad, anche se solo ad un livello di ricognizione, senza entrare ancora nel merito della questione. 46. Ibidem. 47. Ibidem. 48. Ibidem.

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dellopera di Eduardo Nicol. Per ora accontentiamoci del fatto che gi in queste poche frasi possiamo scorgere qualcosa di importante, innanzitutto riguardo la concezione che tale filosofo ha della questione dellessere e del suo legame con lespressione.49 Ritorniamo intanto alla questione della distinzione, laddove Nicol ravvisa che una cosa essere distinto ogni essere distinto e cosa differente questo modo peculiare di essere, che consiste nel non essere come gli altri.50 Cosa vuole intendere Nicol con questa affermazione? Il punto di partenza che adotta lo stesso pensatore che la scienza uguale ovunque. La scienza una lingua universale e non presenta, in quanto scienza, differenze peculiari da un paese allaltro,51 anzi supera le frontiere proprio in quanto non ha peculiarit derivanti dalla sua nazionalit. In base a quanto detto, la possibilit dellesistenza di una comunit scientifica garantita non solo dalluniformit del sistema simbolico utilizzato, ma dallunit della realt stessa,52 senza la quale lo stesso sistema simbolico non potrebbe essere realmente universale, cio univoco. Per questo, dunque, quando si parla della scienza spagnola o della scienza francese si intende con questa formula il contributo spagnolo o francese alla scienza comune, universale.53 Se allora quando diciamo filosofia hispnica pensassimo al contributo che i paesi di lingua ispanica hanno, o continuano ad apportare, alla filosofia universale, non ci sarebbe alcun problema, anzi la questione sarebbe definitivamente risolta, eppure il problema persiste. Questo, perch vi tra i filosofi ispanici una coscienza pi o meno vaga di ci che si chiama non essere come gli altri. Alcuni la posseggono perch contribuiscono essi stessi alla peculiarit distintiva; altri perch deplorano questa peculiarit.54 A questo punto, se esiste tale coscienza, e noi abbiamo considerato che non si tratta di una semplice questione di localizzazione geografica, si rende necessario chiedersi, se oggetto di
49. Problematica che sar esposta nella sua esaustivit nella, gi citata, opera cardine del pensiero di Eduardo Nicol, La metafsica de la expresin, della quale ci occuperemo nellultimo capitolo di tale volume. 50. PFH, p. 55. 51. Ibidem. 52. PFH, 56. In tale affermazione si mostra ormai il chiaro intento fondativo del pensiero di Eduardo Nicol, una riflessione alla ricerca dello zoccolo duro del reale, della realt come base su cui edificare ledificio delle scienze. 53. Ibidem. 54. Ibidem.

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tale problema proprio la peculiarit di tale filosofia; dunque, in che consiste questo elemento tipico della filosofia hispnica?. Finora il tentativo di Nicol era stato quello di porre la questione nellambito di una filosofia intesa come universale, come scienza55 e allo stesso tempo come una ricerca che risponde ad un suo ethos radicato in un ethos universale, quello umano.56 Se la nostra attenzione, per trovare una soluzione alla questione della filosofia hispnica, ci porta a spostarci dalla dimensione delluniversale per rivolgerci al tipico, allhispnico nella sua particolarit, siamo gi fuori dal dominio di una filosofia intesa come scienza. Dunque Nicol si chiede come possibile che le tipicit attecchiscano, come piante parassite, al corpo puro della scienza filosofica?57 Il problema nasce dal fatto che il termine filosofia ha una portata semantica vasta, quanto il mantello della Vergine, e copre ogni genere di peccato intellettuale.58 Risalendo alla sua origine greca, filo-sofia amore per la saggezza59 e amore per i Greci attrazione verso ci che non si ha, non si possiede.60 Ma se filosofia , dunque, attrazione
55. La questione della scienza e del suo fondamento, Nicol lo affronta, in maniera introduttiva, in HE, dove appunto viene rimessa in gioco la problematica del dominio delle scienze naturali e di quelle dello spirito e del loro comune fondamento; in maniera specifica ne Los principios de la ciencia, FCE, Mxico 1965). 56. interessante, a questo punto, notare che se la filosofia risponde ad un ethos, quindi ad un complesso di responsabilit nei confronti delluomo (che per Nicol si esplica nei confronti della comunit), nellambito della speculazione nicoliana sarebbe possibile individuare anche, latente, una forma di etica della scienza che in termini odierni avrebbe anche conseguenze di stampo bioetico, cio una costellazione di valori che determinerebbe le possibilit o meno dellautentico cammino scientifico. Cfr. a tal proposito J. Gonzlez, Genoma humano y dignidad humana, Anthropos, Barcelona 2005 e L. Sagols, Interfaz biotica, Fontamara, Mxico 2006. 57. PFH, p. 56. 58. Ibidem. 59. Riguardo la traduzione del termine sabidura preferiamo distaccarci dalla lezione del traduttore italiano, che traduce con sapere, e utilizzare il termine saggezza che ci sembra conforme, come si mostrer nelle pagine successive, allidea di filosofia elaborata dallo stesso Nicol. In ogni caso, importante tenere ferma la distinzione tra i termini sabidura e sapiencia. In realt in questi passi Nicol, pur utilizzando quasi sempre il primo termine, si serve del secondo solo due volte non differenziandone il significato (El problema de la filosofa hispnica, cit., p. 39 e p. 197). Per questo motivo abbiamo preferito mantenere la traduzione saggezza, onde eliminare qualsiasi possibile rinvio, anche implicito, ad una concezione di tipo religioso-sapienziale. 60. Eros amore di nulla, oppure di qualcosa? Certamente di qualcosa, Questa cosa soggiunse Socrate tienila per te e cerca di ricordarti che cosa sia. Dimmi invece questo: Eros desidera o no la cosa di cui egli amore? Certamente, rispose, E forse pro-

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verso una saggezza che non si possiede, significa che esisteva gi una sopha, che precede la stessa filosofia. , pero, vero che la filosofia, al suo nascere, non si mostr da subito come amore per una saggezza gi esistente e ben conosciuta, bens si manifest come una nuova forma di saggezza, la cui essenza consisteva precisamente nella ricerca, nella phila, se volete, nellamore. Ma di che amore stiamo parlando? Lamore per la verit61! Ritorna, proprio in chiave socratica,62 la questione etica come inseparabile da quella teoretica. Se prima abbiamo parlato di eccellenza, ora possiamo vedere che leccellenza si manifesta, nella filosofia, proprio come ricerca della verit, delle condizioni fondamentali. Se manca tale ricerca non si pu affermare di stare svolgendo il proprio compito filosofico nella maniera corretta, quindi, non lo si sta svolgendo affatto. La ricerca della verit, in quanto amore per la verit, appannaggio solo di coloro che sentono questo amore, quindi che sentono la mancanza della verit, che sanno di non possederla: la ricerca si intraprende a mani aperte, simbolo di penuria e di speranza; e osservate con quale frequenza colui che possiede o crede di possedere la verit chiude questa mano per assicurarsene il possesso. La mano chiusa chiamata pugno, e questo gi un simbolo di aggressione.63 La filosofia deve partire da un vuoto, il vuoto generato dallamore per la verit, amore che mostra il nostro non possedere la verit e la nostra conseguente ricerca di essa. Cos, il cammino della ricerca filosofica non pu essere cammino di scontro tra verit possedute, intese come beni da difendere contro un possibile usurpatore, bens un cammino fatto di incontro, di possibilit

prio possedendo ci che desidera e ama, di conseguenza lo desidera e ama, o invece non possedendolo? Non possedendolo, come verosimile, rispose, Considera allora prosegu Socrate , se anzich verosimile, non sia proprio necessario che ci che ha desiderio abbia desiderio di ci di cui mancante, e invece non abbia desiderio se non ne sia mancante. Io, o Agatone, ho la piena convinzione che sia necessario. E a te come pare? Pare anche a me, rispose (Platone, Simposio, 199C-200C, in Id., Tutti gli scritti, Rusconi, Milano 1994, p. 508). Riguardo lidea di phila legata a quella di disinteresse cfr. E. Nicol, El porvenir de la filosofa, FCE, Mxico 1972, p. 8. 61. PFH, p. 57. 62. Semplicemente a mo di suggestione segnaliamo un autore che ci sembra assumere una prospettiva simile per quanto riguarda limpostazione socratica della sua riflessione: si tratta di Miguel Garca Bar, che elabora tale punto di partenza nelle sue opere De Homero a Scrates, Sgueme, Salamanca 2004 e Filosofa Socrtica, Sgueme, Salamanca 2005. 63. PFH, p. 57.

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di confronto, di mani aperte e cariche di speranza che, proprio perch aperte, possono stringersi. Tale cammino, lautentico cammino della ricerca filosofica si chiama appunto ricerca, e si connota, dunque gi dal suo nascere, come una nuova saggezza che consiste nella conoscenza metodica delle cose cos come sono. Questo ci che si intende per scienza.64 In tale tipo di conoscenza si manifesta quello che Nicol definisce un genere singolare di virt, consistente nel porsi di fronte alle cose per conoscerle in maniera disinteressata senza intenzione di lucro o beneficio utilitaristico. Questa virt filosofica permette di rapportarsi alla verit intesa come bene comune, una verit che non trova posto nellespressione di unopinione personale, ma che aspira ad esprimere la cosa stessa cos come . Tale aspirazione la phila stessa che costituisce il nostro rapporto alla verit, quellamore per la verit che, a parere di Nicol, sufficiente al fine di eliminare dallambito della scienza sia la menzogna che larbitrariet, le quali sono sempre pertinenti ad un ambito soggettivo. In questo amore per la verit, phila che spinge disinteressatamente alla ricerca della possibilit di dire la realt cos come , si manifesta una veracidad irresistibile e larbitrariet si arrende dinanzi allappello comune appellarsi alle cose stesse.65 Lamore per la verit consiste nel richiamarsi alle cose stesse, questa la scienza, e questa, dunque la filosofia: se fossimo cos fedeli a noi stessi come nostro dovere, diremmo che la filosofia la scienza, lunica scienza reale o possibile. Le altre scienze, quelle particolari, che hanno come oggetto una parte della realt, non sono che manifestazioni particolari di questo unico, radicale desiderio di verit al quale fu dato il nome di filosofia.66
64. Ibidem. 65. Ibidem. Sembra, qui, di essere di nuovo di fronte alla parola dordine della fenomenologia husserliana, a quel grido, andare alle cose stesse (cfr. lintroduzione delle Logische Untersuchungen [1900]), che costituisce il manifesto della speculazione del fondatore della fenomenologia. Sicuramente lintento di Nicol quello di lasciarsi interrogare dal reale e non di proporre schemi costruiti in maniera astratta da calarvici su; per questo si pu affermare che la riflessione nicoliana non estranea al richiamo di Husserl, che autore peraltro studiato dallo stesso Nicol (a questo proposito cfr. CRS, pp. 153-178, dove si pone la questione del metodo). 66. Ibidem. Oltre qualsiasi tentativo di divisione delle scienze, Eduardo Nicol propone la filosofia come base di partenza di qualunque atteggiamento che voglia definirsi come scientifico. La realt si d in quella phila che amore per la verit, vale a dire rapporto in cui, proprio perch disinteressato, si realizza la conoscenza della cosa cos come . La phila,

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La filosofia, dunque, possibilit e fondamento delle scienze particolari: si distingue da queste ultime perch non solo scienza. Il fatto che la filosofia fosse etimologicamente leggibile come amore per la saggezza, implica lesistenza di una saggezza che dovesse precedere la filosofia stessa, antica sophia che non viene meno con il nascere della riflessione filosofica, anzi prosegue con forza nuova e si incorpora al nuovo sapere, quello scientifico. In quello che Nicol chiama il recinto della filosofia, possibile incontrare affermazioni scientifiche e non; sta a noi distinguerle, ma tale distinzione gi in s unoperazione filosofica. Il discorso nicoliano sembra divenire oscuro: la filosofia scienza eppure ammette in s affermazioni non scientifiche che vanno distinte dalle prime. Per comprendere meglio queste affermazioni necessario proseguire lungo litinerario tracciato da Nicol, per il quale non esiste un criterio comune per effettuare la suddetta distinzione e questo rivela che la saggezza non sempre scientifica, anche la scienza una forma di saggezza.67 Questa saggezza non scientifica si mostra come un insieme di esperienza, previsione, misura, giustizia, fortezza, temperanza. Una tempra che non si pu insegnare nellambito accademico perch vi sono uomini pi disposti che altri ad acquisirla, e il cammino della sua acquisizione il cammino della vita.68 Coloro che detengono questa saggezza sanno essere buoni consiglieri e per questo hanno il dovere morale di dare consigli affinch tale saggezza possa cos divenire un bene comune. Il fatto che non si riconosca pi il valore di questa saggezza per Nicol indice di un momento di crisi dellumanit tutta,69
dunque si incontra come nucleo essenziale in tutte le scienze, ma essa appannaggio, essenza della filosofia, che risulta allora essere la scienza, sulla quale si possono innestare tutte le altre (cfr. E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., pp. 9-93). 67. PFH, p. 58. Per le stesse ragioni indicate alla nota 58, anche qui preferiamo distaccarci dalla traduzione italiana che, in questo caso, riporta sapienza come traduzione del termine spagnolo sabidura. 68. Ibidem. 69. molto interessante, e a nostro parere estremamente importante, notare che le caratteristiche che Nicol ha attribuito a tale saggezza, oltre a ritrovarsi come elementi costituenti quello che lui stesso definir come senso comune, necessario alla stessa realizzazione della ricerca filosofica, sono riscontrabili in una caratteristica tutta catalana che assume il nome di seny. Il seny si presenta come una forma di vita essenziale [bsica], e vivere secondo seny significa vivere in maniera sensata, non sacrificare la propria vita solo ad un desiderio. Tale forma di vita implica la prudenza, il dominio di s, la lucidit (pi per giungere a chiarezze accessibili che per discendere in insondabili profondit), la di-

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specie se tale saggezza non viene riconosciuta dal filosofo, il quale nella sua forma ideale, dovrebbe riunire in s la saggezza del saggio e la saggezza dello scienziato. Questo perch, Nicol lo afferma con risolutezza, non si d scienza senza saggezza e il problema della scienza di oggi consiste proprio nella sua mancanza di saggezza.70 Separare saggezza e scienza dunque una barbarie, non solo metodologica ma anche metafisica, anzi metodologica proprio perch metafisica. Essendo tale saggezza formalmente indefinibile, perch basata su una sorta di esperienza di vita o meglio aderenza alla vita,71 non ci permette di comprenderla in maniera concettuale e da ci sorge il rischio di confonderla con la mera opinione. A questo problema non c rimedio, in quanto la saggezza non scientifica non pu essere scientificizzata: certo che la falsa saggezza si confonde con la saggezza [autentica]. La falsa gi non saggezza, sebbene le assomigli, e ha un nome specifico: sofistica.72 La sofistica non da sottovalutare data la sua capacit di confondersi, in base ad una sorta di somiglianza, con la saggezza e con la scienza. proprio questa somiglianza a darle di diritto un posto nellambito della storia della filosofia, come filosofa enferma.73 Tale infermit non consiste nel suo essere un genere particolare, n un errore di raziocinio, che se cos fosse sarebbe facile distinguerla dalla filosofia tout court. Il suo essere inferma, ma pur sempre
screzione, un sapere che discorre, ma secondo una specie di discorso che affonda costantemente le sue radici nella realt. Il seny non si riduce a nessuna di queste componenti ma le contempera tutte, un opporsi allentusiasmo gratuito e alla disdegnosa indifferenza [], ostilit al puro ragionamento e alla mera esperienza []. Significa, soprattutto quello che si suole chiamare entereza [] non si tratta di una facolt, ma di una actitud, vale a dire, un modo di essere (J. Ferrater Mora, Las formas de vida catalana, Alianza Editorial, Madrid 1987, pp. 31-41, il corsivo nostro). 70. PFH, p. 59. 71. Nicol afferma: Bisogna essere gi un po saggi per imparare a distinguere il saggio, PFH, p. 59. Questa sentenza, che sembra la descrizione di un circolo che si chiude su se stesso, letta con pi attenzione rivela il suo nascondere una questione fondamentale, peculiare della riflessione nicoliana: il legame individuo-comunit, per il quale non possibile partire da una condizione che non contempli lindividuo come gi inserito in qualche forma di dimensione comunitaria, nella quale apprenda attraverso la tradizione e la scienza il giusto esercizio del pensiero. Tutto ci rimanda, a monte, al fatto che in qualsiasi momento della propria storia, luomo in situazione o meglio in una situacin vital, il che significa in relazione a tutto ci che lo circonda (avremo modo di affrontare la tematica in maniera specifica nel capitolo seguente). 72. PFH, p. 59. 73. PFH, p. 60.

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filosofia, spiega quellalone di prestigio che, a partire da Protagora e Gorgia, circonda tutti gli autentici sofisti di ogni tempo. La sofistica come una possibile degenerazione dellautentica filosofia, per cui non pu essere affrontata da questultima come un agente esterno, ma va curata74 come una sofferenza organica nel proprio corpo ammalato.75 La cura in questione, per, non scientifica perch, come abbiamo prima ravvisato, la sofistica si muove tra scienza e saggezza assomigliando ad entrambe. Secondo Nicol, resta solo la possibilit di confidare ottimisticamente nel fatto che il maggior numero possibile di uomini si liberi da tale infermit, e che siano molti quelli che prendano misure preventive contro di essa. Urge una precisazione: ci si pu chiedere come mai non possibile affrontare la sofistica dal punto di vista scientifico, al fine di mostrarne il carattere di infondatezza. Non bisogna dimenticare che la sofistica assomiglia anche alla saggezza, che stata connotata come capacit di aderenza alla vita e che si apprende vivendo. Grazie a questa somiglianza la sofistica mantiene un aspetto vitale, anche se inautentico, per il quale si mostra non solo convincente dal punto di vista concettuale, ma anche ben radicata nellesistenza: le idee sofistiche sono corrosive dellethos comune, e per questo debbono essere giudicate a livello etico pi che a livello intellettuale.76 Se la saggezza e la scienza non possono essere separate perch sia dia scienza in maniera autentica (resta ancora da vedere in maniera pi precisa di che saggezza stiamo parlando e in che maniera si incorpora alla scienza), allora la sofistica non potr mai essere affrontata solo dal punto di vista concettuale perch affonda le sue radici nella stessa scienza autentica, o meglio si mostra come una degenerazione delle sue radici. In base a quanto detto finora, possiamo chiederci che posto ha, dunque, la filosofia hispnica; in che posizione si colloca rispetto alla filosofia finora descritta? La filosofia hispnica un tipismo, frutto della meditazione riguardante il proprio essere, che accentua una determina74. PFH, p. 61: Pi che una lotta si tratta di una cura (cfr. anche E. Nicol, El porvenir de la filosofa, cit., pp. 230-244 e Id., Ideas de vario linaje, UNAM, Mxico 1990, pp. 158-159). Riguardo la particolare relazione tra sofistica e storia della filosofia cfr. B. Cassin, Leffetto sofistico. Per unaltra storia della filosofia, Jaca Book, Milano 2002. 75. Ibidem. 76. PFH, p. 60.

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ta distinzione tra i caratteri peculiari storici secondo i quali si sviluppata generalmente una tradizione di pensiero, ma sempre sullo sfondo di quella che lo stesso Nicol chiama la grande histoire77 della filosofia. Tale tipismo, nasce dalla ricostruzione e messa in sistema di determinate opinioni che riguardano i suddetti caratteri peculiari. Tale sistema, secondo Nicol, non ascrivibile alla scienza, ma ideologa,78 e sarebbe superfluo richiamare lattenzione sullimportanza che che hanno avuto e che hanno nel corso della civilt quel genere di sistemi.79 A questo punto il giudizio di Nicol si fa abbastanza duro: tutta la filosofia politica ideologia. E non solo, dellideologia fanno parte anche tutte quelle costruzioni concettuali che non sono radicate nella realt, pur mostrando, nella loro genesi, la genialit degli autori. La stessa sorte riservata ai grandi saggisti, i quali hanno collegato tra loro varie idee senza costituire un vero e proprio sistema, spinti dal fatto che un fatto [] suggerisce lidea e il desiderio di manifestarlo [] ma lo stimolo dellidea si esaurisce nellespressione, e lespressione non ha seguito.80 Possiamo chiamarli tutti filosofi, ma chi rappresenta nella maniera pi autentica la filosofia? Chi si trova nel fulcro stesso della sua grande

77. PFH, p. 63. Cfr. J. Gaos: il sapere della storia della filosofia pone il problema delle relazioni tra la filosofia e la sua storia come problema essenziale della filosofia, come problema della essenza stessa della filosofia (Confesiones profesionales, FCE, Mxico 1979, p. 115). Nonostante le differenze che separano le riflessioni di Nicol dal pensiero di Jos Gaos ci sembra che questaffermazione mostri una certa comprensione affine del legame della filosofia con la sua storia e della necessit di parlare della storia della filosofia secondo una corrispondenza di questa con lessenza stessa della riflessione filosofica. Per quanto riguarda il confronto Gaos-Nicol, si possono confrontare i seguenti testi: J. Gaos, De paso por el historicismo y existencialismo, Cuadernos Americanos, n. 2 (1951), incluso poi in Id., Obras completas, IX (Sobre Ortega y Gasset y otros trabajos de historia de las ideas en Espaa y la America espaola), UNAM, Mxico 1992, pp. 233-246 ; Id., De paso por el historicismo y existencialismo. Parerga y paralipomena, Filosofa y Letras, nn. 43-44 (1951), incluso poi in Obras completas, IX, cit., pp. 247-396 ; E. Nicol, Otra idea de la filosofa. Respuesta a Jos Gaos. Cuadernos Americanos, mayo-junio 1951, incluso poi in Id, La vocacin humana, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes, Mxico 1996, pp. 313-322; Prosigue el dilogo, in Id., La vocacin humana, cit., pp. 323-340. 78. Nella terminologia nicoliana, il termine ideologa non ha di per s unaccezione negativa, se non quella di non essere scienza. Ha la sua funzione di indagine particolare, costituita da idee non fondabili dal punto di vista scientifico collegate in modo da costituire una teoria. 79. PFH, p. 62. 80. Ibidem.

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histoire?81 E la filosofia hispnica? Questultima non ha un sito su questasse ed , come altri generi, considerata come costituita da stili marginali: quando non vi una tradizione filosofica in una zona culturale determinata o meglio: quando questa tradizione stata interrotta la caratterizzazione di una filosofia deve essere fatta attraverso gli stili che in essa predominano in ambito locale e temporale. un fatto storico che a predominare in alcune situazioni sono gli stili marginali.82 Quando ci avviene, la filosofia inizia a riconoscersi solo nel suo differenziarsi assumendo come costituente la sua identit il gi citato non essere come gli altri. Eccoci, dunque, giunti alla conclusione della strada su cui ci ha condotto, seguendo sentieri a volte impervi, il pensiero di Nicol: a riconoscere lo hispnico come un carattere che ha sicuramente la sua importanza nellambito di unindagine che pu essere di tipo sociologico o politico, ma che non ha diritto di residenza nellambito del discorso filosofico, di una filosofia che scienza. Se la peculiarit di un pensiero il suo tipismo, allora la prima conseguenza sar la mancanza di universalit che corrisponde allassenza della stessa scienza. Questa attenzione verso il tipismo, definito anche ensimismamiento, per accentuarne il carattere positivo riguardante la ricerca della propria identit, e qualcun altro ha deplorato come provincialismo, pu avere un certo valore, come abbiamo gi notato, ma non deve toccare il pensatore nel suo fare filosofia: il filosofo pu legittimamente occuparsi di temi attuali e circostanziali per il bene comune, con una chiarezza di idee e stile che li renda comprensibili a tutti []. La filosofia prodotta in questo modo per ideologia, apparter al genere saggio [ensayo]. Nessuno deve immaginare che la scienza si faccia in questo modo.83 E non si pu fare scienza cos perch in questo caso, il filosofo scrive per il circondario, pensando pi ai lettori che ai problemi.84 Se davvero il lettore diviene pi importante del problema, sar necessario fare presa su di lui e la scrittura tender a sedurre e non pi ad esprimere la realt cos come . La filosofia acquista il carattere della
81. PFH, p. 63. 82. Ibidem. 83. PFH, p. 145. Lobiettivo di tale polemica evidente, chi incarna tale modo di fare filosofia per Nicol Ortega y Gasset. Non a caso il paragrafo in cui si trova tale affermazione si intitola La fase orteghiana [La etapa orteguiana]. 84. PFH, p. 63.

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seduzione, ma questo non deve affatto accadere, o meglio, non deve accadere se tale seduzione dettata dalle necessit del lettore. Linteresse che la filosofia deve generare un interesse conseguente al compito della stessa ricerca, un interesse per la verit. La filosofia richiede disciplina, e il fatto che risulti difficile e criptica per qualcuno significa che quel qualcuno non ha la vocazione alla ricerca filosofica. Dunque, afferma Nicol in prima persona, non comprendo la ragione per la quale la filosofia dovrebbe nascondere il suo umore schivo, e presentarsi truccata di lirismo per sedurre con tale artificio chi spontaneamente non prova attrazione verso di essa.85 La solitudine della scienza filosofica non altezzosit. pudore o diffidenza, intesa qui come estrema prudenza nel dare per scontato determinate affermazioni e metodologie. Lideologia, dunque, pu pensare al favore del pubblico, mentre la filosofia non deve affatto preoccuparsene. Non pu relazionarsi, nel suo stesso procedere, alla variet dei gusti, la filosofia deve procedere come scienza e scienza negazione del relativismo, del soggettivisimo e del prospettivismo, del personalismo inteso come supremazia dellio. La scienza , in una comunit razionale, un ordine fondato su principi oggettivi. Laccettazione di questordine razionale (e di ci che esso rappresenta per il rigore e la validit del pensiero, per la conoscenza adeguata della realt e, infine, per la concordia nella convivenza umana) lethos della vocazione filosofica.86 La filosofia dunque, e siamo al punto di partenza, vocazione, e in quanto tale manifesta un ethos che consiste nella ricerca della verit intesa come universalit a partire dalle cose stesse: la comunit razionale della scienza non dipende dalla coincidenza testuale delle dottrine, ma dal metodo che si utilizzato per formularle e dallethos che ha informato in tutti i casi le ricerche preliminari: quellethos secondo il quale ci che importa la verit, non chi la proclama, e la verit si cerca nelle cose reali, davanti alle quali la ragione personale si deve sempre inchinare.87 La filosofia come scienza, di cui parla Nicol, ormai ha un senso chiaro: non si tratta di quella ricerca che tratta questioni relative alla scienza naturale, ma che studia qualsiasi problema con il metodo pro85. PFH, p. 147. 86. PFH, p. 154. 87. PFH, p. 156.

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prio della scienza prima, in particolare i problemi riguardanti i principi.88 La filosofia, come si detto, non pu sedurre ma convincere e questo fa s che essa non possa perdere il suo rigore metodologico ed espressivo. Questa convinzione, che viene confermata a Nicol dalle sue ricerche, ha origine nella sua formazione intellettuale. Eppure, la tradizione in cui si colloca Nicol non la stessa tradizione ispanica che lui accusa di tipismo? In parte si, in parte, per, la tradizione catalana ha dei caratteri specifici di cui lo stesso Nicol riconosce il peso e che considera fondamentali nel modo di condurre la ricerca filosofica. Ci rivolgiamo, dunque, alla questione dibattuta della Escuela de Barcelona, non prima, per, di esserci soffermati en passant sulla problematica de la hispanidad al fine di portare a compimento la nostra analisi della questione ispanica. 1.2. La hispanidad Non so se devo ricordarvi, prima di addentrarmi nella materia, che queste disquisizioni sulla filosofia ispanica non possono essere altra cosa che ideologia.89 Chiare e precise, le parole di Nicol ci ricordano ci che ormai gi ci familiare ma che va sempre tenuto presente al fine di esercitare in maniera autentica la vocazione filosofica. necessario che, pur essendo concatenate in maniera chiara e sequenziale,90 le riflessioni riguardanti la problematica della hispanidad non pretendano di mostrarsi come una teoria scientifica, e questo in base al fatto che non possibile stabilire un punto di partenza preciso dal quale inizare a riflettere su tale argomento. Nel caso dellideologia ci si trova di fronte allopinione, ad una serie di affermazioni sviluppatesi lungo il corso della storia riguardante lAmerica Latina, storia che si mostra come un continuo susseguirsi di tentativi di costituzione di una propria identi-

88. PFH, p. 120. 89. PFH, p. 64. 90. Bisogna, infatti, precisare che ci che non scienza non per forza lasciato allarbitrariet, anzi anche lideologia ha una sua coesione e coerenza interne che le permettono di mostrarsi come un ragionamento convincente. Sofistico, come si detto, sarebbe per tentare di far passare come scienza una riflessione che appartiene al campo dellideologia (cfr. PFH, p. 113).

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t.91 La ricerca di questa ha spinto lo sguardo verso le origini, fino a focalizzare la propria attenzione sulla cultura precolombiana. Chiaramente, non possibile parlare di America Latina senza tenere in considerazione lelemento indigeno che vi viveva prima dello giungere degli europei, vi convisse e che, anche se solo come minoranza, ancora oggi vi vive. La domanda di Nicol , perci, rivolta a considerare il valore di questo elemento indigeno. Di sicuro, la riscoperta di tale componente identitaria conduce allidea di unorigine nella quale possibile ritrovare un ethos comune, che poi il terreno nel quale si radica e dal quale germoglia la pianta dellidentit. Ma la componente indigena, lo indgena, pu essere davvero ci che costituisce lethos comune? Dal punto di vista della razza evidentemente no, e dal punto di vista della cultura? Lidea, come afferma Nicol, sembrerebbe accettabile ma non rispecchia i fatti cos come sono: non ci dato sapere in che maniera si sarebbe potuto sviluppare linsieme multiforme della cultura indigena; per certo che tale sviluppo ebbe il suo arresto nel XVI secolo e ora la nostalgia di ci che sarebbe potuto essere e non stato qualcosa di artificiale, non entra nella valutazione di quello che e che pu essere.92 La conquista spagnola provoc tale arresto nello sviluppo della cultura indigena, ma la ragione di ci non va cercata tanto nella violenza o volont di dominio dei colonizzatori quanto in quello che Nicol definisce come il rispetto connaturale che i colonizzatori mostrarono verso i colonizzati, vale a dire la totale indifferenza dello spa91. interessante notare che il volume in cui Carlos Beorlegui tenta di tracciare il percorso compiuto dalle varie correnti di pensiero costituitesi e sviluppatesi in America Latina abbia come titolo Historia del pensamiento filosfico latinoamericano. Una bsqueda incesante de la identidad (Universidad de Deusto, Bilbao 2004). Nellintroduzione lo stesso autore riconosce che la storia della cultura ispanoamericana si connota come unossessiva ricerca della propria identit, considerando questa ricerca come il leitmotiv della riflessione dei pi significativi esponenti del pensiero ispanoamericano: lossessione dei pi interessanti pensatori iberoamericani sempre stata quella di trovare la propria identit e il proprio posto nellambito della cultura universale, [] tentando ci che gli intellettuali della generazione romantica denominarono come seconda emancipazione. [] non c dubbio che costitu uno stimolo persistente e profondo per la riflessione, responsabile delle migliori pagine del pensiero della storia culturale iberoamericana (pp. 23-24). Esempi lampanti e letterariamente estremamente interessanti di una ricerca della propria identit, la quale si incrocia con il desiderio di legare tale identit a quella delluomo nel suo sviluppo storico universale sono, nellambito della cultura messicana, lopera di Octavio Paz, El laberinto de la soledad (1950), quella di Jos Vasconcelos, La raza csmica (1925) e quella di Leopoldo Zea, La filosofa Americana como filosofa sin ms (1980). 92. PFH, p. 107.

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gnolo nei riguardi della questione razziale.93 La violenza e i soprusi che hanno accompagnato la colonizzazione sono, per Nicol, componenti chiaramente condannabili dal punto di vista morale, ma non considerabili come fondamentali ai fini della valutazione complessiva della vicenda.94 Sembra che tutto possa essere giustificato da quellintenzione puramente spirituale di elevare qualsiasi essere umano ad un livello di vita humanizada, anche la completa distruzione di una cultura autoctona. Tale integrazione, nella quale si vanno fondendo il mondo indigeno con quello spagnolo, getta le basi di un nuovo ethos, espressione della realt ispano-americana, basi che non sarebbero esistite se si fosse mantenuto il falso rispetto di un differenziazione, e senza le quali non sarebbe possibile parlare oggi di un ethos comune a tutta la famiglia ispanica.95 La com-unit, secondo Nicol, fu realizzata dallinizio, dallo stabilirsi della colonia, ed effettu un livellamento storico a partire
93. Ci rendiamo conto che questaffermazione potrebbe sollevare pi di un dubbio e di una critica. In realt, proprio per il valore di ideologia che Nicol accorda a tali riflessioni non ci interessa andare al fondo della questione, semplicemente va precisato che il punto di vista nicoliano, sebbene problematico, riesce comunque a dare ragione della famosa disputa avvenuta tra Bartolom de Las Casas e Gines Seplveda a proposito del modo in cui trattare gli indigeni. La questione, affrontata poi nella famosa Junta de Valladolid e nellambito della redazione delle Leyes Nuevas, pu infatti essere riportata proprio al fatto che i colonizzatori considerassero giusto elevare glindigeni ad un livello superiore di civilt. Chiaramente tutto ci si manifesta ai nostri occhi come mancanza di rispetto, mentre la lettura nicoliana considera il rispetto come il motore che permette alla colonizzazione di diffondere una nuova cultura che, integrandosi con quella indigena, dar vita allidentit ispanoamericana. Il problema, a nostro parere, sta nellinterpretazione che possiamo dare della parola integrazione. La prospettiva nicoliana si fonda, in modo evidente, sulla possibilit di considerare il progresso culturale in maniera univoca, da cui risulterebbe motivata da buon intento lazione colonizzatrice spagnola. Come sappiamo, la questione non cos semplice. Come approfondimento e punto di partenza per ulteriori ricerche si pu fare riferimento a T. Todorov, La conquista dellamerica, Einaudi, Torino 2005. 94. Bisogna ammettere che Eduardo Nicol non d una risposta soddisfacente a tale questione: vero che non mostra una considerazione positiva nei confronti della violenza avvenuta nella conquista, ma le sue parole, a nostro parere, assumono un tono quasi sapienziale che trascura la questione esistenziale dellindividuo in carne ed ossa: questo rispetto non sempre impediva le violenze e lo sfruttamento, nemmeno nella stessa Spagna; in realt, finora non abbiamo visto nella storia nessuna epoca e nessun luogo dove la convivenza umana sia riuscita a eliminare completamente i soprusi. Inoltre la Spagna il paese in cui [] gli uomini possono uccidersi tra di loro, ma si uccidono con moltissimo rispetto; e questa una sorta di rispetto pi radicale, che contiene molto di pi e arriva pi in profondit dei rispetti formali o delle garanzie del procedimento giuridico (PFH, p. 108). 95. PFH, p. 109.

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da quello che lo stesso pensatore chiama lordine della vita, intendendo con esso lo strutturarsi e lo svolgersi della vita quotidiana secondo parametri e valori condivisi. Tutto ci che costituir, poi, larretratezza dei paesi latinoamericani affonda, secondo il pensatore catalano, le proprie radici nei cambiamenti avvenuti nel periodo post-coloniale, quello dellIndipendenza, e non va assolutamente addebitato al periodo anteriore: lazione della Spagna in America il suo dominio politico in essa, se cos si vuol dire non ha mai rappresentato unoppressione delluomo sulluomo fondata su una discriminazione razziale, ma il contrario. Lunit umana si realizzata effettivamente dal secolo XVI. In realt essa fu il simbolo, la giustificazione morale e giuridica, lideale stesso della colonizzazione.96 Dunque, nel nuovo ethos, frutto della conquista spagnola e costituente ormai la nuova unidad humana, confluiscono lelemento spagnolo e quello indigeno, ma questultimo non pi identificabile in base alla razza o alla cultura, potremmo dire che il carattere, il genio nativo, insieme ad alcuni comportamenti di stile di vita. La base autentica, il nuovo ethos comune proprio questa unit vitale e culturale creata dagli indigeni e dagli spagnoli insieme dal primo contatto, e consacrata dallIndipendenza. in questo contatto che inizi ad esistere qualcosa di completamente nuovo, qualcosa che impedisce in realt che un ispanoamericano possa essere considerato straniero in Spagna. Questo qualcosa di completamente nuovo la hispanidad: questa comunit dello spirito e del sangue, del verbo incarnato (che fu sottolineamolo bene, affinch lo comprendano anche gli spagnoli rivelata dallIndipendenza e non scissa da essa), la chiameremmo ispanit.97 La hispanidad frutto di un evento storico irreversibile, una nuova forma
96. PFH, p. 111. Quanto differente linterpretazione di Pier Luigi Crovetto che, riprendendo quella di Tzvetan Todorov, riconosce come Colombo muove alla ricerca del nuovo per trovarvi la conferma di s e della sua vecchia cultura: scopre lAmerica, ma non gli americani. Se la causa di tutto ci lignoranza da parte di Colombo di un codice, il problema non sussite per Corts che si insedia al centro delluniverso indigeno, ne studia il linguaggio, ne interpreta il magico diffuso e lancia una serie di messaggi linguistici e simbolici per agire sullaltro e piegarlo al proprio dominio. Corts comprende, ben sapendo che solo comprendendo pu prendere (P. L. Crovetto, Nota introduttiva in T. Todorov, La conquista dellamerica, cit., p. XI). La posizione di Nicol sembra assomigliare a quella di Colombo: porsi di fronte alla nuova cultura leggendola attraverso la lente della propria, considerandone il livello in riferimento ai parametri che costituiscono la propria idea di progresso. 97. PFH, p. 113.

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dellessere uomo, categoria antropologica che accomuna lessere spagnolo e lessere ispanoamericano. Questo, per, fa s che parlare dellhispnico non significhi parlare dello spagnolo e che tale termine non sia solo un eufemismo utilizzato dagli spagnoli per rendersi pi accettabili agli occhi degli ispanoamericani. Cos come Espaa costituisce solo una parte dellhispanidad, lo stesso vale per Hispanoamrica: non si tratta di una somma ma di un fondamento. Non si tratta di formare un tutto con componenti distinti , ma di avvertire che il tutto unitario perch le modalit distinte posseggono un elemento o qualit comune. lispanit lelemento comune.98 La hispanidad, dunque, ha una forma spagnola e una forma americana che Nicol considera come due specie dello stesso genere. Pertanto, nessun individuo che appartiene a una delle due specie potr conoscere o possedere integralmente il proprio essere se non conosce o possiede questa unit di se stesso, rappresentata dallaltra specie: se vi una Spagna in America, inevitabile che vi sia unAmerica in Spagna: uno non pu avere met dellessere per met ospitato in un altro posto senza ospitare, a sua volta, la met dellessere estraneo che proviene dallaltro luogo.99 Possiamo affermare che la hispanidad la forma dellessere uomo spagnolo e ispanoamericano, che uomo e allo stesso tempo collocato secondo precise coordinate spazio-temporali che lo rendono uguale e differente da colui che non pu riconoscersi attraverso tale categoria. La filosofia, allora, potr dedicarsi a quello che luomo, al suo essere, mentre allideologia resta il compito di individuare la caracterologa delluomo hispnico. La hispanidad, prodottasi storicamente come frutto, voluto o meno, di precise volont, va ricompresa nel quadro pi ampio di una lettura della realt umana, come sua particolare possibilit che si manifesta come differenza ma solo sulla base di una pi ampia unit, quella dellessere uomo. Il problema della filosofia hispnica, dunque, e la hispanidad come punto centrale di questo problema, sono da ricondurre alla concezione delluomo, e della sua storicit costitutiva, elaborata da Nicol.100

98. PFH, p. 116. 99. PFH, p. 117. 100. Cfr. a tal proposito A. Constante, R. Horneffer, Prefacio in E. Nicol, El problema de la filosofa hispanica, cit., p. 16 e ss.

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Lattenzione rivolta, da noi in maniera piuttosto sommaria,101 alla definizione di hispanidad elaborata, ma sarebbe mglio dire ri-conosciuta, da Eduardo Nicol, ha come intento quello di mostrare la sua radicale attenzione alla vicenda umana nella sua radicalit costitutiva, ovvero dal punto di vista filosofico. Questo stile fa di Nicol un pensatore che, pur appartenente in maniera radicale102 alla storia del pensiero europeo, pu essere ascritto alla tradizione filosofica latinoamericana intesa coma riflessione su e a partire dalluomo.103 Tale condizione, di appartenente a una duplice tradizione, latinoamericana e catalana104 ci obbliga a rivolgere la nostra attenzione, in chiusura di capitolo, al locus,
101. Va notato, infatti, che le pagine che Eduardo Nicol dedica alla genesi dellidea di hispanidad occupano, al contrario, tutta la parte centrale de El problema de la filosofa hispnica, dove lautore riflette sulla ricerca di identit sviluppatasi nellambito della cultura latinoamericana a partire dalla colonia fino al ventesimo secolo secondo una triplice ripartizione: positivismo e borghesia, meditazione sul proprio essere, indigenismo e panamericanismo (cfr. PFH, pp. 73-106). 102. Quando diciamo radicale lo intendiamo in senso duplice: in primis nel senso che Eduardo Nicol nacque e si form in Europa assorbendo la cultura catalana e ci che questa aveva di specifico e di pi generalmente europeo; in secondo luogo nel senso che, pur considerando la filosofia universale e il Messico luogo in cui decideva di vivere secondo una scelta volontaria e libera, Nicol sempre si defin esiliato e riconobbe un legame con Barcelona, quindi lEuropa. 103. Eduardo Nicol potrebbe rientrare senza ombra di dubbio nellambito che delineano le parole di Arturo Andrs Roig: una teoria e critica del pensiero latinoamericano deve prendere in considerazione come punto di partenza la problematica [] relativa a ci che abbiamo denominato a priori antropologico. [] vale a dire, la comprensione della storicit delluomo (Teora y crtica del pensamiento latinoamericano, FCE, Mxico 1981, p. 16). Per lo stesso motivo il suo lavoro non cade fuori dal cono dombra proiettato dal progetto declamato da Leopoldo Zea, allievo di Jos Gaos, di una filosofia latinoamericana come filosofa sin ms a patto che si delinei come problema delluomo, chiedendosi che cosa fa delluomo un Uomo? (La filosofa Americana como filosofa sin ms, Siglo Veintiuno, Mxico-Madrid 1998, p. 9 e ss.). Riguardo la filosofia latinoamericana cfr. anche P. Colonnello (a cura di), Filosofia e politica in America Latina, Armando, Roma 2005 (in particolare i saggi di G. Cacciatore, P. Colonnello, S. Santasilia); P. Colonnello, Itinerari di filosofia ispanoamericana, Armando, Roma 2007; G. Cacciatore, America Latina e pensiero europeo nella filosofia del viaggio di Ernesto Grassi, Cultura Latinoamericana, Annali dellISLA, 1-2 (1999-2000), pp. 367-381; G. Cacciatore, Identit e filosofia dellinterculturalit, Iride, 45 (2005), pp. 235244; G. Cacciatore, P. Colonnello, S. Santasilia, Ermeneutica tra Europa e America Latina, cit. 104. Riguardo il suo sentirsi figlio della Catalunya toccanti sono le parole da Nicol pronunciate alla fine della gi citata intervista con Rubert de Vents: Ho la convinzione di aver servito la Catalunya da quando ero una ragazzo fino al giorno doggi. Sempre, fin da ragazzo [] Ho voluto solo dire che in questo confuso mondo dei giorni nostri ancora possibile incontrare, qualche volta, una fedelt che non si aspetta nulla in cambio (Eduard Nicol, pensador cataln. Dilogo con Xavier Rubert de Vents, Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 25).

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inteso in maniera duplice come spazio fisico ma anche culturale, in cui si form inizialmente lo stesso Nicol: la escuela de Barcelona. 1.3. La escuela de Barcelona Controversa sin dal suo primo apparire, Nicol riconosce, nel proporre tale definizione,105 che in realt non si pu parlare della escuela de Barcelona come se la sua esistenza fosse gi assodata ed evidente agli occhi del mondo culturale: so bene che non esiste una scuola di Barcellona (intendo una scuola filosofica). Tuttavia se ne parla, si scritto su di essa e i suoi componenti.106
105. Basti pensare al fatto che Abelln considera la definizione escuela de Barcelona come unartifizio storiografico volto a riunire un certo numero di filosofi che hanno vissuto o si sono formati nellambiente dellUniversit di Barcelona le cui riflessioni, per, tranne per quel che riguarda pochi di questi e gi a partire da Joaqun Xirau, non hanno molto in comune, cfr. nsula, 328 (1974), p. 10. Pi tardi possibile ritrovare la dicitura escuela de Barcelona nella gi citata Historia del pensamiento espaol de Sneca a nuestros das (p. 625) ma solo per indicare un modo possibile, sebbene non storiograficamente verificabile, di raggruppare alcuni filosofi formatisi nellambiente culturale catalano. A tali affermazioni va aggiunto il fatto che nella sua Historia de la filosofa espaola (Anthropos, Barcelona 1985), Alain Guy non menziona affatto lesistenza di questa scuola (nel paragrafo dedicato ad Eduardo Nicol riferisce delle pagine scritte da Nicol su tale scuola ma solo per sostenere come ci indichi che il pensiero di tale autore come quello di Xirau sono caratterizzati da un tinte cataln, in diretto riferimento al loro essere influenzati dalla dottrina del senso comune, cfr. p. 354). Nel nostro caso, lasciando da parte la questione dellesistenza reale o meno di questa scuola, intendiamo riferirci alla voce che Jos Ferrater Mora include nel suo Diccionario de Filosofa (Alianza Editorial, Madrid 1988, p. 289) dove riconosce a Nicol il merito di avere per primo proposto tale definizione al fine di designare una tradizione filosofica sviluppatasi principalmente in Barcelona avente delle precise caratteristiche. Questa posizione permette a Ferrater Mora di rispondere alla contestazione sollevata da Abelln ricordando che se possibile parlare di una actitud filosfica comune possibile individuare, studiando le condizioni entro le quali si manifesta tale atteggiamento costituente la trama comune delle riflessioni di vari pensatori, un insieme definibile come scuola. Per un ulteriore approfondimento ci perettiamo di rimandare di nuovo allarticolo di Luis De Llera e Irene Buonafalce, Lesilio repubblicano del 1936 in Messico: filosofia e identit del pensiero in lingua spagnola, cit., e allIntroduzione, sempre di Luis De Llera, alla traduzione italiana de El problema de la filosofa hispnica (Il problema della filosofia ispanica, Citt del Sole, Napoli 2007, pp. 7-42). 106. PFH, p. 171. In realt sembra essere Nicol il primo ad aver proposto la definizione escuela de Barcelona e non sapremmo davvero riportare scritti precedenti al suo nel quale si ipotizzi lesistenza di un tale nucleo di pensatori; va aggiunto, inoltre, che ogni testo di storia della filosofia spagnola (basta confrontare i testi di Jos Luis Abelln, Alain Guy, Eusebio Colomer) riporta come punto di partenza del dibattito su tale questione le affermazioni contenute ne El problema de la filosofa hispnica.

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Bisogna riconoscere che nella Spagna di inizio XX secolo due sono le citt nelle quali pi si ravvisa un fermentare della cultura capace di dare frutti di un certo livello dal punto di vista filosofico: Madrid e Barcelona.107 Nella prima si form quella che poi verr definita la escuela de Madrid,108 che sta ad indicare non un gruppo di filosofi che insegnarono nellateneo madrileno, ma linsieme di coloro che, formatisi in tale ateneo sotto la guida di Jos Ortega y Gasset, seguirono il suo orientamento, riconoscendosi debitori verso il suo magistero.109 Una scuola del genere, a parere di Nicol, ha una solidissima coesione interna ma resta limitata dal pensiero del suo maestro,110 dal numero preciso dei suoi discepoli e dalla data in cui inizi a diffondersi il suo insegnamento. Queste caratteristiche non sono riscontrabili in ci che denominiamo escuela de Barcelona: non v un maestro e pertanto non possibile fissare una data precisa che indichi il costituirsi di tale scuola.111 In pi, non essendo riscontrabile ununit di dottrina non si pu determinare chi appartenga o meno a tale scuola. Eppure esiste qualcosa comune ad un determinato numero di pensatori formatisi nellateneo di Barcelona che ci permette di parlare di questo insieme nei termini di una scuola. Le affinit tra i diversi membri di tale nucleo non sono riscontrabili dal punto di vista della dottrina, sono piuttosto di una diversa indole, ed in esse che si pu trovare questo qualcosa che permette di porre, perlomeno, la questione se la scuola esista o meno. Questo qualcosa dovr essere un insieme di caratteristiche comuni, forse pi essenziali
107. L. De Llera, El ltimo exilio espaol en Amrica, cit., p. 534. 108. Tale definizione si deve a Julin Marias (La Escuela de Madrid, in Obras Completas, V, Revista de Occidente, Madrid, 1982), poi accolta nel gi citato Diccionario de Filosofa di Jos Ferrater Mora. 109. Cfr. E. Colomer, El pensamiento novecentista in G. Daz Plaja (dir.), Historia general de las literaturas hispnicas, Editorial Vergara, Barcelona 1968, p. 291. 110. Ci sarebbe da chiedersi se davvero tutti i pensatori che la critica ascrive a tale scuola rientrino in tale tipologia. Bisogna tenere ben presente che alcuni tra gli allievi di Ortega furono contemporaneamente allievi di Xavier Zubiri o di Manuel Garca Morente e ne subirono linfluenza nonch lorientamento. Basti pensare ai soli due nomi di Mara Zambrano e di Jos Gaos. 111. Anche qui, a nostro parere, la controverse posizioni degli storiografi rendono problematica laccettazione di tale affermazione: il gi citato Abelln contesta proprio il fatto che anche in quella che viene citata come escuela de Barcelona, se proprio dovesse esistere in base ai parametri forniti da Nicol, si potrebbe individuare un pensatore dal quale prende il via tale tradizione, che sarebbe Xavier Llorens i Barba, e quindi una data dinizio riferibile alla pubblicazione della sua opera.

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per la filosofia che le teorie stesse sulle quali ci basiamo per la definizione formale di una scuola.112 Secondo Nicol, non tanto una dottrina a permettere che si crei una scuola filosofica quanto il carcter, lo stile. Stile o carcter, altro non se non la maniera di vedere le cose, nella quale si fondono un elemento congenito ed uno culturale, questultimo frutto delle scelte attraverso le quali si agito sulle proprie disposizioni naturali, cio proprio su quellelemento congenito, modellandole. Pu capitare che tali disposizioni si diano, con tratti simili, in vari individui sia viventi nello stesso momento storico, sia temporalmente distanti, di modo che questa specie di affinit caratterologica determina in tutti costoro, senza un preventivo accordo, una analoga coincidenza nella modellazione stilistica delle proprie disposizioni naturali.113 Questa coincidenza costituisce la tradizione. Nelle pagine iniziali abbiamo potuto confrontarci con la definizione che Ferrater Mora d dello stile di pensiero riferendolo allensayo come sua precisa modalit espressiva ma sottolineando, soprattutto, che uno stile di pensiero non una filosofia. Ci sembra necessario, allora, chiarire subito che nellindividuare lo stile di quella che possiamo definire come la tradizione che sta alla base della escuela de Barcelona, lo stesso Nicol consapevole che siamo ancora nel campo che lui stesso ha definito dominio dellideologia. Lo stile di pensiero non una filosofia di per s: pu caratterizzare una maniera di fare filosofia, la quale per sempre deve tendere ad essere scienza e a perseguire luniversalit come punto di approdo per le sue ricerche, affinch esse siano patrimonio comune. Una tradizione dunque, quale pu essere quella catalana, non si identifica, per quanto riguarda il suo carcter con la filosofia tout court; essa rimane una maniera di leggere una possibile identit, un ethos comune che permetta di parlare di una cerchia di pensatori in maniera che si possa legarli lun laltro in base a determinati tratti comuni. Dunque possibile parlare della escuela de Barcelona in base alla possibilit di rintracciare una tradizione. La prima questione quella per la quale, secondo Nicol, va subito precisato che tradizione e scuola non vanno direttamente identificate: una scuola una specie di tradizione ma non ogni tradizione d vita ad una scuola. Dove tradizione e scuola si integrano in campo filosofico, generalmente avviene che alcuni pen112. PFH, p. 171. 113. PFH, p. 172.

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satori influenzati dalle idee del maestro le accettino come vere, le adottino e le diffondano, in alcuni casi le riformulino aggiungendovi qualcosa di nuovo o rinnovandole in parte, ma sempre mantenendosi allinterno della stessa linea evolutiva del maestro. In un contesto di questo genere pu accadere che il discepolo mostri fedelt pi verso la figura del maestro che verso la ricerca della verit. Il rischio che questo avvenga dovuto, secondo Nicol, al fatto che nel processo di costituzione di una scuola ha un peso decisivo il fattore personale del maestro, con lulteriore rischio che i membri dotati di originalit intellettuale siano poi considerati traditori: i migliori per la filosofia sono i peggiori per la scuola.114 Il rischio che tutta la capacit di rinnovare e riformulare sia considerata una pericolosa forma di eterodossia, per non dire, di eresia. Questo, a parere di Nicol, corrisponde al capovolgimento della stessa possibilit della ricerca in quanto nella filosofia e nella scienza qualsiasi ortodossia perniciosa.115 Al filosofo non spetta il compito, sebbene la sua vocazione si esplichi nel dialogo e quindi nella condivisione, di propagandare i risultati delle sue riflessioni, ma di esporli come frutti comuni: il propagatore di una fede lapostolo o il missionario; il propagandista di una teoria non so cosa sia; di certo non filosofo n uomo di scienza. Lepisteme non richiede apostolato.116 Tale atteggiamento sarebbe totalmente avverso a quella phila, amore per la verit, che deve caratterizzare la vocazione filosofica; pertanto il compito di una scuola deve essere la promozione del dialogo, come logos comune, sempre soggetto a cambiamento, e non il reclutamento di adepti. La filosofia deve incontrare, non cercare compagnia: solitario deve essere il filosofo quando pensa, perch nellultimo momento decisivo (e per quanto abbia dialogato prima con tutti i maestri della storia) deve porre se stesso davanti al problema, deve viverlo, e non pu sostituire con nessun altra la propria esperienza personale. Questa situazione si accetta con la decisione vocazionale.117 Ritorna in maniera estremamente forte il tema della vocazione, come garanzia di una ricerca autentica, al fine di mostrare che la coesione interna ad una scuola pu
114. PFH, p. 173. 115. Ibidem. 116. PFH, p. 174. 117. PFH, p. 176. Il corsivo nostro.

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e deve avere valore solo dialogico, mai politico. Tutto ci pu verificarsi solo a patto che il maestro riconosca, e sappia trasmettere ai suoi discepoli, un profondo senso di umilt che nasce dal riconoscimento della propria insufficienza e che faccia s che limpegno teoretico sia volto al cercare la ragione pi che allaver ragione.118 In base a quanto detto, Nicol pu concludere che la missione dellintellettuale deve essere una missione di pace, che va costruita e realizzata giorno per giorno: la ricerca di un continuo dia-logo, condivisione di una ragione che riconosce la propria storicit come insufficienza e necessit di una phila che com-unit della verit. La filosofia deve sempre essere riconosciuta come una vocazione e come tale pu essere solo realizzata attraverso una vita che decide consapevolmente di giocarsi secondo tale vocazione: la decisione non facile. Anche qui, come sempre, la vita si paga con la vita, e ogni beneficio vale un rinuncia.119 Si mostra, ormai, in maniera evidente che ogni volta che Nicol tenta di accostarsi al tema della filosofia, che avvenga attraverso la problematica della filosofia hispnica oppure della questione scolastica, non pu evitare di riportarsi allidea di filosofia come vocazione, intessuta di quella phila che amore per la verit come terreno comune nel quale si radica la vita di ogni uomo, quindi anche come vocazione al dia-logo, alla condivisione, alla pace. Quello che lo stesso pensatore definisce come il senso pacifico della filosofia proprio uno di quei tratti della tradizione che costituisce la escuela de Barcelona, quelle caratteristiche che si trovano alla base delle diverse dottrine dei suoi maestri, come qualcosa di comune e formativo di una tradizione.120 Deve essere chiaro che il discorso di Nicol mira a rintracciare la possibilit di parlare di una scuola in base alla pi radicale possibilit di individuare una tradizione. Ci interessa sottolineare ci affinch risulti chiaro che la escuela de Barcelona non corrisponde a quella possibilit gi descritta nella quale una tradizione e una scuola si identificano, sebbene tale possa apparire. Va sempre tenuto ben presente che nella tradizione alla lo stesso Nicol pensa di appartenere non possibile rintracciare un maestro ma solo vari pensatori e varie dottrine aventi caratteri comuni, di modo che se accettiamo
118. PFH, p. 181. 119. PFH, p. 182. 120. Ibidem.

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che queste condizioni siano sufficienti per parlare di scuola, allora esiste una escuela de Barcelona, altrimenti no. Il discorso nicoliano non ha come intento quello di mostrare di appartenere ad una scuola che si pu presentare come laltra importante alternativa nei confronti della scuola di Madrid; il suo intento, al contrario, quello di indicare che non necessario n utile appartenere ad una scuola se questa non permette alla riflessione di ogni membro di svilupparsi in maniera autonoma. giunto il momento di analizzare pi approfonditamente quei tratti comuni che costituiscono la tradizione della quale Nicol stesso si sente parte. possibile incamminarsi su tale sentiero partendo dalla sua descrizione di Jaume Serra Hunter, riconosciuto come maestro: uomo capace di guidare il proprio allievo allesercizio autonomo del proprio pensiero, sintomo di un rispetto che, pur velandosi di silenzio, non escludeva la possibilit di un rapporto fatto di intimit intellettuale e personale. Serra Hunter era in effetti un filosofo autentico, anche se il volume della sua opera scritta pu essere considerato trascurabile da qualcuno121 e nei circoli filosofici pi conosciuti, in particola121. PFH, pp. 183-184. Jaume Serra Hunter insegn allUniversit di Barcelona, della quale fu anche rettore, nacque nel 1878 e mor nel 1943 poco dopo essere giunto in Messico, anche lui insieme agli altri esiliati della filosofia. Lopera pubblicata dallo stesso Serra Hunter risulta scritta tutta in catalano. Tra i suoi lavori vale la pena di ricordare Filosofia i cultura: suggestions i estudis (prima e seconda serie, Libreria Catalnia, Barcelona 1930 e 1932), Figures i perspectives de la histria del pensament (Polonio & Margel, Barcelona 1935) e El Pensament i la vida : estmuls per a filosofar (Club del Libre Catal, Mxico 1945) scritto durante il suo esilio e pubblicato postumo. Interessanti sono anche i suoi studi riguardanti le figure di Socrate (Scrates, Darius Rahola, Girona 1931), di Spinoza (Spinoza, Darius Rahola, Girona 1933) e Xavier Llorens i Barba (Xavier Llorens i Barba: estudis i carrera professional, Impr. de la Casa d'Assistncia P. Maci, Barcelona 1937). Abelln lo inserisce nellambito dello spiritualismo catalano, sviluppatosi sotto linfluenza del pensiero di Eugenio DOrs e della dottrina scozzese del senso comune (Historia del pensamento espaol de Sneca a nuestros das, cit., p. 625), mentre Alain Guy, pur riconoscendo il valore delle affermazioni di Abelln, va pi a fondo ravvisando che Serra Hunter erede, insieme a Toms Carreras Artau, dello spiritualismo elaborato da Xavier Llorens i Barba, che considera lesplorazione dello spirito umano come la base di qualunque riflessione filosofica, riflessione che deve avere la caratteristica della sistematicit e del realismo. Guy definisce il suo pensiero col nome di spiritualismo realista (Historia de la filosofa espaola, cit., pp. 328-329). A nostro parere necessario, anche se attraverso brevi e rapidi tratti, ricordare che anche Norbert Bilbeny, nel suo volume Filosofia contemporaina a Catalunya (Edhasa, Barcelona 1985), considera Francisc Xavier Llorens i Barba un importante esponente di quella tradizione a cui viene dato il nome di escuela de Barcelona. Tale pensatore, professore dellUniversit di Barcelona, fa parte di una generazione di studiosi catalani ai quali appartengono anche i nomi di Jaime Balmes e Ramon Mart dEixal, tutti legati da una concezione spiritualista che, pur aprendosi alla

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re quelli in cui preminenti erano le figure di Eugenio dOrs e Jos Ortega y Gasset, il suo nome non fosse affatto stimato.122 La capacit di dialogare di Serra Hunter andava oltre la questione tecnica e dottrinale: spiegando le filosofie, Serra Hunter insegnava quello che filosofia; e non lo faceva elaborando una teoria personale, ma vivendola e manifestando in modo non intenzionale, solo con la sua presenza, in cosa consista essere un filosofo.123 La filosofia, se vocazione, va vissuta, incarnata, affinch possa parlare della vita, possa essere scienza, non particolare, ma dedita allo studio delle questioni prime e fondamentali. Serra Hunter mostr, secondo Nicol, nella sua stessa vita in cosa consista quella vocazione filosofica che ricerca e dialogo. Anche lui form dei discepoli, ma nel senso in cui Nicol concepisce tale possibilit; form studiosi che seppero, a partire dal pensiero del maestro, iniziare a pensare autonomamente quelli che riconoscevano
tradizione moderna, non respingeva il legato di una tradizione che si pu far rimontare fino alla figura di Ramon Llull, e che cercava nella filosofia dello spirito un accordo tra quel carattere particolare tipicamente catalano che il seny e la dottrina del senso comune (Filosofia contemporaina a Catalunya, cit., p. 177; Historia de la filosofa espaola, cit., pp. 241-242). Nello specifico Llorens i Barba sostiene lidea di una filosofia come ricerca dello spirito umano diretta alla soluzione di un problema insolubile nella sua totalit, quindi come ricerca della verit, che non si d mai nella sua completezza. Per questo essa deve essere preliminarmente conoscenza dello stesso spirito che effettua la ricerca: il nosce te ipsum per Llorens i Barba il precetto fondamentale di ogni filosofare, la teoria della conoscenza non pu essere scissa da una preliminare psicologia introspettiva il cui oggetto la vita interna, ovvero i dati originari della coscienza: psicologia come scienza dellanima umana secondo la maniera in cui si d allosservazione (Filosofia contemporaina a Catalunya, cit., pp. 178-185). La filosofia si presenta soprattutto come comprensione delluomo, la quale riposa sullosservazione dei fenomeni interni come indagine preliminare. La coscienza, chiamata spirito, viene considerata come il punto di partenza che non pu essere messo in discussione ma che suscettibile di analisi. Il riportare tutte queste informazioni non frutto solo di un intento storiografico ma di contribuire sia pur parzialmente alla minima comprensione della genesi del pensiero nicoliano. Dinanzi a quanto detto, non ci sembra affatto strano che lopera filosofica di Eduardo Nicol inizi con unindagine psicologica nella quale, come avremo modo di vedere nel successivo capitolo, non si tratter di psicologia clinica ma di unanalisi dello spirito umano attraverso quelli che possono essere considerati come dati originari della coscienza. 122. Lo stesso Jos Ferrater Mora riconosce questo triste destino di Serra Hunter confermando, per, insieme a Nicol che in una storia della filosofia catalana il nome di Jaume Serra Hunter non dovrebbe mancare, in E. Ronzn, Entrevista a Jos Ferrater Mora, , El Basilisco, 12 (1981), p. 52. In questaffermazione, il termine catalana traduce lespressione en Catalua, per cui va inteso in riferimento alla localizzazione spazio-temporale del filosofo di cui si sta parlando e non affatto segno di un limite speculativo che sarebbe solo uno di quegli ismi condannati dallo stesso Nicol alla terra della non-scienza. 123. PFH, p. 184.

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come problemi comuni al filosofare. Tra questi ci fu un altro dei suoi maestri: Joaqun Xirau.124 La personalit di Xirau risulta essere molto differente da quella del suo maestro: Nicol lo definisce come un riformatore, un entusiasta, cosa che lo avrebbe presto condotto a divenire caposcuola.125 La sua influenza come maestro , ancora una volta, di ordine pedagogico e non ideologico, proprio come Serra Hunter, anche se in uno stile molto diverso, la praxis filosofica gli sembrava pi importante della teoria, per lo meno durante la sua giovent []. la praxis filosofica di Xirau rivelava il carattere etico soggiacente a tutti i suoi progetti []; per questo anche Xirau si inserisce, nonostante i suoi contrasti con Serra Hunter [], nellatmosfera e nello stile generale caratteristico di quella che abbiamo chiamato la scuola di Barcelona.126 Una tradizione, quella di questa scuola, alla quale lo stesso Nicol ascrive Llorens i Barba e Carreras Artau e che, per quanto riguarda la generazione alla quale appartiene lo stesso Nicol, ha potuto leggere opere quali la Filosofa crtica di Ramon Turr,127 attraverso la quale entrarono in contatto e allo stesso tempo a far parte di una tradizione nella quale

124. Joaqun Xirau fugg anche lui in Messico a causa della vittoria delle forze franchiste in Spagna. Discepolo di Serra Hunter, anchegli fu professore allUniversit di Barcelona. Oltre al formarsi nellambito della escuela de Barcelona, Xirau effettu i suoi studi di dottorato a Madrid subendo linfluenza dellambiente orteguiano, come allievo dello stesso Ortega e di Garca Morente. Form molte generazioni, sia in Spagna che in Messico, alle quali appartennero anche Eduardo Nicol e Jos Ferrater Mora. Figlio della tradizione catalana, si mostr aperto allo studio delle maggiori correnti filosofiche del suo tempo, tentando di elaborare una sintesi tra orteguismo, bergsonismo e fenomenologia, allinterno di quello che Guy chiama spiritualismo assiologico (Historia de la filosofa espaola, cit., p. 343). Muore in Messico nel 1946, dopo aver lavorato anche l nellambito della ricerca filosofica per circa sette anni. Lintera opera di Joaqun Xirau stata da poco raccolta sotto la direzione del figlio Ramon in J. Xirau, Obras completas, 4 voll., Anthropos, Barcelona 19982004. Per ulteriori approfondimenti riguardo lopera Xirau rimandiamo allinteressante lavoro di Guy Reine, Axiologie et mtaphysique selon Joaquim Xirau: Le personnalisme contemporain de l'Ecole de Barcelone, Association des Publications de l'Universit de Toulouse-le Mirail, Toulouse 1976 e di Gabriela Hernndez Garca, La plenitud vital, tica de la conciencia amorosa en la filosofa de Joaqun Xirau, UNAM, Mxico 2000. 125. PFH, p. 185. 126. Ibidem. 127. Ramon Turr studi medicina e poi filosofia presso lUniversit di Barcelona, fondando anche la Sociedad Catalana e Filosofa. Nella sua Filosofa crtica (Madrid 1919), analizz a fondo la problematica della conoscenza riprendendo e sottoponendo a profonda analisi la questione dellevidenza e della certezza secondo ci che ne aveva affermato nella sua opera Jaime Balmes.

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riconoscevano una koinona di valori e posizioni.128 Un clima in cui risultavano familiari nomi quali Lull, Mart dEixal, Luis Vives. Lo stesso Nicol ammette quanto sia difficile spiegare in maniera chiara e comprensibile in cosa potesse consistere questo clima, questo carcter a chi non in esso immerso. Non resta che ripetere ancora una volta che un modo di vedere le cose e perci del modo di fare filosofia comune ai componenti della suddetta scuola.129 Un ethos comune che corrisponde, pi che ad una teoria, a qualcosa di simile al pascaliano esprit de finesse e, come questo, dedito allindagine delle questioni fondamentali secondo un metodo che , s, sistematico e scientifico ma non asettico e poco aderente alla vita. Questo esprit non cosa di raziocinio, ma di olfatto. nel carcter della tradizione nella quale si radica la stessa escuela de Barcelona che si pu ritrovare il motivo dellaver accolto, da parte di alcuni maestri, la filosofia chiamata del senso comune.130 Non possibile, secondo Nicol, rintracciare dei motivi determinanti che spieghino in maniera esaustiva il perch dellapertura a tale dottrina, solo ci si pu riferire al suddetto esprit, carcter, che da sempre si manifestato come attenzione al dato ultimo, nel suo mostrarsi in maniera evidente, come punto di partenza di ogni filosofare. Lo stesso Nicol riporta il fatto che Serra Hunter durante le
128. Nel gi citato Las formas de vida catalana, Ferrater Mora ricorda che il seny esiste in funzione di unaltra forma di vita caratteristica della cultura catalana: la continuit. Questultima consiste nellessere radicati nel proprio passato non in maniera passiva bens come innovatori: come si dice che il futuro permette al passato di continuare, si pu dire che il passato permette di continuare al futuro. Questa relazione esistente tra passato e futuro simile a quella che esiste tra una frase ancora non conclusa e il suo processo di conclusione. Si tratta di una storia mai conclusa ma che mantiene sempre il peso della tradizione: entro certi limiti irrompe di continuo la libert di composizione. [] Il nuovo viene in qualche modo dal vecchio, per il vecchio viene, per cos dire, innovato senza tregua. Allinterno di tale quadro teorico, Ferrater Mora riconosce che quello che cambia il senso: il passato qualcosa che bisogna ancora, e per sempre, fare o rifare. La vita, per, non determinata dal passato, ma orientata da questo in modo tale che ogni azione componga in s passato e futuro. La descrizione conclusiva che Ferrater Mora fa della continuit come forma di vita regina della vita catalana, ci sembra in perfetta armonia con le affermazioni di Nicol: lautentica continuit la continuit cosciente e inconsciente a un tempo; quella che si manifesta nelle riflessioni e negli atteggiamenti, parole e gesti (Las formas de vida catalana, cit., pp. 20-24). La maniera in cui, qui, viene descritto il costituirsi dellazione umana come composizione dellelemento passato e di quello futuro risulter essere completamente in accordo con le riflessioni che Nicol elaborer a partire dalla Psicologa de las situaciones vitales. 129. PFH, p. 192. 130. PFH, p. 194. Il corsivo nostro.

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sue lezioni parlasse di Mart dEixal131 e Llorens i Barba, come di coloro che a partire dalle riflessioni della filosofia scozzese del senso comune, avessero ripreso la questione apportandovi le loro modifiche.132
131. Ramon Mart dEixal fu contemporaneo, anche se pi anziano di quattordici anni, di Llorens i Barba, di cui fu maestro. Si dedic soprattutto allinterpretazione della filosofia scozzese del senso comune, traducendo in spagnolo le opere di Thomas Reid, che reput pi interessante rispetto alle altre correnti filosofiche sviluppatesi dopo Kant (cfr. A. Guy, Historia de la filosofa espaola, cit., pp. 241-242). 132. Lautore di riferimento di questi maestri fu, dunque, Thomas Reid. Le idee del pensatore scozzese, la convinzione che esistesse un senso comune inteso come insieme di giudizi originari ispirati da Dio, che ci appartengono in modo costitutivo, e che fanno da base a tutta lattivit della ragione (cfr. Essay on the intellectual powers of the mind, 2, 12, Wish, London 1819, pp. 266-267) fu assorbita e rinnovata dalla tradizione catalana. Come gi ricordato, coloro nei quali riscontrabile traccia di questo orientamento sono Llorens i Barba e Mart dEixal, ma accanto a questi nomi non pu mancare quello di Jaime Balmes. Se fu Mart dEixal colui che introdusse la questione senso comune, dal punto di vista filosofico, nellambito della tradizione di studi che si andava sviluppando dentro e attorno allateneo di Barcelona, furono Llorens i Barba e Jaime Balmes, invece, a dare il contributo pi interessante e originale. Il primo di questi affermando che la verit risiede in un fatto primordiale della coscienza: la certezza o evidenza del giudizio. La certezza consisterebbe nellessere coscienti di un giudizio che qualifichiamo come verace, ma quello che fondamentale che tale certezza un fatto originario che ogni uomo deve riconoscere come inseparabile dalla vita della coscienza. costitutiva della stessa coscienza e si manifesta come lume naturale, senso comune. Llorens i Barba il primo a definire il suo pensiero come dottrina o filosofia del senso comune, considerando con tali definizioni una riflessione filosofica che ha il suo principio nellindividuazione di quelle che sono le condizioni dellesperienza e che, conseguentemente, non possono da questa n scaturire n essere spiegate. Senso comune, dunque, come riconoscimento di un dato originario, costituente la nostra coscienza che permetta di discriminare sulla verit o falsit riguardo quelli che sono i principi primi, le verit che si mostrano ma che non possono essere dimostrate (N. Bilbeny, Filosofia contemporaina a Catalunya, cit., pp. 192-194). Il secondo, Jaime Balmes, personaggio chiave della storia del pensiero spagnolo, filosofo al quale fu dato il soprannome, in stile medievale, di doctor humanus, visse negli stessi anni di Mart dEixal e Llorens i Barba. Si dedic allo studio della filosofia scolastica, in particolare del tomismo, tentando una conciliazione fra questo e la moderna gnoseologia. Tra le sue opere pi importanti possiamo ricordare la sua Filosofa fundamental (Barcelona 1846), il Curso de filosofa fundamental (Madrid 1847), che tanto colp laltro noto filosofo dellesilio Jos Gaos, e lopera che gli don pi fama vale a dire El Criterio (Madrid 1845), un insieme di norme da utilizzare per condurre bene il proprio intelletto, una sorta di discours de la mthode. Nella sua Filosofa fundamental, Balmes parla del senso comune come di una legge dello spirito che consiste in uninclinazione naturale a dare il proprio assenso ad alcune verit non testimoniate dalla coscienza n dimostrate dalla ragione, ma necessarie allo svolgersi della vita intellettuale e morale (cfr. Filosofa fundamental, in Obras completas, XVI, Biblioteca Balmes, Barcelona 1927, p. 316). Come Llorens i Barba, Balmes considera fondamentale la questione della certezza al punto da affermare che la filosofia deve iniziare da unaffermazione certa che nasce dalla chiarezza della visione o da istinto conforme a ragione: questa la positivit dellio. Questa la base della filosofia, la luce grazie alla quale possiamo vedere il mondo (cfr. A. Guy, Historia de la filosofa espaola, cit., pp. 233-234).

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Quali velate affinit propiziarono questa influenza? In che modo queste stesse propensioni comuni hanno potuto orientare il nostro pensiero verso altri percorsi di esplorazione e verso conclusioni differenti?.133 La risposta a tali interrogativi Nicol la incontra nel riconoscere che la ricerca di questi autori era indirizzata verso il riconoscimento della differenza tra principi e opinioni, le quali sono prodotto delluomo mentre i principi sono propriet comune, e per questo essi debbono avere un senso comune, condiviso da tutti gli uomini, che permetta di riconoscere la loro evidenza primaria e fondamentale. Senso comune quindi linsieme delle condizioni di possibilit dellintendere, non concepito come facolt di conoscere, bens come capacit di intendersi lun laltro rispetto la stessa realt, sottomettendo i pareri soggettivi dinanzi levidenza oggettiva del reale. Ci che, a parere di Nicol, ha reso torbide le acque generando un certo senso di sospetto verso il senso comune, stato il confonderlo con la generale capacit di giudicare che appannaggio di qualsiasi uomo, oppure con lopinione della maggioranza. Se fosse davvero cos, sarebbe giusto ritenere che il senso comune non ha posto nella ricerca filosofica. Tuttavia n la koin asthesis Aristotele, n il sensus communis naturae dei medievali, n il bon sens cartesiano, n il sens commun di Leibniz hanno nulla a che vedere con laccezione popolare del senso comune.134 Pur non addentrandosi nella descrizione del significato che per tutti questi autori assume la definizione senso comune, Nicol risoluto nellaffermare che nemmeno la filosofia di Reid, che influenz Mart dEixal e Llorens i Barba, ha a che vedere con ci che generalmente si intende con la suddetta definizione. Nellaccezione autentica, senso comune indica linsieme dei principi che sono possedimento comune, sebbene le scienze che su di essi si basano non si esprimano in maniera a tutti comprensibile. Il senso comune non propriet di nessuno, comune e quando si dice che qualcosa di senso comune si intende che tale cosa unevidenza che deve riconoscere chiunque abbia giudizio sano e uso della ragione. Nulla possono le differenti opinioni nei confronti di tale evidenza, lunica possibilit di creare una crepa nel comune sentire sarebbe linsensatezza, quella mancanza di senso che chiamiamo sproposito. La sede delle evidenze fondamentali sarebbe, dunque, come un
133. PFH, pp. 194-195. 134. PFH, p. 195.

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tempio: una dimora comune, e non langolo provato e privilegiato dello scienziato.135 Ora, sebbene Nicol affermi lui stesso di non aver ricevuto alcuna influenza diretta da pensatori quali Mart dEixal e Llorens i Barba, non nasconde di poter ravvisare una certa parentela nei loro confronti; un legame manifestantesi nella comune convinzione che i principi della scienza non possono essere una creazione scientifica ma sono manifesti e si mostrano in maniera evidente ad un livello che si pu definire pre-scientifico. Lidea che Nicol considera fondamentale nel quadro teorico tratteggiato dalle varie teorie del senso comune che la ragione comune e unitaria alla base delle sue svariate forme, e che, per ci stesso, i principi devono essere il fondamento dellesistenza, e non solo della scienza: devono essere evidenze primarie e comuni, e non le conclusioni che coronano ledificio di una teoria.136
135. PFH, pp. 196-197. Inizia ad essere chiaro, dunque, il senso di quella saggezza che componente essenziale della filosofia e che si coniuga con il lato scientifico di questa. La filosofia contempla entrambe: in quanto scienza dei principi, deve essere capace di individuare i principi e a partire da questi lavorare secondo un metodo scientifico. 136. PFH, p. 197. Vale la pena di riportare alcune affermazioni di Antonio Livi inerenti a tale questione: esiste nella conoscenza umana un ambito di certezze che derivano direttamente dallesperienza come tale, non da particolari riflessioni sullesperienza stessa []; in quanto derivate direttamente dallesperienza, tali certezze sono motivate dallevidenza: sono evidenze immediate, o anche talora evidenze mediate (dallinferenza) che hanno per un carattere decisamente intuitivo. [] Tali certezze riguardano il concreto della realt di fatto sia il mondo in-cui-si-, sia il proprio essere-nel-mondo come sostanza personale e allo stesso tempo, in ununit noetica indissolubile, luniversale dei primi principi speculativi [] e dei primi principi etici. [] Tali certezze sono patrimonio di tutti. [] Proprio questa base comune di conoscenza certa e indubitabile indubitabile di per s, anche se pu essere messa in dubbio dal pensiero riflesso consente la comunicazione intellettuale fra singoli individui [] e fra le diverse culture (Filosofia del senso comune, Ares, Milano 1990, p. 37). Se quello che afferma Livi pu essere considerato un po come il manifesto programmatico di quella che possiamo chiamare filosofia del senso comune, allora di sicuro Nicol sta parlando di questa. Rispetto a quanto detto riteniamo necessario segnalare un altro autore, quale Giambattista Vico, la cui opera risulta interessante ai fini dellapprofondimento del valore del senso comune. Secondo Antonio Corsano, Vico fu influenzato, per quanto riguarda la sua concezione di senso comune, da Luis Vives il quale viene ascritto dallo stesso Nicol alla tradizione dei maestri catalani (cfr. A. Corsano, Umanesimo e religione in G. B. Vico, Laterza, Bari 1935, pp. 79-80). Sarebbe interessante approfondire quanto del senso comune vichiano sia in sintonia o meno con quello esplicitato da Nicol come carattere peculiare della tradizione catalana. Qui, al fine di non perderci in una lunga digressione, ci limitiamo solo a segnalare tale pista in base al fatto che lo stesso Nicol dimostra di conoscere Vico (cfr. HE, p. 67) e allinterpretazione di Giuseppe Modica secondo la quale, in Vico, la ragione accetta la lezione dellesperienza che si attesta come la condizione del positivo riconoscimento dei limiti del suo potere, per cui leffettualit va per Vico assunta non gi come antidoto del vero, bens come polo di riferimento metodico per accedervi, e cio in

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Lidea di una comunit della ragione il distintivo che caratterizza i maestri della escuela de Barcelona, i quali sono ben coscienti che le idee scientifiche non hanno carattere. In quanto rappresentazione del reale sono indifferenti e devono essere analizzate e valutate solo per il grado della loro adeguatezza. Il criterio, con il quale possibile giudicare della validit o meno di una teoria, lo danno sempre le cose stesse.137 In tale maniera termina lanalisi che Nicol fa della questione escuela de Barcelona, riflessione che ha portato alla luce le condizioni della possibilit dellesistenza di una tale scuola, cos come ci che la caratterizza nei suoi tratti pi peculiari. Due cose sono chiare allo stesso Eduardo Nicol quando alla fine del capitolo dedicato a questo argomento afferma con queste meditazioni e questi ricordi non mi sono proposto altra cosa rendere palese a me stesso, e ai lettori che la scuola di Barcellona un variet di dottrine che prospera in una comunit di affinit.138 Una comunit che un tempo era formata da personaggi quali Serra Hunter, Carreras Artau, Joaqun Xirau, Jorge Udina, Francisco Mirabent, Pedro Font y Puig, e che poi trova la sua massima espressione in coloro che, per un motivo o una altro, hanno seguito strade differenti come Garca Bacca, Roura Parella, Ramn Roquer, Jos Casalmiglia, Domingo Casanovas, Amalia Tineo, Jorge Maragall, Jos Ferrater Mora: di tutti si deve dire che la vocazione della filosofia, con le specifiche affinit della scuola, ha dato prova del suo carattere; anche quando la libera
quanto il vero deve poter dispiegarsi nelleffettuale e non fuori e contro di esso (G. Modica, La filosofia del senso comune in G. Vico, Sciascia, Caltanissetta 1984, p. 35; cfr. anche F. Tessitore, Senso comune, teologia della storia e storicismo in Giambattista Vico, in Id., Nuovi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2002, pp. 7-33; J. Gebhardt, Sensus communis: Vico e la tradizione europea antica, in AA.VV., Vico in Italia e in Germania, Bibliopolis, Napoli 1993, pp. 43-64). 137. PFH, p. 199. Sorprendente la somiglianza dellaffermazione di Nicol con lincipit de El Criterio di Jaime Balmes: Il pensare in maniera corretta consiste: o nel conoscere la verit o nel dirigere lintendimento per il cammino che a quella conduce. La verit la realt delle cose. Quando le conosciamo come sono in s, raggiungiamo la verit; altrimenti, cadiamo nellerrore (El Criterio, Espasa Calpe, Madrid 1939, p. 7). Cfr. anche E. Nicol, El porvenir de la filosofa, cit. pp. 188-195. 138. PFH, p. 200. Ecco perch Eusebio Colomer pu parlare di qualcosa di pi importante e decisivo di un semplice circolo di pensatori, che caratterizza la escuela de Barcelona: quella che stata riconosciuta come una tradizione, che ha a che vedere con lo spirito della vita intellettuale di Barcelona, molto aperta allEuropa, soprattutto alla vicina e familiare Francia, sempre in continuit con la sua storia che si radica nellepoca medievale, entusiasta per le grandi idee ma sempre realista e conciliatrice (El pensamiento novecentista, cit., p. 302).

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iniziativa ha dovuto chinarsi davanti alla forza inesorabile del caso, e non ha potuto rivelarsi nellesercizio professionale o pubblico della vocazione se non precisamente come quellintima integrit del carattere che pu essere e dovrebbe sempre essere prova vitale della vocazione filosofica.139 Un pensiero, quello di Nicol, che si proclama figlio della tradizione catalana, non intesa come tipismo ma come ricerca di quel senso comune che com-unit della ragione.140 Un pensiero austero, rigoroso, Nicol lo definirebbe scientifico, ma di una scienza fondata su una saggezza pre-scientifica che le permette di essere scienza dei principi primi. Austerit del pensiero che cifra distintiva della vocazione filosofica. Ci che Nicol coltiva e trasmette dunque lidea di una filosofia che vocazione in quanto realizzazione di se stessi come uomini, e proprio per questo riconoscimento della terra comune sulla quale ogni uomo poggia i propri piedi: la com-unit della ragione. Il pensiero di Nicol espressione della vocazione universale del filosofare, in quanto riconoscimento delle questioni universali e permanenti, di fronte alle quali scompaiono tutte le tentazioni nazionalistiche e soggettivistiche di quella sofistica che vuole spacciarsi per filosofia autentica. Esponente di un pensiero che ha cercato di elaborare in maniera sistematica, Nicol si impegnato semplicemente e schiettamente a fare filosofia. Questo il suo sigillo personale. Sembra quasi che fosse giunto con lo schema nella testa, gi dal primo momento in cui si dedic al filosofare. Tutte le sue opere debbono essere considerate come i piani di un grade edificio, costruito poco a poco, fase per fase, tappa dopo tappa.141 Giunti a tal punto, non resta che dedicarci a riscoprire, secondo quella ragione che pu riconoscere il terreno originario di partenza di ogni speculazione, qual lelaborazione dellidea del hombre che, momento dopo momento, viene alla luce percorrendo il cammino tracciato dal pensiero di Eduardo Nicol.

139. PFH, pp. 201. 140. A tal proposito cfr. S. Santasilia, Sentir antes que razonar: la patencia de la verdad, En-Claves, 4 (2008), pp. 67-76. 141. R. C. Reyes, La filosofa, in AA.VV., El exilio espaol en Mxico. 1932-1982, FCE, Mxico 1983, p. 223.

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Capitolo II. Lidea delluomo come espressione della situazione vitale

El hombre vive en la situacon en que se encuentra (E. Nicol, Psicologa de las situaciones vitales)

2.1. Psicologia situazionale come saber del hombre Le riflessione di Nicol caratterizzata, sin dal principio, da una preoccupazione di genere antropologico1 che trova chiara espressione nel suo lavoro dottorale Psicologa de las situaciones vitales2: descrivere luomo nella sua autenticit attraverso unindagine sistematica e rigorosa. A partire da questa indagine, il percorso nicoliano si svilupper, risalendo dalla pianura dellantropologia fino alle vette della metafisica, come cammino di definizione e precisazione di quello che sar il concetto centrale della sua riflessione: lespressione,3 cui dedicata la Metafsica de la expresin.4 Ci preme, quindi, analizzare il percorso che ha condotto Nicol alla elaborazione della sua metafisica dellespressio1. Cfr. J. L. Abelln, El exilio filosfico en Amrica, cit., p. 65. 2. La prima edizione della Psicologa de las situaciones vitales fu pubblicata nel 1941. In seguito, nel 1963, Nicol pubblic una seconda edizione corretta, nella quale veniva riportato invariato il contenuto della prima edizione, preceduto da un prologo scritto appositamente per la seconda edizione, e venivano aggiunte note con riferimenti anche alle opere posteriori al 1941. In questo lavoro ci riferiremo alledizione del 1963. 3. La traiettoria che inizia, in questa Psicologa, con il concetto categoriale di situazione, e che conduce fino a quella Metafsica, il lettore la pu seguire attraverso i nostri scritti se considera il tema dellespressione come filo conduttore (PSV, p. 17). Che lespressione sia la tematica attorno alla quale ruota tutta lopera di Nicol ce lo confermano le sue stesse parole: Il tema dellespressione riappare, come se marcasse un leit-motiv, in quasi tutti gli scritti dellautore, come se segnalasse una linea che conduce [] a un fine prestabilito; come se questa linea di ricerca e riflessione coincidesse con quella di un destino vocacional. [] Questa linea era come quella di certi ruscelli di montagna che a volte restano sepolti da una valanga, ma continuano a scorrere sotterraneamente fino a riapparire, pi avanti, con maggiore forza e portata (ME, pp. 7-8). 4. La Metafsica de la expresin ebbe due edizioni. La seconda edizione fu rimaneggiata dallo stesso Nicol al fine di rendere pi scorrevole lesposizione delle tematiche trattate (cfr. E. Nicol, Nota preliminare, in ME2, pp. 67-68).

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ne, seguendo la strada tracciata dalle sue due prime opere: la gi citata Psicologa de las situaciones vitales e la Idea del hombre,5 nelle quali lindagine sulluomo viene condotta scrupolosamente fino a svelarne il nucleo metafisico. Perch iniziare dalla psicologia? Oltretutto, in che senso parlare di psicologia? Ci che interessa a Nicol la possibilit di una teoria delle situazioni vitali come fondamento filosofico della psicologia.6 Ma cosa ha a che fare con luomo una tale psicologia? Nel Novecento fioriscono numerosi tentativi diretti ad elaborare una riflessione filosofica sulluomo. Questi hanno legittimato la possibilit di parlare di un antropologia filosofica,7 il cui intento di fondare e risolvere il problema dellidea del hombre.8 Lantropologia filosofica , dunque, il sapere delluomo. Luomo, per, problema per se stesso e questo significa che loggetto dellantropologia filosofica problematico nella sua stessa costituzione; da ci deriva il fatto di ritrovarsi dinanzi a due realt che si oppongono: lesperienza diretta che abbiamo della nostra vita e la barriera che ci separa dalla comprensione dellumano in quanto tale. Infatti, lesperienza personale della propria vita risulta avere un carattere immediato9 ma allo stesso tempo sembra che la ragione non possa
5. Anche la Idea del hombre ebbe due edizioni. La prima fu pubblicata nel 1946; la seconda, pubblicata nel 1977, unopera completamente diversa rispetto a quella che ebbe gestazione pi di trentanni fa e apparve con lo stesso titolo [], si pu dire che la seconda versione non cancella la precedente, tuttal pi la completa. Le due opere sono legate in quanto i temi trattati nella prima edizione sono gli stessi che vengono approfonditi maggiormente nella seconda: al di l della novit, chi pu accostare le due versioni riconoscer, senza dubbio, nella seconda lo stesso schema teorico, che il tempo non ci ha costretto a modificare, e che viene messo in evidenza maggiormente (E. Nicol, Nota preliminar in IH2, p. 7). Pur sapendo che la seconda Idea del hombre venne pubblicata successivamente alla Metafsica de la expresin, lopera mantiene legami talmente stretti con lesemplare del 1946 che in questo capitolo procederemo utilizzando i due testi in maniera parallela. 6. PSV, p. 30. 7. Importanti esponenti di tale genere di riflessione sono Max Scheler (La posizione delluomo nel cosmo [1928]), Arnold Gehlen (L'Uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo [1940]), Helmut Plessner (I gradi dellorganico e luomo. Introduzione allantropologia filosofica [1928]), ma in parte anche Martin Buber (Il problema delluomo [1947]) ed Ernst Cassirer (Saggio sulluomo [1944]). 8. E. Nicol, Las situaciones vitales [1943] in VH, p. 218. Il volume La vocacin humana raccoglie una serie di interventi pubblicati da Nicol precedentemente su altre riviste o in altri volumi nel periodo di tempo che va dal 1939 al 1952. La prima edizione del volume risale al 1953. 9. Il carattere immediato di tale esperienza pu chiaramente essere messo in dubbio ma ci non toglie che la stessa possibilit di mettere in dubbio riconosce un dato esperienziale

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giungere alla piena comprensione della natura umana al modo in cui comprende la natura del mondo che ci circonda.10 Luomo, dunque, divenuto problema per se stesso e questo, di conseguenza, tocca ogni dimensione della sua vita. Nel pensarsi, nelloccuparsi di se stesso in quanto problema, luomo fa filosofia, perch smette di rivolgersi ad un aspetto particolare per guardare il suo essere nella sua completezza.11 Interessarsi delluomo in maniera integrale significa anche interessarsi al problema costitutivo della stessa condizione umana, al problema vitale. Questo il problema antropologico, che in parte il problema psicologico tradizionale.12 Qualsiasi riflessione di carattere psicologico affonda le proprie radici in una teoria antropologica, che rispecchia fedelmente. Ma allora perch chiamarla antropologia filosofica e non psicologia? Secondo Nicol la crisi riguardante lincapacit di conoscere luomo si aggravata negli ultimi tempi a causa dellincapacit della psicologia contemporanea di rivolgersi alluomo nella sua interezza: questa crisi riguarda lidea delluomo che si pu inferire dalle psicologie del secolo XX, che inadeguata alluomo stesso e alla sua comprensione di s. la crisi del principio vitale che, se prima veniva cercato nellambito della fede religiosa e nella ricerca filosofica, ora viene considerato appannaggio degli studi di scienze naturali. Questo ha generato il primato della ragione scientifica la quale per natura orientata verso il camprecedente al dubbio stesso anche se lo si dovesse considerare informe. Lo stesso tentativo cartesiano, di messa in questione radicale della realt percepita, non pu non cedere di fronte al fatto di percepire il semplice dato del pensare come esperienza vitale indiscutibile. Cfr. a questo riguardo linteressante articolo di Pierre Thvenaz, La question du point de dpart radical chez Descartes et Husserl, in H. L. Van Breda (ed.), Problmes actuels de la Phnomnologie, Descle de Brouwer, Bruges 1952, pp. 9-30. 10. La riflessione di Nicol non si discosta qui da quella di Cassirer: Nessuna delle precedenti et si trovata in una posizione migliore della nostra per quanto riguarda le fonti a cui attingere per conoscere la natura umana. [] Gli strumenti tecnici per losservazione e la sperimentazione sono stati grandemente perfezionati e le analisi sono diventate pi penetranti e pi approfondite [] tuttavia sembra che non si sia ancora trovato un metodo per padroneggiare e organizzare tutto questo materiale (Saggio sulluomo, Armando, Roma, 2004, p. 75); n dallinterpretazione di Scheler per il quale nonostante il loro innegabile valore, le scienze sempre pi specializzate che si occupano delluomo, anzich chiarirla, ci nascondono sempre pi la sua vera essenza []: allora si pu affermare che in nessuna epoca della storia come nella presente, luomo apparso a se stesso cos enigmatico (La posizione delluomo nel cosmo, Fabbri, Milano 1970, pp. 157-158). 11. E. Nicol, Las situaciones vitales, cit., p. 219. 12. Ibidem.

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po della tecnica e della tecnologia: il dominio della ragione pratica, ma amorale, vale a dire, il dominio della ragione pragmatica.13 Tale tipo di ragione ha generato la crisi perch ha portato allinstaurazione della politica, intesa alla stregua di una violenta lotta per il dominio, come dimensione fondamentale dellesistenza, e quindi al totalitarismo. Linizio della crisi va, secondo Nicol, individuato nella svolta subita dalla psicologia nel secolo XIX, quando si costitu come scienza e si orient verso lelaborazione di una tecnica, rendendosi quantitativa, come la psicotecnica che in essa si fonda, abbandonando lo studio della vita umana, ovvero lo studio delluomo nella sua interezza. Nel costituirsi come scienza, tale psicologia ammise come metodo rigoroso solo quello delle scienze naturali deducendo da ci la sua stessa legittimit. Ma se legittima come scienza della natura, in quanto studia quella parte dellumano che biologica e fisiologica, non lo in quanto scienza delluomo.14 La psicologia scientifica, come dunque la definisce Nicol, ci offre unidea delluomo di carattere naturalistico che chiaramente insufficiente a dare ragione di tutti gli aspetti della vita umana.15 Per questo si pu tranquillamente affermare che, pur non dichiarando falsit, la psicologia scientifica non un saber del hombre. Non possibile rivolgersi alluomo in maniera integrale dal punto di vista della scienza della natura: conosciamo luomo quando sappiamo della sua vita [] e dubito che linsieme intero dei risultati ottenuti dalla psicologia scientifica in poco pi di un secolo, abbia aggiunto un poco di conoscenza al sapere delluomo che ebbero SantAgostino, Montaigne o Pascal, sebbene nessuno di essi abbia potuto avere, nella propria vita, la gioia di conoscere come si misura il tempo di reazione, n di studiare gli effetti della fatica sulla pressione arteriosa.16 La psicologia contemporanea ha perso di vista il suo vero oggetto, luomo, e la sua
13. Ivi, p. 220. Cfr. anche E. Nicol, El porvenir de la filosofa, cit., pp. 245-248. 14. La psicologia sperimentale, dunque, scienza di una parte dellumana realt, non delluomo nella sua integrit. 15. Questo dovuto al fatto che il tentativo di una certa psicologia di svincolarsi dalla filosofia , in realt, vano: lo stesso volersi svincolare per assumere un orientamento scientifico espressivo di unimpostazione filosofica di carattere antropologico per la quale luomo considerato come un essere meramente biologico (PSV, p. 21). 16. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional [1942], in VH, p. 205. Nella misurazione si dovuto prescindere dalla qualit del fatto psichico, dallesperienza che vive il soggetto sottomesso allosservazione, e si trattato di tradurre in quantit due fattori psichici irriducibili a questa: lintensit qualitativa e il tempo vissuto (PSV, p. 22).

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conseguente incapacit di elaborare delle concezioni della vita capaci di includere la variet delle possibili esperienze porta alla conclusione che o la scienza psicologica non bastava da sola a formare una idea delluomo, oppure era inadeguata e deforme lidea delluomo che era implicitamente presupposta dai principi e metodi di questa scienza.17 Il suo completo distacco dalla filosofia ha creato un vuoto che il pensiero speculativo ha tentato di colmare attraverso una nuova forma di riflessione: lantropologia filosofica.18 Secondo Nicol, riesaminando i risultati raggiunti dalle diverse antropologie filosofiche ci possiamo rendere conto che essi si rivolgono ai problemi psicologici della vita umana impiegando metodi filosofici per esempio il metodo fenomenologico , ma i risultati sono chiaramente psicologici.19 Siamo, dunque, autorizzati a porci il problema della possibilit e necessit di una psicologia che sia filosofica: una psicologia che, partendo da un fondamento antropologico, ristabilisca il problema del saber del hombre allinterno del suo proprio dominio. Questa sarebbe lautentica psicologia, non perch la psicologia scientifica affermi cose false, ma perch i suoi metodi sono pertinenti alle scienze della natura che si rivolgono alluomo come ad una macchina e non considerano il fatto che la vita delluomo differente da quella di ogni altro essere, vivente o meno.20 Una psicologia intesa come saber del hombre non per Nicol qualcosa di rivoluzionario, essa unautentica creazione perch non mai esistita e il suo intento non deve consistere nellavanzare solamente analisi concrete dellindole indicata, ma nel dare avvio a queste stesse partendo da una struttura di base articolata e rigorosamente costituita da concetti che inquadrino il campo di quella vita umana che bisogna comprendere e, infine, il campo stesso della psicologia.21 Tale indole sar chiamata da Nicol anche spirito,22 o co17. PSV, p. 7. 18. E abbiamo chiamato antropologia filosofica gli intenti del pensiero contemporaneo di elaborare una teoria delluomo (E. Nicol, Las situaciones vitales, cit., p. 220). 19. Ivi, p. 221. Con tale affermazione Nicol vuole intendere che lantropologia filosofica si dedica fondamentalmente al problema dellesperienza umana, che anche oggetto dellindagine psicologica, ma lo fa con metodi filosofici. 20. Questa differenza sar poi messa in evidenza attraverso la categoria di espressione che, considerata come dato differenziale fondamentale, permetter a Nicol di mostrare i diversi ordini dellessere ai quali possono essere ascritti lente uomo e lente non-uomo (cfr. a tal proposito ME e IH2). 21. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional, in VH, p. 206. Nicol riconosce che

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scienza, e verr intesa come luogo della consapevolezza della stessa esperienza vissuta. Il compito della riflessione psicologica sar quello di comprendere immediatamente lesperienza (come intuizione concreta del senso del vissuto), descriverla e organizzare questa comprensione (altrimenti non si tratterebbe di conoscenza rigorosa) in unarchitettura di concetti strutturali;23 essere, quindi, in grado di analizzare e comprendere luomo nel suo fare esperienza del mondo, individuando la forma che si mantiene inalterata nellesperire stesso. Nicol riconosce a Max Scheler il tentativo di recuperare questattenzione allesperienza, nella sua complessit e variet, attraverso una profonda riflessione antropologica che si rivolge alluomo in carne ed ossa,24 ma ravvisa che nellopera del pensatore tedesco continua a mancare la sistematicit della riflessione, lintegrazione dellantropologia nellambito di un orizzonte esplicativo che la potesse comprendere e fondare; il

su questa via, ma senza giungere ad una vera e propria fondazione filosofica, si era gi incamminato Eduard Spranger (cfr. Lebensformen: geisteswissenschaftliche psychologie und ethik der personlichkeit [1927], ora in Gesammelte Schriften, 9 voll., Niemeyer, Tubingen 1978, che Nicol lesse nella traduzione spagnola del 1948, pubblicata in Argentina, a Buenos Aires, con il titolo Formas de vida: psicologia y etica de la personalidad). Su Spranger e la questione psicologica cfr. T. Griffero, Spirito e forme di vita. La filosofia della cultura di Eduard Spranger, Franco Angeli, Milano 1991. 22. Tale termine assume lo stesso senso di coscienza intesa come capacit di agire in maniera sensata (anche la percezione unazione), in quanto mutuato dal gi citato spiritualismo catalano, nella cui tradizione si formato Nicol, e, come vedremo, riguarda la totalit del soggetto e non solo una parte di esso. Non va, per, sottovalutata la possibile influenza di Dilthey, riguardo la concezione di una psicologia che ha come oggetto la vita psichica e come fine supremo [] la constatazione dellelemento comune nella vita psichica degli individui. Anche nel caso di Nicol pu valere la definizione di struttura psichica come ordine secondo cui, nella vita psichica sviluppata, i fatti psichici di qualit differente sono reciprocamente legati da uninterna relazione che pu venir immediatamente vissuta (W. Dilthey, Critica della ragione storica, Einaudi, Torino 1954, pp. 64-65). Cfr. anche W. Dilthey, Psicologia descrittiva analitica e comparata, Unicopli, Milano 1979. Lo stesso Nicol afferma che la possibilit e la legittimit di una psicologia concreta, comprensiva, autenticamente antropologica, gi era stata segnalata, senza dubbi, da Dilthey, che pu essere considerato un autentico antesignano della psicologia delle situazioni vitali (PSV, Prlogo a la segunda edicin, p. 10) e che alcune idee di Dilthey debbono essere considerate come listanza per la trasformazione fondamentale della psicologia (PSV, p. 21). Per un maggior approfondimento riguardo il pensiero di Dilthey ci permettiamo di rimandare a G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, 2 voll., Guida, Napoli 1976. 23. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional, in VH, p. 207. 24. Nicol si riferisce in particolare allopera di Scheler La posizione delluomo nel cosmo del 1928.

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merito di aver raggiunto tale risultato attribuito invece, a Heidegger.25 Secondo il pensatore catalano bisogna riportarsi alle spalle di Heidegger per poter individuare il corretto punto di partenza di una psicologia che voglia comprendere luomo nella sua concretezza. perci necessario riferirsi alle questioni che emergono dalla riflessione di un altro filosofo che ha contribuito a modificare la maniera di concepire lesistenza umana, vale a dire Henri Bergson. La possibilit stessa di una psicologia delle situazioni vitali come teoria dellesperienza, infatti, richiede una chiarificazione e corretta concettualizzazione di quelli che sono i caratteri pi radicali e universali della vita umana, vale a dire una fondazione delle condizioni spazio-temporali dellesistenza,26 al fine di individuare una categoria attraverso la quale leggere lesperienza, poich ogni esperienza spazio-temporale. I concetti utilizzati dalla nuova psicologia dovranno essere di carattere filosofico, perch solo in questo modo si potr tentare la comprensione dellessere umano nella sua interezza, ma allo stesso tempo non dovranno essere n a priori n ontologici.27 Dunque, la conoscenza di ci che accade presuppone unidea chiara e filosofica della spazialit e della temporalit; infatti solo a partire da questa condizione si pu dare il via alla comprensione del modo in cui luomo vive la sua vita e della sua esperienza di questa, indipendentemente da qualsiasi spiegazione di tipo causale.28 Questa lautentica psicologia, la psicologia fondamentale,
25. In questo caso il riferimento rivolto allanalitica dellesserci che occupa la prima parte di Essere e Tempo [1927]. Tentativo perch, come si mostrer, Nicol non condivide affatto gli esiti della riflessione heideggeriana. 26. interessante notare come proprio al riferirsi ai concetti di spazio e di tempo Nicol non ritenga necessario soffermarsi sullopera di Heidegger. Questa volontaria omissione, dato che in pi di uno scritto mostra di avere conoscenza del pensiero heideggeriano, dovuta al tentativo nicoliano di andare alla radice della questione, da qui la scelta di riferirsi piuttosto a Bergson e alla sua elaborazione del concetto di durata che apre il campo ad una nuova interpretazione della temporalit cui, secondo Nicol, debitore anche Heidegger (cfr. PSV, p. 10). 27. E. Nicol, Las situaciones vitales, in VH, p. 221. Bisogna riportarsi allosservazione riconoscendo che lunica cosa osservabile nelluomo lespressione: lagire delluomo espressivo (in ambito ontologico lespressione proprio espressione dellessere, cfr. ME) ed tale in quanto carico di un senso che non pu essere misurato. Con ci Nicol vuole sottolineare la differenza metodologica tra la psicologia scientifica e quella da lui proposta: la prima si rivolge allaspetto quantitativo della vita, la seconda a quello qualitativo. 28. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional, in VH, p. 207. Lindipendenza dalla causa non indica il disinteresse verso i fattori che generano determinate situazioni

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che non deve essere considerata come una scienza frustrata, ma nemmeno come quella che hanno chiamato antropologia filosofica, cosa che molte volte non che un nome con il quale sono stati battezzati i mediocri o valenti risultati generati dal desiderio di una psicologia rigorosamente costituita su principi solidi.29 A partire dalla concettualizzazione corretta delle condizioni base dellesperienza, vale a dire spazio e tempo, si potr poi giungere al riconoscimento di quella categoria che permette alla psicologia di comprendere la vita umana nel suo attuarsi. Tale categoria deve essere formale30 e non pu riferirsi ad una specifica esperienza, come invece avviene per il risentimento e la simpatia in Scheler, la libido nella psicoanalisi di Freud, il desiderio di potere in quella di Adler, la cura in Heidegger, il timore o la vergogna per Sartre. Secondo Nicol, queste categorie sono gi di per s connotate qualitativamente e per questo non riescono a dare conto della molteplicit dellesperienza: esse non sono realmente formali. Lindividuazione della corretta categoria deve andare al di l delle specificit, deve dirigersi alle situazioni vitali nelle quali si possono verificare tali esperienze, perch questo ci che sono tali caratteri31: situazioni particolari.32 Bisogna riconoscere che suddetti caratteri si possono presentare, e quindi essere riconosciuti, solo in quanto parte di una situazione vitale: luomo non ha invidia,
nelle quali si ritrova luomo, ma il discostarsi del pensiero nicoliano da una spiegazione di tipo meccanicistico, che considera tutto inquadrabile attraverso il dispositivo causa-effetto. Non altro che un sottolineare di nuovo la propria lontananza da una psicologia che si riduce a fisiologia. 29. Ibidem. 30. esperienza, struttura, forma e senso sono, dunque, concetti fondamentali dei quali ci serviamo fin dallinizio per procedere alla descrizione e comprensione psicologica (PSV, p. 28). 31. La terminologia che Nicol utilizza per parlarci delle categorie, tonalit emotive, o esperienze poste da altri pensatori alla base della propria teoria, indica che la sua interpretazione le assume tutte, dopo averle ridotte a meri caratteri, allinterno di un orizzonte di comprensione pi ampio. Bisognerebbe indagare, per ciascuna di queste possibilit, se davvero si pu operare una riduzione a carattere specifico. Gi, solo per riferirsi ad uno di questi, per quanto riguarda la Sorge, Heidegger riconosce che essa non ha nulla a che vedere con tendenze dessere di carattere ontico, ma riguarda la totalit formale esistenziale dellinsieme delle strutture ontologiche dellEsserci (cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976, p. 239). Non questo, per, il luogo in cui sviluppare tali analisi, a maggior ragione per quel che riguarda Heidegger al quale dedicato un capitolo intero di HE, del quale ci occuperemo nel prossimo capitolo. 32. PSV, p. 11.

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diligenza, timore, sebbene si dica cos, ma vive in maniera invidiosa, o diligente, o timorosa.33 Che cosa sono questi caratteri che distinguono luomo da qualsiasi altro essere? E in che maniera si sviluppano nella vita delluomo? Ma soprattutto, come si sviluppa e organizza la stessa vita umana? Queste sono le domande dalle quali parte la riflessione psicologica di Nicol, che considera la situazione vitale un concetto categoriale, vale a dire pi ampio di quello di qualsiasi realt vitale particolare che possa proporsi come chiave della condizione umana, in quanto permette di comprenderle tutte, anche quelle che non sono considerate chiave. Il concetto di situazione come un principio ordinatore, strutturale del vastissimo materiale che forma lesperienza.34 Un autentico saber del hombre, si raggiunge solo ad un livello che Nicol chiama di spiegazione situazionale, ma non assumendo come categoria guida una situazione particolare: la conoscenza autentica delluomo, dal punto di vista psicologico, deve essere guidata dalla categoria di comprensione; la comprensione si realizza solo attraverso lanalisi dellesperienza;35 questa esperienza si struttura in situazioni
33. Ibidem. 34. Ibidem. Riguardo alla categoria di situazione corre lobbligo di citare la riflessione jaspersiana riferita a tale questione, cfr. tra le varie opere K. Jaspers, La situazione sprituale del tempo, Jouvence, Roma 1982 e Id., Metafisica, Mursia, Milano 1995. Lo stesso Nicol riconosce il valore della riflessione del pensatore tedesco ma afferma che non fu questa a permettergli di giungere ad elaborare la sua concezione psicologica (PSV, p. 29, nota 2). 35. La comprensione soprattutto comprensione dellespressione delluomo, ed per questo motivo che esso non pu mai essere cosiderato un mero oggetto di analisi alla stregua degli altri enti. Anche quando si sottomette a sperimentazione, luomo continua ad essere un soggetto che dialoga con lo sperimentatore. Questo per Nicol indice del fatto che la maggior parte delle volte non siamo coscienti del risultato espressivo del nostro movimento [] giustamente la persona estranea, il nostro interlocutore, che ci d delucidazioni riguardo la nostra propria persona. Il comprendere unespressione non pu consistere nella mera applicazione di un dispositivo interpretativo quale quello causa-effetto o stimolo-reazione. Se cos fosse, nota Nicol, la comprensione sarebbe un atto di estrema complessit composto di tre momenti: 1) momento induttivo, che ci permetterebbe di elaborare uno schema; b) un momento astrattivo attraverso il quale spogliamo lo schema dei contenuti contingenti; c) un momento deduttivo, nel quale applichiamo al soggetto analizzato i processi psichici corrispondenti allo schema ottenuto. Un tale processo, non solo perderebbe di vista la singolarit di ogni esistente umano, ma sarebbe soprattutto troppo complicato. Infatti, la nostra esperienza mostra che la comprensione non attraversa tutte queste fasi, non una operazione logica, ma unintuizione immediata. Comprendere lespressione di un uomo significa giungere a vedere ci che succede a quelluomo [], ci si disvela il senso che ha per la sua vita lesperienza che sta facendo in quel momento, e questo non pu essere raggiunto attraverso una lettura schematica e quantitativa della real-

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vitali. Pertanto, solo la psicologia situazionale pu aspirare legittimamente ad un autentico sapere psicologico delluomo in quanto tale.36 Questo possibile perch la vita stessa delluomo si organizza in situazioni, che per questo sono vitali, non nel senso biologico del termine ma in riferimento allo sviluppo di tutto luomo: luomo non un essere naturale, perch il suo essere la sua vita e questa ha una struttura storica.37 Luomo sempre diverso e le sue relazioni, sempre differenti e qualitative38 per questo psicologiche , sono ci che costituiscono la situazione in cui si trova.39 Lobiettivo di tale psicologia che si fonda sul concetto di situazione vitale deve essere quello di mostrare come sia spossibile una lettura rigorosa della realt umana; una lettura scientifica che non sia naturalistica, riduttiva, ma che riesca ad individuare, seguendo lidea di scienza perseguita da Nicol, il concetto chiave attraverso il quale poter comprendere in maniera formale il variegato mondo dellesperienza, del dato particolare. Al filosofo, dunque, spetta il compito di interessarsi di nuovo del fondamento di qualunque discorso che riguardi luomo, vigilando sul rischio di riduzione della dimensione umana ad una delle sue componenti. La situazione, intesa come
t umana, ma solo attraverso unimmediata intuizione (PSV, pp. 23-24). 36. E. Nicol, Psicologa cientfica y psicologa situacional, in VH, p. 210. 37. PSV, p. 28. 38. Ogni relazione unica, cos come unica lespressione che la manifesta, perch ogni uomo unico. Luomo sempre in relazione, vale a dire che sempre si esprime quindi in perpetua attivit: siamo unazione in quanto tutto in noi espressivo. Tale questione riguarda in maniera fondamentale anche il rapporto che luomo ha con il suo corpo: luomo si esprime attraverso il suo corpo (anche il silenzio o la rigidit espressione) ed il corpo corpo umano proprio per il suo essere espressivo, informato dallespressione che si manifesta attraverso il suo comportamento (PSV, pp. 25). Il corpo inteso come semplice ente appartenente al mondo degli oggetti non corpo umano, semplice corpo, cosa. Questo indica che lumano , s, parte del mondo degli oggetti ma non si esaurisce in esso e trova il suo posto pi proprio allinterno di un altro ordine dellessere, quello delluomo stesso. In tal modo, Nicol chiude la questione riguardante la relazione tra psiche e corpo, riconoscendo al corpo lespressivit (poich, sebbene il linguaggio possa a volte essere ingannevole, il corpo non solo un mezzo ma espressione stessa) in quanto corpo umano e quindi non separabile dallessenza delluomo come se fosse una componente aggiuntiva. Di sicuro rimane aperto il problema dellappartenenza a due dimensioni dellessere: il corpo, infatti, ci che mantiene luomo ancorato a alla dimensione della cosalit, pur facendo parte della sua espressivit quindi di ci che caratterizza il suo essere pi proprio. Tale problematica pu essere posta, in maniera esauriente, soltanto dal punto di vista ontologico, per cui per adesso accontentiamoci della lettura psicologica che ne d Nicol in attesa di approfondire la questione lungo il corso del nostro discorso. 39. E. Nicol, Las situaciones vitales, in VH, p. 223.

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categoria costituente la vita stessa, questa stessa vigilanza, in quanto permette di salvaguardare lambito dellumano e di osservarlo in tutta la sua singolarit. Questultima salvaguardata appunto dalla relazione che non pu essere disgiunta dalla categoria di situazione e che impedisce alla riflessione filosofica di considerare il soggetto come un tutto isolato: la situazione la relazione vitale effettiva che lio del soggetto stabilisce sempre con il non-io trans-soggettivo, presente o assente, attuale o passato (e soprattutto con il non-io che laltro-io del prossimo).40 Queste, le problematiche che muovono lindagine di Nicol nella sua prima opera; indagine che deve mostrare come si articola la vita umana nella sua concretezza e per questo decide di procedere fenomenologicamente,41 intendendo con ci il fatto di procedere a partire dallesperienza, dal dato nella sua evidenza. Il progetto di una psicologia delle situazioni vitali per Nicol qualcosa di necessario42 al fine di ricomporre in maniera completa limma40. PSV, p. 17. 41. PSV, p. 18. Nicol considera il metodo fenomenologico come metodo oggettivo, che non tenta di inquadrare la realt in schemi presupposti e non verificati nello stesso confronto con il dato reale ed immediato. Il valore di questo approccio quello di evitare il problema del dualismo nel quale resta intrappolata la psicologia scientifica: la psicologia tradizionale inizia accettando la distinzione tra interno (lo psichico propriamente detto) ed esterno (che chiama espressione). Opera sulla base di due presupposti: a) la correlazione uniforme e costante tra lespressivo e lo psichico (con la quale da per risolto, o meglio elude, il problema posto da questo stesso dualismo), e b) che una rappresentazione quantitativa dellespressione esterna possa essere adeguata per conoscere la vita psichica interna. Le difficolt operative che presenta questultimo presupposto conducono inevitabilmente ad un rifiuto del primo, attraverso il quale la psicologia scientifica giunge a conseguenze congruenti ma paradossali: abbandona la dualit della relazione psiche-espressione i cui termini eterogenei non sono compatibili scientificamente e ve ne sostituisce unaltra i cui termini appartengono entrambi allordine dellesterno, ossia la relazione stimolo-espressione. Questa , o sembra essere, omogenea e uniformemente quantificabile. Il risultato una psico-loga senza psiche; un concetto dellespressione secondo il quale ci che viene espresso non lio, ma quella parte delle sue reazioni motrici, rispetto a stimoli, che riducibile a rappresentazione quantitativa; un concetto dellio per il quale questo stesso viene ridotto al puro soggetto di quelle reazioni. Secondo tale psicologia, la situazione il dispositivo degli stimoli e costituisce il fattore oggettivo di analisi, ossia ci che giustifica il carattere scientifico della psicologia. Come si vedr, la situazione deve essere qualcosa di pi complesso (se vitale, pertanto umana). [] La scienza non dipende dai numeri, ma dal rigore del metodo (PSV, nota 1, p. 22). Tale nota fu aggiunta nella seconda versione della Psicologa de las situaciones vitales e mostra chiaramente una visione raggiunta attraverso la profonda meditazione sul fenomeno dellespressione. Per questo abbiamo preferito riportarla in nota a conferma del discorso sviluppato riguardo la psicologia situazionale. 42. E lo ancora nel 1963, quando scrive il prologo alla seconda edizione dellopera.

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gine delluomo, integrando lunit psichica con il fattore corporeo, rompere la gabbia solipsistica nella quale era stato rinchiuso il soggetto, restituendogli quella parte di s che laltro e mostrando ci con cui in relazione nelle diverse esperienze che strutturano la trama della sua vita.43 Eppure, come gi affermato, la comprensione delluomo deve iniziare dai concetti fondamentali di spazialit e temporalit come dati immediati dellesperienza.44 2.2. Esperienza e critica del soggetto Lesperienza fonte della conoscenza di tipo psicologico, che sempre una conoscenza immediata.45 Tale immediatezza non consiste nel fatto che il conoscere psicologico si dia nella sua completezza ogni volta che ci si riferisce ad unesperienza ma che in questa possiamo individuare, come sua componente peculiare, una sorta di intuizione del senso che il vissuto, trascorso o in atto, ha nella vita del soggetto agente.46 Tale intuizione, per, pu non essere completa e il suo completamento potrebbe richiedere il vivere unaltra esperienza: la comprensione chiara del senso pu anche realizzarsi dopo aver vissuto molte esperienze in quanto dovuta allentrare di queste in connessione vitale. In realt, il senso di unesperienza non giunge mai ad essere completo, dato che nello scorrere della nostra vita possiamo variare la considerazione che abbiamo dei nostri vissuti. Questa possibilit di interpretare, in maniera anche radicalmente nuova, parte del passato ci che nellambito del linguaggio comune ci permette di parlare di una persona come uomo di esperienza, ad indicare il fatto che ha saputo ben

43. Lo stesso Nicol afferma: tutto quello che si pu dire riguardo lesperienza che luomo fa della sua propria vita psicologia (PSV, p. 28). 44. PSV, p. 31. Laffermazione di Nicol chiama in causa quasi automaticamente il confronto con Bergson che avverr, appunto, riguardo i concetti di spazio e tempo. 45. PSV, p. 33. Ogni esperienza, dunque, non un atto neutrale ma porta con s un carico di senso. Questo dovuto, come vedremo poi, allespressivit che caratterizza lessere stesso delluomo. Lesperienza consiste nellappropriazione del senso del vissuto (E. Nicol, La marcha hacia lo concreto [1941], in VH, p. 106). 46. Esiste, chiaramente, anche la riflessione che possiamo fare riguardo un nostro vissuto, ma questa sarebbe gi unaltra esperienza (un altro vissuto) e si andrebbe a sovrapporre alla prima. Sarebbe unesperienza riflessa.

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interpretare la propria vita.47 il senso, dunque, che fa lesperienza, non la quantit, se cos si pu dire, dei vissuti. Nicol stesso riconosce che lavere esperienza non dipende dallet, n dallaver accumulato tante esperienze differenti, ma dal modo in cui in tale accumulare si effettua unintegrazione, e dal modo pi o meno certo con cui sia colto il senso di ogni esperienza e influisca, nellessere colto, sul corso futuro dellesistenza del soggetto che la vive.48 Lesistenza, dunque, non uniforme e si differenzia da un individuo allaltro. Lesperienza mostra in parte il suo senso, il quale si perfeziona e rende pi chiaro attraverso le successive esperienze, ma solo se tra queste avviene unintegrazione, che le riporti appunto a quel senso.49 Come poter analizzare il senso dellesperienza e il suo modo di realizzarsi e integrarsi? Lintrospezione, che ci permetterebbe di analizzare i nostri processi psichici, essendo unesperienza anchessa non apporterebbe pi profondit allanalisi di qualsiasi altra esperienza riflessiva; losservazione dallesterno, anchessa unesperienza, implicherebbe linterazione di due soggetti (porre laltro nel ruolo di osservato non che un modo particolare di relazionarsi a lui, quindi implicherebbe uno studio piscologico anche dellosservatore) e necessiterebbe, per essere fruttuosa, di unadeguata teoria dellespressione su cui basarsi. Questi metodi utilizzati dalla psicologia tradizionale non sono adeguati, o meglio non sono sufficienti perch si basano, alla fine, sempre sullesperienza di un soggetto: latteggiamento scientifico assunto dalla psicologia, per cui laltro verrebbe ridotto a mero soggetto di osservazione non riesce a sospendere la relazione vitale con lui. Per giungere a questo risultato losservatore dovrebbe poter andare al di l della sua stessa vita, che relazione, e oggettivare la vita del soggetto osservato. Questo, chiaramente, non possibile a nessuna scienza dato che tutte fanno parte della stessa realt che studiano.50 Di fronte a questo pro47. Ci possibile in quanto la propria vita , per Nicol, sempre vita comune, trama di relazioni nella quale implicato e si attualizza lessere delluomo. Per questo un uomo di esperienza sa come relazionarsi alla vita intesa come rapporto con gli altri e con le cose. 48. PSV, p. 34. 49. Secondo Nicol, luniformit la possiamo incontrare solo nella vita animale, in quanto lesperienza qui abituale e non ha alcun senso se non quello di una sussistenza biologica: la bestia sprovvista della nozione di senso personale e sopra-individuale (Ibidem). 50. Questo il motivo per il quale, secondo Nicol, nessuna scienza pu dirsi definitiva

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blema si apre il cammino della soluzione, che individuabile solo se ci lasciamo condurre dai fatti cos come sono. Se il fatto che losservatore non possa porsi al di fuori della relazione con ci che osserva pu creare problemi in alcune scienze, quali per esempio la fisica, questo non deve dare alcuna noia allo psicologo che rifacendosi alla realt dei fatti nella sua complessit deve riconoscere questa condizione come il punto di partenza di unautentica psicologia: limplicazione necessaria di io e tu lassunto di base dal quale bisogna partire.51 Limplicarsi reciproco di io e tu forma un sistema per cui non possibile separare i due termini senza cadere in una falsa descrizione della realt psicologica. Tra io e tu esiste una relazione vitale e per questo il sistema avr il nome di situazione vitale.52 Non
senza per questo perdere la sua validit (PSV, p. 34, nota 1). Tale nota presente solo nella seconda edizione della Psicologa de las situaciones vitales, segno della meditazione ulteriore che ha chiarito, e confermato, i punti cardine della prima opera di Nicol. 51. PSV, p. 35, nota 1. doveroso fare qui riferimento allopera di Martin Buber Ich und Du [1923], che si apre con queste parole: Il mondo ha per luomo due volti, secondo il suo duplice atteggiamento. Latteggiamento delluomo duplice per la duplicit delle parole che egli dice. Le parole fondamentali non sono singole, ma coppie di parole. Una di queste parole fondamentali la coppia io-tu. Laltra parola fondamentale la coppia io-esso; dove, al posto dellesso, si possono anche sostituire le parole lui o lei, senza che la parola fondamentalmente cambi. E cos anche lio delluomo duplice. Perch lio della parola fondamentale io-tu diverso da quello della parola fondamentale io-esso. Le parole fondamentali non attestano qualcosa che esista al di fuori di esse, ma, una volta dette, fondano unentit. Le parole fondamentali sono dette insieme allessere. Quando si dice tu, si dice insieme lio della coppia io-tu (M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1993, p. 61). Buber, sebbene ammetta egli stesso di non aver elaborato una vera e propria dottrina, sta parlando della realt tutta, non solo di quella psicologica: non ho alcuna dottrina. Solo indico qualcosa. Indico la realt, indico qualcosa nella realt che non stato visto o stato visto troppo poco (M. Buber, Replies to my Critics, in AA.VV., The Philosophy of Martin Buber, Open Court, La Salle, Illinois 1967, p. 693). La realt letta attraverso la lente della relazione, intesa non come possibilit ma come struttura originaria (cfr. N. Bombaci, Ebraismo e cristianesimo a confronto nel pensiero di Martin Buber, Dante & Descartes, Napoli 2001, in particolare in primo capitolo). Anche se Nicol, per ora, si sta limitando a considerazioni di ordine psicologico, il dispositivo io-tu (che vedremo poi assumere il nome di ionon-io) rappresenta il punto di partenza della realt psicologica, la quale espressione della realt stessa. Va segnalato che questa peculiare affinit, nonostante le strade assolutamente diverse intraprese dai due pensatori in questione, non stata finora oggetto di interesse di nessuno studioso di Nicol, sebbene vi sia stato chi abbia abbia dedicato la propria attenzione alla presenza di una dimensione dialogica nel suo pensiero, cfr. M. L. Santos, Realidad, evidencia y misterio: la dimensin dialgica en el sistema de Eduardo Nicol, in J. Gonzlez, L. Sagols (eds.), El ser y la expresin, cit., pp. 33-52. 52. Il nesso, la relazione vitale, esistente tra io e tu costituita proprio dallespressione ed reale (vitale) e oggettivamente determinabile. La psicologia scientifica utilizzando lastrazione ha pensato di poter comprendere luomo analizzando solo i termini della rela-

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possibile una conoscenza psicologica che si situi al di fuori di tale relazione, soprattutto perch, come gi detto prima, ogni metodo rimanderebbe ad una conoscenza strettamente soggettiva. Questo un limite invalicabile, per il quale una profonda e precisa conoscenza psicologica consiste di unesperienza talmente personale che non pu essere trasmessa, pur rimanendo ferma la possibilit di riflettere sullesperienza in generale. Una riflessione di questo genere sar pur sempre unesperienza. Procedendo in questa maniera, la prima questione nella quale ci si imbatte quella della nozione di soggetto: la psicologia tradizionale, isolandolo, si spinta fino alla sua naturalizzazione, considerandone poi solo le funzioni psichiche. In ci, la ricerca ha conseguito importanti risultati, ma ha trattato luomo come se si situasse al di fuori della realt. Una lettura dellessere umano che lo voglia collocare nella sua autentica dimensione esistenziale costringe a rivedere la nozione di soggetto autosufficiente, che sta alla base della psicologia scientifica.53 Secondo Nicol, fino a questo momento il termine soggetto stato impiegato dalla psicologia in maniera indeterminata e confusa. Questo probabilmente perch tale termine non nasce nellambito di questa scienza ma viene mutuato dalla campo della metafisica e dellepistemologia recando con s lo stesso significato che assumeva in questi due campi: per soggetto si intende in generale lessere umano, e in particolare la coscienza.54 In qualsiasi delle sue accezioni, il termine soggetto denota, in maniera pi o meno manifesta, una specie di soggezione a qualcosa. Questo ci obbliga al tentativo di andare oltre il soggetto per individuare ci a cui esso sottomesso e le forme stesse di tale soggezione. La sua definizione come soggetto ci informa di una soggezione della quale per non ci d alcuna altra informazione. La
zione, isolandolo, quindi, falsificando la realt, al contrario, partendo dallespressione, la psicologia delle situazioni vitali dispone senza dubbio della comprensione integrale; la comprensione del prossimo come altro-io, come un uomo, primaria nellesperienza prescientifica (PSV, p. 35, nota 1). Anche in questo passo possibile ravvisare una qualche affinit con il discorso buberiano, confermata dal fatto che Nicol rimandi, in fin di nota, alla Metafsica de la expresin, come a voler spostare il piano dallo psicologico allontologico. 53. Questa revisione che prende il suo avvio a partire dallambito psicologico porta Nicol ad una revisione ontologica dellessere delluomo. Per questo motivo la Psicologa de las situaciones vitales non pu essere considerata come una semplice opera psicologica bens come linizio di quella critica della ragione a tappe che assume una forma chiara in HE e che d vita a ME. 54. PSV, p. 37.

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chiave di volta della questione sta nellindividuare il modo in cui il non-soggetto in lui presente in maniera effettiva, reale. Per Nicol il termine soggetto pu avere senso solo in nome di tale soggezione, della presenza di qualcosaltro in se stesso, e a tale presenza suole darsi il nome di coscienza. Ora tutto ci che non soggetto presente in lui in quanto oggetto della coscienza che per non pu essere identificato con la coscienza stessa, e cos a tutto ci che non coscienza ma da essa colto si suole dare il nome di oggetto: loggetto, dunque, perde ogni potere perch il suo costituirsi e darsi avviene nel soggetto stesso e loggettivit si riduce alla soggettivit. In tal modo, la variet del reale viene uniformata sotto il concetto generale di oggetto, e le relazioni tra soggetto e non-soggetto vengono neutralizzate come coscienza di.55 Lessere viene ridotto a coscienza, viene risucchiato da quel vortice che il soggetto cadendo in quello che potremmo definire come loblo psicologico delloggetto. Infatti, la psicologia a partire dal XVIII secolo, momento in cui inizia a costituirsi come scienza a s, separandosi dalla filosofia, ha focalizzato la propria attenzione solo sul soggetto perdendo di vista il suo correlato vitale. Lo studio del soggetto rivela immediatamente le relazioni che esso ha con ci che fuori di lui, gli oggetti, che, per, vengono studiati solo dal punto di vista soggettivo: loggetto non importava e la variet delle relazioni vitali del soggetto poteva ridursi a un repertorio di funzioni di base, uniformi e generiche.56 Il soggetto veniva identificato con la psiche, parola vecchia, che sembrava nuova e pi scientifica, con la quale si poteva sostituire la screditata parola anima, che significava la stessa cosa.57 Anche
55. V qui una nota polemica nei confronti di Husserl e della sua svolta trascendentale che non soddisfa Nicol. Il pensatore catalano vede nella fenomenologia un metodo oggettivo (reale) che non riporta tutto allambito della coscienza: la fenomenologia conoscenza immediata dellEssere nellente. [] Essere realt: Essere fenomeno. [] Prima lEssere, poi il pensare (CRS, p. 170). Per quanto riguarda la questione del metodo nicoliano, preferiamo non illustrare ora la sua particolarit e rimandar al successivo capitolo. interessante notare come la critica di Nicol, dal punto di vista fenomenologico, sia affine a quelle mosse ad Husserl da alcuni esponenti della scuola fenomenologica francese quali Merleau-Ponty, Emmanuel Lvinas, Jean Luc Marion e Michel Henry, seppur da posizioni differenti (cfr. C. Tarditi, Con e oltre la fenomenologia. Le eresie fenomenologiche di Jacques Derrida e Jean Luc Marion, il Melangolo, Genova 2008; V. Perego, La fenomenologia francese tra metafisica e teologia, Vita e Pensiero, Milano 2004) 56. PSV, p. 38. 57. Ibidem.

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la psiche non soddisfa la descrizione del soggetto in quanto non riesce a comprenderlo insieme alla totalit delle sue connessioni vitali, che pur non identificandosi con lui, non possono essere separate perch completano il suo essere. Non c via duscita al problema, la nozione di soggetto cos come stata concepita finora di per s problematica dato che non tiene conto della connessione vitale tra io e non-io, e produce una lettura non adeguata della soggettivit. necessario che loggetto, il non-io, sia valutato in tutta la sua portata di oggetto di esperienza al fine di dare il giusto valore allesperienza stessa. Questo significa che bisogna accettare la condizione per la impossibile conoscere e parlare di qualcosa come se fosse oggetto puro che si d allo sguardo dellosservatore rimanendo nel suo isolamento. O meglio, impossibile che questo accada nellambito della psicologia dove la comprensione riguarda la vita. La psicologia scientifica, dando per scontata la possibilit di effettuare questo isolamento, riusciva a conseguire risultati validi che, per, non riguardavano la vita nel suo attuarsi, al punto che a volte la letteratura in particolare il romanzo psicologico [risultava] pi ricca riguardo il saber del hombre che la stessa scienza psicologica.58 Nel soggetto solo, non troviamo tutto ci che lo stesso contiene. O per dirlo in maniera meno paradossale: se evitiamo il pregiudizio di considerarlo come qualcosa di isolato e sufficiente, precisamente in esso che troviamo qualcosa che ci rimanda a ci che esso stesso non , ci con cui si integra in maniera effettiva, reale o vitale.59 Lerrore di considerarlo isolato in base a quella realt pi autentica che dovrebbe trovarsi dentro di lui, ci che ha portato alla considerazione del corpo come qualcosa di estraneo al soggetto stesso. In realt, luomo ha un rapporto col proprio corpo differente da quello che ha con gli altri oggetti, perch in fondo soggetto al proprio corpo. Il gioco di parole mostra, secondo Nicol, che compito della psicologia andare a fondo anche riguardo la relazione privilegiata che esiste tra soggetto e corpo proprio, verificando se questultimo parte del soggetto o quali siano le forme di relazione funzionale che essi intrattengono e che permettono ulteriori relazioni con gli altri oggetti del mondo esteriore.
58. Cosa che, come notava il filosofo Pietro Piovani, accadeva anche nei confronti della filosofia. 59. PSV, p. 39.

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Loggettivazione del corpo lo disumanizza e non permette di rendersi conto di tutte le modalit vitali che ciascuna persona esprime attraverso lesperienza concreta del suo proprio corpo. Si potrebbe obiettare che loggettivazione lunico punto di partenza per lanalisi del corpo. In tal caso sarebbe irrimediabilmente perduta la dimensione del mio o tuo corpo, che se da una parte rimandano ad una comune corporeit dallaltra rinviano anche ad unaltra, differente, relazionata con il soggetto di cui sono corpo.60 Questo ci rende consapevoli del fatto che la costituzione del corpo umano influisce sulle modalit della nostra esistenza allo stesso modo in cui siamo consapevoli di avere un corpo, e quindi in una certa maniera in rapporto con esso.61 Il soggetto va al di l della psiche o della coscienza, per questo non costituito dalla somma delle sue funzioni psichiche ma le trascende e ne punto di convergenza. Non possibile giungere ad una corretta concettualizzazione della nozione di soggetto attraverso successive aggiunte, bisogna individuarla dal principio, appunto comprenderla.

60. interessante notare come lanalisi di Nicol apra una pista filosofica verso la questione medica della psicosomatosi. 61. La posizione di Nicol conferma ci che gi abbiamo notato nella nota 186, per cui il corpo ha un ruolo particolare in quanto oggetto privilegiato che mi condiziona non come gli altri oggetti, ma attraverso una relazione particolare. lancoraggio delluomo al mondo naturale che, allo stesso tempo, permette al soggetto di non essere naturale. Non si tratta di dualismo ma, come direbbe lo stesso Nicol, di mistero: lorigine ci che d ragione dellessere. Lessere delluomo verbo. Il verbo nasce dalla materia. Ci impossibile. E qui termina la questione. Non c motivo di sconforto. Il fatto che siamo circondati dal mistero (E. Nicol, Formas de hablar sublimes: poesa y filosofa, UNAM, Mxico 1990, p. 39). Il corpo in quanto mio corpo non mai semplicemente una res extensa, materia umanizzata che mostra il mistero dellincarnazione del logos (CRS, p. 263). La filosofia pu solo assumere questo come dato evidente: forse questa lunica occasione nella quale la filosofia deve concettualizzare il mistero. La comprensione rigorosa dei termini che cosituiscono il problema obbliga a riconoscere che non ha soluzione. indispensabile mettere in evidenza la materialit del logos, per non incorrere precisamente nellismo del materialismo e, nello stesso tempo, far risaltare lumanizzazione della materia grazie al logos, per non incorrere nellismo dellidealismo (CRS, p. 267). Come vedremo, posto in maniera ontologica, il problema assumer questa forma, cio quella di una sua conversione in dato. A partire da queste affermazioni Jos Luis Daz considera la posizione nicoliana in linea con un monismo metafisico non necessariamente materialista ma necessariamente duale (La danza de Proteo: Eduardo Nicol y el problema mente-cuerpo, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., p. 151). La possibilit di una dualit che non sia dualismo sembra essere funzionale alla comprensione del problema ma crediamo sia pi corretto limitarci alle stesse parole di Nicol, riconoscendo al problema la mancanza di soluzioni e la necessit che sia colto come dato incontrovertibile (mistero) che si d integrato nellunit personale.

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Lio, oggetto di esperienza immediata ma non pu essere sperimentato se non insieme alle sue relazioni. Come possibile che allora rimanga lo stesso quando cambiamo tutte le sue relazioni? E se cambia come possibile che si riconosca come lo stesso di prima? Non sar che lo stesso cambia, senza smettere di essere lo stesso, perch non c distinzione tra ci che e ci che possiede?62 Il fatto che lio sia oggetto di esperienza significa che esso tutto nellesperienza in cui lo si trova, e questo, ribadisce Nicol, avviene in maniera immediata: il soggetto non deve essere pensato come qualcosa di recondito che sta dietro le sue esperienze, che possa essere separato da queste, vale a dire separato dal trans-soggettivo. Il trans-soggettivo qualcosa di estraneo al soggetto [] ma allo stesso tempo qualcosa del quale il soggetto dipende per agire (e la sua esistenza azione); qualcosa senza il quale non si pu determinare con precisione ci che gli succede, come in fisica non si pu determinare lo stato del movimento della particella o la trasmissione dellonda se non in funzione del suo campo.63 Il non-io, che esterno al soggetto, non caos da ordinare, ma qualcosa di integrato, unificato, strutturato dal soggetto nella sua stessa esperienza e costituisce un campo, una circostanza64 personale: la situazione vitale giustamente il concetto con il quale si esprime quella interdipendenza tra campo e particella, ambiente e soggetto grazie alla quale possiamo comprendere lesistenza concreta di questultimo.65 Il soggetto, lio, si d interamente in tutte le sue esperienze, in ogni sua azione, e ci che gli permette di non frammentarsi il fatto che in ogni sua azione contiene interamente il suo passato, quindi le possibilit che delimitano il suo futuro. La temporalit, e qui giungiamo al dunque, non compromette il soggetto e la sua mismidad,66 ma la sviluppa. Nicol effettua una svolta teoretica che necessita di un cambiamento terminologico: il fatto di rimanere lo stesso pur cambiando rende problematico il permanere dellidentit del soggetto; questo accade solo perch si utilizza, come parametro per concepire lidentit, la fissi62. PSV, p. 41. 63. PSV, p. 42. 64. Non si tratta della circunstancia di carattere orteguiano che verr poi criticata da Nicol. Rimandiamo al prossimo capitolo il suo confronto diretto con Jos Ortega y Gasset. 65. PSV, p. 42. 66. Si potrebbe tradurre mismidad con stessit, o medesimezza, ma preferiamo lasciarlo in spagnolo affinch risalti e venga rilevato il suo valore teoretico.

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t determinata dal principio di non contraddizione. La mismidad, invece, vuole indicare il soggetto come dinamico, non solo nel senso che agisce, ma che la stessa azione. La questione verr poi affrontata in maniera pi profonda dal punto di vista ontologico; rimanendo nellambito psicologico a noi interessa notare come la mismidad permetta a Nicol di mantenere riconoscibile il soggetto nel suo essere colui che agisce senza che egli perda le coordinate della propria esistenza. La temporalit, dunque, ci che nellambito dellesistenza permette al soggetto di dispiegare la propria vita, la quale si struttura in situazioni vitali. Lio si gioca nella dimensione della temporalit, ed per questo che non pu essere compreso dalle scienze della natura.67 In realt, non viviamo la nostra identit, ma la temporalit, per questo pi adeguato parlare di mismidad: il soggetto temporale lo stesso [el mismo], ma la sua mismidad gli si rivela giustamente nel vissuto o esperienza della novit.68 Un io che mantiene la sua identit, secondo lidea classica di sostanza, non pu essere soggetto di cambiamento in quanto non cambierebbe esso stesso ma qualcosa che gli pertinente, invece il rinnovarsi dellio in ciascuna delle sue esperienze appare chiaramente come un dato psicologico, vale a dire in tutta la sua evidenza. Il rinnovarsi implica il passato e questo significa che lio temporale e non identico69 e che essere el mismo non significa essere identico. Lio, secondo Nicol, sempre pienamente attuale, presente, ma il presente possibile solo come novit, rinnovarsi: quella che possiamo chiamare mismidad dellio, questo stesso la scopre solo nellesperienza, come novit, e in riferimento ad esperienze passate, il che implica la sua temporalit.70
67. Chiara lassonanza tra la posizione di Nicol e quella di Dilthey riguardo il fatto che la psicologia non possa essere esplicativa bens descrittiva e che vi sia un ineludibile rapporto tra lo psicologico e lo storico (cfr. G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., p. 223226 e pp. 268-269). Va, per, ricordato che questa per Dilthey la possibilit di superare la relativit del fenomeno storico e di evitare, al tempo stesso, di ricadere in un principio metafisico di esplicazione (G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., pp. 224-225), mentre per Nicol una tale psicologia apre la strada proprio ad unelaborazione di carattere ontologico. La chiave di comprensione di questa diversit sta nellidea nicoliana di una riforma della metafisica che possa proporsi come risposta ai problemi della tradizione del pensiero occidentale affinch questa non cada vittima della critica kantiana, dalla quale influenzata invece lopera di Dilthey. 68. PSV, p. 43. 69. Ibidem. 70. PSV, p. 44.

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Nicol trova nel Bergson del Saggio sui dati immediati della coscienza colui che ha posto in evidenza la temporalit dellio concreto e vivente.71 Lidea fondamentale di Bergson, rileva Nicol, sta nella distinzione tra la durata pura, intesa come forma assunta dalla successione dei nostri stati di coscienza quando il nostro io si lascia vivere, quando si astiene dallo stabilire una separazione fra lo stato presente e quello anteriore,72 e il tempo omogeneo, inteso come quarta dimensione dello spazio.73 Lintento della ricerca di Bergson quello di individuare i dati immediati della coscienza, quello di Nicol di descrivere i dati del conoscere psicologico a partire dallesperienza. Questi ultimi sono immediati pertanto vi dovrebbe essere coincidenza tra i risultati delle due indagini. Ora, largomentare di Bergson conduce allidea che la molteplicit dei fatti della coscienza non pu assumere valore numerico senza la mediazione di una rappresentazione simbolica nella quale interviene il concetto di spazio.74 Infatti, siamo portati a pensare il tempo come omogeneo e nel quale possiamo situare gli eventi, ma in realt la percezione temporale non permette una considerazione quantitativa dellevento bens solo qualitativa, per cui il tempo pensato nel suo aspetto quantitativo non che spazio. Questo significa, secondo Bergson, che la durata pura tuttaltra cosa dal tempo pensato in questa maniera: lautentica temporalit non il tempo omogeneo. Conosciamo dunque due realt di distinto ordine: una eterogenea percepita nella sua intensit, quindi qualitativamente, ed unaltra omogenea, quantitativa, che lo spazio. Ora, se lo spazio deve essere definito come omogeneo,75 sembra che qualsiasi mezzo omogeneo debba essere
71. Il saggio di Bergson vide la luce nel 1888. In realt Nicol riconosce che, per essere precisi, bisognerebbe citare come antecedente Hegel, ma preferisce le analisi di Bergson perch hanno una relazione diretta con il campo della psicologia (PSV, p. 44, nota 5). 72. H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, Raffaello Cortina, Milano 2002, p. 66. Cfr. anche A. Pessina, Introduzione a Bergson, Laterza, Roma-Bari 2005 e due testi estremamente interessanti: L. Kolakowski, Bergson, Palomar di Alternative, Bari 2005 e V. Jankelevitch, Bergson, Morcelliana, Brescia 1991). 73. Ivi, p. 65. 74. Ivi, pp. 57-58. 75. Ivi, p. 63: Cos, se ad esse non si aggiungesse nulla, le sensazioni inestese rimarrebbero quello che sono, appunto sensazioni inestese. Affinch dalla loro coesistenza scaturisca lo spazio, necessario un atto dello spirito che le abbracci tutte contemporaneamente e le giustapponga; questo atto sui generis molto simile a ci che Kant chiamava una forma a priori della sensibilit. E se ora si cercasse di caratterizzare questatto, si vedrebbe che, fondamentalmente, esso consiste nellintuizione, o meglio nella concezione di un mezzo

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spazio. Tuttavia, consideriamo anche il tempo, quando non durata, omogeneo come lo spazio: lomogeneo presenterebbe allora una duplice forma rispetto alla successione o alla coesistenza.76 In realt, per Bergson non cos anzi il tempo omogeneo non che il fantasma dello spazio che ossessiona la coscienza. La teoria che Bergson argomenta intende confermare la differenza tra durata e spazio al fine di mostrare come la molteplicit degli stati della coscienza non ha alcuna somiglianza con la molteplicit che costituisce una quantit numerica. Lio, dunque, tale che i suoi stati interni si compenetrano intimamente e non possono essere giustapposti come se fossero situati in uno spazio. La nostra vita non si svolge solo allinterno del soggetto ma in un continuo contatto con il mondo esterno che da noi viene percepito come spazio: ci troviamo dunque in una strana posizione per la quale il nostro io profondo percepirebbe la durata mentre lio superficiale vivrebbe nel mondo considerato come spazio e tempo omogeneo: in realt, al di sotto della durata omogenea (tempo), simbolo estensivo della vera durata, scopriamo una durata i cui momenti eterogenei penetrano luno nellaltro; al di sotto della molteplicit numerica degli stati coscienti, formata dal riferirsi di tali stati a fenomeni contemporanei del mondo esteriore, scopriamo una molteplicit qualitativa; al di sotto dellio, con i suoi stati definiti, scopriamo un io nel quale la successione implica fusione e organizzazione.77 Questo io fondamentale pu essere individuato solo attraverso una profonda analisi. La differenza tra i due io, per, non esiste, essi costituiscono lo stesso soggetto. Nicol ravvisa questa posizione come problematica in quanto, se si parla di dati immediati della coscienza, sembra essere un controsenso doverli poi cercare al di sotto di uno strato superficiale. Se lio non duplice e si riferisce allo stesso soggetto, dover poi cercare limmediatezza al di l della sensibilit, in una coscienza che al di sotto dellio superficiale ci ricondurrebbe alla questione della soggezione elaborata dalla precedente psicologia. Se il dato immediato tale, deve essevuoto omogeneo. Non esiste infatti nessunaltra definizione possibile dello spazio: esso ci che ci permette di distinguere luna dallaltra pi sensazioni identiche e simultanee: quindi un principio di differenziazione qualitativa, e, di conseguenza, una realt senza qualit. 76. Ivi, p. 65. 77. PSV, p. 46.

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re colto da quella che lo stesso Bergson chiama coscienza inalterata, ma lo sforzo di analisi che in questo caso ci permette di giungere alla comprensione della durata e alla definizione del tempo omogeneo come il risultato dellazione del fantasma dello spazio sulla nostra coscienza altera la stessa. Lintuizione di Bergson , secondo Nicol, viziata gi da unidea per la quale il dato immediato va cercato nel fondo della coscienza.78 Dove per il soggetto non ha un dentro e un fuori, il dato immediato quello conosciuto in maniera diretta e lo stesso fantasma dello spazio ha, nel suo agire sulla coscienza, un valore che immediato e che precede il suo smascheramento. Lanalisi di Bergson sembra avere come risultato non il dato ma lottenuto,79 ed , pertanto, valida solo se si parte da quellio fondamentale che riconosce come primaria la durata pura, ma che perci deve essere presupposto. Questo per Nicol non pu essere il dato: noi chiamiamo dato ci che originario e semplice, ci che si d. Anche lidea di partire da una coscienza inalterata gi di per s un presupposto: la coscienza totalmente trasparente, completamente ingenua, la coscienza inalterata [] un presupposto di chi effettua tale partenza verso la scienza provvisto di una coscienza tremendamente armata di idee preconcette.80 Non possibile andare verso un luogo se non partendo da un altro luogo, e questultimo il punto di partenza , insieme al proposito di partire, sono il presupposto di qualsiasi indagine. Ritornando al dato, esso ci che appunto dato originariamente, ma non detto che debba essere semplice. La realt che io percepisco, scrive Nicol, gi mi si d in maniera ordinata e questo il dato, che consiste non solo nel modo di darsi del reale ma anche nel mio modo di percepirlo. Il nostro errore sta nel fatto che prima proiettiamo un nostro ordine sulla realt e poi tentiamo di verificarlo cercando quello che possiamo considerare come lordine realmente immanente al reale. Questo lo facciamo con la natura ma anche con il soggetto stesso, ed proprio lanalisi di questo che ci ha mostrato il problema: lo stesso proposito di rivolgerci al dato gi altera, psicologicamente, ci che prima era originariamente dato, sommandosi al dato stesso: il dato ci che si d semplicemente, vale a dire,
78. Cfr. H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, cit., pp. 48-49. 79. PSV, p. 46. 80. PSV, p. 47.

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senza commenti n propositi di analisi.81 Quello che davvero ci interessa il dato come percepito nellesperienze fondamentali della vita, una delle quali proprio interrogarsi riguardo lesperienza fondamentale e quello che in essa si d. Questo il compito della psicologia.82 Limmediato, il dato, non ci che precede lelaborazione intellettuale, ma ci che possiamo incontrare in qualsiasi strato o livello dellio, supponendo che esso abbia livelli. Bergson, riscontra Nicol, parla dei dati intendendo per essi i fondamenti, che si mostrano al di sotto dello strato formato dalle prime percezioni e, pertanto, vanno cercati in maniera analitica: suggeriamo invece che il fondamentale non sia velato, ma evidente, implicato in qualsiasi tipo di esperienza.83 Considerando, dunque, letteralmente il significato del termine dato siamo costretti ad inferire che il risultato dellanalisi ci porta ad una conclusione completamente opposta a quella di Bergson: ci che dato, proprio lidea di tempo come mezzo omogeneo, spazializzato, e non la durata pura. Nella vita effettiva, infatti, la coscienza percepisce le cose come esteriori e localizzate nello spazio, e anche il tempo viene percepito come omogeneo, mentre la durata pura si mostra solo come risultato di unanalisi, quindi di unesperienza non immediata. La durata pura, come afferma lo stesso Bergson, viene percepita quando il nostro io si lascia vivere, quando si astiene dallo stabilire una separazione fra lo stato presente e quello anteriore, ma nella vita quotidiana questo non accade. Lo spazio ed il tempo ci appaiono come omogenei e questo perch quella che Bergson chiama la cooperazione intellettuale nella funzione della conoscenza, nella quale il filosofo francese localizza loperazione che spazializza il tempo, non affatto, per Nicol, po81. PSV, p. 48. 82. Linteresse di Nicol, risulta ora chiaro, mostrare in maniera inconfutabile limpossibilit dellisolamento di un concetto e quindi anche di un dato primario. Ci che si d, si d prima di ogni analisi (e questultima, pur essendogli applicata sarebbe comunque una nuova esperienza che lo altera) e si d in una relazione, una situazione, unesperienza e non separabile da essa. 83. PSV, p. 48. Questo un punto fondamentale dellargomentazione nicoliana: possibile parlare del soggetto senza cadere nella gi citata problematica della soggezione solo perch esso di per s evidente e alla stessa maniera lo il dato fondamentale dellesperienza. Anche Bergson presuppone lio fondamentale a qualsiasi esperienza, ma la radicalit dellassunto nicoliano sta nel fatto che il fondamento non solo presupposto ma evidente, a la vista.

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steriore alla percezione. Porla come unoperazione derivata ci costringerebbe, ed questo il punto in cui Bergson e Nicol prendono due strade differenti, a cercare lio pi a fondo ma allo stesso tempo a perdere il dato come immediato per ritrovarlo solo come fondamentale. Per Nicol impossibile lesistenza di un processo puro di conoscenza sensibile. Gli oggetti che percepisco appaiono come indipendenti da noi e tra loro per cui immediata la proiezione di essi in uno spazio, mentre resta da capire se questo davvero percepito come omogeneo. Nicol prende ad esempio il nostro corpo riscontrando che anche riguardo ad esso abbiamo una percezione di tipo spaziale ma che non quantitativa, bens qualitativa. Che nellesperienza lo spazio si dia immediatamente come dato connotato qualitativamente non significa che esso sia informe: tutto il mondo si organizza spazialmente intorno a me; intorno a me significa dire, per il momento, intorno a qui. Il qui sempre dove io sto.84 A partire dal qui le cose occupano, in prospettiva, la loro posizione: stanno l dove non sto io, per sono vicine alla mia posizione; alcune sono lontane, altre pi vicine, altre interposte tra il qui e il l. Se lo spazio viene percepito a partire dal mio corpo, allora non pu essere conosciuto immediatamente come un mezzo omogeneo. Uno spazio omogeneo non potrebbe contemplare le qualit di vicino o lontano se non in relazione ad un punto che fa da referente fondamentale. Lesistenza di questo punto, che per Nicol il nostro corpo, ci mostra che non siamo pi di fronte ad un mezzo omogeneo che ha quelloggettivit garantita dalla dimensione quantitativa. Questo non significa, per, che lo spazio nel quale percepiamo gli oggetti, in base al nostro essere situati, sia per questo non commensurabile: lo in quanto manca di ununit di misura quantitativa, ma allo stesso tempo non lo in quanto possibile trovare un principio di determinazione qualitativa. Tale principio costituito dalla nostra posizione, il nostro qui, come centro intorno al quale si colloca tutto il resto.

84. PSV, p. 50. Sarebbe interessante indagare le possibili affinit tra largomentazione di Nicol e le analisi di Merleau-Ponty riguardo lapertura dellorizzonte della spazialit a partire dal nostro proprio corpo (cfr. M. Merleau-Ponty, Phnomnologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, in particolare la prima parte).

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Lidea di Nicol ormai chiara: nel dato gi implicita una proiezione spaziale, dovuta ad una partecipazione intellettuale nella funzione percettiva; tale proiezione precede lintuizione dello spazio come mezzo omogeneo: nelleterogeneit qualitativa del dato si d anche una nota o indicazione spaziale qualitativa, e in un modo immediato.85 Questo significa che la nozione di estensione indefinita e omogenea derivata dallesperienza primaria di una spazialit qualitativa. Se non fosse cos, non ci sarebbe possibilit alcuna di pensare lestensione che, al contrario, come concetto ci risulta estremamente familiare in quanto immediato. Inoltre, gli stessi oggetti che percepiamo, non li percepiamo in base alle loro caratteristiche, ma in maniera immediata attraverso la loro forma, prima ancora delle qualit sensibili che possono essere poi individuate in seguito ad unulteriore analisi: la percezione primaria e immediata di questi elementi formali ci rivela che nella percezione stessa, e prima della concettualizzazione dello spazio come grandezza, ci sono pi determinazioni spaziali, primarie, che possiamo denominare grandezze qualitative.86 Il distacco da Bergson ormai avvenuto. Va sottolineato, riguardo ci, il tentativo del pensatore catalano di rimanere sempre aderente al reale nel suo immediato darsi. La percezione dello spazio come qualitativo mostra limpossibilit di determinare la successione esatta dei nostri processi psichici. Questo non significa che la vita psichica sia confusa, in quanto il prima e il dopo sono anchessi dati immediati: tale successione non deriva dallintromettersi del concetto di spazio omogeneo nellambito di ci che non gli pertinente, ovvero la dimensione qualitativa. Dentro noi stessi possiamo individuare unesperienza di successione temporale che precede lidea di ordine reversibile o di misurabilit regolare: v un ordine temporale qualitativo (come v un ordine spaziale qualitativo) formato da quelle determinazioni primarie anteriori a qualsiasi quantificazione del tempo (o dello spazio).87 Il fatto che ogni ora rechi con s un qui di cui siamo immediatamente consapevoli, e che sono espressione di un ordine qualitativo in quanto fanno sempre riferimento a me, fa s che nellora sia implicato sempre un prima che precede qualsiasi rappresentazione
85. PSV, p. 51. 86. Ibidem. 87. PSV, p. 52.

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del tempo come mezzo omogeneo. Questo possibile, ripetiamo, perch nella percezione implicata anche la funzione intellettiva che secondo Nicol effettivamente primaria,88 sebbene non lo siano tutti i suoi prodotti.89 Il fatto che lora implichi sempre un prima indica che non v presente senza passato. Nellordine qualitativo temporale, i momenti vissuti non sono indifferenti tra loro ma sono riconosciuti come unici e valorizzati in base al senso dellesperienza che in essi si vissuto. Il punto di riferimento di quellordine, come per quello dello spazio, rimane il soggetto, per cui si pu affermare che esiste nellesperienza una distinzione temporale qualitativa, ma che in essa tutto assume il suo valore a partire dallora, dal presente. Il presente ha un valore tutto qualitativo. Infatti, dal punto di vista quantitativo esso si mostra come schiacciato tra passato e futuro, sfuggente al secondo viene da subito risucchiato nel primo. Eppure, lesperienza sembra mostrarci che il presente dura. Che cos la durata del presente? il modo attuale nel quale viviamo. Tale modo non quantificabile ma ha una sua connotazione qualitativa per la quale lordine dei nostri atti interni eterogeneo, cio non ha lo stesso valore per ogni soggetto: un ordine situazionale, che vuol dire che ha, per ciascun caso, al centro un soggetto determinato.90 In tale ordine, lora, il prima e il dopo, sebbene qualitativi, sono dati primari e costituiscono lesperienza stessa che non necessita di essere considerata come collocata in un tempo spazializzato per essere rammemorata. Il nostro ora non viene mai vissuto senza che vi sia gi in esso la presenza dellelemento passato e tale condizione, proprio perch si tratta di tempo qualitativo, non richiede una disposizione spaziale del passato, altrimenti dovremmo rammemorare tutti i momenti che precedono levento al quale intendiamo riferirci. Da ci, Nicol deduce la conferma che la durata non confusa, ma reca sempre con s un riferimento al passato, il prima, e quindi
88. PSV, p. 53. Questo punto fondamentale in quanto mostra la rottura che il pensiero di Nicol opera nei confronti di quella tradizione che separa la percezione della sensazione dallattivit intellettiva, proponendole come componenti che cooperano nellambito di un campo pi grande quale quello della ragione. proprio a partire da una differente concezione della ragione che Nicol tenter un rifondazione metafisica. 89. Per esempio lo spazio e il tempo concepiti in maniera omogenea, che sono la conversione alla dimensione quantitativa di ci che primariamente si d come qualitativo. 90. Ibidem.

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una sorta di senso della temporalit di carattere qualitativo e, per questo, determinabile solo qualitativamente.91 Ora, per, pur vero che luomo considera naturale quantificare spazio e tempo: questo dovuto al fatto che i concetti di tempo uniforme e spazio neutro, sebbene non primari ma derivati, sono a tal punto parte dellesperienza ordinaria che luomo li considera come fondamentali. Questo indice di unaltra caratteristica importante della nostra psiche: vi sono dati immediati, ma vi sono anche dati che sono avventizi, non immediati che, per, si si integrano con i dati primari psicologicamente si vede molto chiaramente che deve consistere in una rielaborazione di ci che acquisito e di ci che primario, in maniera che lacquisito si converta in spontaneo e le successive assimilazioni consituiscano ci che si chiama una seconda natura92 in modo che non vi sia una sovrapposizione dellavventizio sul primario, ma che il primo venga vitalizzato dal secondo. Per esempio, lo spazio neutro e il tempo uniforme si mostrano vitalizzati nel momento in cui sono accomapagnati da giudizi di valore che riguardano la situazione stessa che il soggetto sta vivendo (spazio e tempo quantitativi sono vitalizzati dal qui e dallora che sono qualitativi). In ogni vissuto, spazio e tempo si danno sempre come interdipendenti, e tale implicazione di natura puramente qualitativa: il carattere qualitativo di ambedue i termini e della loro implicazione deriva dal fatto che questi si spostano con me. Qui sempre nel luogo in cui sto, e ora sempre il mio momento presente.93 Per questo motivo tali termini, dati immediati del mio conoscere psicologico e presenti in ogni esperienza, sono la condizione base di quella che Nicol chiama attualit vitale.94 Questa attualit non coincide con una sorta di dato
91. PSV, p. 55. Qui Nicol porta come esempio le relazioni affettive, in base alle quali unesperienza viene qualificata come vicina o lontana qualitativamente, e il passato prossimo, che viene da noi vissuto quasi come una continuazione del presente senza che si possa mai comprendere il momento in cui lascia il campo al passato. 92. PSV, p. 57. Abbiamo tradotto refundicin con rielaborazione, perch in italiano non ci sembra adeguato utlizzare il termine rifusione in relazione a determinati dati acquisiti attraverso lesperienza. In ogni caso, va sottolineato che tale rielaborazione deve avere i caratteri di una vera e propria fusione, affinch si possa poi parlare di una seconda natura. 93. PSV, p. 59. 94. Ibidem. Per attualit vitale dobbiamo intendere il nostro essere esistenti e coscienti, in maniera immediata, del nostro esistere.

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stabile e neutro: il soggetto, andr sempre sottolineato, non ha una base stabile neutra e questo significa che non si pu mai parlare, come gi abbiamo detto, di una coscienza in generale. Il soggetto sempre rivolto a qualcosa e precepisce in maniera immediata il suo essere gi nellaver coscienza-di. Lautocoscienza derivata rispetto alla coscienza e segue sempre lesperienza, fondata nel qui e nellora, della mia esistenza95: prima di una riflessione che ci permetta di distinguere la realt e ci che in essa si d, il mondo attorno a noi non ci appare come problematico e pertanto non ha bisogno di alcuna fondazione, il problema nasce quando ci chiediamo chi siamo?.96 Di fronte a tale questione bisogna dare qualche risposta su ci che finora abbiamo potuto acquisire circa il saber del hombre. La possibilit di porre linterrogativo circa noi stessi e la realt che ci circonda non rende problematico il mondo in cui viviamo, ma solo il nostro rapporto cosciente con esso. Si verifica, infatti, un distanziamento del soggetto dal mondo, ma questo non lo svincola vitalmente dalla realt: non v atto della coscienza, dello spirito o della ragione che possa sospendere la realt. Seguendo il discorso di Nicol, dunque, ci si potuti rendere conto dei caratteri psicologici fondamentali delluomo: luomo conosce e si conosce attraverso lesperienza che azione; in ogni esperienza si danno i dati originari del qui e dellora (in senso qualitativo) come costituenti lesperienza stessa ma anche come immediatamente presenti al soggetto; luomo, pertanto, vive e vivendo costituisce il suo essere soggettivo attraverso lintegrazione, sempre in atto, di passato e presente (questultimo lespressione stessa della vita in atto); in quanto azione, luomo temporale, discontinuo, nel senso che il suo conoscersi sempre frutto di una ri-valorazione e vitalizzazione dellazione passata e del momento presente; infine, non possibile individuare un dato originario che non sia, al contempo, immediato e manifestante la realt. Il fatto che la vita delluomo si giochi sempre in
95. Possiamo, qui, notare linfluenza del pensiero di Husserl su Nicol, ma allo stesso tempo individuare la strada differente, seguita dal pensatore catalano, che non ammette la possibilit di un dato fondamentale posto come trascendentale. La coscienza-di non pu essere separata dal fatto che in essa avvenga simultaneamente la percezione delloggetto, a partire dal mio qui ed ora, e di queste stesse condizioni della mia attualit, ovvero esistenza. 96. PSV, p. 62.

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un hic et nunc implica, come abbiamo visto, la questione del corpo umano. Il nostro corpo ci permette di percepire lo spazio in maniera immediata ma, come abbiamo gi sottolineato, secondo una modalit qualitativa. Questo significa che non pensabile, dal punto di vista psicologico ovvero esistenziale , una separazione dellinteriorit umana dallesteriorit, un dualismo spirito-corpo per il quale al corpo competa la spazialit e allo spirito la temporalit.97 vero che questultima riguarda il costituirsi, anzi il farsi, del soggetto attraverso la sua storia, per cui sembrerebbe riferirsi alla vita interiore, ma questo stesso farsi nellazione, si realizza sempre in modo localizzato. Questo, per Nicol, indice dellunit del soggetto. Luomo si presenta fenomenicamente come ununit. Si rende necessaria una ridefinizione dei termini spirito e corpo: lo spirito non va concepito come una realt autosufficiente dotata di propriet e attivit specifiche e per questo indipendente dal corpo. Se luomo unit che si fa nel suo stesso agire, sua caratteristica fondamentale la capacit di actuar con sentido, di agire secondo una precisa intenzione: tale capacit la chiamiamo spirito per distinguere gli atti umani da quelli riflessi o istintivi. Notiamo, dunque, come spirito non sia una sostanza a s, ma una capacit che caratterizza luomo in quanto tale: lo spirito come una potencia dellessere umano e questultimo raggiunge la sua pienezza solo nellatto spirituale . Per questo, la temporalit non lunica dimensione che gli pertinente: lo spirito si presenta solo in maniera attuale, manifestandosi attraverso lazione (attraverso la quale si fa e si modifica). Lagire dello spirito, vale a dire delluomo, non continuo, nel senso che ad un atto ne segue un altro e questi sono collegati dal ricordo dellatto precedente (esempio chiaro di quellintegrazione continua tra passato e presente che costituisce lo spirito stesso nella sua azione), che permette il costituirsi dellesperienza, facendo s che se ne possa parlare. Fondandosi, nella sua continua discontinuit, sul ricordo, tale azione temporale, ha una durata. Ma essa anche locale: la mia azione si produce sempre qui. Non mai solitaria perch la sua fonte, il suo stimolo, sta nel
97. PSV, p. 68. Riguardo ci cfr. anche S. Santasilia, Il corpo humanizado. La prospettiva di Eduardo Nicol, in A. Molinaro F. De Macedo (a cura di), Verit del corpo, Pro Sanctitate, Roma 2008, pp. 283-296.

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non-io, nella realt alla quale sempre relazionata: la mia inspiracin la ricevo da ci che mi prossimo in una prossimit che non implica una dimensione regolare e misurabile. Ci che mi prossimo mi influenza e viene da me influenzato: io mi costituisco come centro di questa influenza reciproca. Al costituirmi io come centro, il mio spirito si ritrova localizado.98 La qualit spaziale non va, dunque, riservata solo al corpo, anzi il suo essere componente costitutiva dellazione dello spirito, quindi dello spirito stesso, mostra quanto esso non possa essere considerato come realt a se stante separata dal corpo: lo spirito unazione realizzata da un essere che possiamo chiamare spirituale perch ha il potere di spiritualizzare la sua vita, non perch possiamo distinguere, in questo essere, due realt contrapposte, una delle quali sarebbe sostanzialmente spirito e laltra sostanzialmente estranea allo spirito. Fenomenologicamente manifesto che lessere spirituale pu agire, o compiere atti definibili come spirituali, perch ha un corpo.99 Ma allora come va considerato il corpo? Il corpo non pu essere considerato se non in azione. Nellesperienza concreta abbiamo limmediata percezione delle determinazioni spaziali in chiara connessione con quelle temporali, nella loro reciproca implicazione. Esse sono dunque determinazioni del soggetto vivente, dati attuali e positivi riscontrabili dal soggetto in qualsiasi esperienza.100 Il soggetto reca sempre cons il suo qui e il suo ora, e questo impedisce che queste due determinazioni siano ridotte a forme pure: sono determinazioni basiche della sua situazione, oltre ad essere dati vissuti.101 Non si manifestano come condizioni formali: io mi vivo come essere che dura e che situato in un certo luogo, e per questo in una certa relazione vitale con altre cose e persone anchesse situate.102 Se, per, io smettessi di avere corpo non potrei pi situarmi nel qui e questo implicherebbe anche lo svanire della mia durata nellora. Il
98. Se lo spirito si manifesta solo nellagire (nell actuar con sentido), il suo darsi psicologico, onde non ricadere nella trappola della soggezione, deve manifestare in s gi tutto il suo essere. proprio il suo farsi presente nellazione che ci impedisce di sostanzializzarlo mentre ci permette di localizzarlo. 99. PSV, pp. 62-68. 100. PSV, p. 64. 101. Ibidem. 102. PSV, p. 65.

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qui di ogni ora il corpo! Temporalit e spazialit sono connesse e come tali condizionano spirito e corpo che sono unit nella persona, nelluomo: in definitiva, il grande equivoco nasce dal fatto che designiamo lo spirito con un sostantivo, mentre dovremmo designarlo con un verbo. Lo spirito non nessuna sub-stancia: non una realt subpuesta o posta al di sotto della realt apparente che lazione.103 Il qui, il luogo del corpo, il luogo delluomo intero, una presenza attuale, quindi un ora che indica azione: se il soggetto sta qui perch sta ora facendo qualcosa qui. Temporalit e spazialit, non separabili nellesperienza, sono fenomenologicamente legate alla corporeit: il corpo umano non pu disumanizzarsi ed essere concepito alla stregua di un oggetto estraneo in quanto veicolo dellazione spirituale. Io non sono il corpo. Ma non sono senza corpo, nemmeno nellazione spirituale pi autentica e pura.104 Il fatto che temporalit e spazialit siano reciprocamente connesse nellesperienza, a partire da quella immediata del soggetto che si riconosce come tale, mostra quanto il corpo non possa essere considerato solo dal punto di vista fisiologico e come psicologicamente ci si trovi sempre dinanzi alluomo come unit personale, integra e costantemente in relazione (dato che la sua attivit psichica azione) con il mondo circostante, che la materia che muove la sua azione: la forma che prende questa materia, la forma reale in cui si organizza quella relazione, ci che chiamiamo situazione vitale.105 2.3. Temporalit e situazione vitale Il soggetto si d, spiritualmente e corporalmente, come presenza. La presenza attualit, presente in atto, azione. In quanto tale in esso si incontrano implicati il qui e lora. Abbiamo, per, notato che le azioni sono connesse attraverso il ricordo che permette lintegrazione del presente con il passato, mantenendo stabile la mismidad del soggetto. Tale integrazione, attuale in ogni momento, si svolge nellambito della dimensione temporale. evidente, in quanto siamo presenza, che
103. PSV, p. 67. 104. PSV, p. 69. 105. PSV, p. 70.

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qualsiasi determinazione temporale avvenga a partire dal presente: passato e futuro, che sono le determinazioni qualitative fondamentali della temporalit, metaforicamente chiamate dimensioni, si costituiscono nel presente differenziandosi qualitativamente. Il presente stesso, come coscienza della presenza, si d nella dimensione temporale come processo che ha la sua mismidad globale nel suo trascorso: quando affermiamo che ora stiamo facendo qualcosa, esprimiamo nellora il nostro presente e nello stiamo facendo che tale presente un processo che non si risolve nellistante assoluto ma che qualifica ci che stavamo facendo prima e ci che andiamo a fare dopo. Ma che cosa significa questo? Il presente attimo che fugge anzi, gi andato106! Pensare in questo modo il presente fraintenderlo, considerarlo istante assoluto allinterno di un tempo spazializzato. In questa maniera luomo, presenza attuale, verrebbe ridotto a nulla.107 Al contrario, noi viviamo di fatto il nostro presente come qualcosa di temporale e non istantaneo, come un processo nel quale si temporalizza il nostro ora. Questa temporalit viene qualificata dai riferimenti che effettuiamo, quando stiamo facendo qualcosa, in riferimento al principio e al termine del nostro fare prima e dopo immediati o prossimi , e a quello che abbiamo fatto o progettiamo di fare in relazione a ci che stiamo facendo.108
106. Se possiamo farci unidea del tempo, quel solo punto si pu chiamare presente che non si pu pi suddividere in particelle, per quanto piccolissime: ma anche quel punto trasvola cos rapido dal futuro al passato, da non avere estensione alcuna di durata. Ch, se lavesse, sarebbe divisibile in passato e in futuro: il presente invece non ammette estensione (Agostino di Ippona, Le confessioni, Fabbri, Milano 1996, p. 334). 107. A partire da ci si pu comprendere il tentativo di individuare nel soggetto un punto stabile che potesse sfuggire alla patologia del tempo, ricadendo cos nella trappola della soggezione. 108. PSV, p. 73. possibile riscontrare unaffinita con la posizione di Heidegger: Il presente, mantenuto nella temporalit autentica e quindi autentico, lo chiamiamo attimo. Questo termine deve essere inteso nel senso attivo dellestasi. Esso significa lestaticit dellEsserci, decisa e mantenuta nella decisione; tale estaticit aperta a ci che nella decisione si incontra in fatto di possibilit e di circostanze di cui ci si pu prendere cura. Il fenomeno dellattimo non pu assolutamente esser concepito a partire dallistante (M. Heidegger, Essere e tempo [1927], Longanesi, Milano 1976, p. 406). Laffinit di cui parliamo quella per la quale anche in Heidegger non possibile ridurre il presente allistante assoluto collocantesi in un tempo spazializzato. A tale affinit si va ad aggiungere, per, la pi grande differenza manifestantesi nel giudizio sul presente concepito da Heidegger comunque come attimo nel quale nulla si realizza ma che apre il soggetto allestaticit, quindi, al futuro, e concepito, invece, da Nicol come processo in cui si realizza lintegrazione con il passato e si attualizza lessere delluomo come azione. Nicol rivolge tutta la sua attenzione, in linea

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Come abbiamo gi visto, se ci che caratterizza il presente la nostra azione, allora essa sar il nostro modo di essere. Questo non significa che lo stare in quiete generi una deficienza dessere allinterno della nostra presenza attuale. In realt, appare chiaro che la presenza attuale gi di pers azione ma a ci va aggiunto che azione la stessa capacit di realizzare un atto, per cui, come volevasi dimostrare, luomo non mai non-in-atto perch questo significherebbe il suo stesso non esistere e non essere.109 Se esistere azione, la nostra attualit come presenza sempre volta al futuro e la nostra esistenza coscienza di muoverci verso lavvenire: per lesperienza umana, il futuro ha il carattere di necessit indeterminata,110 unaspettativa della vita stessa e lo mostra il fatto che luomo si pone sempre propositi da realizzare, fossanche quello di attendere senza modificare nulla. Il presente si costituisce come presenza attuale proprio in base al suo conformarsi come attesa del futuro; non posso vivere il presente senza essere convinto dellesistenza del mio immediato futuro come pura possibilit esistenziale: senza il desiderio di continuare ad essere, luomo smette di essere propriamente uomo e tale desiderio sempre concreto.111 Nel futuro luomo realizza se stesso prolungando il presente.112 Il futuro si presenta come la possibilit necessaria113 alla vita affinch sia vita umana e luomo si possa conoscere come presenza at-

con limpostazione iniziale della Psicologa de las situaciones vitales, al dato immediato che gli permette di valorizzare non in maniera teoretica, ma esistenziale, il presente percepito come attualit conosciuta e vissuta in maniera immediata, integrata con il passato e volta al futuro. Inoltre, la percezione del presente come differente dallistante in, Heidegger, subordinata al vivere in maniera autentica, mentre in Nicol dato e per questo evidente in qualsiasi esperienza. 109. Gi a partire da questopera, nella quale Nicol non si interroga ancora in maniera diretta riguardo la questione ontologica, risulta chiara la sua impostazione nella quale, per luomo, esistere (ex-sistere) essere, dato che lazione il suo stesso essere. Quello che da subito si mostra in maniera evidente che lessere si identifica con la presenza attuale. 110. PSV, p. 75. 111. PSV, p. 77. 112. Si noti con attenzione il fatto che la lettura nicoliana delle tre estasi temporali opera in modo da dilatare il presente permettendogli la conquista di campi che il pensiero gli aveva negato, quali quello del passato prossimo (dove il confine tra presente e passato si sfuma irrimediabilmente) e quello in cui il presente tende verso il futuro che per definizione non conosciuto. Il presente dinamico e, in quanto tale la sua conoscenza solo un vivere del quale possiamo prendere atto, ma non lo sfuggente per eccellenza. 113. PSV, p. 78.

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tuale114: lesistenza umana el paso al futuro. Questo unazione, in tutti i possibili sensi dinamici che questa parola pu avere. Il futuro qualcosa sempre imminente. Per questo il presente, nel quale affonda le radici lesistenza umana, ha questo peculiare carattere di attesa, di intenzionalit vitale in cui lazione consiste fondamentalmente. Di sicuro vi sono differenti gradi di azione. C unazione che richiede movimento, dinamismo corporeo, e che ha risultati tangibili, esteriori. Ma c anche unazione che possiamo definire interna, i cui risultati non modificano la circostanza. La semplice attesa del futuro gi azione, e tale attesa una componente permanente, essenziale, della vita umana.115 Il futuro si d solo a partire dal presente come attualit dello stesso, il presente la pienezza esistenziale assoluta perch in esso contenuta la radicale e primaria evidenza del nostro essere che culmina nellazione libera.116 Per questo il presente non pu essere fondato, bens solo vissuto. Il futuro come attesa il campo della novit, del cambiamento, dellimprevisto. La novit ci che noi non conosciamo, non possiamo prefigurarci, e crea sempre un momento di crisi nel nostro ordine interiore, che lazione che ci rende presenti. Per questo, Nicol ne parla come di una piccola morte che ci pone nella condizione di non sapere come agire e ci costringe a metterci in discussione, rendendo evidente quellintegrazione tra passato e presente in atto, che la nostra stessa identit dinamica. Ci significa che, essendo lattesa del futuro una componente sotto forma di tensione del presente, ed essendo, questultimo, presenza attuale, come integrazione sempre in atto di passato sotto forma di ricordo e presente, allora non vi pu essere futuro senza passato, ovvero senza memoria: non c previsione senza memoria [] entrare nel futuro entrare nel passato [] non c azione senza memoria.117 lazione che unisce quelle che abbiamo defini114. Ci non significa che la percezione del futuro condiziona la percezione dellessere delluomo. Bisogna chiarire questo punto: se luomo si conosce immediatamente come presenza attuale perch il suo essere azione azione lo spirito come lo il corpo e questo fa s che il presente sia quello che , quindi anche il futuro. Pur non condizionando la percezione, il futuro condiziona lessere delluomo stesso. Questo ci introduce nella questione, affrontata poi da Nicol, di una ontologia che non considera lessere come sostanza, ma in modo dinamico riconoscendo la variabilit come lunico suo carattere costante. 115. E. Nicol, La situaciones vitales, in VH, p. 222. 116. PSV, p. 82. 117. PSV, p. 79. Il primo corsivo nostro.

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to come le tre determinazioni temporali, e pu farlo in quanto scelta: la vita delluomo, come presenza attuale, sempre scelta. Lazione scelta di una possibilit offerta; per questo la vita come scelta una continua rinuncia liberamente deliberata che pu condurci sia al successo che al fallimento.118 Lazione scelta119 e per questo libera, lessere delluomo dunque caratterizzato dalla libert, ma per capire a fondo il significato di questaffermazione bisogna comprendere cosa intendia Nicol quando parla di libert. La libert si attua nello scegliere che a sua volta si radica nel presente. In quanto radicata nella presenza, la libert qualcosa di attuale, di fatto e inargomentabile. un dato fondamentale dellesperienza, come lo sono la temportalit e la spazialit.120 La psicologia non pu avere una cognizione di cosa sia libert ins121 perch non si ha unesperienza della libert mentre v unesperienza della decisione. Ma di che libert stiamo parlando? Per Nicol, la libert assoluta intesa come attuazione di tutte le possibilit non pu esistere. Se bisogna partire dallesperienza, io posso notare che nella vita sono costretto a decidere e in questo attuo la mia libert: la libert, dunque, non esclude la possibilit. Infatti, la decisione per potersi attuare liberamente necessita della presenza della possibilit e, dal momento che faccio esperienza solo della decisione, la libert laprirsi della stessa condizione del decidere. Perch ci sia possibilit, deve esserci anche impossibilit, sia intesa nel senso che la scelta di una possibilit deve escludere le altre, sia nel senso di una limitazione stessa delle possibilit di scelta. La libert in s, quella per la quale possiamo attuare tutto
118. PSV, p. 80. Il fallimento deriverebbe dalla scelta di unimpossibilit e necessita, come conditio sine qua non, della libert: Luomo lunico essere che pu fallire. Riguardo tale questione cfr. anche E. Nicol. La primera teora de la praxis, UNAM, Mxico 2007, pp. 25-26. 119. Risuonano, nellaffermazione nicoliana, le parole di Kierkegaard: Amico mio! Quello che ti ho gi detto tante volte, te lo ripeto, anzi te lo grido: o questo o quello, autaut! (S. Kierkegaard, Aut-Aut [1843], Mondadori, Milano 1956, p. 33). 120. PSV, p. 80. 121. Questo lo si comprende in base al fatto che non essendo dato immediato manifestantesi nellesperienza, come la presenza di me a me stesso nellunit personale, riguarda lessere delluomo non da un punto vista psicologico, ma solo ontologico. Per riguardare qui intendiamo che trova la sua comprensione, mentre dal punto di vista psicologico viene vissuta e possiamo solo assumerne coscienza a posteriori osservandone gli effetti: se la libert qualcosa di non argomentabile o di indefinibile perch qualcosa di assoluto, come il presente nel quale essa si d (PSV, p. 81).

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senza perdere alcuna possibilit, o per la quale non dovremmo mai essere condizionati, solo unidea astratta che utilizziamo per indicare la nostra condizione di soggetti obbligati a scegliere122: libert e atto di scelta costituiscono luomo stesso come pura possibilit, ovvero azione. La libert concessa a partire dalla possibilit conferma la causalit nella quale siamo in parte deietti ma che, allo stesso tempo, ci costituisce come liberi. La scelta dunque ci rende liberi di agire in un modo piuttosto che in un altro e questazione, che nuova integrazione attualizzantesi in una presenza, costituisce il nostro stesso farci come soggetto. La decisione di scegliere una possibilit piuttosto che unaltra un atto, che Nicol differenzia dal riflesso, nel quale non entra in gioco la ragione.123 Latto deriva sempre da una decisione e in base ai diversi significati che pu assumere il decidere sar possibile parlare o meno di razionalit dellatto: a) deliberare: decidere quindi star decidendo; b) determinazione, risoluzione: quando si presa la decisione di fare qualcosa, quindi la decisione muove alla realizzazione dellatto; c) latto stesso in quanto decide di qualcosa che era dubbio: quando lazione risolve una situazione ancora non delineata in maniera effettiva, per esempio, quando si dice che un atto decide del proprio futuro; d) qualifica della modalit di realizzazione di un atto: quando diciamo che qualcuno ag con decisione. La ragione interviene nel primo dei significati (a) perch ogni atto con il quale deliberiamo unoperazione intellettuale e pu condurre
122. Possiamo certamente affermare che anche Kant nel concepire la libert, a partire dallautonomia della volont, non si riferisce affatto alla possibilit di andare oltre quella causalit naturale che pertiene allordine della ragion pura. Lo stesso riferirsi della libert alla volont come collocata nellambito della ragione anche se pura-pratica implica che il soggetto non possa andare al di l della sua condizione umana (corporea) (cfr. I. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi [1785], sezione terza, e Critica della ragion pratica [1788], libro I, capitolo II). Per quanto riguarda la decisione, in Nicol si potrebbe individuare una lettura similare a quella heideggeriana (cfr. Essere e tempo, cit., 54), ma di nuovo bisogna sottolineare che per Nicol la distinzione tra esistenza autentica ed inautentica non ha senso in quanto nellesperienza che faccio vivendo, quindi agendo, sempre in atto una decisione ad anche il si heideggeriano in fondo una mia decisione. 123. Qui Nicol effettua una distinzione tra lintervento della ragione e la razionalit dellazione in quanto tale. In base a tale distinzione, i riflessi possono essere considerati razionali nel senso che se ne pu determinare la causa, quindi la ragione, ma non lo sono dal punto di vista dellintervento della ragione nella loro genesi (PSV, p. 83).

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alla risoluzione di agire in una precisa maniera (b). Non ha senso separare latto da ci che stato previamente deliberato dalla ragione. Questo per Nicol consegue dallerrore di considerare separate la facolt razionale e la volont. Non cos, e per comprendere la situazione bisogna considerare a fondo quelle volte in cui la decisione si ritrova poi frustrata dal fatto che agiamo in maniera differente. Non si pu affermare che unaltra decisione abbia seguito quella che abbiamo preso; registriamo solo che poi agiamo in maniera differente, a volte addirittura opposta. Dunque, davvero la decisione appannaggio di una volont separata dalla ragione oppure questi atti che non abbiamo deliberato vanno tutti considerati come riflessi? Non possibile andare al fondo della questione senza unulteriore chiarimento riguardante il senso che un atto pu avere a prescindere dalla sua gestazione, il carattere immediato o remoto della decisione e le componenti psicologiche che agiscono nel deliberare. Noi tutti, in maniera spontanea, stabiliamo per i nostri atti un ordine gerarchico in base allimportanza che essi rivestono nella nostra vita. In questa strutturazione ci che conta il valore dellatto, il valore che pu avere per la nostra vita (soprattutto in che maniera si integra coerentemente con la nostra identit dinamica). Quando parliamo del valore dellatto non stiamo gi pensando ai suoi effetti, che in buona parte non sono prevedibili, ma allatto stesso. Pu accadere che compiamo un atto perfettamente coerente con la nostra linea di condotta senza essere coscienti della sua gestazione, per cui ci troviamo ad affermare che nato dal profondo del nostro essere, senza poter discernere la decisione che lo ha preceduto. Non possiamo dire che esso sia frutto di istinto ma di certo possiamo affermare che non fu deliberato. Secondo Nicol questatto pu essere una risposta attraverso la quale si va precisando un nostro atteggiamento intellettuale o vitale.124 Proprio per la coerenza con la quale si integra nella nostra linea di condotta in esso interviene una ragione immediata e remota allo stesso tempo: tutto il nostro passato, contenuto nel presente, ci che rende possibile quella risposta, e che esplica la sua coerenza, sebbene non fosse stata previamente deliberata, rispetto alla nostra condotta in generale.125 Non necessario ipotizzare lesistenza di una volont che agisca in maniera separata dalla ragione; basta tenere
124. PSV, p. 85. 125. Ibidem.

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ben presente come nello spirito avvenga lintegrazione, la refundicin, tra passato e presente e come essa sia apertura al futuro. La nostra azione non stata deliberata ora, ma precedentemente attraverso la scelta di determinate linee di condotta, che fanno s che alcuni atti vengano compiuti in maniera quasi automatica e coerente con il nostro modo di agire. Che si tratti di un atto simile ad un altro gi effettuato una volta oppure di una situazione nuova, ci che non nuovo siamo noi in quanto rechiamo, nel nostro essere attualit, il ricordo del passato vissuto.126 Questa, dal punto di vista psicologico, la dinamica del maturare: tutta la nostra vita matura nella misura in cui vissuta e le azioni che scaturiscono spontaneamente dalla maturit non hanno nulla dellazione impulsiva prodotta da un complesso di istinti. Gli atti propriamente detti, frutto di decisione quindi liberi, sono quelli in cui interviene la ragione. Eppure, Nicol riconosce che tale schematismo, che riconosce da una parte latto e dallaltra il riflesso, non rende conto delle relazioni che intercorrono tra questi. Gli istinti continuano ad essere presenti ma in modo intellettualizzato (sublimati, repressi, canalizzati ecc.) e proprio in tal modo manifestano la loro presenza anche nelle nostre decisioni pi spirituali. Questo, per il pensatore catalano, indica il fatto che lo schematismo elaborato serve solo come conferma della capacit esplicativa dellidentit dinamica del soggetto rispetto il suo essere come azione, ma la questione non pu essere risolta completamente da un punto di vista psicologico. Non ci permesso dividere luomo in due settori, uno della ragione e laltro degli istinti, in quanto la ragione non si sovrappone semplicemente ad altre potenze inferiori, di livello animale, ma si combina con esse funzionalmente, si mescola e si coniuga con esse.127 Non si d la possibilit, dal momento che la presenza attuale del soggetto si radica nel presente inteso anche come corporeit, di un atto umano che sia completamente razionale o completamente istintivo.128 Limpulsivit inalienabile
126. Dal punto di vista psicologico, tale teoria riesce a dare ragione in maniera soddisfacente delle problematiche ravvisate nelle azioni abitudinarie, per le quali anche volendo cambiare il poprio modo di condurre la vita, ci si ritrova spesso a compiere le stesse azioni di sempre. Cambiare possibile, ma consiste nellintegrazione di elementi nuovi che debbono fondersi con quelli passati, in questo caso correggendoli. 127. PSV, p. 88. 128. Nellistinto come bisogno corporeo non interviene direttamente la ragione, ma il fatto che esso sia giustificabile razionalmente, come costituente la stessa corporeit, o che sia reprimibile attraverso un atto, permette a Nicol di sospettare in ogni azione umana la

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proprio a causa della nostra corporeit, mentre la ragione una possibilit129 e non determina la decisione se non come previa deliberazione. Anche nellazione pi meditata esiste il momento irrazionale della decisione che mostra non lesistenza di unaltra facolt, ma che la presenza attuale che si fonda nel corporeo precede la ragione. Questa capacit di decisione attuatrice che rende attuale lo spirito, come capacit di agire secondo un senso, e che quindi motore decisivo, Nicol la chiama horm vocacional.130
commistione di istinto e ragione. Daltronde, se lidentit del soggetto, come presenza attuale, dinamica, qualsiasi caratteristica deve essere integrata, pena lestraneit alla soggettivit stessa. 129. Questaffermazione trova la sua esplicazione dal punto di vista ontologico, in quanto ci che costituente delluomo lunit corpo-spirito nella quale si d la ragione come modalit, ormai integrata, di relazione verso s e il mondo. 130. PSV, p. 89. Il primo utilizzo, in ambito filosofico, del termine horm si riscontra nel pensiero di alcuni filosofi presocratici, in particolare Empedocle, dove assume il significato di impeto, slancio, tendenza (cfr. G. Casertano, Il piacere, lamore e la morte nelle dottrine dei presocratici, Loffredo, Napoli 1983). Il Dictionnaire timologique de la Langue Grecque. Histoire des Mots di Pierre Chantraine gli assegna anchesso laccezione di slancio. Lo stesso Nicol lo definisce, mutuando il termine da Bergson, come un lan. Poco analizzato dalla critica nicoliana (nei testi che trattano del pensiero di Nicol non abbiamo ravvisato nessun riferimento a questo concetto in maniera esplicita, se non come mero riportare la stessa affermazione di Nicol), questo un concetto fondamentale per lo sviluppo di quello che abbiamo chiamato saber del hombre. Luomo infatti oltre a presentarsi come lessere delle relazioni vitali pu anche essere condiderato costitutivamente lessere della vocazione perch risponde a quella vocazione umana (vocazione di essere uomo) che si va formando attraverso lacquisizione di potenzialit che poi vengono trasmesse alle generazioni successive. Ogni vocazione particolare o professionale , secondo Nicol, una modalit di realizzazione della vocazione umana fondamentale (PSV, p. 103, nota 17, nota presente solo nella seconda edizione). Ma qual la vocazione umana? In cosa consiste? Vocazione significa chiamata. Chi chiamato? E chi chiama? Limpiego pi comune di questa parola indica che luomo ad essere chiamato, nella tappa adolescente della sua vita, dove essendo disposto a viverla da s, riesce a captare le voci delle forme di vita chiamanti, che si presentano organizzate primariamente in professioni. Questo senso elementare della parola vocazione non primario n decisivo. Ci che ci chiama in realt, quando iniziamo a vivere la vita, la vita stessa, con tutta lampiezza e lesuberanza della sua confusione. Se la risposta delluomo a questa splendida chiamata si riduce ad una scelta professionale, sar dovuto allangustia della capacit vitale di questi uomini. Ma se questa capacit vitale ampia, il suo contenuto straborder dal contenitore della professione, e ci indurr a scegliere vocazionalmente una professione alla quale possiamo dedicare la vita pienamente. Il fatto che luomo viva in continua tensione ci d la chiave di lettura della sua esistenza: se tutti viviamo sempre in tensione, incluso il saggio epicureo, dica quel che vuole, questo significa che la tensione qualcosa di inerente alla nostra stessa forma dessere. Questa tensione una disposizione fondamentale: la vita costitutivamente disposizione, disponibilit o possibilit. Questa struttura interna allessere si manifesta nellesperienza con il volto di una permanente insoddisfazione. [] Questo significa che siamo sempre proiettati, per la no-

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La scelta azione, ed in questultima che ci riconosciamo coscienti del nostro essere aperti verso il futuro. Lazione, come nostro essere, manifesta la nostra mismidad che, come abbiamo detto, non identit ma condizione per la quale lio assume, attraverso la relazione, il nonio. Questo significa che il qui e lora dellazione, quindi del soggetto, sono sia soggettivi sempre riferiti ad un agente ma anche transsoggettivi, in quanto relazionati. Quando il soggetto agisce secondo un qui ed un ora, lo fa in vista di qualcosa che accade in essi, un che di concreto che si offre: questo qualcosa concreto ci che integrato con il soggetto costituisce la situacin. Il soggetto sempre in situazione, vive in situazione, e proprio perch in tale modo si organizza la vita del soggetto agente, la situazione vitale.131 Il soggetto dunque intessuto di relazioni vitali, le quali sono temporali e spaziali, quindi qualitative. Il fatto che il soggetto sia sempre in relazione, implica il suo continuo fare esperienza dellintersoggettivo o trans-soggettivo in generale.132 Il qui e lora, dunque, trascendono sempre il limite puramente soggettivo: lazione, come essere del soggetto, conferma laspetto cositutivo relazionale delluomo. La situazione, come relazione
stra stessa condizione temporale, verso un pi in l del presente. Il nostro essere non solo presente, ma il presente include questa proiezione, questa tensione verso ci che non ancora presente, La tensione o impulso, che in latino si chiama impetus, e in greco horm, precisamente la vocazione vitale: la vocazione costitutiva delluomo (E. Nicol, La vocacin humana [1947], in VH, pp. 48-51). La horm non una metafora, un impulso vero e proprio, costitutivo della vita umana, e generatore egli stesso della condizione temporale del soggetto. Non si pu parlare di un vero e proprio vitalismo, se con questo intendiamo una concezione che pone in questo slancio la condizione di tutto lesistente, e soprattutto separa lambito della vita dallambito della ragione, considerando questultima come un artificio di valore soltanto pragmatico. La horm, intesa come vocazione, riguarda solo luomo e per questo d a Nicol, come vedremo, la possibilit di elaborare unidea della ragione radicata in essa e quindi vitale, in quanto legata alla vita (chiaramente si tratta della vita delluomo; una ragione vitale in generale implicherebbe la concezione di una ragione come fondamento dellessere e non si tratterebbe pi di partire dal dato immediato) (cfr. ME2, pp. 199-204). Riguardo il legame tra mismidad e horm vocacional cfr. S. Santasilia, Quedarse a solas. La ternura del interior, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, UNAM, Mxico 2009, pp. 229-242. 131. opportuno precisare che quel si organizza non deve dare lidea di un soggetto separato dalla vita che forma situazioni nelle quali poi si colloca. limpulso vocazionale, azione ed essere del soggetto, che si manifesta in situazioni nelle quali il soggetto , e grazie alle quali soggetto, inteso come presenza attuale e attualizzante. 132. Il termine intersoggettivo implica sempre una relazione tra soggetti, mentre Nicol con trans-soggettivo pu agevolmente indicare la relazione con un non-io ancora non qualificato in maniera precisa.

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tra soggetto e trans-soggettivo, si fonda nel qui e nellora: sempre stiamo in qualche situazione.133 La particella in dello stare in situazione non indica che il soggetto sia immerso in qualcosa di estraneo: non esiste situazione senza i due termini che la costituiscono, vale a dire il soggetto e transsoggettivo; la situazione non costituita da ci che mi circonda, ma dalla relazione vitale che intrattengo con ci che mi circonda, e quindi mi costituisce.134 Il dispositivo esterno pu essere oggetto di una considerazione non psicologica perch questultima lo rivelerebbe sempre come costituente la situazione stessa: la situazione ha sempre e dipende sempre da una prot-agonista, e questa agon o agona, questa lotta esattamente ci che costituisce la vita del soggetto che sta in situazione.135 Ecco il senso di una psicologia situazionale: unindagine cosciente dellunit personale come azione costituentesi nellattualit di una situazione, vale a dire in un nucleo di relazioni vitali.136 il fatto che sempre siamo in situazione che ci permette di determinare la temporalit e la spazialit come condizioni primarie dellesperienza: la spazialit e la temporalit sono concrete e non se ne pu parlare, se non in maniera convenzionale, indipendentemente dal loro contenuto vitale concreto.137 Per questo motivo, Nicol si dedica alla chiarifica133. PSV, p. 93. 134. Ci che lo circonda forma parte dello stesso soggetto (Ibidem). 135. PSV, p. 93. 136. Nicol considera la situazione vitale come concetto funzionale psicologico (PSV, p. 94), intendendo con questa definizione che si tratta di un dispositivo coerente rispetto alla modalit di esistenza delluomo e che pertanto ci permette di comprendere cosa accade. La situazione verr chiamata anche categoria (PSV, p. 102), non per perch abbia un posto nellambito di uno schema formale. 137. PSV, p. 95. Interessante il fatto che un altro pensatore, Heinrich Rombach, consideri, nella sua Strukturanthropologie Der menlische Mensch [1987], la situazione e lagire come fenomeni basici, cio come fenomeni che non si possono comprendere come derivazioni di altri fenomeni, ma che esistono senza essere derivati, posseggono la stessa essenza e formano una costellazione globale che non si pu semplificare ulteriormente (H. Rombach, El hombre humanizado. Antropologa estructural, Herder, Barcelona 2004, pp. 135-139). La distanza spaziale e temporale tra Rombach e Nicol (il fatto che essi non si siano mai conosciuti), nonch la differente formazione intellettuale sembrano non aver tracciato una linea di demarcazione netta tra le posizioni dei due autori, basti citare a conferma alcune frasi dellincipit del citato lavoro di Rombach: il presupposto base per quello [costituire unantropologia filosofica che tenga conto della dimensione del futuro] il cambiamento nellessere delluomo. [] Il cambiamento nella configurazione delluomo (Ibidem). Non questo il luogo in cui ci si possa dedicare ad approfondire affinit e differenza tra i due autori. Di sicuro si pu segnalare questa pi-

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zione del concetto di vitale e in seguito allanalisi dei differenti tipi di situazione. Vitale ci che primariamente si riferisce alla vita, che la costituisce o ci che in essa si manifesta e offre in maniera immediata. Nicol richiama in causa la distinzione aristotelica tra zoe138 e bos,139 per la quale si d la possibilit che esista una vita pi degna delluomo che non sia la semplice vita biologica, sebbene affondi in essa le sue radici. Questa seconda vita quella che riguarda la vocazione perch pu essere vissuta in differenti maniere, mentre quella biologica mantiene sempre la stessa modalit. Il termine vitale si riferisce alla vita umana unitaria e totale, comprendendo nella sua fondamentale unit il corporeo e lo spirituale.140
sta come un sentiero di ricerca abbastanza interessante. 138. Aristotele, Lanima, libro B, 1, 412a (Bompiani, Milano 2001, p.115). In questo caso si parla di vita naturale, biologica: capacit di nutrirsi da s, di crescere e di deperire. 139. Aristotele, Etica Nicomachea, libro X, 1177a (Fabbri, Milano 1996, p. 568): noi sosteniamo che le cose serie sono migliori di quelle che muovono in riso e saccompagnano al gioco; e che lattivit pi seriamente impegnata sempre quella della parte migliore dellanima e quella delluomo migliore; ora, lattivit di ci che migliore pi valida e senzaltro pi capace di dare la felicit. Di pi, dei piaceri del corpo qualunque persona pu godere, anche uno schiavo, non meno delluomo di altissimo rango; ma nessuno ammette la partecipazione di uno schiavo alla felicit, a meno che non ne ammetta la partecipazione anche ad una vita degna di uomo. 140. Riguardo questo punto, Nicol rivela il suo debito nei confronti di Dilthey e la sua idea di biografia: da Dilthey, invece, non possiamo discostarci prima di aver situato storicamente il nostro intento di delineare una teoria delle situazioni vitali. Il transito del senso del termine vitale corrisponde al transito del pensiero, effettuato da Dilthey, dalla biologia alla biografia: dalla vita naturale, generica e uniforme, alla vita propriamente umana, individuale e storica, differente e dotatata di senso. La biografia il cammino che la vita compie per giungere ad essere una vita, una vita unitaria. Tutto ci che stato vissuto trascorso nel tempo e pu essere oggetto di ricordo. I ricordi sono le unit sulle quali si esercita il lavoro del pensiero; queste unit sono vitali, pi che riflessive, e da esse sorgono le forme sulle quali si basano gli schematismi che servono per linterpretazione di una vita. Lanalisi del vissuto [Erlebnis] pu condurre a unit che vanno oltre la vita intesa in modo individuale. Levento non solo ha avuto importanza per me ma anche per altri. Da qui si pu procedere allunificazione di diverse vite, dopo quella di una vita. Il ricordo la storia di una vita. La storia il ricordo dellumanit. Per quanto riguarda il problema della biografia in Dilthey cfr. Critica della ragione storica, cit., pp. 350-361. Per maggiori approfondimenti si rimanda a G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., in particolare il capitolo V; Id., Vita e forme della scienza storica. Saggi sulla storiografia di Dilthey, Morano, Napoli 1985; Id., Storicismo problematico e metodo critico, Guida, Napoli 1993; Id., Dilthey: connessione psichica e connessione storica, in M. G. Lombardo, Una logica per la psicologia: Dilthey e la sua scuola, Il Poligrafo, Padova, 2003, pp. 211-223; F. DAlberto, Biografia e filosofia. La scrittura della vita in Wilhelm Dilthey, FrancoAngeli, Milano 2005; A. Marinotti, Comprendere la vita. La realt spirituale e lermeneutica in Dilthey, FrancoAngeli, Milano 2003; G. Ciriello, Fondazione gno-

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Ecco che la situazione, come dispositivo adeguato alla comprensione della vita secondo questa maniera unitaria, si presenta come la categoria base dellesistenza umana dal punto di vista psicologico. Luomo compie la sua vocazione stando in situazione.141 Per questo, realizza se stesso in relazione al trans-soggettivo, in quanto da questo, in parte, costituito: luomo vive convivendo.142 La con-vivencia si d col darsi dello stesso soggetto143: la nostra propria vita si dispiega necessariamente incorporando lestraneo, in unintegrazione reciproca tanto effettiva che, grazie ad essa, perde legittimit qualsiasi intento di studiare psicologicamente il soggetto come ununit vitale sufficiente.144 Soggetto e trans-soggettivo sono sempre in relazione, ma non una relazione scelta, necessaria, costituente. La situazione, che questa relazione, organizzazione della vita, nella quale luomo si ritrova sin da subito: vivere essere nel mondo.145 Questa una situazione fondamentale. Luomo sta sempre in situazione vitale, lestar en situacin146 lo caratterizza in maniera fondamentale. Per quanto riguarda
seologica e critica delletica nel primo Dilthey, Liguori, Napoli 2002. 141. Questo ci fa comprendere che la situazione il dispositivo psicologico di comprensione della realt soggettiva mentre la vocazione in senso stretto un rasgo ontolgico. Io sono sempre in situazione, ma 1) lo sono perch in tal modo si struttura la mia vita che vocazione; 2) in essa compio la vocazione stessa, che quindi origine, presente e fine della situazione. 142. PSV, p. 104. Il nostro operare ha sempre, come base di partenza e come limite di arrivo, una situazione data []. Lazione risultato della convivenza. Aggiungeremmo che lazione, in quanto essere del soggetto, convivenza essa stessa. 143. Come vedremo poi, questaffermazione, che da un punto di vista psicologico permette di riconoscere la situazione come categoria fondamentale, ha una importante rilevanza dal punto di vista ontologico collocando Nicol nellambito di una concezione dialogica, come abbiamo gi fatto notare a proposito delle assonanze con alcune affermazioni di Martin Buber. 144. PSV, p. 105. 145. Qui Nicol fa riferimento ad Heidegger (PSV, p. 105, nota 19), in particolare al paragrafo 12 di Essere e tempo, e alla sua interpretazione dellesserci come essere-nel-mondo, che appunto cura. 146. Il verbo estar indica, per Nicol, il fatto stesso che la situazione permetta di conoscere il soggetto e loggetto come reciprocamente costituentisi. Per questo luomo non in situazione, ma vi sta come presenza. Lutilizzo del verbo stare, nel linguaggio comune, sembra darci limpressione di una contingenza: ci sta ma potrebbe non starci, mentre se qualcosa di stabile. Interessante riflettere, per, sul fatto che intendiamo con il termine stabile (sta-bilis), qualcosa di fisso e quindi non di contingente, e che in esso sia contenuto il verbo stare. Inoltre, non va dimenticato che lo stare riesce a darci lidea della stabilit senza annullare la dinamicit del soggetto: presenza attualizzata e attualizzante. V una chiara inversione rispetto ai termini utilizzati dalla tradizione metafisica classica. La componente

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luomo, il vitale, non inteso come mera sussitenza organica, ma come unit di spirituale e corporeo situazionale.147 Se, dunque, la situazione si caratterizza per la reciprocit delle sue componenti, interesse della psicologia situazionale quello di comprendere il modo, la qualit di questa relazione. Tale qualit legata alla vita stessa delluomo che sta in situazione, nel senso che la comprensione psicologica di una vita dovr rivolgersi al modo in cui questa vita sta vivendo la relazione. Eppure, luomo pu vivere differentemente la stessa situazione, in due momenti diversi della propria vita: ogni situazione nuova, possiamo dire unica.148 Secondo Nicol bisogna rinunciare ad un progetto onnicomprensivo, che daltronde distruggerebbe definitivamente il lavoro situazionale dello stesso psicologo, per dedicarsi ad un tentativo di classificazione che miri, senza perdere di vista il carattere concreto della situazione, ad evidenziare alcuni concetti formali. Possiamo iniziare affermando che ogni situazione ha una struttura; cambi o meno il contenuto, le strutture tra di loro presentano delle evidenti analogie. A ci va aggiunto che ogni contenuto ha un senso per il soggetto che sta in situazione. Ci dovrebbe risultare possibile classificare le situazioni vitali in base alla struttura e al loro senso fondamentale. In realt, la struttura stessa, quale concetto formale, si integra pienamente con il complesso di relazioni che costituisce la situazione stessa: tale integrazione la chiamiamo senso. possibile distinguere due tipi di situazioni: quelle fondamentali (prima ne abbiamo visto un esempio) e quelle limite.149 Le situazioni fondamentali vengono descritte da Nicol come generiche in quanto in esse stiamo per il semplice fatto di essere uomini condizioni della nostra stessa esperienza di essere soggetto .
soggettiva e quella trans-soggettiva sono indissolubili e costituiscono ununit che si esprime attraverso il concetto di estar en: la situazione. 147. la qualificazione di vitale deve accompagnare sempre il sostantivo situazione. Con tale qualificazione si indica che la situazione abbraccia lesterno e il personale, integrati funzionalmente in una correlativit dinamica; e che, inoltre, c un altro fattore dinamico che appare in ci che esterno: vi cono cambiamenti esterni che , come le ore del giorno e i cambiamenti climatici, generano cambiamenti tipici nel dispositivo interno. E, soprattutto, il dinamismo esterno contiene quel fattore specificatamente vitale che la persona estranea, il cui comportamente mi tocca e modifica [afecta] pi di ogni altra cosa, in quanto simultaneamente presente nella sua presenza e nel suo esercizio, e pi imprevedibile anche delle mutazioni climatiche (CRS, p. 83). 148. PSV, p. 109. 149. Ibidem.

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necessario sottolineare che non tutte le situazioni fondamentali si danno originariamente: luomo pu trovarsi dinanzi a situazioni fondamentali man mano che sviluppa la propria soggettivit, lungo il corso della sua storia e della storia in generale.150 Questo fa s che, essendo il soggetto unico come la situazione in cui sta, vi saranno anche situazioni fondamentali che non sono generiche e che sono tali in riferimento alla vita di un unico soggetto particolare (per esempio la specificit in cui si manifesta la propria vocazione). In ogni caso, esisteranno delle situazioni che sono generiche e fondamentali per tutti gli esseri umani: tali situazioni costituiscono come gli argini della nostra vita e sono quelle massimamente presenti al nostro spirito. Una di esse il fatto di sapere in maniera immediata che sto nella situazione di un essere che vive una vita unica, non posso tornare a viverla e nessuno pu viverla per me.151 Mi sento e sono attore di un dramma che io stesso continuo a scrivere152: la mia vita, in quanto unica, non un evento puramente naturale, perch non indifferente, non rientra in un ciclo, essa fondamentalmente carica di senso. A partire da ci ri-conosco il prossimo, che trans-soggettivo, come altro-io e lo distinguo dagli oggetti, vale a dire riconoscendo che il suo manifestarsi segno di una vita carica di senso.153 La dignit di essere
150. Nicol porta come esempio la capacit di parlare: solo ad un certo momento della sua storia luomo ha iniziato ad utilizzare la parola in maniera non utilitaria (parola mistica, parola scientifica). In base a ci, anche se non tutti gli uomini sono mistici o sono uomini di scienza, la comunit nella quale si manifesta tale possibilit inizia a considerarla come fondamentale, costitutiva delluomo stesso. Luomo un essere storico per questo: perch il suo essere non presenta fin dallinizio tutti i suoi caratteri costitutivi. (PSV, p. 110, nota 1). Questaffermazione potr essere compresa solo alla luce di quellontologia delluomo pienamente delineata in ME. 151. PSV, p. 110. 152. PSV, p. 111. 153. La propriet della sua vita che laltro ha, e per la quale essa si distingue dalla mia propria (al punto che sono irriducibili), giustamente ci che fa del soggetto estraneo un somigliante, o un prossimo, vale a dire, un altro io. Ci che fa laltro, ci che laltro, sempre qualcosa che in principio io stesso avrei potuto essere o fare, e mi si rende comprensibile in tanto che possibilit mia (dove con mia si intende umana in generale) che non ho realizzato. Altrimenti la vita estranea lo sarebbe al punto da non permettermi di integrarla nella mia (PSV, p. 111, nota 3). Nicol utilizza le parole en la ma, che potrebbero dare il senso di un assorbimento, ma se si fa un attimo attenzione si nota che un po prima aveva mantenuto ferma lirriducibilit tra due vite. Abbiamo preferito tradurre in maniera letterale, ma il senso rimane quello di unintegrazione reciproca, attraverso la quale la mia vita integra quella altrui e ne viene modificata in maniera da restare sempre in relazione con questultima.

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sopra-naturali porta con s limpossibilit che si ripeta una situazione allo stesso modo, ci costringe a procedere avanzando e facendo la nostra storia: sto nella situazione di un essere che sempre si affanna.154 Laffanno, per, ha un inizio ed una fine, per cui sto sempre nella situazione di un essere che nasce e muore, ma anche che riflette sulla sua nascita e sulla sua morte. Sono un essere limitato perch la mia vita ha un principio e una fine, perch unica e perch affannosa. Il mio sforzarmi di vivere unico, ma non posso affannarmi per tutto n tutto ci per cui mi affanno posso conseguirlo, tantomeno tutto ci che conseguo frutto del mio sforzo. Queste situazioni fondamentali, frutto di una prima riflessione, sono caratterizzate dalla necessit e determinano la condizione umana in quanto tale. Esse entrano a far parte di quello che Nicol definisce come il destino.155 il limite imposto alla mia vita della vita stessa che stimola il mio sforzo e quindi il protendermi verso il futuro, grazie al quale il presente si qualifica temporalmente: la vita si conquista facendola, e si fa affannandosi, proiettando il presente al futuro, realizzando il futuro, vale a dire avendo futuro. La temporalit lo stesso si dica per la spazialit la condizione di un essere che vive la sua vita facendola e pensando alla propria condizione.156 Luomo, dunque, si sforza e si affanna nel fare la sua vita, e la fa nella scelta, nellazione, che possibilit, quindi libert. Ne scatu154. PSV, p. 111. Anche se in alcuni casi risulta essere poco corretto, preferiamo lutilizzo del verbo stare ad essere, quando si tratta di affermare lessere in situazione. Questo perch lo stare in situazione costituisce il soggetto nel suo stesso essere. 155. Ibidem. 156. PSV, p. 112. La tecnica moderna, secondo Nicol, nel suo quantificare tutto, non comprende la perturbazione che genera nellambito della vita umana. Lo spazio quantificato distrugge la stessa comprensione della vita come vita propria che si svolge in situazione, facendo s che ogni posto valga quanto un altro e costringendoci a spostarci non come il colonizzatore o il missionario, portando con noi stessi lo spirito di un luogo ad un altro, ma perdendo con il luogo proprio, una parte del nostro spirito. Qualsiasi luogo sacro se in esso si radica un uomo. E un uomo un uomo completo si radica sempre, mette sempre radici in qualche luogo. Se uno sradicato quasi un puro corpo. lo spirito, e non il corpo, che attecchisce nella terra del luogo. Il fatto che sia lo spirito ci che dellunit personale si radica, salva il pensiero di Nicol da una possibile accusa di mistica del sangue e del suolo. Lo spirito capacit di agire sensatamente, ma il senso integrazione, situazione. Il radicarsi delluomo dunque il suo vivere in relazione con ci che lo circonda stabilendo e alimentando il senso della propria vocazione. Questo ci fa anche comprendere la maniera in cui Nicol concepisce lesilio subito: integrato ma sempre evidente in quella refundicin che il nostro stesso essere.

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risce il fatto che si affanna proprio in quanto libero: non c maggior affanno che obblighi ad una tenacia maggiore e pi vigilante che quello di essere liberi.157 Laffanno si risolve nella scelta stessa: siamo nella situazione di dover scegliere. Questa una situazione fondamentale, il che significa che la libert non ci data: noi siamo obbligati alla libert e questo ci conduce al fatto che non possiamo sempre evitare lerrore: dover scegliere nella vita una situazione fondamentale delluomo. [] Il sapere che nella nostra vita non possiamo evitare lerrore una situazione fondamentale.158 La questione dellerrore ci permette di collegarci allaltro tipo di situazione, quella limite. Per situazione limite intendiamo quella situazione nella quale si di fronte ad esperienze peculiari irriducibilmente individuali,159 e va distinta la situazione limite comune a tutti gli uomini che un acuirsi di una situazione fondamentale in unesperienza singolare160 che quella di cui ci interessa parlare qui da quella che particolare appannagio di un solo individuo. Nella situazione limite, scegliendo, ci sembra di impegnare interamente la nostra vita, quindi di dare una direzione particolare alla nostra esistenza; in pi abbiamo come la convinzione che stiamo vivendo unesperienza che riguarda ogni uomo, in qualunque tempo. Abbiamo la percezione di impattare con qualcosa che arresta inizialmente la nostra esistenza e la rende possibile solo al prezzo di un cambiamento. Ci che ci arresta appunto la coscienza della possibilit di errore, che una situazione fondamentale. Nella situazione limite accade che i due termini della scelta non siano individuabili qualitativamente, per cui non possibile stabilire chiaramente quale sia la scelta migliore. Siamo liberi, quindi obbligati, a scegliere e da tale scelta dipende la nostra vita. Libert e necessit si coniugano dialetticamente, in una dialettica che non ammette sintesi ma continua relazione: essere liberi vuol dire operare sensatamente, e questo decidere tra le alternative possibili.161 La nostra perplessit
157. Ibidem. 158. PSV, p. 113. 159. Le situazioni fondamentali hanno il carattere della permanenza mentre quelle limite sono transitorie. Ci non toglie che vi possano essere situazioni permanenti non fondamentali e situazioni transitorie che non sono limite. 160. J. C. Torchia Estrada, Eduardo Nicol y la idea del hombre, in Id., Cursos y conferencias, Losada, Buenos Aires 1953, p. 368. 161. PSV, p. 114.

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nasce dalla stessa libert. Le situazioni limite sono, allora, quelle che condizionano lesistenza umana, perch luomo vive in funzione di esse. Situazioni di questo genere sono per esempio la coscienza del passato e lesperienza del filosofare (perch sempre ci conduce al problema dei limiti delluomo).162 Mentre viviamo tentiamo di manenerci distanti dal limite il pi possibile,163 in una posizione dalla quale intravediamo i limiti della nostra stessa vita: dire dunque che luomo limitato significa dire che vive tra limiti, non nel limite. La possibilit di parlare delluomo si d, dunque, solo attraverso una incursione che giunga fino ai suoi limiti, dopo unesperienza massimamente personale mai dopo un semplice ragionamento.164 Stabilita questa classificazione, Nicol si chiede che tipo di esperienza sia la coscienza della situazione vitale. Non pu essere un punto di osservazione esterno in quanto luomo sta sempre in situazione. Per questo motivo, la coscienza che abbiamo della situazione in cui stiamo la qualifica e allo stesso la tempo modifica: se il modo di stare in un fattore situazionale, allora la variabile della coscienza determina variazioni nella situazione, ossia situazioni differenti.165 Lo star in situazione, infatti, non implica necessariamente lesserne coscienti: vivere ignorando qualcosa una situazione specifica ed esclusivamente umana. Lignoranza si vive e, sia chiaro, si vive senza esserne coscienti.166 Lessere invece coscienti dei propri limiti, essa stessa una situazione limite: giunti al limite del nostro essere umano corriamo sempre il rischio di perdere ci che ci caratterizza come uomini, quindi perdere la vita pur mantenendo il nostro essere biologico. Lignoranza del male la pi significativa di queste situazioni [nel senso che la mostra in negativo]. Luomo reca il male nelle sue viscere, ma non bisogna
162. Il limite al quale conduce il filosofare, afferma Nicol, produce un effetto psichico simile a quello che si prova quando si tenta di immaginare linfinito: la riflessione conduce alla parola, ma il limite ci impone il silenzio. Il fatto che si possa parlare solo di ci che sta al di qua del limite, fa s che il limite stesso non sia conosciuto come confine tra due territori ma solo come impasse: il limite dove termina ci che conosciamo e viviamo (PSV, p. 116). 163. Il filosofare, invece, proprio il giungere al limite e laccamparsi nei pressi. Come nellesperienza mistica, per, questa situazione non che transitoria, quasi fosse unesercizio di apnea. 164. PSV, p. 117. 165. PSV, p. 130. Questo il motivo per cui, come vedremo, lidea delluomo modifica luomo stesso e, in quanto espressione, tale modificazione implica tutto il suo essere. 166. PSV, p. 132.

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rappresentarselo come una realt, come qualcosa che , tantomeno come il vuoto che la realt lascia quando si ritrae, come la pura assenza o privazione di realt. Si dir che il male nelluomo come possibilit. [] Siamo capaci di male semplicemente perch abbiamo la capacit di essere, questo o quello.167 Il limite, dunque, in quanto stimolo allazione e possibilit della conoscenza di noi stessi, chiave di volta168 dellesistenza umana, ma essendo questa dinamica, esso non pu essere sempre fissato in maniera definitiva. In molti casi, come quello dellesperienza filosofica, esso va spostandosi grazie a quellaffannosa ricerca, che sempre azione e proiezione verso il futuro. Tale affannoso spingersi verso il limite ha due possibili dimensioni: una dimensione orizzontale nella quale riconosciamo che la vita, nel momento in cui si manifesta come umana, va costituendosi come un farsi che termina, poi, nella morte. Sebbene limmagine suggerisca un progresso, in realt ogni tappa di questa dimensione viene vissuta come a se stante e non comparabile con le altre. In ognuna di queste tappe, la nostra azione pu farci umanamente progredire o regredire; una dimensione verticale che ha la sua base nellattuale, ovvero nel momento in cui ci si trova di fronte ad una scelta. Qui si annida il male e posso essere salvato solo dalla coscienza della situazione in
167. PSV, p. 133. Luomo si fa con il suo stesso fare, per cui il suo essere non completo e incorpora il non-essere come possibilit (cfr. la parte prima di IH2). Lessere delluomo indefinito, in quanto finito e non definito allo stesso tempo. Nellazione, come oblo del limite, si annida il male come possibilit. Questo, per, significa che unazione che tenti di conoscere e rispettare i suoi stessi limiti sar unazione eticamente buona. Potrebbe mai essere il contrario dato che la vocazione umana vocazione alla vita da realizzarsi in continua relazione con laltro? Potrebbe esserlo se tale relazione fosse di tipo distruttivo, ma se lo fosse sarebbe auto-distruttiva dal momento che che con il venire meno di un termine verrebbe meno la realzione stessa, quindi la vita umana: Il male diminuisce il mio essere. Meglio, il male o consiste nella diminuzione del mio essere, del mio essere uomo; ci che mi rende meno uomo [] verso il bene, per farci, secondo la nostra vocazione; verso il male, per dis-farci, secondo la nostra possibilit (PSV, p. 135; cfr. anche cfr. anche E. Nicol. La primera teora de la praxis, cit., p 74.). In ME, Nicol dichiarer il valore eticoontologico della relazione stessa. Cfr. a tal proposito M. Cuevas, El ser del hombre en Eduardo Nicol. Algunas implicaciones ticas, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 193-200. 168. PSV, p. 134.

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cui mi trovo, vale a dire quella del limite.169 Lignoranza del male un male anchessa, lignoranza della nostra stessa condizione: ignoranza del fatto che in ogni nostra decisione implicata tutta la nostra umanit. 2.4. Situazione ed espressione Lazione, come abbiamo ravvisato, conseguenza del limite e per questo costituisce il nostro stesso essere. Nellazione siamo sempre in relazione con il limite che condiziona lazione stessa: per questo il limite necessit originaria. Viviamo il limite in situazioni limite, ma quando questo comune lo viviamo anche come situazione fondamentale. Gi abbiamo visto che Nicol definisce la necessit originaria con il nome di destino: destino ci che dato nelluomo, vale a dire, limitazione e costrizione: ci che non si scelto e che non pu essere cambiato.170 Solo luomo ha destino in quanto lo riconosce, grazie alla coscienza della propria limitazione, e pu lottarvici contro. In questo caso il lottare non consiste nella non-accettazione dei limiti invalicabili dellesistenza, ma si delinea come tentativo di permanenza nei pressi di quei limiti. Permanere che, secondo Nicol, permette a ciascun individuo di ri-conoscere i propri limiti personali: si tratta pi di una lotta entre i limiti e non contro di essi: il destino ci forza, per non ci lascia inermi [] ci forza a lottare, ci d forza.171 Le cose, la pietra, lalbero, non debbono sforzarsi di essere, non debbono lottare, essi non hanno forza perch sono destino. Invece, la componente di destino che costituisce la vita umana si presenta con il doppio volto di necessit e possibilit allo stesso tempo. Lazione, il nostro stesso essere, questo esercizio continuo della decisione nel quale cresciamo o descresciamo umanamente. La decisione anche libert di scegliere, che va esplicata nel tentativo di trascendere i propri limiti. In tale tantativo si va delineando quello che il carattere della persona: se il destino necessit, il carattere libert in quanto si forma nella scelta, nellazione. Il
169. Questa coscienza, che chiamiamo coscienza morale, lunica che mi salva dallannularmi totalmente come uomo, attraverso quellatto concreto (PSV, p. 135). 170. PSV, p. 136. 171. Ibidem.

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fatto che luomo sappia di non poter oltrepassare i propri limiti, ma che, allo stesso tempo, impegni la sua vita nel tentativo di farlo sembra a prima vista contraddittorioeppure nella vita accade: non uno sforzo impossibile, perch in realt non conosciamo in maniera esaustiva quali sono i nostri limiti.172 Ci che ci dato come necessit originaria, sia per quel che riguarda lumana condizione in generale, sia per quel che riguarda la nostra vita individuale non ci costituisce gi come uomini completi: con ci che dato il suo essere [delluomo] non completo, e per essere deve farsi, esercitare la sua libera iniziativa.173 Nelluomo, come abbiamo gi potuto osservare, necessit e libert sono dialetticamente legate, dipendono luna dallaltra, per cui luomo non pu rinunciare alla lotta senza rinunciare ad essere: con ci che dato, luomo semplicemente un essere che pu essere. Ha possibilit di essere; potente, e lo necessariamente perch necessariamente destinato ad essere libero.174 Questo potere, che libert, ci che rende luomo quello che . Un essere cosciente dei suoi limiti un essere che ha il compito di eleggere quelle possibilit che rispondono alla sua vocazione, che quindi aumentino il suo grado di umanit. Rinunciare a questo compito significa rinunciare a quellumanit che va conquistata in ogni decisione. Questa la vita delluomo che si dispiega come una complicacin di necessit, casualit e iniziativa, e non v situazione nella quale questi tre fattori non si trovino mescolati.175 Se destino e libert, da adesso in poi diremo per carattere per riferirci al risultato della libera decisione, si relazionano in maniera dialettica, c da chiedersi quale sia il tipo di relazione esistente tra caso e necessit, e caso e carattere. Il destino presenta quattro gradi di necessit: 1) quella del mio essere essere in quanto umano; 2) quella del mio essere in quanto individuo concreto: 3) quella della mia posizione spaziale e temporale; 4) quella del mio inevitabile incontro con gli altri e inevitabile immersione negli avvei172. Cfr. A. Aguirre, La piedra, el rbol y el hombre, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 201-210. 173. PSV, p. 137. 174. PSV, p. 138. 175. Abbiamo riportato il termine complicacin, che nel discorso nicoliano assume il significato di complicazione, ma a nostro parere vela anche quello di co-implicazione (Ibidem). Nicol stesso riconosce di non essere il primo ad aver posto lattenzione su questi tre termini (caso, destino e necessit) ma afferma di essere stato lunico che ne ha fatto degli strumenti metodologici per una sistematica analisi della vita umana.

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menti sociali. Ognuna di queste genera altre necessit e possibilit: il mio destino non lho fatto io, ma faccio me stesso con i materiali che il destino mi ha dato.176 La dignit delluomo sta nel suo farsi, ed lunica dignit esistente.177 Il destino include il caso, dal momento che questultimo limita la nostra scelta in maniera necessaria, anche se imprevista. Il caso necessit, in quanto possibilit necessaria e imprevista, positiva o negativa. Il caso ci limita necessariamente ma noi possiamo essere minimamente predisposti allimprevisto se la nostra condotta, il nostro carattere, tale da riuscire a contemplarlo e non lasciarsi sconcertare. Per Nicol, infatti, il caso non pu completamente decidere della vita delluomo e deve essere il soggetto ad affinare il carattere al punto da poter affrontare il caso: diciamo, giustamente, che ha carattere quel soggetto che di fronte al caso non resta inerme, non perde la capacit di iniziativa, ovvero il dominio di se stesso.178 Il caso, dunque, forma parte del nostro destino, la necessit sconosciuta179 che possiamo accogliere sempre e solo come possibilit dellimprevisto. Il modo in cui ci comportiamo al suo verificarsi definisce sempre pi il nostro carattere. Il ripercuotersi di qualsiasi evento nella nostra vita, infatti, dipende dalla disponibilit con la quale ci lasciamo toccare.180 Lasciarsi toccare, recepire, unattivit che si compone anche di un selezionare e poi fare posto a ci che si vuole recepire: e colui che sceglie ha criterio, carattere, vale a dire, consistenza. Solo avendo consistenza o struttura interiore si ha veramente disponibilit.181 Luomo veramente libero, con carattere, colui che sa condursi tra il caso e le
176. PSV, p. 139. 177. PSV, p. 139, nota 2. Il destino come pura necessit non ha dignit. Questo significa che basta lanalisi psicologica per mantenere il problema etico nella sua validit scientifica; [] la vita rivela in s stessa, e concretamente, la necessit, che possiamo definire funzionale, delle qualificazioni morali (siano quelle che siano). La vita pertinente ontologicamente al mondo della non-indifferenza. 178. PSV, p. 142. 179. PSV, p. 143. In quanto sconosciuto, il caso pu essere decisivo in una sola occasione, quella della morte, dove per non si sta pi in situazione. 180. Laffettivit, secondo Nicol, non costituita dalla sola capacit emozionale, ma essendo spirituale si compone anche di unoperazione intellettuale che pu esercitarsi come rifiuto dellaffezione stessa. Si pu parlare di recettivit o disponibilit vitale ad integrare gli eventi nella propria esistenza, e farne esperienza. Tale ricettivit pu essere educata proprio attraverso lesperienza (PSV, p. 146). 181. PSV, p. 146.

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proprie scelte: luomo centrato, quello che sta al centro del suo ambito vitale.182 Giunti a questo punto dovremmo avere tutti gli strumenti per tracciare una caratterologia delluomo, ma non questo che interessa Nicol, pena il ridurre lindagine ad una mera teoria dellespressione basata su fondamenti psicologici. Restano invece aperte due questioni legate tra loro: la questione della storia delluomo e quella dellessere delluomo stesso. Finora ci siamo mossi solo nellambito dellanalisi psicologica che per gi ci ha mostrato la sua connaturata impossibilit ad analizzare le due questioni esposte. Dedichiamoci dunque un attimo al tema dellespressione che chiude la Psicologa de las situaciones vitales al fine di porre lultimo mattone di un ponte che ci porter ad analizzare la questione storica. Lazione delluomo movimento, quindi anche il suo essere ma il movimento o la mocin nelluomo commozione. Ci che ci accade e che facciamo ci commuove, ci fa vibrare in consonanza o dissonanza, ma sempre in modo che questa vibrazione sia comunicazione, parte di un dialogo.183 Questa vibrazione un movimento espressivo: lespressione un movimento [] qualsiasi movimento nelluomo unespressione e in quanto tale unalterazione, un cambiamento.184 Le espressioni si susseguono, il che significa che siamo sempre in azione, continuo movimento e cambiamento. Ma cosa esprimiamo? Poich stiamo in situazione, esprimiamo proprio lo stare in essa. La nostra espressione esprime sempre il nostro modo di stare in situazione; lo stare che costituisce e modifica la situazione. Lespressione, che sempre espressione di uno stare, pu essere solo presente ed , per questo, cangiante. Lo stare presenza attualizzante del qui e dellora che luomo, per questo in termini stretti, solo luomo ha espressione.185 Lespressione carica di senso, cos lintuizione dellespressivo lintuizione di un senso che mi tocca e si ripercuote in me. In tale intuizione avviene un mio approssimarsi a colui che si esprime, per que182. Ibidem. 183. PSV, p. 147. 184. PSV, pp. 147-148. 185. PSV, p. 148. Nessun altro essere se non luomo sta in situazione e pertanto nessun altro propriamente espressivo, anche quando questo palpito che scopriamo in tutto ci che vivente ci permette di dire, analogicamente, che qualche cosa inanimata espressiva (PSV, p. 149).

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sto nellespressione dia-logica, due esseri umani hanno una relazione come di com-penetrazione.186 Lintuizione dellespressivo si colloca al fondo dellessere umano ed caratterizzata dallintensit e, appunto, dal senso. Il senso, in particolare, permette di intuire lespressivo in quanto luomo ha senso in s, non perch io glielo conferisca187 ed ecco perch lunica possibilit di un saber del hombre della stessa ricerca psicologica passa attraverso la comprensione, che intuizione del senso espressivo della vita umana. Se i caratteri dellespressione sono lintensit e il senso, le sue forme sono il gesto e la postura. Non sono le uniche, ma quelle attraverso le quali si percepisce in maniera pi elementare il carattere di movimento dellespressione. Tale movimento, per, ha la sua origine nellinteriorit delluomo, in una forma espressiva che risiede in lui: la actitud.188 Per atteggiamento intendiamo una postura personale interiore che caratterizza i nostri modi di stare in situazione. Luomo adotta unatteggiamento che caratterizza il suo relazionarsi al trans-soggettivo. Accanto al gesto e alla postura, e sempre come risultato dellatteggiamento, va considerato il linguaggio come forma espressiva per eccellenza. Nicol afferma che la parola sempre carica di valore espressivo: quando parliamo, parliamo sempre di qualcosa, ma parliamo anche per mezzo di qualcosa, per qualcosa, e per qualcuno; non si pu, pertanto affermare che significato ed espressione siano qualcosa di distinto e addirittura opposto.189 I valori espressivi sono inerenti allo stesso linguaggio, al punto che il gesto ausiliare nei confronti della parola.190 Questo significa che la formulazione di qualsiasi pensiero
186. PSV, p. 149, nota 6. Mentre verso il non-umano, luomo ha solo un atteggiamento di penetrazione, oppure di proiezione. 187. Ibidem. 188. PSV, p. 150. Secondo il Diccionario Crtico Etimolgico de la lengua castellana a cura di Joan Corominas, riguardo lorigine del termine actitud la critica non concorde: una parte sostiene che esso abbia la stessa radice del termine aptitud che pu essere tradotto in italiano come attitudine; laltra parte afferma la diretta filiazione dal termine acto, per la quale actitud indicherebbe latteggiamento (cfr. J. Corominas (comp.), Diccionario Crtico Etimolgico de la lengua castellana, Editorial Francke, Berna, s. d.). In generale, data lesistenza e lutilizzo del termine aptitud, con actitud si suole indicare generalmente la disposizione personale, latteggiamento. Lo assumiamo, pertanto, secondo questa accezione che ci sembra concorde con lidea delluomo come essere espressivo. 189. PSV, p. 153. 190. Nicol nota che lespressione, in molti casi, facilita lintendimento delle pure proposizioni logiche, e per questo non pu essere estranea al linguaggio in quanto tale. La pun-

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espressione, per cui in essa si rende manifesto non solo il pensiero ma la persona stessa che autrice di questo. Non possibile scindere persona e suo pensiero, sebbene sia necessario dal punto di vista logico. Il linguaggio in quanto espressione, esprime lo stare in situazione secondo latteggiamento adottato. Ma in questo caso gi non si parla dellespressione intesa come movimento spontaneo, bens di forme del parlare o dello scrivere, si parla di uno stile: parlare questo: stilizzare il pensiero, forgiarlo nelle forme espressive del linguaggio.191 Attraverso lo stile esprimiamo noi stessi in base al nostro atteggiamento, per questo non possibile parlare n scrivere senza uno stile. Al di l della verit o falsit di unaffermazione o di un pensiero, in esso si mantiene qualcosa di perennemente veritiero che esprime la persona stessa che ha parlato o formulato il pensiero. Questo significa che le idee stesse di un uomo caratterizzano e rivelano il suo atteggiamento e il suo stile. La persona autentica si rivela, fondamentalmente, negli atteggiamenti e nel linguaggio.192 Lo stile implica coscienza ed esercizio di affinamento, consiste nel perfezionare la modalit con la quale si compie un atto. Per questo, un ethos pu essere stile morale, anche se uno stesso ethos pu esprimersi in stili differenti.193 Una teoria delle situazioni vitali conduce inevitabilmente alla tematica dellespressione come comunicazione dello stesso stare in situazione. Lespressione , quindi, essere delluomo stesso, in quanto azione e stare in situazione. Luomo passa da una situazione allaltra attraverso quella co-implicazione di caso, destino e carattere (libert) che segno distintivo di ogni situazione e che permette alluomo di farsi agendo. Ci che, dunque, risulta non spiegato come si produca la storia delluomo; come avvenga dinamicamente questo integrarsi di situazioni e in che modo la coscienza di ogni situazione modifichi la situazione stessa.194 Stavolta, per, non si pu trattare solo di unanalisi
teggiatura stessa pu essere considerata come un residuo dellespressione orale nel linguaggio scritto (PSV, p. 155-156). 191. PSV, p. 156. 192. PSV, p. 158. negli atti espressivi deliberati che si esprime autenticamente il mio carattere. 193. Inoltre, lo stile non va confuso con la piega nella quale si manifesta uninfluenza collettiva o del gruppo, che d vita ad una disposizione (pp. 160-162). Basti ricordare, a tal proposito, il discorso riguardante la escuela de Barcelona affrontato nellultimo paragrafo del capitolo precedente. 194. Come si spiega il cambiamento delle condizioni storiche situazionali? Un uomo

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psicologica: si rende necessaria una riflessione pi profonda che si dedichi al problema della genesi della storia in riferimento allessere del soggetto storico, ovvero delluomo. Questo il problema, trattato ne La idea del hombre,195 che ci accingiamo ad affrontare. 2.5. Lidea delluomo e la storia Lungo il corso della storia, numerose sono le idee che luomo ha formulato riguardo s stesso e Nicol ravvisa che nel momento storico in cui sta scrivendo, la filosofia si lasciata contagiare dal pensiero che il tema delluomo possa essere trattato solo in chiave pratica e non speculativa. Pertanto ha abbandonato lidea di una fondazione metafisica dellessere delluomo. In tal modo, lunico risultato raggiunto la confusione costituita dalle molteplici idee che si vanno formulando sullesistenza umana. Quella corrente filosofica che pi degli altri sostiene limpossibilit di una fondazione ontologica ha il nome di storicismo.196 La fondamentale innovazione di questa dottrina consiste nelsi trova gi esistente in una determinata situazione, che influisce senza dubbi sul suo modo di esistere, senza che egli sia potuto intervenire nella formazione dei suoi caratteri peculiari. Di certo, questi caratteri sono anchessi opera delluomo; ma allora come si spiega che possano evolvere, se non cambia lautore? [] Se questi fattori sono opera nostra come si spiega che cambino, se non cambia nel suo stesso essere colui che li produce? (E. Nicol, Los conceptos de espacio y tiempo en la filosofa griega, Dinoia (1955), pp. 138-140; CRS, pp. 110116). 195. Nel prologo alla prima edizione, Nicol afferma che lopera nasce con il marchio comune a tante altre prodotte nel secolo XX, cio quello di opera di guerra. Pur dichiarando che questo un asunto personale, in esso scorgiamo quella vigencia della coscienza morale di cui gi parlava nella Psicologa de las situaciones vitales. Come la Psicologa nel 1941, anche la prima edizione de La idea del hombre, che del 1946, vede la luce in anni difficili segnati dal conflitto mondiale. 196. Nicol non si dedica a chiarire di quale storicismo stia parlando. Non certo possibile raggruppare semplicemente sotto un unico nome diverse forme di riflessione filosofica sulla storia. In ogni caso si riferisce a quel pensiero che ha recepito linfluenza delle scienze dello spirito, e principalmente della storia (IH, p. 16). Crediamo che si tratti, in particolare, di coloro che si dichiarano in linea con la posizione anti-metafisica di Dilthey, per la quale la metafisica non che unespressione storica e in quanto tale relativa a determinate condizioni che riflettono lepoca in cui si sviluppata (cfr. W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, in particolare la sezione IV del libro II). Per approfondimenti confronta G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., in particolare il capitolo III); G. Magnano San Lio, Forme del sapere e strutture della vita. Per una storia del concetto di Weltanschauung. Tra Kant e Dilthey, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2005.

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laver rivelato la connessione che esiste tra pensiero e vita ma la mancanza di una fondazione ontologica di questa verit la rende valida solo per met. Parlare della connessione tra pensiero e vita ci conferma ci che gi era stato, dal punto di vista psicologico, compreso attraverso lo studio delle situazioni vitali: che luomo un ente storico. La lettura storicista assume tale affermazione come base della propria riflessione, in modo che qualsiasi affermazione riguardante lessere delluomo possa essere ricondotta a determinate coordinate storico-clturali entro le quali si esaurisce la sua validit. Tale impostazione rende estremamente problematico parlare di verit: i rischi sono il relativismo e lo scetticismo, e qualsiasi teoria riguardante luomo sar estremamente problematica. Problematica perch non riuscir a dare conto della dimensione umana in maniera soddisfacente e, proprio per questo, non potr che contribuire allapprofondirsi della crisi nella quale luomo gi versa che soprattutto crisi dei valori. Tale crisi generata, per Nicol, dalla perdit del contatto con la verit. Luomo, infatti, si sempre appoggiato alla verit come al fondamento della sua vita: la vita umana non pu essere vissuta senza principi, ne vi sono principi possibili che non possano essere chiamati verit. La crisi di una verit la crisi di una vita. Fino alla riscoperta della temporalit come carattere fondamentale dellessere umano, luomo aveva tentato di appoggiare la sua esistenza sullintemporale, cercato fuori o dentro se stesso (il tentativo filosofico di dimostrare limmortait dellanima un chiaro esempio dellanelito umano alla stabilit), e questo perch coglieva la fragilit del proprio essere, ovvero la sua costitutiva finitudine. Il venire alla luce della temporalit come unica categoria adeguata a comprendere la vita umana ha creato una profonda situazione di crisi.197 La perdita di un appoggio ha portato luomo al disperare del futuro e a non proiettare il suo presente verso lavvenire: questo essersi rotta dellarticolazione temporale dellesistenza leffetto anti-storico che risulta paradossalmente dallo storicismo,198 la conseguenza dellaver rinunciato a cercare il fondamento ontologico della verit. Una riflessione sulla storia che non si interroghi sul fondamento on197. In realt, proprio la scoperta della temporalit come costitutiva delluomo dovrebbe farcelo apparire come essere in crisi permanente (IH, p. 18), che non se non un altro modo di dire che luomo integrazione di passato e presente, e per questo aperto al futuro. 198. Cfr. IH, p. 18.

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tologico di questa, non riesce a dare ragione reale del cambiamento e soprattutto della vita delluomo, perch si riferir sempre e solo a determinazioni soggettive o al massimo legate ad una determinata epoca. Affinch ci possa essere una reale comunicazione e quindi una comunit, ci deve essere una precedente comunit della verit: una base razionale comune nella quale si radichi questa verit. necessario, secondo Nicol, comprendere che la verit ha valore in s e che ritrovare il suo fondamento possibile solo se si riesce a dare ragione della compatibilit tra ente e storia, ovvero mostrando la temporalit essenziale dellessere delluomo.199 Solo in tal modo sar possibile fare fronte alla relativizzazione della filosofia messa in moto da determinate riflessioni sulla storia. In che maniera possibile dare il via a tale progetto? Analizzando la stessa storia e lunico ente storico, cio luomo. Nella Psicologa, la riscoperta della temporalit dellesistenza, ci ha condotto a riconoscere luomo come essere temporale (e per questo anche spaziale). Il problema delluomo, dunque, quello dellessere nel tempo.200 Tale questione implica, in maniera previa e necessaria, il problema dellessere, il problema del tempo e il problema della ragione. Lultimo problema quello dal quale deve partire lindagine dal momento che la razionalit caratterizza lente che conosce lessere e il tempo: luomo. Luomo conosce la storia, come sua forma peculiare di cambiamento, attraverso la memoria. La storia la forma del tempo umano: la temporalit. Che la totalit delle cose nelluniverso sia soggetta al cambiamento fu pensato con estremo rigore e lucidit, per la prima volta da Eraclito. Ma lungi dal credere che luniversalit eterna del cambiamento producesse lirrazionalit pura, Eraclito deriv precisamente da essa una nuova idea della razionalit delluniverso. Di fatto, fu il primo che incluse la ragione come un elemento funzionale allinterno del kosmos. Questo non sarebbe stato possibile se non fosse stato scoperto che il cambiamento ha delle forme. Per lui, la forma ciclica del cambiamento universale garantisce la sua razionalit. La forma regolare

199. Cfr. IH, p. 20. Secondo Nicol non non sufficiente che la possibilit che vi sia una forma della ragione stabile che possa fungere da categoria sempre valida per la comprensione storica. Se esiste questa forma, secondo il pensatore catalano, perch si radica in una struttura ontologica che la permette. 200. Cfr. IH, p. 23.

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del cambiamento non solo rende possibile la sua comprensione, ma assicura la presenza stessa oggettiva della ragione nel mondo.201 La ragione deve essere legata, anzi radicata nella vita, per cui pensare la realt deve significare pensarla razionalmente, nel senso di darne ragione, individuarne la forma stabile. La ricerca della forma regolare del cambiamento non consiste, dunque, in una razionalizzazione della storia (operazione che ha sempre avuto come risultato quello di dimenticare il ruolo da protagonista svolto dal soggetto) ma nel ritrovare nel corso degli eventi delle costanti, appunto storiche.202 Considerare la storia come un processo amorfo implica il concepire la filosofia solo come descrizione delle relazioni vitali che legano il pensatore a ci che lo circonda.203 La tesi di una irrazionalit dello storico inammissibile per principio: nessuna realt estranea alla ragione. Lanomalia si radicava nel nostro difettoso intento di dare ragione dello storico.204 Si rende, dunque, necessario individuare una maniera di dare ragione della storia senza ricadere nella sua razionalizzazione, cosa che porterebbe alla sua disumanizzazione. Per proseguire nella nostra indagine necessario chiedersi cosa muove la ragione, onde rispondere che essa viene mossa da una spinta irrazionale alla ricerca di un punto stabile: la ragione pu pensarsi ma non pu muovere se stessa.205 Il punto stabile che cerca lessere e nel monento in cui trova, nel mutare di tutte le cose, la forma di questo stesso mutare pu riposare su qualcosa di immobile: la forma permanente, regolare e stabile. In essa pu riposare la nostra ragione il nostro animo o la nostra anima dallin-

201. IH, p. 24. Di questo logos che sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; bench infatti tutte le cose accadano secondo questo logos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole e in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura cisacuna cosa e dicendo com (Eraclito, B1, in H. Diels W. Kranz (a cura di), I Presocratici, Bompiani, Milano 2006, p. 194). Per quanto riguarda la definizione del termine kosmos, possiamo accettare quella che Nicola Abbagnano riporta nel suo Dizionario di Filosofia: il mondo in quanto ordine (N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Tea, Torino 1993, p. 194). Cfr. a tal riguardo J. Gonzlez, La revolucin en la metafsica. Herclito y Nicol, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 23-46. 202. Le questioni della storicit delluomo e della ragione della storia sono, per Nicol, ontologicamente legate. 203. Cfr. IH2, p. 13. 204. Ibidem. 205. IH, p. 26.

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quietudine del mutare universale.206 necessario, dunque, stabilire una morfologia della storia, ma questo non possibile senza che si possa avere unidea dellessere che genera la storia stessa: luomo. in una nuova idea dellessere delluomo che va cercato, di fronte allevanescemza totale della realt, il punto di appoggio che stabilisca ci che si mantiene stabile rispetto al mutare dellumanit storia e congiuntamente, ci che permane stabile rispetto al mutamento individuale.207 La storia, infatti, storia delluomo, il risultato dellattualizzarsi di quelle tensioni o intenzioni vitali del poter essere, che caratterizza lumano.208 Il sostrato della storia un contenuto metafisico, ragion per cui quelle che chiamiamo forme storiche di vita sono forme o modi di essere, nella pienezza del senso ontologico di tale espressione.209 Solo in questo modo possibile fondare ontologicamente la realt oggettiva delle forme storiche, e la storia pu fare il suo legittimo ingresso nellidea delluomo: la soluzione metafisica al problema dellessere del tempo si offre nella concezione dellessere potenziale delluomo. Ci conduce Nicol ad affermare che il filo conduttore della storia proprio lidea delluomo, in quanto in essa si riflette lattualizzazione spirituale, lopera storica che luomo porta avanti con s stesso, e nella quale viene espressa, in forma di pensiero, limmagine che ha prodotto della sua propria condizione in ogni situazione vitale storica.210 Le relazioni vitali che luomo intrattiene con ci che al di l di lui stesso danno vita alle forme di vita collettive e alle istituzioni sociali: forme stabili ma della stessa stabilit dinamica delluomo, in quanto dipendenti da relazioni vitali costituenti una situazione pi ampia: c storia propriamente perch luomo tiene la sua esistenza sempre organizzata in determinate situazioni vitali che sono cangianti. E tale cambiamento psicologico delle sue situazioni si esplica metafisicamente in base alla costituzione ontica di un essere la cui vita nel senso propriamente umano della stessa gli data solo come potenza e non come atto.211 Questo significa che non ci possibile dare una definizione completa delluomo una volta per tutte, ma solo una storia
206. Ibidem. 207. IH, p. 28. 208. IH, p. 31. 209. IH, p. 32. 210. Cfr. Ibidem. 211. IH, p. 33.

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delle sue definizioni: ogni definizione delluomo, ogni idea delluomo che la filosofia andata proponendo, ha risposto allattualizzazione raggiunta dalluomo, o proposta da lui come ideale, in una certa situazione storica.212 Vi sar, dunque, una realt umana differente in ogni epoca, e questo ci permette di distinguere le varie epoche luna dallaltra. Il fatto che luomo sia storico implica che lo sia anche lidea che si fa di se stesso, ma questo non significa che questa sia falsa: lidea delluomo come essere potenziale il fondamento permanente di qualsiasi idea storica delluomo, attuale o possibile.213 La continuit storica si fonda nella continuit individuale, ci che chiamiamo evoluzione storica si radica nel cambiamento che si produce nelle relazioni vitali delluomo, e nel corrispondente cambiamento del suo essere.214 Tali relazioni si danno, per, anche nello spazio: come avviene per la vita, cos avviene per la cultura, per cui una cultura una forma di comunit che si d in uno spazio vitale e un tempo storico determinato.215 Come lindividuo, dunque, anche le comunit culturali si sviluppano in base ad una co-implicazione di caso, destino e necessit, nascendo e morendo, e a volte generando altre culture: in tale maniera, la diversit delle culture in una determinata situazione storica, le loro reciproche relazioni, il loro dispiegarsi nel tempo e leredit lasciata da una allaltra, appaiono alla luce della ragione della ragione storica con la stessa chiarezza con la quale appaiono dinanzi alla ragione vitale la diversit irriducibile degli individui, il loro essere costitutivi e complementare rispetto alla comunit e il conseguente processo di formazione e trasformazione.216 Il metodo, quindi, per individuare la posizione delluomo nel cosmo quello delle situazioni vitali; analogamente, la posizione di una comunit culturale si determina in base alla sua situazione storica. Cos, non solo il cambiamento razionale perch ha forma; ma razionale anche la condizione umana, perch pu esse212. IH, p. 35. 213. IH, p. 36. 214. La storia della filosofia registra, dunque, levoluzione del modo con il quale gli uomini hanno concepito razionalmente tutte queste relazioni e le hanno articolate in un insieme organico che si chiama cosmo, situandovi poi luomo. E si pu affermare con sicurezza che questa storia delle concezioni teoriche parallela alle diverse teorie delle relazioni effettive delluomo, e ha una struttura identica a quelle, questo perch la teoria stessa una relazione vitale (IH, p. 40). 215. IH, p.44. 216. IH, p. 45.

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re pensata ontologicamente. [] Tutto cambia, ma la verit che non cambia quella che spiega il cambiamento.217 Questa verit , come gi detto, la costituzione temporale dellessere delluomo. 2.6. Verso unontologia delluomo Luomo esprime il suo essere, ed esprimendolo lo trasforma.218 Per questo motivo nessuna definizione o idea delluomo completa, ma non per questo errata: tutte quante sono in qualche maniera definitive in quanto ognuna mette in rilievo un carattere particolare. Essere uomo essere differente dagli altri esistenti, ma anche, individualmente, da ogni altro uomo. Se questo vero, tra gli uomini del presente e quelli del passato, cosa v di comune? Deve esservi una base comune, che non sia solo psicologica, eppure sembra che luomo non riesca mai a a definire i caratteri del proprio essere, ovvero della propria mismidad.219 Tutti noi sappiamo in maniera immediata cosa significhi essere uomo ma, come il tempo per Agostino,220 diventa problematico poi comunicarlo perch ci manca la stabilit di una definizione. Luomo espressione ma questo signifca dire che azione, e luomo non agisce mai alla stessa maniera. Come abbiamo visto, lalterazione dellazione, quindi della situazione vitale, delluomo di chiama storia: lunione tra scienza delluomo e storia delluomo non una tesi teorica: un dato del problema.221 Se luomo cambia il suo essere attraverso la sua azione, la legittimit dellidea delluomo risiede nella sua stessa storicit, a patto che questa sia posta nella maniera corretta. Infatti, invece di impuntarsi dinanzi alla questione dellinconciliabilit tra essere e tempo, la filosofia avrebbe dovuto, e deve, convertire lostacolo in segnale indicativo: assumere come punto di partenza questa stessa
217. IH, p. 46. Sottolineamo ancora che Nicol non intende affermare che sia la ragione a fissare le forme storiche, ma solo che la ragione le coglie e pertanto queste possono essere considerate razionali. 218. IH2, p. 11. 219. La mismidad fondamentale per la comprensione della storia, in quanto propone quellidentit dinamica che sola ci permette di comprendere latto passato in quanto umano. 220. Che cos, allora, il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so (Agostino di Ippona, Le confessioni, cit., p. 332). 221. IH2, p. 12.

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difficolt, riconoscendo in essa una nota distintiva dellessere umano, ovvero deve considerare luomo come lessere che non ha bisogno di definizione.222 Tutti i tentativi di concettualizzare lessere delluomo in forma definitiva non sono stati capaci di integrare in se stessi il dato del cambiamento storico. La risoluzione della questione implica che lanalisi venga riportata al piano ontologico, poich la causalit storica non presenta le stesse caratteristiche di quella che si incontra nelle scienze naturali e, implicando la libert come caratteristica dellessere umano, ci costringe ad una ri-considerazione della sua struttura dessere. Luomo present ins una dualit ma questo non il problema: il dato iniziale.223 Le due forme, costituenti la dualit, sono lumano e il nonumano che si integrano nellunit reale delluomo. Il problema, dunque, consiste nel dare ragione dellumano senza invalidare il nonumano che pure ci costituisce. Il fatto di dover dare ragione di questa situazione lascia venire alla luce una questione fondamentale: che genere di essere questo che non solo ha unidea delle cose, e necessita di tali idee per esistere, ma che inoltre compie nella sua esistenza questatto singolare, che consiste nellapparire dinanzi a s e formarsi unidea di se stesso?.224 Ecco che la questione dellidea delluomo e della sua costituzione ontologica appaiono legate indissolubilmente. Se nella Psicologa de las situaciones vitales si dato inizio ad un lavoro di scavo psicologico utilizzando il nuovo metodo delle situazioni vitali riuscendo cos a conseguire notevoli risultati per quel che riguarda la comprensione dellesistenza umana, pur vero che tale metodo esamina le relazioni dal punto di vista della loro attualit e non ci permette di rivolgere lo sguardo alla storia proprio come forma variabile della relazionalit.225 Come si diceva pocanzi, linteresse di Nicol, si concentra su quelle che sono le costanti storiche, le quali affondano le radici nel terreno sicuro dellessere delluomo. Continua, cos, a riproporsi la que222. Ibidem. 223. IH2, p. 14. 224. Ibidem. 225. IH2, p. 16. Con relazionalit abbiamo tradotto il termine relatividad perch nel discorso nicoliano esso assume il significato di capacit di relazione continua e costitutiva. Tradurlo con il termine italiano relativit avrebbe potuto dare adito a fraintendimenti, sebbene non vada dimenticato che lessere delluomo, in quanto relazionale, relativo sempre allaltro termine della relazione.

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stione per la quale, affinch ci sia cambiamento sembra che debba esserci un sostrato immutabile, ovvero la questione di una definizione definitiva delluomo. La domanda fondamentale rimane sempre la stessa: che cosa luomo?. Lesistenza delluomo relazione, ma mentre per gli altri enti la forma della relazione pu essere interpretata come un essere-con226 vale a dire di un ente unito ad altri enti dai quali dipende per la sua sussistenza, che vengono da noi convertiti in oggetto dellespressione quando laltro ente laltro,227 il nostro essere-con non ci permette di riconoscerlo come oggetto comunicabile, ma come essere comunicante: laltro io il destinatario della mia comunicazione oggettiva. Pi che un testimone della presenza di qualcosa dinanzi a me, lespressione un nesso effettivo che lega ciascuno con tutti e tutto: in essa si manifesta linterdipendenza e la solidariet di tutto lesistente.228 La ricerca riguardo lessere delluomo deve dispiegarsi come teoria delle sue relazioni, nel senso che deve dare ragione di queste in base al suo essere. Luomo esprime sempre lessere, il suo compito,229 ed in questo partecipa del dato comune, cio della comunicazione. Tale realt manifesta, allo stesso tempo, lunit di possedere e comprendere che si danno simultaneamente nellatto espressivo: si direbbe che esistere appropriarsi dellestraneo; ma restituire ci di cui ci si appropriati nellatto stesso del cogliere verbalmente.230 Luomo sempre interdipendenza e per questo in base al modo di relazionarsi con ci che non : ecco confermato, dal punto di vista ontologico, ci era stato ormai accertato da quello psicologico, ovvero che il non-io non estraneo allio. Per que226. Il Mitsein heideggeriano viene qui degradato al rango di dispositivo intepretativo adeguato per studiare la relazione io-mondo in generale. In Heidegger, invece, riguarda il rapporto con gli altri uomini, che si danno nella dimensione della presenza (cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., 26). Per un approfondimento riguardo il concetto Mitsein in Heidegger cfr. S. Bancalari, L'altro e l'esserci. Il problema del Mitsein nel pensiero di Heidegger, Cedam, Padova, 1999. 227. Il gioco di parole utilizzato da Nicol : Pero cuando lo otro es el otro (IH2, p. 19). 228. Ibidem. 229. Il termine utilizzato da Nicol cometido, per cui lespressione dellessere da parte delluomo un necessario incarico. Il termine cometido il participio passato del verbo cometer, che indica il portare ad effetto (cfr. J. Corominas (comp.), Diccionario Crtico Etimolgico de la lengua castellana, cit.). Abbiamo tradotto con compito in quanto il portare ad effetto il proprio essere attualizzarsi , costituisce lessere stesso delluomo. Luomo, dunque, nel suo stesso esprimersi. 230. IH2, p. 20.

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sto motivo, lanalisi delluomo, in quanto essere espressivo, dovr prendere in considerazione i due termini (uomo e non-uomo). Nulla, infatti, alieno alluomo, perch tutto condivide e in tale condizione manifesta la sua individualit come espressione: questa ci che ci permette di comprendere che il non-io che ci sta di fronte un altro-io, un partecipante della mia esistenza, un ente che forma parte della mia famiglia ontologica.231 Siamo in questa condizione perch siamo esseri comunicanti e quindi sempre in relazione: familiarit reciprocit.232 la familiarit ontologica che mi permette di riconoscere laltro uomo come prossimo, in base ad una co-partecipazione nellessere che si esplica in forma di dialogo.233 La stessa familiarit, per, ci mostra quanto sia pi problematico conoscere lindividualit del prossimo. In sintesi si pu affermare che il saber del hombre deve affrontare sempre due questioni: conoscere il tu che differente da me; conoscere i costituenti comuni che non si mostrano induttivamente n sono inclusi nel ri-conoscimento iniziale della familiarit ontologica. Il primo genere di conoscenza di tipo psicologico, mentre il secondo implica unanalisi ontologica. Nelluomo si rende manifesto il suo essere relazionale, quindi espressivo, presenza che si dichiara nel suo stesso atto dessere. Lessere delluomo espressione, e questo ci permette di riconoscere gli atti compiuti da uomini passati in quanto umanamente possibili, vale a dire come nostre stesse possibilit mai realizzatesi. In tali atti, che sono in situazione, si manifesta sempre la relazione tra umano e non-umano. Lindefinibilit dellidea delluomo, dunque, non significa che essa non sia esprimibile, come idea variabile di questa relazione: infatti, se ci che permane la forma del cambiamento e questultimo relazione, non resta che indagare quali sono i termini variabili di ogni possibile relazione vitale e i fattori che ne determinano il cambiamento. I fattori sono gi stati osservati prima e riconosciu-

231. IH2, p. 21. 232. Ibidem. 233. La familiarit, che implica solidariet e reciprocit, non un dato contingente, ma si riferisce ad una base ontologica, ad un costituente dellessere che determina la pluralit dei modi esistenziali e la formazione ed evoluzione storica delle comunit, come forme di organizzazione sociale, e pi radicalmente, come forma di relazione con lessere comune (IH2, p. 23).

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ti come gli stessi che generano il cambiamento dellindividuo (libert, caso, destino). Ma quali sono i termini? Innanzitutto va detto che tali termini si presentano, in quanto forme razionali delle relazioni variabili dellumano con il non-umano, come stabili. La loro struttura invariabile permette ad una comunit di avere coscienza di s, e rispecchia lidea che luomo si fa di se stesso: questa coscienza, che permette uneffettiva co-presenza del presente e del passato, costituisce una forma di presenza dinanzi a se stessi. Coscienza storica auto-coscienza.234 Coscienza storica dunque coscienza delle relazione che lio sta intrattenendo con il non-io, ma non dal punto di vista individuale, bens collettivo. Il punto di vista collettivo affonda le sue radici sempre in quello individuale, per il quale vi sono tre possibili forme di relazione con il non-io, che mostrano le tre dimensioni della mismidad: lio di fronte allaltro-io attuale; lio di fronte a ci che non umano; lio di fronte a questa differente versione di s che il passato. Queste tre forme relazionali cosituiscono, nella loro variabile commistione a secondo delle epoche, la base dellidea delluomo come coscienza di s della comunit. Il dialogo con quel non-io che la differente versione di s, il passato, permette la comprensione dellevento trascorso come espressione di una determinata situazione vitale.235 Tale comprensione, in quanto dialogo con un essere comunicante, non mai conclusa quindi univoca: possiamo solo comprendere ci che siamo sicuri di non intendere univocamente.236 Mentre la relazione con il non-io della natura si attua come conoscenza, quella del passato e del tu attuale sempre comprensione, in quanto conoscenza in dialogo. Le forme relazionali assumono nella storia delle connotazioni precise: la relazione dellio con la versione differente di s che il passato, comprender sempre a) la relazione dellio con laltro-io, come relazione con lumano e b) la relazione dellio con il non-umano che si mostra come relazione con il divino e con la natura. Sebbene le modalit della relazione siano innumerevoli, i termini si riducono a questi tre: lumano, il divino e la natura.237 La storia costituita dal relazionarsi
234. IH2, p. 27. 235. Si ritorna alla questione del comprendere come porsi nella situazione dellaltro. 236. IH2, p. 28. La comprensione si fonda sul principio metodologico dell nonequivalenza che permette di andare oltre lattualit e abbracciare le differenziazioni storiche. 237. IH2, p. 24.

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delluomo con questi tre termini in una maniera che non mai uniforme e invariabile. Il fatto che vi sia sempre variabilit lo possiamo assumere come una dato di fatto, osservabile lungo il corso della storia.238 Lidea delluomo varia a seconda del variare della relazione dellio con questi tre termini, ed essendo il variare lunica costante, lidea delluomo non sar mai definitiva. I modi che caratterizzano queste relazioni si consolidano in forme comunitarie ed epoche storiche, per questo ogni epoca ha un suo carattere e lo studio delle culture si mostra come una caratterologia delle comunit.239 Si chiude in tal modo tale questione che , dunque, segnavia verso la strada che conduce al cuore del problema. Finora si tentato di muoversi attorno allasse centrale della problematica, nel tentativo di intuire sempre pi informazioni, a volte azzardando una definizione prospettica ma mai entrando nel cuore della questione che sta al fondo dellidea delluomo, che proprio quella del cambiamento: se luomo varia la sua relazione con i tre termini, che al contrario rimangono stabili, perch la struttura ontologica delluomo si concepisce come relazione variabile con il non-umano e con laltro uomo. La struttura relazionale umana dinamica, dynamis intesa come facolt, capacit, e tale dinamismo si spiega col fatto che nessuno dei tre termini pu essere considerato indipendente dagli altri. La struttura, dunque, cambia, implicando sempre la stabilit formale dei tre termini ma non linvariabilit della qualit della relazione con ciascuno dei tre. Bisogna indagare tale dynamis, tenendo in considerazione il fatto che il perimetro di questa indagine resta delimitato sin da ora: la ragione storica non pu essere sufficiente in maniera stretta se non come ragione ontologica, come unautentica dinamica della storia.240 Il problema del cambiamento pu essere analizzato solo dal punto di vista ontologico. Tutto ci riporta sempre allessere delluomo: la storia la storia di questo essere, e non il panorama dei risultati memorabili della sua azione.241 La com238. Le due edizioni de La idea del hombre, nascono entrambe con lintento di esporre questa dottrina e poi darne conferma attraverso una dettagliata analisi storica appunto delle varie idee delluomo. In relt, entrambe le edizioni, contengono tale analisi solo per quanto riguarda il periodo greco, sebbene il progetto nicoliano avesse lintenzione iniziale di estendersi a tutte le epoche della storia umana (cfr. IH, tutta lopera esclusa lintroduzione; IH2, dalla seconda parte in poi). 239. IH, p. 25. 240. IH2, p. 30. 241. IH2, p. 32.

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plessit della causalit storica dovuta alla complessit dellessere del soggetto storico la cui vita integrazione dialettica di libert e necessit. Siamo dunque ritornati a quel processo esistenziale che si svolge nellunit personale che luomo e che stato gi indagato psicologicamente. Se la psicologia ci pu spiegare lo svolgersi della storia dellindividuo e delle comunit, e tale spiegare sempre una comprensione, non pu per darcene piena ragione. Ogni indagine sulla storia e sullidea delluomo, che luomo stesso elabora nellassumere coscienza di ci che percepisce come vero, rimanda al suo stesso essere, alla sua costituzione ontologica. La storicit caratterizza luomo nel suo costituirsi come unit, per cui latteggiamento corretto che la filosofia deve assumere verso di essa non mai quello di considerarla un problema, ma sempre un dato iniziale, immediato.242 Le idee delluomo sono atti, ma non sono mere dichiarazioni circa se stesso; o meglio, sono questo perch luomo esiste dichiarando se stesso.243 La storia e lontologia, dunque, si implicano reciprocamente: una teoria delle idee delluomo si pu collocare solo in una teoria dellumano.244 La comprensione storica compito della filosofia in quanto saber del hombre e delle sue relazioni, ma una filosofia che voglia attendere a tale dovere sarebbe carente di base stabile se non affondasse le proprie radici nella realt, non solo nel ricordo degli eventi e nellosservazione della forma in cui si organizzano.245 La relazione tra luomo e lidea che formula riguardo se stesso una relazione peculiare, dato che questa idea luomo la vive, e non solo la pensa; e la vive in tale maniera che essa risulta essere unespressione del suo proprio essere o di un modo di esso, e non solo un significato avente un determinato valore logico e scientifico. Se cos fosse, e io cos penso che sia, questa relazione tra luomo e lidea di se stesso avrebbe nella sua particolarit un valore metafisico. Toccherebbe e modificherebbe il modo stesso di essere delluomo. In altri termini: la metafisica delluomo sarebbe una metafisica storica.246

242. IH2, p. 38. 243. IH2, p. 44. 244. Ibidem. 245. Cfr. IH2, p. 26. 246. E. Nicol, Moralistas del siglo XVIII [1942], in VH, p. 150.

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Un nuovo punto di vista, dunque, che implica una riforma di ci che ci permette la comprensione delluomo stesso: la ragione.247 necessario cercare un nuovo cammino, un nuovo metodo: la riforma del metodo era la condizione necessaria per costituire sulle basi ferme dellesperienza unautentica scienza delluomo.248 Un nuovo metodo, per, deve servire a ben condurre la ragione249 e a renderci coscienti della sua corretta costituzione. Al metodo e alla critica della ragione sviluppati da Nicol sar dedicato, appunto, il prossimo capitolo, onde giungere, infine, nel cuore della fondazione ontologica dellessere delluomo.

247. Cfr. IH2, p. 12. 248. IH, p. 14. 249. R. Descartes, Discorso sul metodo [1637], Fabbri, Milano 1996, p. 35.

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Capitolo III. Luomo, essere simbolico

La filosofia non si salva se non si salva la verit (E. Nicol, Crtica de la razn simblica)

3.1. La critica della ragione Questa comunit della ragione il punto decisivo. Assente questa, il metodo non avrebbe senso, e il metodo la condizione che la filosofia stabilisce affinch sia efficace la conoscenza oggettiva. Senza metodo-logia il logos pu essere arbitrario. Condotta con metodo, la ragione pu portare allerrore, ma mai allarbitrariet. Chi decide di impiegare un metodo, con esso depura il proprio pensiero da qualsiasi interesse soggettivo. Il metodo non un mero tecnicismo, uno strumento di lavoro, ma segno di una forma vocazionale della vita, di un atteggiamento assunto di fronte alla realt e al prossimo. Il metodo ragione vitale perch forma parte dellethos della scienza.1 Ponendosi la questione del metodo come questione preliminare alla possibilit di una conoscenza autentica ed efficace, Nicol si inserisce in quella riflessione che da Descartes a Gadamer, passando per Kant, Hegel e Dilthey (solo per citare alcuni nomi), ha focalizzato la propria attenzione sulla ricerca di un modo per condurre rettamente la ragione.2 Presupposto del metodo la comun-it della ragione, ovvero una forma di ragione che sia comune ad ogni uomo. Il luogo comune deve essere la ragione: il buon senso la cosa del mondo meglio ripartita: infatti, ognuno pensa di esserne cos ben provvisto che, coloro stessi che sono pi difficili ad accontentare in ogni altro campo, non desiderano averne pi
1. E. Nicol, El falso problema de la intercomunicacin [1958], in E. Nicol, Ideas de vario linaje, UNAM, Mxico 1990, p. 154. 2. Cfr. R. Descartes, Discorso sul metodo, cit.; I. Kant, Critica della ragion pura [1781; seconda edizione del 1787]; G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche [1830]; W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito [1883]; H. G. Gadamer, Verit e metodo [1960].

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di quel che hanno. Ora inverosimile che tutti singannino; ci vuol dire piuttosto che la facolt di giudicare rettamente, e di distinguere il vero dal falso che quel che si chiama propriamente il buon senso o la ragione per natura identica in tutti gli uomini.3 Il fatto che il metodo sia necessario a condurre la ragione mostra che innanzitutto bisogna avere una corretta concezione della ragione e del suo funzionamento. Il metodo, per, viene individuato dalla ragione come riflesso concettuale della sua stessa struttura. Interessarsi del metodo sar allora interessarsi della ragione, e allo stesso tempo sar lattuarsi di una conoscenza in linea con il giusto metodo: dibattere sul metodo attuare un sistema.4 Come la realt precede la ragione, cos la ragione precede il metodo, in quanto lo scopre a partire dal suo stesso funzionamento e lo verifica nellatto stesso del conoscere. Ma di quale ragione stiamo parlando? Della ragion pura o della ragione storica? Della ragione vitale o delle strutture logiche del pensiero? Inoltre, come risolvere il problema dei rapporti tra vita e ragione? Queste sono le questioni che Nicol si vede costretto ad affrontare e che intende risolvere attraverso un confronto con alcuni esponenti della tradizione filosofica occidentale. Il confronto si profila come una critica della ragione rivolta alle due correnti filosofiche che, secondo il filosofo catalano, hanno rivolto lattenzione al rapporto tra ragione e vita, storicismo ed esistenzialismo: lo storicismo pu condurre a una disperazione causata dalla perdita della verit; per lesistenzialismo la disperazione una categoria principale. Il compito strettamente filosofico che ci impone, rispetto allanelito alla salvezza sentito dalluomo, quello di analizzare il fondamento della disperazione in quanto tale, attraverso i cammini propri del pensiero.5
3. R. Descartes, Discorso sul metodo, cit., p. 31. 4. CRS, p. 153. Nicol utilizza lespressione poner en curso el sistema. Abbiamo scelto di tradurre con attuare per dare lidea di una realizzazione concreta; allo stesso tempo va tenuto ben fermo il fatto che questa attuazione, in quanto azione umana, non mai conclusa: il sistema tale in quanto pensiero sistematico, non in quanto struttura chiusa e completa. 5. HE, p. 14. Lintento di Nicol quello di mostrare la possibilit di una ragione realmente vitale, il cui operare non costituisca per forza un distanziamento dal reale. In pi, una ragione che mostri la vita delluomo come vocazione alla vita. Con storicismo, Nicol intende una dottrina che si interessata di spiegare come luomo comprende la storia, e la sua storia in particolare, a partire dalla comprensione delle strutture della sua vita. Per esistenzialismo, una dottrina che rivolga la propria attenzione allesistenza umana nelle sue caratteristiche fondamentali, a partire dalla storicit. Tale posizione fa s che, per quan-

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Il problema di fondo , infatti, quello di riuscire ad elaborare unidea della ragione che ne illustri loperare in consonanza con la vita: una ragione che si integri pienamente nellidea che abbiamo delluomo. Se lidea delluomo espressione della situazione vitale in cui il soggetto, anche inteso come comunit, si ri-trova, allora lessere delluomo dynamis, vivencia.6 La ragione, dunque, dovr essere una ragione vitale, ma non nel senso del raziovitalismo elaborato da Jos Ortega y Gasset. La critica della ragione sviluppata da Nicol, e proposta in forma di confronto con vari esponenti della storia del pensiero nel testo Historicismo y existencialismo,7 ha il compito di mostrare i caratteri comuni della metanorma che la ratio , mettendo in evidenza le carenze teoretiche presenti nellidea delluomo elaborata da alcuni pensatori, in particolare da Bergson, Dilthey, Ortega y Gasset, Heidegger. Prima di seguire i sentieri battuti da Nicol, nellelaborare questa critica, necessato riguarda lo storicismo, Nicol si riferisca in particolare a Dilthey e Ortega, mentre, per quanto riguarda laltra corrente filosofica, prenda in esame i testi di Heidegger, in particolare Sein und Zeit. Nei testi di Nicol, non possibile riscontrare la distinzione tra esistenzialismo e filosofia dellesistenza, che vede nel primo lassenza di trattazione del tema della trascendenza (cfr. a tal proposito K. Jaspers, La filosofia dellesistenza [1938], Laterza, Roma-Bari 1995; G. Penzo, Max Stirner e la rivolta esistenziale, Marietti, Torino 1971). Va, comunque, considerato il fatto che anche studiosi come Pareyson e Prini includano Heidegger nellambito della trattazione dellesistenzialismo, cfr. L. Pareyson, Studi sullesistenzialismo, Sansoni, Firenze 1971; P. Prini, Esistenzialismo e filosofia contemporanea, Armando, Roma 1970 e Id., Storia dellesistenzialismo, Studium, Roma 1991. Non si pu nemmeno supporre che Nicol non conoscesse Jaspers (il cui testo del 1938 d il via allutilizzo di tale distinzione) in quanto il pensatore tedesco viene citato gi a partire dalle prime pagine de La psicologa de las situaciones vitales. Quello che possiamo ipotizzare che, per, Nicol non si sia mai confrontato in maniera profonda con il pensiero jaspersiano e questo ci sembra confermato dal fatto che non vi sono tracce di ci nella, finora presente, letteratura critica. 6. Il termina vivencia stato coniato da Jos Ortega y Gasset per tradurre in spagnolo il vocabolo tedesco Erlebnis (cfr. DRAE Diccionario de la lengua espaola de la Real Academia Espaola). Erlebnis pu essere tradotto in italiano con esperienza vivente o vissuto (N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, cit., p. 311). In tal caso preferiamo mantenere il termine nella lingua originale. Riguardo linfluenza diltheyana concernente lutilizzo di tale lemma cfr. PSV, p. 68, nota 21. 7. In questo testo, Nicol costruisce un percorso attraverso la storia del pensiero che gli permette di confrontarsi con: Vico ed altri esponenti del secolo XVIII, Leibniz, Hegel, Marx, Kierkegaard, Nietzsche, Bergson, Dilthey, Ortega y Gasset, Heidegger. In Historicismo y existencialismo, il filosofo catalano pone le basi di quellidea di ragione necessaria per la fondazione di un nuovo metodo e la formulazione di una metafisica dellespressione. Non a caso tale testo ci viene descritto come prolegomeni alla Metafsica de la expresin (HE, p. 10). Suggeriamo, come interessante introduzione alla critica della ragione elaborata da Nicol, G. Cacciatore, Prefazione, in ME2, pp. 9-26.

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rio soffermarsi su un punto preliminare illustrato dallautore: la questione dellessere e la possibilit di averne conoscenza. Storicismo ed esistenzialismo sono caratterizzati dallinteresse verso luomo, e circoscrivono il loro campo di studio a quella zona dello specificatamente umano che assume rilievo, per privilegi ontologici evidenti, rispetto al resto della realt.8 Nel pensiero di Heidegger, per, lidea delluomo inteso come Da-sein funge da nodo di Gordio dellintero edificio speculativo del pensatore tedesco. Questo non solo perch la risposta alla domanda circa la questione dellessere in quanto tale passa attraverso la costituzione dellessere del Da-sein, ma soprattutto perch tale domanda ha ununiversalit che oltrepassa in maniera evidente i limiti [quelli che circoscrivono il campo di studio].9 Se il punto di vista storicista fa delluomo, in quanto produttore di storia, il suo centro; Heidegger, invece, lo pone in una posizione cardine, nel senso che esso fa da cerniera di quella porta che, se aperta seguendo la corretta metodologia, pu condurre alla questione dellessere in quanto tale. Il Da-sein un momento fondamentale dellevenemenzialit dellessere: elaborazione del problema dellessere significa dunque: render trasparente un ente (il cercante) nel suo essere. La posizione di questo problema, in quanto modo di essere di un ente, anche determinata in linea essenziale da ci a proposito di cui in esso si cerca: dallessere. Questo ente, che noi stessi sempre siamo e che fra laltro ha quella possibilit dessere che consiste nel porre il problema, lo designiamo col termine Esserci [Dasein]. La posizione esplicita e trasparente del problema del senso dellessere richiede ladeguata esposizione preliminare di un ente (lEsserci) ne riguardi del suo essere.10 Ma se la comprensione dellessere possiede essa stessa il modo dessere dellesserci umano,11 la base ontologica deve riferirsi imprescindibilmente allessere delluomo. Il problema che questo essere si presenta come dinamico. Lintenzione heideggeriana, quindi, secondo la sua concezione della temporalit, non pu avere soluzione; non perch la temporalit non sia lessere stesso delluomo, ma perch non possi8. HE, p. 16. 9. Ibidem. 10. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., pp. 22-23. 11. M. Heidegger, I problemi fondamentali della fenomenologia [1919-1920], Il Melangolo, Genova 1999, p. 14.

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bile andare al di l della dimensione dia-logica dellesistenza.12 Nicol, infatti, ravvisa che la risposta alla domanda che si interroga sul senso dellessere in quanto tale non stata trovata n da Heidegger, n da tutti coloro che hanno seguito il suo stesso sentiero. Tantomeno bisogna rassegnarsi solo allo studio delle scienze dello spirito che, sebbene importanti al fine di arricchire la nostra conoscenza delluomo, sono ci che chiamiamo cammini marginali, forse pi piacevoli della via centrale, pi floreali e frequentati, dove il viaggiatore pu dilettarsi divagando in amena compagnia, e anche con profitto intellettuale.13 Proprio la necessit di andare oltre la mera scienza dello spirito ha spinto il filosofo tedesco a porsi fin dallinizio il problema di unontologia fondamentale,14 sebbene la sua opera pi importante, Sein und Zeit, abbia avuto un valore, a detta di Nicol, per lo pi esistenziale. necessario chiedersi come mai lanalitica del Da-sein sia stata sviluppata con tanta maestria e scorrevolezza mentre il problema del senso dellessere in generale si sia manifestato tanto ostico per la stessa impostazione metodologica heideggeriana. Problema, peraltro, che sta alla base della stessa ricerca costituente lopera Sein und Zeit e rispetto al quale la suddetta analitica doveva solo essere una necessaria introduzione. A questo riguardo, Nicol si chiede se forse non sia impossibile dare una risposta a questa domanda che interroga circa lessere; se questo stesso interrogare non ecceda i limiti del filosofare: dellessere sappiamo che perch lo conosciamo sotto forma dellunica ed evidente specie della presenza [], lente, lesistente, nella pienezza della sua realt.15 Se, dunque, lessere fenomeno, lo deve essere nel senso di una manifestazione che si d completamente nel suo stesso manifestarsi e che non vela quel qualcosa che innanzitutto e per lo pi non si
12. Il problema sarebbe quello di andare oltre luomo stesso, attraverso il costituirsi del suo essere. Lancorare la comprensione dellessere allEsser-ci, cosa che Nicol riconosce come corretta, impedisce la possibilit di un senso dellessere in generale. Lanalitica dellEsserci si ridurrebbe, cos, solo ad una lettura esistenziale e non assurgerebbe a quel valore ontologico al quale aspira. interessante sottolineare come la stessa critica, dal punto di vista fenomenologico sia mossa ad Heidegger anche da Michel Henry nella sua opera fondamentale Lessence de la manifestation [1963], sebbene il percorso del fenomenologo francese si costituisca come un andare al di l del soggetto verso quel fondamento che sar denominato vita (cfr. Lessence de la manifestation, PUF, Paris 2003, pp. 40-42). 13. HE, p. 16. 14. Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., 2. 15. HE, p. 17.

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manifesta, di qualcosa che resta nascosto rispetto a ci che si manifesta innanzitutto e perlopi, e nel contempo di qualcosa che appartiene, in linea essenziale, a ci che si manifesta innanzitutto e per lo pi, in modo da esprimerne il senso e il fondamento.16 Il primato ontologico dellessere va riconosciuto, ma non ricercato in base al suo senso, in quanto non sappiamo in cosa consista, cosa sia in s, il fatto di essere.17 Lunico modo di saperlo implicherebbe la previa conoscenza dellorigine dellessere e, quindi, il rivelarsi di quel nulla che lo precede mostrandosi pi originario. Di fronte a questo abisso, la ragione umana deve assumere latteggiamento dello straniero che nel Sofista discute con Teeteto, quando dichiara il proprio abbandono dellidea di non-essere (sebbene con questo non si stesse parlando del suddetto nulla originario), senza preoccuparsi della razionalit o meno di questa idea.18 Questo perch lumano intendimento si colloca e muove necessariamente allinterno della sfera di ci che , dellesistente.19 Va sottolineato che Nicol non afferma certo lirrazionalit dellessere, ma lincapacit di comprensione del senso di questo dal punto di vista concettuale. Incapacit, questa, che non esclude il possibile riconoscimento di un senso, ma che non ne permette il pieno possesso concettuale. Il fatto che sia possibile riconoscere lessere permette a Nicol di non incorrere nella atemporalizzazione effettuata dal pensiero greco per mettersi al riparo dalla patologica temporalit dellessere dellente e dallincapacit di individuare lorigine: per questo la mente greca tende a porre lessere fuori dal tempo, e il pensiero posteriore non fa che seguirne le orme.20 Allirrazionalit, caratterizzante questa idea di un nulla originario, la ragione preferisce rispondere con lipotesi delleternit dellessere.21
16. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., pp. 55-56. 17. Nicol sottolinea in maniera vigorosa limpossibilit di una comprensione del senso dellessere dato che essere ed ente (nel caso particolare lente uomo) sono sempre termini di una co-implicazione che pende dalla parte delluomo in quanto essere dellespressione. Questo comporter, come vedremo in seguito, una penetrante critica al concetto di angoscia elaborato da Heidegger. 18. Noi, infatti, gi da un pezzo abbiamo dato laddio ad un contrario, sia che esso sia, sia che esso non sia, sia che se ne possa dare ragione, sia che esso sia del tutto irrazionale (Platone, Sofista, 258E, in Id., Tutti gli scritti, cit.). 19. HE, p. 17. 20. Ibidem. 21. Cfr. Aristotele, Metafisica, libro XII, 1071b.

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Questa affannosa e ossessiva ricerca di un principio stabile che stia al di l di ci che presenza, o nel senso di una domanda circa lessere dellente, o in quello di individuazione di un punto stabile a partire dal quale tutto possa muoversi secondo un determinato ordine, mostra luomo come colui che fugge dalla mutevolezza della presenza stessa. Questo, secondo Nicol, il disperato sforzo che fa la ragione per non riconoscere i suoi limiti.22 In questo modo, per, non riusciremo mai a sapere cosa sia lessere perch collochiamo il suo principio esplicativo, che necessariamente il principio originario, in una dimensione preclusa al nostro intendere. Se, dunque, lontologia heideggeriana ha mostrato come non si possa glissare riguardo la temporalit costituente lessere delluomo, a maggior ragione si impone il problema dellorigine come problema limite. In tal maniera siamo rimasti senza conoscere cosa sia lessere, perch il suo principio esplicativo, che necessariamente il principio originario, lo abbiamo proiettato in una dimensione alla quale il nostro intendere non pu giungere.23 Possiamo comprendere lente nelle sue molteplici manifestazioni, ma la comprensione completa dellessere lavremmo solo se fossimo capaci di farlo, di dare essere allessere, di produrlo, di tirar fuori un ente dal puro nulla. Ma da dove prenderemmo il nulla per effettuare tale atto? La sola domanda insensata: il nulla implicherebbe lannichilimento anche del nostro essere. Latto precede la potenza: la singolare affermazione di Aristotele pienamente valida nel piano dellimmanenza.24 Alluomo data la possibilit di comprendere pienamente
22. HE, p. 18. 23. Ibidem. 24. Ibidem. Le affermazioni di Nicol riguardo le nostre possibilit di conoscenza ci riportano, in maniera diretta, allaffermazione vichiana per la quale: Dio, nel suo contenere e disporre ordinatamente gli elementi intrinseci ed estrinseci delle cose, pu raccoglierli tutti: laddove la mente umana, nella sua limitatezza, per il fatto medesimo che sono fuori di lei tutte le altre cose che non siano essa stessa, costretta a raccoglierne non mai tutti gli elementi, bens soltanto quelli estrinseci. Appunto per questa a essa dato, s, meditare intorno alle cose, non gi intenderle a pieno; appunto per questo essa partecipa certamente della ragione, ma non ne ha il possesso integrale (G. B. Vico, De Antiquissima, I). In Historicismo y existencialismo, Nicol dedica una certa attenzione al pensiero vichiano (pp. 66-74) ma si limita ad una riflessione riguardante la concezione della storia nellambito della Scienza Nuova e non rivolge alcuna attenzione alle opere precedenti del pensatore napoletano. Questo, come nota Colonnello, impedisce a Nicol di approfondire le connessioni tra Vico e lo storicismo posthegeliano, ad esempio tra Vico e Dilthey [], come gli impedisce di dare spazio al Vico minore, al Vico storico e al Vico giovane (P. Colonnello, Eduardo Nicol interprete di Vico, in G. Cacciatore e M. Martirano (a cura di), Vico nelle culture ibe-

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solo ci che fa, o che stato fatto in quanto fatto; da questo possiamo capire che il problema dellessere, inteso come problema dellessere in quanto tale, non ha soluzione.25 Dobbiamo dunque rinunciare alla possibilit di unontologia? Secondo Nicol esiste unaltra possibilit: quella di giungere ad un principio di unit della conoscenza attraverso lo stesso cammino del conoscere. Ma in che maniera? Per Nicol, non si tratta di elaborare una nuova teoria della conoscenza ma di rivolgersi allessere nel suo stesso manifestarsi. Ora, a partire da Kant, e in verit gi a partire da Locke, ci che era denominato teoria della conoscenza ha divorziato dallessere. Al contrario, ci che hanno in comune tutte le scienze, il principio di unit fondamentale di ogni possibile conoscenza, giustamente lessere: lessere del conoscente.26 La svolta nicoliana sembra ricadere in quella trappola che lui stesso aveva svelato a proposito del percorso di ricerca heideggeriano. In realt, Nicol non riconosce la possibilit di una scienza dellessere in quanto tale, ma solo dellessere in generale. Questultimo non potr mai essere separato dallessere del conoscente che si d come ri-conoscimento dellessere e sua attuazione. A questo punto risulta chiaro che il fulcro della speculazione di Nicol poggia sullespressione, costitutiva della stessa antropologia nicoliana, in quanto questa categoria non solo una modalit esperienziale delluomo ma la stessa possibilit di darsi dellessere. Lessere delluomo ci che ci permette di conoscere lessere e in quanto tale ci permette la conoscenza stessa: lontologia di questa forma dessere risulter essere allo stesso tempo la teoria fondamentale della conoscenza. Il conoscente non dovr essere considerato in quanto mero soggetto della conoscenza, ovvero coscienza empirica o trascenriche e lusitane, Guida, Napoli 2004, pp. 80-94). Sui rapporti tra Vico e la cultura iberica e iberoamericana vedi G. Cacciatore e M. Martirano (a cura di), Vico nelle culture iberiche e lusitane, cit.; riguardo la problematica del conoscere storico in Vico vedi F. Tessitore, Senso comune, teologia della storia e storicismo in Giambattista Vico, cit.; Id., Momenti del vichismo giuridico-politico nella cultura meridionale, Bollettino del Centro di Studi Vichiani, VI (1976), pp. 76-111; B. De Giovanni, Facere e factum nel De Antiquissima, Quaderni contemporanei, II (1969), pp. 11-36; G. Semerari, Sulla metafisica di Vico, Quaderni contemporanei, cit., pp. 37-64; P. Piovani, La nuova filosofia di Vico, Morano, Napoli 1990; G. Cacciatore, Vico e Dilthey. La storia dell' esperienza umana come relazione fondante di conoscere e fare, Bollettino del Centro di studi vichiani, IX (1979), pp. 35-68; Id., Simbolo e storia tra Vico e Cassirer, in Id., Cassirer interprete di Kant, Armando Siciliano, Messina 2005, pp. 85-104. 25. HE, p. 19. 26. HE, p. 20.

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dentale, ma in quanto uomo, nellintegrit delle sue determinazioni reali e storiche. E cos come non pu essere compreso il senso del conoscere in generale se non come opera delluomo, cos la forma peculiare dellessere delluomo non pu essere conosciuta se non come artefice nato da questa stessa opera. Tale teoria della conoscenza stessa non dovr assumere come punto di partenza la conoscenza stessa, dal punto di vista empirico o trascendentale, ma lente che conosce, dal punto di vista ontologico. Il conoscere sorge dallessere e va sempre verso lessere.27 Giunti a questo punto, siamo costretti a riconoscere che il discorso di Nicol si fonda sullaccettazione esplicita di un limite: quello dellimpossibilit della conoscenza dellessere in quanto tale. Ma questo davvero un limite reale? In Nicol il punto di partenza deve darsi a parire dallesperienza e non si pu certo negare limpossibilit di unesperienza dellessere in quanto tale, privo di qualunque determinazione. La possibilit di tale esperienza come esperienza dellangoscia, e qui ci riferiamo chiaramente ad Heidegger, che esperienza del ni-ente, non si d, secondo Nicol e come vedremo pi innanzi, in unesperienza che pu essere ascritta alla riflessione filosofica. Lontologia pu darsi solo a partire dalluomo, dallessere dellesserci, non per muoversi verso lessere in quanto tale, ma per riconoscere nellessere dellesserci il manifestarsi, attraverso lespressione stessa, dellessere nella sua piena manifestativit.28 Questo significa, per, che secondo Nicol non possibile riprorre una lettura della realt dal punto di vista ontologico che consideri valida la distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno riconoscendo un valore reale a ci che considerato cosa in s. Seppure fosse possibile, tale questione non apparterrebbe alla filosofia in quanto pura ipotesi. Ci non nel senso di un idealistico riassorbimento della realt nella coscienza come unica origine di ogni conoscenza, bens come ri-conoscimento di una relazione espressiva attraverso la quale si attua la conoscenza dellessere secondo il suo stesso manifestarsi nellespressione: il principio unificatore delle scienze dovr consistere in una concezione della conoscenza co27. Ibidem. 28. Per questo diremo che in Nicol, pi che a unantropologia filosofica, ci troviamo di fronte ad unautentica ontologia delluomo (C. Mrquez Pemartn, Ontologa del hombre en Eduardo Nicol, in AA.VV., En torno a la obra de Eduardo Nicol, UNAM, Mxico 1999, p. 57).

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me espressione simbolica, e dellessere umano come espressione.29 Una conoscenza di tal genere si basa sulla concezione di una ragione vitale, intesa come ragione della vita umana, che pone luomo di fronte alla realt solo per reintegrarlo completamente in essa, permettendogli di riconoscere il legame indissolubile tra s, il prossimo, e il non-s. Il simbolo, in tutto ci, il mezzo di cui essa dispone per relazionarsi alla realt stessa di cui parte: la parola una distanza e allo stesso tempo un approssimarsi. Con essa esprimiamo non tanto quello che stiamo pensando o sentendo, quanto la nostra assoluta incapacit di stare da soli completamente, di essere la monade senza finestre ideata da Leibniz.30 Ma prima di approfondire tutto ci, necessario riportarci al punto di partenza, quello di una critica della ragione intesa come ragione umana, che ci permetta di conoscere lessere delluomo e con esso lo strutturarsi stesso della conoscenza. A partire da questa critica sar possibile individuare il metodo e giungere alla comprensione dellessere delluomo. Con un salto in medias res, nostra intenzione mostrare il confronto con quattro pensatori in particolare, al fine di evidenziare quella nuova idea di ragione che finora la storia della filosofia ha posto in ombra. Nicol parte dal problema della separazione tra ragione e vita, sviluppato seguendo le argomentazioni di Bergson; solo a partire da una ricostituzione del legame vitale che sta alla base della ragione sar possibile pensare luomo in maniera corretta. 3.2. Ragione e vita: Bergson Pensare luomo significa pensare la sua vita, ma finora la vita stata considerata come qualcosa che sfugge alla ragione umana. Si pensa di poter fare filosofia delluomo senza considerare luomo nella sua interezza. Questo fa s che tutto ci che possiamo affermare in filosofia sia vero soltanto in base allopposizione, che diamo per scontata, tra concetto e vita. Ma come possibile parlare semplicemente delluomo che vive se il concetto espresso dal linguaggio falsifica il dato vitale?
29. HE, p. 21. Riguardo la critica a Kant confronta il capitolo terzo di ME (secondo in ME2). 30. Ibidem.

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Secondo Nicol, ci si trova dinanzi ad un errore di fondo; la nostra concezione della ragione errata e c bisogno di una riforma: e per riforma non bisogna intendere un nuovo metodo [], piuttosto consisterebbe nel mostrare che la ragione opera in maniera effettiva in quei campi definiti non concettuali, come opera in quelli riducibili al concetto logico tradizionale. Fuori del logos non c nulla. Ed necessario che si accetti una volta per tutte lunit e luniversalit del logos, affinch ci si possa intendere quando affermiamo che tutta la realt della quale si pu parlare razionale, sebbene non si adegui ai principi formali della logica. E in quanto a parlare, possiamo parlare di tutto, anche del Nulla.31 Per affrontare questa tematica mettendone in evidenza i punti salienti, Nicol sceglie di confrontarsi con lidea di filosofia e di vita sviluppata da Bergson, in particolare facendo riferimento al testo La pense et le mouvant.32 La lettura che Bergson d della ragione non ha carattere negativo, tantomeno il pensatore francese giunge a dire che essa nociva per luomo. Anzi, lazione della ragione utile, ma falsificatrice ed in questa falsificazione risiede la sua utilit: la ragione lorgano della scienza, e la funzione della scienza quella di delineare un mondo nel quale, affinch sia realizzabile facilmente lazione, possiamo sottrarci agli effetti del tempo.33 Tale sottrazione ci permette di esercitare in maniera efficace la nostra azione che pu orientarsi solo verso punti stabili. Il pensare, dunque, ci dato solo al fine di realizzare la nostra azione e per questo ha un importante compito vitale: originariamente pensiamo solo al fine di agire, in quanto lazione una nostra necessit, mentre la speculazione un lusso.34 Se lazione, per, pu avvenire solo attraverso la falsificazione del dato reale in
31. HE, p. 268. 32. Ci riferiremo allo stesso testo citato da Nicol, ovvero ledizione de La pense et le mouvant [1934] pubblicata dalleditore Albert Skira a Geneve nel 1946. interessante notare come Bergson, la cui presenza fondamentale nellopera Psicologa de las situaciones vitales, non smetta di essere uno dei pensatori con i quali Nicol continua a confrontarsi. Questo evidenzia come linteresse specifico del pensatore catalano rimanga quello della vita e della ragione umana come ragione vitale. 33. HE, p. 271. Cfr. H. Bergson, La pense et le mouvant, cit., I, p. 16. 34. Cfr. H. Bergson, Levoluzione creatrice [1907], Raffaello Cortina, Milano 2002, parte I. La stessa concezione di una ragione al servizio dellazione, e in particolare di quellazione che per luomo necessaria alla sopravvivenza fa da trama allopera di Miguel de Unamuno, Del sentimiento trgico de la vida en los hombres y en los pueblos del 1913.

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quanto sottratto al suo continuo divenire, in Bergson viene chiaramente affermata lincompatibilit tra ragione e temporalit ma allo stesso tempo una sorta di integrazione della ragione nella vita stessa, che temporale, in quanto utile allazione, quindi al vivere umano. Di fronte a tale concezione viene a cadere la validit della nozione di identit: lidentit, questa nozione fondamentale del pensiero, che sembra tanto stabile e sicura di per s, non sarebbe altra cosa che uninvenzione umana, tanto arbitraria quanto conveniente. Lautenticamente reale della realt stessa, vale a dire, la sua fluidit, il suo dinamismo, la sua temporalit, risulterebbero irraggiungibili per la ragione logica.35 Laccusa che, a questo punto, Nicol rivolge a Bergson quella di aver obliato innanzitutto che la crisi della nozione di identit inizia con Hegel, e in particolare con la sua concezione di una razionalit che non si oppone al divenire,36 ma soprattutto di dimenticare che appunto Hegel e in seguito Dilthey, con le dovute differenze, elaborarono proprio una concezione di ragione storica il cui conoscere fosse rivolto proprio alla vita nel suo divenire. In questo caso, Nicol pone laccento sul fatto che Bergson non considera Dilthey, in quanto la stessa impostazione diltheyana, differente da quella hegeliana, ammetteva come nozione fondamentale la questione della possibilit della metafisica solo come interpretazione ovvero necessit delluomo di ricondurre i significati allinterno di un sistema, il cui valore fosse per mutabile storicamente. Si parla dunque di una metafisica storicizzata, un composito nesso funzionale cosmico-storico37 fondantesi sulla subordinazione della realt alle leggi del conoscere. Bergson, dunque, non riconosce la possibilit di una ragione storica e dato che la ragione da lui riconosciuta come unica e schematica non pu abbracciare la realt cos come essa , risulta necessario individuare unaltra facolt alla quale sia permesso tutto ci. Qual la soluzione che il pensatore francese prospetta? Qualsiasi corrente filosofica rientra nella questione su delineata. Non esiste alcuna possibilit, per la riflessione, di riuscire
35. HE, p. 272. 36. Cfr. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito [1807], Prefazione, III; Id., Enciclopedia delle scienze filosofiche [1817], 79 e 89. Riguardo la questione della relazione tra ragione e vita in Hegel, cfr. G. Cantillo, Le forme dellumano. Studi su Hegel, ESI, Napoli 1996. 37. W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, cit., p. 167. Riguardo linterpretazione diltheyana di metafisica come ideale connessione del mondo cfr. G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., cap. III.

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a comprendere la vita nella sua autenticit. Perch la filosofia potesse essere autentica descrizione della vita, quindi comprensione dellumano, sarebbe necessario che essa riuscisse a comprendere tutti i dati dei sensi e della coscienza.38 In tal caso, contesta Nicol, non si tratterebbe di filosofia bens di un duplicato della realt, inoltre, in questa maniera verrebbe a concludersi la storia della filosofia, e il pensiero procederebbe per semplice accumulazione di dati, nel suo sforzo di comprendere la totalit.39 Se la vita, secondo Bergson, si caratterizza per il suo continuo scorrere, il suo fluire, causa di novit e quindi mancanza di stabilit, una filosofia del genere, quale lo stesso Bergson auspica come autentica filosofia, sopprimerebbe il nuovo riducendo il lavoro del pensiero a quello di un continuo immagazzinare. In realt, la questione non cos semplice e la critica di Nicol non tiene perfettamente conto del fatto che lipotesi di Bergson non vuole mostrare una possibile realizzazione del filosofare, bens proprio unimpossibilit evidente ed ineludibile: il fatto stesso che il filosofare si distanzi dalla vita e la costringa nei suoi schemi in quanto non pu coglierne tutti gli aspetti. Lintenzione di Nicol , per, tuttaltra e mira alla riabilitazione del filosofare stesso nei confronti di una vita che radice della stessa filosofia. Per questo motivo il pensatore catalano legge le affermazioni di Bergson cogliendone tutta la contraddittoriet nel caso esse potessero giungere ad uneffettiva realizzazione. Il problema, in realt, riguarda non solo la possibile contraddizione in cui cade il pensatore francese, bens la questione pi profonda che concerne il problema del dato. Il dato primario che appunto dato alla coscienza , per Nicol, sempre selezionato: il dato non mai dato, ma sempre scelto. Non la ragione concettualizzante che sceglie, seleziona e sottrae dal materiale vivo e complesso delle percezioni, quel dato che poi sviscerer attraverso lanalisi e lastrazione. Accade che la stessa percezione realizzi gi questa selezione, incoscientemente; e che non solo selezioni, ma in pi ordini, conformi e strutturi. Non il concetto il primo prodotto della ragione. La ragione opera gi prima di formulare concetti rigorosi. Per questo motivo Nicol pu

38. Cfr. H. Bergson, La pense et le mouvant, cit., V. 39. HE, p. 277.

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affermare che qualsiasi percezione gi una posizione.40 In che modo avviene questa selezione inconscia? Secondo Nicol, la ragione opera gi nella semplice operazione verbale attraverso la quale applichiamo un nome ad una cosa, o, detto in maniera pi precisa, attraverso la quale la cosa si costituisce come tale nel ricevere il suo nome.41 la parola stessa a formare la cosa, cos come diciamo che la percezione forma loggetto, e il concetto non se non una tappa in pi nel processo di astrazioni o riduzioni successive, sempre pi elaborate, che la ragione intraprende al fine di rappresentarsi il mondo con chiarezza, semplicit, economia.42 Dunque vero, trattandosi di rappresentazione, che man mano che ci si addentra nel ragionamento ci si allontana sempre di pi dalla realt come essa , e che maggiore risulta la comprensione, maggiore diviene la distanza. Questo Bergson lo ha colto con estremo acume. Ma non ha visto ci che per evidente: che essere in comunione con le cose non significa comprenderle. Intendo dire che non esiste una maniera che ci permetta di ridurci allo stato di pura irrazionalit che tale comunione, o contatto, implicherebbe.43 Alluomo, dunque, non data la possibilit di una immersione nel fluire della vita, ma di una comprensione di essa che, sebbene sia distanza, allo stesso tempo sia connessione ineludibile in base al fatto che la ragione stessa opera in maniera pre-concettuale. Nicol non risolve il problema della contrapposizione tra ragione e vita mostrando come esse siano aderenti, ma come aveva gi fatto riguardo alla questione della conoscenza dellessere in quanto tale , riporta la problematica ad una posizione che considera pi originaria,
40. HE, p. 278. La questione del percepito come gi selezionato affonda le sue radici nella categoria di situazione vitale nella quale da sempre mi trovo manifestando una determinata actitud. Questultima permette la possibilit di una selezione che determini, anzi sia simultanea alla percezione stessa. A questo punto, per, si pone il problema di un insieme di percezioni che sono comuni ad ogni uomo per cui sono selezionate in maniera universale. Chiaramente, dal punto di vista nicoliano, queste apparterrebbero a quella situazione fondamentale che caratterizza il nostro stesso essere uomini quindi mismidad. 41. Ibidem. 42. HE, pp. 278-279. Il fatto che la parola formi la cosa ci porta a riconoscere come il processo di conoscenza, secondo Nicol, si sviluppi in maniera diretta sul piano espressivo, dove lespressione di per s gi comunicazione tra uomini, ma anche delluomo con s stesso (a tal proposito non va dimenticato che il s stesso delluomo si costituisce come mismidad la quale, data la temporalit costitutiva dellesistenza umana, un ri-conoscersi continuo). 43. HE, p. 279.

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per la quale la ragione si radica nella vita stessa e mai si contrappone ad essa. Quello che Bergson considera come un contrapporsi, caratteristica della comprensione, lo solo in rapporto a quello stato di comunione con le cose, che per Nicol confusione. La ragione opera in maniera pre-concettuale e forma il mondo stesso comprendendolo; per questo, porsi la questione di una realt che sfugge alla ragione, significa ancora una volta considerare la ragione solo come schematica e non rendersi conto che una la ragione che d nome alle cose, costituendole come tali nella loro oggettivit, che forma concetti filosofici, , che descrive passioni umane in unopera letteraria, e che crea simboli matematici e logici.44 Orbene, poich qualsiasi nozione simbolica e il simbolo ci separa e unisce dal reale in cui gi da sempre siamo, nel nostro esprimerci siamo uniti e, allo stesso tempo, distanti dalla realt. necessario soffermarci un attimo sulla nozione di simbolo utilizzata da Nicol. Il simbolo assume il ruolo di intermediario tra la ragione e la realt, ma effettua questa mediazione senza porsi come terzo al di fuori di questo rapporto, comunica e allo stesso tempo separa. Il sistema simbolico che si presenta come linguaggio e che permette il ragionamento stesso si presenta come lunica possibilit di comunicazione tra uomini e di comprensione della realt: i simboli sono gli unici che permettono la comprensione, ma contemporaneamente segnano la distanza tra chi comprende e ci che compreso; cos come il ponte, che permettendoci di passare da una sponda allaltra del fiume, allo stesso tempo ci che mette in evidenza nella maniera migliore la distanza esistente tra le due sponde.45 In tal modo, per, si rischia di incorrere di nuovo nellimpossibilit, per la ragione, di conoscere la realt cos come essa . Il problema proprio questo: il simbolo meramente funzionale oppure qualcosa in pi? Per comprendere in maniera pi chiara lidea di simbolo che ha Nicol, dobbiamo abbandonare un attimo il confronto con Bergson e riferirci alla Metafsica de la expresin. Tale opera reca, in apertura, unaffermazione che il pensatore catalano mutua da Platone: luomo simbolo delluomo.46 Come si osservato a proposito dello stare in situazione,
44. HE, p. 280. 45. Ibidem. 46. Platone, Simposio, 191d, in Id., Tutti gli scritti, cit., p. 501. Il traduttore preferisce a simbolo il termine contromarca. Abbiamo, invece, preferito mantenere la traduzione simbolo perch pi congruente con il significato che Nicol riconosce al termine symbolon.

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caratterizzante lumana esistenza, luomo sempre azione, ovvero espressione e principalmente espressione di s. Luomo si caratterizza per il suo esprimersi, in ogni momento della sua esistenza la sua vita un esprimersi: non v qualcuno che possa liberarsi dal dialogo [] esiste il parlare con se stessi, il parlare da soli, e in questa situazione comunque non manca linterlocutore; nessuno si disgusterebbe di s se non esistesse un io posto dinanzi allio stesso.47 Ma se lesistenza espressione, cosa ci assicura che questa esprima completamente il suo essere? Lesistenza umana , giova ripeterlo, azione attraverso la quale luomo si modifica e si conosce e ri-conosce. La soggettivit , dunque, praxis. Ma se lesistenza umana si attua e modifica attraverso il suo stesso esistere come azione, variano anche i modi di percepirsi. Ci che permane la praxis come forma dellessere uomo. Questo significa che le definizioni dellessere delluomo, las ideas del hombre, cambiano in base al suo attualizzarsi come mismidad: luomo non ha la modalit della sua esistenza gi definita in maniera originaria. La sua esistenza definisce il suo essere. [] Luomo ha il potere di farsi perch non ha il potere di non farsi.48 Lazione, per, espressione, ed per questo che Nicol pu affermare che lespressione principium individuationis. Latto con il quale si esprime [potremmo dire: latto che gi di per s esprime] auto-produzione.49 Se, dunque, lesistenza definisce lessere e se questo, in quanto praxis espressione, Nicol pu direttamente affermare lidentit tra essere delluomo ed espressione.50 Lasciando allultimo paragrafo di questo capitolo lapprofondimento circa lessere delluomo, veniamo al suo modo di esprimersi. Poich il suo essere espressione, luomo si esprime con la sua sola presenza,51 lessere delluomo apofantico. Questo signifca che lessere delluomo al contempo darsi e riceversi, presentarsi e ri-conocersi, la presenza
47. E. Nicol, Formas de hablar sublimes: poesa y filosofa, cit., p. 178. 48. E. Nicol, La reforma de la filosofa, FCE, Mxico 1989, pp. 287-288. 49. IH2, p. 81. 50. Cfr. a questo riguardo M. L. Mollo, Nuovi sentieri dellontologia fenomenologica in Eduardo Nicol, Rocinante, 2 (2006), pp. 91-116 . Come sottolinea Mollo, si pu dunque affermare che luomo uomo in quanto si esprime dato che lespressione, da Nicol intesa come una libert necessaria, dove questultimo ossimoro ricorda la sartreana condanna alla libert fa divenire atto ci che luomo in potenza, ossia, un ente destinato a comunicare (Ivi, p. 106). Cfr. anche, della stessa Mollo, Nicol y la reforma simblica del mtodo fenomenolgico, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 305-333. 51. Cosa che era chiara gi a partire dalla Psicologa de las situaciones vitales.

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sempre ontologicamente positiva e rivelatrice, perch comunicante, indipendentemente dalle qualificazioni con le quali si definisca ci che viene rivelato;52 e luomo esprime il suo essere uomo, qualunque sia il contenuto della sua espressione.53 Per questo motivo luomo si esprime, nel senso che comunica e nel comunicare esprime il suo essere uomo, simbolicamente. Ma la possibilit di questo esprimersi si radica nel fatto che lessere stesso gi costitutivamente simbolico: luomo l immagine e somiglianza delluomo. Lio simbolo del tu, ossia laltra met del tu che permette allio di riconoscer-si in lui, quando entrambi si riuniscono nella copresenza dialogica.54 I simboli, dunque, esistono, e solo possono esistere, in quanto prodotti dellessere simbolico [] con i quali luomo prolunga e afferma il vincolo simbolico primario che stabilisce con laltro mediante il suo mero atto di presenza.55 In tale concezione, dunque, per rinvio simbolico non intendiamo n un rinvio dal simbolo al simboleggiato, n dal significato manifesto al significato latente [], ma dal senso presente a unulteriore partecipazione di senso,56 di pi, una partecipazione sostanziale, ontologica. Il simbolo, in questo caso, riguarda lordine del semantico nel quale e del quale vive luomo; dove, per, il semantico gi lontologico, inteso come impossibilit di attualizzazione che non comprenda gi in se una sua individuazione precisa. Ci si trova di fronte a quella curiosa struttura dellesperienza per la quale il mondo non mai semplicemente un insieme di dati, ma un insieme di significanti e significati.57 Questo essere un insieme non per solo funzionale alla conoscenza ma sostanziale. Dietro queste precisazioni v il chiaro intento di differenziare la concezione nicoliana di simbolo da quella cassireriana.
52. ME, p. 349. Il corsivo nostro. 53. ME2, p. 281. Il pensiero logos. logos nel senso di ragione e, allo stesso tempo, nel senso di parola. Queste due accezioni del termine sono complementari ereciproche, come il diritto e il rovescio di una moneta, e non debbono essere separate. Qualsiasi parola razionale, qualsiasi ragione simbolica (E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., p. 61). Cfr. M. Gonzlez Garca, Eduardo Nicol: una respuesta filosfica actual desde la tradicin, in AA.VV., Diversas claves del pensamiento espaol contemporneo, Fundacin Fernando Rielo, Madrid 1992. 54. ME, p. 349. 55. ME, p. 350. 56. U. Galimberti, La terra senza il male, Feltrinelli, Milano 2001, p. 209. 57. P. Sequeri, Il Dio affidabile, Queriniana, Brescia 1996, p. 477.

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Pur riconoscendo a Cassirer il merito di aver mostrato la storicit della conoscenza riconoscendo la categoria di forma simbolica come categoria chiave delloggetivazione del conoscere, Nicol contesta al filosofo tedesco di non aver posto lattenzione sullessere di quel produttore di simboli che luomo. Lattenzione di Cassirer completamente rivolta, in base alla sua impostazione neo-kantiana, alla funzione simbolico-conoscitiva e allunit del suo operare;58 daltra parte, Nicol considera che senza lesistenza di unessere simbolico questo operare non si darebbe affatto. In pi, quello che Cassirer, secondo Nicol, non riconosce che la stessa simbolizzazione non avrebbe senso senza la comunicazione che implica una dimensione dia-logica fondante: nessuna realt costituita in quanto oggetto se non una realt comunicata.59 Lobiettivazione che Cassirer riconosce come primo stadio della conoscenza, che simbolica e storica,60 non ha senso al di fuori della dimensione dialogica che fonda la com-unit dellessere e che istituisce lobiettivazione come ri-conoscimento. Come sottolinea Nicol, in Cassirer, le forme simboliche sono configurazioni verso allessere61 e questo in quanto lessere in s considerato inaccessibile. Pertanto, la conoscenza pi alta e originaria che rimane alluomo consiste nella modalit di funzionamento dello spirito umano. Se Cassirer pu affermare limpossibilit della conoscenza metafisica perch, secondo Nicol, tale comprensione non possibile se non come condizione della stessa simbolizzazione: come potrebbe comprendere e interpretare lessere una funzione dello spirito che pura espressione di questo stesso spirito?62 Ma allora, se non si pu parlare dellessere, non si pu parlare della funzione; la funzione pertinente ad un ente che reale e che vive, pertanto necessario considerare lessere di questo ente dove tale essere
58. E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche. I. Il linguaggio [1923-1929], Sansoni, Firenze 2004, p. 9: Anzich ricercare con la metafisica dogmatica lunit assoluta della sostanza, alla quale si debba riportare ogni esistenza particolare, si ricerca ora una regola, che domini la concreta molteplicit e diversit elle funzioni conoscitive e che, senza sopprimerle n distruggerle, le raccolga in un unitario operare, in una attivit spirituale in se stessa conclusa. Sulla distanza e la prossimit esistenti tra Nicol e Cassirer riguardo la concezione del simbolo cfr. M. L. Mollo, Introduzione in ME2, pp. 49-51. 59. ME2, p. 287. 60. E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, cit., p. 25. Riguardo il problema della conoscenza simbolica come conoscenza storica in Cassirer cfr. G. Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit., in particolare cap. 10; Id., Cassirer interprete di Kant, cit. 61. ME2, p. 288. 62. ME, p. 362.

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non dovr essere concepito alla stregua della metafisica classica ovvero come sostanza eterna e statica.63 Lessere unevidenza; levidenza, e la filosofia deve assolutamente partire da questa in quanto fondamento dellesistenza: non vi nulla di pi concreto dellesistenza.64 Il simbolo, dunque, non una forma pertinente allo spirito che gli permette di formare la realt senza mai conoscerla realmente,65 ma parte del reale, anzi permette laprirsi della realt cos come in quanto possibilit stessa dellespressione.66 Come lo Heidegger della disputa di Davos,67 Nicol contesta a Cassirer di non essersi interessato dellorigine della funzione simbolica; di non aver considerato la questione da un punto di vista che andasse al di l della posizione della metafisica classica. In una dimensione quale quella dia-logica, in cui lessere si d solo nel dia-logo come riconoscimento, il simbolo mezzo di conoscenza perch mezzo di comunicazione, quindi di espressione, per cui essere: il simbolo non un segno che sta per altro [], ma labolizione di tutti i segni che la ragione ha inaugurato per orientarsi nel mondo.68 Abolizione del segno inteso come filtro che impedisce laccesso al reale. Il simbolo il luogo nel quale si incontrano lio e il tu, il locus communis a entrambi perch omogeneo ad entrambi: il simbolo una con-giunzione.69 In questo congiungersi gli interlocutori si riferiscono ad un terzo termine della relazione: loggetto al quale entrambi si riferiscono. Questo implica che il simbolo non sia mero artificio quindi semplicemente funzionale ma espressione della com-unit che accede al reale intendendolo proprio
63. ME2, pp. 288-289. 64. ME2, p. 289. 65. Luomo non si trova pi direttamente di fronte alla realt; per cos dire, egli non pu pi vederla faccia a faccia (E. Cassirer, Saggio sulluomo [1971], Armando, Roma 2004, p.80). 66. ME, pp. 362-363. 67. Cfr. Appendice II. Dibattito di Davos tra Ernst Cassirer e Martin Heidegger in M. Heidegger, Kant e il problema della metafisica [1929], Laterza, Roma-Bari 2004. 68. U. Galimberti, Gli equivoci dellanima, Feltrinelli, Milano 2001, p. 204. Questa opacit la profondit stessa del simbolo []. Mentre lanalogia un ragionamento non conclusivo, che procede attraverso la proporzionalit tra quattro elementi, nel simbolo non posso oggettivare la relazione analogica che unisce il secondo senso al primo; proprio vivendo nel primo senso sono da questo trasportato al di l di esso stesso: il senso simbolico costituito nel e attraverso il senso letterale, che opera lanalogia dando lanalogo (P. Ricoeur, Il simbolo d a pensare, Morcelliana, Brescia 2002, p. 17). Sul simbolo cfr. anche P. Ricoeur, La mtaphore vive, Seuil, Paris 1975. 69. CRS, p. 224.

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attraverso il simbolo: cogliere lessere intendere il simbolo.70 Lessere, dunque, per Nicol, non si d se non nellespressione che permette la comunicazione dellessere stesso nella com-unit degli esistenti: parlare partecipare dellEssere. NellEssere gi siamo integrati ma mediante la funzione simbolica, luomo che pertiene allessere fa s che lEssere gli sia pertinente. Questo possesso non pu essere solitario. Latto di dare ragione implica vari partecipanti, i quali, grazie a questa capacit di azione verbale, arricchiscono lEssere che li possiede: chi parla degli esseri costituisce una forma eminente di Essere. Bisogna, dunque, considerare il simbolico come azione e cooperazione.71 Risulta chiaro, dunque, perch Nicol non possa considerare corretta la lettura che Bergson d della ragione come quello strumento che, proprio al fine di poter vivere, falsifica la realt, in quanto impossibilitata a coglierla nel suo reale manifestarsi. Se cos fosse, il nostro pensare sarebbe estraneo alla vita, sebbene utile ad essa, e questultima rimarrebbe per noi qualcosa di completamente indecifrabile, essendo vissuta solo in maniera incosciente. Il fatto stesso che la soggettivit, costituendosi come mismidad, richieda lattivit del soggetto, che per questo si caratterizza come azione in situazione, implica che noi partecipiamo dellessere nel nostro stesso essere presenti come soggetti che riconoscono la propria identit. Il lavoro simbolico della ragione pre-concettuale, e per questo non estraneo alla realt, allessere, alla vita: la nostra maniera di partecipare alla continuit del divenire universale non il mutismo di un assorbimento che ci confonda con le cose, bens, precisamente, lazione del nostro pensiero.72 Se, infatti, lessenza delluomo definisce il suo essere, e lesistenza si gioca nella soggettivit, ovvero nello stare in situazione, proprio la relazione che noi siamo, in quanto azione, a permetterci il nostro essere-nel-mondo. Questo, per, implica il pensiero che modifica e conferma la nostra actitud: non si tratta del fatto che il pensiero sia necessario allazione; il pensiero gi azione [] la ragione anche divenire.73 La simbolica, dunque, anchessa in divenire, ed per questo che il simbolo pu essere sym-ballein, com-presenza di due realt in una, ovve70. CRS, p. 226. 71. CRS, p. 233. 72. HE, p. 281. 73. Ibidem.

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ro possibilit di dia-logo sulla base di una com-unit ontologica. Se per Bergson, la lettura simbolica del reale ri-costruzione che sottrae la stessa realt al suo dinamismo, rendendola artificiale,74 secondo Nicol tale lettura non ri-costruzione, ma attualizzazione dellessere in base al dinamismo della propria ragione, del pensiero e del simbolo. Il fatto che il nostro conoscere sia simbolico, e che in esso cerchiamo di identificare le cose erigendo una sorta di stabilit, dipende da un anelito radicato nelluomo; limportante che non ci si lasci ingannare dalla convinzione che lidentit sia qualcosa di sostanzialmente statico, ma ci si ricordi che in quanto esseri temporali, la nostra e quella di qualsiasi cosa in quanto il mondo stesso da noi vissuto e in questo vivere riconosciuto si attualizza sempre e solo sotto forma di mismidad. La conoscenza, dunque, sempre ri-conoscimento ma il processo di simbolizzazione che la costituisce, processo chiaramente mediato, sempre preceduto da una comunicazione che avviene nella com-unit e che riguarda lessere. Tale comunicazione che fonda la conoscenza, non , ovviamente, mediata.75 Infatti non appropriato chiamare simbolici solo i concetti scientifici.Tutto ci che conoscibile dinamico, cos anche il simbolo: anchesso patisce cambiamenti, e si sviluppa secondo leggi proprie, morfologiche, semantiche e anche fonetiche, oltre alle alterazioni deliberate che un pensatore pu introdurre aggiungendole al senso gi conosciuto dei termini.76 Giacch nel dar nome ad una cosa in realt la ri-conosciamo, dopo una conoscenza che quella della continuit ontologica con essa di cui la simbolizzazione gi espressione, in realt la formiamo ed per questo che possiamo conoscerla. Come gi abbiamo notato, senza questo atto comunicativo che il nominare non vi sarebbe la cosa stessa se non come essere indistinto77: non v concetto senza espressione.78
74. Cfr. H. Bergson, Levoluzione creatrice, cit., parte III e IV. 75. ME, p. 362: evidente che la comprensione e comunicazione scientifica della realt sia mediata. Ma questo non signifca che sia mediato lessere stesso; significa solamente che la forma simbolica di rappresentazione propria della scienza derivata, e non primaria: una simbolizzazione di secondo grado. 76. HE, p. 282. 77. Si potrebbe obiettare che un muto non giunge allora ad alcuna conoscenza. Lasciando da parte la possibilit della scrittura, in Nicol il nominare risultato dellesprimere che la nostra esistenza. Lespressione, anche mimica o gestuale, di una persona che non pu articolare suoni vocali comunque mira ad indicare una cosa distinta. Quello che per rimane problematico la sua comunicazione che per essere piena, nella comunicazione

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Poich Bergson considera simbolo solo i segni utilizzati dalla matematica, che questa stessa nel suo sviluppo costretta a innovare per sostituire quello che gi fatto con ci che nel suo farsi,79 ne consegue che la metafisica non avr nulla di simbolico, ma si baser sul riconoscimento del dinamismo del reale che deve rimanere semplicemente intuibile. Ci, per, non ci permetterebbe di conoscere la realt nella sua autenticit, anzi farebbe s che ogni conoscenza fosse semplicemente riferita ad un mondo non umano. Infatti, o lumano parte della vita e pu essere conosciuto in quanto vita, oppure lumano anchesso, come concetto, unillusione, un punto fisso ma falsificato che non ha alcun legame con la realt se non quello di servirci a vivere meglio; anche qui vi sorgerebbe un problema: come possibile che la conoscenza scientifica non si riferisca autenticamente alla realt se poi ci aiuta a vivere meglio? In realt, secondo Nicol, la conoscenza scientifica, in quanto simbolizzazione di secondo grado va al di l della mera utilit e in ci consiste la sua stessa esistenza. In pi, parlando di conoscenza scientifica, Bergson intende solo quella delle scienze naturali, mentre considera la metafisica proprio come rottura con il sistema simbolico. Se, per, il simbolo esso stesso dinamico in quanto prodotto dalluomo che vive, la metafisica stessa simbolica nel senso di essere fondata sullespressione. In questo caso, allora, il simbolo non estraneo alla realt, allessere e, quindi, alla vita. Il problema di Bergson consiste, secondo Nicol, nel suo riferirsi alla vita solo nel suo aspetto che potremmo definire biologico, non considerando che luomo conosce, si conosce e ri-conosce in quanto la sua vita storica, quindi un divenire non naturale [], la realt vivente della sua storia.80 Tale condizione rende la conoscenza sempre storica, quindi sempre simbolica, permettendoci di concepire come permanente solo lespressione: per questo come se vi fosse qualcosa del dramma faustiano nel vedere e nellesprimersi delluomo. Il semplice toccare o
dellessere delle cose, si deve avvalere della scrittura, quindi sempre della parola. 78. HE, p. 283. 79. H. Bergson, La pense et le mouvant, cit., VI, p. 204. 80. HE, p. 286, nota 27. Tale affermazione non pu non riportarci alla riflessione sulla natura storica dellumano elaborata da Jos Ortega y Gasset. Su questo per ora non ci soffermiamo perch tale questione sar oggetto del prossimo paragrafo; ci limitiamo a sottolineare laffinit e ad anticipare che la differenza fondamentale tra la riflessione nicoliana e quella orteguiana consister proprio nellattenzione rivolta da Nicol al fondamento dellesistenza.

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udire, il sentire le cose, non significa essere molto vicini ad esse. Siamo pi prossimi, ossia pi vicini al sapere cosa siano, quando parliamo di esse.81 La trama simbolica che interponiamo tra noi stessi e la realt non solo parte di noi, ma anche parte del reale, di cui non possiamo fare a meno. Questo, perch la struttura del nostro conoscere dialettica: il nostro confonderci con le cose non ci dona una vita pi autentica in quanto il nostro essere di per s espressione, ed nellespressione che realizziamo il nostro riconoscerci come essere-nel-mondo: il nostro essere configurato in maniera tale che ogni conquista si debba pagare con una rinuncia, e quello che al massimo possiamo fare giungere ad avere una sorta di saggezza di questa frustrazione. Luomo come il protagonista del dramma goethiano: Faust luomo, e la storia della conoscenza una prodigiosa avventura faustiana, della quale questo cammino di Bergson verso la vita e il concreto non se non uno dei tanti episodi.82 Come nei confronti della ricerca del senso dellessere in quanto tale, Nicol si oppone allintuizione bergsoniana riaffermando quella che considera come levidente condizione dellumana esistenza: limpossibilit di giungere realmente alla vita in s, e il necessario riferirsi al sistema simbolico della conoscenza non concepito come funzionale, bens come sostanziale, quindi espressione della realt delluomo e dellessere che senza lespressione umana non sarebbe attualizzato. Lattenzione rivolta a Bergson, dunque, si radica nel fatto che il pensatore francese riporta in auge la questione della vita e del suo fluire, sottolineando la realt del divenire e la temporalit dellessere, senza per questo tentare di inglobarlo in una speculazione definitiva che potesse comprenderne tutte le categorie possibili. Con Bergson, Nicol pu affermare che lessere divenire. Tuttavia egli contesta al pensatore francese laffermazione che necessario che la metafisica trascenda i concetti per giungere allintuizione, in quanto propriamente essa stessa solo quando supera il concetto, ragion per cui il filosofare consiste nel situarsi nelloggetto stesso, mediante uno sforzo dellintuizione.83 Nicol sostiene, piuttosto, che questo situarsi nelloggetto stesso o non filosofia, ma una silenziosa operazione mistica, oppure deve, per essere filosofia,
81. HE, p. 287. 82. HE, pp. 287-288. 83. H. Bergson, La pense et le mouvant, cit., VI, p. 203.

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ammettere il concorso della parola e parlare del reale, in qualsiasi maniera lo si faccia, fare uso della ragione. [] Parlare delle cose non implica il renderle schiave.84 3.3. Ragione e storia: Dilthey e Ortega Per Bergson, dunque, non si d una conoscenza concettuale del mondo della vita, quindi nemmeno del mondo storico in quanto storia la vita umana che sia autentica. La ragione vitale, afferma dunque Nicol, riavvicina lessere al tempo pagando erroneamente come prezzo il divorzio tra tempo e ragione. Proprio perch possibile una lettura razionale della storia, il pensatore catalano assume il compito di confrontarsi, su questo punto, con Dilthey e Ortega y Gasset. Infatti, con Dilthey, questo divorzio si risolve in una riconciliazione. La critica della ragione storica rende possibile una scienza del mondo delle realt umane spirituali che chiamiamo storia. Ma anche qui c un prezzo da pagare: lessere che ora resta escluso.85 Il mondo storico una
84. HE, pp. 299-300. Nicol considera il conoscere come una tendenza congenita, un desiderio affannoso di ricerca radicato nel nostro essere. Per questo motivo, il problema della conoscenza il problema delluomo, in quanto consiste nel trattare dellessere stesso delluomo: ci che conosciuto lessere. Lessere a portata di mano, a vista. la condizione di possibilit del compiersi di questa tendenza inerente al nostro proprio essere, che la tendenza a conoscere. E che tale tendenza giunga a compimento non affato in dubbio, ed bene partire da questa certezza: c essere, sempre, in ogni caso (E. Nicol, El ser y el conocer [1951], in VH, p. 354). La questione della conoscenza per, come gi detto, non unesperienza solitaria ma un processo di simbolizzazione con-diviso sempre in fieri: la parola simbolo e il suo senso implica il consenso di due o pi soggetti. [] Il dialogo la forma essenziale di apophansis o rivelazione dellessere attraverso la parola. Questo non risolve il problema dellassolutezza o meno di quella che chiamiamo verit e Nicol ne ben cosciente: la questione del criterio della verit risulter un problema insolubile; chi potr garantirci che la scienza non sia un sogno coerente? Daltra parte, nemmeno possiamo spiegarci perch la verit sia storica []. Il fatto che pu solo rappresentarli [gli esseri] come essi sono in accordo con il modo in cui noi siamo (Ivi, pp. 379-380). Riguardo, invece, lesperienza mistica, anche in questo caso la questione non affatto semplice, dato che il mistico tale solo in quanto riesce a comunicare, in forma problematica, la propria esperienza. Cfr. a tal proposito E. Nicol, San Juan de la Cruz [1942], in VH, pp. 76-95; AA.VV., Esperienza mistica e pensiero filosofico, LEV, Roma 2003; A. Molinaro E. Salmann (a cura di), Filosofia e mistica. Itinerari di un progetto di ricerca, Studia Anselmiana, Roma 1997; M. Baldini S. Zucal, Il silenzio e la parola da Eckhart a Jabs, Morcelliana, Brescia 1989. 85. HE, p. 301. Come gi accennato in precedenza, Dilthey assume come impostazione iniziale proprio limpossibilit, dedotta dal pensiero kantiano, di accesso diretto allessere: Il problema della filosofia mi sembra sia stato posto da Kant per tutti i tempi. Esso il pi

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creazione delluomo e una parte di questa pu essere conosciuta, ovvero lo spirito, la ragione. Tale sapere possibile come scienza in quanto i processi logici che lo costituiscono corrispondono alla connessione significativa dei processi reali stessi.86 In che maniera lo strutturarsi di un mondo spirituale, nel soggetto, rende possibile un sapere della realt dello spirito? Questa secondo Nicol la domanda sottesa alla critica della ragione storica sviluppata da Dilthey. Il programma diltheyano dunque quello di elaborare una filosofia della ragione storica che permetta di concepire lesperienza umana dal punto di vista delle connessioni vitali attraverso le quali essa si va strutturando. Connessioni che hanno una loro modalit di strutturazione e che costituiscono la trama di quello che il mondo storico-sociale. Questa deve essere la base dello stesso filosofare.87 Il problema che Dilthey lascia irrisolto , a parere di Nicol, la questione ontologica. Affermare semplicemente che luomo non pu andare al di l della rappresentazione non corretto: come nei riguardi di Cassirer, Nicol pensa che sia necessario porsi la domanda circa lessere di quellente che soggetto di rappresentazione in base alla sua capacit di rappresentar-si la realt. Se le scienze dello spirito sono totalmente descrittive, su cosa sono fondate? Il fondamento non pu essere individuato in unaltra scienza storico e descrittiva [quale la psicologia], ma in una teoria filosofica dellessere storico. Eppure, questo problema Dilthey non lo risolve, semplicemente lo elimina.88 La psicologia descrittiva, sulla quale si fonda tutto il sistema diltheyano,89 non pu dare ragione della struttura delluomo e questo fa s che la filosofia stessa, in quanto teoria del conoscere storico, venga risucchiata nella stessa psicologia: con il venire alla luce del mondo storico, lesperienza umana si fece pi vasta ma,
alto e il pi universale di tutta la ricerca umana: in qual modo ci dato il mondo, che per noi esiste soltanto nelle nostre intuizioni e rappresentazioni (W. Dilthey, Gesammelte Schriften. V. Die Geistige Welt, Teubner, Leipzig 1924, p. 12). 86. noi dobbiamo, o limitarci a produrre una connessione di fenomeni o, attraverso un procedimento del tutto nuovo, sviluppare col ragionamento elementi obiettivi da questa connessione, vista la impossibilit di coglierli soggettivamente (W. Dilthey, Gesammelte Schriften. XVIII. Die Wissenschaften vom Menschen, der Gesellschaft und der Geschichte: Vorarbeiten zur Einleitung in die Geisteswissenschaften (1865-1880), Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 1974, p. 197). 87. Cfr. W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, cit., in particolare il libro I; Id., Critica della ragione storica, cit., pp. 52-54. 88. HE, p. 303. 89. Cfr. W. Dilthey, Critica della ragione storica, cit., pp. 61-75.

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allo stesso tempo, il campo della filosofia si ritrov ad essere come compresso.90 Pur andando a fondo nel campo dellanalisi psicologica, Dilthey lascia del tutto fuori dalla filosofia qualsiasi riflessione riguardante lessere del soggetto storico; per questo motivo, se fondamentale lapporto diltheyano alla conoscenza dellesistenza umana nel suo storico strutturarsi, esso non d, per, ragione del suo essere tale mancando di individuare lespressione come categoria fondamentale dellesistenza stessa. Ad ogni modo, la riflessione diltheyana, nel cercare le connessioni psichiche che sono alla base dello strutturarsi del mondo delle realt spirituali, abbandona la posizione a priori per riportarsi definitivamente al livello della storicit di ogni forma: non vi sono forme pure, o astratte [], per questo debbono restare unite storia e psicologia; e per questo la filosofia, come teoria della conoscenza, dipendente dalluna e dallaltra. In una maniera nuova [] la filosofia si confonde nuovamente non la storia della filosofia: questo Dilthey lo chiama filosofia della filosofia.91 Tale concezione, nella quale la metafisica viene considerata come un sistema nel quale si connettevano in maniera interdipendente tutte le forze dello spirito e che la modernit distrugge liberando larte e la scienza dalla loro primitiva dipendenza92 si poggia, secondo Nicol, su un presupposto ottimista il quale impedisce a Dilthey di considerare che una volta avvenuta tale liberazione si generi un conflitto nel quale ogni attivit dello spirito cercher di conseguire il predominio sulle altre. Dal momento che nessuna di esse fonda le altre, nessuna conseguir questo predominio e il frutto di tale lotta sar la completa separazione di ciascuna dalle restanti, cos assisteremo, nel mondo contemporaneo, alla successiva apparizione di formule che esprimono ci che Dilthey chiamava liberazione: le formule anarchiche larte per larte, la scienza per la scienza, fino a che la pi potente di tutte queste attivit culturali la politica tenter di restaurare in maniera totalitaria lantica coesione perduta (che nel Medio Evo si mantenne attraverso la fede e non la metafisica).93
90. HE, p. 303. 91. HE, p. 305. Cfr. W. Dilthey, La dottrina delle visioni del mondo: trattati per la filosofia della filosofia, Guida, Napoli 1998. 92. Cfr. W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, cit., in particolare il libro II, sezione III e IV. 93. HE, pp. 306-307. interessante notare come, in maniera affine a pensatori quali Adorno e Horkheimer, Nicol pensi che un uso non corretto della ragione abbia avuto una

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Lunico reale risultato dellelaborazione diltheyana della conoscenza storica , secondo Nicol, quello di produrre un diffuso scetticismo, pi precisamente una situazione di spaesamento provocata dal fatto che qualsiasi verit debba essere considerata storica, quindi contingente. Se Dilthey accusa la metafisica di essere anacronistica, o meglio, di incarnare solo un anelito dello spirito umano, perch non ha compreso che la ragione metafisica e quella storica non sono affatto separate, anzi la ragione metafisica deve essere allo stesso tempo ragione storica: quando [Dilthey] affermava che la storicit della metafisica implicava la sua caducit e definitiva scomparsa, non sapeva che questi stessi caratteri postulano il prolungarsi e corroborarsi della sua validit94 in quanto metafisica dellespressione. Il non aver colto che proprio nella storicit si gioca lessere delluomo, ha impedito a Dilthey di risolvere il problema del dualismo tra vissuto e realt cos come ; la ragione storica diltheyana non permette di giungere ad una fondamentale unit della ragione: la ragione storica o vitale non deve n sostituire la ragion pura, n contrapporvisi. Il vitale, il puro, lo storico, sono modalit e qualificazioni della ragione, non sono ragioni distinte.95 Con laffermare lunicit della ragione, Nicol intende mostrare la necessit di una ricerca pi radicale di quelle che si fermano alla considerazione di un tipo particolare di conoscenza e ne fanno il sapere principale. Lunico sapere che davvero radicale quello ontologico in quanto riferito allessere di quellunico ente che pu avere esperienza di conoscenza. Per questo, il limite della ragione, considerata come luogo di rapporto delluomo con il mondo, pu essere realmente definito, e con esso il suo funzionamento, solo da una teoria delluomo, e non da una riflessione sulle scienze, naturali o dello spirito. In tal modo, alla ragione viene riconosciuto un funzionamento di base identico sia nella conoscenza del mondo naturale che di quello storico. Diciamo funzionamento di base perch risulta evidente il fatto che oggetti differenti riresponsabilit fondamentale nello sfacelo totalitario che invest lEuropa di met Novecento, ma che in maniera contraria ad essi, consideri come ancora di salvezza proprio la metafisica, che, per, si struttura fondandosi sulla categoria dellespressione. Cfr., M. Horkheimer T. W. Adorno, Dialettica dellilluminismo [1944], Einaudi, Torino 1997. Riguardo tale prossimit cfr. A. Snchez Cuervo, Eduardo Nicol y la crtica de la razn instrumental, in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 121-137. 94. HE, p. 308. 95. HE, p. 314.

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chiederanno metodi differenti, ma dato che si tratta della stessa ragione, le forme di conoscenza non potranno non essere sottomesse alle strutture di base del ragionare umano.96 Per questo scrive Nicol la filosofia di Dilthey non porta realmente a termine il suo proposito di compiere una critica della ragione storica; tuttal pi si tratta di una metodologia della scienza storica.97 La separazione delle due ragioni, inferita dalla diversit degli oggetti ai quali si rivolge lunica ragione, pu essere risolta, quindi mostrata nella sua falsit, solo affrontando lequivoco sul quale si fonda: il fatto che le scienze storiche progrediscano distanziandosi, solo in apparenza, sempre di pi da quelle naturali, non significa che luomo disponga di due strumenti differenti per investigare il mondo fisico e quello spirituale. Infatti, anche le scienze naturali sono storiche, ma non perch il loro oggetto sia la storia, bens perch storica la ragione che le studia: la ragione funziona in maniera fondamentalmente uguale; cos luomo, in quanto essere [] temporale, funziona sempre alla stessa maniera, ed storico, non perch nel tempo cambino i prodotti della sua attivit, ma perch cambia egli stesso, il suo essere,98 per questo mismidad. Lessere delluomo ha la capacit di
96. In realt, la critica che Nicol rivolge a Dilthey abbastanza problematica, dato che la posizione diltheyana non sembra negare una struttura quasi-immobile dello spirito umano, dal punto di vista delle premesse antropologiche e biologiche (cfr. W. Dilthey, Per la fondazione delle scienze dello spirito [1893], FrancoAngeli, Milano 2003, p. 312; G. Cacciatore, Letica dello storicismo, Milella, Lecce 2000, p. 71). Il fatto che Dilthey riconosca che lantropologia si fonda su di una dimensione biologica, intesa come primum, che garantisce una sorta di stabilit i cui effetti, per, si manifestano in maniera differente e variabile nel corso della storia umana, pur non costituendo uno sbocco verso lontologia, di sicuro rende vacillante laccusa nicoliana di fondare le scienze dello spirito su una soggettivit che si poggia sul vuoto. In pi, lo stesso Nicol, nella sua ri-fondazione metafisica, riconosce che la storicit costitutiva delluomo impedisce una definizione, se non formale, del suo stesso essere. Questo ragionamento, condotto fino allestremo, ci permetterebbe di affermare che anche le categorie ontologiche nicoliane sono quasi-stabili, data la natura mai definitiva delluomo. Non procediamo oltre riguardo ci, lasciando solo intendere quanto sia necessario un ulteriore approfondimento della relazione di incontro/scontro esistente tra Dilthey e Nicol, e rimandando, a tal proposito, a M. L. Mollo, Introduzione in ME2, p. 33, nota 14. 97. HE, p. 314. Bisogna chiedersi se una metodologia non sia lespressione di una precisa concezione del funzionamento della ragione. La critica mossa qui da Nicol vuole ricordare come una metodologia che si fondi su una separazione tra ragione storica e ragione scientifica non riesca a cogliere la ragione storica come ragione tout court e, quindi, fallisca nel suo stesso tentativo di essere critica. Senza la comprensione di questo punto fondamentale, laffermazione nicoliana sembrerebbe contraddittoria rispetto alla sua stessa concezione di metodo. 98. HE, p. 315.

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trasformarsi storicamente, perch le sue stesse creazioni agiscono in maniera attiva su di lui. Luomo ingerisce, digerisce e assimila i suoi propri frutti.99 Quello che avviene esistenzialmente, avviene anche ontologicamente: luomo si rinnova nel suo stesso vivere, ed quello che Nicol definisce come metabolismo storico. La storicit della ragione, dunque, non deriva dal suo oggetto ma dal suo stesso essere che si costituisce come parte di quellente il cui essere storico. Ed questo il motivo di quel cambiare che permette alla storia di esistere. Il cambiamento storico si produce perch giustamente si modifica lessere storico. Vale a dire che la storia stessa non che la storia dellessere.100 Il nostro accesso allessere sempre lessere delluomo, nella cui costituzione espressiva e quindi dialogica si situa la nostra possibilit di conoscenza ontologica: la storicit delluomo non riguarda solo i suoi prodotti, ma egli stesso in quanto essere espressivo. Se luomo essere espressivo, in lui non vi pu essere differenza tra essere e azione: lessere delluomo azione.101 Risulta ormai chiaro che lanalisi condotta ne La psicologa de las situaciones vitales ha assunto, mantenendo i suoi tratti fondamentali, un livello ontologico. La mismidad non una categoria solo esistenziale, ma lespressione concettuale che ci permette di descrivere lessere di quellente che, essendo storico, conosce solo storicamente. Solo in tal modo, secondo Nicol, possibile comprendere che luomo, durante il passare dei secoli, ha cambiato il suo stile espressivo perch ha variato il suo stesso essere: lessere non resta dietro lespressione: lessere lespressione stessa.102 Per questo motivo, lessere delluomo si mostra completamente allosservazione dello storico sebbene costui non faccia altro che descrivere il suo affermarsi o meno, inteso come mera apparenza. Tale possibilit di descrivere le manifestazioni espressive , secondo Nicol, fondato nellespressione intesa come pienezza dellessere: la scienza storica come scienza descrit99. Ibidem. Il corsivo nostro. 100. HE, p. 331. Ma cosa, dunque, differenzia Nicol da Heidegger riguardo la concezione della storia intesa come dis-velarsi dellessere? Come vedremo fra poco, il problema non porre la differenza riguardo tale questione, bens riguardo quella per la quale cosa che peraltro stata gi notata a proposito dellesistenza umana come descritta nella Psicologa de las situaciones vitales il contenuto di tale storia non neutro, ma si costituisce nella com-unit degli esistenti, che com-unit ontologica, come vocazione alla vita. 101. HE, p. 332. 102. Ibidem.

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tiva si deve fondare in unontologia delluomo come essere dellespressione. Ci, che secondo il pensatore catalano, ha impedito a Dilthey di giungere a tali conclusioni stato il suo pregiudizio anti-metafisico. Il filosofo tedesco si concentrato solo sullelaborazione di un metodo verticale grazie al quale possibile comprendere un pensiero filosofico in base alle connessioni di senso che esso mantiene, nella sua epoca, con le altre manifestazioni dello spirito non considerando la relazione orizzontale nella quale un sistema si ritrova rispetto a quello che lo precede e quello che lo segue.103 Solo considerando la storicit dellessere delluomo si pu davvero comprendere il come del processo storico in quanto produzione e auto-produzione dellumano. Questo, per, non significa che tutto sia relativo in quanto ci che si mantiene stabile appunto la storicit che espressione; ci che non storico la struttura dellessere storico, grazie alla quale possibile spiegare la stessa storia.104 Lessere delluomo storico e pertanto si modifica, ma non nella sua struttura. Questo, per, un dato riscontrabile solo tramite unosservazione che consideri la questione dal punto di vista verticale (strutturale) e orizzontale (storico).105 La ricerca di una ragione che sia storica in quanto vitale non pu non passare per un confronto, seppur breve con il pensiero di Jos Ortega y Gasset, che ha fatto del termine raciovitalismo il marchio distinti-

103. HE, p. 335. Riguardo lassenza, in Dilthey, di una considerazione orizzontale della storicit dellesistenza, Nicol non si mostra attento allutilizzo, da parte del pensatore tedesco, del concetto di generazione (cfr. W. Dilthey, Gesammelte Schriften. V. Die Geistige Welt, cit., in particolare il testo ber das Studium der Geschichte der Wissenschaften vom Menschen, der Gesellschaft und dem Staat). La considerazione del processo in termini dinamici e strutturali pur tenendo conto dellasse centrale intorno a cui ruota ogni fenomeno spirituale, cio, lunit naturale per una misurazione del processo storico: la vita resa possibile anche in relazione al concetto di continuit storica strettamente connesso a quello di generazione, che implica obbligatoriamente il rendersi consapevoli del patrimonio culturale attraverso cui una generazione si forma, la sua presa di possesso e i possibili sviluppi che da questa conseguono (G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, vol. I, cit., pp. 94-97). 104. HE, p. 340. 105. Non a caso, le due edizioni de La idea del hombre si costituiscono di una parte teorica e di unaltra nella quale si tenta di mostrare come la struttura dellessere delluomo rimanga la stessa nonostante i cambiamenti storici che ne modificano anche le forme espressive. Riguardo le due dimensioni (verticale e orizzontale) che caratterizzano la struttura delluomo e il suo modficarsi (come auto-modificarsi) nel corso della storia cfr. anche E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., pp. 56-59.

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vo del suo pensiero.106 La decisione di confrontarsi con il pensatore spagnolo, fondatore della Escuela de Madrid, dovuta soprattutto alla posizione che Ortega stesso assume di fronte alla prospettiva diltheyana. Laffinit tra il pensatore tedesco e quello madrileno ormai riconosciuta dalla critica,107 ma ci che interessa Nicol latteggiamento critico di Ortega nei confronti di Dilthey. Pur riconoscendo il valore della ragione storica, concezione per la quale non esita a definire il il filosofo renano il pensatore pi rappresentativo del XIX secolo, Ortega fermamente convinto che lidea della ragion vitale rappresenta, nel problema della vita, un livello pi elevato della ragione storica, di cui Dilthey si accontent.108 Tralasciando ogni approfondimento riguardo la superiorit, o meno, della ragione vitale orteguiana, che poi si manifester anche come ragione storica nel momento in cui il raciovitalismo assumer la forma di racio-historicismo,109 Nicol si domanda se davvero la concezione della ragione elaborata da Ortega sia pi fondamentale di quella elaborata da Dilthey. vero che in Ortega il rivolgere lattenzione alla storia intesa come forma dellumana esistenza si sviluppa a partire dallincontro con la riflessione di Dilthey; tuttavia, il pensatore spagnolo considera la sua concezione pi radicale in base al fatto che lidea di ragione vitale riconosce la vita stessa delluomo come storia mostrando come la ragione sia storica fondamentalmente e non in
106. La ragion pura deve cedere il posto alla ragione vitale (J. Ortega y Gasset, El tema de nuestro tiempo [1923], in Obras Completas, Revista de Occidente, Madrid 1963-1968, vol. III, p. 168). Riguardo alla definizione, da parte di Ortega, del proprio pensiero come raciovitalismo, cfr. anche J. Ortega y Gasset, Goethe desde dentro [1932], in Obras Completas, cit., vol. IV. 107. Cfr. a tal proposito G. Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit., in particolare il capitolo 9; J. Maras, La Escuela de Madrid, Revista de Occidente, Madrid 1959. Sul pensiero di Ortega cfr. C. Morn, El sistema de Ortega, Alcal, Madrid 1968; J. Ferrater Mora, Ortega y Gasset. Etapas de una filosofa, Seix Barral, Barcelona 1973; P. Cerezo Galn, La voluntad de aventura, Ariel, Barcelona 1984; A. Savignano, La filosofia di Ortega y Gasset, Rivista di Filosofia neo-scolastica, LXXV 3 (1983), pp. 433-456; Id., J. Ortega y Gasset. La ragione vitale e storica, Sansoni, Firenze 1984; Id., Unamuno Ortega Zubiri, Guida, Napoli 1989; Id., Introduzione a Ortega y Gasset, Laterza, Roma-Bari 1996; J. Lasaga Medina, Jos Ortega y Gasset (1883-1955): vida y filosofa, Biblioteca Nueva, Madrid, 2003. 108. J. Ortega y Gasset, G. Dilthey y la idea de la vida [1933-1934], in Obras Completas, cit., vol. VI, pp. 165-175. 109. Come nota Nicol, tale cambiamento lo si pu riconoscere chiaramente gi a partire dallopera Goethe desde dentro, cit. Nicol non accetta la critica che Ortega rivolge a Dilthey e riconosce che la ragione storica diltheyana gi chiaramente ragione vitale. Il problema non starebbe nel non essere andati al fondo della ragione, ma nel non aver compreso che tale ragione storica strutturalmente e, quindi, conosce tutto in maniera storico-simbolica.

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riferimento ad un determinato oggetto di cui si occupa: la storia stessa che ragione, in un senso, naturalmente nuovo. La ragione vitale non semplicemente la ragione qualificata in modo pi o meno certo; la ragione estratta dalla stessa vita, cio, la vita nella sua funzione di farci apprendere intellettualmente la realt. La cattiva intellezione nasce dal non apprendere con rigore e seriet i termini usati, dal non illuminare il senso delle espressioni ragion storica e ragion vitale con quello del termine ragion vivente [], nel quale si vede che la vita affetta rigorosamente la ragione, la costituisce, e non qualcosa di secondario e derivato.110 La vita, dunque, si mostra ancora come il fondamento dal quale sorge la ragione, per tornare ad essa attraverso un comprendere la realt che generato dalla vita stessa. In tale continuo processo, che ne delluomo e del suo essere? Secondo Ortega, necessario superare lidea di natura poich, in realt, non si d una cosa di tal genere: essa non una realt autentica ma qualcosa di relativo allumano intelletto, il quale non isolato ma sempre relazionato alle altre componenti della vita umana. La natura uninterpretazione transitoria che luomo ha dato a ci che incontra di fronte a s nella sua vita. A questa, come realt radicale, che include e preforma tutte le altre siamo riferiti. [] Qui sta il fatto previo a tutti i fatti, in cui tutte le altre cose si trovano e da cui emanano: la vita umana cos come vissuta da ciascuno.111 Ci fa s che luomo non abbia natura: luomo non il suo corpo, che una cosa; n la sua anima, psiche, coscienza o spirito, che sono parimenti una cosa. Luomo non alcuna cosa, ma un dramma la sua vita un puro ed universale evento che accade a ciascuno e in cui ognuno non , a sua volta, se non accadimento. Tutte le cose, sia quelle che furono, sono gi mere interpretazioni che ci si sforza di dare a ci che si incontra. Luomo non incontra cose ma le pone e le suppone. Ci che incontra sono pure difficolt e pure facilit nei confronti dellesistere. Lo stesso esistere non gli dato di fatto e regalato come alla pietra, ma nellincontrarsi con ci che esiste, nellaccadergli di esistere, lunica cosa

110. J. Maras, Biografa de la filosofa [1954], in Id., Obras Completas, Revista de Occidente, Madrid 1958-1970, vol. II, p. 623. 111. A. Savignano, J. Ortega y Gasset. La Ragion vitale e storica, cit., pp. 160-161. Cfr. J. Ortega y Gasset, Historia como sistema [1936], in Obras Completas, cit., vol. VI, pp. 30-32.

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che egli incontra o gli accade di non aver altro rimedio che far qualcosa per non cessare di esistere. [] La vita da-fare.112 Nicol non nega la validit di tali affermazioni, previa una determinata interpretazione e chiarimento riguardo alcuni concetti, ma si pone il problema di cosa significhi in questo caso vita e di come essa possa essere conosciuta. A partire proprio dalla questione del conoscere la vita, il pensatore catalano riscontra il persistere, in Ortega, di un elemento vitalista di carattere irrazionale. In Apuntes sobre el pensamiento, del 1941, Ortega afferma che la filosofia si andata sviluppando sulla base di quella che potremmo chiamare pre-filosofia, una credenza non razionale e data come presupposto fondamentale. Le credenze principali sono due: 1) laffermazione secondo la quale, al di sotto della variet del reale, vi sia una realt stabile e comune che chiamiamo essere; 2) la convinzione che tale essere delle cose possieda qualcosa in comune con lumano intendere.113 Questo significa che la conoscenza prima ancora di iniziare si costituisce gi come unopinione determinata riguardo le cose: il fatto che queste abbiano essere. Dato che tale opinione precede qualsiasi prova o ragione e ne il presupposto, si intende affermare che semplicemente una credenza e, in quanto tale, non differente dalla fede religiosa.114 Secondo Ortega, nulla di ci che luomo stato, o sar, lo o lo sar una volta per sempre, ma ha iniziato ad esserlo un certo giorno e in un altro giorno cesser di esserlo. La permanenza delle forme nella vita unillusione ottica originata dalla rozzezza dei concetti con cui le pensiamo in virt delle quali idee, che avrebbero valore solo se applicate a quelle forme astrattamente, si usano come se fossero concrete e, pertanto, come rappresentanti autenticamente la realt.115 Il presupposto di ogni filosofare che cerca di individuare quel dato comune del reale che consente la possibilit di una conoscenza stabile si fonda, dunque, su una credenza. Comprendiamo, ora, come mai Ortega consideri anche la ragione storica diltheyana non radicale, in quanto ancora ancorata ad un primum che quello della possibilit stessa di unautentica conoscenza. Ortega pensa che trasformata [la realt] in
112. J. Ortega y Gasset, Historia como sistema, cit., pp. 32-33. 113. Cfr. J. Ortega y Gasset, Apuntes sobre el pensamiento. Su teurga y su demiurga [1941], in Obras Completas, cit., vol. V, pp. 526-531. 114. Ivi, p. 531. 115. Ivi, p. 538. Il corsivo nostro.

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mere forme storiche della vita umana, vediamo altri modi ugualmente normali di affrontare da parte delluomo lenigma della sua vita []. Cos perveniamo per la prima volta ad una filosofia che intravede la fine o il termine di se stessa e prefigura tentativi di reazione umana che la sostituiscono.116 La ragione vitale orteguiana rappresenta un equilibrio, certo precario, ma profondo tra le esigenze della vita e quelle della ragione []117 e il raggiungimento continuo di tale equilibrio si fonda sulla constatazione che la razionalit un problema delluomo e non dellessere.118 Lessere, infatti, una credenza, e la ragione poggia sempre su una credenza: supposizioni e credenze, questa sarebbe la base irrazionale su cui si poggia la filosofia.119 Secondo Nicol, per, non affatto evidente il fatto che la realt si mostri, nella fase pre-scientifica della conoscenza, come una confusione di dati.120 La confusione non riguarda il nostro percepire il reale ma dipende dal non conoscere la ragione di ci che si manifesta, dei fenomeni. Tale ignoranza pu portarci ad affermare che la realt sia carente di razionalit. Se davvero giungessimo a credere questo, rinunceremmo a qualunque tentativo di darci ragione di qualcosa e soprattutto di cercare un ordine che leghi insieme i dati costituenti la realt. Se per Ortega la vita una luce che si manifesta a partire da un abisso senza fondo, per cui lonore delluomo quello di poter dialogare con questa luce nello spazio che essa stessa illumina,121 questo possibile perch innanzitutto si crede nellesistenza di una luce che illumina e che viene da un fondo e questo fa s che, in realt, luomo in primis Ortega , sebbene non lo affermi, creda di potersi avvicinare sempre di pi proprio a quellabisso. Il filosofare mostra che in realt non pensiamo affatto in questa maniera, e lo stesso dimostra la conoscenza che attribuiamo alle scienze naturali: la condizione di possibilit di una scienza in generale
116. Ivi, p. 537. 117. A. Savignano, Unamuno Ortega Zubiri, cit., p. 115. 118. M. Cusaas, Philosophie et histoire chez Ortega, Revue Philosophique de Louvain, LXXVIII (1980), p. 10. 119. HE, p. 345. 120. Dire fase pre-scientifica della conoscenza pu dare limpressione di essere contraddittori: la fase pre-scientifica non pu essere conoscitiva. In realt, come abbiamo notato a proposito della simbolizzazione del reale, il solo esprimersi delluomo, per Nicol gi conoscenza del mondo, anche se non di tipo scientifico. Per questo motivo abbiamo preferito riportare tale affermazione cos come scritta dal filosofo catalano. 121. M. Cusaas, Philosophie et histoire chez Ortega, cit., p. 12.

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si fonda giustamente sul fatto che la realt si offre allesperienza primaria come un ordine, un cosmos.122 Risulta evidente che la realt non pensante, ma altrettanto evidente il fatto che essa pensabile e se, dunque, non possiede la stessa entit dellintendere umano, di sicuro si costituisce in modo da poter essere pensata, studiata e rappresentata razionalmente. In filosofia non si tratta di verificare se v o meno un ordine che regoli la molteplicit dei fenomeni. Che vi sia un ordine cosa evidente. Ci che ci interessa verificare in cosa consista questordine, cerchiamo sistematicamente la maniera adeguata di esprimerlo, nei termini di una ragione guidata da un metodo, logicamente. Il caos non lignoranza delle leggi costitutive di questordine; esso consisterebbe semplicemente nellintrinseca impossibilit di pensare il reale.123 Lidea di ragione elaborata da Nicol si pone chiaramente in contrasto con quella ragione di cui parla Ortega il quale concepisce ancora la conoscenza come mera conoscenza scientifica, laddove per Nicol questa una forma di simbolizzazione secondaria. Se la pensabilit del reale unevidenza, alla stessa maniera lo lessere; non un presupposto, lessere visibile: la pi elementare delle evidenze.124 In qualsiasi momento parliamo dellessere, esprimiamo lessere, e la scienza stessa non avrebbe senso se non credesse inizialmente nellesistenza delloggetto che sta studiando. Secondo Nicol, lerrore di Ortega consiste nellaver identificato lessere con il concetto che di esso elabor la metafisica classica: il concetto di sostanza. Lidea di qualcosa di stabile e stabilmente sottratto al divenire non pu essere, come abbiamo visto allinizio di questo capitolo, lessere autentico in quanto questo si rivela solo attualizzandosi come presenza, come presenza reale.125 La ragione vitale di Ortega nel suo contrapporsi alla ragione pura kantiana o a quella storica diltheyana, resta ancorata allidea di una ragione che non presiede a tutte le forme di simbolizzazione umana, costituenti lo stesso relazionarsi delluomo al mondo e, in tal maniera, a se stessi. Il vitale va considerato in maniera corretta, affinch il pensiero non cada vittima del pregiudizio irrazionalista. Tale rischio , secondo
122. HE, p. 345. 123. HE, p. 346. 124. Ibidem. 125. HE, p. 347.

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Nicol, insito profondamente nel prospettivismo orteguiano a partire dalla stessa idea di circunstancia. Infatti, nella famosa affermazione io sono io e la mia circostanza,126 Nicol legge, s, laffermazione del soggetto e della sua vita ma anche il fatto che la costituzione dellio come s e s in relazione a ci che lo circonda, implica una realt che precede sia lio che le cose che partecipano della circostanza. Ortega, dunque, non pone attenzione a questa problematica e non si interessa di mostrarci la differenza tra lio e le cose se non a partire dallio. Questo fa s che mentre lio sembra dominare la realt, allo stesso tempo la realt lo domini e la relazione che esiste tra questi due poli si mostri, nella circostanza, in maniera oscura.127 Secondo Nicol, nel porre laccento sulla vita del singolo soggetto, a partire dal quale si apre la prospettiva del mondo come propria prospettiva, Ortega sembra, addirittura, retrocedere alla posizione cartesiana. La conoscenza del reale non pu darsi come prospettiva ma come espressione, ovvero dia-logo, logos condiviso a partire dalla comunicazione stessa. La circostanza, dunque, non costituita dai due poli della relazione, ma dalla relazione stessa in base alla quale si costituiscono lio e laltro. La circostanza la forma dellessere-nel-mondo, ed per questo che situacin, cos come era stata descritta nella Psicologa de las situaciones vitales.128 Inoltre, nella circostanza orteguiana, non ritroviamo il tu, il prossimo, differenziato da quellaltro che non laltro uomo. Questo, secondo Nicol, fa s che il prospettivismo tenda ad un idealismo che, pur riconoscendo in maniera poco chiara il valore di ci che appare relazionato al soggetto, non concepisce la comunicazione come fondamentale per la conoscenza della realt. Nella circostanza orteguiana, lambito dellesperienza si dilatato solo in apparenza. Infatti, pur descrivendo la vita come lunit del dinamismo drammatico esistente tra io e mondo, la relazione dellio con il suo mondo solitaria, e il proprio mondo non che una prospettiva, irriducibile per principio a qualsiasi altra.129
126. J. Ortega y Gasset, Meditaciones del Quijote, in Obras Completas, cit., vol. I, p. 322. 127. Non della stessa opinione Julin Maras, discepolo di Ortega, che vede nellaffermazione orteguiana il porre appunto lindissolubile legame tra soggetto e realt in maniera che ogni termine della relazione influenzi laltro in maniera reciproca (cfr. J. Maras, Ortega. Circunstancia y vocacin, 2 voll., Revista de Occidente, Madrid 1960, vol. I., pp. 351-460). 128. HE, p. 350. 129. HE, p. 351. Cfr. a tal proposito J. Ortega y Gasset, El tema de nuestro tiempo [1923], in Obras Completas, cit. vol. III, in particolare il capitolo X.

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In tale concezione, ogni uomo risulta essere una monade, un punto di vista essenziale. Come gi detto, se luomo monade non pu esistere autentico dia-logo, quindi logos condiviso, quindi autentica conoscenza. Tantomeno si pu dare conoscenza delluomo, dato che questo si attua nellespressione, quindi nella comunicazione. Il prospettivismo, dunque, non che una degenerazione fondantesi su un determinato tipo di credenza: quella per cui non esiste alcuna conoscenza stabile. Mentre, per, laffermazione della datit dellessere si d per Nicol come evidenza e non come credenza, in base alla possibilit di comunicare, per Ortega limpossibilit di una conoscenza stabile non riesce a spiegare lanelito umano al conoscere e ad una comunicazione che, in realt, non dovrebbe mai riuscire a portare a compimento il desiderio che la muove, ovvero la con-divisione. Proprio il com-unicare , per Nicol, prova dellerrata concezione della ragione di cui Ortega si fa portatore; comunicazione che condizione della possibilit di una conoscenza comune, a partire dalla datit di un essere comune: intendere non altro che loperazione di porsi dal punto di vista altrui, cos che quando si tratta di verit, e non di percezioni, il cambio di posizione lo effettua il logos, che allo stesso tempo parola e comprensione, ossia ragione vitale.130 Unautentica ragione vitale deve potersi occupare della vita nel suo essere essere dellente che vive e conosce la vita, e per questo deve poter conoscere lessere, in quanto evidenza primaria e fondante, nella sua stessa temporalit costitutiva. 3.4. Ontologia ed esistenza: Heidegger La ragione, nel suo corretto operare, conosce sempre lessere, a partire dallessere delluomo. Tale conoscenza, per, sempre storica: la storicit la forma costante dellesistenza umana, ed per questo che lentit dellente si d come mismidad assunta consapevolmente nel caso delluomo, proiettata e con-divisa nel caso di ci che non umano. La ragione, dunque, costitutivamente storica e conoscendosi come tale conosce il suo essere. Per questo motivo, Nicol pu affermare che essa storica e ontologica allo stesso tempo. Pensare la realt in maniera corretta significa poterne conoscere il suo essere espressione nella con130. HE, p. 355.

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divisione del dia-logo tra esistenti. Il dia-logo, per, si sviluppa nel tempo e questo significa che il conoscere e il conoscer-si consistono nel prendersi cura del tempo: luomo ha la necessit di prendersi cura del tempo. Curare se stesso perch il suo proprio essere tempo. La temporalit che inerisce alla sua esistenza condanna allevanescenza tutto ci che ne emana, e noi non ci collochiamo bene nel fugace, nel fluente e transitorio, il che equivale a dire che non stiamo bene in noi stessi.131 Questa condizione ci che ci spinge, come abbiamo gi avuto modo di vedere, alla ricerca di un fondamento stabile che sia refrattario al contagio del tempo. Il fatto, per, di ri-scoprire la nostra trama costituita dalla stessa temporalit ha generato nel campo della ricerca filosofica una lacerante crisi che ha condotto luomo verso la perdita di quella che possiamo definire come la verit circa se stessi. Il fatto di non potersi pi poggiare su una base stabile intemporale ha provocato, come contraccolpo, il sorgere dellidea che non vi sia niente di stabile nellesistenza. Da qui, a parere di Nicol, nasce quella condizione di profonda prostrazione che si esprime nello stato di angoscia o di nausea, modalit che appare come momento fondamentale dellesistenza umana.132 Ci che, per, accaduto parallelamente allinteresse raccoltosi
131. HE, p. 380. interessante notare come anche la riflessione di Jos Gaos tocchi la questione della temporalit considerandola coincidente con lesistenza stessa. In tal caso Gaos riscontra la problematica del dire il tempo, in quanto significherebbe dire lesistenza stessa che, per, si d solo come fattualit (cfr. J. Gaos, Dos exclusivas del hombre: la mano y el tiempo, FCE, Mxico 1945). Come giustamente ravvisa Colonnello, in Gaos tale percorso conduce allimpossibilit di dire il tempo, come impossibilit di oggettivar-lo (cfr. P. Colonnello, Tra fenomenologia e filosofia dellesistenza, cit., p. 115). In Nicol, invece, la temporalit va assunta come dato di fatto e per questo non necessita di alcuna oggettivazione perch a partire da essa che possibile conoscere. 132. Se il confronto con lo storicismo avvenuto attraverso lanalisi delle posizioni di Dilthey e di Ortega y Gasset, qui Nicol vuole mostrare come anche lesistenzialismo cada vittima di unerronea concezione dellesistenza, in base alla stessa convinzione della perdita del punto di appoggio. Ci che, per, nello storicismo si trasformava in una sorta di pregiudizio anti-metafisico, qui diviene profonda angoscia. Gi abbiamo osservato, in principio di capitolo, come Nicol consideri appartenenti alla stessa corrente esistenzialista sia Heidegger che Sartre, riconoscendo s le differenze ma considerando come discrimine solo il fatto che in Heidegger sia fondamentale lelemento ontologico. Il filosofo catalano sembra non considerare in nessuna maniera il fatto che Heidegger non si ponga il problema esistenziale dal punto di vista umanistico e che proprio a partire da ci si possa individuare la profonda frattura che lo divide dal pensatore francese (cfr. M. Heidegger, Lettera sullumanismo [1976], Adelphi, Milano 1995; J. P. Sartre, Lesistenzialismo un umanismo [1946], Mursia, Milano 1990; riguardo le relazioni, affinit e differenze tra questi due pensatori cfr. anche P. Thvenaz, La fenomenologia, Citt Nuova, Roma 1969; M. Subacchi, Bergson, Heidegger,

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intorno allo studio di tale stato emotivo, proprio la de-sostanzializzazione del concetto di essere e la conseguente ri-verbalizzazione. Questa, per Nicol, consiste nel dire che lessere atto, consiste nellagire [actuar], e la forma verbale che meglio rappresenta questa forma dessere non sarebbe tanto linfinito quanto il gerundio: lessere dellente essendo, ancora meglio essendosi.133 Se essere essendo, la sottrazione di quella stabilit intemporale alla nozione di essere si riflette sullesistenza umana condannandola in maniera ineludibile alla morte. La temporalit , dunque, annuncio di morte: questa la profonda ragione [] per la quale in Heidegger lesistenza autentica ci appare come una forma di morte.134 Se ad Heidegger bisogna riconoscere il merito della ri-verbalizzazione dellessere, pur vero che bisogna fare i conti con la sua concezione di vita autentica intesa come essere-per-lamorte.135 Secondo Nicol lanalisi di Heidegger consegue alla stessa desostanzializzazione dellessere ma non lunica possibilit: quando sopprimiamo leternit, correlativa o opposta alla temporalit, ci ritroviamo disperati, oppure ci assumiamo la responsabilit di tentare la salvezza allinterno della stessa temporalit.136 Questo significa che alluomo spetta limpegno di salvarsi dalla morte, per lo meno in viSartre: il problema della negazione e del nulla, Atheneum, Firenze 2002). Secondo Nicol, anche langoscia rientra in una lettura esistenziale e non ontologica, ed la sua erronea considerazione di questa tonalit emotiva che impedisce ad Heidegger di giungere a comprendere lautentica storicit di quellessere che si manifesta come primum e si comunica come espressione. 133. HE, p. 381. Per actuar intendiamo porre in atto, attuare. Ogni azione, per, un porre in atto (cfr. J. Corominas (comp.), Diccionario Crtico Etimolgico de la lengua castellana, cit.). Nel caso di Nicol, tale definizione assume un valore ancora pi accentuato in quanto luomo stesso azione, porsi in atto. 134. Ibidem. 135. Il concetto ontologico esistenziale integrale della morte pu ora essere riassunto cos: La morte, come fine dellEsserci, la possibilit dellEsserci pi propria, incondizionata, certa e come tale indeterminata e insuperabile. La morte, come fine dellEsserci, nellessere di questo ente, in quanto esso -per-la-fine (M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 315). La Cura del Dasein, intesa come suo proprio essere, si connota come accettazione di quella possibilit che assunta dallesistenza stessa nel suo attuarsi, ovvero la morte. In tal modo, nel suo essere pi proprio, luomo ritrova la sua fine e langoscia che ne legata, come momenti costitutivi. Cfr. F. Volpi (a cura di), Guida a Heidegger, cit., pp. 141-150 e riguardo la questione delloriginariet dellangoscia rispetto agli altri stati emotivi P. Colonnello, Melanconia, Guida, Napoli 2004, pp. 103-112. 136. HE, p. 383.

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ta!137 Chiaramente, Nicol non pensa alla possibilit di diventare immortali, ma si interroga riguardo questo perenne anelito delluomo. Lo stesso tentativo filosofico di porre lessere al di l della temporalit indica che la vita umana si dispiega come tentativo di resistere al suo annichilimento. La storicit dellesistenza, per, annullando lipotesi di una base immutabile, sembra concedere solo la possibilit di una rassegnata accettazione della propria fine come qualcosa di inerente al nostro essere pi proprio. Il senso del processo storico, allora, quello di giungere al nulla? a partire da questo interrogativo che possiamo tentare di individuare i caratteri dellaltra possibilit che, secondo Nicol, ci concessa con la stessa vita. Lidea di progresso, in questo caso, non ci pu aiutare in quanto la messa in crisi del senso dellesistenza non riguarda la possibilit di una salvezza che giunga attraverso il dispiegarsi della storia. La questione ontologica perch affonda le radici nella struttura costitutiva dellessere umano, riconoscendo la morte come avvenimento necessario. Tale verit, fa s che tutto sia posto sotto il regno del nonsenso, dato che il mio essere ha unesistenza che non sceglie, la quale va verso la morte: lesistenza non ha il senso in origine, dato che fummo gettati in essa senza la possibilit di esprimere opinione o di scegliere; non lo ha alla fine, dato che nella morte si realizza limpossibilit di ogni possibilit; infine, manca di senso anche lintervallo intermedio che lesistenza stessa, dato che qualsiasi azione mondana connotata di in-autenticit e, essendo il nostro un essere-per-la-morte, lunica possibilit di cui disponiamo quella di assumere la nostra precaria esistenza con la coscienza angosciata a causa della nostra situazione.138 Una tale situazione costringe la filosofia a vestire gli abiti di una riflessione frammentaria e destinata allistante stesso in cui viene comunicata. La filosofia, riconoscendo la realt nel suo autentico manifestarsi giunge al punto da doversi dimettere dal suo ruolo di conoscenza del reale in base alla transitoriet del senso. Di fronte a tutto ci scorgiamo il fatto che nella sostanzializzazione dellessere si nascondeva lanelito umano di resistere alla morte e con ci di salvare il senso dellesistenza stessa. Ci non vuol dire che sia necessario tornare indietro, ma nem137. Ibidem. 138. HE, p. 387. Riguardo la problematica dellesistenza autentica cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., pp. 148-221 e 325-358. Riguardo la problematica interpretazione che Nicol d dellheideggeriana concezione dellangoscia cfr. M. L. Mollo, Introduzione in ME2, p. 33, nota 14.

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meno che questo anelito debba essere considerato una fantasia. Esso forte e si mantiene costante nella storia, e la dimostrazione pi evidente il fatto che luomo fugga la morte quotidianamente. Bisogna ri-partire ma stavolta dallevidenza dellessere, dal suo essere tempo: che lessere sia tempo significa che sempre abbiamo a che fare con esso.139 La conseguenza di tale affermazione stata la perdita di quella che Nicol chiama la fiducia140 che avevamo prima nellessere stesso, quando lo pensavamo immutabile. Il problema dellesistenzialismo consiste proprio nel dichiarare perduta questa fiducia e non questa ombrosa sordidezza delluomo rivelata attraverso la sua analisi, che in fin dei conti, non che unespressione circostanziale e derivata dallautentico problema.141 in questo punto che si rivela pienamente la proposta nicoliana di una filosofia che sia integrazione di conoscenza scientifica e sapienza, questultima intesa come attenzione a quei principi che sono comuni e quindi condivisibili da tutto il genere umano. Infatti, il pensatore catalano si chiede se un progresso della conoscenza che porta alla perdita totale di senso sia realmente legittimo, dato che coinciderebbe con un retrocedere di quella sapienza che capacit di vivere pienamente. Se la vita non ha pi senso come spiegare lanelito alla vita? Questo anelito, creatore di valori ed espressioni dello spirito viene riconosciuto da una forma di saggezza, la quale mai mette in discussione la possibilit di conoscere, in maniera primaria, la realt. Ci che la filosofia ha quasi sempre definito come atteggiamento naturale, davvero e completamente qualcosa di illusorio? Se il progredire di quella che chiamiamo conoscenza scientifica provoca la perdita di senso dellesistenza, vuol dire che la conoscenza non riesce pi a soddisfare lanelito umano al dare ragione delle cose, separandosi definitivamente dalla vita, ma alla filosofia spetta il compito di domandarsi se legittimo che queste due cose si separino.142 Solo rispondendo a tale domanda, sar allora possibile giungere ad unautentica conoscenza in quanto conoscenza della vita.
139. HE, p. 390. 140. Nicol utilizza il termine confianza, ad indicare consapevolezza dellaffidabilit, in quanto stabile, che luomo riponeva nellessere come fondamento eterno e immutabile. 141. HE, pp. 390-391. 142. HE, p. 391.

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Il problema dellinterpretazione heideggeriana e di quellesistenzialismo che concepisce luomo come abbandonato di fronte al nulla , secondo Nicol, dovuto al non rendersi conto che tale teoria antropologica non del tutto slegata dalla propria condizione storica, ovvero dalla propria situazione vitale. Come gi affermato nelle prime pagine della Psicologa de las situaciones vitales, il focalizzare la propria attenzione su un determinato stato emotivo, in realt una scelta del tutto arbitraria. Se lesistenza delluomo si manifesta come espressione condizionata da una actitud, che pu essere generata ma che sempre frutto anche di una precisa scelta, uno stato emotivo non pu essere forma immutabile dellesistenza, ma solo espressione di una determinata situazione. In maniera coerente alla sua teoria esistenziale, Nicol considera la riflessione heideggeriana portatrice di un doppio messaggio: quello ontologico, con il suo importantissimo valore, e quello esistenziale, il cui valore va in ogni caso ricondotto alla specifica situazione vitale vissuta dal filosofo tedesco: questa connessione tra una teoria delluomo e una situazione vitale si produce in tutte le epoche storiche.143 Gli effetti di tale connessione sono visibili, per quel che riguarda Heidegger, nella sua concezione del uomo come Dasein. La Cura [Sorge], nella quale, per il pensatore tedesco, lessere dellEsserci si rivela come unit dellinsieme delle strutture che lo costituiscono, non pu essere colta nel suo valore ontologico se non in relazione a quellangoscia che genera la forma di apertura in cui lEsserci si porta innanzi a se stesso, e che rende questo stato emotivo fondamentale rispetto agli altri in quanto possibilit dellessere dellEsserci.144 In Heidegger, per, tutto questo deriva dallessere-nel-mondo che caratterizza il Dasein come deietto. Langoscia lo pone dinanzi a se stes-

143. HE, p. 392. Si pu obiettare che anche la teoria delluomo elaborata da Nicol sia solo il frutto di una simile connessione e lautore stesso, a nostro parere, non si opporrebbe a tale giudizio. Lunica differenza, per, sta nel fatto che nellelaborare la sua teoria delluomo, Nicol tenta di operare e questo visibile in maniera chiara ne La idea del hombre una lettura teorica e storica dellesistenza umana, tentando di rintracciare nelle differenti epoche le stesse strutture dellesistenza. Ci che appare come costante lespressione come manifestazione dellessere umano e come conoscenza del reale. Ci non toglie che, nel momento in cui luomo non dovesse pi comunicare, lespressione stessa non potrebbe pi assurgere al rango di categoria fondamentale. Questa possibilit, per, non potremmo nemmeno raccontarcela. 144. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., pp. 228-229.

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so e al suo essere ente che si interroga sullessere come ni-ente.145 Per questo motivo, lanalitica dellEsserci, spingendosi fino al fenomeno della Cura, tende a preparare la problematica ontologica fondamentale, cio il problema del senso dellessere in generale.146 Per Nicol, abbiamo notato, non si d la possibilit di conoscere questo senso, anzi il cercarlo una pericolosa illusione che pu portarci a confondere le connotazioni esistenziali con quelle ontologiche. A partire dalle affermazioni di Heidegger, Nicol si chiede se sia legittimo dedurre dalla deiezione che caratterizza il nostro essere-nel-mondo, quindi la nostra esistenza come factica,147 langoscia come tonalit emotiva che fa da condizione dellesistenza autentica. Si ripropone la questione dellautenticit, in base al fatto che lanelito alla vita per Nicol dimostrazione dellimpossibilit di considerare la morte come la possibilit pi propria delluomo. Questa angoscia, e di conseguenza questa forma peculiare di autenticit, si producono in quelluomo che manca di punti di appoggio esistenziale, il quale, proprio per questo, pu domandarsi se la sua esistenza abbia un senso o meno []. I fatti smentiscono che questa sia lunica forma di autenticit.148 Secondo Nicol, sollevando la testa un attimo allaria aperta della storia giungeremmo a sorprenderci di fronte al fatto che ci sono uomini la cui esistenza si giustifica da s.149 Cos come ci sono uomini che vivono la propria esistenza senza subire il nefasto influsso dellangoscia descritta da Heidegger, possibile incontrare anche altre forme di vita che possiedono un senso autentico a partire da qualcosa che non sia il proprio non avere senso. Lesempio che Nicol fa quello del credente cristiano, il quale pu giungere a provare angoscia in base a qualche avvenimento, ma che non incontra in tale esperienza lautenticit della sua condizione: il cristiano pu provare unangoscia autentica, non quella alla quale si riferisce Heidegger, ma unangoscia di solitudine, della quale espressione paradigmatica restano le parole della Croce: Signore, perch mi hai abbandonato?. Ma per un cristiano
145. Cfr. Ivi, 40. 146. Ivi, p. 230. 147. Per factico intendiamo effettiva, fattizia. Il termina deriva dal latino factum, per cui indica qualcosa di compiuto, attuale, presente (cfr. J. Corominas (comp.), Diccionario Crtico Etimolgico de la lengua castellana, cit.). Ci riferiamo, in questo caso, alla traduzione che generalmente si d del termine tedesco faktizitt con fatticit o effettivit. 148. HE, p. 394. 149. Ibidem.

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lumilt non tanto una virt, quanto la condizione ontologica della creatura, dellessere creato da Dio e posto da Lui nel mondo.150 A questo punto, resta da chiedersi se al di fuori di una possibile fede, non resti che riconoscere come esistenza autentica quella descritta da Heidegger. Va sottolineato che, con questa affermazione, Nicol ha gi degradato la heideggeriana condizione fondamentale del Dasein ad una delle possibilit che lesistenza umana pu assumere. La riconduzione dellangoscia a mero atteggiamento caratteristico di una precisa situazione vitale, permette a Nicol di considerare langoscia come un caso dellesistenza e non pi come la condizione del rivelarsi di questa stessa allente che solo pu interrogarsi su di essa. La condizione dellesseregettati nel mondo, costitutiva dellessere del Dasein, dalla quale consegue il nostro fuggire in quanto posti dinanzi a noi stessi,151 per Nicol, ancora una volta, una possibilit: [luomo] deve porsi, senza dubbio, il problema della sua fatticit, ma non necessario che si fissi su questo, e sullangoscia che ne consegue (rivelatrice del nulla). In primo luogo, pu benissimo non sentirsi deietto nel mondo, ma vincolato ad esso [] nel factum dellesistenza ci che interessa primariamente non langoscia della deiezione, ma il senso proprio del vincolo. Langoscia tardiva e derivata: la crisi momentanea del senso che, in una maniera o unaltra viene sempre superata dallesistenza, perch lesistenza creatrice di senso, per natura e propria condizione.152 Risulta ormai evidente che piano ontologico e piano del senso, in una concezione metafisica ed esistenziale che assume lespressione come categoria fondamentale, debbono obbligatoriamente coincidere. Nicol contesta a Heidegger linversione dei termini, perch il vincolo di senso creato dallessere-nel-mondo precede la ricerca che mi conduce a scoprirmi come gettato. In realt, anche Heidegger parte dallessere-nel-mondo che per luomo appunto gettatezza; a nostro parere, per tale ragione non si pu realmente parlare di uninversione di termini, quanto di un divergere proprio a partire dalla mondanit delluomo: mentre questa in Heidegger deiezione, e altro non potrebbe essere considerato che il ni150. Ibidem. Tale concezione dellumilt comune anche ad Eckhart (cfr. Meister Eckhart, I Sermoni, San Paolo, Milano 2002, p. 187) e da questultimo la riprende anche Henry riconoscendola come condizione ontologica fondamentale (cfr. M. Henry, Lessence de la manifestation, cit., p. 394). 151. Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 232. 152. HE, p. 395.

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ente lorizzonte che consente il manifestarsi dellessere del Dasein; in Nicol lessere-nel-mondo gi essere in situazione, quindi espressivo di un vincolo che connota da sempre lumana esistenza. Eppure luomo non sceglie la propria vita, quindi gettato. Nicol non nega questa condizione ma afferma che qualsiasi uomo la riconosce a partire da una situazione che vincolo con il mondo, e vincolo costitutivo del suo essere in quanto espressione. La deiezione, dunque, caratterizza luomo, ma come possibilit che io riconosco come fatticit: pensiamo che la cosa importante non sia tanto il fatto di essere o stare nel mondo, fatto indubitabile che una determinazione ontologica delluomo, ma la qualit o il modo di stare, senza la quale viene neutralizzata153 la stessa determinazione ontologica.154 Tale neutralizzazione pu verificarsi se si perde il senso dellesistenza che , essa stessa, creazione di senso. La creazione di senso lespressione stessa, ecco perch langoscia pu avere solo valore psicologico mentre il vincolo con il mondo che espressione ha un carattere ontologico. La neutralizzazione della qualit dello stare nel mondo, neutralizzazione dellautentica condizione, in quanto qualit gi senso, sebbene e questo crediamo vada tenuto fermo Nicol non affermi mai il contenuto qualitativo. Si potrebbe obiettare che anche lo stato di angoscia qualitativo. Se riconosciuto come momento dellesistenza non c alcun dubbio, ma se considerato come forma dellaprirsi delluomo dinanzi al suo proprio essere come mancante di senso, dal punto di vista nicoliano ci si trova di fronte ad una contraddizione: infatti uno stato qualitativo gi mostra un senso che si radica in una situazione e, pertanto, non pu condurre alla caduta di ogni senso mentre esprime la relazione in cui si genera esso stesso. Lastrazione dell essere-nel-mondo, cos come lo intende Heidegger, consiste nel prescindere dal vincolo, e dal senso positivo che questo ha di per s []. Lessere-nel-mondo una pura determinazione di posizione, come se luomo, nel ritrovarsi gi esistente, dovesse proporsi il compito di creare vincoli e scoprisse che nessuno di essi ha senso. Essendo evidente che non pu esistere cos neutralizzato, indiffe153. Nicol utilizza il termine neutralizada, ma in questo caso come in quelli seguenti con tale vocabolo si intende la messa fuori gioco di qualcosa, annichilendo la sua azione, in base allavergli sottratto il senso. Cos la neutralizzazione conseguenza della neutralit. Il rendere neutrale, neutralizza. 154. Ibidem.

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rente, come il punto tra le coordinate, sente angoscia per labbandono e la solitudine []. Ma questa non la sua situazione originaria, la sua condizione radicale o autentica, la sua determinazione costitutiva: questa piuttosto la crisi della sua autenticit, la negazione del carattere positivo che possiede, ontologicamente, il vincolo che lega luomo al suo mondo. [] Tutto ha senso, compresa la mancanza di senso. [] Si intende dire che nulla nellambito dellumano pu essere indifferente. Luomo lessere del senso perch lessere che d senso. [] Luomo ha senso al momento, per il solo fatto di essere presente e il dubbio riguardante il senso non che unaltra forma di senso: il controsenso.155 Langoscia di cui parla Heidegger ha senso solo nel momento in cui lesistenza si riconosce come proiettata sullo sfondo del nulla, restando, da questo stesso, nullificata in quanto neutralizzata . Il nulla ci che rende neutrale, il grande nientificatore, il grande principio di indifferenza, di fronte al quale sembra aver senso solo limpossibilit di qualsiasi possibilit, che la morte, come giustamente afferma Heidegger.156 Luomo, per, non indifferente, perch non lo il suo essere.157 Solo a partire dalla neutralizzazione dellesistenza possibile comprendere perch Heidegger concepisca la possibilit di una vita inautentica. Tale inautenticit implica lignoranza della problematica di ci che consegue alla gettatezza e il banale abbandono alle attenzioni quotidiane e quellanonimit che diluisce lesistenza nel mondano.158 Lesistenza autentica non deve affatto abbandonare tali attenzioni ma, nota Nicol, assumerle con la riserva mentale che ognuna di esse in realt non ha alcun senso. A questo punto, secondo il pensatore catalano, necessario domandarsi se langoscia, come momento di verit riguardo la propria esistenza, a generare tale annichilimento del senso o se non sia stata, invece, la crisi prettamente storica del senso a motivare lelaborazione di tale concetto di angoscia esistenziale. Se la seconda ipotesi fosse quella corretta, allora nella riflessione heideggeriana si sarebbe verificata una peculiare deformazione: in questo caso, la tradu155. HE, p. 396. 156. HE, p. 397. 157. Le affermazioni di Nicol si fondano, in maniera velata ma ben riconoscibile, su quella vocazione alla vita che caratterizza il soggetto come horm vocacional (cfr. nota 276 del presente lavoro). 158. HE, p. 397. Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, 60.

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zione in concetti filosofici di unesperienza soggettiva, perfettamente legittima in s, non avrebbe rivelato la struttura del soggetto in generale ma dei caratteri transitori, personali e circostanziali, ai quali sarebbe stato conferito il titolo di caratteri costitutivi e la cui supposta universalit pu assumere plausibilit in base allestensione di una crisi che, in quanto storica e non individuale, coinvolge giustamente molti individui.159 La possibilit che questipotesi sia corretta, come in realt crede lo stesso Nicol, indica che la classificazione delle forme di esistenza in autentica e inautentica , nei termini presentati [da Heidegger] poco corretta, perch non riceve conferma dalla reale storia delluomo, dalla storia del suo essere.160 Lessere delluomo, nel suo sviluppo storico, mantiene la forma stabile dellespressione, ma tale stabilit pu essere carattere solo della struttura e non di una tonalit emotiva. La possibilit che luomo si riconosca gi in relazione e che la gettatezza sia il frutto di una riflessione che prescinde da tale condizione dia-logica, mostra langoscia non come connotazione delluomo posto dinanzi al suo essere, ma come illusione dovuta allastrazione delluomo stesso dalle relazioni che come tale lo costituiscono: per questo da una parte diciamo che lessere nel mondo una costante, ma dallaltra che il modo di essere che Heidegger descrive variabile.161 Il fraintendimento in cui incorre Heidegger quello, gi menzionato, di voler rintracciare il senso dellessere in quanto tale dando una risposta alla domanda circa lessere. Risposta che , per Nicol, fuori dalla nostra portata, in quanto non c alcun essere da rintraciare oltre il fenomeno che, di per s, autentica presenza dellessere. Rimanendo ancorati alla domanda circa il senso dellessere, Heidegger non solo non riesce a rispondere ma, alla fine, si rifugia in un nulla che ha le connotazioni pi di unesperienza soggettiva che di una categoria onto-logica162: non v teoria o logos del nulla, solo allusione ad unesperienza soggettiva radicalmente ineffabile, nella quale il nulla si renderebbe evidente.163 Lesistenza si innesta nel nulla dal quale sorge: dunque, se la conoscenza dellessere dipende dal nulla, questa non sar
159. Ibidem. 160. HE, pp. 397-398. 161. HE, p. 398. 162. Cfr. M. Heidegger, Che cos metafisica? [1929], La Nuova Italia, Firenze 1995, pp. 19-20; Id., Kant e il problema della metafisica [1929], cit., p. 226. 163. HE, p. 404.

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razionale. Ci, per, non evidente, anzi proprio la differenza ontologica tra essere ed ente, sottolineata da Heidegger in maniera esemplare, per Nicol conferma del fatto che la nostra conoscenza non pu rivolgersi allessere in quanto tale: sebbene non si trovi mai lessere separato dallente, ente e fatto dessere non sono la stessa cosa. Di questo fatto dessere abbiamo una conoscenza pre-ontologica: gli uomini dispongono di una vaga comprensione dellessere, previa a qualsiasi verifica ontologica. La nostra conoscenza dellessere, in quanto distinto dallente, si deve riconoscere limitata a questa comprensione []. Possiamo parlare dellente e saperne quanto desideriamo, ma in cosa consista essere non lo sapremo mai. Saperlo implicherebbe la capacit di rispondere alla domanda: perch lessere e non il nulla con la quale Heidegger conclude, senza darvi risposta, il suo studio sul nulla.164 Lerrore radicale, di volersi spingere oltre la propria possibilit conoscitiva ricadendo in una forma soggettiva di lettura dellumana struttura, fa s che in Heidegger manchi una vera e propria comprensione dellumano che mai certa se pretende di essere solo intellettuale, senza il calore della simpatia, dellindulgenza e della compassione. [] Il Dasein di Heidegger si traduce come lessere qui. Luomo il Dasein, lessere che sta qui, ma la maniera nella quale ce lo presenta Heidegger non pu tradursi con lecce homo, ecco qui luomo, dato che lessere che sta qui non lo riconosciamo come luomo nella sua integrit.165 Cos, la relazione necessaria col niente, come fondamento, assume anche la forma di direzione obbligatoria verso la quale muove lesistenza delluomo. La morte, che Nicol non concepisce affatto come la possibilit pi propria delluomo, la relazione esemplare con il niente, lunico atto della vita che si compie fuori della comunit, e attraverso il quale viene meno lessere-nel-mondo.166 Dire relazione in questo caso non corretto: la morte avviene fuori da ogni dia-logo, per questo problematica definirla come possibilit, anzi essa si manifesta come qualcosa che viviamo solo nella morte di qualcun altro.167 Anche in tal
164. HE, p. 405. Domanda che Heidegger coniuga con linterrogarsi del Dasein sulla propria forma dessere facendole anche assumere la forma perch, infine, lessente e non piuttosto il niente? (Cfr. M. Heidegger, Che cos metafisica?, cit., pp. 33-34). 165. HE, p. 406. 166. HE, p. 409. 167. interessante notare che proprio a partire da tale questione si differenzino anche le concezioni di Heidegger e Lvinas. Questultimo, infatti, considera impossibile concepire

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caso, dunque, il nostro un sentire che riguarda il crollare di un senso in quanto ci chiediamo cosa sia questo vuoto verso il quale ci sembra di andare e tale pensiero ci riporta a quello di un vuoto originario. Questo vuoto, come lessere in quanto tale, non pu essere ri-conosciuto, quindi considerato in maniera rigorosa dalla riflessione filosofica. Il solo modo, secondo Nicol, di concepire correttamente il ni-ente quello dellindividualit, intesa come limitazione, e quello della possibilit. Modi, questi, che non pongono il non come assoluto ma sempre come articolazione declinabile allinterno dellessere stesso. Il ni-ente possibilit cos come la libert stessa delluomo non mai libert di fare qualsiasi cosa, altrimenti non esisterebbe la necessit di scegliere. In tutto questo discorrere, che posto ha dunque il problema della morte? Se il suo manifestarsi come tratto distintivo dellesistenza non corretto e se essa non nemmeno possibilit dellimpossibilit, dunque cos e come si colloca nella vita umana? Secondo Nicol, lesistenza in se stessa una negazione della morte, non secondo un deliberato proposito delluomo, ovvero per volont soggettiva di non morire, di non ricordarsi della morte o di sopravvivere dopo di essa. La vita nega la morte precisamente perch la contiene. La vita e la morte sono termini dialettici dellesistenza.168 Lautentica esistenza non consiste nella consapevolezza di quellangoscia nella quale ci si manifesta il nostro essere come essere per la morte, bens nellaccrescere lesistenza accettando la morte, tenendola presente, ma lottandole contro nel presente, vincendola in ogni momento. Ogni atto della vita una vittoria contro la morte. Senza la morte non si avrebbe vittoria, senza atto non si avrebbe vita. Si dir che alla fine vince la morte. vero, ma saperlo non annulla la gioia della stessa lotta. La morte, tanto potente, non pu impedire lallegria; deve accettarla, perch lallegria parte della vita, e per questo anche della morte. La morte stessa non completa, non autentica, quando termine solo di tristezza e disperazione, e non termine della tristezza, del dubbio e dellallegria. Lautenticit della morte dipende dalla pienezza della

la morte come possibilit proprio in base al suo darsi solo nella morte altrui. Pertanto la morte si manifesterebbe sempre e solo come mistero, ovvero qualcosa che mi ri-guarda (si rivolge verso me continuamente) ma che, mentre sento come mia connotazione, allo stesso tempo mi sfugge e mi spinge verso la fuga (cfr. E. Lvinas, Dio, la morte e il tempo [1993], Jaca Book, Milano 1996). 168. HE, p. 415.

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vita.169 In realt, anche in Heidegger lessere-per-la-morte indica unaccettazione della propria condizione che non rende inutili le scelte compiute quotidianamente. Nicol, per, sottolinea il fatto che la conseguenza di tale condizione umana non sia la perdita del senso, proprio in base al vincolo che ci lega al mondo e che nella morte trova un enigma contro il quale lottare. La lotta di per s gi risolta nella sconfitta ma, e qui entra in gioco lanelito alla vita presente nelluomo, il fatto che si possa dubitare della fine totale gi dimostrazione di unesistenza che ingloba la morte e sa accettarla attraverso una condivisione di senso che com-unit. Resta, per, da dire che la morte presente nellesistenza sempre e solo come idea della morte in quanto non pu essere esperita. Anche dire che quando v morte non v esperienza qualcosa che pu dire chi resta in vita. Dunque, la morte inglobata nellesistenza in quanto idea e quindi espressione. Per Nicol, per, non pu essere possibilit perch non fruibile, non espressiva. Linterrogarsi delluomo circa il suo essere e circa lessere in generale , per Nicol, legato al suo essere vincolato con il mondo e mostra come luomo sia onto-logico, in quanto sempre necessitato ad occuparsi dellessere. Potrebbe, per, essere che linteresse delluomo non riguardi tanto lessere stesso, in quanto tale, quanto il parlare; giusto, dunque, chiedersi il perch del nostro interesse verso lessere, magari la domanda potrebbe chiarire pi cose della stessa risposta.170 La relazione delluomo con lessere, al di l del suo stesso essere essere, non , secondo Nicol, qualcosa di meramente scientifico: al perch che interroga, il por qu, si risponde con il perch finale, il para qu. Alluomo non interessa lessere di per s, per conoscerne, per fare ontologia; non gli interessa per parlarne, e comprenderlo, ma per parlare con gli altri, e intendersi. Per parlare con il prossimo.171 Lontologia non un sapere dellessere ma un sapere per essere. Il dado tratto: levidente connessione tra filosofia e sapienza si manifesta pienamente in questaffermazione, che sola motiva lopporsi di Nicol alle varie concezioni della ragione che non siano al servizio della vita. Che lo si chiami o meno vitalismo, questo indirizzo di pensiero, vero che la ragione, la conoscenza e ogni attivit umana, sono autentiche se con-formi alla vita, ovvero
169. HE, pp. 415-416. 170. HE, p. 418. 171. Ibidem.

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attuantisi al fine di vivere pienamente. Ogni ri-conoscere una struttura del nostro essere deve permetterci questa vita autentica corrispondente al nostro essere esseri del senso. Di fronte a tale questione, risulta visibile labisso che separa Nicol da Heidegger, al di l delle considerazioni affini: lindividualismo radicale di Heidegger [] si rivela in questa sua idea di una ontologia che consiste in un sapere dellessere, e non in un sapere per essere. Dobbiamo parlare dellessere, ma lo facciamo solo con esso; non parliamo a nessuno n per nessuno: da qui il prevalere ontologico del nulla sullessere. La parola, il verbo, il logos, ha smesso, cos, di essere mezzo di comunicazione tra esseri, per occuparsi, invece, dellessere. Nonostante la sua mondanit e il suo essere con, il Dasein una monade con le finestre pi chiuse di quelle descritte da Leibniz. Come stato possibile non rendersi conto che la cosa decisiva, nella domanda che interroga circa lessere, pi che lessere in quanto logico, il logos in quanto umano?.172 Luomo parla dellessere per parlare allessere del prossimo, e cos approssimar-vi-si. Ogni Dasein con-esiste con altri Dasein, in quanto partecipano dello stesso mondo e si uniscono attraverso lo stabilirsi di relazioni che determinano il loro essere uomini: la convivenza non consiste nello stare uno accanto allaltro, ma nellunirsi luno con laltro, appropriandosi dellaltrui esistenza e incorporando la propria in quella dellaltro e la parola il mezzo che permette tutto ci.173 Essendo cos la situazione, la teoria della ragione non ha il compito di mostrarci come si conosce la realt, ma principalmente come possiamo autenticamente intenderci tra noi riguardo la realt: non c teoria della conoscenza che possa essere considerata completa se non tiene in conto il fatto fondamentale della comunicazione, il quale, sebbene velato dalla relazione di conoscenza, opera su questultima in maniera decisiva. Secondo Nicol, il conoscere non pu ridursi alla tradizionale relazione soggetto-oggetto []. La relazione, per poter effettuare una comprensione completa, deve abbracciare i tre termini soggetto-oggetto-soggetto, dei quali il secondo soggetto il prossimo, nella pienezza dellac172. HE, p. 419. Non casuale, a nostro parere, che Kostas Axelos, discepolo di Heidegger, abbia elaborato una concezione delluomo come frammento del mondo che, insieme agli altri frammenti-uomini, attraversa una vita senza mai poter ricomporre il quadro ormai infranto della realt dellessere (cfr. K. Axelos, Le jeu du monde, Editions de Minuit, Paris 1969; Id., Pour une ethique problematique, Editions de Minuit, Paris 1972). 173. Ibidem.

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cezione vitale che ha tale parola. Questa relazione triangolare della conoscenza dialettica perch qualsiasi conoscenza dialogo: implica, attende o anticipa un dialogo.174 Non possiamo dialogare con lessere, quindi il conoscere puro mera astrazione: il principio del sapere per il sapere non solo unaberrazione in base alle conseguenze storiche che genera, ma anche perch la forma pi acuta che pu assumere questo conoscere mutilato quando si riconosce distaccato dallinterlocutore.175 Si parla sempre di qualcosa per qualcosa e per qualcuno: Il monologo non esiste, ogni logos dialogo ed pi importante laltro termine del dialogo, ovvero linterlocutore, che loggetto stesso.176 Questo, perch cos come non ci si pu intendere se non parlando della realt, cos questultima non pu essere intesa senza essere comunicata, dunque il nostro parlarne sempre in base alla comunicazione con il prossimo. Tutto ci, accade anche quando il logos giunge al massimo del suo rigore e aspira a farsi rappresentativo della realt, pienamente oggettivo e disinteressato. Il logos non pu mai smettere di essere umano e, per questo, inter-umano.177 La conoscenza trascende sempre la soggettivit non perch sia relazione con loggetto, ma tra soggetti: senza teoria della comunit non v conoscenza.178 La teoria della comunit stata, da noi, gi presa in considerazione nel momento in cui ci siamo soffermati sul generarsi della idea del hombre e del suo comunicarsi e trasformarsi attraverso quel processo storico di manifestazione a s e modificazione dellessere delluomo che chiamiamo cultura. Il processo culturale mostra luomo nella sua condizione di ser histrico: lessere delluomo ha storia179 ma questo possibile perch la sua individualit sempre compresa in una comunit che si nutre di essa lasciandosene condizionare e condizionandola. Lo stile di vita dellindividuo, di cui Nicol parla nella Psicologa de las situaciones vitales, assume la sua veste
174. HE, p. 420. Cfr. E. Nicol, The return to Metaphysics, Philosophy and Phenomenological Research, 12 (1961), p. 34; M. Gonzlez Garca, Eduardo Nicol: una respuesta filosfica actual desde la tradicin, cit. , pp. 46-47. 175. Ibidem. Sulla questione del logos come dia-logo in riferimento alla concezione che Nicol giustappone a quella di Heidegger cfr. M. L. Santos, Nicol y Heidegger, indicaciones sobre una divergencia fundamental in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., pp. 119-127. 176. Ibidem. Cfr. E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., pp. 67-73. 177. HE, p. 421. 178. Ibidem. 179. HE, p. 25.

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di cultura quando diviene stile di una comunit, ma in entrambi i casi gi, per Nicol, stile espressivo dellessere. La critica della ragione, elaborata da Nicol, con lintento di mostrare la realt razionale come base di ogni comprensione del reale che, in quanto comprensione, non solo conoscenza scientifica si mostra monca se a partire da essa non possibile individuare un metodo che non sia altro che il rivelarsi del corretto ragionare a partire da quellessere che alla vista e secondo la struttura di quella ragione che in questo essere si radica riconoscendolo nel dia-logo. Si rende necessario, dunque, un discorso che riguardi il metodo ma che, interessando quella ragione che ha ribaltato la questione dellessere ripristinandolo come dato non verificabile, in quanto gi evidente, non pu che manifestarsi, in campo metodologico, come contro-discorso . 3.5. Il contro-discorso del metodo Lidea di ragione esposta da Nicol mostra, in maniera evidente, lintento sotteso al suo filosofare, ovvero quello della rifondazione dellunit dei saperi. Il discorso sul metodo sar, dunque, fondazione del sapere ma solo in quanto riconoscimento della relazione tra essere ed essere della ragione. Il metodo non pu darsi se non a partire da una ragione gi in atto, quindi in relazione con la realt. Luomo, come gi abbiamo notato a proposito della situacin, sempre inserito in un sistema di relazioni, ragion per cui si potrebbe dire che il metodo rappresenta lautoscienza del sistema: il promemoria dei compromessi che ad ogni passo la costruzione teorica contrae.180 Questi compromessi, per, non riguardano gli aspetti contenutistici del conoscere, bens quei tratti distintivi il cui insieme ci permette di individuare la corretta concezione dellumana conoscenza. Compromesso, allora, la condizione alla quale la ragione non pu sottrarsi nel suo stesso attuarsi come ragione; il fondamento che condiziona la sua stessa maniera di relazionarsi alloggetto di conoscenza. Per questo motivo, ci che in passato fu inteso come discorso del metodo non deve essere confuso con questo che, invece, vuole essere sul metodo. Un discorso del genere non potr essere autocoscienza di una filosofia ma della filo180. CRS, p. 153.

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sofia. Il sottolineare la differenza che intercorre tra il del e il sul, in riferimento al metodo, sembra ricondurci al Discours de la mthode cartesiano, il cui titolo parrebbe tradire quella specificit che Nicol vuole superare. In realt, si pu affermare con certezza che, nonostante i fraintendimenti che il pensatore catalano afferma di riscontrare nella fondazione della scienza elaborata da Descartes, lobiettivo polemico del suo contro-discorso non tanto il metodo cartesiano, quanto quelle teorie che frammentano lunit del sapere laddove precisano la differenza tra ambiti conoscitivi in base alloggetto conosciuto.181 Secondo Nicol, infatti, al differente tipo di oggetto della conoscenza non corrisponde una ragione differente, tantomeno una facolt, bens una metodologia particolare.182 Questultima, in quanto relazionata alla ragione nella sua unit costitutiva, deve essere ramificazione dellunico metodo possibile. Non va, infatti, dimenticato che il metodo cartesiano era stato elaborato al fine di costituire lunica via allautentica conoscenza in generale, e che la chiarezza e la distinzione avrebbero dovuto caratterizzare qualsiasi dato conosciuto in maniera certa ed effettiva.183
181. Riguardo il significato che il termine metodo ha assunto in ambito filosofico, Abbagnano considera la possibilit che esso indichi una tecnica o un preciso procedimento da seguire al fine di conseguire determinati risultati, oppure che tale termine si identifichi con una dottrina particolare (per esempio in Hegel o Descartes). Nel caso di Nicol non si tratta di un procedimento ma, come ci accingiamo a osservare, semplicemente di un riconoscimento del modo di funzionare della ragione stessa. Riguardo il metodo in generale cfr. N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, cit., p. 581. 182. La critica chiaramente rivolta alla concezione di una ragione pura, pratica o storica, nel momento in cui queste tre ragioni sono separate luna dallaltra non perch non siano localizzate nello stesso individuo, ma nel senso che si riferiscono a facolt differenti tra loro non conciliabili . Se, al contrario, Dilthey, nel determinare il compito della fondazione delle scienze dello spirito, afferma che essa deve riferirsi a tutte le classi del sapere, perch ben conscio delle difficolt alle quale si andrebbe incontro in caso contrario (cfr. W. Dilthey, Critica della ragione storica, capitolo I, paragrafo I). Il problema resta quello di una definizione delle classi del sapere. Per Nicol, il riferimento al sapere inteso in senso kantiano, nel suo eludere la questione ontologica, non si mostra come una soluzione soddisfacente. Per questo, pur avendo intuito il fondo della questione, Dilthey non riesce ad individuare, secondo il pensatore catalano, una soluzione che soddisfi tutti i punti di vista. 183. non comprendere nei miei giudizi se non quello che si presentasse cos chiaramente e distintamente alla mia mente, da non lasciarmi possibilit di dubbio R. Descartes, Discorso sul metodo, cit., p. 59. Tale affermazione riguarda qualsiasi possibile conoscenza, dal campo delle scienze naturali a quello della riflessione morale sebbene proprio questultima si sia dimostrata essere il banco di prova del pensiero cartesiana che mai raggiunse unidea precisa sulla questione, rifugiandosi in quella che lo stesso filosofo francese defin come morale provvisoria . Come riconosce Koyr, il discorso sul metodo elabora-

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Se Descartes pu parlare di ben condurre la propria ragione,184 perch deve essere possibile condurla anche in maniera non corretta, giungendo a conclusioni erronee. Si pone, dunque, sin da subito la questione della relazione esistente tra ragione e realt. Su questo punto verte la riflessione nicoliana sul metodo e, a partire dallanalisi della posizione cartesiana, si sviluppa seguendo la traccia della gi menzionata critica della ragione. Il tentativo cartesiano di fondare ledificio delle scienze su unevidenza che Nicol definisce esistenziale, sembra dare estrema solidit al suo pensiero, a patto che tale evidenza possa essere realmente assunta come fondamento, infatti possibile sospettare che nella metafisica cartesiana ci che decisivo non sia levidenza ontologica, bens il dubbio ontologico.185 Il problema sta nel verificare il valore che Descartes assegna a tutto ci che pu cadere vittima del dubbio metodico, restando cos in sospeso. Lanalisi riguardante tale questione viene condotta da Nicol seguendo la stessa modalit utilizzata per studiare il ruolo e il valore dellangoscia heideggeriana. Infatti, il pensatore catalano afferma che necessario distinguere tra la situazione cartesiana e loperazione cartesiana.186 Nella situazione possibile riscontrare cosa ha generato loperazione e determinarne, quindi, il valore. La situazione cartesiana, viene descritta dallautore nella parte prima e seconda del suo Discorso, ed caratterizzata da uno stato di crisi generato dal fatto che le scienze, strutturate in base a ci che veniva riconosciuto come loro fondamento, non riuscivano pi a soddisfare lidea di conoscenza chiara ed evidente che lo stesso filosofo francese aveva. Il dubbio metodico si mostra, allora, come lunica possibilit di rottura con un passato scientifico che non riesce pi a dare ragione della realt. Loperare di tale dubbio mette tra parentesi il valore reale di tutto ci che non si presenti di per s evidente.187 Secondo Nicol, il fatto che lo stesso Descartes possa dubitare,
to da Descartes non si dissocia da quella tradizione di trattati sul metodo aventi carattere generale, come ad esempio il Novum Organum di Bacone: qual questa chiarezza che dobbiamo cercare? Qual questordine che dobbiamo seguire? Quali sono queste cose semplici e facili con le quali dobbiamo incominciare? nella risposta a queste domande che consiste la riforma cartesiana (A. Koyr, Lezioni su Cartesio, Tranchida, Milano 1996, p. 34). 184. Il titolo stesso del suo Discorso Discours de la mthode pour bien conduire sa raison et chercher la verit dans les sciences. 185. ME, p. 175; ME2, p. 157. 186. Ibidem. 187. Cfr. parte quarta del Discorso sul metodo, cit.

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anche solo di essere in stato di veglia, dovrebbe far s che ad essere posta in dubbio sia la scienza, non lesistenza. Effettivamente, il fatto che levidenza-base del pensiero cartesiano sia quella espressa attraverso la formula cogito ergo sum, ci induce a pensare che Descartes non abbia mai sospeso lesistenza; Nicol, per, con il termine esistenza non intende solo la percezione che Descartes ha del suo esistere, ma di tutto ci che esiste, anche perch, lesperienza del proprio esistere, secondo la teoria delle situazioni vitali, non si d senza la simultanea comprensione della trama di relazioni nella quale siamo immersi. Considerare questa trama esistente solo come realt mentale possibile, anche se ci ridurrebbe luomo ad una sorta di monade leibniziana. Il fatto che non vi sia una comprensione del reale, o presunto tale, senza che vi sia comprensione della relazione che espressione, quindi azione non fa da garanzia alleffettivit di tale realt, ma di sicuro garantisce limpossibilit di effettuare completamente quella epoch che si proponeva di attuare Descartes attraverso limpiego del dubbio metodico.188 3.6. Metodo fenomenologico Il dubbio metodico pu essere esercitato su tutto ci che esiste ma non sullesistere, che non individuale, proprio in quanto io mi percepisco gi in relazione. Lio non esiste se non in quanto termine di una situazione vitale, per cui concepire cogito come manifestazione di unevidenza significa sottolineare levidenza di una situazione vitale. Lessere sempre in situazione ci obbliga a tenere presente ci che costituisce questa relazione. Per questo motivo, il metodo dovr partire dal dato di fronte al quale sempre siamo, ovvero dal fenomeno. Il metodo, secondo Nicol, dovr essere fenomenologico ma non pu mantenere
188. Non esiste la garanzia assoluta che la realt che ci circonda non sia una nostra rappresentazione mentale. Ci che ci permette di supporlo il fatto che non dominiano tale rappresentazione, il che lascia pensare che vi sia qualcosa al di l della nostra coscienza. Linterpretazione di questo al di l e il continuo riferimento che vi facciamo determina il nostro modo di concepire lesistenza. Limportanza di Nicol sta nellaver centrato il proprio discorso sullespressione, a partire dal fatto che che la nostra concezione del reale, si modifica, perfeziona e corregge attraverso la comunicazione non solo orale o scritta del reale stesso, che questa sia effettiva o meno. Dal momento che lespressione esprime sempre una relazione, la realt sempre relazionale. Riguardo la critica nicoliana nei confronti del metodo cartesiano cfr. anche E. Nicol, La reforma de la filosofa, FCE, Mxico 1994, pp. 62-70.

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fede alla fenomenologia di Husserl.189 Limperativo husserliano di andare alle cose stesse non permette di essere fedeli allautore di tale affermazione. Prima di mostrare il perch, va necessariamente tenuto presente che, sebbene la fenomenologia intesa come corrente filosofica si sia costituita a partire dalle opere di Edmund Husserl,190 tale termine era gi stata utilizzato, in ambito filosofico, da Hegel e Lambert.191 Nicol considera che parlare di fenomenologia significa tirare in ballo tutti gli altri pensatori che, nonostante le rispettive differenze, possono essere considerati appartenenti a tale corrente, quali Heidegger, Scheler, Hartmann, Stein, Fink, per non parlare di quella corrente che ha assunto il nome di fenomenologia francese alla quale possono ascriversi filosofi quali Sartre, Merleau-Ponty, Lvinas, Marion, Henry e dellinfluenza che ha avuto sulla filosofia italiana, in particolare nellopera di Enzo Paci.192 La fenomenologia si presenta come una corrente di pensiero fondantesi su unimpostazione che ha dato e continua a dare contributi estremamente originali e che, nel suo stesso costitursi come filosofia, ha apportato una rivoluzione dal punto di vista teorico. Del pensare fenomenologico Nicol considera fondamentale linvito a ri189. ME, p. 176; ME2, p. 158. 190. Si pu parlare di fenomenologia come specifica posizione filosofica a partire dalla pubblicazione, da parte di Husserl, delle Logische Untersuchungen [1900-1901]. In seguito vi sar anche una rottura tra il maestro e i discepoli in seguito a quella svolta trascendentale, che assumer la fenomenologia husserliana, testimoniata attraverso la pubblicazione del primo volume di Ideen zu einer reinen Phnomenologie und phnomenologischen Philosophie [1913]. 191. In Lambert, la Phnomenologie costituisce la quarta sezione del suo Neues Organon [1764], nel quale la fenomenologia non che la dottrina che ci aiuta a superare la dimensione soggettiva dellapparire, distinguendo ci che nellapparenza conforme al reale da ci che invece compete alle forme del suo apparire; per quanto riguarda Hegel, la Phnomenologie des Geistes ha per oggetto la concatenazione necessaria delle figure provvisorie in cui si manifesta lo spirito che perviene alla piena coscienza di s (V. Costa, E. Franzini, P. Spinicci, La fenomenologia, Einaudi, Torino 2002, p. 5). 192. Riguardo lidea di fenomenologia elaborata e sviluppata da Husserl, anche in rapporto ad alcuni dei suoi discepoli cfr. V. Costa, E. Franzini, P. Spinicci, La fenomenologia, cit.; per quel che concerne le diverse scuole fenomenologiche e i rispettivi membri cfr. H. Spiegelberg, The phenomenological movement: a historical introduction, Nijhoff, The Hague 1960; riguardo i rapporti tra fenomenologia tedesca e fenomenologia francese cfr. B. Waldenfels, Phnomenologie francaise et phnomenologie allemande, LHarmattan, Paris 2000; infine, riguardo lopera di Paci cfr. E. Paci, Idee per unenciclopedia fenomenologica, Bompiani, Milano 1973; S. Zecchi (a cura di), Vita e verit: interpretazione del pensiero di Enzo Paci, Bompiani, Milano 1991; Aut-Aut, 333 (2007), numero monografico dedicato ad Enzo Paci; G. Cacciatore, A. Di Miele (a cura di), In ricordo di un maestro. Enzo Paci a trentanni dalla morte, Scriptaweb, Napoli 2009.

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volgersi alla realt in quanto nessun pensatore ha potuto considerare come punto di partenza e fondamento qualcosa che non fosse unevidenza fenomenica.193 Eppure, questa evidenza non deve condurmi a pensare che la realt abbia consistenza solo in quanto pensata. La coscienza come termine della relazione cogito-cogitatum non scindibile dalla relazione stessa senza perdere essa stessa il ruolo di coscienza. Inoltre, non la coscienza a stabilire le variazioni del cogitatum. Pur riconoscendo il valore della teoria dellintenzionalit, Nicol non accetta le conclusioni della fenomenologia husserliana che attraverso lepoch riduce lesistente a me estraneo a oggetto del mio vissuto interiore, garantendogli cos unesistenza che non effettiva se non nella coscienza. Se fosse cos, dovrei ammettere che le situazioni fondamentali, che costituiscono il limite e il condizionamento-base della mia esistenza, sono solo tali in quanto presenti alla coscienza come vissuti.194 Eppure di questi limiti io prendo coscienza, appunto, solo in alcune situazioni limite, rendendomi conto che da sempre sono stato condizionato. La messa tra parentesi del mondo per ritrovarlo come correlato della coscienza195 ricalca loperazione cartesiana e, secondo Nicol, il suo stesso errore.196
193. CRS, p. 155. Il procedere fenomenologico inevitabile, data la conformazione del nostro modo di conoscere ed esprimerci, e la forma costitutiva della realt (E. Nicol, Ideas de vario linaje, cit., p. 268). 194. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino 2002, vol. I, 46: Ogni percezione immanente garantisce necessariamente lesistenza del suo oggetto. Dirigendosi il mio afferrare riflessivo sul mio vissuto, io afferro un assoluto esso stesso la cui esistenza non pu di principio essere negata []. interessante notare come in questo passo il cogito ergo sum cartesiano assume unaltra forma: io sono, questo vivere , io vivo: cogito (p. 111). I due punti che separano i termini vivo e cogito non danno lidea di una consequenzialit bens di una simultaneit, se non addirittura di una identit: io vivo, io penso. Seppur questinterpretazione possa sembrare azzardata o forzata, non toglie valore al fatto che il vivere si gioca nel vissuto coscienziale e con esso la realt stessa. 195. Cfr. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, cit., 32. 196. Non un caso che lo stesso Husserl si sia poi dedicato allo studio delle meditazione cartesiane riconoscendo nel pensatore francese, a torto o a ragione, un antesignano della fenomenologia: infatti il maggior pensatore francese, Renato Cartesio, che con le sue Meditazioni ha dato nuovo impulso alla fenomenologia. Lo studio di questopera ha invero contribuito grandemente a trasformare la fenomenologia, ancora in fase di sviluppo, in una sorta di filosofia trascendentale. Pertanto si potrebbe dire quasi che la fenomenologia un neocartesianesimo sebbene, proprio in virt di uno sviluppo radicale dei motivi cartesiani, essa sia costretta a negare quasi tutto il contenuto dottrinale comunemente noto della filosofia cartesiana (E. Husserl, Meditazioni cartesiane [1950], Bompiani, Milano 1994, p. 37).

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Se la fenomenologia husserliana non riesce a considerare la realt nel suo costituirsi in relazione alluomo, senza per divenire suo semplice correlato, qual la fenomenologia di cui parla Nicol? Secondo il pensatore catalano, bisogna riportarsi al significato del termine phainmenon. Derivando dal verbo phainestai, che significa mostrarsi, apparire, essere manifesto, il fenomeno non pu che essere ci che si mostra, ci che alla luce: ci che appare con manifesta chiarezza.197 Il fatto che tale apparire non ci dia garanzia riguardo le caratteristiche di quel che appare non invalida il fatto della sua presenza: ci che viene visto qualcosa che qui.198 In realt, ci che pu essere messo in dubbio il che della cosa e non la sua reale presenza.199 Alla conoscenza scientifica spetta il compito di individuare questo che e definirlo sempre meglio. Dunque, sempre conosciamo la realt delle cose, ma non la loro verit: la scienza cerca la verit, ma non cerca la realt. Questultima le data, in quanto tale, nellapparenza. Lessere stesso non ignoto: semplicemente fenomeno, e di questo dato non possibile diffidare.200 Lapparire non mai mera apparenza: lessere non si cela dietro il fenomeno, non costituisce affatto un problema. Il pregiudizio filosofico che il fenomeno fosse solo una parte superficiale dellessere dipende dalla confusione tra realt e verit, e dal credere di poter risolvere il problema del senso dellessere. Laffermarsi di quePer quel che concerne linterpretazione nicoliana di Husserl cfr. E. Nicol, Ideas de vario linaje, cit., pp. 423-432; Id., Homenaje a Edmundo Husserl, in A. Zirin (comp.), Actualidad de Husserl, UNAM, Mxico 1989, pp. 21-36; A. Zirin, El sentido de la fenomenologa en Nicol, in J. Gonzlez L. Sagols (eds.), El ser y la expresin, cit., pp. 87-97; J. Gonzlez, La metafsica dialctica de Eduardo Nicol, UNAM, Mxico 1981, pp. 118-120; A. Zirin, Historia de la fenomenologa en Mxico, Red Utopa, Morelia 2003, pp. 243-261. 197. CRS, p. 156. 198. CRS, p. 157. 199. Si potrebbe obiettare che unallucinazione mi appare ma non reale. Bisogna stare attenti al fatto che quando Nicol parla di qualcosa che ci appare non intende mi appare. La considerazione della realt avviene sempre attraverso un atto espressivo che mi permette di conoscere in maniera corretta ci che appare. Lapparire di qualcosa solo a me creerebbe una situazione per la quale il reale non reale per gli altri. In questo caso mi sarebbe possibile, attraverso la comunicazione, comprendere il valore reale di ci che mi appare. Un caso simile pu essere osservato nel film A Beautiful Mind (pellicola del 2001, diretta da Ron Howard e dedicata alla vita del matematico John Forbes Nash Jr.). Lo stesso Nicol afferma: impossibile che lessere differisca dal suo apparire; possibile che differisca da ci che mi sembra appaia (CRS, p. 158). 200. CRS, p. 158; lessenza non separata dallapparenza. [] In qualsiasi modo anche lapparenza essere (E. Nicol, Ideas de vario linaje, cit., p. 272).

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sti due pregiudizi ha generato, secondo Nicol, il divorzio tra sapere razionale e sapere visivo. Infatti, nel momento in cui luomo ha iniziato a considerare lessere nel suo nascondersi dietro al fenomeno, linvisibilit divenuta lattributo ontologico per eccellenza, a scapito della visibilit. Questo rendere invisibile lessere presente anche nella fenomenologia husserliana e nel suo necessario sospendere latteggiamento naturale.201 Secondo Nicol, tale sospensione di fatto impossibile, in quanto ogni cogitatum rimanda allessere che lo costituisce, e tale essere si manifesta nellapparire stesso. Lepoch husserliana, dunque, sarebbe unillusione ottica, dato che non pu sospendere in nessun momento il riferimento allessere della realt: un controsenso porre una parte dellessere tra parentesi affinch emerga nitidamente la sua essenza. La ragione di questo controsenso si trova nella pregiudiziale svalutazione del fenomeno sulla quale si basa la fenomenologia [husserliana]. Lessenza non principio ma meta della scienza. Lessere viene prima; la questione dellessenza posteriore.202 Per questo motivo, Nicol pu affermare che lessere si d nel suo aspetto fenomenico che quello autentico: ontologia fenomenologia203 e questo possibile solo perch lessere alla vista.204 Lessere, dunque, fenomeno, e non trascende il piano fenomenico. La concezione heideggeriana dellessere come puro
201. Cfr. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, cit., 30-32. 202. CRS, p. 159. 203. Nicol riconosce che anche Heidegger, nel 7 di Essere e tempo, ammette che ontologia e fenomenologia si identificano, lontologia non possibile che come fenomenologia (M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 56), ma sottolinea che per il filosofo tedesco lessere dellente non si manifesta e rimane occulto (CRS, p. 160): le apparizioni sono apparizioni di qualcosa che non dato in quanto apparizione, di qualcosa che rinvia ad un altro ente. Lapparire ha il carattere del rimando e il rimando caratterizzato proprio dal fatto che ci a cui lapparizione rinvia non si mostra in se stesso, ma soltanto rappresenta, indica in maniera mediata, accenna indirettamente (M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo [1925], Il melangolo, Genova 1991, p. 103; cfr. anche M. Heidegger, Essere e tempo, cit., 7 C). Riguardo il senso che la fenomenologia assume nelle riflessioni di Heidegger e Nicol, rispetto al logos come momento dellevidenza assunta e comunicata, segnaliamo linteressante analisi svolta da Ricardo Horneffer, De la fenomen-logia al misterio: Heidegger y Nicol, Theora, 3 (1996), pp. 37-48 e Id., El fenmeno del misterio, o el misterio es fenmeno-logico, in in R. Horneffer (coord.), Eduardo Nicol (1907-2007). Homenaje, cit., pp. 335345. In questa, lautore mostra come nel pensiero nicoliano il limite dellumana possibilit di conoscere assuma il senso del mistero. 204. CRS, p. 160.

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trascendens205 deriva dal pregiudizio, ideato per risolvere il problema della temporalit, che lessere sia articolato in due gradi. Lautentica fenomenologia deve partire dallaffermazione che lessere non problema, ma dato.206 Il percepirlo non richiede nessun metodo particolare e per questo si pu affermare che lontologia si fonda in unevidenza che ontologica ed empirica, universale e primaria, assoluta e fenomenica; la metafisica si costituisce come scienza positiva nel senso pi rigoroso.207 Giunti a questo punto va sfatato un altro pregiudizio: quello riguardante il senso del termine assoluto. Secondo il significato che finora stato dato a tale termine, assoluto ci che esclude qualsiasi relazione in quanto ab-solutus. In realt, ci che incondizionato, lo proprio perch condiziona senza essere condizionato, di modo che, nonostante il suo significato letterale, lassoluto correlativo del relativo, e viceversa. Un assoluto senza la contingenza inconcepibile al pari di una relativit assoluta.208 Pensare lassoluto al di l di ogni relazione significa occultarlo, renderlo invisibile, mentre la sua assolutezza consiste nel permanere cos come nonostante il suo relazionarsi: lEssere assoluto perch non separato.209 Lerrore metodologico che ha costretto i filosofi ad intraprendere sentieri contorti al fine di costituire lontologia delloccultamento dellessere, consiste nellaver creduto, a causa della temporalit inerente allesistenza degli enti, che lessere come assoluto non si manifestasse sin dallinizio, che non fosse dato primario. Il nuovo discorso sul metodo elimina lessere come problema, riconoscendolo come evidenza primaria: la tesi dellimmediatezza dellassoluto non una verit, n pu essere definita tesi; non che il riconoscimento filosofico di unesperienza comune. Se esperienza che fa ogni uomo, non si richiede alcun metodo per giungere allassoluto; non c bisogno di giungervi: siamo nellassoluto. Lessere dato: questevidenza primaria e universale non verit, la condizione di qualsiasi verit, o errore. Les205. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 59. 206. CRS, p. 160. 207. CRS, p. 161. 208. Ibidem. 209. CRS, p. 162. La lettera maiuscola utilizzata da Nicol per indicare lEssere nella sua differenza dallente, che essere determinato. Nicol riconosce pienamente ad Heidegger lintroduzione del concetto di differenza ontologica necessaria alla possibile riverbalizzazione dellEssere.

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sere come dato, inteso nel senso che sempre si d come fenomeno, implica che il metodo stesso sia fenomenologico: la ragione infatti riconosce che deve discorrere sempre in maniera aderente allessere relativo, perch l dove risiede lassoluto; in nessun essere privilegiato, n nella somma di tutti gli esseri, ma nel fatto puro e semplice che c Essere.210 Si pu obiettare che nei procedimenti elaborati da Descartes e Husserl, la sospensione della realt del mondo esprimesse la necessit di non dar nulla per scontato. La validit di questa regola non toglie che non affatto sicuro che la ragione, una volta eliminati tutti i presupposti, resti nuda e solitaria; che debba ricavare da se stessa lassoluto indispensabile per legittimare le sue operazioni; che possa assumere questa sovranit [] che di diritto corrisponde allEssere. La ragione stabilisce le sue proprie leggi, non le sue condizioni. Ci che la rende quale , lEssere che non pu identificarsi con nulla, in quanto nulla gli estraneo; si relaziona con tutto (senza per questo essere relativo) perch dappertutto; non si confonde con nulla in quanto possiede attributi che non condivide con nessun essere determinato e per questo non ha contrario: le alternative le ha solo ci che determinato.211 Il metodo, dunque, non pu fondare la verit dellEssere, in quanto fondato dallEssere che lo precede e lo condiziona. LEssere in quanto assoluto deve essere pensato come comune e invariabile perch dato da sempre. Se il metodo non fonda lEssere, ma ne fondato, la scienza pu essere fondata secondo il metodo in quanto questo rispecchia lessere della ragione. Di qui consegue che lEssere come assoluto non riguarda solo la scienza ma anche la vita: la filosofia un metodo di vita e non solo un puro metodo della ragione. In tale affermazione possiamo re-incontrare la posizione assunta da Nicol nei confronti della saggezza intesa come conoscenza dei principi comuni ed evidenti come fondamento della stessa scienza: attraverso la via o il metodo della ragione, o la via mistica, o qualsiasi altra, luomo
210. CRS, p. 163. Interessante che alla stessa conclusione giunga anche lanalisi levinasiana nel momento in cui cerca la possibilit di sfuggire alloppressione angosciosa dellessere stesso: indicheremo questa consumazione impersonale, anonima, ma inestinguibile dellessere, che mormora al fondo del nulla stesso, con il termine di il y a. Nel suo rifiuto di assumere una forma personale, lil y a lessere in generale (E. Lvinas, Dallesistenza allesistente [1947], Marietti, Genova 1986, p. 50). 211. Ibidem.

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cerca alla sua maniera il suo principio e il suo fine, in una sicurezza che necessita e che non possiede.212 Essere della vita ed essere della conoscenza sono lo stesso Essere e per questo la ragione pu essere vitale senza per questo considerare lessere irrazionale. Loperazione di Nicol non quella di razionalizzare lessere secondo una determinata logica, ma di partire dallessere della ragione per individuare il limite di questa stessa e, dunque, le sue possibilit di conoscere lessere conoscendo-si. Tale conoscenza , per, possibile solo in base allunicit e comunit del fondamento: loggettivit del fondamento condizione della comunit intersoggettiva: senza comunicazione non v scienza. Le verit debbono essere condivise; condividere non significa [] essere daccordo: il fondamento condiviso in maniera automatica, quasi inconscia. Rispetto qualsiasi altro pensiero, il possibile disaccordo implica una base condivisa, costituita dallessere comunicato.213 Quella che anticamente veniva chiamata doxa, e considerata come una conoscenza di secondo livello, non altro che il primo grado della conoscenza che quello fondamentale, ovvero il sapere che la cosa , esiste: occorre riconoscere che lopinione e la scienza, la doxa e lepisteme non differiscono se non per quel tratto di arbitrariet. La scienza non che unopinione: unopinione oggettiva e ben fondata, ma non necessariamente apodittica, definitiva e completa.214 Nella conoscenza possibile distinguere una fase primaria costituita dallapparire, intuizione o apprensione215 immediata dellessere; una fase secondaria costituita dal ri-apparire, rappresentazione, mentale o verbale; una terza fase che quella in cui si considera il parere di chi guarda loggetto.216 In base a questa classificazione, che lo stesso Nicol definisce come una schematizzazione semplificatrice ma funzionale alla comprensione del problema, possibile mostrare come lidea che la conoscenza dipenda dal punto di vista, sia il frutto della confusione tra questi livelli del conoscere. Quando v disaccordo tra due soggetti che parlano di un og212. CRS, p. 165. La ricerca del vero a partire dalla com-unit dellessere costituisce una vita vissuta nella consapevolezza della propria insufficienza, e per Nicol nobile in quanto metodica. 213. CRS, p. 168. 214. ME2, p. 161. 215. Con "apprensione dell'essere", Nicol intende l'esperienza immediata dell'essere nella sua evidenza e con-divisione. Per questo tale esperienza sempre ed sempre comune. 216. Ibidem.

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getto, evidente che stanno parlando della stessa cosa intesa come presenza. Se cos non fosse, non riuscirebbero a comprendere nulla di ci che si dicono: la semplice presentazione dellessere non cerca adesioni; ottiene concordanza immancabilmente. La scienza, da parte sua, sebbene sia anche un parere su ci che appare, non cerca adepti per le sue verit. Si istituisce formalmente come un intento di ridurre a comunit legale la discordanza soggettiva delle opinioni, fondandole su principi logici e metodologici. Ma poggia sulle stesse evidenze comuni su cui poggiano le opinioni volgari.217 Questo implica che la scienza e la conoscenza pre-scientifica non differiscano in base alloggetto, ma solo nella maniera di rivolgersi ad esso, di guardarlo. Che via sia una conoscenza dellEssere pre-ontologica e che sia rivolta allo stesso Essere che oggetto dellontologia non affatto in dubbio. In base a questi differenti modi di guardare possibile considerare lEssere come fondamento della vita e della scienza: lessere di cui tratta la scienza metafisica questo stesso essere che ci circonda in tutte le situazioni vitali quotidiane.218 Il compito della scienza non , dunque, scoprire lessere, ma investigare ci che gi risulta evidente nello stadio pre-scientifico della conoscenza. Questo implica che lapoditticit sia qualcosa fondantesi nella com-unit, in quanto radicata nella comunicazione. La presentazione dellessere gli conferisce il suo carattere apodittico ed a partire da questo che possibile la costruzione della scienza: apodittico significa comunicabile219 e lontologia basata su una conoscenza che preontologico e allo stesso tempo apodittica.220 La scienza differisce dal conoscere pre-ontologico solo nella qualit dello sguardo che rivolge allo stesso oggetto ed per questo motivo, afferma Nicol, che si chiama teora, che significa precisamente visione; e il suo prodotto la altheia, che traduciamo con verit, e vuole significare uno stato di veglia.221 L'essere, nella sua apoditticit ovvero evi217. ME2, pp. 161-162. 218. ME2, p. 162.. 219. CRS, p. 168. La vera, primaria e autentica presentazione o apodeixis ha luogo, per qualsiasi uomo, prima di qualsiasi fondazione o regolazione scientifica del conoscere. La condizione di possibilit di una scienza in generale gi data nel conoscere pre-scientifico: lindubitabile apprensione immediata dellessere nellesperienza comune quotidiana (ME, p. 177). Lidea per la quale lapoditticit viene conferita solo dalla ragione si basa, secondo Nicol, sulla svalutazione del fenomeno a essere di secondo grado (cfr. CRS, p. 163). 220. ME2, p. 163 221. evidente, su questo punto, il distanziarsi di Nicol da Heidegger. Se per il filosofo

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denza e comunicabilit, gi dato nel suo mero apparire, e la semplice apprensione a prima vista lo identifica in maniera apodittica con pi sicurezza rispetto alla seconda vista che gli rivolgiamo, in maniera ampia e metodica, quando facciamo scienza.222 Per questo motivo, il discorso sul metodo,s autentico, non pu sospendere la realt, l'essere, in quanto esso un possesso sicuro prima ancora che si ponga la questione del fondamento della scienza.223 Non c' bisogno di cercare l'essere per stabilire una nuova maniera di esprimerlo: alla fine del dubbio metodico non dovremo trovare altro che quello che avevamo sin dallinizio: troveremo l'essere.224 La ragione non pu distaccarsi dalla realt nella quale si trova immersa, perch questa realt la costituisce come essere (condizione ontologica) ed allo stesso tempo la condizione di qualsivoglia pensare e conoscere (condizione epistemologica). La relazione tra l'essere dell'espressione, ovvero l'uomo, e la realt si attua nella situazione, che categoria esistenziale nella quale si manifesta la condizione ontologica dell'uomo: sono ragioni esistenziali, e non argomentative o metodologiche quelle che cimpediscono di sospendere una realt della quale partecipiamo quando la comunichiamo. [...] Sospendere la realt del non-io sospendere la realt dell'io.225 L'io senza il non-io, vale a dire al di fuori della situazione, pura finzione, illusione: proprio perch egli un soggetto di conoscenza, vediamo che la presenza dell'uomo, in quanto qualcosa che " l" [Dasein, Esser-ci], contiene in modo reale e vero cio che "non l". Vale a dire: lo contiene nel senso che implica tutto, e nel senso che si appropria di quella parte del tutto che entra in diretto contatto con la sua esistenza [intesa come Esser-ci].226 Lente che luomo conosce il dato dellestedesco a-ltheia indica un disvelamento che non in nostro potere ma riguarda lEssere (cfr. M. Heidegger, Segnavia, Adelphi, Milano 1994, p. 144), Nicol invece considera la questione dal punto di vista antropologico riportando laltheia al suo valore di stato di veglia contrapposto al let-argo che caratterizza il logos nella conoscenza pre-ontologica. 222. ME, p. 181. 223. ME2, p. 163. 224. Ibidem. 225. ME2, p. 165. 226. Ibidem. Il Dasein heideggeriano, dunque, non soddisfa l'dea dell'uomo elaborata da Nicol, in quanto non reca cons il senso della relazione che costituisce l'uomo stesso: l'uomo, pertanto, non Dasein, nel senso che il suo essere non delimitato e isolato da tutto il resto, individualizzato ontologicamente in maniera uniforme [...], [ma] l'ente il cui essere appare senza dubbio determinato (Da) in quanto indeterminazione cio libert, ovvero espressione (ME, p. 186).

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sere,227 e questo vuol dire che la fenomenologia conoscenza immediata dellEssere nellente.228 La scienza, dunque, diviene conoscenza dellente, in quanto successiva al riconoscimento del dato primario. Ci che deve essere mantenuto come punto di partenza il fatto che lEssere sia fenomeno, sia lEssere in quanto assoluto, sia lessere relativo dellente.229 Il pensare non che una forma dessere che ha per oggetto qualcosa che . Non si d nulla che sia al di l dellessere e dellEssere, in quanto non separati e manifestantesi nello stesso fenomeno. Questo permette a Nicol di affermare che non ha pi senso parlare di immanenza e trascendenza: se non c nulla oltre lEssere visibile, svanisce la linea divisoria, e tutto ci che c, semplicemente qui.230 LEssere nella sua assolutezza e infinitezza pre-supposto di qualsiasi teoria scientifica, nel senso che si d come implicito. qui e tutto il mondo poggia su di esso, lo riconosca o meno. LEssere non si scopre; nessuna scienza si occupa di ci che non .231 Dal punto di vista ontologico, non ha senso diffidare di ci che appare, perch l che avviene la manifestazione fondamentale dellEssere. Il compito del metodo, in quanto fenomenologico e quindi ontologico, quello di rivelare che il fondamento visibile, che parlare dellEssere parlare dellimmediato. In quanto dato nel senso che dato, e che un dato lessere non va verificato e la domanda che interroga circa il suo senso, perde qualsiasi

227. ME2, p. 175. Da adesso in poi si far riferimento solo a questa edizione della Metafsica de la expresin, non avendo riscontrato lassenza di passi fondamentali, e funzionali al nostro discorso, rispetto alla prima edizione del 1957. 228. CRS, p. 170. 229. la distinzione dellessere rispetto allente [] non implica separazione alcuna []. Lassoluto, dunque, nel relativo, lunit nella pluralit, la permanenza nel cambiamento. Ci che non cambia la presenza assoluta della realt cangiante. [] Secondo la metafisica di Nicol, lessere gi nellente, ma non come la dimensione invisibile e nascosta che bisogna scoprire e rendere manifesta al di l degli enti. Lessere levidenza stessa, im-mediata: laspetto visibile dellente, perch lente rivela non soltanto la sua entit particolare, finita e contingente, bens rivela anche che senza restrizioni e che si trova inserito in una realt totale, continua, piena ed eterna nella sua diversit e nel suo cambiamento (J. Gonzlez, La metafsica dialctica de Eduardo Nicol, cit., pp. 57-58). Come nota anche Manuel Gonzlez Garca, lEssere si trova nel concreto degli enti, giacch questo lunico punto dove lEssere pu essere visto e trovato. Gli enti non si identificano con lEssere, bens sono lEssere (M. Gonzlez Garca, El hombre y la historia en Eduardo Nicol, cit., p. 225). 230. CRS, p. 171. 231. CRS, p. 172.

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valore: il pensiero pu essere incerto nei suoi risultati, ma sicuro per quel che riguarda la sua base.232 Come gi abbiamo notato, per Nicol lEssere nella sua assolutezza non indeterminato. Non determinato alla stessa maniera degli enti, ma in quanto Essere assoluto ed essere dellente, esso eterno sebbene ci costi ammettere che leternit sia visibile nel senso che permanente. Tale permanenza, che si attua come permanenza del mutare, implica la sua ubiquit: se lEssere sempre, allora in qualsiasi luogo, ovunque si voglia guardare.233 Su questo punto Nicol pi che deciso: nessun dubbio metodico pu violare la certezza empirica di tali ubiquit e permanenza dellEssere, senza le quali nessun pensatore incorrerebbe nel controsenso di porsi la domanda su di esso. Qualsiasi domanda germoglia dal suolo della sicurezza pi fondamentale.234 Tale sicurezza immediata, cos come lapprensione dellEssere. Limmediatezza tratto distintivo del fenomenico, e lassoluto si d come fenomeno. Se cos non fosse, afferma Nicol, non potrebbe fungere da fondamento. Tale concezione dellassoluto, nella quale la nozione di trascendenza viene soppiantata da quella di permanenza, permette al metodo di divenire scientifico. Lassoluto permane, quindi necessario ed eterno. Limmediatezza e la fenomenicit dellEssere mostrano unaltra delle sue caratteristiche fondamentali: lEssere diafano.235 La tras-parenza di cui parla Nicol indica che lEssere impregna lap-parente. Lessere sempre nella propria luce. La presenza attuale, mai oscura, dellEssere fa s che esso venga pensato come infinito ma, da questo punto di vista, Nicol ravvisa che linfinito non fenomeno, a causa della sua impossibilit fisica e per definizione stessa per unesigenza razionale derivante dallo stesso pensiero dellEssere come assoluto. Se non fosse tale, dovremmo ammettere un altro fondamento. Resta, in ogni caso, il fatto che la sua infinitudine non si lascia cogliere come fenomeno poich il fenomenizzarsi dellessere sempre legato al suo manifestarsi nellente. Tale condizione mostra il limite della ragione che deve arre232. CRS, p. 173. 233. Ibidem. Leternit non implica limmutabilit delle sue articolazioni interne ma solo del suo manifestarsi come presenza fondante. Il permanere indica che dellessere non si possa dare storia dal punto di vista assoluto ma solo relativo alluomo. Lessere permane in quanto forma e fondamento dellente che cambia. 234. CRS, p. 174. 235. Ibidem.

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starsi di fronte allassoluto che si mostra come fenomeno, e da l partire per conoscerlo, nel suo articolarsi interno, nel suo manifestarsi nellente. In quanto infinito, lEssere intero non solo inimmaginabile, ma appare incomprensibile. letteralmente in-comprensibile, poich non possiamo comprimerlo affinch sia contenuto nella nostra mente. Per questo motivo, il compito della metafisica non , come si detto, comprendere lEssere. La pura presenza non necessita di spiegazione. Il senso dellEssere non esiste: lEssere non ha senso perch la condizione di qualsiasi senso, il che signifca che lEssere non ha ragion dessere. Nessuno potrebbe donargliela. Giunti a questo punto, per dirla con le stesse parole di Nicol, no fracasa la razn, sino triunfa.236 La ragione, radicata nellEssere, d ragione di ci che ente, in quanto lente ha la sua ragione in qualcosa che, fondandolo, non ne ha. LEssere manifesto perch manifestante, e la sua manifestazione universale perch si manifesta sempre in tutto e nulla si sottrae alla sua evidente presenza [] lesistenza non pu dispegarsi se non manifestando lEssere attraverso la parola: il logos illumina perch riflette la luce dellEssere [] questa stessa esistenza manifestante inglobata nellorbe dellEssere manifestato: una delle forme dellEssere consiste nel parlare di ci che .237 Conseguentemente alla diafanidad dellEssere, il metodo sar un cammino che parte dallEssere per tornarvi, attraverso lEssere stesso: un itinerario interno238: non c nessun cammino da intraprendere per partecipare dellEssere: basta essere, vedere e parlare.239 La scienza deve tenere conto della datit dellEssere, in quanto assoluto, che si manifesta innanzitutto in quellapprensione che la conoscenza pre-ontologica. In tal modo, si ristabilisce la continuit e lunit della conoscenza, e ha fine la tradizione che separ la conoscenza prescientifica dalla conoscenza scientifica. Questultima semplicemente prolunga la prima, introducendo in essa la correzione formale del metodo.240 LEssere di per s apofantico, e il suo essere rivelativo non richiede alcun metodo, ma si manifesta come esperienza comune: lo236. CRS, p. 176. 237. CRS, p. 178. 238. Ibidem. 239. CRS, p. 179. 240. ME2, p. 167.

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gos comune.241 Nel distinguere le fasi del conoscere, possiamo renderci conto che qualsiasi conoscenza un ri-conoscere, in quanto la prima conoscenza delloggetto verso il quale rivolgiamo il nostro sguardo avviene nel momento in cui lo ri-conosciamo. Lapprensione dellessere, corrispondente alla prima fase, nella quale si manifesta la presenza delloggetto, non ci d alcuna informazione su di esso. Nella seconda fase, quella della rappresentazione, v gi un principio del conoscere perch loggetto viene considerato lo stesso, il gi visto. Tale riconoscere come un dia-logo interiore attraverso il quale riconosciamo la mismidad delloggetto in relazione alla nostra stessa mismidad. La realt, come prima caratteristica conoscibile delloggetto, per legata alla con-divisione del suo ri-conoscimento, che avviene attraverso la parola. Da ci consegue che loggetto diviene reale solo in un contesto comunicativo, quindi dia-logico: comunicare non trasmettere il messaggio di un pensiero personale; fare presente allinterlocutore la cosa che si trova di fronte a me e che io ho appreso. Se linterlocutore mi capisce, ci conferma che la cosa presente allo stesso modo di fronte a lui, e che anchegli la apprende (anche se poi possiamo dissentire su di essa).242 Lintendere, pi che la capacit di intendere le cose , per Nicol, latto di intendersi con laltro mediante la parola. Quello che noi intendiamo e attraverso cui cerchiamo di farci intendere sono sempre espressioni: Diciamo che intendiamo le cose perch la parola non pu essere un veicolo dellintendimento se non designa delle realt.243 Abbiamo gi detto che nellapoditticit che implica la comunicazione che conosciamo gli enti in quanto presenti, prima ancora di conoscerli nella loro quidditas. Dunque lapoditticit si fonda sulla parola che , al pari dellEssere, apofantica, presenta o rende presente lessere.244 Questo possibile perch la parola si riferisce a ci di cui parla e ha una mismidad speculare a quella della cosa menzionata. Tale mismidad la chiamiamo
241. Cfr. anche M. L. Santos, Nicol y Heidegger, indicaciones sobre una divergencia fundamental in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., in particolare le pp. 121-127 nelle quali lautrice effettua una comparazione tra le teorie della verit desumibili dagli scritti di Heidegger e Nicol, mostrando la apofnasis dellessere come categoria che separa in maniera profonda la riflessione ontologica di Nicol da quella di Heidegger. 242. ME2, p. 169. 243. Ibidem. 244. ME2, p. 171.

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univocit: dellunivocit abbiamo esistenzialmente bisogno per lintendimento [entendimiento] nel dialogo; [] ed allora il principio logico dellunivocit quello che sembra richiedere, nelloggetto, una correlativa identit ontologica.245 Il termine corretto, per, non identit, ma mismidad perch nulla identico a se stesso. Ci nonostante, lente permane quello che , e mentre nelluomo la mismidad come abbiamo visto a proposito della situazione vitale costituisce il riconoscersi, per gli altri enti si costituisce come ri-conoscimento da parte delluomo nella sua funzione apodittica. Lente non identico. Esso lo stesso, ma cambia. In verit, non possiamo dire che cambi se non riconosciamo la sua stessit [mismidad], ragion per cui lunivocit il risultato di una relazione dialogica. [] Lunivocit come uno strumento esistenziale, prima di essere un requisito formale.246 Qualsiasi caratteristica dellente che vada oltre la mera apprensione dellEssere che non ne garantisce lapoditticit , si costituisce nellambito della comunit dia-logica: levidenza [apoditticit] dellessere non accessibile al soggetto solo []. Levidenza apodittica dellessere dialettica o dialogica. Lidentificazione dellente come realt esistente che, anche se mutevole, permane nel suo stesso essere, si realizza mediante la parola dialogale: questa gli riconosce il carattere, che la sola intuizione non potrebbe mai attribuirgli con sufficiente garanzia, di una realt comune. La scienza metafisica deve affermare, nel suo inizio, il doppio principio della comunit dellessere e della comunit del conoscere, e deve affermarlo non come postulato o assioma, bens come riconoscimento fenomenologico di una situazione di fatto. Perch un fatto, e non una teoria, che lessere si renda apoditticamente evidente nel riferimento duale degli interlocutori.247 Eppure, se la conoscenza si attua solo nel dia-logo, quindi nella comunicazione, essa chiaramente sempre in relazione alluomo. Luomo, attraverso lanalisi della sua esistenza e della sua ragione, stato riconosciuto come lessere storico, in quanto la sua determinazione formale lindeterminazione; lesistenza umana la forma di un essere capace di cambiare se stesso. Se luomo storico nel suo stesso essere, la sua conoscenza non potr non esserlo: lente nella luce dellessere, ma noi lo
245. Ibidem. 246. ME2, pp. 171-172. 247. ME, pp. 206-207.

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ri-conosciamo nel suo mutare, per cui ci appaiono nellombra il suo smettere-di-essere e il non-essere-ancora; per Nicol loscurit nella mente umana.248 LEssere di per s assoluto e onnipresente ma continuamente mutevole al suo interno: lEssere permanente una permanente riproduzione di se stesso che si manifesta in infinite maniere mutevoli visibili come enti, e questi a loro volta si manifestano nellEssere, semplicemente perch sono.249 Al di l delluomo, nessun ente ins ha storia, se non in relazione alla conoscenza che se ne pu avere. Luomo ri-conosce, negli enti e in se stesso, la storicit degli esseri e la ri-conosce a partire dalla conoscenza pre-ontologica dellEssere stesso. Il metodo, inteso nellorizzonte fenomenologico appena precisato, non potr misconoscere tale storicit: della realt storica in quanto tale non si pu dubitare metodicamente: la storia non loggetto possibile di una sospensione o epoch fenomenologica.250 Questo, perch la storicit appartiene al nostro modo di essere e quindi al nostro modo di ri-conoscere lEssere. Come sottolinea ripetutamente lo stesso Nicol, lessere stesso della ragione storico ed per questo che levidenza apodittica pu essere solo dia-lettica o dia-logica. 3.7. Metodo dialettico Il fatto che dialettico e dialogico siano stati posti sullo stesso piano, ci rende pi semplice la comprensione dellaccezione che il pensatore catalano d del termine dialettica. Come fenomenologia, anche questo termine evoca una serie di posizioni assunte nel corso della storia della filosofia: la dialettica platonica, neoplatonica, aristotelica, kantiana, fino a quella hegeliana, marxista ecc.251 Secondo Nicol, dalla necessaria connotazione fenomenologica del metodo, consegue necessa248. CRS, p. 175. 249. CRS, p. 176. 250. ME2, p. 166. Cfr. IH2, p. 39. 251. Cfr. la voce dialettica in N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, cit. Al di l delle differenti definizioni che ha assunto il termine nel corso della storia della filosofia, la sua origine da ricondursi allaltro termine dialogo (Ivi, p. 224). Per quanto riguarda le differenti accezioni assunte dal termine nella filosofia contemporanea cfr. V. Verra (a cura di), La dialettica nel pensiero contemporaneo, Il Mulino, Bologna 1976. Il volume si presenta come unantologia dei brani pi significativi riguardanti quegli autori che, a partire da Hegel, si sono dedicati allo studio o alla formulazione del pensiero dialettico.

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riamente il suo essere dialettico, perch la dialettica designa la funzione naturale della ragione umana.252 Dialettico dunque il funzionamento della ragione, in base al suo stesso essere.253 Nella Psicologa de las situaciones vitales, le tre estasi temporali, in base alle quali si costituisce la mismidad di ogni singolo uomo, si relazionavano in maniera dialettica, ovvero attraverso un continuo movimento che conduceva dalluna allaltra.254 Anche in questo caso si tratta di questa dialettica sebbene stavolta essa sia posta sul piano della conoscenza ontologica e non solo esistenziale , ma necessario approfondire lanalisi per comprendere meglio come si relazionano il carattere fenomenologico del metodo con il suo aspetto dialettico. Secondo Nicol, la dialettica non una tesi o una posizione filosofica, perch esiste un solo cammino autentico per giungere alla conoscenza: la dialettica [] il metodo universale del logos.255 Il logos, ovvero la ragione che anche parola quindi la conoscenza che si connota come ri-conoscimento e apoditticit , funziona in maniera dialettica. La dialettica, intesa come modalit operativa della ragione, fa parte del metodo in quanto dato fenomenologico. Il filosofare tout court, dunque, si d come dialettica, anche in quei sistemi che si dichiarano anti-dialettici: la rivoluzione fenomenologica della dialettica, pi che originalit dottrinale, sar come un recupero della natura della filosofia; consister fondamentalmente nel rivelare che la ragione naturaliter dialettica.256 La dialettica, afferma Nicol, si presenta come logos del logos, ontologia della ragione in quanto fenomeno, quindi forma dessere. Nel momento in cui il logos si rivolge allEssere e questo avviene in primis in maniera fenomenologica possiamo parlare di ontologia, ma nel rivolgersi al suo essere, in quanto fondato nellEssere, si riconosce come forma dessere storica che, quindi, funziona dialetticamente. Per comprendere la questione necessario, secondo Nicol, riferirsi al frammento B1 di Eraclito, nel quale il filosofo greco afferma che tutte le cose accadono secondo logos.257 Il logos di cui parla Eraclito , secondo Nicol, la
252. CRS, p. 155. 253. IH2, p. 49. 254. PSV, p. 114. 255. CRS, p. 180. 256. CRS, p. 183. 257. Di questo logos che sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; bench infatti tutte le cose accadano se-

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ratio immanente allEssere, da non confondersi con la ratio che si pu dare dellessere; infatti lo stesso Eraclito a mettere in luce tale differenza: ascoltando non me, ma il logos, saggio convenire che tutto uno.258 Laffermazione del pensatore di Efeso ha, per Nicol, un senso chiarissimo: il logos non pu significare altro che la ragione immanente alla realt.259 Che significa ascoltare questo logos? Dobbiamo prendere letteralmente questa parola e pensare che la ragione abbia una voce alla quale possibile tendere lorecchio? La parola udire o ascoltare, nel testo, non significa altro che prestare attenzione. [] Cos come oggi utilizziamo il verbo vedere some sinonimo di intendere.260 Dire logos dellessere, dunque, significa affermare che tutto e succede secondo una ratio [], che il tutto un ordine, un kosmos.261 Luomo, gi nellapprensione primaria dellessere, percepisce il fatto di trovarsi immerso in un sistema di relazioni che costituisce un ordine e ha una ragione che lo regola. Sia ben chiaro che per ratio non intendiamo una ragione personale, ma una struttura evidente a partire dalla quale ci possibile individuare il come del manifestarsi e del dispiegarsi storico del reale: con kosmos intendiamo infatti lEssere. Il conoscere scientifico, dunque, oltre ad essere ontologico, sar anche cosmo-logico, non perch in esso si esaurisca la conoscenza dellEssere nella sua totalit, bens perch un tale sapere in quanto logos, rivelativo della struttura del kosmos, ovvero dellessere: pensare pensare lordine.262 Luomo non pensa senza pensare lEssere, il quale sin dallinizio gli si manifesta come ordine avente un suo logos. Da ci consegue, secondo Nicol, che pensare secondo questordine significa pensare secondo logos, ovvero logicamente. La logica, anche quella formale, fondata nel logos immanente allEssere. Questo non significa che lEssere abbia senso di per s, ma che il pensare che sempre pensare il kosmos , pensandolo, ri-conosca lEssere come suo fondamento, conoscendo-si come
condo questo logos, essi assomigliano a persone inesperte (Eraclito, B1, in H. Diels W. Kranz (a cura di), I Presocratici, cit., p. 194). Cfr. la nota 345 del presente lavoro. 258. Eraclito, B 50, in H. Diels W. Kranz (a cura di), I Presocratici, cit. 259. E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., p. 497. 260. Ivi, pp. 499-500. 261. CRS, p. 185. 262. Ibidem. Lordine la trama di relazioni che costituisce il reale e che ri-conosciuta in maniera diretta dal pensiero, il quale sta sempre in situazione, quindi in relazione. Il logos pensa sempre lordine perch inserito nel kosmos ed esiste, come pensiero e parola, a partire da esso.

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forma dessere. Poich lEssere innerva la forma dessere della ragione, questultima pu concepirlo come razionale. Pensare lEssere pensare lordine, ovvero la relazione al di fuori della quale non esiste alcun ente. Il con-venire di logos e ontos prestabilito e la realt razionale, perch il suo ordine evidenza primaria.263 Si presti bene attenzione al fatto che la razionalit del reale non dipende da una coincidenza tra logos, ragione e parola, ed Essere, ma da un loro con-venire. Che questo sia prestabilito, dovuto al fatto che il logos una forma dessere e, in quanto tale, deve obbligatoriamente con-venire con lEssere che lo fonda. Pensare lordine, infatti, pensare lEssere nel suo manifestarsi come ente ma non imporre un ordine al reale. Tale pensare sempre sottoposto alla conotazione fenomenologica del metodo nicoliano. Lessere fenomenologico del metodo ci che lo rende dialettico ma, essendo la dialettica metodo universale del logos, significa che essa non attributo dellEssere, bens dellente. La fenomenicit dellEssere nella sua assolutezza costituisce il terminus a quo e il terminus ad quem, del nostro conoscere e, nel caso dellesistenza in genere, anche della nostra vita. Abbiamo gi osservato come Nicol concepisca il darsi fenomenico dellEssere. per vero che lo stesso assoluto si mostra nella sua mutevolezza interna, in quanto sempre permane, nella sua totalit, come assoluto intrascendibile. Il mutare interno dellEssere, costituente il suo carattere storico, si manifesta attraverso lessere dellente, la sua mismidad. La dialettica, dunque, fenomenologica in quanto richiesta dalla relazione con lente, nella quale si mostra la stessa mismidad. Se il conoscere non fosse dialettico, non potremmo conoscere le cose nel loro permanere, nonostante il loro continuo mutare. Il conoscere, per, per essere apodittico deve essere logos con-diviso, quindi la connotazione dia-lettica della ragione riconduce al dia-logo necessario alla fondazione apodittica della scienza. Nel conoscere la mismidad di una cosa, per, il dia-logo non si instaura solo tra gli interlocutori, ma come relazione nella mismidad stessa. Infatti, come nella soggettivit, la mismidad si connota attraverso la dialettica assunta dalle tre estasi temporali, cos nellente conosciuto, la dialettica temporale si manifesta attraverso il coniugarsi di affermazione e negazione. Dal fatto che omnis determinatio est negatio risulta che la determinazione , allo stesso tempo, positiva e
263. CRS, pp. 185-186.

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negativa, ma questo significa che la negazione ontologicamente positiva.264 Secondo Nicol, ogni negare qualcosa dellente un rimando al suo manifestarsi come quellente particolare, quindi al suo essere. Per questo, la negazione non ha come fondo il nulla ma sempre lEssere. A nostro parere, la questione non si pu risolvere in maniera cos semplice. Il fatto che lEssere, inteso cone fondamento, sia assoluto, quindi non ammetta opposto, di per s impedisce il pensare la negazione come nulla. Permane, per, il problema di comprendere cosa sia questa negazione. Anche il solo uso del negare come discrimine per determinare la differenza tra due enti, mostra una realt differenziale. In questa, sebbene sia determinato lessere delle cose che differiscono, esse vengono riconosciute in base ad una mancanza reciproca. Lente dunque lessere-mancante. Se gli oggetti lo sono in relazione alla nostra conoscenza, luomo lo naturaliter nel suo stesso concepirsi come indeterminato.265 Il mutare delluomo dovrebbe porre la questione di un mancare permanente e mutevole che lo sospinge nella sua esistenza. Se, per, luomo mosso da questo quid, la negazione assume un valore ontologicamente positivo che allo stesso tempo non fornisce alcuna determinazione e si manifesta come non. Per quanto comprensibile, tale questione si presenta come problematica. Rimandiamo per un momento la questione dellessere delluomo e torniamo alla definizione di dialettica. La negazione ontologicamente positiva, come abbiamo gi osservato, perch, quando si nega qualcosa di qualcosa, ci si sta riferendo ad un ente che : ci che negato delimita lessere che limitato: segna la relazione di alterit rispetto un altro essere, o un altro stato del suo essere stesso [da qui la mismidad]. La compatibilit tra il si e il no reali appare nella loro effettiva correlativit.266 Lente, nel suo darsi fenomenico, si mostra, semplicemente , ma il conoscerlo quindi ri-conoscerlo non avviene se non attraverso la considerazione di ci che e ci che non . In tal caso, essere e non essere non sono assoluti ma correlativi e rinviano allessere dellente. La dialettica, come funzionamento della
264. CRS, p. 190. 265. La non-forma come forma delluomo il tema che Nicol affronta nel testo La agona de Proteo: La forma una costante dellessere, ma luomo un essere incostante: la sua una forma che si trasforma. lessere proteiforme (Herder, Mxico 2004, p. 9). 266. CRS, pp. 190-191.

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ragione, non si propone di risolvere questa opposizione ma la accoglie nella sua indubitabile presenza e continuo relazionarsi secondo modalit differenti [il cambiamento]: entrambi i termini sono dialettici perch sono funzionalmente complementari quando si riferiscono allessere dellente e al suo mutare.267 Lunit metodologica di fenomenologia e dialettica viene confermata dalla conoscenza, che tale in quanto apodittica, dunque, comunicata: gli uomini parlano dialetticamente, e su questo si basa il metodo della ragione. La filosofia obbligata a riconoscere che luomo eccezionale, nel mondo degli esseri, non tanto per la sua facolt di pensare, ma di pensare in modo dialettico.268 Dialettico , dunque, il pensiero, perch coglie lopposizione che si d nellente in forma di limitazione, e la riesce a cogliere nel tempo. Nicol ricorda che tale dialettica fu ri-conosciuta per la prima volta da Platone, quando nel Sofista lo straniero afferma: il dividere per generi e non ritenere diversa una forma che identica, n identica una forma che diversa, non diremo che proprio della scienza dialettica?269 Connotare la scienza come dialettica indica che essa si attua solo in dia-logo e che riguarda le diverse forme dessere, riconoscendo gli opposti.270 Tale dialettica conoscenza dellente in quanto mismidad sempre in relazione con ci che altro da s. La conoscenza si d in dialogo, riconoscendo come ontologicamente positivo il dia interposto tra i termini dialettici che costituiscono la mismidad dellente. Cos, il logos dialettico nel suo essere dialogo e nel suo essere storico: tale dialetticit si esprime pienamente nel dia-logo, dove la preposizione dia, che significa attraverso di, indica gi [] una separazione e allo stesso tempo una congiunzione.271 Luomo dialettico a causa del logos, ovvero della ragione e della parola, che non sono mai separate. Inoltre, poich latto dia-logico sempre fenomenico, la dialettica, intesa come ontologia del logos, non che conseguenza ineludibile della fenomenologia.272
267. CRS, p. 191. 268. CRS, p. 192. 269. Platone, Sofista, 253D, in Id., Tutti gli scritti, cit. Riguardo la questione del superamento delleleatismo nella formulazione della dialettica platonica cfr. P. Di Giovanni (a cura di), Platone e la dialettica, Laterza, Roma-Bari 1995. 270. Ivi, 253C. 271. CRS, p. 192. 272. CRS, p. 194.

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Se Platone il primo che, secondo Nicol, codifica la dialettica come scienza, pur vero che essa, in quanto essere della ragione, esiste da sempre ed il primo a riconoscerla in questo modo stato il gi citato Eraclito. Nel frammento B 8, il filosofo di Efeso afferma che dagli opposti nasce armonia e nel B 51, riferendosi al kosmos, dice che gli uomini non comprendono come, pur discordando in se stesso, concorde: armonia contrastante.273 Come gi detto, Nicol considera tali affermazioni in riferimento al logos attraverso il quale conosciamo la realt, che quindi fenomenologicamente mi si mostra in maniera dialettica. Il logos radicato nellEssere, per cui il darsi del reale in maniera dialettica lunica maniera che si ha di conoscerlo e rapportarvicisi. Le affermazioni di Eraclito, non vanno intese nel senso che lEssere si oppone al non-Essere, perch questultimo non si d alla nostra esperienza. Di per s non concepibile ed ogni non-essere rinvia allessere dellente. Secondo Nicol, Platone si rende conto di questo e si oppone al pensiero parmenideo, ma non riesce a sottrarsi definitivamente alleleatismo, lasciando la questione aperta. Ben altro il pensatore che ristabilisce il senso della dialettica come unico possibile filosofare: Hegel. Anchegli fa riferimento ad Eraclito274 ma, secondo il pensatore catalano, fraintende le affermazioni lette nei frammenti ed eleva lopposizione al livello dellEssere. Questo fa s che anchegli rimanga vittima di quelleleatismo che non pu pensare essere e cambiamento allinterno dello stesso Essere.275 Nel pensiero hegeliano, il divenire concepito come negazione continua delle determinazioni, in cui ogni Finito consiste nel rimuovere se stesso.276 Da questo punto di vista, anche Heidegger sottolinea la differenza esistente tra le affermazioni di Eraclito e linterpretazione hegeliana dei suoi frammenti: la peculiarit della dialettica di giocare uno contro laltro i due termini di una relazione, con lintento di provocare un capovolgimento della situazione precedentemente determinata sul piano dei suoi concetti. Per Hegel, ad esempio, il giorno la tesi, la notte lantitesi, e ci costituisce il trampolino per una sintesi di
273. Eraclito, B51, in H. Diels W. Kranz (a cura di), I Presocratici, cit., p. 208. 274. non v proposizione dEraclito che non abbia accolto nella mia Logica (G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia [1837], La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 307). 275. CRS, p. 182. 276. G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Rusconi, Milano 1996, p. 229. Riguardo tale questione rimandiamo di nuovo a G. Cantillo, Le forme dellumano. Studi su Hegel, cit.

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giorno e notte, nel senso in cui il contrasto di essere e niente viene appianato dalla comparsa del divenire che nasce dialetticamente dal loro scontro. In Eraclito accade piuttosto la cosa inversa. Invece di collegare metodicamente i contrari, giocando luno contro laltro i due termini di una relazione, egli chiama il diaphenmenon come synphenmenon, Dio? Giorno-Notte, questo il senso della physis.277 Secondo Nicol, quella hegeliana non logica degli opposti, dalla quale nasce larmonia, bens la logica della contraddizione. Bisogna ricordare che pensare logicamente significa pensare secondo lordine. Il problema, dunque, sorge dal fatto che in Hegel si darebbe ancora il prevalere della ragione sullEssere, il che rende la sua logica inaccettabile. Il logos dialettico non affatto contraddittorio, nella realt non esiste contraddizione.278 La dialettica riguarda gli enti in quanto manifestazione dellEssere, ma non lEssere nella sua assolutezza.279 Se per la tradizione parmenidea il tempo irrazionale perch il non-essere ha valore negativo, per Hegel razionale per lo stesso motivo. Per Platone invece la razionalit del tempo si basa sulla positivit del non essere280 ed in ci che, secondo Nicol, si fonda lautentica dialettica: secondo Parmenide, lEssere e la realt non esiste; secondo Hegel, la realt esistente non lEssere,281 e per questo lEssere non esiste.282 Nellente non si d contraddizione, ma opposizione, e la co-esistenza garanzia della com277. M. Heidegger, Seminari, Adelphi, Milano 1992, pp. 28-29. 278. CRS, p. 186. 279. CRS, p. 210. Il divenire non esiste. Esistono solo esseri che divengono: cose che, alterandosi, non perdono il proprio essere. Il cambiamento si predica di ci che continua ad essere. [] Ci che cambia perdura. La durata si predica simultaneamente dellessere e del cambiamento (CRS, pp. 216-217). Con ci, Nicol non vuole affermare che lEssere sia immutabile, o meglio, vuole indicare che lo in quanto Essere, ma che non lo nel suo stesso articolarsi in ente. Il cambiamento, che unica realt permanente riconosciuta dal logos che a sua volta storico , si manifesta nella mismidad dellente. Il divenire, dunque, inteso come divenire dellEssere, che necessariamente implicherebbe un passaggio attraverso la sua negazione, non esiste. Il cambiamento pu avere senso solo quando si parla di ente. Quello che esistenzialmente era lunica realt visibile (il mutare), ontologicamente una determinazione sostanziale, ma non assoluta, dellessere. 280. Per noi, dunque, anche lente non , per tante volte quanti sono gli altri generi. Esso, infatti, non essendo quelli, in s uno, ma daltro canto, non quegli altri, che sono infiniti di numero (Platone, Sofista, 257B, in Id., Tutti gli scritti, cit.; cfr. anche Sofista 240B e 241B). 281. nel momento dialettico in generale che risiede la vera elevazione, non esteriore, al di sopra del Finito (G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, cit., p. 229). 282. CRS, p. 211.

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patibilit: questo significa che la negazione logica non fondata nella negazione ontologica.283 Il fatto che non-essere ed essere, nellente, siano correlativi, mostra come essi appartengano allEssere inteso come ordine. Questo , secondo Nicol, il senso del frammento B 53 di Eraclito: Plemos padre di tutte le cose, di tutte re;284 la realt un processo incessante, lEssere permane mentre tutto cambia, e la permanenza assicura il logos di ci che cambia. La dialettica hegeliana non conoscenza della realt cos come si mostra. Infatti lidentificazione, operata da Hegel, tra principio ed Essere non corretta,285 in quanto lEssere non principio, ma fondamento: dallEssere non si inizia, ci si gi da sempre.286 Fenomenologia e dialettica sono le connotazioni essenziali del metodo, ma questo significa che finora la filosofia non stata mai dialettica e fenomenologica in maniera completa, ossia le due cose congiun283. CRS, p. 213. Secondo Nicol, lessere parmenideo, per affermarsi deve necessariamente considerare il cambiamento quindi la realt nel suo essere autentico unillusione. Al contrario, Hegel considerando lessere alternantesi alla sua completa rimozione, non riesce a cogliere lEssere nel suo manifestarsi come fondamento assoluto. 284. Eraclito, B53, in H. Diels W. Kranz (a cura di), I Presocratici, cit., p. 208. 285. Cfr. G. W. F. Hegel, Scienza della logica [1812-1816], Laterza, Roma-Bari, 2004, libro I. Come afferma J. Gonzlez, quello che metafisicamente decisivo tenere presente che, per Hegel, lautentico inizio e fondamento, e la chiave logica e ontologica che esplica la razionalit del divenire, questo Prinzip della Logica, ossia la contraddizione dei due assoluti: lEssere puro e il Nulla puro (J. Gonzlez, La metafsica dialctica de Eduardo Nicol, cit., p. 81). Cfr. anche IH2, p. 51. 286. E. Nicol, Los principios de la ciencia, cit., p. 365. Lo stesso Kojve, nella sua profonda interpretazione del pensiero hegeliano, pur considerando dialetticamente strutturato solo lessere che si rivela nel discorso o nella parola, costretto ad ammettere che la totalit dellessere si d nello Spirito. Eppure, ravvisa che la dialettica hegeliana riguarda solo il discorso e il pensiero umano, e non la realt che in s non avrebbe nulla di dialettico. Inoltre, considera lEntgegensetzung hegeliana come opposizione e non contraddizione, avente specificatamente valore positivo. La soppressione-dialettica (Aufheben) consisterebbe, dunque, non nella negazione assoluta del finito ma nella modalit in cui si mostra il divenire storico. In tal modo Hegel vorrebbe mostrare che il mondo si connota come mondo naturale e mondo storico (A. Kojve, Introduzione allo studio di Hegel, Adelphi, Milano 1996, pp. 557-655). Se cos fosse, la critica nicoliana costituirebbe un enorme fraintendimento del pensiero hegeliano. Non questo il luogo in cui verificare la validit della posizione di Kojve o di Nicol; quello che, per, si pu dire che quando Hegel, nella sua Enciclopedia parla di Essere, pensa alla possibilit della sua rimozione totale (cfr. G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, cit., 84), mentre quando si riferisce allo Spirito assoluto, lo descrive come Realit, ovvero esistenza (Ivi, p. 553). Lasciando aperta la questione, a nostro parere quello di Kojve un tentativo, alquanto problematico, di interpretare la dialettica di Hegel, al di fuori della sua stessa fenomenologia (A. Kojve, Introduzione allo studio di Hegel, cit., p. 558).

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tamente.287 Il metodo, dunque, definito. Va, per, considerato il fatto che, fenomenologicamente, luomo e le altre cose si presentano come enti la cui forma dessere differisce sostanzialmente.288 Luomo non cosa, o se lo , non lo per apprensione immediata. Ci accingiamo ad occuparci di tale questione, che meta e conclusione del nostro percorso. 3.8. Luomo soggetto dellespressione Per conoscere lente scientificamente necessario muoversi oltre la primaria apprensione dellEssere che in esso si manifesta, e iniziare a ri-conoscere la sua quidditas, ovvero le determinazioni che lo rendono tale. Prima di questo stadio di conoscenza, lunico nostro sapere riguarda lEssere e quindi la sua presenza attuale nellente anche se questa seconda dimensione gi ci solleva al livello del logos comune. Per quanto riguarda luomo, invece, non sono nascoste neanche la funzione centrale e il primo dei tratti che costituiscono quella struttura. La sua presenza fenomenica non copre il suo essere autentico: non dobbiamo oltrepassare la sua apparenza per liberare lessere o s-coprire [des-cubrir] lessenza289 condizione che in parte era stata notata gi quando si parlato della relazione io-prossimo nellambito della situazione vitale. Luomo, secondo Nicol, lunico ente nei confronti del quale facciamo esperienza sia di unesistenza immediata, come accade per qualsiasi altro ente, sia di un rivelarsi, attraverso questa mera presenza, di un forma dessere ben precisa: luomo porta le categorie del suo essere a fior di pelle.290 Nelluomo, lapprensione e lidentificazione distintiva si danno congiuntamente e simultaneamente: riconosciamo laltro uomo immediatamente come altro (ente, quindi esistente) e come uomo. La singolarit ontologica delluomo non sta, come sostiene Hei287. CRS, p. 155. 288. Il logos differenzia luomo dagli altri enti. la capacit di conoscere, inteso come con-dividere il logos, che permette alluomo di mostrar-si come essere caratterizzato dal logos: lessere della ragione si riferisce alla ragione stessa e, dunque, alluomo, come essere della ragione. necessario dire, dunque, che luomo lunico essere autenticamente dialettico; la ragione un suo attributo definitorio (CRS, p. 216). 289. ME2, p. 175. 290. Ibidem. Cfr. anche E. Nicol, La agona de Proteo, cit., p. 15.

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degger,291 nel fatto che pu interrogar-si riguardo lEssere, cosa che secondo Nicol determinata anche dalla specifica situazione vitale nella quale si immersi, ma nel fenomeno della sua presenza che reca, impressa ins, la sua specifica forma ontologica. Ci permette che tale forma possa essere log-icamente percepita senza il bisogno di unulteriore analisi fenomenologico-dialettica. Questo accade perch ci che luomo rivela, con la sua stessa presenza, la stessa rivelazione: la presenza umana rivelazione espressa.292 La presenza altrui non rivela solo la presenza ma anche lespressivit ad essa strutturalmente connessa, che rende immediata la prossimit, la quale fa dellaltro uomo il prossimo, rispetto agli altri enti. Poich lessere delluomo si rivela come espressione,293 il metodo fenomenologico-dialettico che permette di conoscere lessere delle cose in relazione allEssere, quindi come manifestazioni di questultimo, deve assumere unaltra caratteristica, dovr essere ermeneutico: il metodo fenomenologico deve essere ermeneutico, quando applicato allessere dellespressione, perch ermeneutica, in modo spontaneo, gi la disposizione con cui ci confrontiamo gli uni con gli altri nella vita comune.294 La connotazione ermeneutica del metodo, come quella fenomenologica e quella dialettica, non deriva da unimpostazione assunta arbitrariamente rispetto alla presunta estraneit del reale. Lermeneutica condizione della comunicazione, e questultima condizione del conoscere una realt che si d solo attraverso la con-divisione. Come afferma Gadamer, si tratta di un rapporto circolare fra il tutto e le parti: il significato anticipato da un tutto, si comprende attraverso le parti; ma le parti svolgono la loro funzione chiarificatrice solo alla luce del tutto.295 Il metodo diviene ermeneutico quando si tratta delluomo ma realmente possibile trattare dellente in generale senza trattare del logos, quindi delluomo?296 Il metodo, dunque, assume unaltra connotazione
291. Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, cit., 4; Id., Kant e il problema della metafisica, cit., 39 e ss.; Id., I problemi fondamentali della fenomenologia, cit., 5. 292. ME2, p. 175. 293. necessario segnalare come alcuni dei tratti che caratterizzavano luomo ne La psicologa de las situaciones vitales dal punto di vista esistenziale, si manifestino ora come caratteri ontologici (la mismidad per la conoscenza, lespressione come essere delluomo), evidenziando il tratto distintivo antropologico della metafisica nicoliana. 294. ME2, p. 176. 295. H. G. Gadamer, Il problema della coscienza storica [1963], Guida, Napoli 1988, p. 62. 296. Non va dimenticato che, come afferma Paul Ricoeur altro grande esponente, in-

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ma lassume, in maniera definitiva, nel momento in cui ci si rende conto della differenza tra la forma dessere dellente uomo e dellente nonuomo. Non bisogna dimenticare che anche lanimale si mostra come essere espressivo ma il suo esprimere non comunicativo dal punto di vista di un logos comune. La realt dellanimale strutturata in base alla sua vita singola e non secondo una comunicazione costituente la veracit del reale stesso.297 La presenza umana mostra, di per s, il senso dellessere delluomo: luomo lessere del senso298 ed per questo che non pu mai ritrovarsi nella mancanza di senso. La creazione del senso della vita corrisponde alla stessa vita umana nel suo attuarsi; di qui la vocazione alla vita che caratterizza lumana esistenza. La prossimit nella quale cogliamo laltro uomo si manifesta proprio come la necessit di interpretare il suo essere fin dallapprensione di esso: del non-umano sappiamo solo che altro, non che laltro. Il senso, per, si manifesta solo allente il cui essere senso: discernere lessere dotato di senso proprio dellessere dotato di senso.299 Il modo di dar-si, di qualsiasi cosa, forma parte integrante di ci che si d; ma mentre per gli uomini il dar-si completo comunicar-si, per le cose il dar-si si manifesta come lessere [esse] diverse dallessere dotato di senso.300 Per questo non si pu dire letteralmente che esse si danno ma solo che sono qui, presenti; viceversa, luomo l nel modo peculiare del darsi: la sua presenza una consegna.301 Luomo non trova il suo senso nel riconoscimento, ma senso, ri-conoscimento: il dato umano latto di
sieme a Gadamer, della svolta ermeneutica della filosofia novecentesca (cfr. F. Bianco, Introduzione allermeneutica, Laterza, Roma-Bari 2005) ogni interrogativo circa un qualsiasi ente un interrogativo circa il senso di questo ente e questo obbliga la fenomenologia a concepire il proprio metodo come una Auslegung, una esegesi, una esplicitazione, una interpretazione (P. Ricoeur, Dal testo allazione [1986], Jaca Book, Milano 1994, pp. 52-59). Nello stesso testo, Ricoeur definisce il suo metodo fenomenologia ermeneutica. Il fatto che egli non prenda in considerazione la dimensione dialettica del metodo dipende, a nostro parere, dal suo arrestarsi di fronte allontologia, evitando di porsi in maniera diretta dinanzi alla questione dellEssere, e preferendo quella che lui stesso definisce come via lunga, fatta di confronti con le manifestazioni dellessere nella storicit dellesistenza (cfr. P. Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni [1969], Jaca Book, Milano 1995). 297. Secondo Nicol, lanimale espressivo solo in relazione alluomo, in quanto non manifesta la sua libert nellespressivit, non stabilisce una com-unit della verit, non realizza il suo essere nel dia-logo e per questo non simbolico (cfr. ME2, p. 212). 298. ME2, p. 176. 299. Ibidem. 300. Ibidem. 301. Ibidem.

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darsi: unespressione la cui forma pi elevata quella del darsi ad intendere.302 Lespressione lessere delluomo inteso come attualizzar-si. Luomo non al di fuori dellespressione, ed cos perch in lui tutto espressione, tutto senso, anche la mancanza di senso. Poich luomo espressione il suo essere si d solo in situazione. Questa la ragione per la quale Nicol pu affermare che linterlocutore una necessit metafisica. La presenza delluomo gi come espressione, sua forma dessere, mostra che la nostra conoscenza dellumano, al contrario di quella del non-umano, si basa sullignoranza della sua specificit: sappiamo delluomo (non della sua specie, bens della forma di essere comune) perch non sappiamo di ogni uomo (del suo modo di essere individuale e attuale).303 Per conoscere cosa sia una pietra dobbiamo giungere al riconoscimento e poi al primo stadio della fase scientifica, mentre luomo lo conosciamo in quanto espressione diretta: la forma dessere non d adito a dubbi, ma il modo di essere quello dellambiguit. Ambiguit qui indica che la conoscenza delluomo reca con s la certezza del riconoscimento e, allo stesso tempo, la possibilit dellimprevisto: la pietra sar sempre ri-conosciuta come pietra; luomo conosciuto immediatamente come uomo, poi nella sua individualit potra variare in infiniti modi. Questo, dunque, il differenziarsi delluomo rispetto allessere senza senso, che mostra come lindagine ontologica debba partire dalluomo in quanto ente che esiste parlando dellessere. Si pu obiettare che lindagine dovrebbe partire dallessere ma significherebbe non aver compreso la questione dellEssere come stata elaborata dallo stesso Nicol. NellEssere gi da sempre siamo; unindagine ontologica, ovvero scientifica, non pu porsi come problema ci che dato. Questo implica che dellEssere, inteso come fondamento assoluto, non si da onto-logia, perch solo a partire dalla sua datit che pu svilupparsi lontologia stessa. Nemmeno dellessere delluomo in quanto espressione si d ontologia, intesa come dare ragione, se non come lettura descrittiva del suo essere dialettico ed ermeneutico. Come si gi osservato, il metodo non dialettico ed ermeneutico per scelta ma in quanto conforme alla

302. ME2, p. 177. 303. ME2, p. 178.

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realt delluomo.304 Volgendoci alla realt dellumano, dunque, comprendiamo che lespressione non solo ci che delluomo ci appare altrimenti avrebbe valore categoriale solo nellambito di una psicologia situazionale , ma il suo tratto costitutivo che precede, fonda e nel quale si connettono tutti gli altri. Per questo luomo non pu essere compreso se studiato al di fuori di una situazione: essere espressione significa essere complementare. In quanto espressione, luomo simbolico perch la comunicazione non si d come nesso tra due soggetti ontologicamente sufficienti o estranei. Nella comunicazione luomo gode dellessere dellaltro interlocutore e viceversa; entrambi con-dividono lessere, non solo come conoscenza: Darsi ad intendere affermare se stesso; dare ad intendere affermare lessere posseduto nellatto di es-porlo di fronte allaltro.305 Se il reale pu giungere a verit solo nella conoscenza che con-divisione dellevidenza, per Nicol possibile parlare di primato ontologico delluomo.306 La singolarit delluomo non sta nella sua capacit di porre la domanda circa lessere, ma nella sua stessa forma dessere. Specificando ulteriormente, Nicol afferma che la sua peculiarit sta proprio nel suo essere creazione di senso, quindi nella sua capacit di rispondere; non, dunque, di rispondere alle domande che egli stesso possa formulare, mbens di mantenere con la sua presenza attiva una sorta di responsabilit esistenziale, consistente nel rendere presente lessere mediante la parola.307 Se non ci fosse luomo, lessere non esisterebbe nella modalit della presenza: senza luomo, lessere non completo, per quanto effimera sia lesistenza dellumanit nelluniverso.308 Luomo presenza espressiva e il rendere presente che lo costituisce il differenziale rispetto alla mera presenza, che lapprensione dellEssere: Vi pi essere da quando si pu parlare dellessere.309 Riguardo questaffermazione, occorre precisare che quando Nicol parla di pi essere non intende un incremento quantitativo dato che lessere come primum cognitum tutto lessere che c, bens intende larticolarsi della storicit dellessere nei termini dialettici della comunicazione costituiti dalla differenzia304. IH2, p. 24. 305. ME2, p. 179. 306. ME2, p. 185. 307. Ibidem. 308. Ibidem. 309. Ibidem.

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zione e dallappropriazione che ha luogo tra enti ontologicamente affini e perci complementari.310 In questo senso, luomo lessere che deve produrre pi essere. Questo destino si compie, da quando c il verbo, inesorabilmente. nello stesso tempo destino e vocazione, perch non facoltativo: la vocazione umana.311 Come afferma Nicol, la riforma del metodo era la condizione necessaria per costituire, a partire dalla base stabile dellesperienza, unautentica scienza delluomo.312 Per questo, il nostro lavoro non pu dirsi completo se, una volta mostrata la differenza, interna allo stesso Essere, tra le due forme dessere in cui si articola lente uomo e lente non-uomo non analizziamo la struttura delluomo, ponendo lattenzione, come richiede la connotazione ermeneutica del metodo, su colui che (si) esprime, e sullo strutturarsi dellespressione stessa come manifestazione del suo essere. Non vi pu essere alcun dubbio circa colui che esprime: luomo lessere che esprime.313 Questa affermazione vera ma, secondo Nicol, va chiarita in relazione al chi che esprime e alla sua forma dessere. Innanzitutto, dire che luomo lessere che esprime non significa concepire lespressione come una delle caratteristiche dellumano: luomo espressione, ragion per cui lespressivit la categoria con cui comrpendiamo uno dei due ordini dellessere, e cos lo distinguiamo dallaltro.314 Inoltre, lespressione si d come fenomeno, attraverso il quale colui che esprime si individualizza e distingue ma mai si separa dagli altri individui. Qualsiasi uomo implicato nellespressione come atto in cui si esprime ed esprime qualcosa: la presenza di un uomo testimone della piena presenza di ci che umano.315 Qualsiasi modalit dellesistenza si esprime e, in base a ci, pu essere conosciuta: questo significa che lespressione si rivela non solo come unica fonte di informazione, dal punto di vista fenomenologico, che ci permette di effettuare unermeneutica dellesistenza, ma anche come la funzione
310. M. L. Mollo, Nuovi sentieri dellontologia fenomenologica in Eduardo Nicol, cit., p. 103. 311. ME2, p. 186. Ecco che la vocazione alla vita, di cui abbiamo precedentamente parlato, si configura come vocazione ontologica, in quanto articolazione, mediante la parola, dellessere a partire dallEssere che fondamento della stesa vita umana la quale sempre log-ica . 312. IH2, p. 14. 313. ME2, p. 189. 314. Ibidem. 315. Ibidem.

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esistenziale primaria, dalla quale tutte le altre dipendono per la loro effettivit, e mediante la quale acquisiscono il loro senso proprio.316 Ecco perch lunica maniera di definire lindefinibilit delluomo indicarlo come lessere dellespressione: ecco luomo.317 La certezza con la quale possiamo assumere questa definizione deriva dal suo carattere immediato, ovvero da unidentificazione che si realizza in maniera intuitiva e dia-logica. Rispetto a qualsiasi altra definizione che richiederebbe inizialmente lesplicazione dei termini che vengono utilizzati, concepire luomo come lessere dellespressione significa definirlo in base al suo stesso manifestarsi quale . Se lo definissimo come colui che dotato di qualcosa, dovremmo prima definire questo qualcosa per poi comprendere lessere delluomo. Lespressione, al contrario, lessere delluomo che non si d, n viene colto, al di fuori del suo esprimere. In realt, potremmo obiettare che anche il termine espressione dovrebbe essere chiarificato prima di parlare delluomo. A tale obiezione Nicol risponderebbe che lespressione non un carattere distintivo, bens lessere delluomo. Luomo in quanto tale non che espressione; vedere luomo vedere lespressione nel suo essere, e nel suo essere uomo. Alquanto destabilizzante come affermazione, quella di Nicol vuole mostrare come lessere delluomo non sia ipostatizzabile in quanto sempre esposto allimprevisto. La mismidad delluomo differisce da quella delle cose che sempre ri-conosciuta comunemente. Quella delluomo conosciuta immediatamente (nellapprensione diretta) ma, proprio per questo, sempre modificantesi: lessere delluomo attualit nel modo distintivo della storicit.318 Per questo motivo, lanalisi dellessere delluomo inteso come espressione, come gi ha mostrato quella della sua esistenza, deve dispiegarsi come teoria della verit e della storia. Perch questo sia possibile necessario affrontare una questione basilare, ovvero quella dellinter-comunicazione. A tale questione sottesa una domanda: se luomo lessere dellespressione, come deve essere, come deve essere costituito un ente che esprime sempre e in cui tutto espressivo?319 Secondo Nicol, la domanda contiene in s la risposta: ci che luomo e tutto quello che fa si
316. ME2, p. 191. 317. ME2, p. 193. 318. IH2, p. 39. 319. ME2, p. 198.

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spiega e di-spiega, diremmo noi attraverso lespressione; non necessario andare alla ricerca di alcun carattere nascosto perch il senso gi evidente nellatto stesso di esprimere: luomo lessere del senso. Questo il dato primario da cui partire, e non la meta di un itinerario interpretativo. Il nostro giungervi ora deriva dallintenzione di averne una conoscenza ontologica e questa si delinea come ri-conoscimento. Non ha senso andare oltre questo dato fondamentale: non lo ha perch non troveremmo nessun altro carattere esplicativo, e perch oltre lessere del senso non v pi alcun senso infatti lEssere non ha senso, ne solo la conditio sine qua non. Riconoscendo lespressione come essere delluomo viene meno la necessit di porre il problema della comunicazione: levidenza del tu come interlocutore immediata (necessaria) e apodittica (con-divisa da qualsiasi uomo). Siamo da sempre in una relazione dia-logica che precede qualsiasi conoscenza di tipo scientifico o selettivo: la relazione dialogica non selettiva; essa piuttosto assunta senza previa analisi ed essa stessa espressiva di un ente costituito in quanto essere dellespressione. La compresenza di per se stessa una comunit ontologica: lio e il tu, posti luno di fronte allaltro, possono comportarsi solo dialogicamente.320 Lespressione essere delluomo e non dellente non-uomo, ragione per cui luomo lunico ente che realmente si presenta: gli altri enti sono presenti, mentre luomo si presenta a se stesso e fa presente, nellesprimer-si, altri enti, il cui essere di forma differente rispetto alla comunit dia-logica. Il tu non un ente qualsiasi, laltro, ossia laltro io.321 Tale apprensione diretta possibile perch siamo capaci di avvertire, anche se non lo diciamo, che [per quanto riguarda luomo] la presenza che si d trascende la sua entit individuale: che latto espressivo riesce a comunicare ci che non di per s comunicante.322 Di questo abbiamo evidenza, ragion per cui la comunicazione non costituisce problema, ma dato originario. Come nato, allora, tale falso problema? Perch luomo ha messo in dubbio la possibilit reale di comunicare intersoggettivamente? Secondo Nicol, il problema nasce a partire da Descartes, nel momento in cui il filosofo francese distingue tra res cogitans e res extensa, e costituisce la

320. ME2, p. 200. 321. Ibidem. 322. ME2, p. 201.

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prima come luogo dellio.323 Da quel momento la teoria cartesiana stata assunta come paradigma.324 Nellinterpretazione che Descartes d del corpo inteso come macchina,325 la relazione inter-soggettiva immediata risulta impossibile. Infatti, se lio posto solo in quella parte delluomo che non corporea, luomo potr raggiungere laltro uomo solo dopo aver attraversato la doppia barriera corporea che si interpone tra i due io spirituali. Tale attraversamento non spaziale, ma indica che dal punto di vista fenomenologico il toccar-si in senso letterale ma anche metaforico ha un evidente connotazione corporea. Comunicare, in questo caso umanamente impossibile, e infatti Descartes non affronta il reale problema della comunicazione se non attraverso quello, mai risolto realmente, della sintonia tra le due res.326 Tale impossibilit di cominicare dovuta alla dissociazione, avvenuta nel pensiero cartesiano, dellespressione dallessere delluomo: la ragione non viene pensata come espressiva. Eppure, Leibniz, pur accettando, con le rispettive differenze, le conclusioni del ragionamento cartesiano, si rende conto della necessit di ristabilire la relazione dia-logica e non trova altro sistema, dato che luomo autentico ingabbiato in un corpo al quale ripugna lespressione, che quello di ipotizzare unarmonia prestabilita che governi le monadi che siamo.327 Leibniz, secondo Nicol, comprende che la relazione unica garanzia della verit della conoscenza. Allo stesso tempo, per, formulando lidea delluomo come monade, senza finestre, chiusa in s, sebbene rispecchiasse in questo s tutto luniverso, dovette cedere al fatto che il corpo concepito alla maniera cartesiana si manifestava come ci che isola. Descartes, secondo il pensatore catalano, dimentica che quando si parla delluomo, non si
323. Ecco: il pensiero ; esso solo non pu essermi strappato. Io sono, io esisto: certo. [] Ma che cosa, dunque, io sono? Una cosa pensante (R. Descartes, Meditazioni sulla filosofia prima [1639-1640], Mursia, Milano 1994, pp. 61-62). 324. Su questo punto crediamo sia giusto segnalare un mancato confrontarsi, da parte di Nicol, con la questione gnoseologica cos come affrontata in Vico, per il quale, il corpo non pu essere considerato alla stregua di una mera macchina, cos come in Descartes (cfr. B. de Giovanni, Corpo e Ragione in Spinoza e Vico, in AA.VV., Divenire della ragione moderna. Cartesio, Spinoza, Vico, Liguori, Napoli 1981, pp. 93-165; G. Modica, Umanesimo e corporeit in Giambattista Vico, in G. Santinello (a cura di), Giambattista Vico. Poesia, Logica, Religione, Morcelliana, Brescia 1986, pp. 352-366) 325. Cfr. R. Descartes, Discorso sul metodo, cit., parte V. 326. Cfr. a tal proposito S. Nicolosi, La psicologia cartesiana tra dualismo ed unit sostanziale, Aquinas, 1-2 (1983), pp. 35-52. 327. G. W. Leibniz, Monadologia [1714], Laterza, Roma-Bari 1991, pag. 106 ( 56).

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parla di semplice corpo ma di corpo umano. Ora, tale corpo, viene pensato come unito allanima in base al fatto che, alla morte di qualcuno, possiamo continuare a vedere il corpo, senza che questo sia vivo, ovvero vivificato da quel principio che possiamo chiamare spirito o anima. Lunione di anima e corpo , in questo caso, un mistero. Il mistero per non fa parte della scienza che si attiene al dato fenomenologico per poi conoscerlo nella sua mismidad. La scienza ontologica, dunque, deve partire dal dato della espressivit del corpo, che mistero anchesso, e quindi dato originario non scomponibile: il corpo solo pi che unastrazione, leggittima in biologia, funesta in ontologia.328 In realt, la stessa definizione di corpo umano d adito allidea che esista qualcosa di umano che non sia corporeo, di un elemento costitutivo delluomo irriducibile al corpo, ma luomo intero la forma di essere irriducibile al corpo.329 Tale espressione deve essere intesa in maniera corretta: quando diciamo corpo umano non vogliamo effettuare una distinzione tra ci che c di umano e ci che non lo , nellambito del nostro essere; vogliamo, invece, indicare una differenza radicale tra il corpo umano e gli altri corpi. Il corpo umano lo abbiamo in maniera esclusiva e vitale, e per questo ci esprime. Questo avere non un possesso aggiunto ma strutturale. In realt, il verbo avere non riesce a trasmettere bene il senso di questa incarnazione: si tratta di ununit. La scienza medica pu considerarlo corpo a partire da un punto di vista parziale che non ontologico ma funzionale allintento dei risultati che si vogliono ottenere. Tantomeno si pu pensare che la biologia riveli la vera natura del corpo a partire dal fatto che il processo linguistico ed espressivo in genere sia qualcosa legato totalmente ai processi organici. Il fatto che luomo viva del superfluo e che distingua in base a questo la vita, che si costituisce includendo tale superfluo quale pu essere larte, gli hobby, il tempo libero e la filosofia stessa , dalla sopravvivenza, mostra che lespressione creativa e simbolica: a nessuna funzione organica pu essere attribuita la capacit di produrre sistemi simbolici che si evolvono storicamente, senza una corrispoettiva evoluzione somatica. Solamente la filosofia, grazie alla sua letterale imparzialit, pu dare completamente ragione dellunit umana.330 E di
328. IH2, p. 38. 329. ME2, p. 203. 330. ME2, p. 205.

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unit si parla, perch quando abbiamo un uomo di fronte lo percepiamo come uomo, non come corpo. Per questo non possibile definirci corpo, ma nemmeno corpo umano, in quanto tale nozione reca gi, in s, la considerazione di qualcosa che non espressivo, ovvero il corpo: il corpo cessa di essere mero corpo quando espressivo. Ma allora non un mero trasmettitore. Il corpo non un mezzo di comunicazione al servizio di un comunicante occulto. [] luomo rivela lintegrit del suo essere con la sua sola presenza. [] Il concetto di corpo umano non neanche un concetto scientifico che possa essere impiegato in metafisica.331 Dobbiamo attenerci al dato: quando incontriamo un uomo, vediamo un uomo e non un corpo: luomo tangibile; il concetto di corpo non primario. Questo significa che bisogna cercare altre categorie per esprimere tale realt, che la situazione vitale, nel suo strutturarsi come relazione costitutiva della mismidad, riesce a comprendere ed esplicare in maniera pi chiara e aderente alla realt.332 Luomo, come espressione, sempre situabile a partire dal suo stesso essere, per cui sempre in relazione. La comunicazione, quindi, si d come dato originario a partire dal quale possibile conoscere lessere che comunica, ovvero luomo. Lespressione, come gi mostrato dal punto di vista esistenziale nella Psicologa de las situaciones vitales, permette di comprendere luomo sempre situato in relazione. Allo stesso tempo, per, carattere differenziale in quanto distingue ogni uomo dal non-umano e dallaltro-uomo. Esprimendo-si luomo si rende differente da ogni altro uomo: lespressione distintiva perch lumanit non un genere.333 Linsieme ontologico e logico, che include tutti gli individui avente stesso genere, impone luguaglianza e non ammette differenziazioni nellattuazione della propria forma dessere. Nelluomo, invece, la forma dessere determina la singolarit della sua attuazione. La comunit ontologica che riguarda luomo si mostra nella storia: nella scienza delluomo, il concetto logico di genere viene sostituito da quello ontologico e storico di comunit.334 Essere differenti, pur avendo la stessa forma dessere, significa essere liberi: lespressione la forma ontologica della libert: ogni libert libert di espressione. Libert
331. ME2, p. 206. 332. PSV, capitolo V. 333. ME2, p. 208. 334. IH2, p. 78.

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non elargita dal prossimo come un diritto, bens conquistata, di fatto, da ognuno, in quel processo di formazione del proprio essere che la relazione comunicativa con il prossimo.335 Lespressione , in quanto relazione, principio di individuazione. Questa, per, pu avvenire solo attraverso la relazione che, di per s, forma la com-unit: individualit e comunit non sono separatamente definite. Di fatto, non sono definite. Ci che costante soltanto la loro correlazione necessaria; la loro realt attuale storica.336 La verit, che si manifesta nella relazione, sempre dia-logica. Nel suo essere tale si impone come fedelt, non alle cose, ma allaltro. Tale vincolo costituisce la comunit umana. Sia chiaro che non c un previo accordo riguardo il dire la verit. La dimensione della verit ontologica. Con questo non si vuole affermare lesistenza di una verit eterna in s ma la possibilit di una verit che permanga in base alla relazione che la fonda. Per questo motivo, storicamente, vi sono delle concezioni che variano e altre che permangono.337 Questo non significa che nessuna conoscenza sia autentica o che nessuna scelta abbia senso: il senso proprio delluomo perch luomo lessere del senso. Luomo vive creando senso e stabilendo, in maniera primaria, la verit dellessere nel dia-logo: la verit ha, dunque, questa doppia faccia di sottomissione accettata e di libert compiuta nellespressione. La verit delluomo e per luomo.338 In base a ci, la tradizione si struttura come un dia-logo, nel quale la produzione culturale testimonia lopera dellautore e delluomo in genere: luomo, come creatore di senso, non soltanto aggiunge il mondo simbolico della sua espressione al mondo naturale indifferente, bens riesce anche a trasformare la natura stessa, e a proiettare il senso persino in ci che costitutivamente ne privo. Da una parte, fa uso di oggetti naturali come mezzi o utensili di espressione, come simboli dei simboli; ma, inoltre, trasforma nella sua mente la rappresentazione della natura stessa, ed capace di contemplare esteticamente come paesaggio ci che il contadino apprezza utilitaristicamente, ci

335. ME2, p. 209. 336. Ibidem. 337. Su tale condizione si basa il modificarsi della cultura e dellidea delluomo nella storia, che abbiamo osservato, come questione, nellultimo paragrafo del capitolo precedente. 338. ME2, p. 210.

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che il geologo analizza scientificamente.339 Nel suo essere fedelt allaltro uomo, la verit manifesta il suo carattere etico: questa fedelt alle cose ha un senso etico perch, a rigore, piuttosto che un atteggiamento di fronte alle cose, essa una posizione di buona fede di fronte agli altri, rispetto ad esse.340 La verit si manifesta come possibilit di relazione con laltro uomo; relazione nella quale compiamo lintenzionalit comunicativa costituente la conoscenza stessa. Verit vuol dire comunit in un doppio senso: concordano coloro che dialogano, e cos affermano con la parola la loro forma di essere comune. Nello stesso tempo, entrambi i partecipanti concordano con lessere comunicato. Per Nicol, si pu parlare di vera e propria comunione, perch si tratta di una partecipazione attiva: non il semplice fatto di stare nellessere, bens un atto che gli aggiunge qualcosa che prima non era dato.341 Tale comunione non vanificata dallerrore che, comunque, deriva dal riconoscimento della stessa realt. Secondo Nicol, solo linganno, inteso come sospensione dellordine della verit, quindi della com-unit, pu distruggere la comunione tra uomini e, con essa, la stessa idea di umanit. Letica di cui intessuta la verit, in quanto dia-logica, precede ogni precetto morale che da essa pu derivare, ed ogni possibile conoscere scientifico: la verit costitutivo dellessere che esiste nella forma della comunit dialogica [] espressione (e in questo enunciato si legano lespressivit e leticit delluomo).342 Il carattere etico inerente alla verit stessa, che la forma primaria di responsabilit: parlare rispondere. Non soltanto rispondere a ci che laltro abbia detto, rispondendo a una domanda, bens rispondere di ci che detto nellatto di presenza verbale.343 Esistere fare atto di presenza: parlare farsi nel modo della responsabilit verbale.344 Lespres339. ME2, p. 211. 340. ME2, p. 215. 341. ME2, p. 216. 342. ME2, p. 217. 343. No slo responder a lo que el otro haya dicho, contestando a una pregunta, sino responder de lo dicho en el acto de presencia verbal. In questaffermazione, Nicol gioca sullutilizzo di due verbi differenti aventi accezione simile: responder e contestar. Quando rispondo alla domanda io contesto allinterlocutore, ma nello stesso tempo respondo a ci che ha detto e di ci che si dice. Il verbo responder mostra chiaramente la stessa radice del termine responsabilidad. Quindi rispondere, nel senso di dire la propria, implica sempre un rispondere di una relazione. 344. ME2, p. 218.

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sione, infatti, non riflette lessere della cosa riproducendola in altro modo ma la converte in ci che non per qualsiasi altro essere vivente: loggetto. Lente pu essere oggetto solo nella forma di realt comunicabile. Da tale con-versione che il con-vergere dei soggetti riguardo la realt che comunicano deriva la responsabilit di rispondere dellessere di fronte allaltro: la verit, pertanto, una risposta che implica una doppia esposizione [exposicin] o responsabilit: con essa la cosa es-posta oppure oggettivata, e lespositore si impegna o si espone, in senso etico-esistenziale. Esistere [ex-sistere] esporsi [exporsi].345 La dinamicit dellesistenza non si immobilizza nella presenza o nel giudizio, in quanto questi sempre sono esposizione del s. Il comunicare reca impresso in s il marchio etico della responsabilit. Luomo espressione e, per questo, responsabile: ora decisivo comprendere che la verit una forma di essere, piuttosto che un semplice risultato del conoscere. [] La scienza rafforza questordine, ma non lo istituisce.346 La responsabilit della verit determina le scelte delluomo, e per rispondere di tale responsabilit luomo deve sempre scegliere. Gi sappiamo che proprio la scelt ci che caratterizza la libert. Da qui, Nicol inferisce che verit libert.347 Nella libert dellessere dellespressione, creatore del senso ed instauratore della verit, si dissolve il fantasma del solipsismo filosofico348 e viene meno la veemenza
345. Ibidem. 346. ME2, p. 219. Lethos si trova alla base dellepisteme (J. Gonzlez, tica y metafsica en la filosofa de Eduardo Nicol, in J. Gonzlez L. Sagols (eds.), El ser y la expresin, p. 174). 347. ME2, p. 222. 348. proprio la questione del solipsismo filosofico a segnare la separazione tra la fenomenologia husserliana e quella nicoliana. Per Nicol, luomo nel suo pensare sempre in dia-logo, quindi in com-unit. Questo significa che non possibile individuare una dimensione pre-sociale delluomo, laddove in Husserl questa presente (cfr. G. Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit., p. 269-270). Lesistenza di tale dimensione risulta essere diretta conseguenza di una concezione del reale in cui latto di ri-conoscimento dellaltro uomo sempre mediato: io posso esperire me stesso direttamente, ma per principio non posso esperire la forma inter-soggettiva della mia realt: perch a questo scopo mi occorrono i medi delle entropatie (E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica II [1928], Einaudi, Torino 1965, p. 595). Questa condizione, per Nicol, letale per il pensiero filosofico (E. Nicol, Homenaje a Husserl, in A. Zirin (comp.), Actualidad de Husserl, cit., p. 24). Ci sembra alquanto problematico il tentativo compiuto da Antonio Zirin di difendere la rilfessione husserliana dallaccusa di solipsismo che le rivolge Nicol. In primis perch parte dal chiedersi come mai due fenomenologi, che dovrebbero entrambi andare alle cose stesse, possano non concordare sul punto di partenza del filosofare; e poi perch Zirin, pur affermando di non voler eludere le differenze esistenti tra i due pensatori, afferma che la quinta meditazione cartesiana di Husserl e la Metafsica de la expresin hanno,

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dellargomentazione scettica. La verit dia-logo, a partire dallapprensione diretta fino alla scienza nelle sue ramificazioni specifiche; dialogo comunit, e comunit responsabilit: la verit coincide con la pace: la scienza diede origine, nella vita, ad una espressa vocazione di pace.349 Per quanto paradossale possa sembrare, tale pace non il risultato ma la conditio sine qua non di ogni accordo e della stessa guerra. La guerra, infatti, pu nascere solo sulla base di una comunicazione, che successivamente viene sospesa. Tale sospensione distrugge la comunit fondata sulla verit, quindi sul dia-logo.350 La verit, come categoria ontologica, dia-logica, indicando che lessere si fa logico nelluomo.351 Dovrebbe ormai essere chiaro che non si intende parlare di logica formale ma dellordine dellessere nel quale radicato il logos, come ragione e parola. La verit risiede nel logos, inteso come dia-logos. Data, per, la storicit della ragione e della parola, anche la verit sar connotata dalla stessa storicit: la storicit della verit la storicit della comunicazione: lessere comunicabile soltanto storicamente.352 La parola ha senso se questo senso comune, di qui la questione di un sensus communis che non mero buon senso ma senso vero, con-diviso, che precede e fonda la conoscenza scientifica.353
in realt, lo stesso intento, ovvero di giustificare il fatto della comunicazione e lesperienza dellaltro-io. Zirin riscontra tale similarit nel fatto che in entrambe le esposizioni lessere in Husserl, la realt percepito attraverso il logos (A. Zirin, El sentido de la fenomenologa en Nicol, pp. 93-96). Riguardo la divergenza iniziale tra i due pensatori, essa si fonda nella questione dellepoch, rifiutata da Nicol, e considerata necessaria da Husserl. Da ci, comprendiamo che le cose stesse non sono le stesse cose per entrambi. Riguardo il secondo punto, non siamo daccordo sul fatto che Nicol voglia giustificare il fatto della comunicazione. In realt il pensatore catalano lo assume come principio, mentre in Husserl richiede una giustificazione fenomenologica proprio perch non si d in principio (cfr. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p. 30 e p. 114). Per Nicol non si d la possibilit dellego senza quella del tu con il quale gi interloquisco: io non esisto con altri; io esisto negli altri (E. Nicol, Ideas de vario linaje, cit., pp. 291-292). Scrive bene Mara Luis Santos: nella relazione conoscitiva non bisogna porre laccento n sulloggetto n sul soggetto, ma sulla comunit (M. L. Santos, Realidad, evidencia y misterio: la dimensin dialgica en el sistema de Eduardo Nicol, cit., p. 37). 349. ME2, p. 222. 350. Nicol non strumentalizza il dialogo ma lo intende come la forma primaria di responsabilit etica (L. Sagols, Ethos y logos, in J. Gonzlez L. Sagols (eds.), El ser y la expresin, cit., p. 135). 351. ME2, p. 225. 352. ME2, p. 233. 353. Cfr. il primo capitolo del presente lavoro (nello specifico il paragrafo 1.3). Il senso comune un con-sentito. Per questo con-sentire, implica il sentire alla stessa maniera (cfr.

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Tale senso reso possibile dalla conformit ontologica che lega lessere delloggetto allessere della parola, in quella che loperazione simbolica. In tale operazione si definisce lunivocit, che un con-vergere dei soggetti riguardo il senso dellessere di un ente in particolare. La verit comunicazione: ci intendiamo, dunque c verit.354 La verit nella parola, nel logos, ma il logos nellEssere, per cui essere. La verit primaria precede qualsiasi altra verit, in quanto radicata nellEssere come condizione di ogni altra verit la verit dellapofanticit dellEssere e dellespressivit dellessere che luomo . Luomo, dunque, esprime sempre, ma cosa esprime? Il possibile contenuto dellespressione talmente vario che la risposta a tale domanda pu sembrare fuori dalla nostra portata. Luomo esprime sempre un contenuto, e questo ha delle connotoazioni precise: in qualunque espressione, luomo esprime il suo essere uomo.355 Il suo primato ontologico e lambiguit che caratterizza la conoscenza della sua forma dessere ci permettono di affermare che luomo esprime sempre la sua presenza reale come essere dellespressione. Tale espressione fondamento di tutte le altre, sulle quali si costituiscono anche le scienze. La forma dessere comune a qualsiasi uomo la prima cosa che luomo esprime e che non richiede intepretazione, in quanto si d nellapprensione diretta. Il concetto di essere espressivo non equiparabile a quello di idea delluomo, analizzato nel capitolo precedente: le idee che luomo ha di se stesso sono esse stesse espressioni delluomo, e per questo sono storiche. Lessere espressivo, invece, pi che idea una vivencia: funziona esistenzialmente prima che possa essere tradotta in teoria o concetto logico, dato che proviene da una diretta intuizione di ci che esprime ogni ente chiamato uomo: il suo stesso essere umano356 la sua mismidad, potremmo aggiungere . Luomo storico, e cos lidea che ha di s. Queste due cose hanno in comune la storicit del loro essere. Quello che, per, non muta che luomo si presenta sempre come lessere dellespressione e basta la presenza di un uomo affinch ognuno di noi, senza previa riflessione o decisione, cominci a rispondere a quella forma di presenza. La presenza una corrispondenza. lesistenME2, p. 236). 354. ME2, p. 238. 355. ME2, p. 243. 356. ME2, p. 244.

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za, non la teoria, a provare leffettivit della nostra primaria intuizione di questo essere.357 Le idee delluomo variano, ma non lessere delluomo: le idee delluomo non si soopraggiungono alle situazioni vitali; lespressione cambia la situazione, e nell passare storicamente da una situazione allaltra, niente se non lespressione stessa consente di distinguere il cambiamento. Lespressione lessere in atto. Le espressioni umane non sono come la cronaca, pi o meno affidabile, di ci che accade nellessere, bens esse sono proprio questo stesso accadere []; cio, non si vive e poi si racconta il vissuto: vivere esprimere.358 Tale vivere si attua nel tempo, ragion per cui si fonda esistenzialmente sulla memoria. Secondo Nicol, per, v anche una forma di memoria ontologica: lessere ha memoria ontologica. La parola memoria designa qui in senso figurato lessere accumulato nel processo temporale dellesistenza.359 Chiaramente, lessere delluomo non ha una reale memoria, che categoria riguardante lesistenza e non lontologia. Per questo, Nicol parla di memoria figurativa, in quanto fenomenologicamente si registra il costituirsi dellespressione come continuum che tiene conto del passato e, in base a questo, si apre al futuro. La vivencia, di cui sopra, potrebbe essere definita come un vissuto vivente, in quanto luomo esprime il suo essere in maniera completa perch nel suo presente compreso il suo passato come qualcosa di ancora attuale. Questo, per, non un ricordare soggettivo: il ricordo non altro che lattualit cosciente e selettiva di qualcosa che pu restare ugualemente dimenticato. Lessere non dimentica.360 Possiamo dimenticare qualcosa, o rimuoverlo, ma la nostra esistenza lo porta impresso nella stessa situazione vitale in cui ci troviamo attualmente. Il fatto che tale ricordo ontologico sia sempre e solo riferibile allespressione, quindi al dia-logo che ci costituisce, indica che ci che comune, nel suo stesso essere [delluomo], la forma di essere comune. Lespressione, esprimendo lessere delluomo, lo esprime come com-unit: per esprimere la comunit dellessere basta la semplice presenza di un singolo uomo. [] Cos la specie diventa comunit.361 Luomo reca in s lesigenza dellaltro, come unica possi357. ME2, pp. 244-245. 358. ME2, p. 245. 359. Ibidem. 360. Ibidem. 361. ME2, p. 246.

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bilit di realizzazione e attuazione della propria soggettivit (a livello esistenziale) e del proprio essere (come ri-conoscimento ontologico): in senso radicale, la libert la propriet dellesistenza, e questa nasce dalla co-esistenza.362 Luomo esprime, in tal modo si esprime, esprimendo la sua storicit come costituzione dia-lettica dellessere. Esprimendo-si, luomo esprime la forma comune dessere, che appare sempre attualizzata in un modo singolare di esistere. La singolarit dellindividuo non deve, per questo, essere considerata ineffabile. Se cos fosse, non sarebbe comunicabile, invece proprio ci che viene comunicato con la sola presenza. Che la forma comune dessere si riscontri sempre e solo nellesistenza concreta dovuto al fatto che lanalisi filosofica pu separare il livello fondativo da quello della manifestazione, nel momento in cui li analizza. Gi ontologicamente, per, abbiamo ravvisato limpossibilit reale di questa separazione. La singolarit si attua come libert e responsabilit allo stesso tempo: luomo libero perch sceglie per rispondere all e dellaltro uomo, ma, allo stesso tempo, obbligato a scegliere, quindi a rispondere, in quanto libero. Libert e responsabilit costituiscono la situazione, pertanto anche la dialettica del reale. In base al suo essere libero e responsabile, luomo lessere creatore del senso: il senso precisamente la razionalit propria di una forma di essere irriducibile a ci che fisico.363 Anche la pi profonda crisi esistenziale non pu compromettere questa condizione, in quanto anchessa ha un senso. Questo ci obbliga a distinguere tra senso, inteso come forma dessere, e senso, inteso come Weltanschauung assunta da un individuo o da una societ in un determinato momento storico. Nella prima accezione il senso comune; in questo caso il senso proprio ci che consente tale variet di sensi, ma anche le loro rispettive crisi. E sebbene ci non alleggerisca la situazione di disagio indotta dal dubbio, un fatto che il senso [] riappare sempre, come un genio ribelle.364 A partire da tale condizione, Nicol ci invita a considerare di nuovo la differenza tra lente umano e quello nonumano, per mostrare come il primo appartenga allordine dellessere che ha senso, mentre quello non-umano allordine dellindifferenza ovvero quella parte dellessere che pu ricevere senso ma che non lo mostra
362. ME2, p. 247. 363. ME2, p. 266. 364. ME2, p. 267.

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come costituente la sua forma dessere . Se tutto ci che umano non ha senso, allora nessuna forma speciale desistenza avr senso. Se nulla ha senso, allora tutto permesso. Ma questo, nessuno lo ammette nel profondo del proprio essere.365 Il principio di indifferenza che caratterizza il mondo naturale pu essere percepito solo a partire dal senso, che forma dessere dellumano. Per questo motivo, la domanda sul senso dellEssere, cos come posta da Heidegger nel primo paragrafo di Essere e tempo, fuori dalla nostra portata in quanto non pu essere risolta indagando significati possibili del termine essere: il problema del senso dellessere il problema dellessere del senso. La domanda stessa che lessere? testimonia lesistenza di due ordini dellessere: lessere che esprime e quello che non esprime.366 Solo nellordine del senso possibile la comunicazione e lambiguit che ne consegue. Questultima non un difetto accidentale della comunicazione: latto non concluso quando stato eseguito. Lesecuzione non fa altro che dare origine ad una relazione; che si completa nellinterpretazione altrui, implicitamente attesa dallo stesso soggetto agente.367 Questa relazione non si chiude su se stessa, anzi si inserisce in una trama di relazioni. Lambiguit, dunque, connessa al senso, ovvero alla forma dessere delluomo, lespressione. Lambiguit connessa allordine del senso ma si manifesta sul piano del significato. Lambiguit non indica che non vi sia comunicazione o con-divisione del senso. Se cos fosse non ci potrebbe essere la stessa ambiguit, poich latto ermeneutico che essa richiede si basa sul previo riconoscimento di un senso comunicato. Lambiguit, come il carattere etico del dialogo in cui da sempre siamo, sono da noi ri-conosciute e pertanto giudicate tali, ma in s, nel suo costituire la forma dessere delluomo, lespressione non n luna n laltra. Per chiarire la questione possiamo dire che in ontologia allespressione riconosciamo quei caratteri che abbiamo enunciato, mentre dal punto di vista del fondamento, come per lEssere, essa attuazione del senso, quindi non ha senso. Che nulla delluomo mi sia estraneo, limpossibilit che il tu sia un estraneo per lio, tutto ci una condizione ontologica, fondante, che ri-conosco co365. ME2, p. 270. 366. ME2, p. 271. In questo caso Nicol, pur utilizzando la lettera minuscola, vuole intendere lEssere, ovvero il fondamento. Lutilizzo della lettera maiuscola si ravvisa a partire dalla pubblicazione di CRS. 367. ME2, p. 273.

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me etica. La presenza delluomo espressione, di s e del prossimo, che avviene in maniera simbolica: lio il simbolo del tu, ossia laltra met del tu che consente allio di riconoscere se stesso nellaltro.368 Al simbolo, come possibilit unica del conoscere, gi si fatto ampio riferimento. In conclusione, per, necessario rivolgere un ultimo sguardo a tale questione, alla luce del percorso compiuto finora. Luomo ri-conosce laltro uomo, ri-conoscendo quella parte di s che laltro: questa relazione dunque sim-bolica.369 Il dia-logo sempre simbolico in questo senso: ogni forma di dialogo come un contratto esistenziale. Symbolon, infatti, significa anche cooperazione e contratto, patto, trattato, riunione e vincolo. Luomo un essere che esiste contrattualmente col suo simile; egli crea molteplici forme simboliche di vincolo con lui, mediante la comprensione comune, non soltanto perch col simbolo entrambi facciano un riferimento univoco alla comune realt significata, bens perch la comunicazione stessa convalida il costitutivo nesso contrattuale.370 La simbolizzazione garanzia di alterit e di continua relazione; per questo non pu esistere un simbolo puro, dato che non sarebbe pi simbolo. La relazione simbolica comunicativa, quindi inter-soggettiva. Da ci possiamo desumere che la forma dessere delluomo, che sempre esprime, sim-bolica perch esige di per s laltro frammento del symbolon.371 Nello stile che ogni uomo assume individualmente ma sempre come forma responsiva rispetto allaltro io che il prossimo, si manifesta una forma simbolica differente. Questultima riconducibile alla conformazione sim-bolica costituente la forma dessere delluomo come essere dia-logico. Le forme simboliche, che caratterizzano la nostra relazione con il reale e, nello specifico, con laltro uomo, sono un prodotto umano, pertanto comunitario. La com-unit crea le forme e le istituzionalizza per ordinare la trama delle relazioni esistenti ad intra e ad extra. Questo significa che il simbolo esprime relazioni attuali e che quindi la sua produzione non affatto libera ma condizionata, nella sua libert, dallattualit della stessa comunit che lente uomo istituisce a partire dalla sua forma dessere. La creazione di un sistema simbolico, secondo
368. ME2, p. 281. 369. Nel senso del sym-ballein di cui abbiamo parlato allinizio del presente capitolo. 370. ME2, p. 282. 371. ME2, p. 283.

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queste premesse, mostra la comunit della ragione che in tale sistema si riconosce, e, allo stesso tempo, la sua storicit, in base alle variazioni che il sistema pu subire. Giacch siamo da sempre espressione, quindi simbolici, la ragione pu essere compresa solo a partire dal suo stesso essere creatrice e interprete del sistema. Si fonda nellEssere e dialetticamente conosce lessere; questo significa dire che d ragione di s nel suo stesso operare: la ragion dessere della ragione, si verifica nellattitudine per rendere presente ci che costitutivamente razionale.372 Pensare con ordine logos, ragione e parola: dare ragione. Nella forma simbolica si pu ricontrare la dimensione verticale dellesistenza e quella orizzontale in base allinterdipendenza di ogni sistema simbolico da quello che lo precede e che lo segue. Tale interdipendenza si fonda nella comunit della ragione che, producendo simboli, produce cultura. Secondo Nicol, e in base a ci che finora stato detto, qualsiasi sia la sua storia e la Weltanschauung in cui si fonda, ogni sistema simbolico si sviluppa secondo cinque relazioni ben precise. La prima riguarda il simbolo e il suo produttore: tale relazione diretta ed esprime sempre chi lo ha prodotto, pur riferendosi a cose differenti. La seconda relazione riguarda il simbolo e il suo interprete: ogni simbolo mette in relazione il produttore e linterprete. La terza relazione riguarda il simbolo e loggetto simbolizzato: ogni simbolo reca un significato intelligibile in base alla relazione che conserva con loggetto simbolizzato. La quarta relazione riguarda il simbolo e il sistema in cui inserito: ogni simbolo mantiene una relazione con ogni altro simbolo e si integra con essi formando un sistema (questa relazione lesplicitazione della storicit e della com-unit del simbolo, per le quali un atto simbolico isolato non pu esistere).373 La quinta e ultima relazione riguarda il simbolo e i suoi antecedenti: ogni simbolo storico, in quanto creato per luomo e soggetto di una evoluzione che avviene allinterno del sistema stesso.374 Luomo come essere sim-bolico mostra in s che il logos, che lo caratterizza, storico e con-diviso. In quanto tale qualsiasi prodotto umano, e la sua stessa presenza come espressione, dia-logo. La natura stessa, nella conoscenza che ne possiamo avere, si fa oggetto, ovvero punto di con-vergenza del dia-logo.
372. ME2, p. 294. 373. ME2, pp. 319-320. 374. Riguardo le cinque relazioni simboliche cfr. ME2, pp. 249-281.

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In conclusione non resta che ammettere, se consideriamo corrette le premesse suggerite da Eduardo Nicol, che luomo com-unicazione: unificazione nella com-unione. La sua stessa presenza mostra quanto esso sia soggetto dell e allespressione, ma dire cos gi provocherrebbe uno sdoppiamento illusorio della sua realt: luomo espressione, ah est el hombre, ecce homo.375

375. ME2, p. 122.

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Conclusioni. Flatus vocis: ecce homo

La originalidad de una obra depende a veces de lo que su autor no sabe hacer. Hay una impotencia creadora. (N. Gmez Dvila, Escolios a un texto implicito)

Non ci pu essere teoria dellidea delluomo senza ontologia. Non ci pu essere ontologia senza storia.1 Unaffermazione, questa, che potrebbe costituire il manifesto del pensiero nicoliano. Lidea delluomo , dunque, produzione delluomo stesso e, in quanto tale, espressione attraverso la quale la com-unit umana si ri-conosce e modifica nel tempo. Non vi sarebbe alcuna possibilit di formulare unidea di questo genere se luomo non fosse costitutivamente storico. La storicit tratto comune solo degli esseri umani, ed , per questo, la maniera nella quale il reale si d alla nostra conoscenza. Lessere storico e, in quanto tale, dialettico, ma solo nel suo essere conosciuto dalluomo. Come afferma lo stesso Nicol, senza luomo non esisterebbe storia. Per questo motivo, lEssere inteso come fondamento non dialettico in s, ma nel suo relazionarsi alluomo. La storicit la forma del nostro essere e la condizione che determina il nostro conoscere come dialettico. Luomo mismidad e ri-conosce se stesso e il reale sempre e solo come mismidad. Il simbolo stesso storico e per questo pu manifestare la comunicazione come legame ontologico tra uomini. Se, per, tentare la traversata di una riflessione filosofica implica anche, e soprattutto, il porne in luce i punti aporetici, necessario soffermarsi brevemente sulla questione dellessere delluomo cos come lo ha descritto Nicol. In un articolo pubblicato nel 1951, allindomani della pubblicazione di Historicismo y existencialismo, Jos Gaos accusava Nicol di aver elaborato un concetto di essere quanto mai confuso. Se riguardo lessere in
1. IH2, p. 57.

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quanto tale non ha senso interrogarsi poich luomo lo conosce, o meglio, lo apprende in maniera diretta, tale apprensione non mostra, dunque, il fondamento come meta-fenomenico? LEssere dellente non qualcosa che precede lente, il quale lunico ad avere la possibilit di mostrarsi come fenomeno? E se cos, la ragione che conosce lente e che funziona, secondo Nicol sempre e solo alla stessa maniera, coma fa ad avere conoscenza anche dellessere? Secondo Gaos, bisognerebbe chiedersi se alla fine Nicol non ricada nellaffermare quellEssere di cui parla la tradizione sostanzialista, da lui cos aspramente criticata. Da ci, deriverebbe anche la necessit di rimettere in discussione lidea delluomo elaborata da Nicol.2 Il problema esposto da Gaos verte sulla difficolt di apprendere lessere come fenomenico dal punto di vista della visibilit. Rispondendo alla critica gaosiana, Nicol afferma che lEssere in quanto tale non si d alla nostra conoscenza se non come problema limite. Ci che luomo pu conoscere lente, ma con esso io conosco anche lessere del quale lente manifestazione. Chiaramente ne conosco una parte e tale conoscenza non mi permette di dire cosa sia in s lEssere. Il fondamento si mostra nellente, e per questo fenomenico, ma questo non ci permette di conoscerlo nel suo stesso essere.3 Che lEssere sia problema limite implica che di esso non si possa dire altro oltre al fatto che c. Eppure, come abbiamo osservato nellanalizzare la questione del metodo, Nicol si spinge ad affermare che esso infinito, eterno, diafano. Tali affermazioni caratterizzanti le modalit in cui si d lEssere, nellapprensione diretta che ne ha luomo, sono la prova della sua fenomenicit. Ma lEssere pu davvero essere fenomeno? Sembra di riproporre una questione gi affrontata, ma non cos: ci che stavolta ci interessa comprendere se ente ed Essere sono fenomeno alla stessa maniera, ossia se si dia, riguardo lessere, una fenomenicit particolare. Luomo conosce lente in maniera dialettica, perch lessere stesso delluomo storico. Lente si mostra come mismidad, la quale il dato, il fenomeno che io percepisco. La mismidad espressione della permanenza che non identit. Tale permanenza caratterizza ogni essere in
2. J. Gaos, De paso por el historicismo y existencialismo. Parerga y paralipomena, cit., pp. 267268. 3. E. Nicol, Prosigue el dilogo, cit., p. 324.

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quanto storico, mutevole. La mismidad nelluomo espressione, e il primato ontologico di tale forma dessere si manifesta nel logos come espressione creatrice di senso. Ma lEssere inteso come fondamento caratterizzato da mismidad? Da un certo punto di vista si pu affermare che lo , in quanto essere degli enti. In tal caso, per, si tratterebbe della mismidad degli enti e dellEssere non rimarrebbe altro da dire che c. Si tornerebbe, insomma, al punto di partenza. Nicol, invece, parlando dellEssere, afferma il suo non essere storico in s, ma solo negli enti. Da ci possibile inferire la sua eternit e ubiquit. O meglio, si tratta di unapprensione diretta attraverso la quale ci si manifestano tali attributi: io apprendo lEssere nel suo stesso manifestarsi come ubiquo, infinito ed eterno. Se, per, luomo sempre in situazione, tale apprensione non sar limitata alla sua situazione? E, in qualsiasi caso, non avverr attraverso il dar-si dellente come fenomeno? Sollevando tali interrogativi non si vuole mettere in dubbio il risultato della riflessione nicoliana, tantomeno affermare che in essa vada perduta la differenza ontologica. Il punto che la fenomenicit dellessere non quella dellente, o meglio, interiore rispetto a quella. Ci sembra che in Nicol le caratterizzazioni dellEssere non siano davvero qualcosa di diretto, di appreso, ma di dedotto a partire dalla necessit della stessa differenza ontologica. Linfinit dellEssere , per Nicol, evidente a partire dal fatto che ovunque io possa posare il mio sguardo, sempre incontrer lessere. vero, ma lo incontrer nellente e lente sempre limitato da un altro ente. Lente, dunque, reca in s la necessit dellaltro ente. Da ci Nicol pu dedurre uninfinit che razionale, se parliamo di quella ragione dialettica che mi permette di conoscere realmente la mismidad delle cose. La presenza dellente, dunque, mostra, in s, linfinit dellEssere. Tale mostrare, per, dellente, inteso come manifestazione dellessere. Con questo vogliamo indicare che, non potendo indentificare Essere ed ente, bisogna ammettere che lente mostra linfinit dellessere in maniera evidentemente mediata una necessit e, a nostro parere, mediatamente visibile.4 Alla stessa maniera le altre caratterizzazioni sembrano essere dedotte a partire dallente al fine di mostrare la fenomenicit e allo stesso tempo leccedenza dellEssere. In questo
4. Non un caso che lidea dellinfinito si mostri come scacco della ragione (cfr. R. Descartes, Meditazioni sulla filosofia prima, cit.; E. Lvinas, Totalit e infinito, cit.).

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caso, lontologia positiva si fonderebbe su unontologia negativa ms bsica. Eppure, che senso ha parlare di negativo e positivo, dal momento che anche la negazione ha un suo carattere positivo, ovvero quello di permetterci di conoscere lente? Dunque, la negativit-positivit dellEssere rimanderebbe sempre alla conoscenza dellente perch essa stessa limite e non confine. Eccoci dunque giunti al punto cruciale: lente come fenomeno mostra la sua positiva limitazione in quanto essa confine tra s e gli altri enti; lEssere, invece, limite. Il limite, se puro, ci che non ha spessore perch al di l: condizione e mistero allo stesso tempo. LEssere fenomeno come manifestazione del limite, lente fenomeno a partire da tale manifestazione per questo sempre vi riconduce, in quanto n intessuto. Solo lente pu, partendo dal limite, mostrarlo senza esaurirlo. Il mostrare implica uno spettatore che abbia la facolt di com-prendere e com-unicare, uno spettatore che sia ente e, per questo, sempre manifestazione dello stesso limite: luomo si rivolge allessere, come a ci che gli pi familiare, e formula lidea di s per render-si familiare a se stesso. Il limite visibile ma in quanto limite lo si vede solo da una parte, la parte delluomo: luomo lessere del limite. La conoscenza tutta, allora, non che conoscenza umana. Questo significa che essa si d nellespressione, la quale ri-conosce la verit della realt in maniera dia-logica. Il fatto che la ragione sia parte dellessere fa s che essa non possa non-riconoscere, pena la sospensione dellordine stesso della conoscenza, leccedenza dellessere nelle sue leggi inalterabili. Losservazione con la quale formulo una legge gi poggia, per, su quel dia-logo che garanzia di universalit. Il limite il senso, anzi la condizione del senso. Comprendiamo, ora, che Nicol, parlando dellEssere ha sempre parlato del limite; di quel limite che muove lumana esistenza obbligandola alla ricerca del senso: nella sua fugace esistenza, luomo compie, dunque, la missione cosmica di portavoce dellEssere. [] Ciascuno dei suoi atti un messaggio dellEssere. LEssere parla di se stesso, ovvero parla a se stesso. Linspiegabile visibile, e le parole possono solo raggiungerlo in maniera parabolica dicendo che lEssere concesse a uno dei suoi esseri la libert dessere, che la libert di parlare di tutto, in nome del Tutto. [] Con luomo la materia si trascende. Dalla materia nasce il logos. Nacque dal fango e ad esso torner; non si separ da esso ma lo super. [] N la 244

mito-logia ne lonto-logia possono risolvere il tremendo mistero di tale metamorfosi. Luomo espressione dellEssere, della relazione dellEssere con lEssere.5 Luomo essere del limite perch espressione di quellEssere che non pu comprendere se non come dato. Allo stesso tempo colui che dimora presso tale limite. Luomo, in quanto espressione, espressione dellessere. Mutuando le parole da Heidegger, possiamo affermare che espressione dellessere in quanto appartiene allessere e, allo stesso tempo, ne allascolto, ovvero ci che in base alla sua provenienza essenziale.6 La differenza tra Heidegger e Nicol sta, per, nel fatto che tale provenienza essenziale non rivela alluomo altra cosa che il suo essere: lessere del senso. Luomo un ente effimero ma lunico che pu dare senso, e pu darlo in quanto chiamato a ci dal suo essere, vale a dire dallEssere stesso. Nel suo essere limite, lEssere rivelazione dellessere delluomo quale donazione comune di senso. Insieme al Qohlet ogni uomo pu affermare vanit delle vanit, e tutto vanit ma, come il Qohlet, ogni uomo conosce il senso profondo e la responsabilit che tale affermazione reca impressa in ogni lettera che la compone. La responsabilit del senso, la responsabilit che caratterizza ogni uomo, quella del sentire: il peso del sentire! Il peso di dover sentire!7

5. CRS, pp. 276-277. 6. M. Heidegger, Lettera sullumanismo, cit., p. 35. Heidegger si riferisce al pensiero, che sempre pensiero dellessere. Essendo il pensiero espressione, ed essendo luomo espressione, possibile adattare laffermazione di Heidegger allessere delluomo stesso 7. F. Pessoa, Il libro dellinquietudine, Feltrinelli, Milano 2004, aforisma 181 (314), p. 197.

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NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

1907. Eduardo Jos Gregorio Nicol Francisc nasce a Barcelona il 18 dicembre, da padre basco (don Gregorio) e madre catalana. Compie i primi studi presso le Escoles Catalanes del Districte 6, dove ebbe come maestro Pere Vergs Farrs, considerato dallo stesso Nicol come il pi eminente tra i maestri catalani del secolo XX. 1925. Diviene cronista di teatro presso il periodico La Veu de Catalunya. 1928. Inizia a lavorare come caporedattore presso il Diccionario de la Msica Ilustrado. Sia il mondo della musica che quello del teatro non sono mai stati estranei al giovane Nicol; il padre, infatti, era musicista e suonava la tromba tedesca nellorchestra del Gran Teatro del Liceo. 1929. Entra a far parte della Fundaci Bernat Metge, istituzione che aveva lo scopo di studiare, tradurre e pubblicare in catalano autori greci e latini. Diverr Segretario Generale e manterr questa posizione per otto anni. 1933. Porta a termine il corso di laurea in Filosofia presso la Facolt di Lettere e Filosofia della Universitat de Barcelona, dove studia sotto la direzione di Jaume Serra Hunter e Pedro Font y Puig, ricevendo il Premio Extraordinario de Licenciatura. Nello stesso anno vince il concorso come docente di filosofia presso lInstituto Salmern, di cui diverr direttore nel 1936. 1933-1934. Trascorre un periodo di studi presso la Universidad Internacional de Santander frequentando i corsi tenuti da Huizinga, Kohler, Stein, Bhler e Vermeylen. Successivamente consegue lincarico di professore ausiliare di Storia della Pedagogia presso la Facolt di Lettere e Filosofia della Universitat de Barcelona. 1937. Un anno dopo lo scoppio della guerra civile spagnola, si dimette dalla segreteria della Fundaci Bernat Metge e chiede udienza presso il generale Vincent Rojo per entrare a far parte come volontario dellesercito della Re-

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pblica. Viene assegnato al Gabinete Centralizador de la Seccin de Informacin del Estado Mayor del Ejrcito de Tierra. 1939. Riceve lordine di attraversare la frontiera di Agullana e di consegnare le armi allesercito francese. Pur possedendo un passaporto diplomatico decide di seguire la stessa sorte dei suoi compagni e di essere internato per alcuni mesi nel campo di concentramento di Argels-sur-Mer. Successivamente si trasferisce a Tolouse, dove frequenta i corsi di Janklvitch e Schul. Grazie allappoggio dei Comit di Aiuto per Esiliati britannico e messicano, il 23 maggio si imbarca sul Sinaia che approda nel porto di Veracruz il 13 giugno. 1940. Grazie allintervento di Ezquiel A. Chvez ottiene la cattedra di Storia della Psicologia e di Psicologia delladolescenza presso la Facolt di Lettere e Filosofia (il direttore della facolt in quel momento era Antonio Caso) della Universidad Nacional Autnoma de Mxico (UNAM). Nello stesso anno ottiene la cittadinanza messicana. Consegue il dottorato in filosofia con una tesi intitolata Psicologa de las situaciones vitales (la commissione era composta da Antonio Caso, Eduardo Garca Maynez, Oswaldo Robles, Samuel Ramos, Enrique O. Aragn). 1941. Pubblica la Psicologa de las situaciones vitales (che verr ripubblicata con laggiunta di un nuovo prologo e nuove note nel 1975). Fonda insieme ad Eduardo Garca Maynez la rivista Filosofa y Letras ed il Centro de Estudios Filosficos della Facolt di Lettere e Filosofia della UNAM (che posteriormente si trasformer in Instituto de Investigaciones Filosficas), assumendo il ruolo di segretario fino al 1946. 1943. Risulta beneficiario di una borsa erogata dal Dipartimento di Relazioni Culturali degli Stati Uniti che gli permette di trascorrere un anno presso la Columbia University, dove inizia a raccogliere il materiale per la sua opera successiva. Partecipa al Congresso Interamericano di Filosofia che si tiene presso la Yale University, dove conoscer di persona Ernst Cassirer (che dopo aver ascoltato la realzione tenuta da Nicol proporr al pensatore catalano di lavorare al suo fianco, cfr. E. Nicol, Mi Ernesto Cassirer, La Gaceta, 16 (1972), ora in Id., Las ideas y los das, Afinita, Huixquilucan 2007, pp. 423-427). 1945. Riceve una borsa di studio dalla Rockfeller Foundation che gli permette di completare le ricerche iniziate presso la Columbia University.

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1946. Pubblica La idea del hombre (che sar ripubblicata modificata in parte nel 1977). Presso la UNAM fonda il Seminario de Metafsica, del quale sar direttore fino alla morte. 1948. Entra a far parte della redazione della rivista Philosophy and Phenomenological Research. 1950. Pubblica Historicismo y existencialismo. 1953. Pubblica la Vocacin humana (testo che raccoglie 19 saggi scritti e pubblicati tra il 1939 e il 1952). 1954. Fonda e dirige il primo numero degli annali di filosofia Dinoia, rivista edita dal Centro de Estudios Filosficos della UNAM e dal Fondo de Cultura Econmica. 1957. Pubblica la Metafsica de la expresin (che sar ripubblicata modificata in parte nel 1974). 1959. Riceve una borsa di studio dalla Guggenheim Foundation che gli permette di recarsi negli Stati Uniti e in Europa, al fine di effettuare delle ricerche e dare conferenze (visiter anche lItalia tenendo conferenze presso lUniversit Cattolica di Milano e lUniversit di Genova). 1961. Pubblica, in Spagna, El problema de la filosofa hispnica. 1965. Pubblica Los principios de la ciencia. 1969. Il Collegio Universitario della UNAM gli conferisce il titolo di Professore Emerito. 1972. Pubblica El porvenir de la filosofa. 1978. Pubblica La primera teora de la praxis. 1980. Pubblica La reforma de la filosofa. 1981. Pubblica La agona de Proteo. 1982. Pubblica La revolucin en la filosofa. Crtica de la razn simblica.

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1984. La Universitat de Barcelona gli conferisce il titolo di Doctor Honoris causa. 1986. Riceve il Premio Universidad Nacional per quanto riguarda larea delle Scienze Umane. 1988. Il Re di Spagna Juan Carlos I gli conferisce lonoreficenza della Gran Cruz de Alfonso X el Sabio. 1990. Pubblica Ideas de vario linaje (una raccolta di saggi, alcuni gi pubblicati in riviste specializzate, altri inediti) e Formas de hablar sublimes. Poesa y filosofa. Muore il 6 maggio, a 82 anni. La realizzazione di tale nota stata effettuata utilizzando le informazioni contenute nei seguenti saggi: R. Horneffer, Eduardo Nicol. Semblanza, El Colegio de Jalisco-Generalitat de Catalunya, Jalisco 2000; M. L. Mollo, Metafisica dellespressione tra ideas en germen e ideas en flor, in E. Nicol, Metafisica dellespressione, Citt del Sole, Napoli 2007, pp. 27-62; Eduard Nicol, pensador cataln. Dilogo con Xavier Rubert de Vents, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, Anthropos, Extra 3 (1998), numero monografico dedicato ad eduardo Nicol, pp. 19-25; A. R. de Nicol, La vocacin cumplida, in Eduardo Nicol. La filosofa como razn simblica, cit., pp. 46-55.

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BIBLIOGRAFIA

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INDICE DEI NOMI

Abbagnano, N. 129, 142, 193, 210, 253 Abelln, J. L. 29, 30, 31, 35, 36, 37, 56, 57, 61, 70, 253 Acerra, M. 25 Adler, A. 77 Adorno, T. W. 165, 166, 257 Agostino di Ippona 73, 102, 132, 253 Aguirre, A. 26, 121, 252 Aragn, E. O. 248 Aristotele 28, 66, 112, 145, 146, 253 Axelos, K. 190, 253 Baldini, M. 163, 253 Balmes, J. 61, 63, 65, 68, 253 Bancalari, S. 134, 253 Bellini, G. 252 Beorlegui, C. 51, 253 Bergson, H. 12, 17, 76, 81, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 109, 142, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 159, 160, 161, 162, 163, 253 Beuchot, M. 25 Bianco, F. 221, 253 Bilbeny, N. 61, 65, 253 Bochicchio, V. 254 Bombaci, N. 83, 254 Botti, A. 252 Buber, M. 71, 83, 84, 113, 254 Bhler, K. 247 Buonafalce, I. 29, 56, 255 Cacciatore, G. 13, 23, 26, 37, 55, 75, 89, 112, 126, 142, 146, 147, 151, 157, 167, 169, 170, 196, 232, 252, 254 Cantillo, G. 151, 216, 254 Carbone, R. 26 Carreras Artau, T. 61, 63, 68 Casalmiglia, J. 68 Casanovas, D. 68

Casertano, G. 109, 254 Caso, A. 248 Cassani, A. 252 Cassin, B. 46, 254 Cassirer, E. 71, 72, 147, 156, 157, 158, 164, 248, 254 Castieira, A. 33, 252 Cera, A. 26 Cerezo Galn, P. 170, 254 Cerutti Guldberg, H. 11 Chantraine, P. 109, 260 Chvez, E. A. 248 Ciriello, G. 112, 254 Colonnello, P. 19, 26, 29, 30, 37, 55, 146, 177, 178, 252, 254, 255 Colombo, C. 53 Colomer, E. 56, 57, 68 Constante, A. 25, 34, 54 Coreth, E. 25, 255 Corominas, J. 124, 134, 178, 182, 260 Corsano, A. 67, 255 Costa, V. 196, 255 Corts, H. 53 Crovetto, P. L. 53 Cuevas, M. 119 Cullen, C. 11 Cusaas, M. 173, 255 DAlberto, F. 112, 255 DAnna, G. 23, 26, 254, 255 De Llera, L. 13, 26, 29, 30, 31, 56, 57, 252, 255 De Giovanni, B. 147, 227, 255 De Macedo, F. 99, 252 Descartes, R. 72, 139, 140, 141, 193, 194, 195, 201, 226, 227, 243, 254, 255 Diana, R. 26 Daz, J. L. 87 Daz Plaja, G. 57, 255

261

Diels, H. 129, 212, 216, 218, 255 Di Giovanni, P. 215, 255 Di Lillo, M. 26 Dilthey, W. 14, 15, 17, 75, 89, 112, 126, 140, 142, 146, 151, 163, 164, 165, 166, 167, 169, 170, 177, 193, 255 Di Miele, A. 26, 196, 254 DOrs, E. 62 Dussel, E. 11 Eckhart 183, 255 Ferrater Mora, J. 12, 36, 37, 45, 56, 57, 58, 62, 63, 64, 68, 170, 256 Fink, E. 196 Font y Puig, P. 68, 247 Franzini, E. 196, 255 Freud, S. 77 Gadamer, H. G. 140, 220, 221 Galantino, N. 256 Galimberti, U. 156, 158, 256 Gaos, J. 11, 12, 30, 31, 32, 33, 47, 55, 57, 65, 177, 241, 242, 256 Garca Bacca, J. D. 12, 68 Garca Bar, M. 42, 256 Garca Maynez, E. 248 Garca Morente, M. 12, 57, 63 Gebhardt, J. 68, 256 Gehlen, A. 71 Gmez Dvila, N. 23, 241 Gmez-Martnez, J. L. 36, 256 Gonzlez, J. 27, 32, 41, 83, 129, 198, 205, 218, 232, 233, 252, 256 Gonzlez Di Pierro, E. 25 Gonzlez Garca, M. 29, 156, 191, 205, 252 Gorgia 46 Granell, M. 11 Griffero, T. 75, 256 Guadarrama, P. 256 Guderzo, M. 252 Gutirrez Pozo, A. 256 Gutirrez Robles, A. 25 Guy, A. 56, 61, 63, 65, 256 Hartmann, N. 196, 255 Hegel, G. W. F. 90, 140, 142, 151, 193, 196, 210, 216, 217, 218, 256

Heidegger, M. 14, 15, 18, 28, 76, 77, 102, 103, 113, 134, 142, 143, 144, 145, 148, 158, 168, 176, 177, 178, 179, 181, 182, 183, 185, 186, 187, 189, 190, 191, 196, 199, 200, 203, 204, 208, 216, 217, 220, 237, 245, 256 Henry, M. 85, 144, 183, 196, 256 Hernndez Garca, G. 63, 257 Hinkelammert, F. 11 Horkheimer, M. 165, 257 Horneffer, R. 25, 34, 54, 110, 119, 121, 129, 155, 166, 199, 250, 252 Howard, R. 198 Huizinga, J. 247 Husserl, E. 12, 28, 43, 85, 98, 196, 197, 198, 199, 232, 233, 257 maz, E. 30 Izquierdo Ortega, J. 29, 257 Janklvitch, V. 90, 248, 257 Jaspers, K. 78, 142, 257 Jung, K. G. 24, 257 Kant, I. 65, 90, 106, 140, 147, 149, 163, 257 Kierkegaard, S. 105, 142, 257 Kojve, A. 218, 257 Kolakowski, L. 90, 257 Koyr, A. 193, 194, 257 Kranz, W. 129, 212, 216, 218, 255 Kusch, R. 11 Lan Entralgo, P. 257 Lambert, J. H. 196 Lasaga Medina, J. 170, 257 Las Casas, B. de 52 Leibniz, G. W. 66, 142, 149, 190, 227, 257 Lvinas, E. 85, 187, 188, 196, 201, 243, 257 Livi, A. 67, 257 Llorens i Barba, F. X. 57, 61, 61, 63, 65, 66, 67 Llull, R. 62 Locke, J. 147 Lombardo, M. G. 112, 254 Lopez Quintas, A. 257 los Ros, F. de 12 Lucas Lucas, R. 257 Maeztu, R. 12

262

Magnano San Lio, G. 126, 257 Maragall, J. 68 Maras, J. 57, 170, 171, 175, 257 Marinotti, A. 112, 257 Marion, J. L. 85, 196 Mrquez Pemartn, C. 148 Mart dEixal, R. 61, 64, 65, 66, 67 Martinelli, R. 24, 257 Martirano, M. 146, 147, 252, 254 Marx, K. 142 Mascolo, A. 26, 254, 257 Masi, F. 26 Merleau-Ponty, M. 85, 94, 196, 257 Mirabent, F. 68 Modica, G. 67, 227, 258 Molinaro, A. 99, 163, 252, 258 Mollo, M. L. 13, 20, 26, 155, 157, 167, 179, 224, 250, 251, 252 Moncls, A. 29, 30, 253 Montaigne, M. de 73 Mora, A. 29 Mora, J. L. 25 Morn, C. 170, 258 Nash, J. F. 198 Nicol, A. 25, 28, 34, 250 Nicolosi, S. 227, 258 Nietzsche, F. 142 Ortega y Gasset, J. 11, 17, 30, 31, 48, 57, 63, 88, 142, 161, 163, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 258 Paci, E. 196, 258 Padilla, E. 25 Pansera, M. T. 23, 258 Pareyson, L. 142, 258 Parmenide 14 Pascal, B. 73 Paz, O. 51 Penzo, G. 142, 258 Perego, V. 85, 258 Pessina, A. 90 Pessoa, F. 245 Piovani, P. 86, 147, 258 Platone 42, 145, 154, 215, 216, 217, 255, 258 Plessner, H. 71

Porciello, M. 13, 20, 251 Prini, P. 142, 258 Protagora 46 Ramos, S. 248 Rasini, V. 258 Recasens Siches, L. 11 Reid, T. 65, 66, 258 Reine, G. 63, 258 Reyes, R. C. 69 Ricoeur, P. 158, 220, 221, 258 Robles, O. 248 Roig, A. A. 11, 55, 258 Rombach, H. 111, 258 Ronzn, E. 62, 258 Roquer, R. 68 Roura Parella, J. 68 Sagols, L. 25, 27, 41, 83, 198, 232, 233, 252, 258 Salmann, E. 163, 258 Sanchz Cuervo, A. 30, 166, 258 Snchez Vzquez, A. 12, 31, 32 Santinello, G. 227, 258 Santos Gmez, M. L. 25, 83, 191, 208, 233, 252 Sarti, S. 258 Sartre, J. P. 77, 177, 196, 258 Savignano, A. 170, 171, 173, 258, 259 Scannone, J. C. 11 Scheler, M. 71, 72, 75, 77, 196, 259 Schul, P. 248 Scilironi, C. 259 Semerari, G. 147, 259 Seplveda, J. G. de 52 Sequeri, P. 156, 259 Serra Hunter, J. 12, 61, 62, 63, 64, 68, 247 Skira, A. 150 Spiegelberg, H. 196, 259 Spinicci, P. 196, 255 Spranger, E. 75, 259 Stein, E. 196, 247 Subacchi, M. 177, 259 Tarditi, C. 85, 259 Tessitore, F. 68, 147, 259 Thvenaz, P. 72, 177, 259 Tineo, A. 68 Todorov, T. 52, 53, 259

263

Torchia Estrada, J. C. 117, 252 Turr, R. 63 Udina, J. 68 Unamuno, M. de 150, 259 Van Breda, H. L. 72, 259 Vargas Lozano, G. 29, 259 Vasconcelos, J. 51 Velzquez Delgado, J. 25 Vents, X. R. de 27, 33, 55, 250 Vermeylen, A. 247 Vergs Farrs, P. 247 Verra, V. 210, 259 Vico, G. B. 67, 142, 146, 147, 227 Villegas, A. 259 Vives, L. 64, 67 Volpi, F. 28, 178, 259 Xirau, J. 12, 31, 56, 63, 68, 259 Yamuni, V. 259 Waldenfels, B. 259 Zambrano, M. 31, 57, 259, 260 Zea, L. 11, 51, 55, 260 Zecchi, S. 196, 260 Zirin, A. 198, 232, 233, 260 Zubiri, X. 31, 57 Zucal, S. 163, 253

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INDICE GENERALE

Prefazione di Pio Colonnello Tavola delle abbreviazioni


TRA METAFISICA E STORIA. LIDEA DELLUOMO IN EDUARDO NICOL

11 20 21 23 27 34 50 56 70 70 81 101 120 126 132 140 140 149 163 176 192 195 210 219

Introduzione. Luomo ha ideato luomo Capitolo I. Eduardo Nicol: filosofia come vocacin 1.1. La filosofia hispnica 1.2. La hispanidad 1.3. La escuela de Barcelona Capitolo II. Lidea delluomo come espressione della situazione vitale 2.1. Psicologia situazionale come saber del hombre 2.2. Esperienza e critica del soggetto 2.3. Temporalit e situazione vitale 2.4. Situazione ed espressione 2.5. Lidea delluomo e la storia 2.6. Verso unontologia delluomo Capitolo III. Luomo, essere simbolico 3.1. La critica della ragione 3.2. Ragione e vita: Bergson 3.3. Ragione e storia: Dilthey e Ortega 3.4. Ontologia ed esistenza: Heidegger 3.5. Il contro-discorso del metodo 3.6. Metodo fenomenologico 3.7. Metodo dialettico 3.8. Luomo soggetto dellespressione 265

Conclusioni. Flatus vocis: ecce homo Nota bio-bibliografica Bibliografia Indice dei nomi

241 247 251 261

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Col capo reclino dormiva, le membra abbandonate E intanto la splendida dea ambrosia su di lei versava; con unguento di ambrosia le tergeva il bel viso, lunguento di cui si cosparge Citerea dalla bella ghirlanda, quando va delle Criti allamabile danza. Odissea, XVIII

Stampato per Le Criti di Firenze nel mese di agosto 2010.

Catalogo Le Criti

Logos Biblioteca di saggistica 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Alessandro Parronchi, Due saggi danteschi Giovanni Capecchi, Palazzeschi e la leggerezza Walter Schweidler, Il concetto di filosofia in Wittgenstein Mascia Cardelli, La prospettiva estetica di Lionello Venturi Floriana Calitti, Fra lirica e narrativa. Storia dellottava rima nel Rinascimento Nicolas Faure, Philippe Lacoue-Labarthe, Jean-Luc Nancy, Ritratti / Cantieri Lucette Finas, Il raggio della lettura. Proust ritocca Balzac Enzo Fantin, Il suono vivente. Guida a una fenomenologia della musica Alice Gonzi, Jules de Gaultier: la filosofia del bovarismo Anna Di Giglio, Gli strumenti a percussione nella Grecia antica Aurelio Canonici, Musica e Sofa. Problematiche filosofiche nellopera di Richard Wagner Marco Piazza, Redimere Proust. Walter Benjamin e il suo segnavia Massimo Seriacopi, Pascoli esegeta di Dante. Con una raccolta di studi inediti pascoliani Luigi Rossi (a cura di), Temi di storia contemporanea Giovanni Capecchi (a cura di), Mezzo secolo dal Gattopardo. Studi e interpretazioni

Mnemosine La biblioteca delle Criti 1 2 3 4 5 6 Dino Campana, Il pi lungo giorno Claudio Claudiano, Epitalami e fescennini Federigo Tozzi, Bestie Gerard Manley Hopkins, Poesie Christoph Martin Wieland, Pensieri sugli ideali degli antichi Charles Baudelaire, I fiori del male

Eufrosine Collezione di piccoli saggi 1 2 Friedrich Nietzsche, Sulla musica e la parola Immanuel Kant, Il piacere di ridere

3 Giovanni Pascoli, Due scritti inediti di esegesi dantesca 4 Bertrando Spaventa, Giambattista Vico 5 Federigo Tozzi, Fra dAnnunzio e Pirandello. Scritti su Carducci, dAnnunzio, Pascoli, Verga e Pirandello 6 Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff, Storia italica. Con inediti dal carteggio Wilamowitz - Gaetano De Sanctis 7 Francesco DOvidio, Dante e la filosofia del linguaggio Aglaia Piccola collana di recuperi letterari 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Torquato Tasso, Lettere dal manicomio Immanuel Kant, Il piacere di ridere Francesco dAssisi, Messaggio a tutti gli uomini Jonathan Swift, Elogio del rutto Giambattista Marino, La canzone dei baci Nicolas de Chamfort, Le donne, o le conosci o le ami Johann Joachim Winckelmann, Il sentimento del bello Jan Amos Comenio, Fondamenti per allungare la vita Heinrich Heine, Le donne di Shakespeare Taras Sevcenko, La fanciulla mutata in giglio Fanny Lewald, Il diavolo dellarte Ludovico Ariosto, La novella di Fiordispina Orsatto Giustinian, Sonetti alla moglie Edmondo De Amicis, Nel giardino della follia Epicuro, Frammenti. Da Cicerone e Seneca

Cleta Collana di traduzioni dautore 1 2 Isocrate, Avvertimenti morali, nella versione di Giacomo Leopardi Percy Bysshe Shelley, Dodici liriche, nella versione di Adolfo De Bosis

Estremo Occidente Saggi di storia e cultura delle Americhe 1 Andrs Bello, Analisi ideologica dei tempi della coniugazione castigliana

Opera prima Collana di studi di cultura filosofica 1 Roberto Mazzola, Metafisica Storia Erudizione. Saggi su Giambattista Vico

2 3

Anna Pia Ruoppo, Vita e metodo nelle prime lezioni friburghesi di Martin Heidegger (1919-1923) Roberto Colonna, Filosofa sin ms. Leopoldo Zea e i Cuadernos Americanos

Pensamiento Latino Collana di filosofia iberica e iberoamericana (nuova serie) 1 Stefano Santasilia, Tra Metafisica e Storia. Lidea delluomo in Eduardo Nicol

Talia Piccola raccolta di scrittura contemporanea 1 2 3 4 5 Alessandro Parronchi, Quel che resta del giorno Maurizio Pistelli, Montalbano sono Paolo Euron, Nulla si impara dalle scontte troppo lente Roberto Fedi, I poeti preferiscono le bionde Tommaso Meozzi, La superficie del giorno

Con il marchio Finisterre: Finisterre poesia 1 2 3 Guillaume Apollinaire, Vitam impendere amori Emily Dickinson, Un tempo compiuto e perfetto Sergio Corazzini, Libro per la sera della domenica

Riviste: fronesis, semestrale di filosofia letteratura arte Excepta Estratti da fronesis 1 2 Jean-Luc Nancy, I due segreti del feticcio Giorgio Brberi Squarotti, Giuditta moderna: dAnnunzio, Hebbel dopo Voltaire e Monti 3 Giuseppe Antonio Borgese, 22 lettere inedite a Emilio Cecchi 4 Erasmo da Rotterdam, Su Oxford e lumanesimo inglese (tre lettere a William Mountjoy) 5 Wilhelm Windelband, Significato e concetto della filosofia 6 William Breazeale, Il Caravaggio, il Carracci e la cappella Cerasi

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