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Fatima Mernissi La terrazza proibita Traduzione dall'inglese: Rosa Rita D'Acquarica 1996 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze Prima

a edizione: marzo 1996 Si ringrazia Toni Marami per la preziosa consulenza in merito a questioni lingui stiche e terminologiche di questo testo. Indice I. I confini del mio harem Il. Shahrazad, il re e le parole III. L'harem dei francesi IV. Jasmina e la prima consorte V. Shama e il califfo VI. Il cavallo di Tam VII. L'harem dentro VIII. Lavapiatti acquatiche IX. Risate al chiaro di luna X. Il salone degli uomini XI. La seconda guerra mondiale vista dal cortile XII. Asmahan, la principessa cantante XIII. L'harem al cinema XIV. Femministe egiziane in terrazza XV. Il destino di Budr XVI. La terrazza proibita XVII. Mina, la senza radici XVIII. Sigarette americane XIX. Baffi e seni XX. Il sogno silenzioso delle ali e del volo XXI. La politica della pelle: uova, datteri e altri segreti di bellezza XXII. Henn, argilla e gli sguardi degli uomini I I confini del mio harem Venni al mondo nel 1940 in un harem di Fez, citt marocchina del nono secolo, cinq uemila chilometri circa a ovest della Mecca e solo mille chilometri a sud di Mad rid, una delle temibili capitali cristiane. Mio padre era solito dire che con i cristiani, e con le donne i guai nascono qua ndo non vengono rispettati i hudd, ovvero i sacri confini. Al tempo in cui nacqui , dunque, si era in pieno caos, perch n donne n cristiani volevano saperne di accet tare confini. E questo era evidente gi sulla soglia di casa, dove le donne dell'h arem discutevano e si accapigliavano con Ahmed, l'uomo a guardia della porta, me ntre per strada sfilavano i soldati stranieri che continuavano ad arrivare dal n ord e che si erano stabiliti proprio in fondo alla nostra via, tra i quartieri v ecchi e la Ville Nouvelle, la citt nuova che si stavano costruendo. Secondo mio padre, non era un caso che Allh, creando la terra, avesse separato uo mini e donne, e messo un mare a dividere cristiani e musulmani. L'armonia esiste quando ogni gruppo rispetta i limiti dell'altro conformemente a quanto prescrit to; passare quei limiti conduce solo al dolore e all'infelicit. E invece le donne, ossessionate dal mondo al di l della soglia di casa, altro non sognavano che di oltrepassarla, e andare a passeggio per vie sconosciute, mentr e i cristiani seguitavano ad attraversare quel mare, portando disordine e morte. Sciagura e vento freddo vengono dal nord; e noi preghiamo rivolti verso l'est. La Mecca lontana. La tua preghiera pu giungere fin l, ma devi sapere come concentrarti. A tempo debito, mi avrebbero insegnato a concentrarmi .

I soldati spagnoli si erano accampati a nord di Fez. Zio Al e mio padre, che in c itt erano tanto potenti e in casa davano ordini a tutti, dovevano chiedere il per messo a Madrid, se volevano recarsi alla festa religiosa di Mawly Abdelsalam, vic ino a Tangeri, a trecento chilometri di distanza. Ma quei soldati fuori dalla no stra porta appartenevano a un'altra trib: quella dei francesi, cristiani come gli spagnoli, ma che parlavano un'altra lingua e vivevano ancora pi a nord. La loro capitale si chiamava Parigi e, nei calcoli di mio cugino Samir, doveva trovarsi a duemila chilometri da noi, due volte pi lontana di Madrid, e due volte pi feroce . Come i musulmani, i cristiani avevano l'abitudine di combattersi tra di loro; e ogni volta che spagnoli e francesi varcavano il nostro confine, per poco non s i ammazzavano a vicenda. Quando fu chiaro che nessuno dei due era in grado di st erminare l'altro, presero la decisione di tagliare in due il Marocco. Misero dei soldati dalle parti di Arbawa e dissero che, da allora in poi, chi andava a nor d doveva avere un lasciapassare perch attraversava il Marocco spagnolo, e chi and ava a sud doveva avere un altro lasciapassare, perch entrava nel Marocco francese . Chi non era d'accordo, rimaneva bloccato ad Arbawa, luogo arbitrario, dove una lunga sbarra - messa l appositamente - veniva chiamata confine. Eppure il Marocc o, diceva mio padre, esisteva indiviso da secoli, anche da prima dell'avvento de ll'Islam, cento e quaranta decenni or sono. Nessuno aveva mai sentito parlare di una linea che dividesse in due il paese. Il confine era una linea invisibile ne lla mente dei guerrieri. Il cugino Samir, che a volte accompagnava lo zio e pap nei loro viaggi, diceva ch e, per creare un confine, tutto quello che serve sono soldati che costringano la gente a crederci. Nel paesaggio di per s non cambia nulla. Il confine sta nella mente di chi ha il potere. Io non potevo andare a verificarlo di persona, perch lo zio e pap dicevano che una donna non deve viaggiare: viaggiare pericoloso e le donne non sono in grado di difendersi. In proposito, la teoria d ella zia Habiba - la quale era stata ripudiata all'improvviso e senza ragione da l marito amatissimo -era la seguente: Allh aveva mandato in Marocco gli eserciti del nord per punire gli uomini, colpevoli di aver violato i hudd che proteggono l e donne. Chi fa torto a una donna, viola i sacri confini di Allh. illecito far to rto a chi non pu difendersi. La poveretta pianse per anni. Educazione conoscere i hudd, i sacri confini, asscriva Lalla Tarn, direttrice del la scuola coranica dove, all'et di tre anni, fui mandata a raggiungere i miei die ci Cugini. La mia maestra aveva una frusta lunga e minacciosa, ed io ero perfett amente d'accordo con lei su tutto: i confini, i cristiani, l'educazione. Essere musulmani e rispettare i hudd sono una cosa sola. E per un bambino, rispet tare i hudd significa obbedire. Io desideravo tremendamente di compiacere Lalla T arn, e una volta che lei non era a portata d'orecchio chiesi a mia cugina Malika , di due anni maggiore di me, se poteva mostrarmi il punto esatto dove si trovav ano i hudd. Mi rispose che lei per certo sapeva una cosa sola: che tutto sarebbe filato liscio se avessi obbedito alla maestra. Hudd era tutto quello che la maest ra proibiva. Le parole di mia cugina mi aiutarono a rilassarmi e cominciai a god ermi la scuola. Ma da allora, cercare i confini diventata l'occupazione della mia vita. L'ansia mi divora ogni volta che non so individuare con esattezza la linea geometrica ch e determina la mia impotenza. La mia infanzia stata felice perch i confini erano di una chiarezza cristallina. Primo fu la soglia che separava il salone di casa dal cortile principale. Uscire in quel cortile al mattino non mi era permesso, fintanto che mia madre non si a lzava, e ci significava che, dalle sei alle otto, dovevo giocare senza far rumore . Potevo, se volevo, sedermi sulla fredda soglia di marmo, ma non dovevo unirmi ai giochi dei cugini pi grandi. Ancora nonsei capace di difenderti, mi spiegava la mamma, anche giocare una specie di guerra. E io, che avevo paura della guerra, mettevo il mio cuscino sulla soglia, e me ne stavo l seduta, giocando a al-masrya bi-'i-jals (alla lettera, "passeggiare seduta"), un gioco ch e inventai a quel tempo e che ancora oggi trovo molto utile. Per giocare occorro no solo tre cose. La prima starsene immobili da qualche parte, la seconda avere un posto per sedersi, e la terza, trovarsi in una disposizione di umilt tale da a

ccettare l'idea che il proprio tempo non valga niente. Il gioco consiste nel con templare superfici familiari come se fossero estranee. Stavo l a sedere sulla soglia e osservavo casa nostra come se non l'avessi mai vi sta. La prima cosa da guardare era il cortile rigido e squadrato, dove ogni cosa era governata dalla simmetria. Persino la bianca fontana di marmo che si trovav a al centro, col suo perpetuo gorgogliare, pareva ammansita e sotto controllo. L a fontana era decorata, lungo la circonferenza, da un sottile fregio di ceramica bianca e blu, che riproduceva il motivo inserito tra le mattonelle di marmo qua drate del pavimento. Il cortile era circondato da un colonnato ad archi, con qua ttro colonne per lato, che avevano base e capitelli di marmo, e nel mezzo erano rivestite di ceramica bianca e blu il cui disegno riprendeva quello della fontan a e del pavimento. Vi si affacciavano quattro enormi saloni, che si fronteggiava no a due a due. Ogni salone aveva una grande entrata centrale che dava sul corti le, con due ampie finestre laterali. Al mattino presto, e durante l'inverno, i s aloni erano ben chiusi da battenti in legno di cedro intagliato a motivi floreal i. D'estate restavano aperti, e calava un sipario di drappi pesanti, trine e vel luto, che lasciava passare l'aria, riparando da luce e rumori. Le finestre del s alone avevano, all'interno, delle imposte di legno intagliato, simili alle porte , ma dall'esterno si vedevano solo delle inferriate di ferro battuto placcato in argento, sormontate da lunette di vetro dipinte a splendidi colori. Amavo quei vetri colorati per il modo in cui il sole, sorgendo, sfumava di continuo i rossi e i blu, e attenuava i gialli. Come i pesanti battenti di legno, anche le fines tre si lasciavano aperte d'estate, e le tende venivano calate solo di notte o du rante il riposo pomeridiano, a proteggere il sonno. Alzando gli occhi verso il cielo, si poteva ammirare un'elegante struttura a due piani dov'era ripetuto il geometrico colonnato ad archi del cortile, cui si agg iungeva, a completarlo, un parapetto in ferro battuto placcato d'argento. E fina lmente il cielo - sospeso al di sopra di ogni cosa, ma sempre rigidamente squadr ato, come tutto il resto, e saldamente racchiuso in un fregio ligneo a disegni g eometrici di una pallida tinta oro e ocra. Guardare il cielo dal cortile era un'esperienza travolgente. All'inizio, sembrav a tenuto a bada da quella cornice squadrata fatta da mani d'uomo. Ma poi il movi mento delle stelle del primo mattino, col loro progressivo dissolversi nelle pro fondit del blu e del bianco, si faceva cos intenso che dava un senso di vertigine. Di fatto, in certi giorni, specialmente d'inverno - quando i raggi porpora e ro sa shoching del sole scacciavano a forza dal cielo le ultime stelle che si ostin avano a brillare - si poteva facilmente restarne ipnotizzati. Con la testa piega ta all'indietro, a faccia a faccia con quel cielo squadrato, veniva voglia di an dare a dormire, ma proprio allora il cortile iniziava a riempirsi di gente che g iungeva da ogni parte della casa: dalle porte, dalle scale... oh, quasi dimentic avo le scale. Situate ai quattro angoli del cortile, erano importanti perch su di esse perfino gli adulti potevano giocare a una sorta di gigantesco nascondino, correndo su e gi per i lucidi gradini verdi. Di fronte a me, dal lato opposto del cortile, c'era il salone dello zio e di sua moglie, e dei loro sette figli, che era la riproduzione esatta del nostro. La m amma non permetteva alcuna distinzione che fosse pubblicamente visibile fra i du e saloni, nonostante lo zio fosse il primogenito e, pertanto, secondo la tradizi one, gli spettassero appartamenti pi ampi e lussuosi. Lo zio non era soltanto pi r icco e pi anziano di mio padre; aveva anche una famiglia pi numerosa. Noi - io, mi a sorella, mio fratello e i genitori - arrivavamo a cinque. La famiglia dello zi o era a quota nove (o dieci, contando la sorella di sua moglie che spesso veniva in visita da Rabat, e che, da quando suo marito aveva preso una seconda moglie, a volte si tratteneva anche per sei mesi di fila) Ma mia madre, che detestava la vita comunitaria dell 'harem e sognava un eterno tete--tete con mio padre, aveva accettato quella che c hiamava una sistemazione critica (azma) solo a condizione che non venisse fatta alcuna distinzione fra le mogli: nonostante la disparit di rango, avrebbe goduto gli stessi privilegi della cognata. Lo zio rispettava scrupolosamente questo accordo perch, in un harem ben condotto, pi si ha potere, pi si deve agire con generosit. Lui e i suoi figli, in fin dei co

nti, avevano pi spazio, ma solo ai piani alti, lontano dal cortile, spazio pubbli co per eccellenza. Il potere non ha bisogno di manifestazioni eclatanti. Nostra nonna paterna, Lalla Mani, occupava il salone alla mia sinistra. Andavamo da lei solo due volte al giorno, una al mattino e una alla sera, per baciarle l a mano. Come tutti gli altri saloni, il suo era arredato con divani e cuscini ta ppezzati in broccato di seta, disposti lungo tutte e quattro le pareti; un grand e specchio, al centro, rifletteva l'interno della porta principale con i suoi dr appeggi sapientemente studiati, e un pallido tappeto a fiori copriva tutto inter o il pavimento. Non ci era permesso, per nessuna ragione, camminare su quel tapp eto con le babbucce - e men che meno con i piedi bagnati, cosa assai difficile d a evitare d'estate, quando il selciato del cortile veniva rinfrescato due volte al giorno con l'acqua della fontana. Le donne pi giovani della famiglia, come mia cugina Shama e le sue sorelle, amavano assolvere quell'incombenza giocando a la piscine, cio vuotando secchi d'acqua sul selciato e schizzando "per caso" la per sona pi vicina. Questo, ovviamente, incoraggiava i bambini pi piccoli -nella fatti specie, io e mio cugino Samir - a correre in cucina e ritornare armati con la ca nna dell'acqua. Quindi mentre tutti urlavano e tentavano di farci smettere, proc edevamo a un sistematico lavoro di schizzatura. Gli strilli finivano inevitabilm ente per disturbare Lalla Mani, che, alzando con stizza le sue tende, minacciava di andare a lamentarsi dallo zio e da pap quella sera stessa. Dir loro che pi nessu no, in questa casa, ha rispetto dell'autorit, diceva. Lalla Mani odiava i giochi d'acqua e i piedi bagnati, e se ci capitava di correre da lei per dirle q ualcosa dopo essere stati vicini alla fontana, ci ordinava sempre di fermarci l d ove eravamo. Non parlarmi con i piedi bagnati, diceva, vai prima ad asciugarteli. Pe r quanto la riguardava, chiunque violasse la Legge dei Piedi Asciutti e Puliti v eniva stigmatizzato a vita, e se avessimo osato procedere oltre, fino a insozzar le il tappeto a fiori, il nostro atto di insubordinazione ci sarebbe stato ramme ntato per molti anni a venire. Lalla Mani gradiva essere rispettata, vale a dire esser lasciata in disparte, elegantemente vestita , con il suo copricapo ingioi ellato, a sedere e a guardare in silenzio nel cortile. Amava essere circondata d a un pesante silenzio. Il silenzio era un lusso: il privilegio di quei pochi ele tti che potevano permettersi di tenere lontani i bambini. Infine, sul lato destro del cortile, si trovava il salone pi ampio e pi elegante d i tutti - il salone degli uomini, dove questi pranzavano, ascoltavano le notizie , concludevano gli affari e giocavano a carte. In teoria, loro erano gli unici d ella casa ad avere accesso alla grande radio che stava nell'angolo destro del lo ro salone, custodita in un mobile i cui sportelli venivano chiusi a chiave quand o l'apparecchio non veniva utilizzato (fuori, comunque, erano installati degli a ltoparlanti, perch tutti potessero sentire). Le uniche due chiavi della radio, mi o padre ne era certo, erano sotto controllo suo e dello zio. Tuttavia, cosa alqu anto curiosa, quando gli uomini erano fuori, le donne riuscivano regolarmente ad ascoltare Radio Cairo. Shama e mia madre danzavano spesso sulle melodie della r adio, cantando con la principessa libanese Asmahan "Ahw" (sono innamorata), quand o gli uomini non erano in vista. Ed io ricordo la prima volta che le donne usaro no la parola kh'in (traditore) per rivolgersi a me e a Samir: quando, a mio padre che ci chiedeva cosa avessimo fatto in sua assenza, raccontammo di aver ascolta to Radio Cairo. La nostra risposta svel l'esistenza di una chiave pirata. Pi speci ficamente, rivel che le donne avevano rubato la chiave per farsene una copia. Se s i sono fatte una chiave del mobile-radio, presto se ne faranno una anche del por tone, brontol mio padre. Ne nacque un affare di stato, e le donne furono interrogate una per volta nel salone degli uomini. Ma dopo due giorni di indagini, tutto quello che si concluse fu che la chiave doveva essere caduta dal cielo; nessuno sapeva di dove fosse venuta. Ciononostante, una volta che l'inchiesta fu archiviata, le donne se la presero c on noi bambini. Dissero che eravamo dei traditori, e che avremmo dovuto essere e sclusi dai loro giochi. Era una prospettiva orribile, e noi ci difendemmo spiega ndo che non avevamo fatto altro che dire la verit. Mia madre ribatt che alcune cos e erano vere, certo, ma nondimeno si dovevano tacere: dovevano essere tenute seg rete. E aggiunse che ci che si dice e ci che si tiene segreto non ha nulla a che v edere con le bugie e la verit. La pregammo di spiegarci dove stava la differenza,

ma non seppe tirar fuori una risposta utile. Devi giudicare da sola l'impatto de lle tue parole, disse. Se quello che dici pu far male a qualcuno, devi star zitta. A nche quel consiglio non ci fu di nessun aiuto. Il povero Samir, che odiava esser chiamato traditore, si ribell e grid che era libero di dire quello che voleva. Io , come al solito, ammirai il suo coraggio, ma rimasi in silenzio. Decisi che, se oltre a dover distinguere tra verit e bugie (cosa che gi mi causava non pochi pro blemi) dovevo anche mettermi a distinguere questa nuova categoria di "segreto", mi sarebbe venuto un gran caos nella testa: era meglio rassegnarmi subito ad ess ere insultata spesso e abituarmi alla nomea di traditrice. Uno dei miei piaceri settimanali era quello di ammirare Samir che metteva in att o le sue ribellioni contro gli adulti, e sentivo che, se avessi continuato a sta re dietro a lui, non mi sarebbe accaduto mai nulla di male. Io e Samir siamo nat i nello stesso giorno, in un lungo pomeriggio di Ramadan, con un'ora appena di d ifferenza. 1. Lui nacque per primo, al secondo piano, ultimo di sette figli. Io nacqui un'ora pi tardi, nel nostro salone al pianoterra, primogenita, e sebbene m ia madre 1 Nel mese sacro di Ramadan, il nono del calendario musulmano, si osserva un dig iuno rituale dall'alba al tramonto. fosse esausta, insist che zie e parenti mi riservassero gli stessi rituali osserv ati per Samir. Aveva sempre rifiutato la superiorit maschile come illogica e del tutto antimusulmana -Allh ci ha creati tutti uguali, era solita dire. E quindi - mi raccont in seguito - quel pomeriggio la casa vibr una seconda volta al suono dei tradizionali yu-yu, 2, e dei canti di giubilo, tanto che i vicini si confusero e pensarono che in famiglia fossero nati due maschi. Mio padre era fuori di s dall a gioia: ero tutta paffutella, con una faccia da "luna piena", e decise immediat amente che sarei diventata una gran bellezza. Per stuzzicarlo, Lalla Mani gli di sse che ero un po troppo pallida, che i miei occhi erano troppo sghembi e i miei zigomi troppo alti, mentre Samir, aggiunse, aveva una bella tinta dorata, e i pi grandi occhi color nero velluto che si siano mai visti. Mia madre non disse nulla , ma non appena pot reggersi in piedi, corse a vedere se davvero Samir aveva gli occhi color nero velluto, e li aveva. Li ha tuttora, ma tutta la morbidezza del velluto scompare quando di cattivo umore. Mi sono sempre chiesta se quella sua c aratteristica di saltare su e gi mentre si ribellava ai grandi, non fosse dovuta semplicemente alla sua costituzione mingherlina. Per contro, io ero cos grassoccia che neanche mi veniva in mente di saltare quand o qualcuno mi infastidiva; anzi, scoppiavo in lacrime e correvo a nascondermi ne l caffettano di mia madre. Ma la mamma continuava a ripetermi che non dovevo las ciare a Samir il compito di ribellarsi anche per me: Devi imparare a gridare e pr otestare, proprio come hai imparato a camminare e parlare. Piangere davanti agli insulti come chiederne ancora. Preoccupata che potessi diventare una donna servi le, mia madre, in visita alla sua famiglia per le vacanze estive, chiese consigl io sul da farsi a nonna Jasmina, che era famosa per l'impareggiabile modo con cu i sapeva difendere le proprie ragioni. Questa le consigli di smetterla di fare pa ra2 Yu-yu un grido di gioia con cui le donne celebrano eventi felici, dalle nascit e e i matrimoni a fatti pi spiccioli, come l'aver portato a termine un ricamo, o la festa di una vecchia zia. goni tra me e Samir e di spingermi, al contrario, a sviluppare un atteggiamento protettivo nei confronti dei bambini pi piccoli. Ci sono molti modi per creare una forte personalit, disse la nonna. Uno quello di far sviluppare la capacit di sentir si responsabile per gli altri. Essere semplicemente aggressivi, e saltare al col lo del vicino ogni volta che ti pesta i piedi, un altro modo, ma di certo non il pi elegante. Incoraggiare una figlia a sentirsi responsabile verso quelli pi giov ani che vivono nella sua stessa casa, vuol dire darle spazio per costruirsi la s ua forza. Ricorrere a Samir per essere protetta pu andar bene, ma se lei scoprir i l modo per proteggere gli altri, potr usare quell'abilit anche per se stessa. Ma l' incidente della radio rappresent comunque per me una lezione importante. Fu allor a che mia madre mi parl della necessit di masticare le parole prima di dirle. Rigir

a ogni parola nella lingua per sette volte, con le labbra ben chiuse, prima di p ronunciare una frase, mi disse, perch rischi di rimetterci molto, una volta che le parole sono uscite. Pi tardi mi rammentai che, in una novella delle Mille e una no tte, una sola parola detta male poteva portar disgrazia al malcapitato che l'ave sse pronunciata facendo indignare il califfo, o il re. Poteva anche capitare che venisse chiamato il sayyaf, il boia. D'altro canto, le parole potevano anche essere la salvezza, per la persona abile a tesserle con arte. Questo quanto accadeva a Shahrazad, l'autrice delle mille e una storia. Il re stava per farle tagliare la testa, ma all'ultimo minuto, pro prio usando accortamente le parole, lei fu in grado di fermarlo. Non vedevo l'or a di scoprire come avesse fatto. Il Shahrazad, il re e le parole Un pomeriggio, verso sera, mia madre mi spieg con tutta calma il motivo per cui q uelle favole andavano sotto il nome di Le Mille e una notte. Non era un caso, in fatti, poich per ognuna di quelle notti - che furono tante - Shahrazad, la giovan e sposa, dovette raccontare una storia cos avvincente e accattivante da indurre i l re, suo marito, a mettere da parte il furioso progetto di farla giustiziare al l'alba. Ne fui terrorizzata. Mamma, vuoi dire che se al re non piace la storia di Shahrazad, far venire il sayyaf (\\ boia) ? . Continuavo a chiedere altre possibi lit per la povera ragazza; volevo delle alternative. Perch non poteva aver salva l a vita anche se al re non fosse piaciuta la storia? Perch Shahrazad non poteva di re semplicemente quello che voleva, senza doversi preoccupare del re? O perch non poteva rovesciare la situazione, e chiedere lei al re di raccontarle una storia avvincente ogni notte? Cos, almeno, lui avrebbe capito il terrore che si prova a dover compiacere qualcuno che ha il potere di tagliarti la testa. La mamma diss e che prima di cercare altre vie di scampo, dovevo conoscere tutti i dettagli de lla vicenda. Il matrimonio di Shahrazad con il re, disse, non era un matrimonio normale. Era stato celebrato in circostanze molto spiacevoli. Il re Shahriyar aveva scoperto sua moglie a letto con uno schiavo e, profondamente ferito e adirato, aveva tagl iato la testa ai due amanti. Con sua grande sorpresa, per, dovette accorgersi che il duplice assassinio non era bastato a placare la sua feroce collera. Vendicar si divenne la sua ossessione notturna. Sentiva il bisogno di uccidere altre donn e. Cos ordin al vizir, il pi alto dignitario di corte, che era anche il padre d Shahrazad, di condurgli una vergine ogni notte: lui l'avrebbe sposata, avrebbe passato la notte con lei, e all'alba ne avrebbe ordinato l'esecuzione. E cos fece per tre lu nghi anni, uccidendo pi di un migliaio di fanciulle innocenti, finch il popolo inso rse, levando la voce contro di lui, invocando maledizioni sul suo capo, e pregan do Allh di annientarlo, lui e la sua legge; ci fu forte strepito di donne e gran pianto di madri, i genitori fuggirono portando via le figlie, e nella citt non re st pi una sola ragazza con cui congiungersi carnalmente. 3. Congiungersi carnalment e, precis mia madre quando il cugino Samir prese a pestare i piedi reclamando a g ran voce una spiegazione, quando marito e moglie stanno insieme in un letto e do rmono tutta la notte. E venne il giorno in cui non restarono che due vergini in tutta la citt: una era Shahrazad, la figlia maggiore del vizir, e l'altra era Dunyazad, sua sorella min ore. Quando il vizir torn a casa, quella sera, pallido e preoccupato, Shahrazad g li domand quali pensieri lo assillassero. Lui le parl del problema, e la ragazza r eag in un modo che il padre non si sarebbe mai aspettato. Invece di supplicare il suo aiuto per aver salva la vita, Shahrazad si offr immediatamente di andare a p assare la notte con il re. Vorrei che tu mi dessi in matrimonio a questo re Shahr iyar, disse. O rimarr in vita, o sar il riscatto delle vergini musulmane, e la causa della loro liberazione dalle mani del re e dalle tue. Il padre di Shahrazad, che amava sua figlia teneramente, si oppose a un tale pro getto, e tent di convincerla a pensare a un'altra soluzione. Farla sposare con Sh ahriyar equivaleva 3 Citato dalla splendida traduzione The Book of the Thousand and One Nights di R

ichard F. Burton, edita privatamente dal Burton Club, in data sconosciuta (l'int roduzione datata 1865), vol. I, p.14. Tuttavia, la versione del Burton pu risulta re difficilmente comprensibile a causa della sua lingua arcaica. Per un primo ap proccio all'opera, sono disponibili recenti traduzioni di pi immediata comprensio ne; in italiano esistono diverse edizioni di Le mille e una notte, la pi autorevo le delle quali indubbiamente quella curata da Francesco Gabrieli per Einaudi, To rino, 1948 (ultima edizione, 1972). a condannarla a morte sicura. Ma, diversamente dal padre, lei era convinta di av ere un potere speciale, e di essere in grado di fermare l'eccidio. Avrebbe curat o l'anima travagliata del sovrano, semplicemente parlandogli di cose accadute a qualcun altro; lo avrebbe condotto per terre lontane, a osservare gli usi degli stranieri, cos da avvicinarlo all'estraneit che abitava in lui; lo avrebbe aiutato a vedere la sua prigione, il suo odio ossessivo per le donne. Shahrazad era cer ta che, se avesse potuto fare in modo che il re guardasse dentro di s, sarebbe na to in lui il desiderio di cambiare, e di amare ancora. Con riluttanza, il padre cedette, e quella stessa notte Shahrazad fu sposa di Shahriyar. 4. Appena introd otta nella camera del re, la donna inizi a raccontargli una storia meravigliosa c he, astutamente, lasci in sospeso nel momento pi denso di suspense, cos che Shahriy ar non pot sbarazzarsi di lei all'alba e le accord di vivere fino alla notte dopo, per poter finire il racconto. Ma la seconda notte, Shahrazad cominci a raccontar gli un'altra storia avvincente che, al giungere dell'alba, era ancora ben lontan a dalla fine, e il re dovette lasciarla vivere anche questa volta. Lo stesso acc adde la notte seguente, e quella dopo ancora, per mille notti in tutto, che equi valgono a poco meno di tre anni, fino a che il re non fu pi capace di immaginare la propria vita senza di lei. Nel frattempo, avevano gi avuto due figli, e dopo m ille e una notte, il re rinunci alla terribile abitudine di far tagliare la testa alle donne. Quando mia madre fin di raccontare la storia di Shahrazad, io le chiesi: Ma come s i impara a raccontare le storie che piacciono ai re? Mia madre mormor, come parlan do tra s e s, che le donne non facevano altro per tutta la vita. 4 Ho constatato con sorpresa che, per molti occidentali, Shahrazad solo un'amabi le e ingenua intrattenitrice che, abbigliata in favolose vesti, racconta storiel le innocue. Dalle nostre parti, invece considerata un'eroina coraggiosa, ed una delle nostre rare figure mitiche femminili. Sherazad una stratega dal pensiero p otente, che usa la sua conoscenza psicologica degli esseri umani per farli cammi nare pi in fretta e saltare pi in alto. Come Sindibad e Saladino, ci rende pi audac i e sicuri di noi stessi, del nostro potere di cambiare il mondo e le persone. Questa risposta non mi fu di grande aiuto, naturalmente, ma poi lei aggiunse che le mie opportunit di essere felice dipendevano tutte dal grado di abilit che avre i acquisito nell'uso delle parole. Saputo questo, io e Samir (che, in seguito al l'incidente della radio, avevamo deciso di evitare le parole sgradite che potess ero turbare i grandi) cominciammo a fare allenamento. Stavamo seduti per ore, a far pratica in silenzio, masticando le parole, facendole girare sette volte into rno alla lingua, e tenendo sempre d'occhio gli adulti per vedere se si accorgeva no di qualcosa. Ma nessuno si accorse mai di nulla, specialmente nel cortile, dove la vita era m olto severa e formale. Solo al piano di sopra le cose erano meno rigide. Lass, zi e e parenti, vedove o divorziate, coi rispettivi figli, occupavano un labirinto di stanze e stanzette. Il numero delle parenti che, di volta in volta, vivevano con noi, variava a seconda dei conflitti nelle loro vite. Lontane parenti, in ro tta coi mariti, venivano a cercare rifugio nei nostri piani alti per qualche set timana. Alcune di loro, si portavano i figli, e venivano col proposito di restar e per poco, giusto il tempo di dimostrare ai mariti che avevano un altro posto d ove andare, che potevano sopravvivere per conto proprio, e non erano in disperat e condizioni di dipendenza. (Molto spesso questa strategia si rivelava vincente, e quando facevano ritorno al tetto coniugale, le donne avevano un maggiore pote re contrattuale). Altre, invece, venivano a stare da noi per sempre, dopo un div orzio o qualche altro grave problema, e questa era una delle tradizioni per cui

mio padre si preoccupava ogni volta che qualcuno attaccava l'istituzione dell'ha rem. Dove andrebbero le donne in difficolt?, era solito dire. Le stanze di sopra erano molto modeste, con pavimenti di piastrelle bianche e mu ri imbiancati a calce. La mobilia era scarsa: un po ovunque erano sparsi degli s tretti divani ricoperti di rozzo cotone a fiorami e cuscini insieme a stuoie di rafia facili da lavare. I piedi bagnati, le babbucce, persino le tazze da t roves ciate occasionalmente, qui non provocavano le stesse eccessive reazioni del pian o terra. La vita ai piani alti era molto pi facile, specialmente perch ogni cosa era accompagnata da hanan, una q ualit emotiva tutta marocchina che raramente mi capitato di incontrare altrove. d ifficile dare un'esatta definizione di hanan ma, fondamentalmente, si tratta di una sorta di tenerezza libera, gratuita, benevola, incondizionatamente disponibi le. Le persone che danno hanan, come la zia Habiba, non minacciano di riprenders i indietro il loro amore quando uno commette qualche involontaria infrazione, pi ccola o grande che sia. Al piano terra hanan si incontrava di rado, soprattutto tra le madri, che erano troppo impegnate a insegnare il rispetto dei confini per prendersi anche la briga di essere tenere. Il piano di sopra era anche il luogo dove andare per ascoltare le storie. Si sal iva, per centinaia di gradini lucidi, fino al terzo e ultimo piano della casa, e quindi alla terrazza, spaziosa e invitante, tutta imbiancata a calce, che vi er a annessa. Era l che la zia Habiba aveva la sua stanza, piccola e quasi completam ente spoglia. Suo marito si era tenuto tutta la roba del matrimonio, con l'idea che se avesse fatto tanto di alzare un dito e dirle che la riprendeva in casa, l ei avrebbe chinato la testa e sarebbe tornata di corsa. Ma non pu portarmi via le cose pi importanti che ho, diceva di tanto in tanto la zia Habiba, cio la mia risata , e tutte le storie fantastiche che so raccontare, quando mi trovo davanti un de gno uditorio. Una volta chiesi a mia cugina Malika che cosa intendesse la zia per "un degno uditorio", e lei mi confess di non averne idea. Dissi che forse avremm o dovuto chiederlo direttamente a lei, ma Malika rispose di no, meglio di no, pe rch c'era il rischio che si mettesse a piangere. La zia Habiba piangeva spesso se nza ragione; lo dicevano tutti. Ma noi le volevamo bene, 'e il gioved notte stent avamo a prender sonno, tanta era l'eccitazione alla prospettiva della sua fiaba del venerd sera. Di solito questa consuetudine finiva per creare scompiglio perch le storie duravano troppo, a detta delle nostre madri, le quali, per venire a ri prenderci, erano spesso costrette ad arrampicarsi per tutte quelle scale. E, una volta arrivate in cima, dovevano pure sentirci strillare, mentre i pi viziati tr a i miei cugini, come Samir, si rotolavano per terra, gridando che loro non avevano sonno, propri o per niente. Ma chi riusciva a rimanere fino alla fine della storia, cio fino a quando l'eroin a trionfava sui suoi nemici e riattraversava i sette fiumi, i sette monti, i sett e mari, aveva un altro problema da affrontare: ridiscendere le scale, la qual cos a incuteva spesso paura. Prima di tutto perch non c'era luce: gli interruttori pe r l'illuminazione delle scale erano tutti controllati da Ahmed, il portinaio, da l portone d'ingresso, e lui staccava la luce alle nove di sera, per segnalare a chi si trovava sulla terrazza che era ora di rientrare e che il via vai doveva u fficialmente cessare. Poi, perch un'intera popolazione di jinn (demoni) se ne sta va l fuori, appostata in silenzio, pronta a saltarti addosso. E infine, ma non me no rilevante, c'era il problema che il cugino Samir era cos bravo a imitare i jin n che spesso mi capitava di prenderlo per uno vero. In molte occasioni, per farl o smettere, dovetti letteralmente fingere di svenire. A volte, quando la storia durava per ore, le madri non comparivano, e la casa in tera piombava all'improvviso nel silenzio, pregavamo la zia Habiba di farci pass are la notte nella sua stanza. Lei srotolava il suo bel tappeto nuziale, quello che teneva sempre arrotolato con cura dietro la cassapanca di cedro, e vi stende va sopra un lenzuolo bianco pulito che, per l'occasione, profumava con una speci ale acqua di fiori d'arancio. Non aveva abbastanza cuscini che potessero fungere da guanciali per tutti, ma questo non era un problema per noi. Divideva con noi la sua grande coperta di lana pesante, spegneva la luce elettrica e metteva una grossa candela sulla soglia, dalla parte dei piedi. Se per caso qualcuno ha urge

nza di andare al bagno, ci diceva, tenga a mente che questo tappeto l'unica cosa c he mi resta in ricordo dei bei tempi, quando ero una donna felicemente sposata. Cos, in quelle notti di grazia, ci addormentavamo ascoltando la voce di nostra zi a che ci apriva magiche porte a vetri su prati rischiarati dai raggi della luna. E quando, al mattino, ci svegliavamo, avevamo ai piedi l'intera citt. La stanza della zia Habiba era piccola, ma aveva una grande finestra con una vista che arrivava fino ai monti del Nord. La zia Habiba sapeva come parlare nella notte. Con la forza delle sole parole, c i conduceva a bordo di una grande nave che veleggiava da Aden alle Maldive, oppu re ci portava su un'isola dove gli uccelli parlavano come gli esseri umani. Cava lcando le sue parole, viaggiavamo oltre Sind e Hind (l'India), lasciandoci dietr o i paesi musulmani, vivendo pericolosamente, facendo amicizia con cristiani ed ebrei, che dividevano con noi il loro cibo bizzarro e ci guardavano fare le nost re preghiere, mentre noi li guardavamo recitare le loro. A volte andavamo cos lon tano che non c'erano pi dei: solo adoratori del sole e del fuoco, ma anche questi sembravano cordiali e amichevoli, quando ci venivano presentati dalla zia Habib a. I suoi racconti mi facevano venire voglia di diventare adulta ed esperta narr atrice a mia volta. Volevo imparare a parlare nella notte. III L'harem dei francesi Hudd per eccellenza, o confine assoluto, era il nostro portone di casa. Attravers are la soglia, sia per uscire che per entrare, era un atto da compiersi previa a utorizzazione. Ogni movimento doveva essere giustificato, e anche il solo fatto di avvicinarsi al portone aveva una sua procedura. Chi veniva dal cortile, dovev a prima percorrere un corridoio interminabile e, una volta in fondo, si trovava faccia a faccia con Ahmed il portinaio, che di solito stava assiso su un sof come un re in trono, col vassoio del t sempre l a fianco, pronto a far conversazione. Poich ottenere un permesso di uscita comportava immancabilmente una serie di comp lessi negoziati, si veniva invitati ad accomodarsi vicino a lui sul suo imponent e sof, oppure di fronte, debitamente rilassati sulla sua scombinata fauteuil d'Fr ansa, la logora sedia rigida e imbottita che si era comprato per due soldi in un a delle rare visite alla jtiya, il mercato delle pulci locale. Ahmed teneva spess o in grembo il pi piccolo dei suoi cinque figli, dato che si prendeva cura di lor o ogni qualvolta che sua moglie, Lz, era fuori per lavoro. Lz era una cuoca di prim' ordine, e occasionalmente, quando la paga era buona, accettava incarichi fuori d i casa nostra. Il portone della casa era un gigantesco arco in pietra con enormi battenti di le gno intagliato. La sua funzione era quella di tener separato l'harem delle donne dalla strada in cui camminavano uomini estranei. (Da questa separazione, ci ven iva detto, dipendevano l'onore e il prestigio dello zio e di pap). I bambini potevano uscire dal portone, a patto che avessero il permesso dei geni tori; le donne adulte, no. Mi sveglierei all'alba, diceva mia madre di tanto in ta nto, se solo potessi andare a passeggio di primo mattino, quando le strade sono a ncora deserte. A quell'ora, la luce deve essere blu, o forse rosa, come al tramo nto. Quale sar il colore del mattino nelle strade deserte e silenziose? . Nessuno rispondeva alle sue domande. In un harem, le domande non si fanno necessariament e per avere una risposta. Le domande si fanno tanto per capire quello che ci acc ade. Vagare per le strade liberamente era il sogno di ogni donna. La pi popolare delle storie narrate dalla zia Habiba, che veniva riservata alle occasioni speci ali, parlava di una "Donna con le Ali" che poteva volare via dal cortile ogni qu al volta lo voleva; e quando la zia la raccontava, le donne della corte si infil avano il caffettano nella cintura e danzavano con le braccia spiegate, come se s tessero per spiccare il volo. Restai confusa per anni, perch mia cugina Shama, di diciassette anni, era riuscita a convincermi che tutte le donne avevano delle a li invisibili, e che quando fossi stata pi grande sarebbero cresciute anche a me. Il portone di casa ci proteggeva inoltre da quegli stranieri che se ne stavano q ualche metro pi in l, su un altro confine, non meno pericoloso e affollato - quell o che divideva la nostra citt vecchia, la medina, dalla nuova citt francese, la Vi

lle Nouvelle. Quando Ahmed era occupato a discutere o a farsi un sonnellino, io e i miei cugini sgattaiolavamo fuori dal portone per dare un'occhiata ai soldati francesi: indossavano delle uniformi blu, portavano i fucili in spalla, e aveva no piccoli occhi grigi sempre in allerta. Spesso cercavano di parlare con noi ba mbini, perch gli adulti non scambiavano con loro neanche una parola, ma noi erava mo stati istruiti a non rispondere. Sapevamo che i francesi erano avidi, ed eran o venuti da lontano per conquistare la nostra terra, sebbene Allh avesse dato lor o un bel paese, con citt operose, fitte foreste, verdi campi ubertosi, e vacche c os grasse che una sola dava tanto latte come quattro delle nostre. Eppure, chiss p erch, i francesi volevano di pi. Dato che abitavamo al confine tra la citt vecchia e quella nuova, potevamo vedere la differenza tra la nostra medina e la Ville Nouvelle dei francesi. Le loro st rade erano larghe e dritte e, di notte, si illuminavano tutte di luci sfavillant i. (Pap diceva che sperperavano l'energia di Allh, perch la gente non ha bisogno di tutta quella luce, in una comunit sicura). Avevano anche delle auto veloci. Le s trade della nostra medina, invece, erano strette, buie e a serpentina - cos tortu ose che, in quelle spire, le auto non potevano entrare, e gli stranieri che aves sero osato avventurarvisi non avrebbero trovato il modo di venirne fuori. Questo era il vero motivo per cui i francesi si erano costruiti una citt nuova tutta pe r loro: dover vivere nella nostra li spaventava. Nella medina, la maggior parte delle persone andava a piedi. Pap e lo zio possede vano dei muli, ma i poveri come Ahmed avevano solo degli asini; donne e bambini dovevano andare a piedi. I francesi avevano paura di andare a piedi e stavano se mpre chiusi nelle auto. Anche i soldati se ne stavano in auto quando le cose si mettevano male. Questo, per noi bambini, costitu motivo di sorpresa, perch ci rive l che anche i grandi potevano aver paura, proprio come noi. In pi, questi grandi c he avevano paura se ne stavano fuori, e presumibilmente erano liberi. Gli stessi potenti che avevano creato il confine, ora lo temevano. La Ville Nouvelle era i l loro harem; proprio come le donne, non potevamo camminare liberamente nella me dina. Quindi si poteva essere potenti, e al tempo stesso prigionieri di un confi ne. Nondimeno, i soldati francesi, che spesso, sulle loro postazioni, parevano tanto giovani, soli e spaventati, incutevano terrore all'intera medina: avevano il po tere ed erano in condizioni di farci del male. Mia madre mi raccont che un giorno, nel gennaio del 1944, il re Muhammad V, soste nuto dai nazionalisti di tutto il Marocco, and dal capo amministratore coloniale francese, il resident General, per porgergli formalmente una domanda d'indipende nza. Il resident General ne fu sconvolto. Come osate voi marocchini chiedere l'i ndipendenza! deve aver gridato, e, per punirci, comand ai soldati di attaccare la medina. I carri a rmati si aprirono una strada e si spinsero fra le viuzze tortuose fin dove poter ono arrivare. Il popolo rivolse preghiere in direzione della Mecca. migliaia di uomini recitarono la preghiera dell'ansia, che consiste in una singola parola ripe tuta per ore ed ore, quando ci si trova a fronteggiare una catastrofe: Y Latif, Y Latif, Y Latif! (Oh tu, il benevolo). Latif uno dei cento appellativi di Allh, il pi bello di tutti, secondo la zia Habiba, perch Lo descrive come fonte di tenera c ompassione, che sente il dolore umano e viene in soccorso. Ma i soldati francesi armati e intrappolati nelle stradine tortuose, circondati dai canti di Y Latif r ipetuto per migliaia di volte, si innervosirono e persero il controllo. Comincia rono a sparare sulla folla che pregava e, nel giro di pochi minuti, i cadaveri c addero uno sull'altro proprio sulla soglia della moschea, mentre, all'interno co ntinuavano i canti. Mia madre dice che, a quel tempo, io e Samir avevamo appena quattro anni e nessuno si era accorto che stavamo guardando fuori dal portone, m entre tutti quei cadaveri intrisi di sangue, vestiti con la jallabiyya bianca, l a veste rituale per la preghiera, venivano riportati alle loro case. Per molti me si, tu e Samir avete avuto incubi, diceva mia madre, e non potevate pi vedere il co lore rosso senza correre a nascondervi. Abbiamo dovuto portarvi al santuario di Mawly Idris molti venerd di seguito, perch gli sharif (uomini sacri) vi proteggesse ro dal male grazie ai loro rituali, e io dovetti mettere un amuleto coranico sot to il tuo cuscino per un anno intero, prima che tu tornassi a dormire normalment

e. Dopo quel tragico giorno, i francesi cominciarono ad andarsene sempre in giro con le armi bene in vista, mentre mio padre dovette rivolgersi a molte conoscenz e per avere il permesso di tenere il suo fucile da caccia - permesso che gli fu accordato solo a patto che quando non era nella foresta, tenesse l'arma sotto ch iave. Mi sentivo smarrita di fronte a questi eventi, e ne parlavo spesso con Jasmina, la mia nonna materna, che abitava in una bella fattoria tra vacche e pecore e im mensi pascoli in fiore, un centinaio di chilometri pi a ovest, tra Fez e l'Oceano. Le facevamo visita una volta all'anno, e io le raccontavo di confini, paure e differenze, e del perch d i tutto questo. Jasmina sapeva molto sulla paura, su tutti i tipi di paura. Io so no un'esperta della paura, Fatima, diceva, accarezzandomi la fronte, mentre gioca vo con le sue perle e le perline di vetro rosa. E quando sarai pi grande, ti dir al cune cose. Ti insegner a superare le paure. Spesso, le prime notti in cui mi trovavo alla fattoria di Jasmina, non mi riusci va di prender sonno: i confini non erano abbastanza definiti. Non si vedevano da nessuna parte dei portoni chiusi, ma solo campi aperti, piatti e sconfinati, do ve i fiori crescevano e gli animali pascolavano in pace. Ma Jasmina mi spiegava che la fattoria era parte della terra originaria di Allh, che era senza frontiere , solo vasti campi aperti senza confini n limiti, e che non dovevo averne paura. Ma come potevo andarmene in giro in aperta campagna senza essere aggredita? chie devo continuamente. E allora per aiutarmi a prendere sonno Jasmina invent un gioc o che mi piaceva tanto, un gioco che si chiamava mshiya fi 'i-khal' (la passeggia ta in aperta campagna). Mentre ero distesa, lei mi teneva stretta, e io mi aggra ppavo con tutte e due le mani alle sue perline di vetro, chiudevo gli occhi, e m i immaginavo di camminare in un campo di fiori infinito. Cammina piano, mi diceva Jasmina, cos puoi sentire il canto dei fiori. Senti, sussurrano salam, salam (pace , pace). Io ripetevo il ritornello dei fiori pi veloce che potevo, tutti i pericol i scomparivano, e cadevo addormentata. Salam, salam, mormoravo, con i fiori e con Jasmina. Subito dopo, era mattina, e mi risvegliavo nel grande letto di ottone d i Jasmina, con le mani piene delle sue perle e perline rosa. Da fuori giungeva l a musica delle brezze che sfioravano le foglie e degli uccelli che si parlavano tra loro, e in vista non c'era nessuno tranne re Farq, il pavone, e Tharwa, la gr assa oca bianca. Veramente, Tharwa era anche il nome di una delle mogli di mio nonno, quella che Jasmina pi detestava, ma io potevo chiamare quella donna Tharwa solo nel silenzio dei miei pensieri. Quando dicevo il suo nome ad alta voce, dovevo dire Lalla Thawr. Lalla , dalle nostre parti, il titolo di rispetto per le donne di una certa posizione, come Sid titolo di rispetto per tutti gli uomini importanti. Essendo una bambina, dovevo chiamare tutti gli adulti importanti Lalla e Sid, e b aciar loro la mano al tramonto, quando le luci venivano accese e si diceva ms'kum (buona sera) Ogni sera, io e Samir dovevamo baciare la mano a tutti quanti: lo facevamo il pi velocemente possibile, cos da poter tornare ai nostri giochi senza udire l'odioso commento: La tradizione si va perdendo Eravamo diventati cos bravi, che riuscivamo a sbrigare quel rituale a una velocit incredibile, ma qualche volta andavamo cos di fretta che finivamo per inciampare l'uno sull'altro, cadendo addosso alle persone che dovevamo riverire, o rovinand o miseramente sul tappeto. Allora tutti scoppiavano a ridere. La mamma rideva fi no a farsi venire le lacrime agli occhi. Poveri cari, diceva, sono gi stanchi di bac iare mani, e sono solo all'inizio. Ma Lalla Tharwa alla fattoria, proprio come La lla Mani a Fez, non rideva mai: era sempre seria, inappuntabile, formale. In qua lit di prima moglie di nonno Taz, godeva di una posizione molto privilegiata in se no alla famiglia. In pi, non le toccavano faccende domestiche ed era molto ricca: due privilegi che Jasmina non poteva soffrire. Non mi importa quanto ricca quell a donna, diceva, deve darsi da fare come ognuna di noi. Siamo o non siamo musulman i? Se lo siamo, allora tutti sono uguali. Lo ha detto Allh e lo ha confermato il suo Profeta. Jasmina mi diceva di non accettare mai l'ineguaglianza, perch contro ogni logica. Era per questo motivo che aveva dato il nome di Lalla Tharwa alla sua grassa oc

a bianca. IV Jasmina e la prima consorte Quando Lalla Tharwa venne a sapere che Jasmina aveva dato il suo nome a un'oca, si ritenne oltraggiata. Convoc il nonno Taz nel s uo salone - che, per la verit, era un palazzo indipendente, con tanto di giardino interno, una grande fontana e una splendida vetrata veneziana che occupava una parete di dieci metri. Il nonno ci and con riluttanza, trascinando i passi e tene ndo in mano una copia del Corano, tanto per far vedere che era stato interrotto nella sua lettura. Indossava i soliti ampi pantaloni bianchi di cotone, il suo q amis di chiffon bianco e la farajyya, pi le babbucce di cuoio giallo. 5. La jallab iyya, in casa, non la metteva mai, eccezion fatta per i giorni di visite. Fisicamente, il nonno aveva il tipico aspetto della gente del nord, dato che la sua famiglia era originaria del Rif. Era alto e dinoccolato, con un volto spigol oso, la pelle chiara, e un'aria molto distante e altezzosa. La gente del Rif fie ra e di poche parole, e il nonno detestava che le sue mogli piantassero liti e d iscussioni d'ogni sorta. Una volta, Jasmina provoc due dispute nel giro di un mes e, e il nonno le tolse la 5 Negli anni Quaranta, in Marocco, uomini e donne di citt vestivano quasi allo st esso modo, con tre capi di vestiario sovrapposti. Il primo capo, il qatnis, era molto morbido, in fibra naturale, ossia cotone o seta. Il secondo, il caffettano , era di lana pesante e si smetteva in primavera, quando cominciava a far pi cald o. Il terzo, quello pi esterno, era la farafyya una veste leggera, spesso traspare nte, con due spacchi laterali, da indossare sul caffettano. Quando uomini e donn e uscivano in pubblico, aggiungevano al vestiario un quarto capo, la jallabiyya, che era una veste lunga e molto ampia. Negli anni Cinquanta, con l'indipendenza, il modo di vestire in Marocco sub una rivoluzione. Per prima cosa , sia uomini che donne cominciarono a vestire all'occidentale in varie occasioni . Poi, lo stesso abito tradizionale fu trasformato e adattato ai tempi moderni. Era iniziata l'era dell'abito innovativo e personalizzato, e oggi, osservando un a via di una qualunque citt marocchina, non si notano due persone vestite allo st esso modo. Uomini e donne prendono in prestito l'uno dall'altro, e dal resto dell'Africa, c ome dall'Occidente. Per esempio, i colori brillanti, che un tempo erano prerogat iva esclusivamente femminile, ora sono portati anche dagli uomini. Le donne si m ettono la jallabiyya maschile e gli uomini indossano i bubus femminili, quelle a mpie vesti fluttuanti e ricamate che vengono dal Senegal e da altri paesi dell'I slam nero. E le giovani marocchine sono arrivate a inventare delle inedite m'mijallabiyya, molto sexy, ispirate a creazioni di stilisti italiani. parola per un anno intero, lasciando la stanza ogni volta che lei vi entrava. Do po quell'episodio, Jasmina non pot permettersi pi di una lite ogni tre anni. Quest a volta si trattava dell'oca, e tutta la fattoria era in stato di allerta. Prima di affrontare l'argomento, Lalla Tharwa offr al nonno un po di t. Quindi min acci di lasciarlo se il nome dell'oca non fosse stato immediatamente cambiato. Si era alla vigilia di un'importante festa religiosa, e Lalla Tharwa era tutta in tiro: tanto per rammentare a tutti il suo status di privilegiata, indossava la t iara e il leggendario caffettano a ricami di perle vere e granati. Ma il nonno e ra evidentemente divertito da tutta la faccenda, perch quando venne fuori l'argom ento oca, si mise a sorridere. Aveva sempre pensato che Jasmina fosse un po ecce ntrica, e in verit gli ci erano voluti degli anni per abituarsi a certi suoi comp ortamenti, come quella di arrampicarsi sugli alberi e starsene l appesa per delle ore - e di convincere, a volte, le altre mogli a raggiungerla l in cima, facendo servire il t alle signore sedute in mezzo ai rami. Ma quello che la salvava in o gni frangente, era il dono che Jasmina aveva di far ridere mio nonno: impresa no n da poco, dato che Sid Taz era un tipo piuttosto intrattabile. Ora, in mezzo al lusso del salotto di Lalla Tharwa, il nonno le sugger timidament e di rendere pan per focaccia e di chiamare Jasmina il suo cane, che era alquant o brutto - Questo costringerebbe la ribelle a cambiar nome all'oca Ma Lalla

Tharwa non era in vena di scherzi. Quella donna ti ha proprio fatto un incantesim o, grid, se oggi gliela fai passare liscia, domani comprer un asino e lo chiamer Sid T az. Non ha nessun rispetto per le gerarchie. una piantagrane, come tutti quelli c he vengono dai monti dell'Atlante, e sta portando il caos in questa casa onorata . O lei da a quell'oca un altro nome, o io me ne vado di qui. Non capisco l'infl uenza che ha su di te. Non nemmeno bella - tutta secca e lunga che pare una brut ta giraffa. Che Jasmina non rispondesse ai canoni estetici del suo tempo, la pura verit. Lall a Tharwa, dal canto suo, di quei canoni era la perfetta incarnazione: aveva la p elle chiarissima, la faccia tonda da luna piena, e un bel po di carne addosso, s pecialmente in corrispondenza di fianchi, glutei e petto. Jasmina, al contrario, aveva l'incarnato bruno, abbronzato, dei montanari, il viso lungo con zigomi in credibilmente alti, e pochissimo seno. Era alta almeno un metro e ottanta, quasi quanto il nonno, e aveva le gambe pi lunghe che si fossero mai viste, ragion per cui era bravissima ad arrampicarsi sugli alberi e ad esibirsi in ogni sorta di acrobazie. Ma, sotto il caffettano, le sue gambe avevano l'aspetto di due stecch i. Per camuffarle, la nonna si era cucita un enorme paio di sarwal, o pantaloni da harem, con molte pieghe. In pi, aveva tagliato due lunghi spacchi ai lati del caffettano per darsi un po di volume. Sulle prime, Lalla Tharwa cerc di far rider e tutti delle vesti innovative di Jasmina, ma ben presto anche le altre donne de lla casa si misero a imitare la ribelle, perch i caffettani cos accorciati e con g li spacchi laterali davano loro molta pi libert di movimento. Quando il nonno and da Jasmina a lamentarsi per la faccenda dell'oca, lei non si dimostr molto comprensiva. E se anche Lalla Tharwa se ne fosse andata? disse; lui , certo, non si sarebbe sentito solo. Ti resterebbero sempre otto concubine, per prendersi cura di te!. Allora il nonno prov a corrompere Jasmina offrendole un gro sso bracciale d'argento di Tiznit, in cambio del quale avrebbe dovuto prendere l 'oca della discordia e farci un bel cuscus. Jasmina si tenne il bracciale, e disse al marito che voleva un po di giorni per pensarci su. Poi, il venerd succ essivo, torn sulla faccenda con una controproposta. Proprio perch l'aveva chiamata Lalla Tharwa, non poteva uccidere l'oca: non sarebbe stato di buon augurio! Tut tavia, propose, non l'avrebbe mai chiamata per nome in pubblico; lo avrebbe fatt o solo nella mente. Da allora in poi, venni istruita a fare lo stesso, e faticai non poco a tenere per me il nome dell'oca. Poi, ci fu la storia di re Farq, il pavone di casa. Chi mai darebbe a un pavone i l nome del famoso sovrano d'Egitto? Cosa aveva a che fare, il faraone, con quell a fattoria? Vedete, Jasmina e le altre mogli di mio nonno non avevano in simpati a il re egiziano, per il semplice motivo che minacciava continuamente di ripudia re la sua amabile consorte, la principessa Farida (dalla quale, alla fine, divor zi nel gennaio del 1948). Ora, che cosa aveva portato la coppia a questo impasse? Quale imperdonabile delitto aveva commesso la donna? presto detto: aveva partor ito tre figlie femmine, nessuna delle quali avrebbe potuto accedere al trono. Secondo la legge islamica, una donna non pu governare un paese - anche se qualche secolo prima era accaduto, diceva la nonna. Con l'aiuto dell'esercito turco, Sh ajarat al-Durr era salita sul trono d'Egitto dopo la morte di suo marito, il sul tano al-Salih: era una concubina, una schiava di origine turca, e rimase al pote re per quattro mesi, governando n meglio n peggio dei suoi predecessori e successo ri maschi. 6. Ma, ovviamente, non tutte le donne musulmane sono astute e crudeli come Shajarat al-Durr. Per dirne una, quando il secondo marito di Shajarat al-D urr decise di prendere una seconda moglie, lei aspett che andasse nel bammam, cio nel bagno, a rilassarsi, e poi "si dimentic" di aprirgli la porta. Il calore e il vapore eccessivi, com'era prevedibile, causarono la morte del malcapitato. Ma l a povera Farida non era dotata di tanta efferatezza, e non era capace di manovra re nei circoli 6 Shajarat al-Durr prese il potere nell'anno 648 del calendario islamico (1250 d . C). dei potenti, n di difendere i suoi diritti a palazzo. Era di origini molto modest e; in un certo senso era un'indifesa, motivo per cui le donne della fattoria, di povere origini come lei, l'amavano e soffrivano per le sue umiliazioni. Non c' n

iente di pi umiliante, per una donna, che venire cacciata di casa, diceva Jasmina . Sci! Fuori! In mezzo alla strada, come un gatto randagio. Vi sembra un modo dece nte di trattare una donna?. Inoltre, aggiungeva Jasmina, re Farq, eccelso e potente com'era, non doveva saper ne gran che su come si fanno i bambini. Se ne fosse al corrente, affermava, saprebb e anche che sua moglie non ha nessuna colpa se non le nasce un maschio. Bisogna essere in due, per fare un figlio. E su questo, aveva proprio ragione - io lo sapevo. Per fare un bambino, la sposa e lo sposo devono mettersi dei bei vestiti, dei fiori nei capelli, e dormire in sieme in un letto molto grande. E dopo, tutto quello che sapevo era che, molte m attine pi tardi, in mezzo a loro, a carponi, camminava un bel bimbetto. La fattoria si teneva sempre aggiornata sui capricci coniugali di re Farq tramite Radio Cairo, e la condanna di Jasmina giungeva rapida e senza appello. Che razza di buon capo musulmano , diceva, uno che ripudia la moglie solo perch non gli fa un figlio maschio? Il Corano dice che soltanto Allh responsabile del sesso dei bamb ini. Se Il Cairo fosse una citt musulmana come si deve, re Farq verrebbe deposto d al trono! Povera, dolce principessa Farida! Sacrificata per pura ignoranza e van it. Gli egiziani dovrebbero ripudiare il loro re. E fu cos che il pavone della fattoria venne chiamato re Farq. Ma se condannare sov rani era cosa semplice per Jasmina, avere a che fare con quella potente rivale e ra un altro paio di maniche, anche dopo averla spuntata con la storia del nome d ell'oca. Lalla Tharwa era davvero potente, ed era l'unica fra le mogli di Sid Taz che fosse di nobili origini e nata in citt. Anche lei faceva Taz di cognome, ed era una cug ina del nonno; aveva portato in dote una tiara di smeraldi, zaffiri e perle grigie che veniva c ustodita in una grossa cassaforte all'angolo destro del salone degli uomini. Ma Jasmina, che, come tutte le altre mogli, era di modeste origini rurali, non si l asciava intimidire. Non riesco a considerare superiore qualcuno solo perch possied e una tiara, diceva. E poi, ricca com', anche lei sta rinchiusa in un harem, propri o come me. Io chiedevo a nonna Jasmina cosa voleva dire essere rinchiusa in un ha rem, e lei mi dava ogni volta una risposta diversa, il che naturalmente non face va che confondermi. A volte diceva che stare rinchiusa in un harem voleva dire semplicemente che una donna aveva perduto la libert di movimento. Altre volte diceva che un harem sign ificava disgrazia, perch una donna doveva dividere il marito con molte altre. Jas mina stessa doveva dividere il nonno con otto concubine, il che significava che per otto notti doveva dormire da sola, prima di poter abbracciare e stringere il marito, quando veniva il suo turno. E abbracciare e stringere il marito una cosa meravigliosa, diceva. 7. Sono felice quando penso che la tua generazione non dovr pi dividere i mariti. I nazionalisti che combattevano i francesi avevano promesso di creare un nuovo M arocco, dove l'uguaglianza fosse garantita a tutti. Ogni donna avrebbe avuto dir itto all'istruzione al pari degli uomini, come pure il diritto alla monoga7 A questo punto, sar forse utile introdurre una distinzione fra due tipi di hare m: i primi li chiameremo harem imperiali, e i secondi harem domestici. I primi f iorirono con le conquiste territoriali e l'accumularsi di ricchezza da parte del le dinastie imperiali musulmane, a partire dagli Omayyadi, una dinastia araba de l settimo secolo stabilitasi a Damasco, per finire con gli Ottomani, la dinastia turca che minacci le capitali europee dal XVI secolo fino al 1909, quando l'ulti mo sultano, Abdelhamid II, venne deposto dalle potenze occidentali e il suo hare m fu smantellato. Chiameremo harem domestici quelli che continuarono a esistere dopo il 1909, quando i musulmani persero il potere e le loro terre furono occupa te e colonizzate. Gli harem domestici erano in pratica delle famiglie allargate, come quella descritta in questo libro, senza schiavi e senza eunuchi, e spesso con coppie monogamiche, dove tuttavia sopravviveva l'usanza della reclusione fem minile. l'harem imperiale ottomano che ha esercitato sull'Occidente un fascino quasi ossessivo. questo harem turco che ha ispirato centinaia di dipinti orienta listi del diciottesimo, diciannovesimo e ventesimo secolo, come il famoso Bagno

turco (1862) di Ingres, o le Donne turche al bagno di Delacroix (1854), o Nel gi ardino del Bey di John Frederick Lewis (1865). Gli harem imperiali, ovvero, queg li splendidi palazzi pieni di donne sontuosamente vestite e reclinate in pose la scive e indolenti, con schiavi sempre pronti e eunuchi a guardia dei cancelli, e sistevano quando l'imperatore, il suo visir, i generali, gli esattori delle tass e etc. avevano influenza e denaro sufficienti a comprare centinaia e a volte mig liaia di schiavi dai territori conquistati, e quindi provvedere alle ingenti spe se di gestione domestica. Per quale motivo l'harem imperiale ottomano ebbe un simile impatto sull'immagina rio occidentale? Una ragione potrebbe essere la spettacolare conquista ottomana di Costantinopoli, la capitale bizantina, nel 1453, e la conseguente occupazione di molte citt europee, come anche il fatto che gli ottomani erano i vicini pi prossimi e pi pericolosi dell'Occidente. Per contrasto, gli hare m domestici, cio quelli che seguitarono a esistere nel mondo islamico dopo la col onizzazione occidentale, sono piuttosto noiosi, perch hanno una forte connotazion e borghese e, come ho detto prima, sono poco pi di una famiglia allargata, con qu asi nessuna dimensione erotica degna di nota. In questi harem domestici, un uomo , i suoi figli e le loro mogli vivono nella stessa casa, uniscono le risorse, ed esigono che le donne non escano fuori. Come nel caso dell'harem che ha ispirato le storie di questo libro, gli uomini non hanno necessariamente molte mogli. Ci che definisce un harem come tale non la poligamia, ma il desiderio degli uomini di tenere le donne recluse, e il loro ostinarsi a vivere tutti nella stessa casa , invece di formare dei nuclei familiari separati. mia - un rapporto esclusivo e privilegiato col proprio marito. Di fatto, molti l eader nazionalisti e i loro seguaci di Fez avevano ormai una moglie soltanto, e guardavano dall'alto in basso chi ne aveva pi d'una. Pap e lo zio, che condivideva no le idee nazionaliste, avevano solo una moglie a testa. Un'altra istituzione combattuta dai nazionalisti era la schiavit, che all'inizio del secolo, sebbene i francesi l'avessero messa al bando, era ancora molto diffu sa in Marocco. Stando ai racconti di nonna Jasmina, molte donne del suo harem er ano state comprate al mercato degli schiavi. (Anche lei era dell'idea che tutti gli esseri umani fossero uguali, a prescindere dalla ricchezza, dal luogo di pro venienza e dal posto occupato nella gerarchia, nonch dalla lingua e dalla religio ne. Se uno aveva due occhi, un naso, due gambe e due mani, allora era uguale a c hiunque altro. Io le ricordavo che, contando le zampe anteriori di un cane come mani, anche lui sarebbe stato uguale a noi, e lei rispondeva prontamente: Ma cert o che uguale a noi! Gli animali sono come noi; l'unica cosa che non hanno la par ola!). Fra le donne di mio nonno che erano state schiave, alcune venivano da terre lont ane, come il Sudan, ma altre erano state rapite alle loro famiglie proprio in Ma rocco, durante il caos che segu l'arrivo dei francesi nel 1912. Quando il Makhzan , ossia lo Stato, non esprime la volont del popolo, diceva Jasmina, le donne pagano sempre un alto prezzo, perch si instaura un clima di vio lenza e di insicurezza. Fu esattamente quel che accadde allora. Il Makhzan e i s uoi funzionari, incapaci di affrontare le armate francesi, firmarono il trattato che conferiva alla Francia il diritto di governare il Marocco come un protettor ato, ma il popolo rifiut di arrendersi. Sui monti e nei deserti inizi la resistenz a, e la guerra civile si insinu nel paese. C'erano degli eroi, raccontava Jasmina, ma c'erano anche briganti d'ogni risma, arm ati fino ai denti, che spuntavano dappertutto. I primi si battevano contro i fra ncesi, e gli altri, invece, derubavano la gente. A sud, ai confini del Sahara, c 'erano eroi come Al-Hiba, e pi tardi suo fratello, che resistettero fino al 1934. Dalle mie parti, sull'Atlante, il fiero Moh u Hamd Zayyan riusc a tenere a bada l'e sercito francese fino al 1920. A nord, il principe dei combattenti, Abdelkarim, diede molto filo da torcere a francesi e inglesi, finch questi si allearono contr o di lui e solo cos riuscirono a batterlo, nel 1926. Ma vero anche che, durante t utto questo scompiglio, le bambine venivano portate via dalle famiglie povere de lle montagne e vendute agli uomini ricchi delle grandi citt. Era una pratica molt o diffusa. Tuo nonno era un brav'uomo, per anche lui ha comprato delle schiave. A

quel tempo era la cosa pi normale. Ora cambiato e, come molti notabili della cit t, appoggia gli ideali dei nazionalisti, compresi il rispetto della persona, la m onogamia, l'abolizione della schiavit, e tutte queste belle cose. Eppure, stranam ente, tutte noi mogli ci sentiamo pi vicine che mai, anche se le schiave di un tempo ha nno cercato di rintracciare e contattare le loro famiglie d'origine. Ci sentiamo come sorelle; la nostra vera famiglia quella che ci siamo costruite intorno a t uo nonno. Potrei anche cambiare idea su Lalla Tharwa, se la smettesse di guardar ci tutte dall'alto in basso perch non abbiamo tiare. Chiamare la sua oca Lalla Tharwa era per Jasmina un modo di contribuire alla cre azione di un nuovo Marocco, quel Marocco in cui io, sua nipote, avrei vissuto. Il Marocco sta cambiando alla svelta, bambina, mi diceva spesso, e continuer a cambia re. Quella predizione mi faceva sentire molto felice. Io sarei cresciuta in uno s plendido reame, dove le donne avrebbero avuto dei diritti, e la libert di abbracc iarsi e stringersi al marito tutte le notti. Tuttavia, sebbene Jasmina si lamentasse di dover aspettare otto notti per avere suo marito tutto per s, aggiungeva che non era il caso di lagnarsi troppo, perch l e concubine di Harn al-Rashid, il califfo abbaside di Baghdad, dovevano attendere novecentonovantanove notti ciascuna, poich Harn aveva un migliaio di jariya, giov ani schiave. Aspettare novecentonovantanove notti, diceva, non come aspettarne otto. Sono quasi tre anni! Perci le cose si stanno mettendo meglio. Fra poco avremo un uomo, una m oglie. 8. Andiamo a dar da mangiare agli uccelli. Pi tardi 8 Nei fatti, la legge non mai stata cambiata. Oggi, a distanza di quasi mezzo se colo, le donne musulmane si stanno ancora battendo perch la poligamia venga bandi ta. Ma i legislatori, tutti uomini, dicono che una legge della shar'a, una legge religiosa, e non pu essere cambiata. Nell'estate del 1992, un'associazione di don ne marocchine (L'Union d'Action Feminine, la cui presidente, Lati-fa Jbabdi, gio rnalista e brillante sociologa), rea di aver raccolto un milione di firme contro la poligamia e il divorzio, divenne il bersaglio della stampa fondamentalista, che pubblic una fatwa, (un parere legale dato da un esperto in materia religiosa islamica), invocando l'esecuzione di quelle donne in quanto eretiche. Davvero, s i pu ben dire che il mondo musulmano regredito dai tempi di mia nonna, quando si parla di condizione femminile. La difesa della poligamia e del divorzio, da part e della stampa fondamentalista, in realt un attacco al diritto delle donne a pren der parte al processo legislativo. La maggior parte dei governi islamici, anche quelli che si dicono moderni, e le loro opposizioni integraliste, mantengono la poligamia nei codici di diritto di famiglia, non per ch sia particolarmente diffusa, ma perch vogliono dimostrare alle donne che le lor o esigenze non hanno il minimo peso. La legge non l per servirle, n per garantire loro sicurezza emotiva e diritto alla felicit. L'idea prevalente che le donne e l a legge non abbiano a che vedere tra loro; le donne devono accettare la legge de gli uomini, perch non possono cambiarla. La soppressione del diritto maschile all a poligamia starebbe a significare che le donne hanno voce in capitolo nel proce sso legislativo, che la societ non governata da e per i capricci degli uomini. L' atteggiamento dei governi islamici nella questione della poligamia un buon indic e di come accolgono le idee democratiche. E su questa base, vedremo che sono mol to pochi i paesi islamici al passo coi tempi in materia di diritti umani. La Tur chia e la Tunisia sono i pi avanzati. avremo un sacco di occasioni per parlare di harem Quindi, correvamo in giardino a dare da mangiare agli uccelli. V Shama e il califfo Cos' esattamente un harem? non era il tipo di domanda a cui gli adulti rispondesser o volentieri. Eppure insistevano sempre con noi bambini perch usassimo parole esa tte. Ogni parola, ci dicevano continuamente, ha un significato specifico, e va u sata solo per quel significato e per nessun altro. Tuttavia, se avessi avuto un' alternativa, avrei usato due termini diversi per l'harem di nonna Jasmina e per

il nostro, tanto differivano l'uno dall'altro. L'harem di Jasmina era una fattor ia aperta, senza mura in vista. Il nostro harem di Fez, al contrario, era una sp ecie di fortezza. Jasmina e le altre sue compagne potevano cavalcare, nuotare ne l fiume, pescare pesci e arrostirli su fuochi all'aperto. Mia madre, invece, non poteva fare un passo fuori dal portone senza chiedere una serie interminabile d i permessi, e anche allora, tutto ci che era autorizzata a fare erano le visite a l santuario di Mawly Idris (il santo patrono della citt) e a suo fratello che abit ava proprio sulla nostra via; tutt'al pi, poteva recarsi a una festa religiosa. S enza contare che la povera mamma doveva sempre essere accompagnata da altre donn e di famiglia, e da uno dei miei cugini maschi. Cos, per me non aveva senso usare lo stesso termine per la situazione di mia nonna e per quella di mia madre. Ma ad ogni mio tentativo di saperne di pi sul termine "harem", seguivano amare di scussioni. Bastava soltanto pronunciare la parola, per sentir volare osservazion i sgarbate. Io e Samir discutemmo l'argomento, e arrivammo alla conclusione che, se le parole in generale erano pericolose, il termine "harem" doveva essere particolarmente esplosivo. Ogni volta che qualcuno aveva v oglia di scatenare un putiferio nel cortile, tutto quello che doveva fare era pr eparare del t, invitare due o tre persone a sedersi, lasciar cadere la parola "ha rem", e aspettare mezz'ora o gi di l: ed ecco delle signore eleganti e posate, avv olte in ampie vesti di seta ricamata, con ai piedi babbucce bellissime tempestat e di perle, trasformarsi d'un tratto in furie scatenate. Io e Samir decidemmo qu indi che, in qualit di bambini, era nostro dovere proteggere gli adulti da se ste ssi. Avremmo usato la parola "harem" con molta parsimonia, e raccolto con discre zione, cio osservando e basta, le informazioni che volevamo. Gli adulti si dividevano in quelli a favore dell'harem e quelli contro. Nonna La lla Mani e la madre di Shama, Lalla Radiya, appartenevano al partito pr-harem; mi a madre, Shama, e la zia Habiba erano del partito anti-harem. Spesso la discussi one veniva aperta da nonna Lalla Mani, la quale sosteneva che se le donne non fo ssero state separate dagli uomini, la societ si sarebbe fermata e nessuno avrebbe pi lavorato. Se le donne fossero libere di andarsene per la strada, diceva, gli uom ini smetterebbero di lavorare perch vorrebbero divertirsi. E purtroppo, continuava , il divertimento non aiuta la societ a produrre cibo e merci che servono alla so pravvivenza. Cos, se si voleva evitare la carestia, le donne dovevano stare al lo ro posto, ovvero in casa. Pi tardi, io e Samir tenemmo un lungo consulto sulla parola "divertimento" e deci demmo che, quando veniva usata dagli adulti, doveva avere a che fare con il sess o. Per volevamo esserne assolutamente sicuri, e cos ponemmo la questione a mia cug ina Malika. Lei disse che avevamo assolutamente ragione. Allora, dandoci il pi po ssibile un'aria da grandi, le chiedemmo: E cos' il sesso, secondo te?. Non che non lo sapessimo, solo che volevamo esserne sicuri. Ma Malika, credendo che non ne s apessimo nulla, butt le trecce indietro con fare solenne, si sedette sul divano, si mise un cuscino in grembo come fanno gli adulti quando devono riflettere, e d isse lentamente: La prima notte di nozze, quando tutti vanno a dormire, gli sposi se ne stanno da soli in camera da letto. Lo sposo fa sedere la sposa sul letto, si tengono per mano, e lui cerca di farsi guardare ne gli occhi da lei. Ma la sposa resiste, tiene gli occhi bassi. Questo molto impor tante. La sposa molto timida e spaventata. Lo sposo dice una poesia. La sposa as colta con gli occhi incollati al pavimento, e alla fine sorride. Allora lui la b acia sulla fronte. Lei tiene sempre gli occhi bassi. Lui le offre una tazza di t. E lei incomincia a berlo, lentamente. Lui le toglie la tazza di mano, le si sie de accanto, e la bacia. Malika, che giocava spudoratamente con la nostra curiosit, decise di fare una pau sa proprio sul bacio, sapendo che io e Samir morivamo dalla voglia di sapere se lo sposo baciava davvero la sposa. Baci sulla fronte, sulle guance e sulla mano non erano niente di insolito, ma sulla bocca era tutta un'altra storia. Tuttavia , decisi a dare una lezione a Malika, non tradimmo la minima curiosit e cominciam mo a bisbigliare tra noi, dimentichi della sua esistenza. Qualche giorno prima, la zia Habiba ci aveva detto che mostrare totale disinteresse quando qualcuno pa rla era, per i deboli, un modo efficace di acquisire potere: Parlare quando gli a ltri ti ascoltano gi un'espressione di potere. Ma anche chi ascolta in silenzio e

a prima vista pu sembrare passivo, ha in realt un ruolo estremamente strategico, quello dell'uditorio. Che succede se il potente oratore perde il suo uditorio?. E infatti, Malika immediatamente riprese la sua dissertazione su quel che accade la prima notte di nozze. Lo sposo bacia la sposa sulla bocca. E poi giacciono in sieme nel talamo nuziale senza nessuno che guardi. Dopo di che, non facemmo pi dom ande. Il resto lo sapevamo. L'uomo e la donna si tolgono i vestiti, chiudono gli occhi, e dopo qualche mese arriva un bambino. L'harem rende impossibile a donne e uomini il fatto di vedersi reciprocamente e, in questo modo, ognuno procede con i suoi doveri. Mentre Lalla Mani tesseva le lodi della vita nell'harem, la zia Habiba fumava di rabbia; si vedeva benissimo dal modo in cui si aggiustava in continuazione il turbante, anche se non le si stava disfacendo. In quanto divorziata, per, non poteva contra ddire apertamente Lalla Mani, cos si limitava a mormorare le sue obiezioni tra s e s, lasciando a mia madre e a Shama il compito di dare voce al dissenso. Solo a c hi aveva potere era concesso di correggere apertamente il prossimo e contraddire le opinioni altrui. Una donna divorziata non aveva una vera casa, e doveva far accettare la sua presenza facendosi notare il meno possibile. La zia Habiba, ad esempio, non indossava mai colori vivaci, anche se a volte manifestava il deside rio di indossare ancora una volta la sua farajyya di seta rossa - cosa che non fe ce mai. Di solito portava colori grigi slavati o beige, e come trucco usava solo il kohl intorno agli occhi. I deboli devono essere disciplinati per evitare le u miliazioni, era solita dire. Mai lasciare che siano gli altri a ricordarti dei tuo i limiti. Si pu essere poveri, ma l'eleganza sempre alla portata di tutti. Quando mia madre voleva lanciare uno dei suoi attacchi alle idee di Lalla Mani, sedeva sul divano con le gambe ripiegate sotto di s, drizzava la schiena e si met teva in grembo un cuscino. Poi incrociava le braccia e la guardava dritto negli occhi. Mia cara suocera, diceva, i francesi non rinchiudono le loro mogli fra quatt ro mura. Le lasciano andare libere al sq (il mercato), tutti si divertono, e il l avoro va avanti lo stesso. Va avanti cos bene che i francesi si possono permetter e di equipaggiare dei forti eserciti e venire qui a spararci addosso. Quindi, prima che Lalla Mani potesse raccogliere le idee per passare al contratt acco, Shama presentava la sua teoria sull'origine del primo harem. E, arrivati a questo punto, la faccenda cominciava a farsi seria, perch sia Lalla Mani che la madre di Shama cominciavano a gridare che i nostri antenati venivano insultati e che le nostre sacre tradizioni erano messe in ridicolo. La teoria di Shama era molto interessante - io e Samir ne andavamo pazzie suonava pi o meno cos: un temp o gli uomini si combattevano l'un l'altro senza posa, e questo inutile spargimen to di sangue arriv a un punto tale che un giorno, di comune accordo, decisero di nominare un sultano che avrebbe avuto il compito di organizzare tutte le cose, di esercitare la sulta, l'autorit, e di dire agli altri cosa dovevano fare. Tutti avrebbero do vuto obbedirgli. Ma come faremo a scegliere tra noi chi far il sultano?, si domanda vano gli uomini ogni volta che si riunivano a discutere il problema. Rifletteron o a lungo e alla fine uno di loro ebbe un'idea. Il sultano deve avere qualcosa ch e gli altri non hanno, disse. Rifletterono un altro po, e poi un altro uomo ebbe un'altra idea. Potremmo organizzare una caccia alle donne, sugger, e l'uomo che pren der il maggior numero di donne, verr nominato sultano. Idea eccellente, concordarono tutti, ma come si far per provarlo? Quando comincere mo a correre per la foresta ad acchiappare donne, ci perderemo di vista. Ci serv e un modo per bloccare le donne una volta che sono prese, cos potremo contarle, e decidere chi il vincitore. E fu cos che nacque l'idea di costruire case: servivan o case, con porte e chiavistelli, per tenerci dentro le donne. Samir sugger che p oteva essere pi semplice legare le donne agli alberi, visto che avevano le trecce tanto lunghe, ma Shama disse che a quei tempi le donne erano molto robuste, per ch correvano nella foresta come gli uomini, e legandone due o tre allo stesso alb ero, c'era il rischio che questo venisse sradicato. Inoltre, legare una donna ro busta portava via tempo ed energie, senza contare che poteva anche graffiarti la faccia, o darti un calcio in qualche posto innominabile. Costruire le mura e fi ccarci dentro le donne, era molto pi pratico. E cos fecero gli uomini. La gara si organizz in tutto il mondo, e il primo round venne vinto dai bizantini

. 9. Questi, che erano i peggiori fra tutti i romani, confinavano con gli arabi nel Mediterraneo orientale, dove non perdevano occasione per umiliare i loro vic ini. L'imperatore di Bisanzio conquist il mondo, prese un altissimo numero di don ne e le rinchiuse nel suo harem, per dimo9 Per un divertente scorcio sugli harem dell'Impero Romano, vedi Sarah B. Pomero y, Donne in Atene e Roma, trad. di Laura Comoglio, Torino, Einaudi, 1978. strare a tutti che era il capo. L'Oriente e l'Occidente si inchinarono a lui. L' Oriente e l'Occidente lo temevano. Ma poi, col passare dei secoli, anche gli ara bi cominciarono a imparare come si conquistano terre e donne. Diventarono bravis simi, e sognarono di poter conquistare anche le terre dei bizantini. Fu il calif fo Harn al-Rashid che, alla fine, ebbe questo privilegio: nell'anno 181 del calen dario islamico (798 d. C.), sconfisse l'imperatore romano, e prosegu conquistando altre parti del mondo. Quando ebbe messo insieme un harem da un migliaio di jar iya, o giovani schiave, costru un grande palazzo a Baghdad e le chiuse tutte l den tro, in modo che nessuno potesse dubitare che il Sultano era lui. Gli arabi dive nnero i sultani del mondo, e misero insieme ancora pi donne. Il califfo Al-Mutawa kkil ne cont quattromila. Al-Muqtadir alz la cifra a undicimila. 10. Tutti ne furo no molto colpiti - gli arabi diedero ordini e i romani si inchinarono. Ma mentre gli arabi erano occupati a rinchiudere le donne, i romani e gli altri cristiani unirono le loro forze e decisero di cambiare le regole del potere nel Mediterraneo. Collezionare donne, dichiararono, non aveva pi importanza. Da quel giorno, il sultano sarebbe stato quello che riusciva a costruire le armi e le ma cchine da guerra pi potenti, comprese armi da fuoco e grandi navi. Solo che i rom ani e gli altri cristiani decisero di non dire niente agli arabi di questo cambi amento delle regole; lo avrebbero tenuto segreto, tanto per far loro una sorpres a. Cos gli arabi dormivano sonni tranquilli, credendo di conoscere tutte le regol e del gioco del potere. A questo punto Shama smetteva di parlare, balzava in piedi e iniziava a mimare l a storia per me e per Samir, ignorando del tutto Lalla Mani e Lalla Radiya che p rotestavano a gran 10 La dinastia degli Abbasidi, la seconda dell'impero musulmano, dur cinquecento anni, dal 132 al 656 del calendario islamico (750-1258 d. C.). Fin quando i Mongo li distrussero Baghdad e uccisero il califfo. Harn al-Rashid fu il quinto califfo degli Abbasidi; govern tra il 786 e l'809 d. C. Le sue conquiste divennero legge ndarie, e il suo regno considerato l'apice dell'et d'oro musulmana. Il califfo Al -Mutawakil era il decimo della dinastia (847-861 d. C.), il califfo Al-Muqtadir era il diciannovesimo (908-932 d. C.). voce. Intanto la zia Habiba storceva la bocca per non far vedere che stava sorri dendo. Poi Shama si tirava su il suo qamis di pizzo bianco per liberare le gambe , e saltava su un divano vuoto. Si stendeva come per dormire, seppelliva la test a sotto uno dei grossi cuscini, si metteva i capelli rossi sulla faccia lentiggi nosa e diceva: Gli arabi stanno dormendo. Quindi chiudeva gli occhi e cominciava a russare; ma un attimo dopo tornava a saltar su, si guardava intorno come fosse appena uscita da un sonno profondo, e fissava me e Samir come se ci vedesse per la prima volta. Gli arabi, finalmente, si sono svegliati, giusto qualche settiman a fa!, diceva. Le ossa di Harn al-Rashid sono diventate polvere, e la polvere si mi schiata con la pioggia. La pioggia corsa gi sino al fiume Tigri, e di l al mare, d ove le cose grandi diventano piccole, e si perdono nella furia delle onde. Un re francese regna, ora, su questa parte del mondo. Il suo titolo President de la r epu-blique Franfaise. Ha un enorme palazzo chiamato l'Eliseo, e - udite udite! ha solo una moglie. Nessun harem, che si sappia. E quell'unica moglie passa il tempo a girare per le strade con una gonna corta e una profonda scollatura. Tutt i possono guardarle il petto e il di dietro, ma nessuno dubita, neanche per un a ttimo, che il Presidente della Repubblica Francese sia uno degli uomini pi potent i del paese. Il potere degli uomini non si misura pi dal numero di donne che ries cono a imprigionare. Ma questo suona nuovo nella medina di Fez, perch gli orologi sono ancora fermi al tempo di Harn al-Rashid!. Poi, Shama tornava con un balzo sul divano, chiudeva gli occhi, e affondava di n

uovo la faccia nel cuscino di seta a fiori. Silenzio. Io e Samir andavamo matti per quella storia di Shama, perch lei era un'attrice veramente brava! Io la guard avo sempre da vicino, per imparare ad accompagnare le parole con i movimenti. Si dovevano usare le parole e, al tempo stesso, bisognava muovere il corpo in un m odo particolare. Ma non tutti erano rapiti come me e Samir dalla storia di Shama . Sua madre, Lalla Radiya, sulle prime era sgomenta, poi offesa, soprattutto qua ndo Shama menzionava il califfo Harn al-Rashid. Lalla Radiya era una donna di lettere e leggeva libri di storia, cosa che aveva imparato da suo padre, famosa autorit religiosa di Rabat. Lalla Ra diya non amava la gente che si prendeva gioco dei califfi, soprattutto quando si trattava di Harn al-Rashid. O Allh, gridava, perdona mia figlia che attacca di nuovo i califfi! e che confonde i bambini! due peccati ugualmente mostruosi. Poveri p iccoli, avranno una visione talmente distorta dei loro antenati, se Shama persev erer nel suo errore. Lalla Radiya, allora, chiedeva a me e Samir di sederci vicino a lei, per corregg ere la versione della storia e farci amare il califfo Harn. Era il principe dei ca liffi, ci diceva, quello che conquist Bisanzio e innalz alta la bandiera dell'Islam sulle capitali cristiane. Insisteva anche che sua figlia era del tutto in errore per quanto riguardava gli harem: erano un'invenzione bellissima. Tutti gli uomin i rispettabili provvedono alle loro donne - cos che queste non debbano andare per le strade insicure e piene di pericoli - e danno loro bei palazzi con pavimenti di marmo e fontane, buon cibo, bei vestiti, e gioielli. Che altro occorre a una donna per essere felice? Solo le donne di condizione sociale inferiore, come Lz, la moglie di Ahmed il portinaio, hanno bisogno di lavorare fuori di casa per gua dagnarsi da vivere. Quelle a cui questo trauma viene risparmiato, sono delle pri vilegiate. Spesso io e Samir ci sentivamo sopraffatti da tutte queste opinioni contradditto rie, e cos cercavamo di organizzare un minimo le nostre informazioni. I grandi er ano proprio disordinati! Un harem ha a che fare con gli uomini e le donne - e qu esto un fatto. Ha anche a che fare con case, mura e strade - e questo un altro f atto. Tutto ci era molto semplice e facile a visualizzarsi: metti quattro mura in mezzo a una strada, e avrai una casa. Poi, metti le donne nella casa e lascia g li uomini fuori, e avrai un harem. Ma cosa accadrebbe, provai a chiedere a Samir , se mettessimo gli uomini in casa e lasciassimo andar fuori le donne? Samir dis se che stavo complicando tutto, proprio quando stavamo arrivando a capirci qualc osa. Cos acconsentii a rimettere dentro le donne e fuori gli uomini, e andammo avanti nella nostra inchiesta. Il problema era che le mura e t utto il resto funzionavano bene per il nostro harem di Fez, ma non si adattavano affatto all'harem della fattoria. VI Il cavallo di Tam L'edificio che ospitava l'harem della fattoria era molto grande, aveva un solo p iano, la pianta a forma di T, ed era circondato da laghetti e giardini. Il lato destro della casa era riservato alle donne, quello sinistro agli uomini, e una s ottile recinzione di bamb alta un paio di metri segnava i hudd (i confini) fra le due parti della casa. Questa, in realt, si componeva di due edifici molto simili tra loro, costruiti retro su retro, con facciate simmetriche e spaziosi colonnat i ad archi che mantenevano freschi i saloni e le stanze pi piccole, anche quando fuori faceva caldo, ed erano perfetti per giocare a nascondino. I bambini della fattoria, molto pi spericolati di quelli di Fez, si arrampicavano su quelle colon ne a piedi nudi, e saltavano gi come piccoli acrobati. Inoltre, non avevano paura dei rospi, delle lucertole e degli animaletti volanti che parevano sempre salta rti addosso ogni volta che attraversavi il corridoio. Il pavimento era fatto di piastrelle bianche e nere, e le colonne erano decorate con un mosaico la cui rar a combinazione di giallo pallido e oro piaceva molto a mio nonno, e che non mi e ra mai capitato di vedere in nessun altro luogo. I giardini erano delimitati da inferriate alte e sottili, in metallo lavorato, con cancelli ad arco che, all'ap parenza, erano sempre chiusi, ma bastava spingerli per avere immediato accesso a i campi aperti. Il giardino degli uomini era adorno di pochi alberi e di molte s

iepi fiorite che tradivano una cura attenta e meticolosa. Il giardino delle donn e aveva tutto un altro aspetto: era sovraccarico di alberi strani e piante bizza rre e animali d'ogni genere, perch ognuna delle mogli di mio nonno rivendicava per s un pezzetto di terreno come proprio giardino personale, e vi coltivava ortaggi e allevava galline, anatre e pavoni. Nel giardino delle do nne non si poteva fare una passeggiata senza sconfinare sulla propriet altrui, e gli animali inseguivano gli intrusi dappertutto, anche sotto i portici del colon nato, facendo un baccano del diavolo, in stridente contrasto col silenzio monast ico che caratterizzava il giardino degli uomini. All'edificio principale della fattoria, si aggiungeva una serie di padiglioni sp arsi un po dovunque tutto intorno. Jasmina viveva in uno di questi padiglioni, a destra della casa. Era un dettaglio su cui aveva molto insistito con il nonno, spiegandogli che doveva stare il pi lontano possibile da Lalla Tharwa. Quest'ulti ma aveva il suo padiglione indipendente situato nel complesso principale, con sp ecchi da muro a muro, soffitti decorati in legno intagliato e dipinto, specchier e e candelabri. Il padiglione di Jasmina, invece, consisteva in una stanza spazi osa e molto semplice, priva di ogni lusso. A lei di questo non importava nulla, fintanto che poteva starsene lontana dall'edificio principale, avere spazio a su fficienza per i suoi esperimenti con alberi e fiori, e allevare ogni sorta di an atre e pavoni. Il padiglione di Jasmina aveva anche un secondo piano, costruito appositamente p er Tam, una donna venuta dal nord, fuggita dalla guerra che infuriava sui monti d el Rif. Jasmina si era presa cura di lei quando era ammalata, e le due donne era no diventate buone amiche. Tam arriv nel 1926, dopo la sconfitta di Abdelkarim da parte degli eserciti france si e spagnoli. Un bel mattino, quand'era ancora presto, apparve all'orizzonte de lla bassa piana del Gharb in sella a un cavallo spagnolo, avvolta in un mantello bianco di foggia maschile e con in testa un copricapo femminile, per non farsi sparare dai soldati. Tutte le donne dell'harem amavano raccontare del suo arrivo alla fattoria, ed era una storia bella come quelle delle Mille e una notte: anc he pi bella, visto che la protagonista era l presente in carne e ossa, ad ascoltar e e sorridere. Tam era apparsa quel mattino con indosso dei pesanti bracciali berberi d'argento completi di borchie acuminate, il tipo di bracciali che, se necessario, possono essere usati per dif esa. Aveva anche un khanjar, un pugnale, che le pendeva dal fianco destro, e un vero fucile spagnolo che teneva nascosto nella sella, coperto dal mantello. Avev a un viso triangolare, con un tatuaggio verde sul mento appuntito, occhi neri pe netranti capaci di fissare le persone senza battere ciglio, e una lunga treccia color rame che le penzolava sulla spalla sinistra. Si ferm a pochi metri dalla fa ttoria e chiese di essere ricevuta dal padrone di casa. Nessuno lo sapeva, quel mattino, ma la vita alla fattoria non sarebbe pi stata la stessa. Perch Tam veniva dal Rif, ed era un'eroina di guerra. Tutto il Marocco am mirava la gente del Rif - la sola gente che avesse continuato a combattere gli s tranieri quando tutto il resto del paese si era gi arreso da tempo - ed ecco che ora questa donna, in guisa di guerriero, attraversando la frontiera di Arbawa, s e ne veniva tutta sola nella zona francese, in cerca di soccorsi. E, dal momento che era un'eroina di guerra, certe regole a lei non si applicavano. Si comporta va come se non avesse la bench minima conoscenza in fatto di tradizione. Il nonno, probabilmente, si innamor di lei fin dal primo momento in cui la vide, ma non se ne rese conto per mesi, tanto complesse erano state le circostanze del loro incontro. Tam era venuta alla fattoria con una missione ben precisa: la sua gente era caduta in un agguato nella zona spagnola, e aveva bisogno di soccorso . Il nonno si diede da fare per aiutarla, firmando prima di tutto un frettoloso contratto di matrimonio per giustificare la presenza della donna alla fattoria, nel caso in cui la polizia francese fosse venuta a cercarla. Fatto questo, Tam gl i chiese di aiutarla a trasportare le provviste e le medicine necessarie alla su a gente. C'erano molti feriti e, dopo che Abdelkarim era stato battuto, ogni vil laggio doveva arrangiarsi per conto suo, se voleva sopravvivere. Il nonno le die de le provviste, e lei part di notte con due carri, procedendo lentamente e a luc

i spente sul bordo della strada. Due braccianti della fattoria, fingendosi mercanti, la precedevano sui loro asin i, in avanscoperta, con le torce in mano, per fare segnali ai carri che venivano dietro, nel caso ci fossero stati dei problemi. Quando, alcuni giorni dopo, Tam fece ritorno alla fattoria di mio nonno, uno dei carri era carico di cadaveri coperti di frasche. Erano i corpi di suo padre, di suo marito e dei suoi due bambini, un maschio e una femmina. Tam rimase l, in pied i e in silenzio, mentre i corpi venivano scaricati dal carro. Poi, le donne le p ortarono un panchetto per sedersi, e lei rimase l seduta, a guardare gli uomini c he scavavano le fosse, vi calavano i corpi e le ricoprivano di terra. Non pianse . Per camuffare le fosse, gli uomini piantarono dei fiori. Quando ebbero finito, Tam non riusciva a reggersi in piedi; allora il nonno chiam Jasmina, e questa si pass un braccio di Tam intorno alle spalle, la condusse al suo padiglione, e la mi se a letto. Nei mesi che seguirono, Tam non parl, e tutti pensarono che avesse per duto la capacit di farlo. Per urlava regolarmente nel sonno, quando nei suoi incubi fronteggiava nemici inv isibili. Non appena chiudeva gli occhi, si ritrovava in guerra: allora saltava s u in piedi, oppure si buttava in ginocchio, e per tutto il tempo implorava piet i n spagnolo. Aveva bisogno di qualcuno che l'aiutasse a superare quel dolore, sen za farle domande invadenti e senza rivelare alcunch ai soldati francesi e spagnol i che, a quanto si diceva, stavano facendo indagini dall'altra parte del fiume. Jasmina poteva farlo, era la persona giusta. Cos, si prese in casa Tam, e l'assist ette, prendendosi cura di lei per mesi, fino a che guar. Un bel mattino, Tam fu vi sta accarezzare un gatto e mettersi un fiore tra i capelli, e la sera stessa Jas mina organizz una festa per lei. Tutte le donne si riunirono nel suo padiglione e cantarono per farla sentire a casa. Quella sera, Tam sorrise un paio di volte, e chiese di un cavallo che le sarebbe piaciuto cavalcare il giorno dopo. La sola presenza di quella donna cambi ogni cosa. Il suo stesso corpo minuto pare va l'eco delle violente convulsioni che laceravano il paese. Avvertiva spesso l' urgenza selvaggia di correre su veloci cavalli e di fare ogni sorta di acrobazie; era il suo modo di combattere il dolore e di trovare un senso, sia pur effimero, alla vita. Inve ce di esserne gelose, Jasmina e le altre donne dell'harem l'ammiravano sempre pi: per molte ragioni, ma soprattutto per le tante abilit che dimostrava di avere e che, di norma, non erano appannaggio delle donne. Quando si riprese del tutto, e ricominci a parlare, scoprirono che sapeva usare la pistola, parlare bene lo spa gnolo, saltare in alto, fare una capriola dopo l'altra senza che le girasse la t esta, e perfino imprecare in diverse lingue. Nata in una regione montuosa costan temente attraversata da eserciti stranieri, era cresciuta confondendo la vita co n la lotta e il riposo con la corsa. La sua presenza alla fattoria, con i suoi t atuaggi, il pugnale, i bracciali aggressivi, e quel continuo andare a cavallo, f aceva capire alle altre donne che c'erano molti modi di essere belle. Combattere , imprecare, e ignorare la tradizione potevano rendere una donna irresistibile. Tam divenne una leggenda nel momento stesso in cui comparve. Rendeva gli altri co nsapevoli della loro forza interiore, della loro capacit di resistere a qualsiasi avversit. Durante la malattia di Tam, il nonno andava tutti i giorni al padiglione di Jasmi na per chiedere notizie sul suo stato di salute. Per, quando lei si riprese e chi ese un cavallo, ne fu molto turbato, perch temeva che se ne sarebbe andata via. P er quanto fosse felice al vedere com'era tornata bella - di nuovo cos ardita ed e suberante, con la sua treccia color rame, i pungenti occhi neri, e il mento tatu ato di verde - non era sicuro dei sentimenti di lei. In fondo, quella donna non era realmente sua moglie. Il loro matrimonio non era nulla pi di un accordo legal e, e dopo tutto lei era un guerriero, poteva andarsene in qualsiasi momento, e s comparire all'orizzonte verso il nord. Cos il nonno Taz chiese a Jasmina di andare con lui a fare una passeggiata nei campi, e le parl di questi suoi timori. Anche Jasmina ne fu impensierita, perch aveva una grande ammirazione per Tam, e avrebbe voluto che non andasse pi via. Allora sugger al nonno di chiedere a Tam di passare la notte con lui, facendo questo ragionamento: Se dice di s, vuol dire che non sta pensando di andare via. Se dice di no, allora vu

ole dire che se ne andr. Il nonno ritorn al padiglione e parl in privato con Tam, men tre la nonna aspettava fuori. Ma quando usc, Jasmina si accorse che sorrideva, e cap che Tam aveva accettato l'offerta di entrare a fare parte dell' harem. Mesi do po, il nonno fece costruire per Tam un nuovo padiglione sopra quello di Jasmina e , da allora in poi, la loro casa a due piani, fuori dall'edificio principale, di venne ufficialmente il quartier generale delle gare di corsa a cavallo e della s olidariet tra le donne. Non appena il secondo piano della loro casa fu completato, una delle prime cose che fecero Jasmina e Tam fu piantare un banano in modo che Yaya, la moglie nera d i mio nonno, si sentisse a casa. Yaya, la pi tranquilla di tutto l'harem, era una donna alta e allampanata, e nel suo caffettano giallo, con il viso minuto e gli occhi sognanti, aveva un'aria fragilissima . Le piaceva cambiare turbante a sec onda dei suoi umori, ma il suo colore preferito era il giallo - come il sole. Ti da luce. Era facile ai raffreddori, parlava arabo con uno strano accento, e non l egava molto con le altre donne, ma restava volentieri in camera sua. Non era pas sato molto tempo dal suo arrivo, che le altre decisero, di comune accordo, di so llevarla dalla sua parte di faccende domestiche, tanto pareva delicata. In cambi o, lei promise di raccontare loro una storia alla settimana, descrivendo la vita al suo villaggio natio, gi nel profondo sud, nella terra del Sudan, la terra dei neri, dove non crescono gli aranci e gli alberi di limoni, ma in compenso abbon dano le banane e le noci di cocco. Yaya non ricordava il nome del villaggio, ma questo non le imped di diventare, con la zia Habiba, l'altra narratrice ufficiale dell'harem. Il nonno l'aiutava a rimpolpare la sua provvista di storie leggendo ad alta voce brani di libri sulle terre del Sudan, sui regni di Songhai e Ghana , sulle porte d'oro di Timbuktu, e su tutte le meraviglie delle foreste del sud che nascondono il sole. Yaya diceva che i bianchi sono comuni - li trovi ovunque , ai quattro angoli dell'universo - ma i neri sono una razza speciale, perch esis tono soltanto in Sudan e nelle terre limitrofe, a sud del deserto del Sahara. Nelle sere destinate ai racconti di Yaya, le donne si ri univano nella sua stanza e si passavano vassoi di t, mentre lei parlava della sua patria meravigliosa. Dopo qualche anno, le donne conoscevano ogni dettaglio del la sua vita cos bene, che quando lei esitava o cominciava a dubitare della fedelt della sua memoria, erano in grado di imbeccarla. E un giorno, dopo averla ascolt ata descrivere il suo villaggio, Tam disse: Se tutto quello che ti serve per senti rti a casa in questa fattoria un albero di banane, noi te ne pianteremo uno prop rio qui. All'inizio, ovviamente, nessuno credeva che fosse possibile far crescere un banano nel Gharb, dove i venti del nord soffiano dalla Spagna e nuvole pesan ti accorrono dall'Oceano Atlantico. 11. Ma il difficile fu procurarsi l'albero. Tam e Jasmina dovettero pi volte spiegare che aspetto avesse un albero di banane a tutti i mercanti nomadi che passavano c on i loro asini, finch finalmente qualcuno gliene port un esemplare dalla regione di Marrkesh. Yaya era cos contenta di vederlo che se ne prese cura come di un bamb ino, correndo a coprirlo con un gran lenzuolo bianco ogni volta che tirava un ve nto freddo. Anni dopo, quando il banano fece i primi frutti, le donne organizzar ono una festa, e Yaya, indossati tre caffettani gialli, si mise dei fiori sul tu rbante e and danzando verso il fiume, pazza di gioia. Davvero, non c'erano limiti a quello che le donne potevano fare, nella fattoria. Era loro possibile coltivare piante esotiche, cavalcare, e muoversi liberamente nei dintorni - o almeno, cos sembrava. Al confronto, il nostro harem di Fez era come una prigione. Jasmina arrivava a dire che la cosa peggiore, per una donna, era l'essere tagliata fuori dalla natura. La natura la migliore amica della donna, diceva spesso. Quando hai dei problemi, tutto quello che devi fare nuotare nell' acqua, stenderti su un prato, o guardare le stelle. cos che una donna cura le sue paure. 11 Questo nel 1940. Ora, grazie alla tecnologia moderna, in tutta la piana del G harb si producono banane e altri frutti equatoriali. VII L'harem dentro Il nostro harem di Fez era circondato da alte mura e, a eccezione del piccolo ri

taglio squadrato del cielo visibile dal cortile, la natura non esisteva affatto. Certo, se una donna correva su in terrazza, poteva ben accorgersi che il cielo era pi grande della casa, pi grande di ogni cosa; ma, gi dal cortile, la natura par eva una cosa irrilevante. La sostituivano i disegni geometrici e floreali riprod otti sulle mattonelle, gli stucchi e i pannelli in legno intagliato. Gli unici f iori di strabiliante bellezza che avevamo in casa nostra, erano quelli dei brocc ati a colori che rivestivano i divani, e dei tendaggi in seta ricamata che ombre ggiavano porte e finestre. Non si poteva, tanto per dirne una, aprire una persia na e guardar fuori, quando veniva voglia di evadere. Tutte le finestre davano su l cortile. Non ce n'era nessuna che si aprisse sulla strada. Una volta all'anno, in primavera, andavamo a fare un nzha, o picnic, alla fattori a di mio zio a Wad Fez, dieci chilometri fuori citt. Gli adulti importanti andava no in macchina, mentre i bambini, le zie divorziate e altri parenti, venivano ca ricati su due grossi camion noleggiati per l'occasione. La zia Habiba e Shama si portavano sempre i tamburelli, e, per tutto il tragitto, facevano un tale bacca no da far uscire di senno il povero autista. Se voi signore non la smettete, grida va, mi farete andare fuori strada e finiremo tutti nel fondovalle. Ma le minacce n on servivano a nulla, e la sua voce veniva travolta dal suono dei tamburelli e d ei battimani. Il giorno del picnic, tutti si svegliavano all'alba e si mettevano a sfaccendare nel cortile come se si trattasse di una festa religiosa, con gruppi di persone che preparavano qua e l bevande e vettovaglie, e dappertutto si facevano fagotti di tende e tappeti. Shama e mia madre erano add ette alle altalene. Senza le altalene, che picnic ?, dicevano tutte le volte che mi o padre suggeriva loro di lasciarle a casa, almeno per una volta, perch appenderl e agli alberi era un'impresa che portava via parecchio tempo. E poi, aggiungeva, t anto per provocare mia madre, le altalene vanno bene per i bambini, ma quando ci salgono gli adulti, con tutto il loro peso, i poveri alberi se la vedono brutta. Mentre pap parlava, aspettando che la mamma si arrabbiasse, lei continuava sempli cemente a impacchettare le altalene e le funi per legarle, senza degnarlo neanch e di uno sguardo. Shama cantava ad alta voce: Se gli uomini non possono appendere altalene\ le donne lo faranno da sole\ Lallallalla, imitando l'acuta melodia del nostro inno nazionale Maghribun watanun, 12, ( O Marocco, patria nostra). Intanto , io e Samir cercavamo febbrilmente le nostre pantofole di corda - perch le nostr e madri, tutte prese dai loro progetti, non ci davano alcun aiuto - e Lalla Mani contava il numero dei piatti e dei bicchieri tanto per rendersi conto del danno, e vedere quanti se ne saranno rotti alla fine della giornata. Per lei, del picni c se ne poteva fare tranquillamente a meno, come era solita dire, tanto pi che, s tando alla tradizione, la sua origine era dubbia. Non se ne parla nel Hadith, dice va, e, per quanto ne so io, potrebbe anche essere annoverato tra i peccati, nel G iorno del Giudizio. 13. Arrivavamo alla fattoria a met mattina, equipaggiati con dozzine di tappeti, diva ni leggeri e kann. 14. Una volta srotolati i tappeti, vi si collocavano sopra i d ivani, veniva accesa la 12 Maghrib il nome arabo per Marocco, la terra del sole calante, da gharb, ovest . 13 Col termine hadith si indica una raccolta di gesta e detti del Profeta Muhamm ad. Redatti dopo la sua morte, sono considerati una delle fonti fondamentali del l'Islam (la prima il Corano, il libro rivelato direttamente da Allh al suo Profet a). 14 I kann sono dei bracieri portatili, in terracotta o metallo: gli equivalenti m arocchini dei barbecues. brace, e si cucinavano alla griglia degli spiedini misti di carne d'agnello e ve rdura. I bollitori del t cantavano insieme agli uccelli. Poi, dopo il pranzo, alc une donne si sparpagliavano nei boschi e nei campi alla ricerca di fiori, erbe, e altri tipi di piante da usare per trattamenti di bellezza. Altre, invece, face vano la fila per andare in altalena. Solo dopo il tramonto si intraprendeva il v iaggio di ritorno, e una volta a casa, il portone si chiudeva alle nostre spalle . Mia madre si sentiva triste per diversi giorni. Quando si passa una giornata in tera in mezzo agli alberi, diceva, svegliarsi con un orizzonte fatto di pareti div

enta intollerabile. Per entrare in casa nostra, non c'era altra via se non quella di passare dal por tone principale, controllato da Ahmed il portinaio. Ma per uscire, un altro modo c'era: passare dalla terrazza a livello del tetto. Dalla nostra terrazza, si po teva saltare su quella dei vicini, e poi uscire in strada usando il loro portone . Ufficialmente, la chiave della terrazza era in possesso di Lalla Mani, e Ahmed spegneva le luci delle scale dopo il tramonto. Ma dato che la terrazza, durante il giorno, veniva continuamente usata per ogni sorta di attivit domestica - sia per prendere le olive conservate lass dentro grosse giare, sia per lavare e stend ere il bucato - le chiavi venivano spesso lasciate alla zia Habiba, che occupava la stanza pi vicina alla terrazza. La via d'uscita dalla terrazza era poco sorvegliata, per il semplice motivo che arrivare da l sulla strada era un'impresa piuttosto complicata. Bisognava essere molto brave in tre cose: arrampicarsi, saltare e atterrare con grazia. La maggio r parte delle donne era in grado di arrampicarsi e saltare con una certa abilit, ma non molte sapevano atterrare con grazia. Perci, di tanto in tanto, qualcuna to rnava a casa con una caviglia fasciata, e tutte le altre capivano subito cosa av eva combinato. La prima volta che tornai gi dalla terrazza con le ginocchia sangu inanti, mia madre mi spieg che il problema principale, nella vita di una donna, e ra di escogitare il modo migliore per atterrare. Ogni volta che stai per imbarcar ti in un'impresa, disse, devi pensare non a come spiccherai il volo, ma a come arriverai a terra. Quindi, quando ti verr voglia di volare, pe nsa a come e dove andrai a cadere. Ma c'era anche un'altra e pi solenne ragione per cui Sh-ma e la mamma non vedevano nella fuga dalla terrazza una valida alternativa all'uso del portone. La via de lla terrazza, aveva una dimensione illecita e clandestina che suscitava repulsio ne in chi si batteva per il principio del diritto di ogni donna alla libert di mo vimento. Confrontarsi con Ahmed alla porta era un'azione eroica. Fuggire dalla t errazza non lo era, e non aveva in s quell'ispirato e sovversivo empito di emanci pazione. Nessuno di questi intrighi si attagliava, ovviamente, alla fattoria di Jasmina. Il portone o il cancello non avevano quasi senso, dato che non c'erano mura. E p er fare un harem, pensavo, c' bisogno di una barriera, o di un confine. Quell'est ate, andai in visita da Jasmina e le raccontai la storiella di Sh-ma sulla nascit a degli harem. Quando mi accorsi che mi ascoltava, decisi di fare sfoggio di tut te le mie conoscenze in materia di storia, e cominciai a parlarle dei romani e d ei loro harem, e di come gli arabi erano diventati sultani del mondo grazie alle mille donne del califfo Harn al-Rashid, e, infine, di come i cristiani avevano i ngannato gli arabi cambiando loro le regole durante il sonno. Al sentire questa storia, Jasmina si fece un sacco di risate, e disse che era troppo illetterata p er valutare i fatti storici, ma che tutto quello che avevo detto le suonava tant o buffo quanto sensato. Allora le chiesi se quello che aveva detto Shama era ver o o falso, e lei mi rispose che dovevo rilassarmi riguardo a questa faccenda di ci che vero o falso, giusto o sbagliato. Disse che c'erano cose che potevano esse re l'uno e l'altro, e cose che non potevano essere n l'uno n l'altro. Le parole son o come le cipolle, disse. Pi pelli togli, pi significati incontri. E quando inizi a scoprire cos tanti significati, allora "giusto" e "sbagliato" perdono di importan za. Queste domande sugli harem che tu e Samir andate facendo, sono tutte belle e buone, ma ci sar sempre qualcos'altro da scoprire. E poi aggiunse: Adesso ti pelo un'altra pelle della questione. Ma ricordati, solo una fra le tante. La parola "harem", disse, era una leggera variante della parola haram, il "proib ito", il "vietato" Questa, a sua volta, era il contrario della parola halal, il "lecito", il "consentito" L'harem era un posto dove un uomo dava rifugio alla su a famiglia, alla moglie o alle mogli, ai figli e ai congiunti. Poteva essere una casa o una tenda, e il termine poteva essere riferito sia allo spazio che alla gente che vi abitava. Si diceva l'harem del signor Pinco Pallino per designare sia i membri della sua famiglia che la sua dimora fisica. Riuscii a vederci pi chiar o quando Jasmina mi spieg che la Mecca, la citt sacra, veniva anche chiamata Haram . La Mecca era uno spazio dove il comportamento era rigidamente codificato. Nel momento in cui vi si metteva piede, si era vincolati da un gran numero di leggi

e di regole. Le persone che entravano alla Mecca dovevano essere pure: dovevano eseguire dei rituali di purificazione e astenersi dal mentire, imbrogliare e com mettere azioni dannose. La citt apparteneva ad Allh, e si doveva obbedire alla sua shar'a, o legge sacra, quando si faceva ingresso nel suo territorio. La stessa c osa si applicava a un harem, quando il termine stava a designare la casa di prop riet di un uomo. Nessun altro uomo poteva entrarvi senza il permesso del propriet ario e, una volta entrati, si dovevano rispettare le sue regole. L'harem aveva a che fare con lo spazio privato e le norme che lo regolano. Senza contare, dicev a Jasmina, che per fare un harem, le mura non sono indispensabili. Una volta che si sa cosa proibito, l'harem qualcosa che ci si porta dentro. Ce l'hai nella te sta, scolpito sotto la fronte e sotto la pelle. Quest'idea di un harem invisibile, di una legge tatuata nel cervello, mi turbava e spaventava; non mi piaceva per niente, e chiesi alla nonna di spiegarsi meglio. Sebbene priva di mura, disse Jasmina, la fattoria era nondimeno un harem. C' bisog no di mura solo dove ci sono delle strade!. Ma se uno, come il nonno, decideva di vivere in campagna, allora non c'era alcun bisogno di portoni, perch si stava in mezzo ai campi e non passava nessuno. Le donne potevano andarsene libere per la campagna, perch non c'erano stranieri in giro a sbirciarle: potevano camminare, o cavalcare, per ore, senza vedere anima viva. Ma se per caso incontravano un cont adino, e quello si accorgeva che non erano velate, allora si copriva la testa co l cappuccio della sua jallabiyya, per mostrare che non le guardava. In questo ca so, disse Jasmina, l'harem era nella testa del contadino, scolpito da qualche pa rte sotto la sua fronte: le donne della fattoria erano propriet di Sid Taz, e il co ntadino, quindi, sapeva di non avere il diritto di guardarle. Questa faccenda di andarsene in giro con un limite dentro la testa mi disturbava , e con discrezione mi portai la mano alla fronte per assicurarmi che fosse bell a liscia, tanto per vedere se casomai io potevo essere libera dall'harem. Ma pro prio allora la spiegazione di Jasmina si fece ancora pi allarmante, perch la cosa che disse subito dopo fu che ogni spazio aveva delle regole invisibili sue propr ie e, al momento di entrarvi, bisognava capire quali fossero. E quando dico spazi o, continu, pu essere uno spazio qualunque - un cortile, una terrazza, una stanza, a nche la strada, se per questo. Dovunque vi siano esseri umani, l c' una q'ida, ovve ro una "norma" invisibile. Se ti attieni alla q'ida, non pu accaderti nulla di mal e. In arabo, mi ricord, q'ida significa molte cose diverse, ma tutte condividevano la stessa premessa di base. Una legge matematica o un sistema legale era una q'id a, e cos anche le fondamenta di un edificio. Q'ida era anche un costume o un codic e di comportamento. Q'ida era dappertutto. Poi aggiunse qualcosa che mi spavent da vvero: Sfortunatamente, nella maggior parte dei casi, q'ida qualcosa che va contro le donne. Perch?, domandai. Questo non giusto, vero?, e mi feci pi vicina, per non perdermi nea che una sillaba della sua risposta. Il mondo, disse Jasmina, non era concepito p er essere giusto con le donne; le regole erano fatte in maniera tale da danneggi arle sempre, in un modo o nell'altro. Per esempio, disse, sia gli uomini che le donne lavorano dall'alba fino a notte fonda, ma gli uomini guadagnano soldi e le donne no - questa era una di quelle regole invisibili. E quando una donna lavor a duro, e non guadagna soldi, allora si pu dire che sta rinchiusa in un harem, anche se non se ne vedono le mura. Forse le regole sono sp ietate perch non sono fatte dalle donne, fu il commento finale di Jasmina. Ma perch non sono fatte dalle donne?, chiesi. Nel momento in cui le donne si sveglieranno e invece di cucinare a puntino e lavar piatti tutto il tempo, cominceranno a pors i questa domanda, rispose lei allora troveranno il modo di cambiare le regole e di capovolgere l'intero pianeta. Quanto ci vorr?, le chiesi, e Jasmina disse: Molto tem po. Allora le domandai se poteva insegnarmi come fare a indovinare quella regola inv isibile, o q'ida che dir si voglia, ogni volta che mettevo piede in uno spazio nu ovo. Non c'erano dei segnali, o qualcosa di tangibile che potessi cercare? No, d isse, purtroppo no, non c'erano indicazioni, tranne la violenza che seguiva il f atto; perch, nel momento in cui avessi disobbedito a una qualunque di queste rego le invisibili, mi avrebbero fatto del male. Comunque, osserv, molte delle cose ch

e alla gente piace di pi fare nella vita, come andarsene a spasso, scoprire il mo ndo, cantare, danzare, esprimere un'opinione, erano spesso annoverate nella cate goria del proibito. In effetti la q'ida, o regola invisibile, poteva essere molto peggiore delle mura e dei cancelli. Con mura e cancelli, almeno si sa cosa ci s i aspetta da noi. A queste parole, quasi desiderai che tutte le regole si materializzassero all'im provviso in frontiere e pareti visibili proprio davanti ai miei occhi. Ma poi mi venne un altro pensiero sgradevole. Se la fattoria di Jasmina era un harem, a d ispetto del fatto che non aveva mura visibili, allora cos'era la hur-riyya, la l ibert? La misi a parte di questo pensiero, e Jasmina mi parve un po preoccupata: disse che avrebbe voluto che giocassi come gli altri bambini, invece di tormenta rmi il cervello con tutta questa faccenda di mura, regole, costrizioni, e il sig nificato di hurriyya. Ti perderai la felicit, se penserai troppo alle mura e alle regole, mia cara bambina, mi disse. La meta ultima nella vita di una donna la feli cit. Perci non passare il tempo a cercarti dei muri dove sbattere la testa. Per far mi ridere, Jasmina si alz in piedi, and al muro, e finse di sbatterci contro la testa, gridando: Ahi, ahi! Il muro fa male! Il muro mio ne mico! Io scoppiai a ridere, sollevata al vedere che, a dispetto di tutto, l'alleg ria era ancora a portata di mano. Lei mi guard e si port un dito alla tempia, Capis ci quello che voglio dire?. Certo che capivo quello che volevi dire, Jasmina, e la felicit sembrava assolutam ente possibile - a dispetto di tutti gli harem, visibili e invisibili. Corsi ad abbracciarla, e mentre mi teneva stretta e mi lasciava giocare con le sue perlin e rosa, le bisbigliai all'orecchio: Ti voglio bene Jasmina, davvero. Pensi che sa r una donna felice?. Ma certo che sarai felice!, esclam. Sarai una signora colta e moderna. Realizzerai i l sogno dei nazionalisti: imparerai lingue straniere, avrai un passaporto, divor erai libri, e parlerai come un'autorit religiosa. Come minimo, starai certo megli o di tua madre. Ricorda che persino io, ignorante e legata alla tradizione come sono, sono riuscita a spremere un po di felicit da questa vita dannata. Per quest o non voglio che ti fissi tutto il tempo su confini e barriere. Voglio che ti co ncentri sul divertimento, le risate e la felicit. Questo un buon progetto, per un a signorina ambiziosa. VIII Lavapiatti acquatiche La fattoria di Jasmina distava solo poche ore di viaggio da casa nostra, ma era come se si trovasse su un'isola remota del Mar della Cina, quelle delle storie n arrate dalla zia Habiba. L, le donne facevano cose che in citt erano inaudite, com e pescare, arrampicarsi sugli alberi, e fare il bagno in un torrente che correva a incontrare le acque del fiume Sab, per proseguire in direzione dell'Oceano Atl antico. Dopo l'arrivo di Tam dal nord, le donne avevano persino cominciato a orga nizzare gare di corsa a cavallo. Gi da prima andavano a cavallo, ma con discrezio ne, quando gli uomini non c'erano, e senza mai spingersi molto lontano. Tam trasf orm semplici cavalcate in rituali solenni, con regole fisse, esercitazioni, premi in palio e fastose premiazioni. L'ultima concorrente a tagliare il traguardo doveva preparare il premio per la v incitrice, e questo consisteva in un'enorme bastila, la pi squisita di tutte le p relibate vivande di Allh. La bastila una pietanza e al tempo stesso un dessert, d olce e salata, e i suoi ingredienti di base sono le noci e la carne di piccione, lo zucchero e la cannella. Oh! La bastila croccante da mordere, e va mangiata c on gesti delicati, facendo molta attenzione e senza avere fretta, altrimenti si rischia di imbrattarsi tutta la faccia di zucchero e cannella. Ci vogliono dei g iorni per preparare la bastila, perch fatta di diversi strati di sfoglia sottilis sima, quasi trasparente, ripieni di mandorle tostate e tritate grossolanamente, insieme a molte altre deliziose sorprese. Jasmina ripeteva spesso che se le donn e fossero intelligenti si metterebbero a venderla, quella delizia, e a ricavarci denaro, invece di servirla come parte dei loro banali doveri domes tici. Ad eccezione di Lalla Tharwa, che era una donna di citt, dal colorito pallido e s

morto, quasi tutte le altre donne dell'harem avevano gli inequivocabili tratti r urali delle regioni montuose del Marocco. Inoltre, al contrario di Lalla Tharwa che non sbrigava mai nessun tipo di lavoro domestico, e lasciava i suoi tre caff ettani sciolti fino a coprire le caviglie, le altre donne erano solite infilarsi le vesti nelle cinture, e tirarsi su le maniche con l'aiuto di elastici colorat i disposti in modo da sembrare il tradizionale takhmal. 15. Questo abbigliamento permetteva loro di muoversi a proprio agio durante il giorno, per sbrigare le f accende domestiche e dare da mangiare a persone e animali. Una preoccupazione costante delle donne, laggi alla fattoria, era il modo di rend ere pi piacevoli i lavori di casa, e un giorno Mabrka, che amava nuotare, sugger di lavare i piatti nel fiume. Lalla Tharwa, scandalizzata, respinse l'idea come de l tutto contraria alla civilt musulmana. Voi contadine finirete per distruggere la reputazione di questa casa, disse, fumante di rabbia, proprio come il venerabile storico Ibn Khaldn ha predetto sei secoli fa nella sua Muqaddima, quando disse che l'Islam era una cultura essenzialmente cittadina, e che i contadini rappresenta vano una minaccia. 16. Un cos alto numero di concubine originarie delle montagne, non 15 La parola takhmal deriva dal verbo colloquiale arabo khammal, "impegnarsi a f ondo nei doveri di pulizia" Il takbmal un lungo nastro colorato, o una fascia el astica, che le donne usavano per tenere indietro le maniche lunghe. Prendevano u n nastro lungo un metro, lo legavano in modo da formare un anello, e lo torcevan o nella figura di un otto. Poi se lo passavano intorno al braccio, con il nodo s ul retro, e vi infilavano la manica, perch se ne stesse su arrotolata fino all'as cella. Per nascondere l'aspetto pratico del takhmal, molte donne ricamavano il n astro o la banda elastica con perle e perline, mentre le pi ricche, al posto di n astri e fasce, usavano fili di perle e catene d'oro. 16 Uno dei pi brillanti storici dell'Islam, Ibn Khaldn, visse nella Spagna musulma na e nel Nordafrica nel quattordicesimo secolo. Nel suo capolavoro, la Muqaddima (i Prolegomeni), tent di sottomettere la Storia a un'analisi meticolosa, allo sc opo di individuarne i principi cardini. Nel far ci, identific gli abitanti delle citt come il polo positivo della cultura islamica, e la gente che viveva ai margini della civilt urbana, cio nomadi e contadini, come il polo negati vo e distruttivo. Questa percezione delle citt come centri irradiatori di idee, c ultura e ricchezza, e della popolazione rurale come improduttiva, ribelle e indi sciplinata, penetrata, fino ai nostri giorni, in tutte le visioni dello sviluppo espresse dalla cultura araba. In Marocco, l'epiteto 'ambi, cio persona di origin i rurali, ancora oggi un insulto di uso comune. poteva che portare disgrazia. Jasmina contrattacc, dicendo che Lalla Tharwa sareb be stata pi utile alla civilt musulmana se avesse smesso di leggere vecchi libri e si fosse messa a lavorare come tutti gli altri. Ma questa era cos gelosa del fat to che le altre donne tentassero di divertirsi, che riport la questione al nonno e convoc da lui Jasmina e Mabrka. Il nonno, allora, chiese di essere messo al corr ente del progetto, e le due donne gli esposero la loro idea di lavare i piatti n el fiume, aggiungendo che, sebbene entrambe contadine e illetterate, non erano d elle sceme, e non potevano prendere per oro colato le parole di Ibn Khaldn. Dopo tutto, dissero, non era che uno storico. Avrebbero volentieri rinunciato al prog etto, se Lalla Tharwa avesse prodotto una fatwa ovvero, un parere delle autorit r eligiose della moschea di Qarwiyyin che vietava alle donne di lavare i piatti nei fiumi, ma fino a quel momento, avrebbero fatto a modo loro. Dopo tutto, il fium e l'aveva creato Allh per manifestare la sua potenza, e se, in ogni caso, nuotare fosse stato un peccato, ne avrebbero reso conto solo a Lui, una volta per tutte , nel Giorno del Giudizio. Il nonno, colpito dalla loro logica, aggiorn la seduta , dicendosi felice che l'Islam lasciasse la responsabilit alla coscienza individu ale. Alla fattoria, come in tutti gli harem, i lavori domestici erano eseguiti second o un rigido sistema di rotazione. Le donne si organizzavano in piccole squadre f ormate secondo criteri di amicizia e interessi in comune, e i compiti venivano c os equamente distribuiti. La squadra che una settimana preparava i pasti, la sett imana seguente era addetta alla pulizia dei pavimenti, la settimana dopo ancora

preparava il t e le bevande, e nella quarta settimana si occupava del bucato. La quinta settimana era destinata al riposo. Di rado tutte le donne si univano in un unico gruppo per eseguire un lavoro. Un'eccezione a questa regola era il lavaggio di piatti e stoviglie, quel compito ingrato che, in seguito all'idea di Mabrka, fu t rasformato (almeno nelle estati in cui mi trovavo l) in un fantastico spettacolo acquatico, completo di partecipanti, spettatori e ragazze pon-pon. Le donne stavano in piedi nel torrente disposte su due file. Quelle della prima fila erano immerse nell'acqua solo fino al ginocchio, e rimanevano quasi complet amente vestite. In seconda fila, dove solo le buone nuotatrici avevano il permes so di stare, l'acqua arrivava alla vita, e le donne erano semisvestite, con il s olo qamis rincalzato il pi possibile nelle cinture strette per l'occasione. In pi, se ne stavano a capo scoperto, perch sarebbe stato arduo lottare contro la corre nte e al tempo stesso preoccuparsi di non perdere sciarpe di seta e preziosi tur banti. La prima fila intraprendeva la pulizia iniziale, sfregando pentole, tegam i e tjin (utensili in terracotta) con la tadaqq, un impasto di sabbia e terra dell e rive del torrente. Quindi, via acqua, passavano pentole e tegami alla seconda fila per un'ulteriore pulitura, mentre il resto delle stoviglie circolava contro corrente di mano in mano, con l'acqua che lavava via la tadaqq. Finalmente Mabrka, la stella del nuoto, appariva sulla scena. Rapita da un villag gio costiero nei pressi di Agadir durante la guerra civile che segu alla presa de l potere da parte dei francesi, Mabrka aveva passato l'infanzia a tuffarsi nell'O ceano da alte scogliere. Non solo sapeva nuotare come un pesce e starsene a lung o sott'acqua, ma le era anche capitato pi volte di dover salvare donne dell'harem che rischiavano di venir trascinate dalla corrente fino a Kenitra, alla foce de l fiume Sab. Il suo compito durante le spedizioni di lavaggio dei piatti era quel lo di andare a riprendere tutte le pentole e i tegami che scappavano di mano all e altre, lottare con la corrente, e riportarli a riva. Le donne si sprecavano in applausi e ovazioni, ogni volta che Mabrka emergeva dall'acqua con una pentola o un tegame sulla testa; e la "criminale" che si era lasciata sfuggire la stoviglia, doveva esaudirle un desiderio quella sera stessa. Il desiderio variava a seconda delle abilit della colpevole. Ogni volta che a sbagliare era Jasmina, Mabrka le chiedeva delle sfin, le incomparabili ciamb elle della nonna. Quando tutte le stoviglie erano state lavate, venivano rimandate a Jasmina, che le passava a Krisha, l'uomo chiave dell'intera operazione. Krisha, che letteralm ente significa "trippa", era il soprannome che le signore avevano affibbiato a M uhammad el-Gharbaw, il loro cocchiere preferito, e anche il pi viziato. Krisha era nativo del Gharb, la grande piana vicino al mare fra Tangeri e Fez. Viveva con sua moglie Zina a poche centinaia di metri dalla fattoria; non aveva mai lasciat o il suo villaggio natio e non riteneva di aver perso molto. Un posto pi bello del Gharb non si trova in tutto il mondo, diceva, fatta eccezione per la Mecca. Era mo lto alto, ed era sempre vestito di un imponente turbante bianco e un pesante bur nus (cappa) marrone che si gettava elegantemente sulle spalle. In effetti, aveva tutta l'aria di una figura autoritaria, ma in qualche modo, non lo era. Non gli interessava esercitare il potere o difendere l'ordine. Dare forza alle regole l o annoiava. Era semplicemente un brav'uomo, convinto che la maggior parte delle creature di Allh avessero abbastanza giudizio per comportarsi in modo responsabil e, a cominciare da sua moglie che faceva ben poco in casa e la passava liscia. Se non le piacciono le faccende domestiche, diceva, va bene. Non divorzier certo per questo motivo. Ci arrangiamo. Krisha non era esattamente quel che si dice un uomo impegnato. Quando non guidav a la carretta, non faceva molto di pi che mangiare o dormire; ma spesso veniva in tensamente coinvolto nelle attivit delle donne, soprattutto quando queste richied evano il trasporto di cose e persone. Lavare i piatti nel fiume sarebbe stato impossibile senza Krisha. Molte stovigli e da lavare erano grosse pentole in ottone, tegami di ferro, terracotte che pesa vano anche pi di sei chili a pezzo. (Ci volevano delle pentole enormi per prepara re i pasti per tutti, in una casa grande come la fattoria) Portarle dalla cucina al

la riva del torrente sarebbe stata un'impresa disperata senza l'aiuto di Krisha e della sua carretta tirata dal cavallo. Poich Krisha, il Trippa, non sapeva resi stere a un buon pasto, avrebbe spostato le montagne per qualcuno disposto a prep arargli il suo cuscus preferito, con uva passa, piccioni stufati e tante cipolle al miele. Uno dei compiti ufficiali di Krisha era quello di portare le donne al hammam, il bagno pubblico, una volta ogni due settimane. Il hammam si trovava nel vicino v illaggio di Sid Sliman, a dieci chilometri dalla fattoria, e andarci con Krisha e ra sempre uno spasso. Le donne continuavano a saltar su e gi dalla carretta, e a chiedere di fermarsi ogni due minuti per andare a fare pip. Lui rispondeva sempre a llo stesso modo, che faceva ridere e schiamazzare tutte quante: Signore, vi consi glio e vi raccomando di farvela nei sarwal (pantaloni). La cosa pi importante non che la facciate o no, ma che ve ne stiate o meno in questa dannata carretta fin ch non arriveremo sani e salvi a Sid Sliman. Quando arrivavano l, Krisha scendeva le ntamente dal suo posto di guida, metteva piede in terra, e cominciava a contare le donne sulle dita via via che entravano nel hammam. Signore, siete pregate di n on dissolvervi nel vapore, diceva, voglio che rispondiate tutte:"Presente!", quand o stasera saremo di ritorno. Oh, erano proprio scatenate, alla fattoria di Jasmina. IX Risate al chiaro di luna Alla fattoria di Jasmina non si sapeva mai a che ora si sarebbe mangiato. A volt e, la nonna si ricordava solo all'ultimo minuto che doveva darmi da mangiare, e allora mi convinceva che un pugno di olive e un pezzo del suo buon pane, sfornat o all'alba, era sufficiente. Ma pranzare nel nostro harem di Fez era tutta un'al tra faccenda. Si mangiava sempre a orari rigidamente stabiliti, e mai tra un pasto e l'altro. Dovevamo sederci ai posti prescritti intorno a uno dei quattro tavoli comuni. Il primo tavolo era riservato agli uomini, il secondo alle donne di una certa impo rtanza, e il terzo ai bambini e alle donne di minore importanza - il che ci rend eva felici, perch significava che la zia Hab-ba poteva mangiare con noi. L'ultimo tavolo era destinato ai domestici e a chiunque arrivasse in ritardo, senza disti nzioni di et, rango e sesso. Quel tavolo era spesso affollato, ed era l'ultima po ssibilit in assoluto di trovare qualcosa da mangiare, per quelli che avevano comm esso l'errore di non arrivare in tempo. Mangiare a orari fissi era quello che mi a madre pi detestava della vita in comune. Insisteva di continuo con mio padre pe rch lasciasse la casa natia e portasse la nostra famiglia a vivere per conto suo. I nazionalisti invocavano la fine della reclusione e del velo, ma non spendevan o una parola sul diritto di una coppia a separarsi dalla famiglia d'origine. Anz i, molti dei loro leader vivevano ancora con i genitori. Il movimento nazionalis ta, che era fatto di uomini, sosteneva la liberazione delle donne, ma non era an cora arrivato ad afferrare l'idea di anziani che vivono da soli, o di coppie che se ne vanno a formare nuove case. Nessuna delle due idee sembrava giusta, o elegante. Soprattutto, era il pranzo a orario fisso, quello che mia madre non riusciva a m andar gi. Era sempre l'ultima a svegliarsi, e le piaceva indugiare in una tarda e generosa colazione che si preparava da sola, con ostentato tono di sfida, sotto lo sguardo di disapprovazione di nonna Lalla Mani. Si preparava uova strapazzat e e baghrir, crespelle sottili ricoperte di miele puro e burro fresco, accompagn ate da t in abbondanza. Di solito mangiava alle undici in punto, proprio quando L alla Mani si accingeva a dare inizio ai rituali di purificazione per la preghier a di mezzogiorno. E, una volta fatta quella colazione, due ore dopo, alla tavola comune, mia madre spesso era assolutamente incapace di fare onore al pranzo. A volte lo saltava del tutto, specialmente quando voleva infastidire mio padre, pe rch saltare un pasto era considerato un atto di tremenda maleducazione, oltre che di aperto individualismo. Il sogno di mia madre era quello di vivere sola con suo marito e i suoi figli. C hi ha mai sentito di una decina di uccelli che vivono tutti insieme, stipati in un solo nido?, era solita dire. Non naturale vivere in gruppo, a meno che l'obiett

ivo non sia quello di fare star male le persone. Mio padre, pur ribattendo che lu i non ne sapeva molto sul modo di vivere degli uccelli, simpatizzava con la mamm a, e si sentiva combattuto fra i suoi doveri verso la famiglia tradizionale e il desiderio di far felice sua moglie. Si sentiva in colpa all'idea di tradire la solidariet della famiglia, poich sapeva fin troppo bene che le grandi famiglie in generale, e la vita dell'harem in particolare, stavano rapidamente diventando re liquie del passato. Arrivava a profetizzare che nei prossimi decenni saremmo div entati come i cristiani, che non andavano quasi mai a fare visita ai loro anzian i genitori. Per la verit, molti dei miei zii che avevano gi lasciato la grande cas a, trovavano a malapena il tempo di far visita alla madre, Lalla Mani, il venerd dopo la preghiera. I loro figli neanche baciano le mani, era il ritornello. A pegg iorare le cose, si aggiungeva il fatto che, fino a poco tempo prima, tutti i miei zii vivevano in casa con noi , e se ne erano andati via solo quando l'opposizione delle loro mogli alla vita comunitaria si era fatta insostenibile. Questo dava speranze a mia madre. Il primo a lasciare la casa di famiglia era stato lo zio Karim, padre di mia cug ina Malika. Sua moglie amava la musica, e le piaceva cantare accompagnata sul li uto dallo zio Karim, che suonava molto bene. Ma lui raramente acconsentiva a esa udire il suo desiderio di passare una serata a cantare nel loro salone, perch suo fratello maggiore, lo zio Al, era dell'opinione che cantare o suonare uno strume nto fossero attivit disdicevoli per un uomo. Alla fine, un giorno, la moglie dell o zio Karim prese i figli e se ne torn da suo padre, dicendo che non aveva pi inte nzione di vivere nella casa comune. Lo zio Karim, un tipo allegro che spesso si era sentito anche lui soffocato dalla disciplina dell'harem, colse l'occasione a l volo e se ne and pure lui, con la scusa che preferiva accontentare la moglie pi uttosto che giocarsi il matrimonio. Non pass molto tempo che, uno dopo l'altro, a nche gli altri zii si trasferirono, e rimasero solo lo zio Al e mio padre. Perci, la partenza di mio padre avrebbe sancito la fine della famiglia tradizionale. Fin ch mia madre in vita, diceva spesso, non tradir la tradizione. Tuttavia mio padre amava sua moglie, e gli dispiaceva a tal punto non poterla ac contentare che non si stancava mai di proporle compromessi - uno dei quali, per esempio, era quello di rifornirle un'intera credenza di provviste per lei sola, nel caso volesse mangiare qualcosa, sempre con discrezione, a parte dal resto de lla famiglia. Infatti, uno dei problemi della casa comune era che, se qualcuno, per caso, aveva fame, non poteva semplicemente aprire il frigorifero e agguantar e qualcosa da mangiare: in primo luogo, non c'erano frigoriferi a quel tempo; se condo, e pi importante, l'idea di fondo dell'harem era che tutti dovevano adeguar si ai ritmi del gruppo, per cui era inammissibile che un singolo individuo potes se prendere e mangiare solo perch gliene era venuta voglia. Lalla Radiya, la moglie di mio zio, aveva la chiave della dispensa, e anche se, dopo cena, chiedeva sempre cosa volevamo mangiare il giorn o dopo, si doveva comunque accettare quello che il gruppo - al termine di lunghe discussioni -aveva stabilito. Se il gruppo si accordava per il cuscus con ceci e uva passa, quello ti toccava. E se per caso non ti piacevano i ceci e l'uva pa ssa, non avevi altra scelta che star zitto, e accontentarti di un frugale pasto a base di poche olive e molta discrezione. Che perdita di tempo, diceva mia madre, queste discussioni interminabili sui pasti! Gli arabi starebbero molto meglio, se lasciassero decidere a ogni singolo indiv iduo quello che vuole mangiare. Forzare tutti a condividere tre pasti al giorno non serve ad altro che a complicare la vita. E per quale sacro proposito? Nessun o, questo certo. Quindi proseguiva, dicendo che la sua intera esistenza era un'as surdit, che niente aveva senso, mentre mio padre continuava a risponderle che non poteva lasciare tutto quanto. Se lo avesse fatto, sarebbe morta la tradizione: V iviamo in tempi difficili, il paese occupato da eserciti stranieri, la nostra cu ltura minacciata. Le tradizioni sono tutto quello che ci resta. A questo ragionam ento, mia madre usciva completamente dai gangheri: Tu pensi davvero che stare tut ti pigiati in questa casa assurda ci dar la forza necessaria a cacciare gli eserc iti stranieri? E cosa pi importante, per te, la tradizione o la felicit della gent e?. Questo metteva bruscamente fine alla conversazione. Pap cercava di accarezzarl e la mano, ma lei la ritirava. La tua tradizione mi sta soffocando, gli sussurrava

, con gli occhi pieni di lacrime. Cos pap continuava a offrirle dei compromessi. Non soltanto faceva in modo che mia madre avesse le sue provviste personali, ma le portava anche cose che sapeva a lei gradite, come datteri, noci, mandorle, miele, farina e olii pregiati. E lei poteva preparare tutti i dolci e i biscotti che voleva, ma non doveva mettersi i n mente di cucinare pietanze e pasti completi. Quello avrebbe significato l'iniz io della fine dell'accordo comune. Le sue colazioni individuali, preparate con o stentazione, erano gi uno schiaffo in faccia al resto della famiglia. Una volta ogni tanto, mia madre riusciva a preparare un pasto completo, pranzo o cena che fosse, e a passarla liscia, pur se doveva stare attenta non solo a far lo con discrezione, ma anche a dare alla faccenda una sorta di connotazione esot ica. Di solito ricorreva allo stratagemma di mascherare il pasto da picnic nottu rno in terrazza. Queste occasionali cene tete--tete sulla terrazza, nelle notti di luna estive, er ano un'altra offerta di pace, da parte di mio padre, perch la mamma potesse soddi sfare il suo desiderio di privacy. Cos ci trasferivamo tutti in terrazza, come de i nomadi, con materassi, tavoli, vassoi, e la culla del mio fratellino, che veni va collocata proprio al centro del bivacco. Mia madre era letteralmente fuori di s dalla gioia. Nessuno, dal cortile, si azzardava a farsi vedere di sopra, perch si capiva fin troppo bene che mia madre stava fuggendo dalla folla. Quello che p i le piaceva era cercare di far abbandonare a mio padre la sua convenzionale posa di autocontrollo. Dopo non molto, la mamma cominciava a scherzare come una raga zzina, e ben presto mio padre, provocato, si metteva a rincorrerla per tutta la terrazza. Non puoi pi correre, ti sei fatto troppo vecchio!, lo sfidava la mamma, or a sei buono solo a star seduto e a guardare la culla di tuo figlio. Pap, che fino a quel momento aveva sempre sorriso, prima la guardava come se quello che aveva detto non l'avesse affatto toccato; poi, il suo sorriso svaniva, e cominciava ad inseguirla per tutta la terrazza saltando sui divani e sui vassoi del t. A volte facevano tutti e due dei giochi che coinvolgevano anche me, mia sorella e Samir (l'unico del resto della famiglia a venire ammesso a queste riunioni al chiaro di luna). Pi spesso, per, si dimenticavano completamente del resto del mondo, e no i bambini, il giorno dopo, eravamo tutti raffreddati, perch si erano scordati di coprirci quando eravamo andati a dormire. Dopo queste serate di grazia, mia madre rimaneva di umore insolitamente dolce e quieto per un'intera settimana. Poi cominciava a dirmi che qualunque cosa avessi voluto fare della mia vita, dovevo riscattare la sua. Voglio che le mie figlie a bbiano una vita entusiasmante, diceva, molto entusiasmante, e ricca di felicit al cento per cento, n pi n meno Io alzavo la testa, la guardavo at tentamente, e le chiedevo cosa intendesse per felicit al cento per cento, perch vo levo farle sapere che avrei fatto del mio meglio per ottenerla. Felicit, mi spiegav a, quando una persona si sente bene, leggera, creativa, contenta, quando ama, ria mata, ed libera; una persona infelice si sente dentro delle barriere che schiacc iano talenti e desideri. Una donna, secondo lei, era felice quando poteva esercit are ogni genere di diritti, da quello di muoversi a quello di creare, competere e sfidare e, al tempo stesso, di sentirsi amata proprio perch lo fa. Parte della felicit consisteva nell'essere amata da un uomo in grado di apprezzare la forza e il talento della sua compagna, e di andarne fiero. La felicit aveva a che fare a nche con la privacy, il diritto di allontanarsi dalla compagnia degli altri e di immergersi in una solitudine contemplativa; o quello di sedersi tutta sola a no n far niente per tutta la giornata, senza dare giustificazioni o sentirsene colp evole. Felicit era poter stare con le persone care, e tuttavia sentire di esister e come essere distinto, che non l solo per rendere felici gli altri. Felicit era, infine, il frutto dell'equilibrio fra ci che si da e ci che si riceve. Allora le c hiedevo quanta felicit avesse lei nella vita, giusto per farmi un'idea, e lei dic eva che la sua variava a seconda dei giorni. Certi giorni ne aveva solo il cinqu e per cento; altri, come le sere che passavano con pap in terrazza, aveva una pie na e tonda felicit al cento per cento. Ambire a quel cento per cento mi pareva un'impresa superiore alle mie forze di b ambina, soprattutto perch vedevo quanta fatica costasse a mia madre scolpire i su oi momenti di felicit. Quanto tempo ed energia metteva nel creare quelle meravigl

iose serate al chiaro di luna, seduta accanto a mio padre, a sussurrargli cose n ell'orecchio, con la testa appoggiata alla sua spalla! A me pareva una conquista non da poco, visto che doveva cominciare a lavorarselo molti giorni prima, e po i doveva pensare lei a tutta la parte logistica, a preparare la cena e spostare la mobilia. Investire uno sforzo cos ostinato solo per ottenere poche ore di feli cit mi sembrava impressionante, ma almeno sapevo che era fattibile. Tuttavia, mi chiedevo in che modo avrei potuto, io, mettere insieme tutta quella felicit per una vita intera. Bene, se la mamma lo riteneva possibile, di sicuro avrei fatto almeno un tentat ivo. I tempi si vanno facendo migliori per le donne ora, figlia mia, mi diceva sempre. T u e tua sorella riceverete una buona istruzione, camminerete libere per la strad a, e scoprirete il mondo. Voglio che diventiate indipendenti, autonome e felici. Voglio vedervi splendere come la luna. Voglio che la vostra vita sia una cascat a di gioia e di letizia. Felicit al cento per cento. N pi n meno. Ma quando le chiede vo dettagli sul modo di costruirmi questa felicit, la mamma perdeva la pazienza. T i ci devi impegnare. I muscoli per la felicit vanno sviluppati, proprio come si f a con quelli che servono a camminare e respirare. Cos, ogni mattina, mi sedevo sulla soglia a contemplare il cortile deserto e a so gnare del mio favoloso futuro, una cascata di gioia e letizia. Aggrapparsi a que lle romantiche notti di luna in terrazza, sfidare l'uomo amato a dimenticare il suo ruolo sociale, a rilassarsi e a fare il matto guardando le stelle mano nella mano, pensavo, poteva essere un modo di sviluppare i muscoli della felicit. Scol pire notti dolci, quando il suono delle risate si confonde con le brezze di prim avera, poteva essere un altro. Ma quelle sere magiche erano rare, o almeno, cos sembrava. Nei giorni normali, la vita prendeva una piega molto pi rigida e disciplinata. Ufficialmente, saltellar e e far follie non era permesso in casa Mernissi - tutto ci era confinato a tempi e spazi clandestini, come i tardi pomeriggi nel cortile quando gli uomini erano assenti, o le sere al chiaro di luna sulle terrazze deserte. X Il salone degli uomini In casa nostra, il vero problema con i giochi, gli scherzi e gli intrattenimenti , era che facilmente capitava di perderseli: non erano mai programmati in antici po, a meno che non se ne occupassero la cugina Shama e la zia Habiba, e anche in quel caso, erano soggetti a rigide limitazioni spaziali. I racconti della zia H abiba e gli spettacoli di Shama dovevano necessariamente aver luogo ai piani sup eriori. Gi in cortile, infatti, non era mai possibile divertirsi a lungo, perch er a un luogo troppo pubblico: non appena iniziava il bello, ecco arrivare gli uomi ni con i loro progetti, che spesso implicavano un bel po di discussioni, come qu ando toccavano l'argomento affari, o giocavano a carte, o si mettevano a sentire la radio e a commentare le notizie; e noi, di conseguenza dovevamo trasferirci tutti da qualche altra parte. Un buon intrattenimento richiede silenzio e concen trazione, in modo che i maestri di cerimonia, siano essi attori o narratori di s torie, possano creare la loro magia a proprio agio. E la magia era difficile da creare nel cortile, continuamente attraversato da dozzine di persone che andavan o da un salone all'altro, facevano capolino dalle scale laterali, e, in pi, usava no fare conversazione da un piano all'altro della casa. E di certo era impossibi le creare la magia quando gli uomini erano impegnati a discutere di politica, qu ando, cio, ascoltavano la radio con gli altoparlanti, o leggevano la stampa local e e internazionale. In quelle discussioni di politica, gli uomini erano sempre molto coinvolti a liv ello emotivo. A sentir loro, si aveva l'impressione che la fine del mondo fosse ormai alle porte. (La mamma diceva che, a dare retta alla radio e ai commenti degli uomini, il pianeta , doveva gi essere scomparso da un bel pezzo.) Gli argomenti pi dibattuti erano qu ello degli "alemanni", cio i tedeschi, una nuova razza di cristiani che stavano b astonando i francesi e gli inglesi; e di una certa bomba che gli americani, cris tiani d'oltreoceano, avevano buttato sopra il Giappone, una nazione asiatica vic

ina alla Cina, migliaia di chilometri a est dalla Mecca. Questa bomba era cos pot ente che non soltanto aveva ucciso migliaia e migliaia di persone facendo letter almente squagliare i loro corpi, ma aveva anche spazzato via foreste intere dall a faccia della terra. La notizia della bomba aveva sprofondato nella costernazio ne mio padre, lo zio Al e i miei giovani cugini, perch - ragionavano - se i cristi ani avevano buttato quella bomba su popoli tanto distanti, era solo questione di tempo e presto avrebbero attaccato anche i loro vicini. Prima o poi, diceva mio p adre, saranno tentati di fare un fal anche degli arabi. Io e Samir amavamo le discussioni politiche degli uomini, perch allora eravamo am messi nel salone affollato, dove lo zio e pap, vestiti di comode jallabiyya bianc he, sedevano circondati dagli shabab, ovvero i giovani - cio, quella dozzina di a dolescenti e giovani scapoli che vivevano nella casa. Mio padre spesso prendeva in giro gli shabab per via dell'abbigliamento occidentale, scomodo e attillato, che avevano preso ad adottare, e diceva che ora avrebbero anche dovuto sedersi s ulle sedie. Ma ovviamente nessuno amava le sedie; i divani erano di gran lunga p i comodi. Io salivo in grembo a mio padre, e Samir in grembo allo zio. Lo zio Al se ne stav a seduto a gambe incrociate proprio al centro del divano pi alto, con indosso la sua jallabiyya bianca immacolata e la testa avvolta in un turbante del medesimo colore, e con suo figlio Samir appollaiato in grembo che sfoggiava un bel paio d i calzoncini Principe di Galles. Io mi accoccolavo in grembo a mio padre, vestit a di tutto punto, in uno dei miei bianchi e cortissimi vestitini francesi, adorn i di fiocchi di raso alla vita. La mamma insisteva sempre nel vestirmi all'ultim a moda occidentale - vestiti corti dai pizzi vaporosi con nastri colorati e lucide scarpe nere. L'unico problema era che andava su tut te le furie se mi capitava di sporcare il vestito o di disfarne i fiocchi, e cos io la pregavo spesso di lasciarmi indossare i miei comodi piccoli sarwal (pantal oni), o qualsiasi altro indumento tradizionale che richiedesse minor attenzione. Ma soltanto per le feste comandate, e su viva insistenza di pap, la mamma accons entiva a farmi mettere il caffettano, tanto era ansiosa di strapparmi all'odiata tradizione. Mi parlava cos: Gli abiti dicono molto sui progetti di una donna. Se vuoi essere moderna, esprimilo attraverso l'abito che porti, altrimenti ti mette ranno dietro le sbarre. I caffettani possono essere di bellezza incomparabile, m a gli abiti occidentali parlano di lavoro salariato. Perci finii per associare i caffettani ai lussi vacanzieri, alle feste religiose e agli splendori del nostro passato atavico, e gli abiti occidentali ai calcoli pragmatici e al duro dovere del lavoro quotidiano. Nel salone degli uomini, mio padre sedeva sempre di fronte allo zio, sul divano accanto alla radio, per avere il controllo delle manopole. Entrambi indossavano una jallabiyya a due strati - quello esterno, sottile, era in pura lana di color bianco neve, specialit di Wazzan, una citt religiosa del nord famosa per i filati ; quello interno, invece, era di un tessuto pi pesante. In pi mio padre sfoggiava la sua piccola eccentricit: un turbante a ricami giallo pallido di cotone di Sham (Siria). Ma a che serve che indossiamo il nostro abito tradizionale, disse un giorno mio pa dre, scherzando con i giovani cugini che gli sedevano intorno, quando voi giovani vi vestite tutti alla Rodolfo Valentino? Tutti quanti, senza eccezione, vestivan o all'occidentale, a capo scoperto, e, con quei capelli corti tagliati sopra l'o recchio, assomigliavano tanto ai soldati francesi di stanza in fondo alla strada . Un giorno, forse, riusciremo a buttare fuori i francesi, solo per svegliarci e scoprire che assomigliamo tutti a loro, aggiunse lo zio. Tra i giovani cugini che frequentavano il salone, c'erano i tre fratelli di Sami r: Zin, Jawad, e Shakib, pi tutti i figli delle zie vedove o divorziate, e i vari parenti che abitavano in casa. La maggior part e di loro andava a scuole nazionaliste, ma pochi tra i pi brillanti frequentavano l'esclusivo College Musulman, situato a pochi metri dalla nostra casa. Il Colle ge era una scuola superiore francese che preparava i figli di famiglie eminenti a occupare posizioni chiave, dove l'eccellenza scolastica degli studenti si misu rava dal grado di padronanza acquisito in lingua e storia araba e francese. Per vincere l'occidente, la giovent araba doveva padroneggiare almeno due culture.

Fra tutti i miei cugini maschi, Zin era ritenuto di gran lunga il pi dotato. Quan do era nel salone, di solito sedeva a fianco dello zio, con i giornali francesi ostentatamente aperti sulle gambe. Era molto attraente, con i suoi fini capelli castani, gli occhi a mandorla, gli zigomi alti e i baffetti sottili. Aveva una n etta somiglianza con Rodolfo Valentino - che spesso vedevamo sullo schermo al ci nema Bjuld, dove davano due film alla volta, uno egiziano in lingua araba, e uno s traniero in francese. La prima volta che Samir e io vedemmo Rodolfo Valentino, l o adottammo subito come membro della famiglia, perch somigliava tutto al nostro Z in. A quell'epoca, Zin aveva gi preso a coltivare una cupa espressione da "Sceicc o", a pettinarsi i capelli con la riga, e a indossare abiti scuri, appena ravviv ati da un fiore rosso nel taschino della giacca. Mio cugino non poteva avere nome pi appropriato: Zin, infatti, significa "bellezz a" Io ne ammiravo il fascino, l'eleganza, la magnifica eloquenza in francese, un a lingua che nessun altro nella famiglia aveva imparato cos bene. Avrei passato o re ad ascoltarlo, mentre articolava quei suoni bizzarri del francese. Tutti lo g uardavano con soggezione, ogni volta che lo zio gli faceva cenno di dare inizio alla lettura dei quotidiani francesi. Lui cominciava a leggere i titoli veloceme nte, poi ritornava sugli articoli che lo zio e mio padre sceglievano qua e l, pi o meno a intuito, perch il loro francese era molto povero; e questi articoli li le ggeva a voce alta, prima di mettersi a farne il riassunto in arabo. Il modo in cui Zin parlava francese, e in particolare il modo in cui la r gli rotolava in gola, mi faceva venire i brividi. La mia r era disas trosamente piatta anche in arabo, e la maestra Lalla Tarn mi interrompeva spesso , mentre le recitavo i versetti del Corano, per ricordarmi che i miei antenati a vevano delle r molto potenti. Devi avere rispetto dei tuoi antenati, Fatima Merni ssi, mi diceva. Perch massacri in questo modo l'alfabeto che non ha fatto niente?. I o mi fermavo, l'ascoltavo educatamente, e le giuravo di avere rispetto per i mie i antenati. Quindi chiamavo a raccolta tutta la mia capacit toracica, e facevo un audace quanto disperato tentativo di pronunciare una r bella robusta: ma regola rmente finivo per strozzarmi. Ed ecco invece Zin, pieno di talento, tanto dotato nell'eloquio da discorrere in francese, che pronunciava quelle r a centinaia, s enza il minimo sforzo apparente. Spesso lo fissavo con intensit, pensando che, se mi fossi concentrata abbastanza, un po della sua misteriosa abilit ad articolare la r mi sarebbe rimasta attaccata. Zin lavorava sodo per diventare il nazionalista moderno ideale, cio uno che avess e una vasta conoscenza di storia, miti e poesia araba, e parlasse fluentemente i l francese, la lingua del nostro nemico, per poterne decifrare la stampa e scopr irne i piani. E ci riusciva a meraviglia. Sebbene la supremazia dei cristiani moderni fosse evidente nei campi della scien za e della matematica, i leader nazionalisti incoraggiavano la giovent a leggere i trattati di Avicenna e Al-Khwarizm, 17, tanto per farsi un'idea del modo in 17 Avicenna (980-1037 d. C.), conosciuto in arabo come Ibn Sin, e al-Khw-rizm (800847 d. C.), erano due fra gli illustri studiosi di comunit musulmana di grande va lore intellettuale e scientifico che inizi a prosperare ben presto sotto la prote zione della dinastia degli Abbasidi, grazie al sostegno finanziario dello stato. Al-Mamd (813-833 d. C.), il settimo califfo, fu uno di questi statisti, che pubb licamente dimostrarono di sostenere lo sviluppo delle scienze. L'estesa opera di Avicenna raccoglie tutte le conoscenze mediche del suo tempo. Al-Khwarizm introd usse l'uso dei numeri indiani e delle tecniche di calcolo nella matematica araba . Questi e altri studiosi arabi, infine, preservarono e trasmisero all'occidente cristiano un cospicuo corpus di conoscenze, fondato sul greco classico, il pers iano, il sanscrito e il siriaco. cui funzionavano le loro menti. Pu tornare utile sapere che i propri antenati era no svelti e precisi. Pap e lo zio rispettavano Zin come un rappresentante della nu ova generazione di marocchini che avrebbero salvato il paese. Era lui che guidav a la processione del venerd alla moschea di al Qarwiyyin, quando tutti gli uomini d i Fez, vecchi e giovani, uscivano indossando la tradizionale jallabiyya bianca e d eleganti babbucce di cuoio giallo, per recarsi alla preghiera pubblica. Ufficialmente, il motivo della riunione che si teneva alla moschea ogni venerd a

mezzogiorno, era di natura religiosa, ma di fatto tutti, compresi i francesi, sa pevano che molte importanti decisioni politiche del Majlis al-Balad, il Consigli o Cittadino, venivano prese proprio in quella sede. Prendevano parte a quella fu nzione non solo i membri del consiglio, fra i quali vi era lo zio Al, ma anche i delegati di tutti i gruppi di interesse della citt, dai pi umili a quelli di maggi or prestigio. La riunione alla moschea, aperta a tutti, compensava la natura esc lusiva del Consiglio che era stato istituito dai francesi, a detta dello zio, co me assemblea di dignitari. Anche se al loro paese hanno deposto re e nobilt, diceva , qui da noi, i francesi preferiscono trattare solo con uomini di rango, e sta a noi locali il compito di essere responsabili e di comunicare con il resto del po polo. Ogni persona che svolga un incarico politico tenuta a partecipare regolarm ente alla preghiera del venerd. cos che ci si mantiene in contatto con la base. I cinque gruppi che, nei secoli, avevano lavorato per assicurare alla citt, e all a sua vita economica ed intellettuale, una posizione di rilievo all'interno del Marocco, erano sempre largamente rappresentati nella moschea al venerd. Prima di tutti venivano gli 'ulama, ovvero gli uomini di cultura, che dedicavano la vita alla scienza e potevano rintracciare i loro ascendenti fino ai tempi dell'Andalu sia o Spagna Musulmana. Essi tenevano in vita il culto e la produzione dei libri , occupandosi di tutto ci che li riguardava, dalla fabbricazione della carta all' arte della calligrafia e della rilegatura, fino alla promozione della lettura, d ella scrittura e del collezionismo di edizioni rare. Poi venivano gli sharif, ovvero i discendenti del Profeta, che godevano di enorme prestigio e svolgevano simbolici ruoli chiave in occasione di matrimoni, nascite e riti funebri. Gli sharif, era ben noto, non disponevano di grandi mez zi; far soldi e accumulare fortune non era la loro preoccupazione principale. Qu ella era l'ossessione dei tujjar, o mercanti, che costituivano il terzo gruppo, caratterizzato da grande mobilit e senso degli affari. Erano gli avventurieri, e nelle pause tra le preghiere, amavano spesso narrare dei loro pericolosi viaggi in Asia e in Europa, dove si recavano per comprare macchinari e merci di lusso, o nel sud, oltre il deserto del Sahara. Quindi venivano le famiglie dei fellh, i proprietari terrieri, il gruppo a cui ap partenevano mio padre e lo zio. La parola fellh indicava due opposte categorie: d a una parte i poveri contadini senza terra, e dall'altra i ricchi proprietari e i sofisticati promotori dello sviluppo agricolo. Lo zio e pap erano fieri di esse re dei fellh, ma appartenevano alla seconda categoria. Erano attaccati alla loro terra e, sebbene avessero scelto di vivere in citt, niente dava loro pi piacere de l passare giornate intere alla fattoria. I fellh si occupavano di coltivazioni su scala pi o meno estesa, e spesso erano impegnati a tenersi al passo con le moder ne tecniche agricole introdotte dai coloni francesi. Molte delle famiglie di pro prietari terrieri erano, come la nostra, originarie del nord, della zona fra i m onti del Rif e la citt, e andavano fiere delle loro origini contadine, specialmen te di fronte alla presuntuosa arroganza degli Andalusi, il gruppo dei dotti. Gli 'ulama sono importanti, vero, diceva pap ogni volta che veniva fuori l'argomento d elle gerarchie cittadine. Ma se non ci fossimo noi a produrre le derrate per loro , morirebbero di fame. Con un libro si possono fare molte cose - per dirne alcun e, leggerlo, scriverlo, o riflettere sulle idee che trasmette, e cos via. Ma non ci si pu mangiare, questo no; ed proprio qui il problema degli intellettuali. Per ci non bisogna farsi impressionare troppo dagli uomini di lettere. meglio essere un fellh come noi, che prima di tutto amiamo e ammiriamo la terra, e poi pensiamo a farci un'istruzione. Chi riesce a lavorare la terra e, insieme, a dedicarsi alle letture, non sbaglier mai. Mio padre era molto preoccupato per gli shabab, i giovani di famiglia, che si appassionavano troppo ai libri e perdevan o interesse per la terra, e per questo motivo insisteva perch, durante le vacanze estive, passassero il tempo con lui alla fattoria dello zio. Il quinto e pi numeroso gruppo della citt era quello degli artigiani, che, prima c he i francesi invadessero il mercato con le loro merci fabbricate a macchina, av eva sempre prodotto praticamente tutto ci che serviva in Marocco. I rioni di Fez prendevano il nome dai manufatti che gli artigiani vi producevano. Haddadin, all a lettera "lavoratori del ferro", era il rione dove si fabbricavano gli articoli in metallo, ferro e ottone. Dabbaghin ("dei lavoratori del cuoio") era il rione

degli articoli in pelle; i vasai lavoravano nel Fakhkharin (rione dei "vasi"); e chi cercava dei manufatti in legno, doveva andare al Najjarin (rione dei lavor atori del "legno"). Gli artigiani pi facoltosi erano quelli che lavoravano l'oro e l'argento, e quelli che trasformavano la seta filata in lussuosa sfftfa (passa maneria) per decorare i caffettani dopo che le donne li avevano ricamati. 18. Gl i abitanti di un rione, in genere, sedevano vicini nella moschea e tornavano a c asa in gruppo, parlando e scambiandosi idee sulle ultime nuove. Il cugino Zin e gli altri giovani si recavano sempre a piedi al raduno del vener d, mentre gli uomini pi maturi li seguivano a pochi metri, a volte a piedi a volte a dorso di mulo. Io e Samir eravamo contenti quando lo zio e pap prendevano i mu li, perch in quel caso anche noi potevamo essere della comitiva. Ci sedevamo ognu no sul mulo del proprio padre, 18 Il lavoro femminile e quello maschile erano complementari, nel processo produ ttivo. Per esempio, i caffettani in seta, prima venivano disegnati da una donna - che sceglieva modello e tessuto ed eseguiva i ricami - , e poi passavano all'a rtigiano che li cuciva, aggiungendo le guarnizioni sui bordi. Lo stesso accadeva con le calzature: gli uomini tagliavano il cuoio su misura, mandavano i pezzi a lle donne addette al ricamo, e poi le donne li rimandavano a loro perch venissero cuciti. davanti alla sella. La prima volta, mio padre esit a portarmi con s, ma io strilla i cos forte che lo zio intervenne, dicendo che non c'era nulla di male a portare una bambina piccola alla moschea. Gli hadith riportano che il Profeta, che la pa ce e la benedizione di Allh siano con lui, aveva presieduto funzioni nella mosche a mentre una bimbetta gli giocava davanti. Il venerd era l'unica occasione in cui i giovani concedevano un tocco di tradizio ne al loro abbigliamento: invece di andare a capo scoperto, indossavano il trian golare berretto di feltro che era ormai divenuto popolare fra i nazionalisti egi ziani. In tempi di agitazione, quando la polizia francese diventava isterica, qu esti berretti potevano mettere nei guai, perch il cappello di feltro aveva fatto furore per la prima volta, nella medina, dopo che Aliai al-Fas (un eroe nativo di Fez, pi volte imprigionato e condannato all'esilio per la sua avversione alla pr esenza francese in Nord Africa) era apparso indossandone uno alla moschea di alQarwiyyin. Tempo dopo, quando il nostro re Muhammad V indoss quel berretto di felt ro, elegantemente spinto all'indietro sulla fronte serena, in occasione di un in contro ufficiale con il resident General a Rabat, gli esperti di affari arabi di tutto il mondo conclusero che, per quanto riguardava i loro interessi, da lui n on ci si poteva pi aspettare nulla di buono. Qualunque re metta da parte il turba nte tradizionale a favore di un sovversivo cappello di feltro, non pi degno di fi ducia. In ogni caso, tradizione e modernit coesistevano armoniosamente, sia nell'abbigli amento della giovent che in casa nostra, durante le sedute di ascolto delle notiz ie, nel salone degli uomini. Prima, ognuno ascoltava la radio sia in arabo che i n francese. Poi, mio padre la spegneva, e il gruppo ascoltava i giovani che legg evano e commentavano la stampa. Veniva servito il t, e io e Samir, era inteso, do vevamo stare a sentire senza interrompere troppo. Tuttavia, spesso premevo la te sta contro la spalla di mio padre e sussurravo: Chi sono gli alemanni? Da dove ve ngono, e perch fanno la guerra coi francesi? Dove si nascondono, se al sud ci son o i francesi e al nord ci sono gli spagnoli?. Pap mi prometteva sempre di spiegarmi tutto pi tardi, quando saremmo stati soli nel nostro salone. E me lo sp ieg molte volte, ma io rimasi sempre confusa, e cos Samir, a dispetto di tutti i n ostri sforzi di mettere insieme le tessere del puzzle. XI La seconda guerra mondiale vista dal cortile Gli alemanni (ovvero i tedeschi) erano cristiani, e questo era assodato. Vivevan o nel nord come gli altri, in quella che noi chiamavamo Balad Thalj, che signifi ca Terra della Neve. Allh non aveva favorito i cristiani: i loro climi aspri e ge lidi, li rendevano malinconici e, quando il sole non si faceva vedere per mesi, cattivi. Per riscaldarsi, dovevano bere vino e altre bevande forti, e cos diventa

vano aggressivi e cominciavano ad attaccare briga. A volte bevevano anche il t, c ome il resto del mondo, ma persino il loro t era amaro e scottava, a differenza d el nostro che era sempre aromatizzato alla menta, all'assenzio o al mirto. Il cu gino Zin, che aveva visitato l'Inghilterra, diceva che il t, da quelle parti, era amaro a tal punto che, per poterlo bere, bisognava allungarlo con il latte. Una volta, io e Samir, versammo del latte nel nostro t alla menta, tanto per provare : puah!, era terribile! Non c'era da stupirsi che i cristiani fossero sempre di cattivo umore e se ne andassero in giro ad attaccare briga. In ogni caso, sembra che gli alemanni, o tedeschi, stessero gi da tempo, e in gra n segreto, armando un potente esercito. Nessuno se ne era accorto, finch, un bel giorno, quelli avevano invaso la Francia, e, una volta occupata Parigi, la capit ale dei francesi, avevano cominciato a dare ordini alla gente, proprio come i fr ancesi facevano con noi qui a Fez -e noi eravamo pure fortunati, perch almeno, ai francesi, la medina, la capitale dei nostri antenati, non era piaciuta, e si er ano costruiti la Ville Nouvelle. Chiesi a Samir cosa sarebbe successo nel caso c he ai francesi fosse piaciuta la nostra medina, e lui mi disse che ci avrebbero cacciati via, e avrebbero occupato le nostre cas e. Ma i misteriosi alemanni non erano solo contro i francesi; avevano dichiarato gu erra anche agli ebrei, e li obbligavano a indossare un distintivo giallo tutte l e volte che uscivano per la strada, proprio come i musulmani chiedono alle loro donne di indossare il velo, cos che si possano facilmente individuare. Perch mai g li alemanni ce l'avessero tanto con gli ebrei, nessuno nel cortile era in grado di dirlo con certezza.. Io e Samir continuavamo a far domande, correndo da un gr uppo intento al ricamo ad un altro, nei quieti pomeriggi del cortile, ma tutto q uello che riuscivamo a ottenere erano delle mere supposizioni. Forse la stessa co sa che accade qui con le donne, diceva la mamma. Nessuno sa con certezza per quale ragione gli uomini ci fanno mettere il velo. Sar qualcosa che ha a che fare con la diversit. La paura del diverso fa comportare la gente in modo molto strano. Fo rse gli alemanni si sentono pi al sicuro quando sono tra di loro, proprio come gl i uomini nella medina diventano nervosi ogni volta che una donna si avvicina. Se gli ebrei insistono con la loro diversit, pu essere che questo faccia innervosire gli alemanni. Che mondo assurdo, per!. A Fez, gli ebrei vivevano in un quartiere tutto per loro, che veniva chiamato la Mellh. Per arrivarci da casa nostra, ci voleva esattamente mezz'ora, e gli ebrei avevano un aspetto in tutto identico al nostro, con quelle lunghe vesti simili alle nostre jallabiyya. L'unica differenza era che, al posto dei turbanti, porta vano cappelli. Badavano ai loro affari e se ne stavano nella loro Mellh, a fabbri care dei bei gioielli e a preparare quelle deliziose verdure in salamoia per cui erano famosi. La mamma aveva provato a fare lo stesso con degli zucchini, dei c etriolini e delle piccole melanzane, ma non le erano mai venuti come quelli dell a Mellh. Si vede che usano delle formule magiche, aveva concluso. Come noi, anche gli ebrei avevano le loro preghiere, adoravano il loro Dio, e in segnavano le Sue scritture ai loro figli. Per quel Dio, avevano costruito una si nagoga, che era come la nostra moschea; e avevano anche dei profeti in comune con noi, fatta eccezion e per il nostro amato Muhammad, che la pace e la benedizione di Allah siano con lui. (Non ho mai imparato a fare l'elenco completo di tutti i profeti, perch era molto complicato e io avevo una gran paura di sbagliare. La mia maestra, Lalla T arn, diceva che a fare sbagli in materia di religione c'era il rischio di andare all'inferno. Si chiamava tajdif, o bestemmia, e siccome avevo gi deciso che sare i andata in paradiso, cercavo di starmene alla larga da certi sbagli). Una cosa era certa: gli ebrei avevano sempre vissuto insieme agli arabi, dall'in izio dei tempi, e al profeta Muhammad non erano dispiaciuti, al principio della sua predicazione dell'Islam. Ma poi gli ebrei avevano fatto qualcosa di cattivo, e lui aveva deciso che, se due religioni dovevano convivere nella stessa citt, a vrebbero abitato in quartieri separati. Gli ebrei erano ben organizzati e avevan o un forte senso della comunit, molto pi forte del nostro. Nella Mellh, i poveri er ano sempre assistiti, e tutti i bambini frequentavano le scuole dell'Alleanza Is raelita, note per la loro rigida disciplina.

Quello che non riuscivo a capire era: cosa ci facevano gli ebrei nel paese degli alemanni? Come avevano fatto ad arrivare fin lass, nella Terra della Neve? Io pe nsavo che gli ebrei, al pari degli arabi, avessero preferenza per i climi caldi, e che dalla neve se ne stessero alla larga. Ai tempi del Profeta, quattordici s ecoli or sono, avevano vissuto nella citt di Medina, in mezzo al deserto, giusto? E prima di allora, avevano vissuto in Egitto, non lontano dalla Mecca, e in Sir ia. In ogni caso, gli ebrei avevano sempre bazzicato dalle stesse parti degli ar abi. 19. Ai tempi della conquista araba della Spagna, quando la dinastia degli O mayyadi di Damasco andava trasformando 19 Questa idea di ebrei e musulmani con radici comuni, pu oggi suonare bizzarra, ma gli eventi narrati in questo libro sono antecedenti alla creazione dello Stat o di Israele, che avvenne nel maggio 1948. A quel tempo, tale visione di un fort e legame storico e culturale tra ebrei e musulmani era predominante, soprattutto in Marocco, dove entrambe le comunit avevano ancora vivo il ricordo dell'Inquisi zione spagnola, che aveva portato alla loro espulsione dalla Spagna nel 1492. Be rnard Lewis ha scritto un interessante capitolo su questa visione precedente il 1948, in cui spiega che molti europei erano allora convinti che ebrei e musulmani cospirassero insieme contro gli interessi cristia ni, nel diciannovesimo secolo e all'inizio del ventesimo. (Bernard Lewis, "Les J uifs pro-Islamiques", in Le retour de l'Islam, versione francese; Parigi, Gallim ard, 1985, p.315). La svolta radicale nella percezione delle alleanze fra le tre religioni nel Mediterraneo, avvenuta in un lasso di tempo incredibilmente breve . Infatti, ancora alla fine degli anni Quaranta, la comunit ebraica marocchina er a imponente per numero e rappresentava uno dei pilastri della tradizione in Nord africa, con profonde radici che risalivano alla locale cultura berbera preislami ca. Da allora, la maggior parte degli ebrei ha lasciato il Marocco, emigrando in Israele e in altri paesi come la Francia e, in seguito, il Canada. Oggi il quar tiere ebraico di Fez interamente popolato da musulmani, e gli ebrei rimasti nel paese sono solo poche centinaia. Perci, molti intellettuali ebrei marocchini stan no tentando di fornire quanto prima una documentazione delle caratteristiche cul turali della comunit ebrea del Marocco, una delle pi antiche del mondo, che si est inta in meno di una decade. l'Andalusia in un rigoglioso giardino, costruendo palazzi a Cordoba e Siviglia, anche gli ebrei furono della partita. Lalla Tarn ci aveva detto ogni cosa a ques to riguardo, per ne aveva parlato cos tanto che io avevo finito per confondermi, e pensavo che fosse tutto scritto nel Corano, il nostro libro sacro. Perch vedete, il pi delle volte, Lalla Tarn non si dava pena di spiegarci cosa vol evano dire i versetti del Corano. Si limitava a farceli copiare nella nostra law ha, o tavoletta, il gioved, e a farceli imparare a memoria il sabato, la domenica , il luned e il marted. Ognuna di noi sedeva su un cuscino con una lawha in grembo , e si leggeva ad alta voce, ripetendo e ripetendo, finch le parole non si fissav ano nella testa. Poi, il mercoled, Lalla Tarn ci faceva recitare quello che aveva mo imparato. Si doveva mettere la lawha in grembo, rovesciata dalla parte non sc ritta, e recitare i versetti a memoria. Se non facevi sbagli, lei ti sorrideva. Ma quando toccava a me, era raro che sorridesse. Fatima Mernissi, diceva, mentre l a sua frusta se ne stava sospesa sul mio capo, non farai molta strada nella vita, se le parole ti entrano da un orecchio e ti escono dall'altro. Dopo il giorno di recita, il gioved e il venerd erano praticamente una vacanza, anche se dovevamo p ulire la lawha e scriverci dei nuovi versetti. Ma in tutto questo tempo', Lalla Tarn non ci spiegava mai il significato di quei versi: a parer suo, e ra energia sprecata. Vi basta imparare quello che avete scritto sulla lawha, dicev a. Tanto, nessuno vi chieder mai la vostra opinione. Eppure, tornava sempre con insistenza alla nostra conquista della Spagna, e quan do io mi confusi e credetti che quella storia facesse parte delle sacre scrittur e, grid alla bestemmia e convoc mio padre, il quale ci mise un bel po di tempo per chiarire la questione. Alla fine pap riusc a convincerla che l'essenziale, per un a signorina che volesse abbagliare il mondo islamico, era conoscere alcune delle nostre date storiche pi importanti, e tutto il resto si sarebbe aggiustato da s. Quindi, si occup personalmente di informarmi che la rivelazione del Corano ebbe t

ermine con la morte del Profeta, avvenuta nell'anno 11 dell'Egira (l'esodo di Mu hammad dalla Mecca), che corrisponde all'anno 632 del calendario cristiano. Io c hiesi a mio padre se, per favore, poteva semplificarmi le cose attenendosi, per il momento, al calendario islamico, ma lui disse che una ragazza intelligente, n ata sulle sponde del Mar Mediterraneo, doveva sapersi orientare con almeno due o tre calendari. Passare da un calendario all'altro diventer automatico, se comince rai presto, afferm. Ma fu d'accordo a mettere da parte il calendario ebraico, perc h era molto pi antico di tutti gli altri, e mi venivano le vertigini al solo pensi ero di quanto si potesse risalire indietro nel tempo. Ad ogni modo, per tornare al punto, gli arabi conquistarono la Spagna quasi un s ecolo dopo la morte del Profeta, nell'anno 91 dell'Egira. Pertanto, la conquista non menzionata in alcun passo delle sacre scritture. E allora perch Lalla Tarn co ntinua a parlarne?, chiesi. Pap disse che forse era perch la sua famiglia veniva da lla Spagna. Il suo cognome era Sabata, una derivazione di Zapata, e suo padre co nservava ancora la chiave della loro casa di Siviglia. Ha nostalgia di casa, disse pap. La regina Isabella fece uccidere quasi tutta la sua famiglia. And avanti, e mi spieg che gli ebrei e gli arabi erano vissuti in Andalusia per se ttecento anni, dal secondo all'ottavo secolo dell'Egira (VIII-XV secolo d. C.). Entrambi i popoli si erano trapiantati in Spagna quando la dinastia omayyade aveva conquistato le terre dei cristiani e stabilito un impero con Cordoba per capitale. O era Granada, la capitale? O Si viglia? Lalla Tarn non menzionava mai una citt senza nominare anche le altre, qui ndi poteva darsi che la gente avesse la facolt di scegliere fra tre capitali, anc he se di norma non se ne poteva avere pi d'una. Ma niente era normale riguardo a questa storia della Spagna, che gli Omayyadi avevano ribattezzato Al-Andalus. I califfi omayyadi erano un'allegra brigata che si era divertita a costruire un palazzo favoloso, l'Alhambra, e una torre, la Giralda. Poi, per far vedere a tut to il mondo le enormi dimensioni del loro impero, avevano fatto costruire una to rre identica a Marrkesh, e l'avevano chiamata Kutubiyya. Per quel che li riguarda va, tra Africa ed Europa non c'erano frontiere. Tutti vanno matti per quest'idea di unificare i due continenti, diceva mio padre. Se no, per quale motivo i frances i, adesso, verrebbero ad accamparsi fuori dalla nostra porta?. Cos, per settecento anni, gli arabi e gli ebrei, soggiornarono in Andalusia, dive rtendosi a recitare poesie e a guardare le stelle dal cuore dei loro bei giardin i di aranci e gelsomini, che annaffiavano con un sistema d'irrigazione complesso e innovativo. Qui a Fez, tutti si erano dimenticati dei lontani cugini andalusi , finch un giorno la citt si svegli e li vide, a centinaia, rifluire in Marocco, ur lando di paura, con le chiavi delle loro case in mano. Una feroce regina cristia na, chiamata Isabella la Cattolica, era emersa dalle nevi e ce l'aveva proprio c on loro. Gliene aveva fatte di cotte e di crude, e alla fine aveva detto loro: O pregate come noi, o vi ributtiamo in mare. Ma, nei fatti, non aveva dato loro il tempo di rispondere, e i suoi soldati avevano buttato tutti nel Mediterraneo. Eb rei e musulmani avevano nuotato insieme fino a raggiungere Tangeri e Ceuta (tran ne quelli cos fortunati da trovare delle navi) e poi erano corsi a rifugiarsi a F ez. Questo accadeva cinque secoli or sono, e questo il motivo per cui, oggi, ave vamo una grande comunit andalusa proprio nel cuore della medina, vicino alla moschea di al-Qarwiyyin, e, a poche centinaia di metri, una grande Mellh, un quartiere tutto ebreo. Ma questo non spiega ancora in che modo gli ebrei erano andati a finire nel paes e degli alemanni, no? Io e Samir ne parlammo un po e decidemmo che probabilmente , quando Isabella la Cattolica cominci ad alzare la voce, alcuni ebrei presero la via sbagliata, andarono a nord invece che a sud, e si ritrovarono nella Terra d ella Neve. Ma anche da l furono cacciati, perch gli alemanni erano cristiani come Isabella la Cattolica, e non volevano attorno gente che non pregasse come loro. Ea zia Habiba, per, ci fece osservare che quel ragionamento non stava in piedi, p erch gli alemanni facevano guerra anche ai francesi, che adoravano lo stesso Dio ed erano cristiani come loro. Questo mise fine alla nostra teoria. Ea causa dell a guerra che il mondo cristiano stava combattendo non era da cercarsi nella reli gione. Io stavo giusto per chiedere a Samir di lasciare in sospeso la misteriosa questi

one degli ebrei fino all'anno prossimo, che saremmo stati pi grandi e pi saggi, qu ando la cugina Malika se ne usc con una sua spiegazione, che aveva senso, ma era terrificante. La guerra aveva a che fare con il colore dei capelli! le trib dai c apelli biondi combattevano la gente con i capelli scuri! Pazzesco! Gli alemanni, in questo caso, erano i biondi, quelli alti e pallidi, mentre i francesi erano i brunetti, pi piccoli e pi scuri di carnagione. I poveri ebrei, che non avevano f atto niente, a parte sbagliare strada quando Isabella li aveva cacciati dalla Sp agna, erano rimasti intrappolati fra i due contendenti. Per caso erano capitati nella zona di guerra, e per caso si trovavano ad avere capelli castani, ma non a vevano preso le parti di nessuno! E dunque, i potenti alemanni ce l'avevano con chiunque si trovasse ad avere occh i e capelli scuri. Io e Samir ne fummo terrorizzati. Cercammo conferma di tale t eoria presso il cugino Zin, e lui ci disse che Malika aveva assolutamente ragion e. Hai-Hitler - questo era il nome del re degli alemanni -detestava i capelli e gli occhi scuri e tirava le bombe dagli aeroplani dovunque individuasse popoli bruni o castani. Tuffarsi in acqua non serviva a ni ente, perch Hitler aveva anche dei sottomarini pronti a ripescarti. Alzando lo sg uardo verso il fratello maggiore, Samir si copr con le mani i lucenti capelli cor vini, come per nasconderli, e disse: Ma pensi che quando gli alemanni avranno bat tuto i francesi e gli ebrei, si spingeranno a sud e verranno anche a Fez?. Con la sua risposta, Zin si tenne sul vago; disse che i giornali non facevano menzione dei progetti a lungo termine degli alemanni. Quella notte, Samir fece promettere a sua madre di tingergli i capelli con l'hen n , per farli diventare rossi, la prossima volta che si fossero recati al bammam (il bagno pubblico), e io me ne andai in giro con una sciarpa di mia madre legat a ben stretta intorno alla testa, finch lei se ne accorse e mi costrinse a toglie rmela. Non ti azzardare a coprirti il capo, sai!, grid la mamma. Hai capito? Non far lo mai pi! Io mi sto battendo contro il velo, e tu te ne metti uno?! Cos' questa s ciocchezza?. Io le spiegai tutto di ebrei e alemanni, bombe e sottomarini, ma lei non si lasci impressionare. Anche se Hai-Hitler in persona, l'onnipotente re degl i alemanni, si mettesse proprio contro di te, disse, tu devi affrontarlo a capo sc operto. Coprirti la testa e nasconderti non ti aiuter. Nascondersi non serve a ri solvere i problemi di una donna, ma solo a farla identificare come una vittima i mpotente. Io e tua nonna abbiamo sofferto abbastanza di questa faccenda del capo coperto, e sappiamo che non funziona. Voglio che le mie figlie stiano in piedi a testa alta, e camminino sul pianeta di Allh con gli occhi rivolti alle stelle. C on ci, mi strapp la sciarpa dal capo, e mi lasci totalmente indifesa, a fronteggiar e un esercito invisibile che dava la caccia a chiunque avesse i capelli neri. XII Asmahan, la principessa cantante Qualche volta, nel tardo pomeriggio, non appena gli uomini uscivano di casa, le donne si precipitavano alla radio, l'aprivano con le loro chiavi clandestine, e davano il via a una frenetica ricerca di melodie e canzoni d'amore. Shama fungev a da tecnico, perch era l'unica in grado di decifrare le lettere straniere impres se in oro sul solenne frontale della radio. O almeno, cos pareva. In realt, gli uo mini si servivano dei comandi con precisione e sicurezza, decifrando quei segni misteriosi, mentre Shama, pur avendo imparato da sola l'alfabeto francese, non r iusciva a decodificare quelle SW (short waves), MW (medium waves) e LW (long iva ves]. Aveva pregato Zin e Jawad, i suoi fratelli maggiori, di spiegarle cosa sig nificavano quelle iniziali, e quando questi si erano rifiutati, aveva minacciato di ingoiare il dizionario di francese tutto intero. Al che i due avevano rispos to che quand'anche l'avesse fatto davvero, non avrebbe risolto il problema, perc h quelle iniziali si riferivano a dei termini inglesi. Di conseguenza, Shama rinu nci a qualsiasi approccio scientifico, e svilupp una straordinaria abilit nell'arme ggiare a intuito, manovrando pi tasti allo stesso tempo e soffocando senza piet tu tte le stazioni che trasmettevano notiziari, sermoni nazionalisti e inni militar i, alla ricerca di una melodia. Una volta catturata la melodia, bisognava manovr are ulteriormente per sintonizzare la grossa radio su un segnale stabile, distin to e non disturbato.

Ma quando Shama finalmente ci riusciva, e l'aria si riempiva di una calda e tene ra voce maschile, come quella dell'egiziano Abdelwahhab che cantava sommessamente "Uhibbu al-hayat al-hurra" (Io amo la vita libera, senza catene), l'intero cortile cominciava a mugolare e a fare le fusa dal piacere. Meglio ancora era quando le magiche dita di Shama catturavano la vo ce ammaliante della principessa Asmahan del Libano, che sussurrava sulle onde de ll'aria, "Ahw! An, an, an, ahw!"(Sono innamorata! Io, io, io sono innamorata!). Allor a le donne andavano letteralmente in estasi. Calciavano via le scarpe dai piedi e danzavano a piedi nudi in processione intorno alla fontana, con una mano impeg nata a sollevare il bordo del caffettano e l'altra ad abbracciare un invisibile partner. Purtroppo, per, era difficile imbattersi in una delle melodie di Asmahan. Molto p i spesso, ascoltavamo inni nazionalisti cantati da Umm Kulthm, una diva egiziana c apace di gorgheggiare per ore sul grandioso passato degli arabi e sulla necessit di recuperare la nostra gloria contrastando gli invasori colonialisti. Quale differenza tra Umm Kulthm, ragazza povera ma dotata di un'ugola d'oro, scop erta in un oscuro villaggio egiziano, che attraverso la disciplina e il duro lav oro si era fatta strada nel mondo delle celebrit, e l'aristocratica Asmahan, che non aveva dovuto fare il bench minimo sforzo per raggiungere la fama! Umm Kulthm p roiettava l'immagine di una donna araba insolitamente determinata e sicura di s, che aveva uno scopo nella vita e sapeva il fatto suo, mentre Asmahan faceva spro fondare i nostri cuori nel dubbio e nello smarrimento. Forte e prosperosa (nei f ilm al cinema Bjuld, appariva sempre in lunghe vesti fluttuanti che nascondevano i l suo petto da matrona), Umm Kulthm pensava a tutte le cose nobili e giuste - la condizione degli arabi e la pena del loro umiliante presente - facendosi portavo ce del nostro anelito all'indipendenza. Eppure, le donne non l'amavano allo stes so modo di Asmahan. Asmahan era il suo esatto opposto. Snella, dal seno minuto, con l'aria completam ente smarrita e disperatamente elegante, era solita portare gonne corte e camice tte di taglio occidentale. Era del tutto dimentica della cultura araba, passata e presente, e totalmente as sorta nella sua tragica e fatale ricerca della felicit. Di quanto accadeva sul pi aneta, non poteva importarle meno. Tutto quello che desiderava era agghindarsi, mettersi fiori nei capelli, e, con lo sguardo languido, cantare e perdersi nelle danze fra le braccia di un uomo innamorato, romantico come lei - un uomo buono e affettuoso che avesse il coraggio di rompere con le leggi del clan, e danzare pubblicamente con la donna amata. Le donne arabe, costrette a danzare da sole ne i loro cortili chiusi, ammiravano Asmahan perch aveva realizzato il loro sogno: s tringersi a un uomo in una danza di stile occidentale, e volteggiare con lui in un abbraccio appassionato. Il piacere fine a se stesso, a fianco di un uomo che a sua volta non fosse interessato ad altro, era l'immagine evocata da Asmahan. Asmahan aveva un collo lungo che era solita ornare con un vezzo di perle; e io p regavo Shama di lasciarmi mettere il suo, ogni tanto, solo per pochi minuti, giu sto per creare un misterioso legame fra me e il mio idolo. Una volta, mi azzarda i a chiedere a Shama che possibilit avevo di sposare un principe arabo, come Asma han, e lei mi disse che il mondo arabo, ormai, stava andando verso la democrazia , e i rari principi disponibili sarebbero stati dei pessimi ballerini. Saranno tu tti presi dalla politica. Vai a cercarti un insegnante, se hai voglia di ballare come Asmahan. Tutte noi conoscevamo la vita di Asmahan fin nei dettagli, perch Shama ce la rapp resentava di continuo, nelle recite che organizzava in terrazza. Le piaceva mett ere in scena la vita di ogni sorta di eroine, ma quella della romantica principe ssa era di gran lunga la pi popolare. La sua biografia era avvincente come ogni f avola che si rispetti, sebbene il finale fosse tragico - e non poteva essere alt rimenti, perch una donna araba non pu perseguire il piacere sensuale, la felicit e le frivolezze senza pagarne il prezzo. Asmahan era una principessa, nata fra i m onti dei Drusi del Libano. Andata sposa in tenera et ad un cugino, un ricco princ ipe di nome Hassan, divorzi all'et di diciassette anni, e mor quando ne aveva trent adue (nel 1944), uccisa in un misterioso incidente automobilistico nel quale risu

ltarono coinvolte delle spie internazionali. Fra queste due date cruciali visse al Cairo, fece l'attrice e la cantante, ed ebbe un successo folgorante in tutto il mondo arabo. Incantava le folle con un sogno inaudito, quello della felicit in dividuale, di una vita sensuale e colma di autoindulgenza, dimentica delle prete se del clan e dei suoi codici. Asmahan metteva in pratica ci che professava nelle sue canzoni. Era dell'idea che una donna potesse avere sia l'amore che la carriera; insisteva per vivere una p iena vita coniugale e al tempo stesso esplorare ed esibire le sue doti di attric e e cantante. Il suo primo marito, il principe Hassan, non riusc ad accettarlo e la ripudi. Lei tent ancora, per due volte, e in entrambi i casi i suoi mariti, mag nati dell'industria egiziana dello spettacolo, cercarono, almeno all'inizio, di esaudire i suoi desideri. Ma ben presto, anche quei matrimoni si risolsero in po co onorevoli divorzi - il suo ultimo marito fin per minacciarla con una pistola, mentre tutta la polizia del Cairo inseguiva la coppia cercando di evitare una st rage. Alla fine, i servizi segreti francesi e inglesi la coinvolsero nel loro te ntativo di sabotare la presenza tedesca nel Medio Oriente, e questo fece di lei un facile bersaglio di attacchi moralistici, e una vittima indifesa dell'esplosi va situazione politica. In seguito, ristabilitasi in Libano, per qualche anno Asmahan sembr aver trovato finalmente il suo posto. Appariva bella, indipendente e felice. Ospit riunioni di importanza internazionale nella sua residenza privata a Beirut, e al "King Davi d's Palace" a Gerusalemme, fra il Generale De Gaulle e i presidenti di Siria e L ibano. Ai suoi eclettici ricevimenti, si incontravano nazionalisti arabi e gener ali europei delle Forze Alleate, banchieri e aspiranti rivoluzionari. Asmahan visse la vita di corsa, gustando tutto in gran fretta. So che non vivr a l ungo, era solita dire. Guadagnava molti soldi, ma sembrava sempre non averne abba stanza per pagarsi i costosi abiti e i gioielli, nonch i capricciosi viaggi che e ra solita intraprendere all'improvviso. Le piaceva decidere d'impulso di imbarca rsi in un viaggio non programmato - era uno dei suoi passatempi preferiti, che non finiva mai di sorprendere il su o entourage. E fu durante uno di questi viaggi improvvisati, mentre andava in ma cchina con un'amica, che la morte la colse all'improvviso, a poche centinaia di chilometri dal Cairo. La sua automobile fu ritrovata in un lago. Gli ammiratori la piansero, mentre i suoi nemici parlarono di una cospirazione in cui erano coi nvolte delle spie. Qualcuno disse che erano stati i servizi segreti inglesi a el iminarla, perch aveva cominciato ad agire con troppa autonomia. Per qualcun altro , fu vittima dei servizi segreti tedeschi. Altri ancora, quel genere di bigotti che si autoproclamano giudici del prossimo, si congratularono per quella fine pr ematura, che definirono il giusto castigo di una vita dissoluta. Eppure, dopo la sua morte, Asmahan divenne pi leggendaria che mai, perch aveva dim ostrato alle donne arabe che una vita ricolma di deliberata autoindulgenza, per quanto breve e scandalosa, era meglio di una vita lunga e onorata nel rispetto d i una letargica tradizione. Asmahan incantava sia uomini che donne con l'idea ch e, in una vita avventurosa, il successo o il fallimento non avessero importanza, e che una vita siffatta fosse molto pi desiderabile di una passata a dormire pro tetti da porte e cancelli. Non si poteva canticchiare una delle sue canzoni senz a che si affacciassero alla mente dei frammenti della sua vita tanto incredibile ed eccitante, quanto tragica e breve. Quando Shama metteva in scena la prima parte della vita di Asmahan, gettava un t appeto verde sul pavimento della terrazza perch potessimo visualizzare le foreste degli aspri monti dove la principessa era nata. Poi portava un divano sulla sce na a rappresentare il letto di Asmahan, e si truccava con polvere di kohl per ev ocare i verdi occhi sognanti dell'eroina. I capelli erano il problema maggiore, perch quelli di Asmahan erano di un color nero corvino, e cos Shama era costretta a nascondere i suoi fastidiosi riccioli rossi in un turbante nero carbone. Asmah an aveva anche una pelle chiarissima, ma per le vistose lentiggini di Shama c'er a ben poco da fare. Perci, mia cugina si concentrava nel ricreare il famoso neo di bellezza dell'attrice sul lato sinistro del mento. Senza quel neo le sare bbe stato impossibile interpretare Asmahan. Quindi si adagiava sul divano, vestita di un qamis di raso stretto in fondo con

del filo metallico, in modo da suggerire un romantico vestito di foggia occident ale. Con uno sguardo afflitto e malinconico, guardava il cielo in silenzio. Poi, voci fuori campo cominciavano a cantare, su un'aria molto triste, quale assurda perdita di tempo fosse quello starsene l a giacere quando dovunque tutti si dive rtivano. Quelle belle voci appartenevano alle sorelle di Shama e ad altre cugine . Accanto al letto di Asmahan veniva sistemato un cavallo di legno. Perch, vedete, Asmahan aveva cominciato presto a cavalcare. Cos'altro poteva fare una donna di estrema bellezza e di illustri natali in una remota regione araba, dove tutti an cora rammentavano le crociate di tanto tempo addietro, temevano l'occupazione st raniera, e tenevano le donne sotto stretta sorveglianza? Asmahan cavalcava come Tam nel Rif devastato dalla guerra; per lei, correre significava libert. Essere li beri era potersi muovere. Il galoppare sfrenato, anche quando soltanto fine a se stesso, pu dare il gusto della felicit - il puro e semplice piacere del movimento . Cos Shama scendeva dal letto e cavalcava l'immobile cavallo, mentre le voci fuo ri campo continuavano a cantare, da dietro le tende, quanto fosse deprimente sen tirsi intrappolate a vita in una situazione senza alternative. A volte, io e Sam ir spingevamo il cavallo avanti e indietro per dare alla scena il senso del movi mento, mentre il pubblico (cio mia madre, le mie cugine adolescenti, la zia Habib a e tutte le altre donne di famiglia, vedove o divorziate) cantava insieme al co ro. Poi, io e Samir tiravamo le tende per passare alla scena del matrimonio. Shama n on voleva che il suo pubblico sprofondasse troppo a lungo nella disperazione. Il fine del divertimento sfuggire i cattivi pensieri, diceva. E qui faceva la sua ap parizione il cugino Zin, avvolto in un mantello bianco, nella parte dello sposo, il principe Hassan. Alla vista di tanta bellezza, io cadevo in deliquio e trasc uravo i miei doveri di tecnico di scena. E il pubblico cominciava a lamentarsi, perch era compito dei tecnici provvedere ai rinfreschi ogni volta che aveva luogo un e vento importante, quale una nascita o un matrimonio. Io e Samir eravamo incarica ti di servire i biscotti. A un certo punto, il pubblico prese a chiedere anche i l t, per accompagnare i biscotti, e a minacciare sciopero se Shama non avesse pro vveduto. Ma i bicchieri che alla fine risultarono rotti furono cos tanti, che non na Lalla Mani si vide costretta a intervenire e a proibirci di servire il t un'al tra volta. Tanto per cominciare, il teatro un'attivit peccaminosa, disse. Non se ne fa menzione nel Corano, e nessuno ne ha mai sentito parlare n alla Mecca n a Medin a. Ora, se queste donne dissennate insistono ad indulgere sul teatro, cos sia. Og nuno risponder dei suoi peccati ad Allh nel Giorno del Giudizio. Ma rompere i bicc hieri di vetro di mio figlio solo perch si sposa quella svergognata infingarda di Asmahan, questa s che pura follia. Dopo di che, questi matrimoni teatrali dovette ro essere celebrati in un'ascetica frugalit, e noi ci limitavamo a distribuire de i biscottini, spesso preparati all'ultimo minuto dalla zia Habiba. Dovevamo trat tarlo con i guanti, il nostro pubblico, se volevamo che rimanesse fino alla fine . Ma torniamo alla recita. Non si faceva in tempo a finire i biscotti, ed ecco che il principe Hassan ripudiava la giovane sposa. Shama appariva sulla scena con l a cipria sulle guance che le dava un pallore cadaverico, e trascinava un grosso baule sulla via del Cairo. Il coro cantava di separazione, penoso svezzamento ed esilio, mentre la zia Habiba sussurrava alla mamma: Asmahan aveva solo diciasset te anni, quando divorzi. Che vergogna! Ma allora era la sua unica occasione per u scire da quelle montagne soffocanti. A pensarci, il divorzio sempre una sorta di passo avanti. Costringe all'avventura, cosa di cui, nella maggior parte dei cas i, si preferisce fare a meno. Quello che rendeva tutto pi interessante, era il fatto che il principe Hassan ave va ripudiato la moglie perch lei voleva portarlo al cabaret e a ballare. Non solo la donna insisteva a portare abiti occidentali scollati, tacchi alti, e capelli corti, ma voleva pure frequentare le sale da ballo, dove la gente se ne sta a sedere su rigide sedie occidentali intorno ad alti tavoli, parla di sciocchezze, e balla fino all'alba. Intanto, Sh-ma camminava sulla scena, pallida e tremante, con gli

occhi mezzi chiusi. Asmahan voleva andare nei ristoranti chic, ballare coi france si, e tenere il principe fra le braccia, diceva. Voleva ballare il valzer con lui tutta la notte, invece di starsene tra le quinte, dietro le tende, a guardarlo d eliberare durante interminabili consigli tribali da cui le donne erano escluse. Odiava tutto il clan e le sue leggi crudeli e insensate. Tutto quello che deside rava era lasciarsi andare a effimeri attimi di gioia e appagamento dei sensi. La donna non era una criminale; non voleva fare del male a nessuno. A questo punto la zia Habiba interrompeva lo spettacolo. Io queste cose non me le sono mai sognate, cantava, imitando una delle melodie di Asmahan. E sono stata ri pudiata lo stesso! Quindi tenete a mente, donne, non mettetevi limiti. Una donna araba che non insegue i suoi sogni una perfetta idiota. Silenzio!, gridavano tutti, e Shama tornava a drammatizzare la voluttuosa ricerca d'amore romantico della povera Asmahan in una societ in cui il velo soffoca i bis ogni pi elementari di una donna. Fu assistendo a queste rappresentazioni che giur ai a me stessa di affiliarmi a qualche sorta di teatro, quando fossi diventata u na donna adulta, alta almeno quanto lei. Avrei incantato le folle arabe, allineate in bell'ordine nelle file dei posti a sedere, tutti col naso in su a guardare me, e avrei parlato loro di come ci si s ente ad essere una donna intossicata di sogni, in una terra che stritola sogni e sognatori. Li avrei fatti piangere tutti sulle opportunit sprecate, la prigionia insensata, le visioni soffocate. E poi, quando tutti si fossero sintonizzati su lla mia lunghezza d'onda, come Asmahan e Shama, avrei cantato le meraviglie dell 'autoscoperta e il brivido dei salti nell'ignoto. Oh, s, racconterei loro dell'impossibile di un mondo arabo nuovo, dove uomini e donne avvinti in un abbraccio, volano nella danza via, senza pi frontiere, tra loro, n paure. Oh s, incanterei le folle ricreando con magiche parole e gesti misurati come Asmahan e Shama prima di me, un sereno pianeta in cui le case sono senza portoni, e le finestre danno su strade sicure. Li condurrei per mano a camminare dove la differenza non pretende veli i corpi delle donne si muovono con naturalezza e i loro desideri non portano dolore. Per loro e insieme a loro, inventerei poesie lunghe poesie che dicono di non aver paura. fiducia il gioco nuovo da imparare e in tutta umilt confesserei di non saperne niente neanche io. Guadagnerei denaro a sufficienza per dare t e biscotti a tutti quanti, che il pubblico si sieda e si rilassi per ore a digerire questa nuova di un mondo dove tutti vanno senza paura. Vanno senza avvertire il gelido bisogno di veli e di confini. Vanno, mettendo un piede avanti all'altro con gli occhi fissi al nuovo quasi inimmaginabile [orizzonte ignoto eppure privo di minacce. Convincerei chiunque che la felicit fiorisce ovun que anche nei vicoli oscuri delle medine del mondo. Rievocherei Asmahan. E lei vivrebbe ancora, non pi tragica vittima, non solo. E le Asmahan vivrebbero felici, senza dover morire alla sua et di trame ordite da stranieri e d incidenti d'auto senza [senso. Versavo molte lacrime sul tragico destino di Asmahan in quelle pomeridiane sedut e teatrali, su una terrazza isolata. Assistevo Shama nelle sue effimere avventur

e libanesi, tenendo d'occhio, nel contempo, il moto delle stelle sopra la mia te sta. Il teatro, quel dire ad alta voce i propri sogni, quel dare corpo alle prop rie fantasie, era di essenziale importanza. Mi chiedevo perch mai non venisse dic hiarato una istituzione sacra. XIII L'harem al cinema Anche se spesso venivano bollati come frivolezze, in casa nostra gli spettacoli attiravano le folle. Appena sbrigate le loro faccende domestiche, le donne corre vano a informarsi in quale punto della casa la zia Habiba avrebbe raccontato le sue storie, o dove Shama intendeva mettere in scena i suoi spettacoli. Gli intra ttenimenti si tenevano negli spazi fuori mano, ai piani alti, o sulla terrazza. Ognuno doveva portarsi dietro una jilsa (un cuscino) per sedersi, e cercarsi un bel posto in prima fila, sul tappeto che definiva lo spazio riservato al pubblic o. Ma molti non rispettavano questa regola, e si portavano sgabelli o panchetti, cosicch venivano obbligati a sedersi nell'ultima fila. Seduta comodamente sul mio cuscino, con le gambe incrociate, potevo viaggiare pe r tutto il mondo, saltando da un'isola all'altra a bordo di navi che invariabilm ente facevano naufragio e che poi, per miracolo, venivano riportate a galla da p rincipesse intraprendenti. Quando l'entusiasmo si faceva davvero intenso, mi met tevo a dondolare avanti e indietro, con il cuscino in grembo, cavalcando rapita l'incantesimo di parole gettato sugli astanti da Shama e da zia Habiba, grandi s acerdotesse dell'immaginazione. Zia Habiba era convinta che tutte noi avessimo d entro della magia, intessuta nei nostri sogni. Quando ci si trova in trappola, im potenti dietro a delle mura, rinchiuse in un harem a vita, diceva, allora si sogna di evadere. E la magia fiorisce quando quel sogno viene espresso e fa svanire l e frontiere. I sogni possono cambiare la vita, e, con il tempo, anche il mondo. La liberazione delle donne comincia proprio da queste immagini che danzano nella vostra testolina, e che vo i potete tradurre in parole. Le parole non costano nulla!. E seguitava a insister e, senza posa, su questa magia dentro di noi, dicendo che era tutta colpa nostra , se non facevamo lo sforzo di portarla alla luce. Anche io potevo far svanire l e frontiere - questo era il messaggio che recepivo, seduta sul cuscino, lass in t errazza. E tutto pareva cos naturale, quando mi dondolavo avanti e indietro, alza ndo la testa di tanto in tanto per sentire la luce delle stelle risplendermi sul volto. I teatri dovrebbero essere situati nei luoghi alti, sulle terrazze imbia ncate a calce, faccia a faccia con il cielo. A Fez, nelle notti d'estate, le rem ote galassie si univano al nostro teatro, e la speranza non aveva confini. Pensavo: oh s, zia Habiba, anch'io sar una maga. Mi lascer alle spalle questa vita stretta e codificata che mi aspetta negli angusti vicoli della medina e contempler i sogni. Scivoler oltre l'adolescenza, tenendomi la fuga stretta [al petto come le giovani europee stringono i loro partner nella [danza. Le voglio tener care, le parole e coltivarle per illuminare le notti scure, e pe r demolire le mura e i cancelli degli gnomi. Mi sembra tutto facile, a guardarvi , zia Habiba, Shama, sparire e comparire tra le tende del fragile teatro, fragili, voi, nel cuore della notte, sulla terrazza lontana, eppure cos piene del la vita, nutrici e custodi di meraviglie. Diventer una maga. Ceseller parole che d anno corpo ai sogni, e renderanno vane le frontiere. Durante il giorno, Shama e la zia Habiba aspettavano pazienti la notte, il tempo in cui potevano chiamare a raccolta l'immaginazione ed evocare i sogni, quando il sonno metteva k.o. i meno curiosi tra noi. Molte donne della casa vivevano per queste notti, ma i giovani maschi, a volte chiamati a prender parte alle nostre rappresentazioni, rispondevano semp re con tiepido entusiasmo. A loro non importava poi tanto dei racconti e del tea tro, perch, al contrario delle donne, avevano accesso illimitato al cinema Bjuld, c he si trovava accanto al hammam. Si capiva che i giovani andavano al cinema quando Zin e Jawad si mettevano il fa

rfallino rosso. Spesso, Shama cercava di seguire i suoi fratelli, pregandoli di portarla con loro. Riluttanti, questi le dicevano che non aveva avuto il permess o n di suo padre n del mio. Ma lei cercava di seguirli ugualmente: indossava in tu tta fretta la jallabiyya, si velava il volto con una sciarpa di chiffon nero, e si precipitava alla porta dietro di loro. Ahmed il portinaio si alzava in piedi non appena la vedeva arrivare. Shama, diceva, per favore, non costringermi anche og gi a correrti dietro per la strada. Non ho avuto istruzione di lasciar uscire le donne. Ma lei continuava a camminare come se non avesse sentito, e a volte, tant o era svelta, riusciva a sgattaiolare fuori. Allora, tutte le donne del cortile si precipitavano all'ingresso per vedere cosa sarebbe accaduto. Ma non passavano molti minuti che Ahmed ricompariva, sbuffando e ansimando forte, e spingendo la fuggiasca attraverso la porta. Nessuno mi ha informato che le donne andavano al cinema, stasera, ripeteva con fermezza. Quindi, per favore, non createmi problemi, non obbligatemi a correre alla mia et. Mia madre si agitava molto quando Shama falliva nella fuga e veniva riportata in dietro come una criminale. Aspetta e vedrai, Ahmed, si metteva a profetizzare, verr presto il giorno che perderai il lavoro, perch le donne saranno libere di andare dove vogliono. Quindi passava un braccio intorno a Shama e attraversava l'ingress o in direzione del cortile, mentre tutte le altre donne le seguivano, mormorando di ribellione e castighi. Shama restava in silenzio, con le guance rigate di la crime, e dopo un po, tutta smarrita, chiedeva a mia madre: Ho diciassette anni e non posso vedere un film solo perch sono una donna? C he giustizia mai questa? Chi che ci rimetterebbe se in questo mondo arabo i masc hi e le femmine venissero trattati alla pari? Le donne di casa Mernissi erano autorizzate a recarsi al cinema solo quando il f ilm era un successo universalmente riconosciuto, e l'intera popolazione di Fez a ndava a vederlo. Questo era il caso di tutti i film di Asmahan, e del film Danan ir, che parlava di unajariya (una giovane schiava) cantante che, grazie alla sua voce e al suo spirito acuto, aveva incantato il califfo Harn al-Rashid a tal pun to da fargli dimenticare le sue altre mille jariya. A interpretare Dananir e a r iportarla in vita con la sua voce portentosa, era naturalmente Umm Kulthm. La vicenda narrata in Dananir era ispirata alla storia. Il califfo Harn incontrav a una giovane schiava di nome Dananir durante una serata di samar. Per samar si intendeva una notte di veglia, quando un califfo sovraccarico di lavoro cercava di rilassarsi e di ascoltare poesia e musica, prima o dopo eventi cruciali come battaglie, viaggi pericolosi, o negoziati particolarmente difficili. Venivano co nvocati a palazzo gli artisti di maggior talento, e poich le donne, in questi cas i, potevano competere con gli uomini, ben presto le jariya di Baghdad superarono i loro maestri, e i samar divennero appannaggio delle donne. Il samar era l'opp osto di un campo di battaglia. Il califfo Harn aveva un gran bisogno di rilassarsi, perch la maggior parte dei su oi giorni li passava a combattere - sotto il suo regno, l'impero musulmano si es tese quasi quanto la Cina. Quando si tratt di Dananir, il califfo Harn si trov a do ver fronteggiare un bel problema. La schiava era di propriet del suo vizir, il pi alto dignitario di corte, Yahy Ibn Khalid al-Barmak. 20. E il vizir amava Dananir. Cos il califfo tenne segreti i suoi sentimenti, e cominci a far visita rego20 La famiglia Barmak era molto potente a quel tempo, e Yahy , prima di diventare il vizir di Harn, era stato suo maestro e mentore. Yahy mor nell'anno 190 dell'Egir a (IX secolo d. C.). larmente al vizir, nella speranza di udire ancora la voce dell'amata. Non poteva dichiarare apertamente l'amore che provava per lei, ma in poco tempo l'intera c itt di Baghdad era venuta, in un modo o nell'altro, a conoscenza del suo segreto, e undici secoli pi tardi, l'intera citt di Fez accorreva nelle sale cinematografi che per assistere alla storia del suo amore frustrato, filmata negli studi egizi ani. Noi bambini di solito non eravamo autorizzati ad andare al cinema; tuttavia, pro prio come le donne, mettevamo in atto le nostre ribellioni e talvolta riuscivamo a strappare il permesso. Quando dico "noi", in realt, intendo Samir, perch a me r iusciva difficile mettermi a strillare con gli adulti e a mostrare il mio disapp

unto come faceva lui, vale a dire saltando su e gi, o meglio ancora, rotolandosi per terra e scalciando su chiunque gli capitasse a tiro. Inscenare una rivolta e ra per me un affare complicato, e tale rimasto, non fosse altro che per lo stran o atteggiamento di mia madre. Spesso mi incoraggiava a ribellarmi, e ripeteva ch e permettere a Samir di fare il diavolo a quattro anche per me non era una gran bella cosa; ma ogni volta che, di mia iniziativa, mi buttavo sul pavimento e com inciavo a strillare con lei, mi freddava subito dicendo: Non ho detto che ti devi ribellare contro di me! Ti devi ribellare a tutti gli altri, ma a tua madre dev i obbedire, altrimenti il caos. E comunque, non devi ribellarti stupidamente. De vi considerare bene la situazione, e analizzare ogni cosa. Ribellati solo quando sei sicura di avere qualche possibilit di spuntarla. Da quella volta in poi, io p rofusi molte energie nell'analizzare le mie chances di vittoria, in ogni occasio ne in cui era evidente che le persone si approfittavano di me, ma ancora oggi, c he passato quasi mezzo secolo, le risposte che arrivo a darmi sono sempre le ste sse: inconcludenti. E sogno ancora quel giorno meraviglioso in cui potr inscenare una rivolta spettacolare "stile Samir", con tanto di urla e di calci. Guardando al passato, sento di essere grata a mio cugino per aver fatto, allora, la cosa pi giusta. Senza di lui, non sarei mai riuscita ad andare al cinema. E andare al cinema era un evento entusiasmante, dall'inizio alla fine. Le donne si vestivano come se avessero dovuto sfilare per la strada s enza il velo. La mamma passava ore e ore a truccarsi e ad arricciarsi i capelli in una pettinatura incredibilmente complicata. Altrove, ai quattro angoli del co rtile, anche le altre erano intente a fervidi preparativi, con i bambini che reg gevano specchi e le amiche che davano consigli in materia di kohl, rossetti, acc onciature e gioielli. I bambini dovevano reggere gli specchi a mano e inclinarli in modo giusto perch catturassero i raggi del sole - gli specchi che adornavano le pareti dei saloni non erano di grande utilit, perch il sole non li raggiungeva quasi mai, tranne per poche ore al giorno, e solo d'estate. Ma alla fine tutte le donne erano agghindate in modo splendido. A quel punto, si coprivano completamente, dalla testa ai piedi, con il velo e con il hayk, o la jallabiyya - a seconda dell'et e dello status! Alcuni anni prima, mia madre aveva combattuto con mio padre, prima sulla questio ne della stoffa di cui doveva essere fatto il velo, e poi su quella del hayk, il manto tradizionale che le donne dovevano portare quando uscivano in pubblico. Il velo tradizionale consisteva in un pezzo rettangolare di cotone bianco cos pes ante che anche il semplice atto di respirare diventava una vera impresa. La mamm a voleva sostituirlo con un piccolo velo nero triangolare in finissimo chiffon d i seta. E mio padre ci diventava matto: troppo trasparente! Tanto vale andare in giro scoperta!. Ma presto il piccolo velo, il litham, divent una moda, con le mogl i dei nazionalisti che lo portavano in giro per tutta Fez - ai raduni della mosc hea, e nelle celebrazioni pubbliche, come quelle in occasione del rilascio di pr igionieri politici. Mia madre, inoltre, era decisa a sostituire il tradizionale hayk femminile con l a jallabiyya, il soprabito maschile: un capo che era stato anch'esso recentement e adottato dalle signore dei nazionalisti. Il hayk consisteva in sette lunghi me tri di pesante cotone bianco che andavano accuratamente drappeggiati intorno all a figura. Gli estremi del hayk, scomodamente annodati sotto il mento, andavano t enuti con le mani, per impedire che il tutto scivolasse di dosso. Shama diceva che quell'indumento era stato inventato con il fine preciso di rendere alle donne una tortura il sempli ce camminare per la strada, di modo che si stancassero presto dello sforzo, torn assero indietro e non si sognassero di uscire mai pi. Anche la mamma detestava il hayk. Se ti capita di inciampare e di cadere, diceva, rischi di romperti i denti, perch hai le mani occupate e non ti puoi riparare. E poi, cos pesante da portare, e io sono cos mingherlina!. D'altro canto, la jallabiyya era un indumento maschile strettamente attillato, munito di cappuccio e di aperture laterali che permette vano il passo lungo, e maniche tagliate in modo da lasciare le mani completament e libere. Quando i nazionalisti incominciarono a mandare a scuola le loro figlie femmine, per la prima volta permisero loro di indossare la jallabiyya perch pi le ggera e pi pratica del hayk. Andare e tornare da scuola quattro volte al giorno n

on era esattamente la stessa cosa che andare a visitare la tomba di un santo una volta all'anno. Cos le ragazze cominciarono a portare la jallabiyya maschile e, di l a poco, le loro madri presero a imitarle. Per scoraggiare mia madre dal segu ire questa moda, mio padre esprimeva regolarmente aspri commenti sulla rivoluzio ne in atto per le vie della medina. Come le donne francesi, che cambiano le gonne con i pantaloni da uomo, diceva. E quando le donne cominciano a vestirsi come gli uomini, allora peggio del caos, il fana (la fine del mondo). Ma lentamente, a poco a poco, il caos delle strade arriv anche in casa nostra, e il pianeta continu miracolosamente a girare come al solito. Un giorno, la mamma a pparve con indosso la jallabiyya di mio padre, col cappuccio rimboccato ordinata mente sulla fronte, e un piccolo litham nero triangolare in puro chiffon di seta che pendeva da sopra il naso. Naturalmente, chiunque poteva vedere attraverso q uel velo, e mio padre, arrabbiato, l'ammon che cos facendo comprometteva l'onore d ella famiglia. Ma l'onore delle famiglie, all'improvviso, sembrava correre seri pericoli in tutta Fez, perch le donne in jallabiyya e civettuoli veli di chiffon dilagavano per tutte le vie della medina. Non pass molto tempo che le figlie dei nazionalist i cominciarono a mostrarsi per strada a viso scoperto e gambe nude, in abiti occ identali e distinte borsette alla moda europea. Ovviamente mia madre non poteva sognarsi di adottare l'abito occidentale, tanto conservatore era l'ambiente in c ui viveva, ma le riusc di tenersi la. jallabiyya e il semplice litham di chiffon. Pi tardi, nel 1956, appena mia madre ud che il Marocco aveva ottenuto l'indipende nza e che gli eserciti francesi erano in ritirata, si un al corteo organizzato da lle mogli dei nazionalisti, e cant insieme a loro fino a notte inoltrata. Quando alla fine rientr, esausta dal camminare e dal cantare, aveva i capelli scoperti e il volto nudo. Da allora in poi, non si videro pi litham neri a coprire i volti delle giovani donne della medina di Fez; solo le donne anziane e le giovani cont adine appena immigrate in citt portavano ancora il velo.21. Ma torniamo ai film. In quei rari giorni di festa, la processione delle donne pa rtiva da casa nel primo pomeriggio, aperta dai miei cugini maschi, come a impedi re alla gente di fare capannello e cercare di intravedere un raro barlume delle bellezze di casa Mernissi. Subito dopo gli uomini, veniva Lalla Mani con il suo hayk maestosamente drappeggiato attorno alla sottile silhouette, e con la testa sdegnosamente alta, perch anche l'anonimo passante potesse capire che lei era una donna di autorit. Lalla Radiya, la mamma di Samir, camminava a fianco della suoc era con passi meticolosamente misurati, e gli occhi fissi sul selciato. Le segui vano la zia Habiba e le altre parenti vedove o divorziate, ognuna camminando in silenzio e reggendosi stretto il candido hayk. Al contrario di mia madre, le don ne vedove o ripudiate, che non 21 Mentre le donne di classe sociale alta o media smisero il velo, le contadine appena immigrate che vennero a Fez dopo l'indipendenza lo portavano per proclama re la loro "urbanit", per mostrare che appartenevano alla citt e non pi alla campag na, dove il velo non fu mai, almeno per quanto riguarda il Nordafrica, indossato dalle donne. A tutt'oggi, il hijab islamico, un distinto copricapo, , in Marocco , un fenomeno ristretto alle classi medie, colte e urbane. Le contadine e le don ne della classe lavoratrice non seguono questa moda. avevano mariti a proteggerle, non potevano rivendicare il diritto a indossare la jallabiyya: farlo avrebbe siglato la loro condanna immediata e irreversibile co me donne perdute. Nell'ultima fila del corteo venivano le ribelli, ognuna con in dosso un'attillata jallabiyya a colori, seguite dalle timide cugine adolescenti che ridacchiavano nervosamente per tutto il tragitto, e infine, da noi bambini, tenuti per mano da Ahmed. In realt, non c'erano molte donne nella fila delle ribelli, solo mia madre e Sham a, ma riuscivano ad attirare l'attenzione di tutti. Mia madre, con gli occhi con tornati di kohl, e Shama, con il suo falso neo di Asmahan, erano s velate, dal mo mento che portavano il fine e trasparente litham nero, ma avevano le mani libere e, passando, lasciavano nell'aria una scia provocante di sensuali profumi. Spes so mia madre faceva ridere tutti imitando Leyla Murad, la stella del cinema egiz iano specializzata nei ruoli di donna fatale. Camminava guardando fisso davanti

a s (col rischio di inciampare sulle pietre aguzze del selciato della medina), co n gli occhi ben aperti, come se avesse qualche grave infezione oculare, e lancia va sguardi a destra e a sinistra, mandando raggi magnetici e sussurrando in tono cospiratore: Nessun uomo pu resistere alla mia terrificante bellezza! Un solo sec ondo di contatto degli occhi, e la vittima innocente cadr contorcendosi al suolo. Ci sar una strage di uomini, oggi, per le strade di Fez!. A mia madre quell'idea era venuta dopo aver sentito le teorie di un egiziano fem minista di nome Qasim Amin. Costui era autore di un best-seller, provocatoriamen te intitolato La liberazione delle donne (1899, anno 1316 secondo il calendario islamico), in cui ipotizzava che gli uomini velassero le donne perch ne temevano il fascino e l'avvenenza. Gli uomini non potevano resistere alle donne, scriveva , e spesso si sentivano venir meno ogni volta che una bella donna passava loro a ccanto. Qasim Amin concludeva il suo libro esortando gli uomini arabi a trovare il modo di sviluppare una forza interiore e dominare le proprie paure, cos che le donne potessero smettere il velo. La mamma amava Qasim Amin, ma poich era analfa beta, doveva pregare mio padre di leggerle i suoi brani preferiti. Prima di acconsentire, mio padre faceva richieste di ogni tipo, che all'inizio la mamma respingeva - per esempio, che lei gli tenesse la mano d urante la lettura, gli preparasse la sua bevanda preferita (un frapp con mandorle fresche tritate e una goccia di essenza di fiori d'arancio), oppure, peggio anc ora, che gli massaggiasse i piedi. Per, alla fine, mia madre, pur con riluttanza, acconsentiva a esaudire i suoi desideri, e lo esortava a dare inizio alla lettu ra. Poi, proprio quando lei cominciava a divertirsi, pap si fermava di colpo, but tava via il libro, e iniziava a lamentarsi che Qasim Amin stava distruggendo l'a rmonia del matrimonio arabo. Ho bisogno dell'aiuto di questo matto egiziano per p oter stare vicino a mia moglie, e perch lei sia carina con me?, si lagnava. Non ci posso credere! . Allora la mamma correva a raccogliere il libro dal pavimento, lo rimetteva nella sua custodia di pelle, e lasciava la stanza, imbronciata ma sic ura di s, con il suo tesoro sotto il braccio. Shama, con le sue lentiggini e gli occhi color del miele, rideva di gusto ogni v olta che la mamma faceva la donna fatale sul tragitto da casa al cinema. Tutte e due guardavano attentamente a destra e a sinistra per vedere se qualche passant e stesse per cadere al suolo. E, naturalmente, entrambe le donne facevano commen ti sugli uomini a cui passavano accanto, costringendo il cugino Zin e i suoi fra telli a voltarsi di tanto in tanto per invitarle a non parlare cos forte. Una volta nel cinema, l'intero harem sedeva su due file, con i biglietti per qua ttro, in modo che restassero vuote la fila davanti e la fila di dietro. Non vole vamo certo che qualche avventore del cinema, birbone e irriverente, approfittass e del buio per pizzicare una delle signore mentre era assorta nella trama del fi lm! XIV Femministe egiziane in terrazza Molte delle rappresentazioni di Shama sulla terrazza richiedevano la presenza di interpreti maschili, e quando il cinema del vicinato non entrava in competizion e, tutti i giovani della casa vi partecipavano. Zin, ovviamente, era molto richi esto, per via della sua grazia e della sua eloquenza. Ci prendeva gusto a rubare i turbanti e i mantelli dello zio e di mio padre, e a costruirsi ogni sorta di spade di legno per interpretare in modo convincente i principi abbasidi. Ma reci tava anche in altri ruoli, dai poeti pre-islamici ai moderni eroi nazionalisti p rigionieri nelle carceri francesi e britanniche. Le commedie che pi entusiasmavan o il pubblico, per, erano quelle che richiedevano grandi scene di folla e un gran marciare e cantare, perch in tal modo tutti potevano partecipare. Queste scene f acevano ammattire Shama, perch accadeva che ogni tanto il pubblico svanisse compl etamente. Ci deve essere qualcuno seduto a guardare la scena!, sosteneva. Non ci pu essere un teatro senza il pubblico!. Il problema, con Shama, era che spesso andav a soggetta a sbalzi d'umore del tutto imprevedibili: poteva passare dall'entusia smo pi frizzante al silenzio pi profondo nel giro di pochi minuti, senza che vi fo ssero segnali visibili dell'imminente cambiamento. In pi, si scoraggiava molto fa cilmente quando il pubblico non si comportava a dovere; in quel caso, si bloccav

a nel bel mezzo di una battuta, rivolgeva un'occhiata piena di tristezza ai colp evoli dell'interruzione, e si avviava verso le scale. Non c'era molto che si pot esse fare, in quei momenti, e a volte quello stato di depressione durava dei gio rni, durante i quali Shama restava chiusa in camera sua. Ma quando era di buon umore, questo certo, metteva il fuoco addosso a tutti quanti! Perch vedete, il teatro di Shama forniva a tutti noi meravigliose opportunit di sc oprire i nostri talenti nascosti e di darne pubblica dimostrazione, superando la timidezza e sviluppando un po di fiducia in noi stessi. Le mie cugine adolescen ti, di norma molto timide, per esempio, avevano la loro opportunit di emergere qu ando cantavano in coro. Non volevano, per, che i drappi venissero sollevati - in quel caso si mettevano a salutare il pubblico, tormentandosi nervosamente le tre cce - ma quando le tende erano abbassate, le loro voci risuonavano limpide e gra devoli. Io, da parte mia, diventai assolutamente indispensabile quando Shama si accorse che sapevo fare dei salti acrobatici (avevo imparato dalla nonna Jasmina ). Da quel momento in poi, le mie acrobazie intrattenevano gli spettatori ogni v olta che le cose sfuggivano di mano. Appena avevo la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto fra il regista, o gli attori, e il pubblico, mi but tavo sulla scena con le gambe per aria e le mani per terra. Imparai a capire per istinto quando Shama era sul punto di piombare nei suoi momenti di tristezza. L e mie acrobazie, inoltre, permettevano dei lunghi cambi di costume fra una scena e l'altra. Senza la mia assistenza, Shama avrebbe dovuto abbreviare di molto i suoi elaborati preparativi. Ero molto fiera di avere una parte, per quanto silenziosa e marginale, e fatta s oprattutto con i piedi. Ma, come diceva la zia Habiba, non importa il ruolo che si svolge, l'importante essere utili. L'essenziale era averla, una parte, e conc orrere al raggiungimento di una meta comune. E poi, mi diceva la zia, avrei pres to avuto una parte importante nella vita reale; dovevo solo sviluppare un talent o. Le facevo osservare che forse quel talento avrebbero potuto essere proprio le acrobazie, ma lei non ne era convinta. La vita reale pi dura del teatro, diceva. E poi, la nostra tradizione esige che le donne camminino sui piedi. Tirarli su in aria una faccenda piuttosto delicata. Fu allora che cominciai a preoccuparmi del mio futuro. Ma la zia Habiba mi disse che non avevo niente da temere, perch tutti quanti hann o doti meravigliose nascoste nel profondo; l'unica differenza che alcuni riescon o a condividerle con il prossimo, e alcuni invece no. Quelli che non esplorano e non mettono a disposizione degli altri i doni preziosi che hanno dentro, finisc ono per vivere male, per essere infelici, a disagio con gli altri, e arrabbiati, per giunta. Un talento bisogna svilupparlo, in modo da poter dare, condividere, brillare. E il talento si sviluppa lavorando sodo per diventare bravi in qualco sa, il che pu essere qualunque cosa - cantare, ballare, cucinare, ricamare, ascol tare, guardare, sorridere, aspettare, accettare, sognare, ribellarsi, saltare. Qu ello che sai far bene, qualunque cosa sia, pu cambiarti la vita. Cos parl la zia Hab iba. Quindi decisi che avrei sviluppato un talento e avrei dato felicit al mio prossim o, in modo che nessuno avrebbe pi potuto farmi del male: non era forse cos? L'unic o problema era che ancora non sapevo quale potesse essere il mio talento. Ma cer to qualche dote dentro l'avevo anch'io. Allh generoso con le sue creature e a ogn una di esse dona qualcosa di bello; lo semina nel cuore come un fiore misterioso , senza farsene accorgere. Anch'io, probabilmente, avevo ricevuto la mia parte; non dovevo fare altro che attendere e coltivarla, finch non fosse giunto il mio m omento. Nel frattempo, avrei imparato tutto quello che potevo dalle eroine della nostra storia e della letteratura. Le eroine che pi spesso erano ritratte nel teatro di Shama erano, in ordine di fr equenza: Asmahan, l'attrice cantante; le femministe egiziane e libanesi; Shahraz ad e le principesse delle Mille e una notte; e infine, importanti figure religio se. Tra le femministe, o r'idat - pioniere dei diritti delle donne - tre erano le favorite di Shama: ''isha Taymr, Zaynab Fawwaz e Hud Sharw. 22. Tra le figure della tradizione religiosa, le 22 Le pioniere del femminismo sono molto famose nel mondo arabo, dove presente u

na forte tradizione di compilazioni del tipo Whos who che documentano vita, impr ese e successi di donne celebri. La passione degli storici arabi per le donne eccezionali ha prodotto un distinto genere letterario chiamato nis'i yyat dalla parola nis', donne. Salh ai-Din al-Munjid, un ammiratore di donne straor dinarie, ha compilato un elenco di trattati sulle donne che conta qualche centin aio di titoli, nel suo "Ma 'ullifa 'an al-nis'" (Tutto quello che stato scritto s ulle donne), nel giornale Majallat majma al-lugha al-'arabiyya (1941), vol.16, p .216. Sfortunatamente, le femministe arabe, che sono delle figure chiave nella s toria dei diritti umani nel mondo islamico, sono poco note all'Occidente. Un pro filo molto valido delle maggiori femministe del diciannovesimo e ventesimo secol o, che potrebbe tornare molto utile ai lettori occidentali se venisse tradotto, il primo volume di Women Pioneers, di Emily Nasrallah, che al momento esiste sol o in lingua araba (Beirut, Muassassat Nawfal, 1986). pi popolari erano Khadja e ''isha, le mogli del Profeta Muhammad, e Rabia al-'Adawi yya, una mistica. Le loro vite, di solito, venivano rappresentate durante il mes e di Ramadan, quando nonna Lalla Mani, vestita tutta in verde, il colore del Pro feta - che la pace e la benedizione di Allh siano con lui -, prima si dava alla m editazione mistica, e poi cominciava a predicare il pentimento dai peccati, e a predire l'inferno in generale a tutti coloro che vivevano dimentichi dei comanda menti di Allh, e in particolare alle donne che intendevano sbarazzarsi del velo, cantare, ballare e divertirsi. Le donne del Marocco, assetate di emancipazione e di progresso, dovettero import are le loro femministe dall'Oriente, poich fra quelle locali non ce n'era nessuna abbastanza famosa da diventare un personaggio pubblico in grado di nutrire i lo ro sogni. Non c' da stupirsi che il Marocco sia cos arretrato, osservava Shama di ta nto in tanto. Schiacciati fra il silenzio del Sahara a sud, le onde furiose dell' Atlantico a ovest, e l'aggressione degli invasori cristiani dal nord, i marocchi ni si sono arroccati in un atteggiamento di difesa, mentre il resto dei paesi is lamici sta veleggiando verso la modernit. Le donne hanno fatto progressi dovunque , tranne qui. Noi siamo un museo. Dovremmo far pagare il biglietto d'ingresso ai turisti che vengono a Tangeri!. Il problema con alcune delle femministe preferite di Shama, specialmente con le pi antiche, era che nella vita non avevano fatto molto pi che scrivere, dal moment o che anche loro erano recluse negli harem. E questo significava che non c'era molta azione da me ttere in scena, e dovevamo semplicemente starcene seduti ad ascoltare Shama che recitava le loro proteste e i loro lamenti in forma di monologo. La vita peggior e di tutte era quella di ''isha Taymr. Nata al Cairo nel 1840, tutto quello che av eva fatto era stato scrivere incessantemente dei feroci poemi contro l'usanza de l velo, fino alla morte, avvenuta nel 1906. Tuttavia, c' da dire che scriveva in molte lingue - arabo, turco, e addirittura in persiano - e questo mi faceva un c erto effetto. Pensate, una donna ostaggio in un harem che impara le lingue stran iere! Parlare una lingua straniera sempre un po come aprire una finestra in un m uro cieco. Imparare una lingua straniera all'interno di un harem equivale a svil uppare delle ali che permettono di volare in un'altra cultura, anche se la front iera resta, e il guardiano pure. Quando Shama voleva farci sapere che ''isha Taymr leggeva le sue poesie in turco o persiano, lingue che nessuno nella medina di F ez aveva mai sentito o era in grado di comprendere, buttava la testa all'indietr o e, con lo sguardo fisso al soffitto o al cielo, cominciava ad articolare incom prensibili suoni gutturali privi di senso, con la scansione metrica propria dell a poesia araba. Al che mia madre si faceva impaziente. Cara, ci hai impressionato e illuminato abbastanza con la padronanza di ''isha nella lingua turca, diceva. Ad esso torna all'arabo, o rischi di perderti l'uditorio. Shama si interrompeva brus camente, assumeva un'aria molto offesa, e chiedeva a mia madre di scusarsi all'i stante. Io sto tessendo una magia delicatissima, le diceva, e se tu continui a urla re, distruggerai il sogno. Allora mia madre si alzava, chinava il capo e l'intero busto, poi si raddrizzava, e giurava che non avrebbe mai pi pronunciato una paro la fuori posto. Per il resto del dramma, sedeva immobile, col volto atteggiato i n un sorriso di palese approvazione.

L'altra pioniera del femminismo che Shama ammirava molto, e con cui ci toccava c onvivere, era Zaynab Fawwaz, un'erudita autodidatta libanese, nata verso il 1850 , che, da domestica nativa di un oscuro villaggio, si elev fino a raggiungere lo status di figura letteraria celebre nei circoli intellettuali di Beirut e del Cairo, grazie a una dura disciplina e una serie di matrimoni strategicamente ca lcolati. Ma dal momento che Zaynab non era mai uscita dal suo harem, trasformare la sua vita troncata in azione scenica era un'impresa tremendamente difficile. Dal chiuso dell'harem, tutto ci che Zaynab Fawwaz poteva realmente fare era inond are la stampa araba di articoli e poesie in cui dava libero corso alla sua avver sione per il velo e condannava la pratica della reclusione femminile. Era dell'i dea che queste due istituzioni costituissero il maggiore ostacolo alla grandezza dei musulmani, e che spiegassero entrambe il perch, di fronte agli eserciti impe rialisti dell'Occidente, il mondo arabo avesse dato prove cos mediocri. Per fortu na, noi della terrazza, non eravamo costretti a sorbirci a lungo gli sfoghi a me zzo stampa di Zaynab, ripetitivi fino all'eccesso. L'eroina, infatti, nel 1893 a veva pubblicato un Whos who di donne famose, in cui aveva raccolto pi di quattroc entocinquanta abbaglianti ed eclettiche biografie di donne modello, da Cleopatra d'Egitto alla regina Vittoria d'Inghilterra, e questo forniva a Shama un bel po di materiale tra cui poter scegliere. 23. Ma la pioniera dei diritti femminili che godeva di maggiore popolarit, almeno pre sso il pubblico della terrazza, era Hud Sharw, una bellezza aristocratica egiziana, nata nel 1879, che, con i suoi discorsi infuocati e le sue marce popolari, avev a incantato i governanti dell'Egitto. La sua vita forniva a tutti quanti sulla t errazza, compresi noi bambini, ampie opportunit di calcare le scene e cantare inn i militari nazionalisti. C'era, infatti, bisogno di attori che recitassero nel r uolo dei manifestanti egiziani, attori che interpretassero la polizia britannica , e, naturalmente, comparse per il ruolo di passanti. 23 Zaynab Fawwaz al-Amil, Al-durral-manthrf tabaqatrabbatal-khudr (Boulaq, Egitto: A l-Matbaa al-Kubra, 1895, anno 1316 del calendario islamico) Nella sua introduzio ne spiega che il libro un "'opera dedicata alla causa delle creature di sesso fe mminile della mia razza" (ja altuhu khidmatan li-banatnaw') Costretta a un precoce matrimonio all'et di tredici anni, Hud esercitava un forte fascino su Shama, perch, con la sola forza di volont, era stata capace di trasform are una societ intera nel giro di pochi decenni. Hud era riuscita in due imprese a pparentemente contraddittorie, ovvero battersi contro l'occupazione britannica e , nel contempo, mettere fine alla propria reclusione di donna. Si tolse il velo una volta per tutte il giorno in cui guid la prima marcia ufficiale delle donne e giziane contro gli inglesi, nel 1919, e grazie alla sua influenza sui legislator i, passarono molte leggi importanti compresa quella del 1924 che alzava l'et lega le del matrimonio per le ragazze a sedici anni. Inoltre, nel 1923, quando il nuo vo stato egiziano indipendente, formatesi appena l'anno prima, var una costituzio ne che limitava il diritto di voto ai soli uomini, ne fu talmente disgustata che cre l'Unione delle Femministe Egiziane e si batt con successo per il diritto dell e donne al voto. 24. La testarda insistenza di Hud Sharw sui diritti delle donne is pir molti altri paesi arabi di recente indipendenza, gi attratti dagli ideali nazi onalisti, al punto da includere il diritto delle donne al voto anche nelle loro costituzioni. Noi della terrazza andavamo matti per la marcia delle donne del 1919. Momento ch iave nella costruzione dell'intreccio di Shama, la marcia dava a tutti l'occasio ne di invadere la scena, spingersi oltre i drappi precari che Shama aveva messo su con molte difficolt (erano sostenuti dai pali per stendere il bucato infilati dentro giare di olive), saltare qua e l, gridare insulti a immaginari soldati bri tannici, e buttare in aria le 24 Hud Sharw celebre nel mondo arabo, e un barlume della sua vita eccezionale si pu cogliere nella traduzione inglese di un'antologia dei suoi scritti, ad opera di Margot Badran, intitolata Harem Years: The Memoirs of an Egyptian Feminist (Lond ra, Virago Press, 1986) Per una descrizione a immagini delle campagne femministe di Hud Sharw, si veda Sarah Graham Brown, Image of Women: The Portrayal of Women i n Photography of the Middle East, 1860-1959 (New York, Columbia University Press

, 1988) Nell'ultimo capitolo, "Campaigning Women", si possono vedere le foto del la marcia del 1919. sciarpe, simbolo dei detestati veli. Noi bambini, in particolare, ci divertivamo un mondo, deliziati alla vista di tutti quegli adulti, comprese le nostre madri , che giocavano come bambini. A volte, l'esuberanza generale cresceva a tal punt o che Shama era costretta ad arrampicarsi sulla scala a pioli che aveva usato pe r sistemare il sipario, e ordinare a gran voce agli attori di uscire di scena, p erch gli inglesi si erano ritirati dall'Egitto nel 1922, e ora eravamo nel 1947. Hud, a quella data, si trovava in punto di morte, e un solenne silenzio era di ri gore, dal momento che l'eroina si era spenta serenamente nel suo letto. Quando, come spesso accadeva, la gente tardava a smuoversi dalla scena, le urla di Shama si facevano minacciose. Se gli attori non tornano in s e non rispettano i tempi s cenici, proclamava dall'alto della scala, la direzione del teatro chiuder i battent i per l'intera stagione, causa vandalismo perpetrato da elementi incontrollabili. Passare dalla festosa manifestazione di piazza del 1919 alla scena del letto di morte di Hud, non era certo una cosa semplice. Non solo dovevamo uscire di scena e ritornare a essere pubblico, ma eravamo pure costretti a metterci in lutto e a manifestarlo con solenne silenzio - e l'impresa non era alla portata di tutti. Una volta, la zia Habiba, fu ufficialmente espulsa dalla terrazza solo perch non aveva potuto fare a meno di ridere quando Shama, precipitandosi da dietro i drap pi, avvolta in un lenzuolo nero frettolosamente indossato, inciamp e perdette l'e quilibrio. Anche a noialtri era venuto da ridere, ma per fortuna Shama era cos im pegnata a recuperare l'equilibrio che non aveva visto le nostre facce. La zia Ha biba aveva fatto l'errore di ridere troppo forte, e Shama si appell al pubblico p erch fosse cacciata dal teatro. Non potemmo fare altro che assecondare la sua ric hiesta perch, in caso contrario, avrebbe proclamato uno sciopero del teatro, e qu esto non era nell'interesse di nessuno. In fondo in fondo, per, il vero problema con le vite delle femministe era il fatt o che non offrivano molti spunti per cantare e ballare. Shama poteva anche diver tirsi a metterle in scena, ma il pubblico preferiva di gran lunga vedere Asmahan , oppure una delle avventurose eroine delle Mille e una notte. Non fosse altro che perch in quelle storie c'era pi amore, passione, avventura. Le vite delle femmini ste sembravano tutte fatte di lotte e matrimoni infelici, e mai di momenti di gi oia, notti d'amore, o qualunque cosa potesse dar loro la forza di tirare avanti. Gli uomini arabi erano molto sensibili al fascino di queste signore iperattive, pioniere delle nuove idee, diceva la zia Habiba. Cadevano ai loro piedi di continu o, ma non si mai sentita una parola su quegli abbracci appassionati, un po perch le femministe pensavano che fossero politicamente irrilevanti, un po perch si cen suravano da sole, per paura di essere attaccate come donne immorali. A volte, per, la zia Habiba si domandava in privato se non fosse Shama a operare tale censura , nel timore che, drammatizzando gli episodi romantici, il pubblico si lasciasse trascinare da quelli e si dimenticasse della lotta. Comunque stessero le cose, fu proprio a quel tempo e in quella sede che presi la seguente decisione: se mai avessi guidato una battaglia per la liberazione delle donne, mai e poi mai avre i trascurato la mia sensualit. Come diceva la zia Habiba, Perch mai ribellarsi e cambiare il mondo se non puoi avere quello che ti manca nella vita? E quello che manca in assoluto nelle nostre vite l'amore e la passione. A che s erve organizzare una rivoluzione, se il nuovo mondo che nasce un deserto emotivo ?. Nelle Mille e una notte, le eroine di Shahrazad non scrivevano di liberazione in compenso, per, la vivevano, pericolosamente e sensualmente, e riuscivano sempr e a tirarsi fuori dai guai. Non cercavano di convincere la societ a liberarle -in iziavano a liberarsi da sole. Si prenda, a titolo d'esempio, la storia della pri ncipessa Budr. Eccola qua, una principessa viziata e iperprotetta, figlia del pot ente re Ghayr, e moglie dell'altrettanto potente principe Qamar al-Zaman. L'eroin a parte per un viaggio con suo marito, e naturalmente lui a prendersi cura di og ni cosa; lei si limita a seguirlo, come fanno di solito le donne quando viaggian o col marito o i parenti maschi. La carovana si spinge molto lontano in terre st

raniere finch, un giorno, la principessa Budr si sveglia e scopre di essere sola nella sua tenda, in mezzo a una terra di nessuno. Il principe Qam ar svanito nel nulla. Temendo che gli altri uomini della carovana possano usarle violenza, rubarle i gioielli o venderla come schiava, la principessa decide di indossare i panni del marito e farsi passare per un uomo. Non sar pi la principess a Budr, ma il principe Qamar al-Zaman. E il trucco funziona! Non solo la donna ri esce a evitare lo stupro e il disonore, ma si ritrover con un regno tutto suo da governare. La terrazza acclamava la principessa Budr come colei che aveva osato concepire l' impossibile, l'irreale. Come donna, era impotente e disperatamente vulnerabile, circondata da incalliti predoni. A pensarci, la sua situazione era davvero senza scampo - bloccata in una terra di nessuno, lontana da casa, nel mezzo di un'int era carovana di schiavi ed eunuchi inaffidabili, per non parlare dei mercanti, t ipi notoriamente poco raccomandabili. Ma quando ci si viene a trovare in una situazione cos disperata, non resta che ca povolgere il mondo, trasformarlo secondo i nostri desideri, e ricrearlo da princ ipio. Ed esattamente questo quel che fece la principessa Budr. XV Il destino di Budr Chi andasse in cerca della storia di Budr nelle Mille e una notte, avrebbe un bel da fare per rintracciarla. Innanzi tutto, il suo nome non appare nel sommario. Il racconto va sotto il nome di suo marito: Storia di Qamar al-Zaman. Secondo, l a sua storia narrata nella novecentosessantaduesima notte, quindi, prima di imba ttersi in Budr, bisogna arrivare alla fine del libro. Il motivo di ci, a detta del la zia Habiba, era da ravvisarsi nel fatto che la narratrice, Shahrazad, temeva di rimetterci la testa, se avesse raccontato la storia di Budr fin dall'inizio. 2 5. Dopo tutto, la morale della favola che una donna pu spacciarsi per un uomo e p rendersi gioco della societ; non deve far altro che cambiare i suoi abiti con que lli del marito: la differenza tra i sessi una cosa ridicola, tutto un fatto di abbigliamento. Gi questa, di per s, era una lezione davvero insolente da dare al furioso re Shahriyar, figuriamoci, poi, se Shahrazad gli avesse raccontato la fiaba la prima notte! Perci, la furba raga zza cominci a intrattenere lo sposo con delle storie meno inquietanti, per ammorb idirlo un poco, prima di procedere con questa. Un tratto particolarmente gradevole della principessa Budr era il suo non essere una donna forte. Come la maggior parte delle donne sulla terrazza, non era perso na abituata a risolvere da sola i suoi problemi. Dipendente in tutto e 25 Nel testo arabo in mio possesso (Beirut, Al-Maktaba al-Chabiya, vol.4), La st oria di Qamar al-Zaman ha inizio la novecentosessantaduesima notte, ma nella traduzione del Burton alla centosettantesima notte. per tutto dagli uomini, e completamente ignorante del mondo esterno, non aveva m ai sviluppato alcuna fiducia in se stessa, e non aveva alcuna pratica nell'anali zzare le situazioni problematiche per arrivare a delle soluzioni. Eppure, a disp etto del suo essere totalmente impedita, riusc a prendere le decisioni pi giuste e pi azzardate. Non c' nulla di male nell'essere impedite, signore mie!, diceva la zia Habiba, quando era il suo turno di entrare in scena. La vita della principess a Budr ce lo dimostra. Non aver mai avuto l'occasione di mettere alla prova i tal enti, non significa non averne. La zia Habiba assumeva il controllo della scena ogni volta che il pubblico, anno iato dalle femministe di Shama, si metteva a reclamare commedie pi allegre che in cludessero danze e canti. Come direttore scenico, la zia Habiba non era coerciti va come Shama che investiva un'incredibile quantit di energie nell'ambientazione scenica e nei costumi. La zia Habiba, al contrario, riduceva tutto al minimo ind ispensabile. La vita gi abbastanza complicata, era solita dire. Quindi, per amor di Dio, non complicatela ancora di pi, quando intendete rilassarvi. Durante le rappre sentazioni, la zia Habiba sedeva su una comoda sedia, coperta da un drappo prezi osamente ricamato, che doveva suggerire un trono. Inoltre, per l'occasione, indo ssava il suo elegante caffettano con i ricami in oro, che di solito teneva accur atamente ripiegato nella cassapanca di cedro scampata per miracolo al naufragio

del suo matrimonio. Il caffettano era tutto in velluto nero, tempestato delle pe rle che il padre della zia Habiba aveva riportato da un pellegrinaggio alla Mecc a; e i ricami erano opera della zia stessa, che aveva impiegato tre lunghi anni a finire il lavoro. Oggi la gente si compra i vestiti gi fatti e se ne va in giro indossando roba che non ha creato, diceva. Ma quando impieghi notti dopo notti per ricamare una sciarpa o un caffettano, ecco che un semplice capo di vestiario di venta una meravigliosa opera d'arte. 26. Di certo, il caffettano della zia 26 Sebbene gli harem siano scomparsi negli anni Cinquanta, e le donne delle clas si medie e alte siano passate all'istruzione e alle professioni, il desiderio delle donne di mantenere il controllo sulla moda rimane pi forte che mai. Le migl iaia di marocchine che negli anni Novanta lavorano come professioniste (un terzo dei medici, avvocati e professori universitari del Marocco costituito da donne) non hanno rinunciato alla tradizione di disegnarsi personalmente abiti e gioiel li, e hanno in tal modo contribuito a un revival delle arti tradizionali. Jallab iyye e caffettani sono stati accorciati e ridisegnati, secondo il gusto e la fan tasia, in ogni sorta di tessuti e colori. Non insolito incontrare dottoresse, gi udici, avvocatesse nelle buie stradine della medina, sedute sui panchetti degli artigiani a discutere con loro del colore, del modello e dei ricami per i loro m oderni capi di vestiario. 27 The Tale of Qamar al-Zaman, traduzione del Burton, vo.. 3, p. 278. incuteva un insolito rispetto e, dal momento che di norma era riservato ad occas ioni molto speciali, conferiva alla scena un tocco di esotismo, quando la zia co mpariva indossandolo. Il dramma della principessa Budr iniziava piuttosto bene, con suo padre, il re Gh ayr, che riforniva lei e l'amabile sposo, il principe Qamar al-Zaman, di tutto ci che era necessario per il viaggio. Il re fece condurre fuori dalle stalle cavalli marchiati a fuoco con il suo sigi llo, e dromedari di razza capaci di viaggiare dieci giorni senz'acqua; e ordin di preparare una lettiga per sua figlia, oltre a muli e cammelli carichi di provvi ste; in pi, diede loro schiavi ed eunuchi per servirli, e ogni sorta di equipaggi amenti per meglio viaggiare, e il giorno della partenza, quando il re Ghayr prese congedo dal genero, il principe Qamar al-Zaman, gli fece dono di dieci splendid e vesti intessute d'oro e di perle preziose, insieme a dieci cavalli da corsa e dieci cammelle, pi una fortuna in denaro, e gli raccomand di amare e di aver cura di sua figlia, la nobile principessa Budr. (Quindi, il principe e la principessa partirono), senza far sosta il primo giorno, n il secondo n il terzo n il quarto; v iaggiarono senza fermarsi per un intero mese, finch arrivarono in una pianura di pascoli abbondanti, dove piantarono le loro tende, mangiarono, bevvero e riposar ono, e la Principessa Budr si sdrai a dormire" 27. E quando si svegli il mattino dopo, si ritrov tutta sola nella tenda. Il suo sposo era misteriosamente scomparso. A questo punto noi bamb ini, seduti accanto alla tenda della principessa Budr, facevamo ogni sorta di rum ori per indicare che la carovana si stava svegliando. Samir, bravo com'era a far l'imitazione del cavallo, nitriva e scalpitava tutto il tempo, fermandosi solta nto, e con riluttanza, quando Shama, nella parte di Budr, cominciava a riflettere ad alta voce sulla solitudine e l'impotenza di una donna che si trova all'impro vviso senza marito. Se esco dalla tenda e lo dico ai servi e quelli apprendono che mio marito scompa rso, allora cominceranno a concupirmi: non ho modo di sfuggire a questa sorte, a meno che non usi uno stratagemma. Quindi si alz e indoss alcuni abiti di suo mari to, e i suoi stivali per cavalcare, e si avvolse intorno al capo un turbante com e quello dello sposo, usandone un capo per coprirsi il volto, come un velo a pro tezione della bocca. Poi fece sedere una giovane schiava nella sua lettiga, e us c dalla tenda; e insieme alla sua corte viaggi per giorni e notti, finch la carovan a giunse in una citt che sorgeva sulle sponde del Mar Rosso, e l, presso le mura, piantarono le tende e si fermarono a riposare. La principessa chiese il nome di quella citt, e le fu detto che era chiamata la citt dell'Ebano, il cui re aveva no me Armanus, e la figlia del re, Hayat al-Nufus. 28.

L'arrivo alla citt dell'Ebano non mise fine ai guai della principessa Budr. Anzi, la sua situazione peggior, perch il re Armanus fu cos compiaciuto del finto princip e Qamar al-Zaman da offrirgli la mano di sua figlia, Hayat al-Nufus. Quale orrib ile prospettiva per la principessa Budr! Hayat al-Nufus avrebbe scoperto subito i l suo trucco, e c'era il caso che, per tale truffa, il re le avrebbe fatto tagli are la testa. Nella citt dell'Ebano, la gente veniva decapitata ogni giorno per m olto meno. Nella scena successiva, la principessa Budr misurava a 28 Ibid., p. 283. grandi passi la sua tenda, interrogandosi sul da farsi. Accettando la proposta d el re, rischiava di venir condannata a morte per aver mentito. Ma se avesse rifi utato la proposta, il rischio di condanna a morte non cambiava. Non saggio rifiu tare la proposta di un sovrano, se si vuol vivere a lungo e in buona salute, spe cialmente quando tale rifiuto implica snobbarne la figlia. Mentre Shama camminava avanti e indietro, mettendo in scena il dilemma della pri ncipessa Budr, il pubblico si divideva in due fazioni. La prima suggeriva di dire al re la verit, perch, se Budr gli avesse fatto sapere di essere una donna, lui po teva anche innamorarsi di lei e perdonarla. L'altra fazione suggeriva che sarebb e stato meno rischioso per Budr accettare l'offerta di matrimonio e poi, una volt a in camera, raccontare tutto alla principessa Hayat, perch questo avrebbe fatto scattare la solidariet fra donne. La solidariet tra le donne era, in verit, un argo mento delicatissimo, nel cortile, perch raramente le donne erano tutte dalla stes sa parte contro gli uomini. Alcune di loro, come la nonna Lalla Mani e Lalla Rad iya, della fazione pr-harem, erano sempre in sintonia con le decisioni prese dagl i uomini, mentre altre donne, come mia madre, non lo erano affatto. Anzi, mia ma dre arrivava ad accusare quelle che si alleavano con gli uomini di avere una gro ssa parte di responsabilit nelle sofferenze delle donne. Queste signore sono ancora pi pericolos e degli uomini, spiegava, perch fisicamente sembrano come noi, ma in realt sono lupi travestiti da agnelli. Se esistesse la solidariet fra le donne, non saremmo qui inchiodate su questa terrazza. Potremmo viaggiare per tutto il Marocco o navigar e fino alla citt dell'Ebano, se ne avessimo voglia. La zia Habiba, che sedeva semp re nella prima fila, anche quando non doveva dirigere n svolgere altri ruoli, fu incaricata da Shama di tenere sotto stretta sorveglianza gli umori del pubblico e, ogni qualvolta venisse fuori l'argomento della solidariet tra donne, di censur arlo all'istante, prima che potesse degenerare in pi serie e amare discussioni. Ad ogni modo, la principessa Budr scelse la solidariet tra donne, e la scelta si rivel saggia, a dimostrazione che le donne sono capaci di g randi e nobili sentimenti l'una verso l'altra. Accett la proposta del re Armanus di sposare sua figlia e, come immediata conseguenza di tale atto, acquis il dirit to di assumere il governo della citt dell'Ebano - niente male, come inizio. Noi d ella terrazza celebravamo il matrimonio con la consueta distribuzione di biscott i da parte mia e di Samir. Una volta, Shama prov ad avanzare l'obiezione che, dat a la palese illegalit di un matrimonio tra donne, i biscotti non dovevano essere distribuiti. La reazione del pubblico non si fece attendere. La regola dei biscot ti va rispettata. Non si mai detto che il matrimonio doveva essere legale. Dopo la cerimonia, gli sposini si ritirarono nella camera da letto di Hayat. Ma quella prima notte, la principessa Budr liquid la giovane sposa con il bacetto del la buonanotte e poi cominci a pregare per ore e ore, finch la povera Hayat cadde a ddormentata. Durante questa scena, tutti noi ridevamo al ritratto che Shama face va di questo sposo tanto pio. Finiscila di pregare, vai a fare il tuo dovere, le g ridava mia madre. Quindi, io e Samir ci precipitavamo sulla scena a tirare gi il sipario, per indicare che era passata una notte. Poi alzavamo le tende di nuovo e il povero marito era sempre assorto in preghiera, mentre Hayat al-Nufus era l s eduta ad aspettare di essere baciata. E facevamo cos per pi volte, con lo sposo ch e continuava a pregare e la sposa che continuava ad aspettare, mentre il pubblic o si sbellicava dalle risate. Alla fine, dopo molte notti di preghiera, la principessa Hayat ne ebbe piene le tasche e and a lamentarsi dal suo potente padre, il re Armanus. Disse che il prin

cipe Qamar non era interessato a darle un figlio, poich passava le notti pregando senza sosta. Come c'era da aspettarsi, questo non piacque al re, che minacci di bandire all'istante lo sposo dalla citt dell'Ebano, se non si fosse comportato da uomo. Cos, quella stessa notte, la principessa Budr si confid con la principessa H ayat, raccontandole tutta la storia e chiedendole aiuto. Ti scongiuro, in nome di Allh, tieni per te la confidenza che ti ho fatto, poich ho tenuto nascosto il mio caso solo perch Allh possa ricongi ungermi al mio amato Qamar al-Zaman. 29. E, naturalmente, il miracolo avvenne. La principessa Hayat simpatizz con Budr e le promise il suo aiuto. Le due donne misero su una falsa cerimonia della verginit, come prescritto dalla tradizione. Hayat al-Nufus si alz e and a prendere un piccione, gli tagli la gola proprio sulla sua camicia e si imbratt del suo sangue. Poi si tolse i pantaloni che portava so tto la veste e grid a gran voce, di modo che la sua gente accorresse, e innalzass e i consueti inni e canti di gioia. 30. Dopo di che, le due donne vissero agli occhi di tutti come marito e moglie, ment re la principessa Budr, da una parte governava il regno, e dall'altra organizzava le ricerche per trovare il suo amato Qamar al-Zaman. Le donne sulla terrazza applaudivano alla decisione di Budr, che aveva osato fare l'impossibile, e, a spettacolo concluso, discutevano animatamente, sino a notte fonda, sul destino e la felicit, come sfuggire l'uno e perseguire l'altra. La ch iave di tutto, molte ne convenivano, era proprio la solidariet tra He donne. 29 Burton, p. 289. 30 Ibid. XVI La terrazza proibita Comunque sia, la felicit, lo pensavo allora e lo penso a tutt'oggi, inconcepibile senza una terrazza, e per terrazza intendo qualcosa di molto diverso dai tetti europei che ci descrisse il cugino Zin dopo aver visitato Balad Thalj, la Terra della Neve. Ci disse che le case, da quelle parti, non hanno le nostre terrazze piatte, imbiancate a calce, e spesso adorne di lussuosi pavimenti, piante, fiori e divani. Al contrario, i loro tetti, concepiti per riparare le case dalla neve , sono triangolari e appuntiti, e non possibile neanche stare in piedi, l sopra, perch si scivolerebbe subito di sotto. Tuttavia, anche a Fez, non tutte le terraz ze erano concepite per essere accessibili; su quelle pi elevate, di norma, era pr oibito salire, perch a cadere gi da quelle altezze, si era spacciati. Nondimeno, i o sognavo sempre di visitare la nostra terrazza proibita, la pi alta in tutto il vicinato, dove, a memoria mia, nessun bambino aveva mai messo piede. Ma quando, finalmente, mi avventurai su quella vetta proibita per la prima volta , mi pass di colpo la voglia di visitarla. visitarla. Anzi, decisi seduta stante di rivedere l'idea che i grandi fossero tu tti degli esseri irragionevoli e maledettamente determinati a impedire ai bambin i di divertirsi. Ero cos spaventata, in piedi lass in cima, che perdetti la capaci t di respirare e cominciai a tremare dalla testa ai piedi. Quanto desiderai di av er obbedito ai grandi, dopo tutto, e di essere rimasta sulla terrazza bassa, cin ta di parapetti alti un paio di metri! I minareti e persino l'imponente moschea di al-Qarwiyyin erano ai miei piedi, piccoli come giocattoli in una citt di gnomi, mentre le nuvole che mi passavano sul capo parevano minacciosamente basse, con i bordi superiori infiammati di un rosa acceso, quasi rosso, cosa che dabbasso non avevo mai veduto. E udii un rumore cos strano e spaventoso che, sulle prime, pensai fo sse un uccello mostruoso e invisibile. Ma quando ne chiesi ragione alla cugina M alika, lei mi disse che ero solo spaventata; che era il rumore del sangue che mi scorreva veloce nelle vene; che anche lei si era sentita cos la prima volta che si era avventurata a quell'altezza. E aggiunse che se mi fossi messa a gridare o avessi detto di aver paura, si sarebbe anche scomodata per aiutarmi a scendere, ma mai e poi mai mi avrebbe portata di nuovo su con lei, e avrei passato il res to della vita a interrogarmi sul significato della parola "harem". Quello, infat ti, era l'argomento che lei e Samir si apprestavano a discutere sulla terrazza.

Si erano assegnati la missione di analizzare quella parola inafferrabile e, a ti tolo di ricompensa, si erano concessi una visita sulla favolosa terrazza proibit a. Di rigore, la pi assoluta discrezione; nessuno doveva venire a conoscenza del progetto. Cos le dissi in un soffio che non avevo paura; tutto quello che mi serviva era un consiglio su come far smettere il rumore nella mia testa. Malika mi consigli di stendermi supina, con la faccia rivolta al cielo, evitando di guardare oggetti i n movimento come le nuvole o gli uccelli, e di fissare lo sguardo su un punto fe rmo. Mi sarebbe bastato concentrarmi per un po su quel punto, e il mondo sarebbe ritornato alla normalit. Prima di stendermi, le lasciai istruzione di far sapere alla mamma che, nel caso fosse volont di Allh che io morissi l sulla terrazza, dov evo ancora ingenti somme di denaro a Sid Sussi, il re dei ceci tostati e delle no ccioline e mandorle alla griglia, che aveva una bancarella fuori della nostra sc uola coranica. Si veniva spediti all'inferno per direttissima, a detta della mae stra Lalla Tarn, se si arrivava all'altro mondo senza aver saldato tutti i debit i. Una buona musulmana paga sempre i suoi debiti e, viva o morta, tiene i suoi c onti in pari. La terrazza al di sopra di quella dove avevano luogo gli spettacoli era proibita perch priva di parapetti, e poteva bastare un falso movimento per cadere gi e sfracellarsi al suolo. Cinque metri pi alta della terrazza sottostante, quella proibita costituiva il tetto della stanz a dove viveva la zia Habiba. Non essendo concepita come luogo da frequentare, la terrazza non aveva scale di accesso; il solo mezzo ufficiale per arrivarvi era una scala a pioli, che aveva in custodia Ahmed il portinaio. Ma tutti in casa sa pevano che le donne inquiete e sofferenti di hem, una blanda forma di depression e, erano solite arrampicarsi lass per trovare la quiete e la bellezza necessarie a curarsi. Per hem si intende uno strano tipo di sofferenza, tutt'altra cosa rispetto a un mushkil, un problema. La donna che ha un mushkil conosce la ragione del suo soff rire. Ma chi soffre di hem, non sa cos' che non va: la causa del suo malessere, q uale che sia, rimane senza nome. Fortunato chi conosce la cagione del suo male era solita dire la zia Habiba - perch pu fare qualcosa per curarlo! Ma la donna c he soffre di hem non pu farci proprio nulla, pu solo starsene seduta in silenzio, con gli occhi spalancati e il mento affondato nel palmo della mano, come se il c ollo non ce la facesse a sostenere il peso della testa. Poich solo la quiete e la bellezza potevano curare le donne affette da hem, le po verette venivano spesso portate ai santuari su alte montagne, come Mawly Abdelsal am nel Rif, Mawly Buazza sui monti dell'Atlante, o in uno dei molti luoghi di rit iro che sorgevano sulle sponde dell'Oceano fra Tan-geri e Agadir. Nel nostro harem, eravamo fortunate, perch solo la cugina Sham a cadeva a volte preda del hem, e anche lei non ne era completamente in balia. D i solito, ne veniva colpita solo quando ascoltava uno speciale programma di Radi o Cairo, dedicato a Hud Sharw e ai progressi dei diritti delle donne in Egitto e Tu rchia. Allora, il hem si impadroniva di lei. La mia generazione sacrificata!, si l amentava. La rivoluzione sta liberando le donne in Turchia e in Egitto, e noi qui siamo lasciate in sospeso. Non siamo pi nella tradizione, ma ancora non godiamo i benefici della modernit; siamo sospese a mezz'aria, come farfalle dimenticate. O gni volta che Shama si lamentava cos, noi la circondavamo di hanan, cio di una tenerezza ill imitata e incondizionata, finch non si sentiva meglio. Il silenzio, la bellezza d ella natura e la tenerezza degli umani, sono gli unici rimedi per questo tipo di malattia. L'altra donna della casa che spesso si arrampicava segretamente sulla terrazza p roibita, era la zia Habiba. Cominci a servirsi della terrazza non appena venne a vivere con noi, dopo il divorzio. E fu lei che ci insegn come arrivare lass senza usare la scala a pioli. Noi bambini venimmo a conoscenza del segreto perch la zia aveva bisogno di noi, che tenessimo d'occhio il cortile e le scale, mentre lei procedeva alla difficile ascesa. La zia Habiba prendeva due delle grosse pertich e per stendere il bucato che si trovavano sulla terrazza bassa (e che di solito erano usate per asciugare il bucato pesante, come i tappeti e le coperte di lana

, che venivano lavate solo in agosto, quando il sole era pi caldo) e se ne serviv a a mo di scala. Non era un'operazione facile: per prima cosa, la zia Habiba fis sava le pertiche mettendole dentro giare di olive vuote, con dei cuscini in fond o ad attutire il rumore; poi, incrociava le cime dei pali, per creare un punto d 'appoggio dove posare il piede. Per raggiungere questo punto d'appoggio, ricavav a degli altri gradini con le casse di legno che erano sparse un po dappertutto s ulla terrazza. Con queste riusciva a sollevarsi di tre o quattro metri dal suolo , e poi il gradino finale, costituito dai pali incrociati, le permetteva di spin gersi sulla terrazza proibita. Non ci sarebbe mai venuto in mente un tale sistem a, se non avessimo visto la zia Habiba in azione. Le giare di olive erano essenziali all'operazione almeno quanto le pertiche. Le olive nere arrivavano in casa dalla campagna nel mese di ottobre, e, come prima operazione, venivano stipate in grossi recipienti di bamb, e coperte con pietre e manciate di sale marino, per farne uscire il succo amaro (le olive fresche sono troppo amare da mangiare). Dopo che il succo era stato spremuto tutto, le olive venivano tolte dai recipienti di bamb e messe dentro grosse giare di terracotta; quindi, si depositavano sulla terrazza, dove il sole avrebbe completato la prepa razione. Di tanto in tanto, la zia Habiba esponeva le olive all'aria aperta, spa rpagliandole su un lenzuolo in un angolo isolato della terrazza, e una volta che erano pronte e si presentavano belle raggrinzite, vi aggiungeva manciate di ori gano fresco e altre erbe, e le rimetteva al sicuro nelle giare. Per la fine di f ebbraio, le olive si potevano mangiare, e la squadra di donne che quel giorno er a di turno per la colazione, saliva a prenderne un bel secchio pieno. Le olive n ere mangiate con t alla menta forte, khl', 31, e pane fresco, costituivano una col azione deliziosa e molto comune. Io amavo la colazione, non soltanto per le olive salate, ma anche per via delle shahawat, che erano squisitezze fornite dagli eccentrici della popolazione del c ortile che avevano voglia di mangiare cose diverse da quelle che passava il conv ento. Dato che non si poteva mangiare davanti agli altri senza dividere, le shah awat trasformavano le colazioni in veri e propri festini. Gli eccentrici dovevan o fornire a ognuno di noi i loro cibi preferiti, e in quantit sufficiente per sod disfare tutti. Alcuni procuravano uova di anatra e tacchina, altri avevano vogli a di miele di eucalipto delle foreste della regione di Kenitra. Altri andavano m atti per le ciambelle, e ne portavano a dozzine da dividere democraticamente. I pi apprezzati degli eccentrici, comunque, erano quelli che procuravano strani fru tti fuori stagione, o formaggio salato del Rif, servito nelle foglie di palma. Ma torniamo alle olive. Sebbene noi bambini adorassimo mangiarle, ancor pi piacev ole era sapere che le giare si stavano rapidamente vuotando del loro contenuto. Usavamo le giare per ogni sorta di progetti: arrampicarsi sulla terrazza proibit a era uno; giocare a nascondino era un altro. Lo scopo di Samir e di Malika, quando si arrampicavano 31 Una specie di bacon marocchino, che consiste in carne di manzo seccata al sol e di luglio e agosto, e poi cucinata con olio d'oliva e grasso, aromatizzata con coriandolo secco e cumino. Come le olive, il khl' era fatto per durare tutto l'a nno, se correttamente preparato. sulla terrazza alta, era di approfondire le loro indagini sul tema dell'harem. M a con la nostra prima visita non andammo molto lontano. Una volta recuperato un ritmo di respiro regolare, fummo sopraffatti dalla quiete e dalla bellezza di qu el posto. Sedemmo immobili a guardare, cercando di non muoverci, perch eravamo co s vicini che il minimo movimento poteva dar fastidio agli altri. Anche aggiustarm i le trecce, fissandole indietro sulla testa, provocava lamentele da parte degli altri due. Poi Malika fece una domanda, una domanda piuttosto semplice: Un harem una casa dove un uomo vive con molte mogli?. Ognuno di noi se ne usc con una risp osta diversa. Malika disse che la risposta era s, perch era il caso della sua fami glia. Suo padre, lo zio Karim, aveva due mogli - sua madre Bib e la seconda mogli e Khnata. Samir disse che la risposta era no, perch ci potevano essere degli hare m senza che ci fossero pi mogli, come nel caso di suo padre, lo zio Al, o del mio. (Una feroce avversione per la poligamia era l'unica cosa che accomunava mia mad re e Lalla Radiya, la madre di Samir.)

La mia risposta alla domanda di Malika fu pi complessa. Dissi che dipendeva. Se p ensavo alla nonna Jasmina, la risposta era s. Se pensavo alla mamma, la risposta era no. Ma le risposte complesse suscitavano il risentimento dei miei interlocut ori, perch non facevano che peggiorare la nostra confusione, e cos sia Malika che Samir ignorarono il mio contributo e continuarono a discutere tra loro, mentre i o mi distraevo e contemplavo le nuvole che, sopra la mia testa, parevano farsi s empre pi vicine. Alla fine, Malika e Samir decisero che avevano cominciato con un a domanda troppo difficile. Dovevamo tornare alle origini, e farci la domanda pi sciocca di tutte: Un harem una cosa che hanno tutti gli uomini sposati?. Da qui, a vremmo potuto trovare la direzione giusta. Tutti e tre convenimmo che Ahmed il portinaio era sposato. Abitava proprio accan to al nostro portone in due camere minuscole, con sua moglie Lz e i loro cinque ba mbini. Ma quella casa non era un harem. Quindi non era il matrimonio a fare l'harem. Voleva forse dire, azzardai, che solo un uomo ricco poteva avere un harem? Mi sentii molto in gamba per aver sollevato la questione, e si rivel p roprio una bella domanda, perch tenne in silenzio Malika e Samir per un bel pezzo . Poi Malika, che abusava regolarmente del vantaggio che la sua et le conferiva, fece una domanda volgare e indecente che non ci aspettavamo: Forse che un uomo de ve avere qualcosa di grosso sotto la jallabiyya per potere mettere su un harem, e Ahmed magari ha solo un cosino piccolo piccolo?, ma Samir pose subito fine a qu ella linea d'indagine. Disse che ognuno di noi ha un angelo seduto sulla spalla destra, o su quella sinistra, il quale scrive ogni parola che diciamo in un gros so libro. Nel giorno del giudizio, quel medesimo libro verr attentamente esaminat o, le nostre azioni valutate, e alla fine solo i fortunati che non hanno nulla d i cui vergognarsi saranno ammessi in paradiso. Gli altri saranno scaraventati al l'inferno. Io non voglio essere messo in imbarazzo, concluse Samir. Quando gli chi edemmo dove aveva preso questa informazione, disse che la fonte era la nostra ma estra, Lalla Tarn. Al che decidemmo che, da quel momento in poi, avremmo limitat o le nostre speculazioni al campo del halal, il lecito, e cercai di togliermi da lla mente il possibile misterioso legame fra la misura del sesso di un uomo e il suo diritto a possedere un harem. La seconda volta che ci arrampicammo sulla terrazza proibita, eravamo molto pi ri lassati, sia perch l'altezza sembrava meno spaventosa, sia perch sapevamo che ci s aremmo attenuti al halal. La domanda stavolta era: Un harem pu avere pi di un padrone?. Era una ques tione difficile, una di quelle che ci facevano stare in silenzio, assorti nei no stri pensieri, per un bel po di tempo. Samir disse che in alcuni casi era possib ile; in altri no. Paragon il nostro harem a quello dello zio Karim, il padre di M alika: nell'harem di Malika c'era un solo padrone, mentre nel nostro, i padroni erano due; infatti, sia mio padre che lo zio Al potevano considerarsi padroni, an che se lo zio era un po pi padrone del babbo, perch era il pi vecchio dei due, e il primogenito. Per, tutti e due prendevano le decisioni, e ti davano o non ti davano il permesso di fare q uello che ti andava. Come diceva Jasmina, avere due padroni meglio che averne un o solo, perch se non riesci a ottenere un permesso da uno, puoi sempre rivolgerti all'altro. A casa di Malika, se suo padre non dava il permesso (o lo dava o non lo dava, non c'era spazio per le vie di mezzo), la cosa si faceva ben triste. Q uando Malika volle avere il permesso di tornare a casa con noi dopo la scuola co ranica, e restarci fino all'ora del tramonto, dovette chiederlo a suo padre per settimane intere. E lui non sentiva ragioni. Diceva che una bambina deve tornare a casa subito dopo la scuola. Alla fine Malika aveva chiesto rinforzi a Lalla M ani, a Lalla Radiya e alla zia Habiba, e solo le donne erano riuscite a far camb iare idea allo zio Karim, argomentando che la casa dello zio era la stessa cosa della casa paterna, e che, a parte questo, la bambina, in casa sua, non aveva ne ssuno della sua et con cui giocare, dato che i suoi fratelli e le sue sorelle era no molto pi grandi di lei. Pi padroni significava pi libert e pi divertimento. Questo era il caso della fattori a di Jasmina. Nonno Taz era la suprema autorit, naturalmente, ma due dei suoi figl i pi adulti, Hjj Salim e Hjj Jalil, prendevano decisioni come lui. Quando il nonno era assente, si comportavano come dei califfi, e spesso facevano di tutto per es

asperare Jasmina e le altre mogli. Jasmina, a sua volta, esasperava loro, afferm ando, per esempio, che il nonno Taz le aveva dato il permesso di andare a pescare , prima di partire quel mattino all'alba, un'affermazione che i due figli non av evano possibilit di confutare perch non si alzavano mai prima delle otto. Jasmina riusciva sempre a passarla liscia proprio perch si svegliava molto presto, e mi d iceva che, se volevo essere felice nella vita, anch'io avrei dovuto svegliarmi prima degli uccelli. Allora, diceva, la vita si sarebbe dispiegata davanti ai mi ei occhi come un giardino. La musica delle piccole creature avrebbe svegliato de ntro di me la gioia, e mi sarei seduta a pensare con calma come impiegare la gio rnata e compiere il mio prossimo passo in avanti. Se vuole essere felice, diceva , una donna deve riflettere molto, e in silenzio, per ore ed ore, sul modo di compiere ogni picco lo passo in avanti. Il primo passo riuscire a capire chi ha la sulta (autorit) su di te, diceva Jasmina. Questa l'informazione di base, ma di per s non sufficiente: una volta appurata la questione, si devono saper mescolare le carte, confondere i ruoli. la parte pi interessante del gioco; perch la vita un gioco. Guardala in q uesto modo, e potrai ridere di qualsiasi cosa. Sulta, autorit, gioco. Queste parol e chiave continuavano a tornarmi nella testa, e mi colp l'idea che forse l'harem stesso non era che un gioco. Un gioco fra uomini e donne che si temono reciproca mente e, pertanto, devono provarsi a vicenda quanto sono forti, proprio come fac evamo noi bambini. Ma non potei, quel pomeriggio, dividere questo pensiero con M alika e Samir, perch suonava troppo pazzesco: voleva dire che i grandi non erano diversi dai bambini. Quel giorno, quando scendemmo dalla terrazza, eravamo cos presi dalla nostra inda gine che neanche notammo le nuvole rosa che lentamente si allontanavano verso ov est, n facemmo caso ad altro. Non eravamo venuti a capo di nulla - anzi, eravamo pi confusi che mai, e ci precipitammo dalla zia Habiba per un aiuto. La trovammo assorta nel ricamo, col capo chino sul suo mrima, una cornice di legno orizzonta le usata per elaborati lavori di cucito. Il mrima era simile al grande telaio us ato dagli uomini, ma pi piccolo e leggero. Le donne vi sistemavano la stoffa in m odo che fosse ben tesa quando l'ago l'attraversava. Era un oggetto molto persona le, e ognuna adattava il suo in modo da non dover piegare troppo la testa. Il ri camo era essenzialmente un'attivit solitaria, ma le donne spesso si riunivano in gruppi, quando volevano chiacchierare un po o erano coinvolte in un progetto che richiedeva molto lavoro. Quel giorno, la zia Habiba stava lavorando tutta sola a un uccello verde con le ali d'oro. I grossi uccelli dalle aggressive ali spiegate non erano un disegno c lassico, e se Lalla Mani lo avesse visto, avrebbe detto che era un'innovazione o rribile, e che alla sua creatrice doveva essere volato via il cervello. Certo, gli uccelli apparivano nei ricami tradizionali, ma erano piccoli, e spesso total mente paralizzati, schiacciati tra piante giganti e grassi fiori fogliosi. Dato l'atteggiamento di Lalla Mani, la zia Habiba si dedicava a disegni canonici quan do ricamava gi nel cortile, e si teneva per s i suoi grandi uccelli alati nella su a stanza privata, quella con l'accesso diretto alla terrazza bassa. Io le volevo tanto bene. Era cos quieta, cos accondiscendente, in apparenza, alle esigenze del duro mondo esterno, eppure riusciva ancora ad aggrapparsi alle sue ali. Mi rass icurava circa il mio futuro: una donna poteva essere totalmente priva di potere, e tuttavia dare significato alla sua vita sognando di volare. Io, Malika e Samir, aspettammo che la zia Habiba alzasse la testa, e poi le espo nemmo il nostro problema e la confusione che ci prendeva ogni qual volta cercava mo di chiarirci la faccenda dell'harem. Dopo aver ascoltato attentamente, disse che eravamo presi in un tanaqud, o contraddizione. Essere presi in un tanaqud si gnifica che, per ogni domanda che si fa, si ottengono troppe risposte, e questo non fa che aumentare la confusione. E il problema che, quando si hanno le idee co nfuse, disse, non ci si sente molto in gamba. Comunque, continu, un requisito per di ventare adulti proprio imparare come comportarsi in caso di tanaqud. Il primo pa sso per i principianti sviluppare la virt della pazienza: bisogna accettare il fa tto che, per qualche tempo, a ogni domanda corrisponder un maggior grado di confu sione. Tuttavia, non c' ragione per cui un essere umano debba smettere di usare i l pi prezioso dono che Allh ci ha concesso - il 'aql, la ragione. E ricordate, aggiu

nse la zia Habiba, che nessuno, fino ad ora, ha inventato un modo per imparare senza fare domande Zia Habiba disse qualcosa anche a proposito del tempo e dello spazio, su come gl i harem cambino da una parte all'altra del mondo, e da un secolo all'altro. L'ha rem del califfo abba-side Harn al-Rashid, nella Baghdad del nono secolo, non avev a niente a che vedere con il nostro. Le sue jariya, o giovani schiave, erano don ne molto istruite, che ingoiavano libri di storia e religione pi svelte che potevano, in modo da essere capaci di intratt enere il califfo. Gli uomini di quel tempo, infatti, non apprezzavano la compagn ia di donne illetterate e incolte, e non era possibile attirare l'attenzione del califfo se non si era in grado di abbagliarlo con nozioni di storia, scienze e geografia, per non parlare della giurisprudenza. Questi argomenti erano l'ossess ione del califfo, che, fra un jihad (guerra santa) e l'altro, passava molto del suo tempo libero a discuterne. Per, aggiunse zia Habiba, i califfi abbasidi erano vissuti molti anni addietro. Ora, i nostri harem erano pieni di donne illettera te, il che dimostrava solo di quanto ci si fosse allontanati dalla tradizione. E per quanto riguarda prestigio e potere, i governanti arabi non avevano pi il ruo lo dei conquistatori, ma quello dei conquistati, oppressi com'erano dagli eserci ti coloniali. All'epoca in cui le jariya erano istruite, gli arabi stavano sulla vetta del mondo. Ora, invece, sia uomini che donne, del mondo si trovavano ai p iedi, ma il desiderio di istruirsi era gi un segnale che si stava per emergere da ll'umiliazione coloniale. Mentre lei parlava, io tenevo d'occhio Samir per veder e se capiva tutto quello che diceva. Ma anche lui aveva un'aria smarrita. La zia Habiba not la nostra inquietudine e disse di non preoccuparci, che non avevamo b isogno, non ancora, di immergerci nel tempo e nello spazio. Quel che contava, ad esso, era che, anche senza rendercene conto, stavamo facendo progressi. Al momen to, dunque, non ci rimaneva che procedere con la nostra missione. Una settimana dopo, durante la successiva seduta sulla terrazza alta, Malika tir fuori la questione degli schiavi. C' bisogno di schiavi per fare un harem? Samir disse che quella era una domanda pazzesca anche solo da farsi, perch nel nostro h arem, di schiavi non ce n'erano. Ma Malika replic subito che c'era Mina, che vive va con noi, e che era una schiava. Samir ribatt che la presenza di Mina era puram ente accidentale. Non aveva n marito, n figli, n altri parenti, e stava con noi solo perch non apparteneva a nessuno e non sapeva dove andare. Era maqt'a, cio tagliata dalle sue radici, come un albero morto. Anni prima, Mina era stata rapita dal nativo Sudan, a sud del Sahara, e venduta come schiava a Marrkesh. Poi era stata venduta e rivenduta, da un mercato all'altro, finch era finita in casa nostra com e cuoca. Poco tempo dopo, aveva chiesto a zio Al di esonerarla dai lavori domesti ci perch voleva ritirarsi sul tetto a pregare - il cortile era troppo affollato e rumoroso. E cos, ad eccezione dei mesi invernali, quando il vento freddo soffiav a dalle terre dei cristiani, Mina si accampava sulla terrazza bassa, e si volgev a in direzione della Mecca. XVII Mina, la senza radici Mina si accampava sulla terrazza bassa, il viso rivolto alla Mecca, e se ne stav a seduta su una pelle di pecora senza et, con la schiena appoggiata contro il mur o di ponente e sorretta da un cuscino di cuoio di Mauritania color zafferano. Lo zafferano era il suo colore. Portava un caffettano e un turbante giallo oro che davano un insolito splendore al suo volto nero e sereno. Era condannata a vesti rsi di giallo perch posseduta da un jinn straniero che le impediva di indossare a ltri colori. Per jinn si intende una razza di spiriti dotati di tremenda volont, che si impossessano delle persone e le costringono ad assecondare tutti i loro c apricci, come indossare solo colori ben precisi, o danzare su una certa musica, anche nei paesi dove la danza ritenuta sconveniente. La tradizione prescrive che un adulto rispettabile indossi solo colori discreti e che danzi di rado, e mai in pubblico. Lalla Mani diceva che solo i malvagi, i mezzi matti e i posseduti d anzano in pubblico, affermazione alla quale mia madre non finiva di stupirsi. A quanto le risultava, infatti, nel Marocco rurale si danzava allegramente durante

le feste religiose, con grandi girotondi di uomini, donne e bambini che si tene vano per mano e saltellavano fino al mattino. Lo faceva presente alla suocera, a ggiungendo che quelle stesse persone riuscivano, tuttavia, a produrre cibo a suf ficienza per nutrirci tutti. Credevo che dei pazzi non potessero far bene il loro lavoro, le rinfacciava, e Lal la Mani rintuzzava dicendo che quando si posseduti da un jinn, si perde ogni sen so dei hudd, i limiti, cio, che separano il bene dal male, quello che harem da que llo che baiai. Le donne possedute dai jinn saltano su per aria non appena sentono suonare il loro ritmo, disse, e agitano tutto il corpo senza vergogna, con mani e gambe che volano sopra la testa Dell'infanzia, Mina rammentava frammenti della sua lingua natale, ma il pi delle volte si trattava di canzoni che non avevano pi senso per nessuno, neanche per le i. A volte, Mina era sicura che la musica del tamburo dei jinn, quella che si su onava durante la hadra, ovvero la danza dei riti di possessione, le riportasse i n mente i ritmi conosciuti nell'infanzia. Ma altre volte non ne era poi tanto si cura. Per era in grado di descrivere alberi, frutti e animali che nessuno aveva m ai visto a Fez e che, a volte, si incontravano nei racconti della zia Habiba, sp ecialmente quando si attraversava il deserto con una carovana diretta a Timbuktu , e in quelle occasioni Mina chiedeva alla zia di approfondire. La zia Habiba, c he era analfabeta, e che aveva appreso queste cose ascoltando attentamente suo m arito leggere ad alta voce passi di storia e letteratura, chiamava Shama in suo soccorso. Shama allora correva al piano di sopra a prendere libri di consultazio ne scritti da geografi arabi. Cercava Timbuktu nell'indice e leggeva pagine e pa gine ad alta voce, perch Mina potesse ritrovare l'atmosfera della sua infanzia. L ei sedeva quieta ad ascoltare per tutto il tempo, anche se qualche volta chiedev a che un brano fosse riletto pi volte, specialmente quando si trattava della desc rizione di un luogo di mercato, o di un rione. Potrei imbattermi in qualcuno di m ia conoscenza, scherzava, con una mano davanti alla bocca per nascondere il timid o sorriso. Potrei incontrare mia sorella o mio fratello. Oppure potrebbe riconosc ermi un compagno d'infanzia. Poi si scusava per l'interruzione. Mina era maqt'a, cio vecchia e povera, ma era ricca di calore umano e di hanan. Il hana n una sorta di dono divino che trabocca come una fontana, versando tenerezza tut to intorno, senza badare se chi lo riceve qualcuno che si comporta bene e sta at tento a non infrangere i hudd di Allh. Solo i santi e altre creature privilegiate sono in grado di dare hanan, e Mina lo era. Non mostrava mai alcun segno di coll era, tranne quando un bambino veniva picchiato. Danzava una volta all'anno, durante la festa del Mawld, l'anniversario della nasc ita del Profeta, che la pace e la benedizione di Allh siano con lui. In quell'occ asione, in tutta la citt, si celebravano numerosi riti, dai pi ufficiali, ma splen didi, cori religiosi maschili nel magnifico santuario d Mawly Idris, alle ambigue hadra, o danze di possessione, che si tenevano in diversi quartieri. Mina partec ipava ai rituali organizzati nella casa di Sid Bilal, il pi abile e rinomato esorc ista di jinn dell'intera provincia di Fez. Come Mina, Sid Bilal era originario de l Sudan; e anche lui era arrivato in Marocco come schiavo privo di radici. Ma in seguito, vista la sua capacit di domare i jinn, i suoi padroni si erano messi in affari con lui. Le cerimonie di Sid Bilal non erano aperte a chiunque; occorreva un invito, per entrare in quella casa. I jinn tormentavano indifferentemente liberi e schiavi, uomini e donne. Tuttavia , sembravano reclutare pi facilmente le loro vittime fra i poveri e i deboli, e i poveri erano i loro pi fedeli devoti. Per i ricchi, la hadra poco pi di un diverti mento, spiegava Mina, ma per le donne come me, una rara opportunit di evadere, di e sistere in un modo diverso, di viaggiare. Per un uomo d'affari come Sid Bilal, nat uralmente, la rara presenza di donne appartenenti a famiglie d'alto rango era as solutamente vitale, anche per via dei costosi regali che gli portavano ogni volt a. La loro presenza e generosit erano apprezzate da tutti come espressione di sol idariet femminile, e c'era un gran bisogno del loro sostegno. I nazionalisti eran o scesi in campo contro le danze di possessione, dichiarandole contrarie all'Isl am e alla shar'a, la legge religiosa. E poich i capi delle famiglie pi in vista con dividevano le opinioni dei nazionalisti, le donne frequentavano le hadra di Sid B

ilal in assoluta segretezza. Poich anche mio padre e lo zio Al assentivano con tutto il cuore alle idee dei naz ionalisti, anche Mina si univa alla danza in segreto - un segreto per modo di di re, perch le donne e i bambini di casa ne erano ben a conoscenza, e praticamente tutto il cortile si recava con lei da Sid Bilal. I posseduti, infatt i, dovevano sempre avere qualche persona amica che li accompagnasse alla danza, perch dopo ore e ore di salti e di canti, spesso sveniv ano dalla stanchezza. Dato che Mina godeva di grande popolarit, tutti, in cortile , si dichiaravano suoi amici. In realt, amicizia a parte, eravamo irresistibilmen te attratti dall'evidente carattere sovversivo della cerimonia, durante la quale le donne danzavano a perdifiato, con gli occhi chiusi e i lunghi capelli fluttu anti a destra e a sinistra, come se avessero abbandonato ogni modestia e control lo sul corpo. Persino noi bambini riuscivamo ad andarci, minacciando di spiffera re tutto allo zio e a pap. Ricattare le donne adulte ci conferiva un notevole pot ere, e ci assicurava il diritto a prender parte a quasi tutte le cerimonie proib ite. La casa di Sid Bilal era grande quanto la nostra, anche se non aveva i nostri lus suosi pavimenti in marmo e le preziose decorazioni in legno. All'inizio della ce rimonia, centinaia di donne, tutte accuratamente abbigliate e truccate, erano al lineate in bell'ordine sui divani collocati lungo le quattro mura del cortile. S edute a braccetto, le donne si raggruppavano intorno alla loro mariyha, o la donn a che non poteva resistere al rh, il ritmo che la spingeva a danzare. Sid Bilal in persona stava al centro del cortile, in una fluente veste verde con pantofole e turbante di color zafferano, circondato da un'orchestra esclusivamente maschile costituita da tamburi, ghim-br (degli strumenti simili al liuto) e cembali. Le quattro sale intorno al cortile erano occupate dalle donne delle famiglie pi f acoltose, quelle che avevano portato i doni pi preziosi e che non volevano essere viste danzare, mentre le donne povere sedevano tutte in mezzo al cortile. Prezi osi vassoi da t in argento, con bicchieri in cristallo di Boemia di tutti i color i, e samovar di bronzo che sfrigolavano di acqua calda fumante, venivano prepara ti ai quattro angoli del cortile e nel mezzo di ogni salone. Poi, ci veniva chiesto di non muoverci pi. La regola essenziale, valida per tutte le c erimonie, sia religiose che profane, era che ognuno si trovasse un posto e riman esse l immobile, motivo per cui i bambini erano mal tollerati. Dato che eravamo n on meno di dieci bambini a sgattaiolare in casa dietro a Mina, la zia Habiba ave va istituito una regola semplice ma inflessibile: ognuno doveva scegliersi una pers ona adulta e sederle accanto, ma chi si alzava, e cominciava a correre qua e l, o cercava di parlare con gli altri bambini, o si rifiutava di tornare a sedere do po il terzo avvertimento, veniva accompagnato alla porta senza piet. Io non avevo problemi a rispettare la regola, tanto ero tranquilla e passiva, ma il povero S amir non arriv mai alla fine della cerimonia. Non riusciva a star fermo e seduto per cinque minuti di seguito. Una volta, arriv persino a gridare insulti a Sid Bil al mentre la zia Habiba lo scortava alla porta. L'anno dopo, la zia dovette cuci rgli un piccolo turbante per nascondergli i capelli ed evitare, cos, che il maest ro di cerimonia lo riconoscesse. All'inizio, l'orchestra di Sid Bilal suonava una musica lenta, cos lenta che le do nne continuavano a chiacchierare tra loro come se niente fosse. Ma poi, all'impr ovviso, i tamburi cominciavano a battere un ritmo bizzarro, tutte le maryhat balz avano in piedi, gettavano via i vari copricapo e le pantofole, si piegavano dall a vita in gi, e si mettevano a scuotere selvaggiamente i lunghi capelli - sembrav a quasi di vederli allungare a vista d'occhio, come se cercassero di sfuggire da qualunque cosa li tenesse compressi, mentre il collo oscillava da una parte e d all'altra. A volte Sid Bilal, spaventato dalla violenza dei movimenti e preoccupa to che le danzatrici potessero farsi male, faceva segno alla sua orchestra di ra llentare. Ma spesso, arrivati a quel punto, era gi troppo tardi, e le donne, igno rando la musica, continuavano la danza alla propria impetuosa velocit, come a ind icare che il maestro di cerimonia non aveva pi controllo su nulla. Era come se, p er una volta, le donne si fossero liberate di ogni pressione esterna. Molte di l oro avevano un lieve sorriso che aleggiava sul volto, e, con gli occhi semichius

i, davano l'impressione di emergere da un sogno incantato. Alla fine della cerim onia, le donne crollavano al suolo, completamente esauste e in stato di semiinco scienza. Allora le amiche le prendevano tra le braccia, si congratulavano con lo ro, spruzzavano loro in faccia dell'acqua di rose, e sussurravano cose segrete n ell'orecchio. Lentamente, le danzatrici tornavano in s e riprendevano i loro posti come se nulla fosse acca duto. Mina danzava lentamente, con il busto eretto e il capo che dondolava appena da d estra a sinistra. Reagiva soltanto ai ritmi pi dolci, e anche allora, danzava fuo ri tempo, come se a farla muovere fosse una musica che le veniva da dentro. Io l 'ammiravo per questo e per una ragione che ancora non comprendo. Forse perch ho s empre amato i movimenti lenti, e la vita, come la sogno io, una danza pacata, pr iva di frenesia. O forse perch Mina riusciva a combinare due ruoli apparentemente contraddittori - danzare con un gruppo, e al tempo stesso danzare controtempo a l proprio ritmo. Io volevo danzare come lei, ovvero insieme alla comunit, ma anch e al suono della mia musica segreta, scaturita da una profonda e misteriosa font e interiore, pi forte di tutti i tamburi, pi forte e, nel contempo, pi dolce e pi li beratoria. Una volta chiesi a Mina perch danzava cos piano quando quasi tutte le a ltre donne si muovevano con gesti bruschi, a scatti, e lei rispose che molte di loro confondevano il liberarsi con l'agitarsi. Vedi, ci sono donne in collera con la loro vita, disse, e quindi anche la loro danza diventa un'espressione di colle ra. Le donne in collera, diceva, sono ostaggi della loro rabbia. Non hanno modo d i fuggirla n di liberarsene, e questa una ben triste sorte. La peggiore prigione quella che ci si crea da soli. Secondo una leggenda, tutte le orchestre delle hadra dovevano essere composte es clusivamente da suonatori neri. Questi, si narra, erano venuti da un favoloso im pero chiamato Gnwa (Ghana), che si estendeva oltre il deserto del Sahara, e oltre i fiumi, gi nel sud, nel cuore del Sudan. Quando arrivarono al nord, non avevano con s altro bagaglio che i loro irresistibili ritmi e i loro canti ammaliatori, e fra le molte citt del Marocco, fu Marrkesh, la porta del deserto, quella che sce lsero come favorita. Tutti dicevano che Marrkesh, nota anche come Al-Hamr', o Citt dalle Mura Rosse, non aveva niente in co mune con la nostra Fez, che situata troppo a ridosso della frontiera cristiana e del Mediterraneo, ed spazzata, durante l'inverno, da venti freddi e amari. Marrk esh, invece, era in profonda sintonia con le correnti africane, e sentivamo dire cose meravig liose sul suo aspetto. Fra gli abitanti del cortile, non erano in molti ad aver visto Marrkesh, ma ognuno di noi sapeva una o due cose sul conto di quella mister iosa citt. Le mura di Marrkesh erano di un rosso fiammeggiante, e cos era la terra su cui si camminava. A Marrkesh faceva un caldo rovente, eppure c'era sempre della neve che splendeva dalle vette dei monti dell'Atlante. Nei tempi antichi, Atlante era un dio greco che viveva nel Mar Mediterraneo; era un titano che si batteva contro altri giganti, e un giorno, dopo aver perso un'importante battaglia, venne a nas condersi sulle sponde dell'Africa: quando si distese per dormire, pos la testa in Tunisia e allung i piedi fino a Marrkesh. Il "letto" era cos comodo che non si sve gli mai pi, e divent montagna. La neve visitava Atlante regolarmente ogni anno per mesi, e lui pareva felice di sentirsi i piedi bloccati nelle sabbie del deserto, e ammiccava ai passanti dalla sua regale prigione. Nella citt di Marrkesh si incontravano miti e leggende dei neri e dei bianchi, le lingue si mescolavano, e le religioni si scontravano, mettendo alla prova la lor o permanenza contro il silenzio intatto delle sabbie danzanti. Marrkesh era il lu ogo sconvolgente dove i pii pellegrini scoprivano che anche il corpo era un dio, e che tutto il resto, compresa l'anima e la ragione, con tutti i loro sacerdoti autoritari e solleciti esecutori, poteva sbiadire e scomparire del tutto, quand o i tamburi tagliavano l'aria. I viaggiatori riferivano che, quando la diversit d elle lingue non permetteva la comunicazione, a Marrkesh, la gente danzava. Mi pia ceva l'idea di una citt dove le danze prendessero il posto delle parole, ogni qua l volta queste fallivano nel creare legami. Era proprio questo che vedevamo accadere nel cortile di Sid Bilal, pensavo, quand

o le donne, rinnovate dalla forza di quelle antiche civilt, esprimevano nella dan za tutti i loro invincibili desideri. I loro jinn venivano da lontani paesi stra nieri, si insinuavano in quei corpi intrappolati, e cominciavano a parlar loro i n lingue arcane. A volte capitava che qualcuno individuasse un suonatore bianco nell'orchestra di Sid Bilal, che, in teoria, doveva essere un'autentica or chestra Gnwa, composta, quindi, di soli neri; in quel caso, le rispettabili signo re che avevano pagato per la cerimonia, cominciavano a lamentarsi. Come si fa a s uonare della musica Gnwa, e a cantare autentiche canzoni Gnwa, quando si bianchi c ome un'aspirina?, gridavano, furiose per l'organizzazione disastrosa. Sid Bilal te ntava di convincerle che, in alcuni casi, anche i bianchi potevano assorbire la cultura Gnwa, e apprenderne la musica e i canti. Ma quelle donne erano delle puri ste - gli orchestrali dovevano essere tutti neri e tutti stranieri. Meglio ancor a se i neri dell'orchestra parlavano l'arabo con accento forestiero; in caso con trario, non sarebbero stati nient'altro che neri locali capaci di battere su un tamburo. In effetti, grazie a secoli di viaggi e di commerci attraverso il deser to, Fez contava centinaia di neri locali che abitavano nella medina e che poteva no benissimo posare da distinti ospiti in visita provenienti dal prestigioso imp ero del Ghana. Ma i neri locali non facevano al caso, punto e basta; perch, anche se potevano ingannare le donne, di certo non avrebbero ingannato i jinn stranie ri. E questo avrebbe vanificato il fine stesso della cerimonia, che era quello d i comunicare con i jinn nei loro misteriosi idiomi. La danza, non era forse un s alto in mondi alieni? In ogni caso, le donne preferivano che ci fosse una vera o rchestra Gnwa perch non gradivano l'idea che uomini della medina le sbirciassero m entre erano assorte nelle loro danze. Preferivano esibirsi davanti a degli stran ieri, ignari delle leggi e dei codici di comportamento vigenti in citt. Era, pert anto, una fortuna che tutti gli orchestrali di Sid Bilal tenessero di norma la bo cca chiusa, quando non erano impegnati a suonare, cos non sorgeva la questione de ll'accento. A parte l'entusiasmo che accompagnava la cerimonia annuale a casa di Sid Bilal, per il resto dell'anno la vita di Mina scorreva ignorata da tu tti. Divideva una piccola stanza ai piani alti con altre tre anziane schiave - D ada Saada, Dada Rahma e ''ishata. Tutte e tre vivevano nella casa da molto prima che arrivassero mia madre e la madre di Samir. Al pari di Mina, non avevano un chiaro legame con la nostra famiglia, ma erano finite da noi quando i francesi misero in vigore il divieto della schiavit. La schiavit fin v eramente, diceva Mina, solo quando i francesi dettero agli schiavi la possibilit di ricorrere al tribunale per recuperare la libert, e i mercanti di schiavi furono condannati alla prigione o a pagare ammende. Solo quando intervengono i tribunal i, si pu mettere fine alla violenza. 32. Una volta liberate, per, molte schiave come Mina erano troppo deboli per lottare, troppo timide per sedurre, troppo esauste per protestare e troppo povere per ri tornare al paese d'origine. Oppure, erano troppo insicure di quello che avrebber o trovato una volta ritornate l. Tutto ci che volevano veramente era una stanza tr anquilla per distendersi e lasciare che gli anni passassero; un posto dove poter dimenticare tutto il procedere insensato dei giorni e delle notti, e sognare di 32 Mina si riferiva, probabilmente, ad una circolare dell'amministrazione france se, emessa nel 1922, che, superando il bando della pubblica vendita di schiavi ( in vigore da decenni in Marocco), diede alle vittime - gli schiavi stessi - l'op portunit di liberarsi portando in tribunale rapitori e compratori. Poco tempo dop o l'applicazione di tale norma, la schiavit in Marocco pot dirsi eliminata. Questo risultato appare tanto pi notevole, se si considera il fatto che, per decenni, d opo il bando internazionale della schiavit, i funzionari arabi vi si erano oppost i con una strenua resistenza. Solo quando le donne ebbero la legge dalla loro pa rte, e poterono facilmente citare i loro aggressori, avvenne il cambiamento. Pro prio come oggi accade con i diritti delle donne, che nei paesi islamici sono res pinti come aggressione dell'occidente ai valori musulmani, il bando contro la sc hiavit, promosso dalle potenze coloniali, fu avversato come violazione dell'Islam da molti governanti arabi, per tutto l'Ottocento e nel primo Novecento. Molti funzionari musulmani e portavoce dei membri delle classi al potere, si opp

osero al bando come ennesimo esempio di arroganza colonialista. Tuttavia, per am or di verit, una delle prime conquiste dell'Islam fu proprio la sua audace istanz a antischiavista. Il Profeta Muhammad incoraggi i suoi credenti nella Medina del settimo secolo a liberare i loro schiavi, come lui aveva liberato i suoi, arriva ndo a dare posizioni di potere al suo famoso schiavo Bilal e al figlio di questi , Usama. Ma quel retaggio storico non influenzava minimamente i leader arabi con servatori, che avversavano il bando della schiavit facendolo passare per attacco contro la umma, la comunit musulmana, esattamente la stessa cosa che oggi si fa nei riguardi dei diritti delle donne. fin troppo r isaputo che non si pu promuovere la democrazia di un paese senza l'emancipazione delle donne. L' avversione alla causa femminile equivale di fatto a un rigetto d ei principi democratici e dei diritti umani. un mondo migliore, in cui la strada della violenza e quella delle donne non si s arebbero mai incontrate. Ma mentre Dada Saada, Dada Rahma e ''ishata, come la mag gior parte delle parenti che vivevano ai piani alti, se ne stavano nelle loro st anze, Mina viveva tranquilla sulla terrazza. Dal momento che non divulgava segre ti (anzi, non parlava quasi mai, tranne che con noi bambini), la sua presenza no n disturbava nessuno, n i giovani che sgattaiolavano lass per spiare le ragazze de lla casa accanto; n le donne che ci salivano per bruciare candele magiche, o pegg io, per fumare le rare e peccaminose sigarette americane rubate dalle tasche di Zin e di Jawad; e neanche noi bambini che andavamo a nasconderci nelle giare vuote del le olive. Queste giare erano la mia passione segreta, e la mia morbosa attrazione per esse turb molte persone, tanto da convocare in tutta fretta uno speciale consiglio di famiglia. Io per non parlai, quando Lalla Mani, fungendo da presidente, mi doman d perch sentivo questo impellente bisogno di infilarmi dentro quelle enormi e buie giare vuote. Non dissi mai che la cosa aveva a che fare con il rapimento di Min a, perch se lo avessi fatto, lei ne sarebbe stata rimproverata. Mina godeva di un a straordinaria popolarit tra noi bambini, tanto che le madri andavano a chiederl e aiuto quando avevano difficolt a comunicare con i figli o le figlie. Io le vole vo molto bene, e non volevo metterla nei guai, soprattutto perch di guai ne aveva avuti gi tanti, quando era una bambina della mia et. Perch vedete, Mina fu rapita da piccola, un giorno che si era allontanata un po pi del solito dalla casa dei s uoi genitori. Fu afferrata da una grossa mano nera, e di quanto accadde subito d opo, ricordava soltanto una strada dove si trovava insieme ad altri bambini, e d ue feroci rapitori che brandivano lunghi coltelli. Mina rammentava fin troppo be ne il modo in cui tutto era accaduto - il modo in cui i rapitori tenevano lei e gli altri bambini nascosti durante il giorno, e si muovevano solo all'imbrunire, do po il tramonto del sole. Attraversando la foresta, per lei tanto amata e familia re, viaggiarono verso il nord finch non ci furono pi alberi, ma solo dune di sabbi a bianca. Se non hai mai visto il deserto del Sahara, diceva Mina, non te lo puoi i mmaginare. l che si vede tutta la potenza di Allh - che non ha nessun bisogno di n oi! Una vita umana conta cos poco, l nel deserto, dove solo le dune e le stelle po ssono sopravvivere. Il dolore di una bambina, l, un'assoluta nullit. Ma fu attrave rsando la sabbia che scoprii un'altra bambina che viveva dentro di me, una bambi na forte, e tesa a sopravvivere. Diventai una Mina diversa. Capii che tutto il m ondo mi era contro, e il solo bene che potevo aspettarmi doveva venire da me ste ssa, dal di dentro. Ai rapitori neri, che parlavano la sua lingua materna, si sostituirono ben prest o altri uomini chiari di pelle, che dicevano parole straniere per lei incomprens ibili. 33. Fino a quel momento, avevo creduto che in tutta la Terra si parlasse i l nostro dialetto, diceva Mina. La comitiva viaggiava silenziosa nella notte, e s i incontrava regolarmente, in luoghi prestabiliti, con amici dei rapitori che da vano loro da mangiare e li tenevano nascosti fino al tramonto successivo. Si rim ettevano in marcia sempre quando le sabbie scomparivano nel buio, e quasi nessun a creatura attraversava il loro sentiero. Gli avamposti francesi, sparsi qua e l nel deserto occupato, erano da evitarsi ad ogni costo, perch il commercio di schi

avi era gi stato dichiarato illegale. Un giorno attraversarono un fiume, e Mina, per qualche strana ragione, credette di vedere la sua amata vecchia foresta comparire all'orizzonte. Chiese a un'altr a bambina, rapita dal suo stesso villaggio, se anche lei vedeva la foresta, e qu el33 I mercanti di schiavi del posto consegnavano le loro vittime ai mercanti arab i, che continuavano il viaggio sulle consuete rotte verso il nord. Si vedano le mappe in E. W. Bovili, Th Golden Trade oftbe Moors (Oxford University Press, 1970 ), specificamente al capitolo 25, "The Last Caravans", p. 236 e 239. la rispose di s. Tutte e due pensarono che, per una magica serie di eventi, i rap itori avessero perduto la strada e stessero tornando indietro. Oppure che il lor o villaggio stesse venendo verso di loro. Ma fosse come fosse, a loro non import ava, e quella notte stessa le due bambine fuggirono, solo per essere nuovamente catturate qualche ora pi tardi. Bisogna stare attenti nella vita, diceva Mina, a non confondere i desideri con la realt. Noi lo facemmo, e lo pagammo caro. Quando Mina arrivava a questo punto della storia, la sua voce tradiva un tremito , e tutti quanti intorno a lei si mettevano a piangere angosciati, soprattutto q uando iniziava a descrivere i particolari. Staccarono il secchio del pozzo dalla fune, raccontava, e mi dissero che, se volevo restare in vita, dovevo aggrapparmi a un capo della fune e concentrarmi in silenzio, mentre loro mi calavano dentro il pozzo buio. La cosa orribile era che non potevo neanche permettermi di tremar e dalla paura, perch se lo avessi fatto, la fune mi sarebbe scivolata dalle dita, e sarebbe stata la fine. Qui Mina si interrompeva e singhiozzava piano. Poi si a sciugava le lacrime e continuava, mentre il pubblico piangeva con discrezione. Or a piango, diceva, perch mi brucia ancora il fatto che non mi avessero dato la possi bilit di avere paura. Sapevo che presto avrei raggiunto la parte pi fonda e pi scur a del pozzo, dove c'era l'acqua, ma dovevo reprimere quel sentimento terribile. Dovevo! Altrimenti avrei perso la presa. E cos continuavo a concentrarmi sulla co rda e sulle mie dita che la stringevano. C'era un'altra bambina con me, un'altra Mina che si scioglieva di paura mentre il suo corpo stava per toccare la fredda e buia superficie dell'acqua, piena di serpi e di cose viscide, ma dovevo disso ciarmi da lei per concentrarmi solo sulla fune. Quando mi tirarono fuori dal poz zo, rimasi cieca per giorni, non perch avessi perduto la vista, ma perch non mi in teressava pi guardare il mondo. Le storie di rapimenti da parte di mercanti di schiavi sono comuni nelle Mille e una notte, dove molte eroine che nascono principesse vengono rapite e vendute c ome schiave, mentre con le regali carovane si dirigono in pellegrinaggio alla Mecca. 34. Nessuna di queste storie, per, aveva su di me lo stesso effetto della discesa nel pozzo descritta da Mina. La prima volta che l'ascoltai ebbi degli in cubi, ma quando mia madre venne ad abbracciarmi e a portarmi nel suo letto, mi g uardai bene dal dirle che cosa mi avesse turbato. Lei e mio padre mi tennero str etta, mi baciarono e cercarono di capire quale fosse il problema, e per quale mo tivo non riuscissi a riprendere sonno. Ma io non dissi nulla del pozzo, perch tem evo che mi avrebbero impedito di ascoltare di nuovo la storia di Mina. E io avev o un gran bisogno di ascoltare di nuovo quella storia, e riascoltarla ancora, pe rch in quel modo anch'io avrei potuto attraversare il deserto e arrivare in salvo alla terrazza. Parlare con Mina era fondamentale: dovevo conoscere tutti i part icolari; dovevo saperne di pi; dovevo sapere come si fa a uscire dal pozzo. Vedete, non tutti nella casa erano d'accordo su cosa i bambini dovevano o non do vevano ascoltare. Molti membri della famiglia, come Lalla Mani, pensavano che ai bambini non facesse alcun bene sentir parlare di violenza. Altri, invece, dicev ano che prima imparavano, meglio era. Questi ultimi erano dell'idea che fosse es senziale insegnare ai bambini a proteggersi, a fuggire, e a non lasciarsi parali zzare dalla paura. Mina apparteneva a questa seconda schiera. Andare in quel pozz o, diceva, mi fece capire che, quando ci si trova nei guai, la cosa migliore da fa re impiegare tutte le forze a pensare che esiste un modo per uscirne. E allora i l fondo, il buco nero, diventa un trampolino da cui si pu saltare cos in alto da b attere la testa contro una nuvola. Capite cosa intendo?. S, Mina, pensavo, capisco ci che intendi, vedo bene Devo soltanto imparare a salta

re su in alto, cos da raggiungere le nuvole. Perci vado a infilarmi nelle giare di olive, 34 Una delle pi famose il rapimento della principessa Nuzhatu al-Zaman, nella Sto ria del re Ornar al-Numan e di suo figlio (traduzione del Burton, vol. 2). Il ra pimento ha inizio alla pagina 141 ed molto simile a quello di Mina. a prepararmi, a far le prove per le grandi paure che [verranno. E imparer a risplendere anch'io, come malgrado tutto tu risplendi la schiena cont ro il muro di ponente e il volto in direzione della Mecca, e tutto il tuo hanan, la tenerezza, che sgorga eternamente. Io sono sicura che la Mecca sa tutto di quel pozzo, dei rapitori, non credi anche tu, Mina?, le chiesi un giorno, Allh li avr puniti del male che hanno fatto. Allh li ha condannati e io - non cos? - non devo pi aver paura di nulla. Mina era molto ottimista e disse che no, non avevo nessuna ragione di temere. La vita sembra migliore per le donne, oggi, diceva, con i nazionalisti che vogliono l a loro educazione, e la fine della reclusione. Perch vedi, il problema con le don ne, oggi, che non hanno potere. E la mancanza di potere viene dall'ignoranza, da lla mancanza di istruzione. Tu diventerai una donna importante, non vero? Ne sar ei sconvolta, se non fosse cos. Devi solo concentrarti su quel piccolo tondo di c ielo che se ne sta sospeso sopra il pozzo. C' sempre un pezzetto di cielo verso c ui si pu alzare la testa. Allora, non guardare in gi, guarda in alto, su, su, su, e ne verremo fuori! Prenderemo il volo!. Dopo che Mina, cedendo alle mie insistenze, mi raccont pi volte della sua uscita d al pozzo, e dopo essermi esercitata, pi o meno regolarmente, a infilarmi dentro l e buie giare di olive, riuscii a superare tutte le mie paure, e non ebbi pi incub i. Scoprii di essere una creatura magica. Dovevo solo fissare gli occhi al cielo , mirare in alto, e tutto sarebbe andato per il verso giusto. Anche quando sono piccole cos, le ragazzine sono in grado di sorprendere i mostri. In effetti, quel lo che pi mi affascinava della storia di Mina era il modo in cui aveva sorpreso i suoi stessi rapitori: si aspettavano che strillasse, ma lei non lo fece. Pensav o che fosse una cosa molto intelligente, e le dissi che anch'io avrei saputo sor prendere un mostro, quando se ne fosse presentata la necessit. S, disse Mina, ma prima devi conoscerlo bene. Lei aveva avuto molto tempo per osservare i suoi rapitori, poich il viaggi o era durato settimane. Poi disse che quando si bloccati dentro un pozzo, si ha sempre la possibilit di scegliere se compiacere il mostro guardando in basso e ur lando, o sorprenderlo, guardando in alto. Se si vuole compiacerlo basta, appunto , guardare in basso, e pensare a tutti i serpenti e alle fredde creature che str isciano lente una sull'altra e che aspettano solo di impadronirsi di te. Se, inv ece, si sceglie di stupire il mostro, bisogna fissare gli occhi in alto, su quel la piccola goccia di cielo, ed evitare di emettere alcun suono. Allora, l'aguzzi no che ti sta guardando dall'alto vedr i tuoi occhi e ne sar spaventato. Penser che sei un jinn o due piccole stelle che brillano nel buio. L'immagine di Mina, la piccola Mina, quella cosina impaurita sperduta nella sabb ia tra gli estranei, che si trasforma in due stelle scintillanti, un'idea che no n ho mai dimenticato, una visione che mi ha accompagnato sempre, e che ancora og gi non mi abbandona; e ogni volta che riesco a trovare il silenzio necessario a visualizzarla, diventa dentro di me una fonte di speranza ed energia. Ma prima d ovetti allenarmi a uscire dal pozzo, e cos, per qualche tempo, il mio gioco prefe rito fu quello di saltare dentro buie giare d'olive vuote. Tuttavia, potevo indu lgervi soltanto quando un adulto si trovava nei paraggi, perch Samir era convinto che fosse un gioco troppo rischioso per dei bambini. Ogni volta che Mina mi aiutava ad uscire dal pozzo, ero cos contenta che tornavo a infilarmici ossessivamente, scivolando in una di quelle enormi e buie giare pe r le olive. Noi bambini usavamo le giare per giocare a nascondino, riparandoci d ietro a quelle per non farci vedere, ma anche, quando proprio volevamo toccare c on mano la paura, calandoci dentro a una qualsiasi. Una volta infilati nella gia ra, si correva il rischio di rimanere incastrati l dentro. E a quel punto, ci vol

eva l'aiuto di un adulto. Mina, che praticamente viveva sulla terrazza, con la s chiena contro il muro di ponente, ci guardava in silenzio giocare a quel gioco m orboso, aspettando che avvenisse la prossima catastrofe. Poi, quando cominciavamo a invocare aiuto, si alzava e veniva a fare capolino dalla bocca della giara. Non puoi aspettare che l a paura venga a cercarti, diceva, invece di correrle incontro? Ora calma, niente p anico. Ti tirer fuori in un attimo. Allora dovevi solo rilassarti, cercare di ripo rtare il respiro al ritmo normale, e focalizzare lo sguardo sul piccolo cerchio di cielo blu sopra di te. Ben presto, sentivi un rumore di piedi trascinati sul pavimento della terrazza, e la voce di Mina che sussurrava istruzioni di soccors o a Dada Saada, Dada Rahma e ''ishata. Subito dopo, ecco un miniterremoto, e la g iara veniva coricata per orizzontale, in modo che si potesse strisciarne fuori. Ogni volta che Mina veniva a soccorrermi, io le saltavo al collo e l'abbracciavo festosamente. Non mi stringere cos, mi scompigli il turbante, diceva. E cosa ti sar ebbe successo se fossi stata in bagno o impegnata nelle mie preghiere? Eh?. Allor a, affondavo il volto nel suo collo, e le giuravo che mai pi sarei rimasta incast rata in una giara per le olive. Quando vedevo che cominciava a intenerirsi e mi lasciava giocare con i capi del suo turbante, mi avventuravo a chiederle un favo re. Mina, posso stare in collo a te mentre mi racconti come sei uscita dal pozzo? Ma te l'ho raccontato un centinaio di volte! Che problema hai? L'essenziale lo co nosci: una bambina, piccola com', ha abbastanza energia dentro di s da sfidare i s uoi aguzzini, essere coraggiosa e paziente, e non sprecare il tempo a tremare e a piangere. Ti ho detto che il rapitore si aspettava che piangessi e gridassi. M a quando non ud alcun suono, e vide due tremule stelle fisse su di lui, mi tir su immediatamente. Non si aspettava un silenzio di sfida e uno sguardo tranquillo. Si aspettava che mi mettessi a urlare. Ma tu lo sai gi tutto questo! . Allora le g iuravo che questa era l'ultima volta che avrei avuto bisogno di farmi ripetere l a storia, e che con le giare l'avrei fatta finita per sempre. Fino alla volta dopo. XVIII Sigarette americane Giocare con le giare delle olive non era l'unica attivit proibita che si svolgeva sulla terrazza. Le adulte commettevano reati ben peggiori, come masticare gomme , dipingersi le unghie con lo smalto rosso, e fumare sigarette, sebbene queste u ltime due attivit si svolgessero di rado, data soprattutto la difficolt di reperir e tali articoli d'importazione. Reati pi comuni erano: accendere candele magiche per evocare il fascino del qabl (sex appeal), tagliarsi i capelli alla maschietto , facendosi la frangia per somigliare all'attrice francese Claudette Colbert, o progettare fughe nel mondo esterno per partecipare ai raduni nazionalisti che si tenevano in qualche casa privata o alla moschea di al-Qarawiyyin. Noi bambini a vremmo potuto mettere nei guai le colpevoli andando a raccontare a Lalla Mani, a mio padre o allo zio quello che avevamo visto: cos venivamo trattati con straord inaria indulgenza, e su quella terrazza godevamo di una posizione insolitamente privilegiata. Nessun adulto poteva farla da padrone con noi senza che lo minacci assimo di informare le autorit. Ed effettivamente queste, convinte che "i bambini dicono sempre la verit", ci davano molto credito, quando subodoravano qualcosa d i losco. Per questa ragione, tutti i trasgressori ci riservavano un trattamento da VIP, ricoprendoci di biscotti, mandorle tostate, e sfinj (ciambelle), n si sco rdavano, quando era pronto il t, di servirci per primi. Mina assisteva a queste manfrine in silenzio, raddoppiando le sue preghiere per salvare l'anima a tutti. Ma ci che pi incontrava la sua disapprovazione era l'abit udine dei giovani di casa di salire in terrazza a spiare le ragazze Bennis. Quello, diceva, era qu alcosa di assolutamente peccaminoso, una temeraria violazione dei hudd, i sacri c onfini. Vero che la giovent delle rispettive case non sconfinava mai nella terraz za altrui, ma le canzoni d'amore che in quella sede venivano cantate a voce alta , erano tali da farsi udire dai vicini. Shama, inoltre, era solita danzare, e lo stesso facevano le ragazze Bennis, riuscendo in tal modo a scolpire attimi fugg enti in cui l'amore adolescente e la gioia di vivere aleggiavano nell'aria, e da

vano al tramonto un'aura rosa di romanticismo. Ma il peggio del peggio, secondo Mina, era il fatto che giovanotti e signorine non si limitavano a guardarsi dall e terrazze, ma si scambiavano veri e propri sguardi d'amore. Sguardo d'amore era quello che si rivolgeva a un uomo tenendo le ciglia semichiu se, come quando si ha voglia di andare a dormire. Shama era bravissima a farlo, e stava gi ricevendo numerose proposte di matrimonio da promettenti rampolli di f amiglie nazionaliste, che l'avevano intravista mentre cantava Maghribun watanun (I l Marocco la nostra patria) alle manifestazioni in strada, o alle celebrazioni d ella moschea di al-Qarawiyyin per il rilascio dei prigionieri politici. Malika d isse che avrebbe considerato l'idea di insegnarmi a lanciare sguardi d'amore, se avessi promesso di cederle una parte consistente della mia porzione di biscotti , mandorle e sfinj. Anche Malika riceveva molte attenzioni dal sesso opposto, ov vero dai ragazzi della scuola coranica, e io non vedevo l'ora di conoscere il su o segreto. Finalmente mi rivel, su mia insistenza e tenendosi sul vago, che combi nava lo sguardo d'amore con la recita a mente di una formula per il qabl, presa d a un libro di incantesimi del medioevo, concepita, pare, proprio allo scopo di c atturare per sempre il cuore degli uomini che si desiderava conquistare. 35. Io ero estremamente interessata all'intera 35 Quello che in questa sede chiamo "libro di incantesimi" fa parte di un import ante genere letterario arabo, che ha a che fare con gli shif', i rimedi, e che fi or dal medioevo fino al diciannovesimo secolo. Ai margini del pensiero medico ara bo, esso consisteva in una combinazione di capitoli medico-scientifici (spesso collocati all'inizio del libro) con ricette e formule magiche molto dive rtenti, dalle maschere di bellezza e i trattamenti per il sex appeal, a metodi p er il controllo delle nascite, preparati afrodisiaci e cure per l'impotenza. Que i libri sono ancora oggi molto popolari. Disponibili sulle bancarelle dei tradiz ionali ambulanti, esercitano un fascino enorme sui bambini a causa delle loro ca rte con i talismani simbolici e la particolare calligrafia delle formule magiche . Per ulteriori informazioni vedi cap. 1 9, nota 37. faccenda, e cercai di far interessare anche Samir prendendo segretamente "in pre stito" uno dei libri di Shama; ma lui protest che mi stavo facendo coinvolgere tr oppo da questo nuovo affare dell'amore e della bellezza, e mi stavo dimenticando di tutti i nostri progetti e giochi. Compresi, dunque, che Malika rappresentava la mia unica possibilit di ottenere quelle agognate e vitali informazioni sulla bellezza e il sex appeal, che andavano facendosi di giorno in giorno pi important i. Tuttavia, non volevo darle l'impressione di essere disperata, e cos le dissi c he dovevo pensarci su, prima di prendere una decisione in merito ai biscotti. Gli adulti della terrazza ci trattavano - me e Samir - come se fossimo completam ente all'oscuro dell'amore e di come nascono i bambini, e come se non sapessimo quanto fosse importante farsi belli per attirare l'amore del sesso opposto. In u n paio di occasioni, Malika ci disse anche che l'amore era un affare tutt'altro che semplice, ed io, con grande attenzione, l'ascoltai tratteggiare le varie com plicazioni, chiedendomi tutto il tempo perch mai non mi facesse fretta sulla ques tione dei biscotti. Disse che la cosa pi difficile di tutta la faccenda non era f are innamorare qualcuno, ma far s che l'amore durasse. Perch l'amore ha le ali - v iene e va. Decisi allora che, per il momento, avrei semplificato le cose concent randomi sulla seduzione iniziale; del problema di far durare l'amore per sempre, mi sarei occupata in un secondo tempo. Per conquistarsi l'amore di un uomo, una donna doveva fare due cose. La prima av eva a che fare con la magia: si trattava di bruciare una candela durante la luna piena e cantare un incantesimo che tutte le ragazze, prima o poi, finivano per imparare. La seconda cosa che le toccava fare era, in realt, un processo complica to che durava nel tempo: doveva farsi bella, ovvero prendersi cura dei capelli, della pelle, delle mani, delle gambe e... Oh, sono certa di aver dimenticato qua lcosa. Ad ogni modo, secondo la zia Habiba non bisognava avere fretta; avevo un sacco di tempo per imparare tutto quello che c'era da sapere sulle tecniche di b ellezza. Io sapevo gi cosa fare per avere dei bei capelli, perch mia madre aveva deciso che i miei erano, per natura, orribili. Erano ricci e indisciplinati, e ne avevo in

quantit di molto superiore a quella ritenuta conveniente per una ragazza. Cos, un a volta alla settimana, la mamma metteva, in una mezza tazza d'olio d'oliva boll ente, due o tre foglie di tabacco fresco fatte arrivare in segreto, e a caro pre zzo, direttamente dai monti del Rif, dove c'erano grandi campi di tabacco. (In m ancanza di quello fresco, andava bene anche il tabacco secco da fiutare). Lascia va l'olio bollente a riposo per un po, con il tabacco dentro, e poi, pazientemen te, mi divideva i capelli in ciocche sottili e le strofinava una per una con l'u nguento cos ottenuto. Quindi li intrecciava e me li fermava in cima alla testa, p er impedirmi di sporcare il vestito, e dovevo stare attenta a non abbracciare o baciare nessuno, fino al momento di andare al hammam, il bagno pubblico. Una vol ta l, mia madre diluiva dell'henn nell'acqua calda e me lo strofinava su tutta la testa, prima di lavare via il tutto. Diceva che non ci si pu aspettare molto da u na donna che non si prende cura dei suoi capelli, e voleva che la gente si aspet tasse molto da me. Il lavaggio era la parte che pi mi piaceva, perch andare al hammam era un po come entrare in un'isola calda e nebbiosa. Prendevo in prestito dalla mamma la prezio sa ciotola turca d'argento, mi sedevo sulla sua stuoia siriana di legno e madrep erla, e mi lavavo i capelli come faceva lei. Usavo la ciotola per attingere dal secchio l'acqua calda che sgorgava dalla gigantesca fontana, e mi versavo l'acqu a su tutta la testa. Mi fermavo solo quando la mamma sentiva altre persone lamen tarsi perch il mio henn si spargeva dappertutto e finiva negli occhi dei vicini. I o lasciavo il hammam senza degnare mai di uno sguardo i miei detrattori, e me ne andavo sentendomi bella come la pr incipessa Budr. Frequentare il hammam del vicinato, con i suoi pavimenti di marmo bianco e i sof fitti di vetro, era un tale divertimento che un giorno, mentre sguazzavo, decisi che dovevo assolutamente trovare il modo di averne uno con me dovunque andassi - insieme alla mia amata terrazza - una volta divenuta adulta. Il hammam e la te rrazza erano i due aspetti pi piacevoli della vita dell'harem, diceva la mamma, e la sola cosa che valesse la pena di mantenere. Voleva che io studiassi molto, p rendessi un diploma e diventassi qualcuno, e costruissi una casa tutta per me co n un hammam al primo piano e una terrazza al secondo. Allora le chiedevo dove av rei vissuto e dormito, e lei mi rispondeva: Ma sulla terrazza, mia cara! Puoi far ti un tetto di vetro mobile da usare quando fa freddo o quando vai a dormire. Co n tutte le cose nuove che inventano i cristiani, per quando sarai cresciuta si p otranno comprare le case con i soffitti in vetro mobili. Viste dall'harem, le pos sibilit di rendersi la vita pi piacevole parevano infinite - le pareti sarebbero s comparse, e le avrebbero sostituite delle case con i soffitti fatti di vetro. Im prigionate dietro a delle mura, le donne misuravano coi passi il loro spazio ris tretto, e intanto sognavano orizzonti illimitati. Ma torniamo alle sigarette e alle gomme da masticare. A noi bambini non importav a molto delle sigarette, ma ci piacevano quelle gomme da masticare diabolicament e saporite. Tuttavia, di rado riuscivamo ad averne un pezzetto, perch i grandi se le tenevano per s. La nostra unica possibilit era di venire coinvolti in qualche operazione illecita, come quando Shama voleva che andassimo a prendere una lette ra dalla sua amica, Wasila Bennis. Io e Samir sapevamo che quelle lettere erano in realt del fratello di Wasila, Sbadii. Questi era innamorato di Shama, ma noi n on dovevamo saperlo. Ad ogni modo, pap e lo zio non approvavano che ci fosse tutt o questo andirivieni fra le nostre due case, sia perch i Bennis avevano molti fig li maschi, sia perch la signora Bennis era una tunisina di origini turche, e pert anto estremamente pericolosa. Era una che metteva in pratica le idee rivoluzionarie di Kemal Ataturk, 36, guid ava a capo scoperto la nera Oldsmobile di suo marito, proprio come una donna fra ncese, e portava i capelli tinti color biondo platino con un taglio alla Creta G arbo. Tutti convenivano che la signora Bennis non apparteneva veramente alla med ina. Eppure, ogni volta che usciva per la citt vecchia - e usciva molto spesso si vestiva secondo i dettami della tradizione, con tanto di velo e jallabiyya. D avvero, si sarebbe potuto dire che la signora Bennis viveva due vite - una nella Ville Nouvelle, o la citt europea, dove se ne andava a passeggio senza il velo; e l'altra nella medina tradizionale. Era questa idea di una doppia vita che ecci

tava tutti, e rendeva la signora Bennis una celebrit. Vivere in due mondi era molto pi attraente che vivere in uno solo. L'idea di pote r oscillare fra due culture, due personalit, due codici e due lingue, affascinava tutti quanti! Mia madre voleva che fossi come la principessa 'isha (la figlia ad olescente del nostro re Muhammad V, che teneva pubblici discorsi sia in arabo ch e in francese), la quale indossava indifferentemente dei lunghi caffettani e dei corti vestiti alla francese. E in verit, a noi bambini, il pensiero di passare d a una lingua all'altra pareva un incantesimo simile a delle porte che si aprono da sole per magia. Questa abilit era apprezzata molto anche dalle donne, ma non d agli uomini; per loro era assolutamente perniciosa, e mio padre, in particolare, non aveva simpatia per la signora Bennis, perch secondo lui faceva passare le tr asgressioni per fatti naturali. Saltava con troppa facilit da una cultura all'alt ra, senza il minimo riguardo per i hudd, i sacri confini. E cosa c' di sbagliato in questo?, gli chiese Shama, una volta. Mio padre replic che il 36 La Turchia aveva subito un grande rivolgimento politico e culturale, con l'av vento della Repubblica di Turchia nel 1923, ad opera del suo primo presidente, l 'eroe nazionale Kemal Atatrk. Il suo governo abol numerose istituzioni tradizional i, come gli harem e la poligamia, l'uso del fez da parte degli uomini e, in misu ra minore, l'uso del velo per le donne (che divenne facoltativo). Seguirono dell e aggressive riforme economiche e sociali; alle donne fu garantito il diritto di voto nel 1 934. Kemal Atatrk mor ancora in carica nel 1938.

confine aveva la funzione di proteggere l'identit culturale, e che se le donne ar abe si fossero messe a imitare le europee nel vestire provocante, fumare sigaret te, e andarsene in giro a capo scoperto, una sola cultura sarebbe rimasta in vit a, e la nostra sarebbe morta. Se cos, ribatt Shama, allora com' che i miei cugini mas hi se ne vanno in giro vestiti come tante imitazioni di Rodolfo Valentino, con i capelli tagliati al modo dei soldati francesi, e a loro nessuno si sogna di gri dare che la nostra cultura sta scomparendo?. Ma la sua domanda non ottenne rispos ta. Mio padre, che era un uomo pragmatico, era convinto che la vera minaccia, quella mortale, non ci veniva dai soldati dei paesi del nord, ma dai loro affabili ven ditori che spacciavano prodotti dall'aspetto innocente. Pertanto organizz una cro ciata contro le gomme da masticare e le sigarette Kool. Per quel che lo riguarda va, fumare una lunga, sottile e bianca sigaretta Kool equivaleva a sradicare sec oli di cultura araba. I cristiani vogliono trasformare le dignitose case musulman e in piazze di mercato, era solito dire. Vogliono che compriamo questi loro prodot ti velenosi e di nessuna utilit, per trasformare un'intera nazione in bestiame ru minante. Invece di pregare Allh, la gente si riempie tutto il giorno la bocca di quella schifezza. Regrediscono all'infanzia, quando la bocca deve essere sempre tenuta occupata. L'insistenza di mio padre sui pericoli delle sigarette - diceva che erano peggio di tutte le pallottole francesi e spagnole - mi faceva vivere c on disagio il fatto di tenerlo sempre all'oscuro circa le attivit della terrazza. Io non volevo tradire la sua fiducia. Mi amava molto e si aspettava che non men tissi mai. Ma, nei fatti, erano veramente poche le sigarette che giravano per la casa, perch procurarsele non era impresa facile. N le donne n i giovanotti avevano molti soldi in tasca, e quindi i loro acquisti erano rari. La compravendita di merci nell'harem era sotto il controllo dei maschi adulti. Noialtri ci limitavam o a consumare quello che passava il convento. Non godevamo del privilegio di sce gliere, decidere e comprare. Cos comprare qualcosa, anche solo delle sigarette, r ivelava l'esistenza di denaro clandestino. Ragion di pi, per mio padre, di indagare su chi potesse essere il re sponsabile di tale contrabbando. Dal momento che i soldi scarseggiavano, avere un intero pacchetto di sigarette s ulla terrazza era cosa molto insolita. Il pi delle volte, gli adulti se ne procur avano una o due, e le fumavano in cinque o sei. Non era questo, per, che contava, perch l'importante era il rituale, non la quantit. Prima, si introduceva la sigar etta in un bocchino, meglio se lungo. Poi, si prendeva il bocchino fra due dita tese, si chiudevano gli occhi e si tirava una boccata, sempre ad occhi chiusi. P oi si aprivano gli occhi e si guardava la sigaretta fra le due dita come se foss

e una sorta di apparizione magica. E la mossa successiva consisteva nel passarla alla persona seduta accanto, che a sua volta la passava al vicino, finch l'inter o cerchio ne avesse avuto una boccata. Oh! quasi mi dimenticavo del silenzio: l' intera operazione doveva svolgersi senza il minimo rumore, come se il piacere pa ralizzasse la lingua. A volte, io, Malika e Samir imitavamo i grandi, usando uno stecchino al posto della sigaretta, ma sebbene copiassimo ogni piccolo gesto, n on riuscivamo a imitare quel silenzio. Per quel che ci riguardava, era la parte pi difficile del rituale. Le gomme da masticare e le sigarette ci erano arrivate tramite gli americani, at terrati all'aeroporto di Casablanca nel novembre del 1942. Per anni, dopo la lor o partenza, gli americani seguitarono a tornare nelle nostre conversazioni, perc h tutto quello che li riguardava era un mistero dall'inizio alla fine. Erano appa rsi dal nulla, quando nessuno li aspettava, e avevano stupito tutti quanti, dura nte la loro breve permanenza. Chi erano mai quegli strani soldati? E cosa erano venuti a fare? N io n Samir, e nemmeno Malika, riuscivamo a districare questi mist eri. Tutto quello che sapevamo per certo, era che gli americani erano cristiani, ma erano diversi dai soliti che scendevano dal nord per farci la guerra. Che ci crediate o no, gli americani non vivevano al nord, ma in una certa isola remota dell'ovest che si chiamava America, motivo per cui erano arrivati qui a bordo d i navi. Riguardo al modo in cui avevano raggiunto la loro isola in prima istanza , le opinioni non erano concordi. Secondo Samir era andata cos: mentre oziavano su una barca al largo delle coste spagnole, una corrente li aveva presi e li aveva portati al d i l del mare. Malika diceva che erano andati in quell'isola in cerca d'oro, si er ano perduti, e quindi avevano deciso di stabilirsi l. In ogni caso, non potevano raggiungere i posti a piedi, come tutti gli altri, ma dovevano volare o prendere la nave ogni volta che si annoiavano o volevano far visita ai loro cugini crist iani, francesi e spagnoli. Ma non dovevano essere cugini di primo grado, perch i francesi e gli spagnoli erano piuttosto bassi e avevano dei baffi neri, mentre g li americani erano molto alti e avevano diabolici occhi azzurri. Come narrava Hu sayn Slw, il cantante folk di Casablanca, al loro arrivo, gli americani avevano sp aventato molti abitanti della citt, con le loro uniformi da combattimento, le spa lle larghe due volte quelle dei francesi, e il fatto che, fin dal loro arrivo, l a prima cosa che fecero fu correre dietro a tutte le donne. Husayn Slw intitol quel la canzone Al- 'ayn ai-zarq' jan b-kull khayr (Gli uomini dagli occhi azzurri ci ha nno portato ogni sorta di "ben di Dio"), e la zia Habiba ci spieg che era un tito lo ironico, perch gli uomini di Casablanca furono veramente sconvolti da quegli s tranieri. Non solo gli americani davano la caccia alle donne ogni volta che dall e banchine ne individuavano una, ma le riempivano anche di regali velenosi, come gomme da masticare, borsette, sciarpe, sigarette e rossetti. Tutti dicevano che gli americani erano venuti in Marocco per combattere qualcuno , ma io e Samir non sapevamo chi. Qualcuno disse che erano venuti per combattere gli alemanni (i tedeschi), quei guerrieri che ce l'avevano con i francesi per v ia del colore dei capelli. I francesi, cos pareva, avevano invitato gli americani a unirsi alla guerra, per aiutarli a battere gli alemanni. Ma una simile spiega zione presentava un grosso problema: non c'era un solo alemanno in tutto il Maro cco! Samir, che aveva viaggiato spesso con lo zio e pap, giurava che in tutto il regno non aveva mai visto l'ombra di un alemanno. Ad ogni modo, tutti erano felici che gli americani non fossero venuti per fare la guerra a noi. Alcuni arrivavano a dire che gli americani eran o gente cordiale e passavano gran parte del loro tempo praticando sport, nuotand o, masticando gomme e gridando O.k. a tutti quelli che vedevano. O.k. era il loro sa luto, l'equivalente di Al-Salam 'alaykum (Pace a voi). In verit, le due lettere O e K stavano in luogo di parole pi lunghe, ma gli americani avevano l'abitudine d i abbreviare le frasi in modo da poter tornare presto a masticare la gomma. Era come se noi ci salutassimo dicendo un breve Sa, invece di pronunciare per esteso A l-Salam 'alaykum. L'altra cosa intrigante sul conto degli americani era che fra loro c'erano dei n eri. C'erano americani dagli occhi azzurri e c'erano americani neri, la qual cos a riempiva tutti di stupore. L'America era cos lontana dal Sudan, il cuore dell'A

frica, e solo nel cuore dell'Africa si trovavano i neri. Mina ne era sicura, e t utti concordavano con lei. Allh aveva dato a tutti i neri una grande terra di fit te foreste, fiumi abbondanti e bei laghi, appena pi a sud del deserto. E allora d a dove mai venivano questi americani neri? Avevano forse degli schiavi, gli amer icani, come gli arabi di una volta? Che ci crediate o no, quando facemmo questa domanda a mio padre, lui rispose di s, gli americani avevano avuto degli schiavi, e quegli americani neri erano certamente dei cugini di Mina. I loro antenati er ano stati rapiti molto tempo fa, e portati in America a bordo di navi per lavora re in grandi piantagioni. Ma ora le cose erano cambiate, disse mio padre. Ora, q uel lavoro veniva fatto dalle macchine, e la schiavit era stata drasticamente abo lita. Comunque, non riuscivamo a immaginare il motivo per cui, al contrario degli arab i, i bianchi e i neri americani non si erano mischiati fra di loro e non erano d iventati di pelle marrone, cosa che di solito accade quando in un popolo convivo no bianchi e neri. Perch i bianchi americani sono ancora cos bianchi, chiedeva Mina, e i neri cos neri? Non si sposano tra loro?. Quando finalmente il cugino Zin racco lse informazioni a sufficienza per rispondere alla sua domanda, venne fuori che davvero gli americani non si sposavano mai tra loro. Anzi, badavano bene a tener e le razze separate. Le loro citt erano divise in due medine, una per i neri e una per i bianchi, com' era a Fez per gli ebrei e i musulmani. Ci ridemmo sopra un bel po, sulla terrazz a, perch in Marocco chiunque avesse voluto separare la gente secondo il colore de lla pelle, si sarebbe trovato in seria difficolt. La gente si era mischiata tanto che andava dalla tinta del miele e delle mandorle, a quella del caffellatte, fi no alle innumerevoli sfumature del cioccolato. Anzi, capitava che nella stessa f amiglia ci fossero fratelli e sorelle dagli occhi azzurri e fratelli e sorelle d i pelle scura. Mina era veramente stupita all'idea di separare la gente secondo la razza. Sappiamo che Allh ha separato le donne dagli uomini per controllare la p opolazione, diceva, e sappiamo che Allh ha separato le religioni, cos che ciascun gr uppo pu dedicarsi alle sue preghiere e invocare i suoi profeti. Ma a che scopo se parare i neri dai bianchi?. Nessuno era in grado di risponderle. Era un mistero c he andava ad aggiungersi agli altri. Ma in realt, alla fine, il pi inquietante di tutti i misteri restava il perch gli a mericani erano approdati a Casablanca. Un giorno, ero cos stanca di cercare rispo ste al quesito, da dire a Samir che forse, dopo tutto, erano venuti solo per far e una gita, cos, tanto per vedere Casablanca, perch magari pensavano fosse un'isol a, senza abitanti. Samir ne fu sconvolto e mi inform che se avevo intenzione di s cadere nel ridicolo, avrebbe abbandonato la discussione. Lo pregai di non farlo, e per ammorbidirlo gli dissi che ero sicura che ci fosse di mezzo una seria ragi one politica, come diceva pap, per cui gli americani erano approdati a Casablanca. Quindi suggerii di considerare attentamente tutti gli elementi della situazione . Mentre dicevo questo, dentro di me pensavo che ultimamente avevo avuto molte dif ficolt con Samir; era diventato serio all'improvviso, tutto doveva essere politic o, e tutte le volte che non ero d'accordo con lui, tirava in ballo la storia che non lo rispettavo pi. Cos mi vedevo costretta a scegliere se assecondarlo e censu rare le mie idee, o prendere la decisione di rompere la nostra amicizia. Natural mente non avevo mai preso in seria considerazione quest'ultima alternativa, perch ero intimorita all'idea di dover affrontare gli adulti da sola. Ogni volta che volevo ottenere qualcosa, o inscenare una rivolta, bastava che sussurrassi l 'idea a Samir, e ci pensava lui a piantare un inferno. Dopo di che, tutto quello che dovevo fare era sedermi accanto a lui, assisterlo quando aveva bisogno di u n incoraggiamento, e congratularmi con lui quando riusciva nell'intento. Prendia mo per esempio il mistero degli americani. Credevo che si sarebbe divertito all' idea di guerrieri che partono in nave da un'isola lontana solo per farsi una git a, ma cos non fu. Continui a fare confusione tra le cose, disse, tutto in ansia per il mio futuro. Una guerra una guerra; una gita una gita. Tu eviti sempre di guar dare la realt, perch ti spaventa. Quello che fai pericoloso, perch potresti andare a letto pensando che i guerrieri sono a Casablanca per guardare i fiori e cantar e con gli uccelli, e invece magari stanno venendo a Fez per tagliarti la gola. A

nche Malika, che molto pi grande di te, dice queste stupidaggini. Penso che sia u n problema delle donne. Io rimasi in silenzio di fronte a queste parole enigmatic he, perch quello che aveva detto mi suonava al tempo stesso bizzarro e giusto. Il pi grosso problema che avevamo con gli americani era in realt il problema del n emico. Dal momento che non c'erano alemanni in vista, perch gli americani erano v enuti a Casablanca? Dopo lunghe discussioni, Samir se ne usc con una spiegazione che mi parve molto sensata. Disse che forse era come un gioco da bambini, e gli americani erano sbarcati a Casablanca per ingannare i tedeschi, proprio come noi ci nascondiamo dentro le giare delle olive per ingannarci a vicenda. Il Marocco era la giara di olive degli americani. Si stavano nascondendo qui, e pi tardi si sarebbero insinuati furtivamente al nord per attaccare gli alemanni. Pensai che Samir era stato molto in gamba ad avere questa idea, e desiderai di poter andar mene in giro come lui, che era cos in gamba proprio perch andava in giro con lo zi o e pap. Sapevo che se ci si muove, la mente lavora pi svelta, perch vede continuam ente cose nuove alle quali costretta a reagire. E di certo, in questo modo, si d iventa pi intelligenti di chi sta rinchiuso in un cortile. Anche la mamma ne era del tutto convinta, e sosteneva che la ragione principale per cui gli uomini tenevano le donne sotto chiave, era impedire loro di farsi troppo sveglie. Correre per tutto il pianeta fa correre anche il cervel lo, disse mia madre, e mettere il cervello a riposo l'idea che sta dietro alla pra tica di mura e serrature. Aggiunse che l'intera crociata contro le gomme da masti care e le sigarette americane era, di fatto, anche una crociata contro i diritti delle donne. Quando le chiesi di spiegarsi meglio, disse che sia fumare le siga rette che masticare le gomme erano delle attivit stupide di per s, ma gli uomini v i si opponevano perch davano alle donne l'opportunit di prendere decisioni per con to proprio, decisioni che non erano regolate dalla tradizione o dall'autorit. Quin di, vedi, concluse mia madre, una donna che mastica una gomma compie in realt un ge sto rivoluzionario. Non per il semplice atto del masticare in s e per s, ma perch n essun codice le prescrive di farlo. XIX Baffi e seni La terrazza era territorio delle donne, e gli uomini non vi erano ufficialmente ammessi. Questo soprattutto perch, proprio tramite le terrazze, le case comunicav ano l'una con l'altra: bastava arrampicarsi e saltare, tutto qui. E come avrebbe ro potuto gli harem esseri luoghi sicuri, se agli uomini fosse stato permesso di vagare da una terrazza all'altra? I contatti fra i sessi sarebbero avvenuti fin troppo facilmente. Di certo, un contatto di sguardi fra i miei cugini maschi e le figlie dei vicini avveniva, soprattutto in primavera e d'estate, quando i tramonti sulle terrazze erano dei veri spettacoli. I giovani non sposati di entrambi i sessi avevano l' abitudine di indugiare lass, quando il tempo era bello, per godersi gli incompara bili tramonti di Fez, che, pazzi di nuvole rosse e violacee, spiegavano magiche ali nel cielo. Lass, i passeri intrecciavano danze su danze, come in preda a una frenesia. Shama era sempre l, insieme alle sue due sorelle maggiori, Salima e Zub ayda, e i tre fratelli grandi, Zin, Jawad e Shakib. In teoria, i suoi fratelli n on dovevano mai mettere piede in terrazza, perch da l si poteva guardare dritto ne lla casa dei Bennis, e nella famiglia Bennis vi erano molte ragazze da marito, c ome pure diversi giovani scapoli. Ma n i giovani Mernissi n i giovani Bennis erano ligi alle regole, e nelle sere d'estate si radunavano tutti sulle loro romantic he terrazze imbiancate a calce, tanto vicine alle nuvole. Ogni famiglia se ne re stava sulla sua terrazza, ma le occhiate e i sorrisi si incrociavano, sconfinava no, e l'aria era satura di desideri peccaminosi. I giovani pi dotati cantavano le canzoni di Asmahan, Abdelwahhab, o Farid, tutti gli altri trattenevano il respiro. Un giorno, a scuola, durante una lezione di biologia dedicata a quel miracolo ch e Vinsan (l'essere umano, la pi perfetta delle creature di Allh), Lalla Tarn ci sp ieg come fanno i ragazzi e le ragazze a diventare uomini e donne che possono aver e bambini. Quando si raggiunge l'et di dodici o tredici anni, disse, o forse anch e prima, la voce dei maschi si fa pi grossa, sulle loro facce compaiono i baffi,

e all'improvviso ecco che diventano uomini. (Quando Samir lo seppe, si disegn un baffo nero come il carbone sopra il labbro superiore, usando del kohl che io ste ssa avevo rubato per lui dalla ben fornita scatola dei trucchi di mia madre.) Qu anto a noi ragazze, ci si sarebbero sviluppati grandi seni e avremmo avuto quell o che in arabo viene chiamato haqq al-shahr (alla lettera, "il tributo mensile") , che, ci spieg, era come una diarrea di sangue. Non faceva male, era del tutto n aturale, e quando fosse accaduto, non avremmo dovuto spaventarci. Durante il per iodo di haqq al-shahr avremmo portato un gheduar (un assorbente) fra le gambe, c os da tenere tutto quanto ben discreto. Quando tornai da scuola, quel giorno, la prima cosa che feci fu chiedere alla mamma ulteriori dettagli circa il gheduar. Lei, sulle prime, ne rimase scioccata. Poi cominci a farmi un terzo grado per sap ere da chi avevo avuto, tanto precocemente, quell' informazione. Al sentire che era stata nientemeno che Lalla Tarn, la maestra della scuola coranica, la mamma fu ancora pi sorpresa. Dobbiamo imparare tutto sul corpo umano e il disegno meravi glioso di Allh, le spiegai per rassicurarla, giacch pareva tanto smarrita. Un buon m usulmano deve conoscere bene la scienza e la biologia, come le stelle e i pianet i. A quel punto la mamma fu sconvolta definitivamente, perch realizz che ormai non ero pi una bambina - non perch fossi cambiata fisicamente, ma perch ero in possesso di nozioni che, a suo avviso, i bambini non dovevano avere. Per la prima volta, mi trovavo ad avere una sorta di potere su mia madre, ed era un potere che mi v eniva dall'essere informata. Quella discussione segn una svolta nei miei rapporti con la mamma, la quale si rese conto, e in modo definitivo, che stavo diventando ind ipendente. Probabilmente, comprese anche che il tempo per lei stava passando, ch e sua figlia cresceva alla svelta, e che la sua stessa bellezza non sarebbe dura ta in eterno. Se io stavo per diventare una giovane donna, voleva dire che lei c ominciava ad invecchiare. Cos'altro ti ha detto, Lalla Tarn?, mi chiese, guardando mi come se venissi da un altro pianeta. Ti ha detto nulla riguardo ai bambini?. Po vera mamma, non poteva credere che io, la sua piccolina, fossi cos infarcita di c onoscenze cosmiche. Le dissi, allora, che sapevo che, dall'et di dodici o tredici anni, avrei potuto avere un bambino, perch a quell'et avrei gi avuto l'haqq al-sha hr e i seni necessari per nutrire un piccolo frignone affamato. Mia madre fu colta alla sprovvista. Bene, disse alla fine, io avrei aspettato un anno o due prima di trattare con te questi argomenti, ma se fa parte della tua istruzione... . Io le spiegai che comunque non aveva molto di che preoccuparsi, perch sull'argomento sa pevo gi tutto da anni: l'avevo imparato dalle recite in terrazza, dalle storie e dai discorsi delle donne. Ora la conoscenza era ufficiale, tutto qui. Per farla ridere, cercai di scherzare, e le dissi che tra poco Samir avrebbe avuto una voc e simile a quella di Faqih Nasir, Yimam (o predicatore) della nostra moschea. Comunque, a mia madre non dissi che ero determinata a diventare un'irresistibile ghazala, cio una donna fatale dall'aspetto di gazzella, e che ero gi stata inizia ta a una serie di equivoche suhr, pratiche magiche infarcite di manipolazioni ast rologiche, grazie alla fortunata distrazione di Shama che aveva l'abitudine di s eminare dappertutto i suoi libri di incantesimi. Di questi libri, Shama ne aveva dozzine in camera sua, e poich non li teneva certo sotto chiave, diventai bravis sima nel mandare a mente formule magiche e nel copiare le carte degli incantesim i - complete di difficili apparati di lettere e numeri - in quegli intervalli, d i stressante brevit, in cui mia cugina si allontanava dalla stanza. Per mettere i n pratica le magie sulla terrazza, dovetti anche diventare un'esperta di astrono mia. Al tramonto, passavo ore a scrutare il cielo e a chiedere a chi mi stava accanto tutti i nomi delle stelle in ordine di apparizio ne. A volte le persone si prestavano gentilmente a darmi l'informazione; altre v olte venivo bruscamente messa a tacere con uno: Stai zitta! Non vedi che sto medi tando? Come fai a parlare, quando la bellezza dell'universo cos travolgente?. Per quel che ne sapevo, praticare i riti di suhr - cio bruciare candeline bianche nelle notti di novilunio, o decoratis-sime candele lunghe nelle notti di luna pi ena, e bisbigliare segreti incantesimi quando Zahra (Venere) o Al-Mushtar (Giove) erano allo zenit - era di gran lunga l'infrazione pi interessante fra quelle che si potevano commettere sulla terrazza. Senza contare che anche noi prendevamo p arte a quelle operazioni, perch le donne necessitavano della presenza di noi bamb

ini, che dovevamo reggere le candele, recitare incantesimi, e compiere dei gesti particolari. La Via Lattea luccicava cos vicina da darci l'impressione che brill asse solo per noi. Shama, che sia benedetta, era solita scordarsi della mia tene ra et quando si astraeva nella lettura a voce alta del Tilsam al-qamar (Il talism ano della luna piena), un capitolo dell'opuscolo dell'Imam al-Ghazal Kitab al-awq af. 37. Quel capitolo insegnava come scandire dei complessi incantesimi, nel gio rno e nell'ora specifica in cui il cielo assumeva determinate configurazioni. Tu ttavia, non tutta la letteratura sull'astrologia e l'astronomia era considerata di natura equivoca. 37 inconcepibile che l'imam al-Ghazal, un colosso della cultura islamica medieval e, abbia scritto un libro siffatto che, come osservato alla nota 1 del capitolo 18, una raccolta di comiche ricette "fai da te" che combinano elementi di magia elementare e di astrologia spicciola. Buona per impressionare i bambini e gli ad olescenti, l'opera non inganna gli studiosi. In effetti, attribuire trattati di dubbia scientificit ai pi brillanti tra i nostri filosofi, matematici, giuristi e imam, una pratica bizzarra ma piuttosto comune nella letteratura araba. Abdeifat th Kilito, nel suo penetrante L'autore e i suoi doppi. Saggio sulla cultura araba classica, Einaudi, Torino, 1988, fornisce due ragioni per cui i veri autori dei testi ricorrevano a questa strana pratica: la prima quella che, cos facendo, sfu ggivano alle critiche maligne, alla censura e alle ire del califfo; la seconda c he potevano incrementare le vendite dei libri: vendite che, da secoli, si teneva no animatamente sulle porte delle moschee locali. Storici rispettabili come Al-Masd scrissero dell'influenza della luna piena sull'u niverso, dalle piante agli esseri umani, e le loro opere erano spesso lette ad a lta voce. 38. Io ascoltavo attentamente quello che Al-Masd diceva sulla luna: essa faceva crescere le piante, maturare i frutti e ingrassare gli animali. E faceva anche venire Vbaqq al-shahr alle donne. 39. Mio dio, pensavo, se la luna pu fare tutto questo, di certo pu farmi crescere i ca pelli pi lunghi e pi lisci, e affrettare lo sviluppo dei miei seni, che sfortunata mente era ancora di l da venire. Avevo notato che, ultimamente, Malika aveva comi nciato a muovere le spalle in modo bellissimo - camminava come la principessa Fa rida d'Egitto prima del divorzio - ma lei se lo poteva permettere, perch le stava accadendo qualcosa. Ancora non si potevano chiamare seni, quelli che aveva, ma sotto la camicia le stavano ormai germogliando due piccoli mandarini. Quanto a m e, non avevo nulla, eccetto la speranza disperata che presto anche a me sarebbe accaduto qualcosa del genere. Quello che realmente mi affascinava della magia sulla terrazza era il fatto che una piccola nullit come me potesse ordire incantesimi intorno a quei meravigliosi corpi celesti che fluttuavano in cielo, e catturare un po del loro splendore. D ivenni un'esperta dei nomi che gli arabi danno alla luna. La luna nuova era chia mata hilal, o crescente, e la luna piena era chiamata qamar o badr. Sia qamar ch e badr si usavano per designare un uomo o una donna di notevole bellezza, cio com e la luna nella fase in cui pi luminosa e perfetta. Fra hilal e qamar, la luna pr endeva molti altri nomi. Alla tredicesima notte veniva chiamata bayad, o bianca, a causa del cielo luminoso, mentre sawad era la notte nera in cui la luna se ne stava nascosta dietro al sole. Quando Shama mi disse che la mia stella era Zahr a (Venere), cominciai a muovermi len38 Al-Mas'd, Murij al-dhahab (Beirut, Dar al-Marifa, 1982), vol. 2, p. 112 (che cor risponde a p. 505 del vol. 2 nella traduzione francese J.es prairies d'',r, di B arbier de Meynard e Pavet de Gonnelle (Parigi. Edifions CNRS. 1965). 39 Ibid. tamente, come fossi fatta di una sostanza celeste. Sentivo che avrei potuto spie gare le mie ali d'argento ogni volta che lo avessi voluto. Della magia astrale apprezzavo, inoltre, l'incredibile variet di usi a cui si pre stava. Potevi accrescere la potenza di un incantesimo fino a influenzare persone chiave come una nonna o un re, o semplicemente il droghiere accanto, il quale, se solo avessi fatto per bene i tuoi incantesimi, avrebbe sbagliato i conti a tu o favore quando stavi per pagare un oggetto costoso. Ma per quanto mi riguardava

, solo due cose erano importanti quando si trattava di magie. La prima era fare in modo che la mia insegnante mi mettesse dei buoni voti, e la seconda era accre scere il mio sex appeal. Volevo, naturalmente, incantare Samir, anche se stava accadendo esattamente l'op posto e il nostro rapporto si faceva di giorno in giorno pi difficile. Per prima cosa, come pap e lo zio, Samir nutriva un profondo disprezzo per le suhr, e le con dannava come autentiche sciocchezze. Questo, ovviamente, mi costringeva a darmi alla clandestinit per buona parte della serata, e a scomparire del tutto quando c 'era la luna piena. Inoltre, ero obbligata a usare i miei incantesimi per attrar re immaginari principi arabi della mia et che ancora non avevo il piacere di cono scere. Tuttavia, ero molto cauta. Non volevo scagliare i miei incantesimi troppo lontano da Fez, Rabat o Casablanca, e gi Marrkesh mi sembrava un po troppo distan te, anche se Shama diceva che una giovane marocchina pu sposarsi a Labore, Kuala Lumpur o persino in Cina. Allh ha reso il territorio dell'Islam sconfinato, e mera vigliosamente vario, diceva. Molto tempo dopo, scoprii che gli incantesimi funzio navano solo se si conosceva gi il principe e lo si poteva visualizzare durante il rituale. Ci significava che io ero seriamente impedita, perch una volta escluso dietro sua pressante richiesta - Samir non c'era nessun altro che avessi voglia di visualizzare. La maggior parte dei ragazzi con cui giocavo a scuola erano tr oppo bassi e troppo giovani, e io volevo che il mio principe avesse almeno un ce ntimetro e qualche ora pi di me. Comunque sia, sapevo di magia, e questo mi dava sicurezza. Se si voleva far innamorare un uomo alla follia, occorreva pensare a lui intensa mente un venerd notte, nel momento preciso in cui Zahra (Venere) appariva nel cie lo. In pi, per tutto il tempo, era d'obbligo recitare il seguente incantesimo: Laf, Laf, Laf Daf, Daf, Yabesh, Dibesh, Ghalbesh, Ghalbesh, Dauj, Dauj, Araq sad rh, Hh, Hh. 40. Naturalmente, perch l'incantesimo avesse un qualche effetto, si dovevano recitare le parole magiche con voce ferma e melodiosa, senza errori di pronuncia, e ques to era quasi impossibile, perch quelle parole ci erano totalmente sconosciute: no n erano arabe. Come poteva essere altrimenti, dato che gli incantesimi erano fra mmenti di lingue dei soprannaturali jinn, carpite e decodificate da studiosi di grande talento che le misero per iscritto a beneficio del genere umano? Visto ch e salmodiare mi riusciva bene, davo la colpa alla mia pronuncia difettosa, se i miei incantesimi non avevano effetto e nessun principe era ancora venuto a chied ere la mia mano. Inoltre, pronunciare male le parole magiche era terribilmente p ericoloso, perch i jinn potevano rivoltarsi contro di te e graffiarti la faccia, oppure farti venire le gambe storte per tutta la vita, se li facevi arrabbiare. Se Samir, il mio protettore, fosse stato con me, avrebbe potuto controllare la m ia pronuncia e salvarmi cos dall'ira dei jinn. Ma lui restava del tutto indiffere nte alla mia nascente e improvvisa ossessione di diventare una donna fatale. 40 Dal Kitab a-awfaq, attribuito all'imam al-Ghazal (Beirut, Al-Maktaba al-Shabiyy a), p. 18. Quando si trattava di magia, Mina dava ragione a Samir con tutto il cuore, e seb bene fosse molto tollerante nei confronti dei riti che vedeva celebrarsi in terr azza, aveva sempre qualcosa da obiettare, perch il Profeta era assolutamente cont rario a quel genere di cose. Tutti continuavano a spiegarle che il Profeta era c ontrario soltanto alla magia nera, quella che serve a far del male alle persone, ma che quando si bruciavano talismani, muschio e zafferano, o si recitavano for mule magiche con la luna piena per aumentare il proprio fascino, farsi crescere i capelli pi lunghi, diventare pi alti, o ingrandire il proprio seno, allora andav a bene. Allh, cos sensibile (Latif) e pieno di tenerezza e misericordia (Rahim) pe r le sue fragili ed imperfette creature, era abbastanza generoso da comprendere tali necessit. Mina argomentava che il Profeta non faceva simili distinzioni, e c he tutte le donne che praticavano magie, di qualunque tipo fossero, avrebbero av uto delle brutte sorprese nel Giorno del Giudizio. I resoconti dei loro angeli l e avrebbero spedite direttamente all'inferno. Ma le suhr, le pratiche magiche non erano pericolose per l'harem quanto la decisi one dei nazionalisti di incoraggiare l'istruzione delle donne. La citt intera fu

messa sottosopra quando le autorit religiose della moschea di al-Qarwiyyin, compre si i faqih Muhammad al-Fasl e Mawly Bal'arb Alaw, affermarono il diritto delle donn e allo studio e, col sostegno del re Muhammad V, incoraggiarono i nazionalisti a d aprire istituti per l'istruzione delle ragazze. 41. Appresa la notizia, mia ma dre present istanza a mio padre perch fossi trasferita dalla scuola di Lalla Tarn a una "scuola vera", e lui rispose convocando un consiglio di famiglia in piena regola. I consigli di famiglia erano affar serio, e di solito venivano convocati solo quando un membro della famiglia doveva 41 Un faqih un'autorit religiosa musulmana, uno studioso esperto in fiqh, o studi teologici. La sua conoscenza della teologia gli garantisce autorit, e spesso fun ge da consigliere a ministri e capi di stato. Tuttavia, per estensione, la parol a faqih venuta a designare ogni sorta di insegnanti, senza distinzione di discip lina, sia a livello elementare, che superiore e universitario. prendere una decisione importante, oppure affrontare qualche sorta di conflitto che non riusciva a risolvere da solo. Nel caso del trasferimento, la decisione e ra troppo seria perch mio padre potesse prenderla senza il sostegno della famigli a. Si trattava di un passo di notevole importanza: lasciare un istituto tradizio nale e familiare, che fino a quel momento era stata l'unica opzione disponibile per le figlie femmine, a favore di una scuola elementare nazionalista modellata sul sistema francese, dove alle bambine si insegnavano la matematica, le lingue straniere e la geografia, dove gli insegnanti erano spesso uomini, e dove si fac eva ginnastica in pantaloni corti. Il consiglio si tenne. Lo zio, la nonna Lalla Mani e tutti i miei cugini maschi, che, grazie alla stampa locale e straniera, erano ben informati sui progressi d ell'istruzione, vennero per aiutare mio padre a decidere. Ma non si poteva tener e un consiglio di famiglia equilibrato senza qualcuno che sostenesse la mamma, d a cui era partita l'idea. Di norma, questo rappresentante avrebbe dovuto essere suo padre, ma poich la fattoria dove viveva era troppo distante, il nonno mand un sostituto nella persona dello zio Taz, fratello di mia madre, che abitava alla po rta accanto. Lo zio Taz era sempre invitato ai nostri consigli di famiglia, ogni volta che la mamma era in qualche modo coinvolta, per garantirle l'equit e impedi re un attacco congiunto del gruppo Mernissi contro i suoi interessi. Cos, lo zio Taz fu invitato, il consiglio ebbe luogo, e mia madre usc di senno per la gioia qu ando, alla fine, il mio trasferimento fu approvato. E non ero neanche l'unica in teressata: tutti e dieci i miei cugini sarebbero venuti con me. Salutammo tutti contenti Lalla Tarn, e ci precipitammo alla nuova scuola di Mawly Brahim Kattan, a pochi metri dal portone di casa nostra. Il cambiamento fu incredibile, e io ne ero entusiasta. Alla scuola coranica, dov evamo star seduti sui cuscini a gambe incrociate per tutto il giorno, con un'uni ca pausa per il pranzo che ci portavamo da casa. La disciplina era feroce - Lall a Tarn te le dava con la frusta, ogni volta che non le andava bene il tuo modo d i guardare, o di parlare, o di recitare i versetti. Le ore si trascinavano eterne, il nostro apprendimento era lento, le lezioni ven ivano ripetute a memoria. Invece, alla scuola nazionalista di Mawly Brahkn, tutto era cos moderno! Si stava seduti sulle sedie e si divideva un tavolo con altre due ragazze, o ragazzi. C'e ra sempre qualcuno che interrompeva e non ci si annoiava mai. Non solo si saltav a da una materia all'altra - dall'arabo al francese, dalla matematica alla geogr afia - ma si perdeva un sacco di tempo a spostarsi da un aula all'altra. Fra le varie lezioni, poi, si poteva sgattaiolare fuori, fare acrobazie, prendere in pr estito spuntini a base di ceci da Malika, e persino chiedere il permesso di anda re alla toilette, che era situata dalla parte opposta dell'edificio - il che equ ivaleva a dieci minuti buoni di licenza autorizzata, e anche se tornavi in ritar do, tutto quello che dovevi fare era bussare dolcemente un paio di volte sulla p orta dell'aula, prima di entrare. I due colpi sulla porta prima di aprire e di e ntrare, mi mandavano in estasi, perch in casa nostra le porte erano o chiuse o ap erte, e bussare non serviva. Non solo a causa dello spessore di quei battenti co s massicci che risultava impossibile smuoverli, ma anche perch un bambino, di norm a, non doveva aprire una porta chiusa o chiuderne una aperta.

Oltre a queste entusiasmanti novit, ora avevamo anche due lunghi intervalli solo per giocare nel cortile (uno a met mattina e l'altro a met pomeriggio,) pi due paus e per la preghiera - una a mezzogiorno, subito prima di pranzo, e l'altra nel ta rdo pomeriggio, quando ci portavano alla moschea della scuola dopo le rituali ab luzioni che facevamo nella vicina fontana. Ma non era tutto. La ciliegina sulla torta era che adesso tornavamo a casa per i l pranzo, e in quell'occasione noi ragazzi Mernissi seminavamo distruzione nel b reve tratto di strada fra la scuola e la casa. Saltavamo su e gi intorno agli asi nelli che ci attraversavano il cammino, carichi di verdura fresca, e a volte i r agazzi riuscivano perfino a salire sul dorso di quelli che non avevano il carico . Io ero cos elettrizzata di poter camminare per la strada in pieno giorno! Spess o riuscivo ad abbracciare gli asinelli, con quei loro occhi dolci e umidi, e a parlare loro per qualche minuto, prima che il padrone mi vedesse e mi mandasse via. Fare cap annello da Maymn, il venditore di ceci tostati, era un'altra delle nostre attivit preferite, ma finivamo sempre nei guai perch il numero delle porzioni che ci dava non corrispondeva mai alla somma di denaro che riceveva in cambio. Allora ci ac compagnava al portone, giurando per Mawly Idris, il santo patrono di Fez, che non avrebbe pi fatto affari con noi, e che saremmo finiti all'inferno, perch mangiava mo tutti contenti delle cose che non avevamo pagato. Alla fine, dopo settimane d i questo andazzo, Ahmed il portinaio trov una soluzione onorevole: tutti avremmo depositato da lui i soldi per i ceci in anticipo, e lui avrebbe pagato Maymn alla fine di ogni settimana. Chi di noi aveva esaurito il suo credito, veniva avvert ito da Ahmed, che provvedeva a notificarlo anche a Maymn. La scuola moderna era u n tale divertimento che cominciai a prendere voti alti, e presto diventai intell igente, nonostante fossi ancora disperatamente lenta in ogni cosa, nel mangiare come nel parlare. Trovai anche un altro modo per essere al centro dell'attenzion e: imparai a memoria le parole di molte canzoni nazionaliste che ci facevano can tare a scuola, e mio padre ne fu cos orgoglioso da chiedermi di cantarle per la n onna Lalla Mani almeno una volta alla settimana. All'inizio, le cantavo semplice mente stando in piedi sul pavimento. Poi, visto che faceva un bell'effetto, chie si il permesso di salire su uno sgabello. Subito dopo, alzai ancora il tiro, chi edendo a mio padre di intercedere con la mamma per farmi indossare il mio vestit o da principessa ''isha, in occasione delle mie esibizioni canore. Questo vestito , che aveva un corpetto di raso e il resto di tulle, era una copia di quello che la principessa portava a volte quando accompagnava suo padre, re Muhammad V. La principessa ''isha viaggiava spesso per il paese, tenendo discorsi sulla liberaz ione delle donne, e questo fatto aveva suggerito a mia madre di farmi cucire un vestito uguale al suo. Di norma avevo il permesso di metterlo solo nelle occasio ni speciali, perch era tutto bianco e si sporcava facilmente. La mamma andava in bestia se mi sporcavo i vestiti. Ma le macchie non si possono evi tare, se vogliamo che questa povera bambina faccia una vita normale, argomentava pap in mio favore. E poi, nostra figlia cresce cos in fretta che alla fine dell'ann o questo vestito potrebbe anche non servirle pi. Alla fine, per completare la mia esibizione teatrale, suggerii a mio padre di darmi una piccola bandiera del Maro cco, fatta a mia misura, da tenere accanto mentre cantavo, ma lui rifiut subito l 'idea. C' una linea sottile che divide il buon teatro dal circo, disse. E l'arte fio risce soltanto se questa separazione viene accuratamente mantenuta. Ma se le cose, per me, si stavano mettendo bene, grazie ai miei nuovi educatori, per mia madre si mettevano piuttosto male. La vita del cortile le era divenuta pi intollerabile che mai, con tutto quello che si veniva a sapere sulle femminist e egiziane - che marciavano nelle strade e diventavano ministri del governo; sul le donne turche - che venivano promosse a incarichi ufficiali di ogni tipo; e co n la nostra stessa principessa ''isha, che esortava le donne, sia in arabo che in francese, a intraprendere la via della modernit. Mia madre si lamentava che la s ua vita era assurda - il mondo stava cambiando, le mura e le sbarre non sarebber o durate per molto, ma lei era ancora una prigioniera. E non vedeva nessuna logi ca dietro a tutto ci. Aveva chiesto il permesso di frequentare corsi di alfabetiz zazione - alcune scuole del nostro vicinato ne offrivano - ma la sua richiesta e ra stata respinta dal consiglio di famiglia.

Le scuole sono per le bambine, non per le madri, aveva detto Lalla Mani. Non nella nostra tradizione. E allora?, aveva replicato mia madre. Chi trae beneficio da un ha rem? Quale bene posso fare per il paese, stando seduta qui in cortile come una p rigioniera? Perch ci si nega l'istruzione? Chi ha creato gli harem, e per cosa? Q ualcuno pu spiegarmelo?. Il pi delle volte, le sue domande restavano senza risposta, sospese a mezz'aria c ome farfalle disorientate. Lalla Mani abbassava lo sguardo ed evitava il contatt o degli occhi, mentre Shama e la zia Habiba cercavano di sviare la conversazione. Mia madre restava in silenzio per un po, e poi si rassicurava parlando del futuro delle sue bambine. Almeno le mie figlie avranno una vita migliore, piena di opportunit, diceva. Avrann o un'istruzione, e viaggeranno. Scopriranno il mondo, lo capiranno, e alla fine prenderanno parte al suo cambiamento. Cos com', questo mondo del tutto marcio. Alm eno per me. Forse voi signore avete trovato il segreto per essere felici in ques to cortile. Poi si rivolgeva a me e diceva: Tu cambierai questo mondo, non vero? T u costruirai un pianeta senza pareti e senza frontiere, dove i portinai come Ahm ed faranno vacanza tutti i giorni dell'anno. Lunghi silenzi seguivano i suoi disc orsi, ma la bellezza delle sue immagini restava nell'aria e fluttuava sul cortil e come fanno i profumi o i sogni. Invisibili, ma potentissimi. XX Il sogno silenzioso delle ali e del volo Un pomeriggio, il cortile era, come sempre, quieto e immobile, con ogni cosa al suo posto. Ma forse era un po pi quieto e immobile del solito. Potevo udire disti ntamente la musica cristallina della fontana, come se le persone stessero tratte nendo il respiro, in attesa che accadesse qualcosa. O forse qualcuno stava lavor ando alla creazione di un miraggio. Dai libri di magia di Shama, e dalle discuss ioni con lei, avevo appreso che era possibile mandare delle immagini ai vicini, se si sviluppava il cosiddetto tarkiz, ossia il potere di concentrazione, qualco sa di simile alla concentrazione necessaria a prepararsi alla preghiera, ma pi in tenso. Lalla Tarn insisteva che la preghiera era, in larga misura, concentrazion e. Pregare significa creare il vuoto, dimenticare il mondo per qualche minuto, in modo da poter pensare a Dio. Non si pu pensare a Dio e contemporaneamente ai pro pri problemi quotidiani, cos come non si pu camminare allo stesso tempo in due dir ezioni opposte: chi si prova a farlo, non arriva da nessuna parte, o perlomeno n on dove vuole arrivare. La concentrazione, aggiungeva la zia Habiba, era un esercizio indispensabile anc he per fini pi terreni. Come si fa a parlare o camminare, per non dire ricamare e cucinare, quando la mente non concentrata? Vuoi essere come Stila Bennis?. Io non volevo assolutamente essere come Stila Bennis, una delle figlie dei nostri vici ni, che era incapace di tenere a mente i nomi. Chiedeva continuamente a tutti: Ch i sei?, e non riusciva a immagazzinare la risposta nel suo cervellino. Bastava ch e tu cambiassi di posto, o che lei girasse la testa, e di nuovo ti trovavi di fronte all'inevitabile domanda: Come ti chiami? Er a stata soprannominata Stila, che significa "secchiello", perch tutte le informaz ioni che riceveva si riversavano fuori come acqua. Ma, sebbene tale esercizio fo sse parte integrante della mia istruzione, cominciai a prenderlo sul serio solo quando Shama mi disse che, attraverso la concentrazione, avrei potuto trasmetter e immagini alle persone che mi stavano intorno. Quella magica idea mi ricord come avessi talvolta udito Shama complottare con la zia Habiba e la mamma per indurr e tutte quante nel cortile a farsi crescere le ali. La zia Habiba affermava che tutti hanno la facolt di farsi crescere le ali. Era s olo un fatto di concentrazione. Non c'era bisogno che le ali fossero visibili co me quelle degli uccelli; anche invisibili potevano andar bene, e prima si cominc iava a concentrarsi sul volo, meglio era. Ma quando la pregavo di essere pi espli cita, si faceva impaziente e mi avvertiva che esistono cose meravigliose che non possono essere insegnate. Tieni gli occhi ben aperti, cos da poter catturare il f remito di seta del sogno alato, mi disse una volta. Ma indic anche che, per svilup pare le ali, erano necessari un paio di prerequisiti: Il primo sentirsi accerchia ti, il secondo credere di poter rompere quel cerchio. Dopo un breve, imbarazzato

silenzio, la zia Habiba aggiunse un altro tassello d'informazione, continuando, per tutto il tempo, a giocherellare nervosamente col suo copricapo, segno che st ava per gettarmi in faccia qualche verit sgradevole. Una terza condizione, per qua nto riguarda te, mia cara, smettere di bombardare la gente di domande. Osservare un modo altrettanto efficace per imparare le cose. Ascoltare, a labbra cucite, occhi aperti, e orecchie dritte, pu portare nella tua vita pi magia di tutto il bi ghellonare che fai sulla terrazza, per spiare Venere o la luna nuova!. Quella conversazione mi suscit ansia e orgoglio al tempo stesso. Ansia, perch, a q uanto pareva, la mia iniziazione clandestina ai sortilegi, agli incantesimi e ai libri di magia, non era pi un segreto. Orgoglio perch, quali che fossero i miei s egreti, essi appartenevano pi alla sfera degli adulti che a quella dei bambini. La magia era un segreto pi serio di quanto non fosse il rubare frutta fuori dall'orario de i pasti, o correre via senza pagare il dovuto a Maymn, il venditore di ceci. Ma e ro anche piena d'orgoglio perch capivo che la magia, come il gelato, esisteva in molti gusti. Tessere fili sottili fra me e le stelle era un tipo di magia; conce ntrarsi su sogni forti e invisibili e dal profondo, spiegare le ali, era un altr o tipo di magia, ma pi sfuggente. Pur tuttavia, nessuno aveva l'aria di volermi a iutare a capire questo secondo metodo, e anche se fosse stato descritto nei libr i di Shama, non avrei mai avuto abbastanza tempo per leggere tanto da trovarlo. Quel pomeriggio memorabile, avevo la strana sensazione che qualcuno stesse influ enzando la crescita di ali, gettando visioni di voli in quel cortile apparenteme nte tranquillo. Ma chi era l'autore di quella magia? Mi cucii le labbra, aprii b ene gli occhi, e mi guardai intorno. Le donne, assorte nel loro ricamo, erano di vise in due gruppi, ognuno dei quali si concentrava in silenzio, intento al suo disegno. Ma quando in cortile c'era quel tipo di silenzio assoluto, significava che era in atto una guerra senza parole. E ogni donna intenta a scrutare il suo ricamo conosceva bene il motivo di quella guerra: l'eterna spaccatura tra ci che taqlid, ovvero tradizionale, e quanto 'asr, cio moderno. Shama e mia madre, rappres entanti del gruppo a favore della modernit, stavano ricamando un oggetto poco fam iliare dall'aspetto simile a una grossa ala d'uccello spiegata in pieno volo. No n era il loro primo uccello in volo, ma evidentemente, la sua forza d'urto era m aggiore del solito, perch l'altro gruppo, capeggiato da nonna Lalla Mani e da Lal la Radiya, aveva condannato quel lavoro, come ogni altro di quel tipo, definendo lo del tutto sconveniente per le loro creatrici. Loro stesse erano intente al ri camo di un disegno tradizionale. La zia Habiba era seduta vicino a loro, e lavor ava allo stesso telaio o mrima, ma solo perch non poteva permettersi di dichiarar si apertamente una rivoluzionaria. Cuciva in silenzio, badando ai suoi affari co n modestia. Il gruppo modernista, invece, era tutt'altro che modesto. Anzi, direi piuttosto che Shama e la mamma si comportavano con una certa ostentazione: entrambe sfoggi avano l'ultimo grido della moda, ossia la copia di uno dei famigerati cappellini di Asmahan, un berretto di velluto nero con la tesa decorata a minuscole perlin e. Il berretto aveva una falda triangolare che ricadeva sulla fronte, con la par ola "Vienna" ricamata sopra, e di tanto in tanto, la mamma e Shama canticchiavan o le parole dell'infame canzone Layalal-uns fi Vienna (Notti di piacere a Vienna ), cui il berretto era ispirato. Lalla Mani aggrottava le ciglia ogni volta che le sentiva canticchiare, perch riteneva quella canzone, il cui tema era il decade nte piacere in una capitale dell'ovest, un vero e proprio affronto all'Islam e a i suoi principi etici. Una volta, Samir cerc di scoprire cosa ci fosse di cos spec iale a Vienna, e Zin gli disse che era una citt dove, per tutta la notte, la gent e danzava un ballo chiamato valzer. Un uomo e una donna si tenevano stretti e da nzavano rapiti facendo giravolte fino a svenire d'amore e di piacere, proprio co me in una danza di possessione, con l'unica differenza che le donne non danzavan o da sole, ma insieme agli uomini. E tutto questo danzare abbracciati aveva luog o in locali notturni elegantemente decorati, o, nei giorni di festa, anche per s trada, con le luci della citt che brillavano nel buio, come per festeggiare l'abb raccio degli amanti. Al che, Lalla Mani aveva sbuffato: Quando delle rispettabili donne di casa musulmane cominciano a sognare di danze in oscene citt europee, si amo alla fine.

Lalla Radiya, la madre di Shama, sulle prime aveva proibito a sua figlia di mett ersi il berretto di Vienna, e aveva accusato mia madre di avere su di lei una ca ttiva influenza. Le relazioni fra mia madre e Lalla Radiya si erano fatte cos tes e che le due donne a malapena si rivolgevano la parola, e la cosa and avanti cos p er un po. Ma poi Shama era stata presa da un serio attacco di hem (depressione) ed era caduta in un tale stato di apatia che non solo Lalla Radiya aveva cambiat o idea sull'argomento, ma era arrivata a mettere lei stessa il berretto di Vienn a in testa alla figlia. Nondimeno, ci volle ancora del tempo, prima che Shama si riscuotesse da quello sguardo fisso e immoto. In quel pomeriggio particolarmente magico, Lalla Mani era tornata pi e pi volte su lla necessit di conformarsi al taqlid, la tradizione. Ogni cosa che violasse il r etaggio dei nostri antenati, diceva, non poteva essere considerato esteticamente valido, e questo si applicava praticamente a tutto, dal cibo alle pettinature, dall'architettura alle leggi. Il nuovo viaggiava mano nella mano con il brutto e l'indecente. Puoi star sicura che i tuoi antenati hanno gi scoperto il modo migli ore di fare le cose, diceva, guardando dritto verso mia madre. Pensi di essere pi b rava dell'intera catena di generazioni che ti hanno preceduto e hanno lottato pe r il meglio? . Fare qualcosa di nuovo era bid'a, una criminale offesa alla nostra sacrosanta tradizione. La mamma lasci un attimo il ricamo per rispondere a Lalla Mani. Ogni giorno, mi sa crifico e cedo alla tradizione, perch la vita possa svolgersi pacificamente in qu esta casa benedetta, disse. Ma ci sono delle cose molto personali, come il ricamo, che mi permettono di respirare, e io non voglio rinunciare anche a queste. Non mi sono mai piaciuti i ricami tradizionali, e non vedo perch la gente non possa r icamare quel che pi le piace. Io non faccio del male a nessuno se invento uno str ano uccello, invece di tornare e ritornare sullo stesso vecchio disegno di Fez, che tremendamente monotono. Le ali a cui mia madre e Shama stavano lavorando erano quelle di un pavone blu, e le ricamavano sulla seta rossa di un qamis destinato a Shama. Appena quello fo sse stato finito, ne avrebbero ricamato un secondo per mia madre. Le donne che d ividevano le stesse idee spesso si vestivano uguali, per manifestare la loro sol idariet. Il pavone di Shama era ispirato alla Storia degli uccelli e delle bestie di Shah razad. Shama amava molto quella storia, perch vi trovava combinate due cose che a dorava: gli uccelli e le isole deserte. La storia ha inizio con gli uccelli che, guidati dal pavone, fuggono da un'isola pericolosa a una sicura: Mio redisse Shahrazad al marito, la cento e quaranta-seiesima notte - mi hanno riferito che in tempi antichi e in un'et che fu, un pavone abitava con sua moglie in riva al mare. Ora, quel posto era infestato di leoni e di ogni sorta di best ie selvatiche, e al contempo abbondava di alberi e torrenti. Marito e moglie, pe r timore delle fiere, erano costretti a passare la notte sugli alberi, mentre di giorno andavano in giro in cerca di cibo. E cos fu, finch la loro paura crebbe e si misero in cerca di un altro posto dove vivere, abbandonando la loro dimora. C erca e ricerca, capitarono su un'isola che, come l'altra, abbondava di alberi e di torrenti. Quindi si stabilirono e mangiarono i frutti degli alberi, e bevvero le acque dei torrenti. 42. Quello che pi entusiasmava Shama in tutta questa storia era il fatto che la coppi a, quando non le piaceva pi la prima isola, l'abbandonava e partiva in cerca di u n posto migliore. L'idea di volarsene in giro per trovare qualcosa che pu render felici, quando si scontenti di quel che si ha, esercitava un grande fascino su S hama, che faceva ripetere alla zia Habiba l'inizio della storia pi e pi volte, com e se non ne avesse mai abbastanza, finch il resto dell'uditorio cominciava a spaz ientirsi per le sue interruzioni. Sei una letterata, puoi leggerti il libro, le di cevano, vai a leggertelo per cento volte, se ti piace, ma lascia continuare la zi a Habiba. Falla finita con queste interruzioni!. Erano tutte ansiose di sapere co sa fosse poi accaduto a quegli uccelli, poich in quelle fragili ma avventurose cr eature, intente a viaggi perigliosi per isole straniere, le donne del cortile ve devano un po di se stesse. Ma Shama protestava che leggere non era la stessa cos a che ascoltare la zia Habiba, col suo modo meraviglioso di infilare le parole u na dietro l'altra come perle.

Voglio che capiate il significato della storia, signore, diceva Shama, guardando L alla Mani con aria di sfida. Que42 Dalla versione del Burton, vol. 3, p. 116. sta storia non parla di uccelli. Parla di noi. Essere vivi significa muoversi, c ercare posti migliori, rivoltare il pianeta in cerca di isole pi ospitali. Io spo ser un uomo con il quale potr andare in cerca di isole!. La zia Habiba, allora, la pregava di non usare la fiaba della povera Shahrazad a fini propagandistici, e d i non seminare ancora divisioni nel gruppo. Per favore, torniamo agli uccelli, pe r l'amor di Dio, diceva, e andava avanti con la storia. Ma, in verit, anche se la zia Habiba si riferiva alle donne come a un gruppo, nel profondo non c'era affat to coesione. La frattura, fra di loro, era insanabile, e il conflitto sul disegn o del ricamo era emblematico di pi profonde e inconciliabili visioni del mondo. Il ricamo taqlid (tradizionale) era una fatica ostentata e molto dispendiosa in t ermini di tempo, mentre i disegni 'asr (moderni), finalizzati al piacere personal e, non erano che divertimento allo stato puro. Il ricamo taqlid era noioso; ci vo levano ore di punti molto stretti, fatti con filo sottile, solo per coprire poch i centimetri di stoffa. Spesso impiegati per il tradizionale corredo delle spose , su cuscini e copriletto, i ricami taqlid richiedevano mesi, se non anni, per es sere portati a termine. I punti dovevano essere identici da entrambi i lati, e i fili dovevano essere uniti in modo tale che i nodi non fossero visibili sul rov escio. Lalla Radiya, che aveva molte figlie in et di marito, necessitava di un gr an numero di ricami taqlid per i loro corredi. Al contrario, gli uccelli che rica mavano Shama e mia madre non richiedevano affatto tutto questo tempo. I punti er ano pi radi, eseguiti a filo doppio, e sul rovescio della stoffa restavano, come c'era da aspettarsi, molti nodini in rilievo. Eppure, l'effetto era di una belle zza pari a quello del taqlid, o forse anche maggiore, grazie alla curiosit suscita ta dai disegni insoliti e dalle inedite combinazioni di colori. A differenza dei ricami taqlid che erano parte dell'arredamento di casa, i disegni moderni non er ano fatti per essere esposti; erano limitati a pi modesti capi di uso personale, come il qamis, i sarwal, le sciarpe per la testa e altri articoli di vestiario. La ribellione attuata nella forma del ricamo moderno era terribilmente appagante, devo ammetterlo, perch si potevano coprire metri e metri di stoffa in soli due o tre giorni. Se poi, si metteva il filo triplo, e si dir adavano i punti, ci voleva anche meno. E che disciplina si impara, quando i punti sono cos lenti e slabbrati?, mi sfid Lalla Mani quando le feci notare queste cose. Io trovai la sua osservazione molto inquietante. Tutti mi dicevano sempre che u na persona senza disciplina era destinata a restare una nullit. Di certo io non v olevo essere una nullit. Cos, da allora in poi, dopo quel richiamo di Lalla Mani, passavo la maggior parte del tempo saltando da un mrima all'altro, gustando un p o di libert e rilassamento nel settore moderno, e facendola seguire a un po di ri gido controllo nel settore tradizionale. La zia Habiba non si divertiva davvero col lavoro ripetitivo ed elaborato del ta qlid e mia madre e Shama lo sapevano bene, ma si rendevano conto che non poteva e sprimere i suoi sentimenti, sia perch non aveva alcun potere, sia perch non osava compromettere l'equilibrio tra le due fazioni. L'equilibrio era essenziale per i l cortile, e tutti lo sapevano. Di tanto in tanto, la mamma e Shama scambiavano rapide occhiate e sorrisi con la zia Habiba, per incoraggiarla e farle sapere ch e simpatizzavano con lei. Per favore, zia Habiba, torniamo agli uccelli! , la preg avano. Raccontare una storia su richiesta dell'uditorio, liberava automaticament e la zia Habiba dai suoi doveri di cucito, e notai che prima di riprendere il ra cconto, fissava lo sguardo sulla piccola toppa di cielo incorniciato che ci sovr astava, come per ringraziare Dio di tutti i talenti di cui l'aveva dotata. O for se perch aveva bisogno di ravvivare quella fragile fiamma dentro di s. La nuova isola che i pavoni trovarono era un paradiso ricco di piante lussureggi anti e di sorgenti rigogliose. Era anche, per fortuna, fuori dalla portata dell' uomo, quella pericolosa creatura che distrugge il creato: Il figlio di Adamo inganna i pesci e li porta fuori dal mare; colpisce gli uccel li con pallottole d'argilla e fa cadere in trappola gli elefanti, tanta la sua a stuzia. Nessuno si salva dalla

sua malizia, non v' bestia n uccello che possa sfuggirgli. 43. L'isola era sicura perch situata in mezzo al mare, fuori dalla portata delle navi e lontana dalle rotte del commercio. La vita dei pavoni scorreva in pace e leti zia, fino al giorno in cui incontrarono un'anatra inquieta, che andava soggetta a strani incubi. E venne a loro un'anatra in stato di estremo terrore, e tale rimase, muovendosi a stento, finch non raggiunse la pianta dove i volatili s'erano appollaiati, e l s embr ritrovare un po di calma. Il pavone, non dubitando che essa avesse da narrar e qualche insolito evento, le chiese la sua storia e il motivo di quel turbament o, e l'anatra rispose: Vivevo da sempre su quest'isola in pace e al sicuro, e non avevo mai veduto alcunch di inquietante, finch una notte, mentre dormivo, vidi ne l sogno le sembianze di un figlio di Adamo, che discorreva con me e io con lui. Poi udii una voce che mi diceva: "O tu, anatra, guardati dal figlio di Adamo e n on lasciare che si imponga su di te, n con le parole, n con i consigli; poich egli abbonda di frodi e di insidie; guardati, dunque, con grande prudenza, dalla perf idia di costui...". E qui mi risvegliai, tremante di paura, e da quell'ora in po i il mio cuore non ha conosciuto gioia, per il terrore del figlio di Adamo. Shama si agitava sempre molto, quando la zia Habiba arrivava a quella parte dell a storia, perch era estremamente sensibile al modo in cui gli uccelli erano tratt ati sulle terrazze e per le vie di Fez. Rincorrere i passeri e dar loro la cacci a dalle terrazze era uno sport comune fra i giovanotti, che in quelle occasioni facevano uso di apposite fionde o di archi e frecce presi in prestito, e il giov anotto che uccideva il maggior numero di passeri veniva ammirato e acclamato. Ma Shama spesso gridava, piangeva e sospirava, quando i suoi fratelli, Zin e Jawad , si divertivano a uccidere i passeri. Poco prima 43 ibid. del tramonto, gli uccelli, chiassosi, riempivano il cielo a centinaia, strilland o come impauriti dalla notte incipiente. I cacciatori li attiravano gettando oli ve su tutto il pavimento della terrazza, quindi prendevano la mira e tiravano. S hama se ne stava l a guardare i suoi fratelli e domandava loro che razza di piace re potevano mai ricavarne dal colpire delle creature cos piccole. Neanche gli ucce lli possono vivere felici, in questa citt, diceva, e poi mormorava tra s che ci dov eva essere qualcosa di terribilmente sbagliato, in un posto dove persino i passe ri innocenti, proprio come le donne, venivano trattati al pari di feroci predato ri. Per ricamare la storia dei pavoni, Shama voleva inizialmente usare del filo di u n blu molto profondo, su della seta color rosso brillante. Ma le donne dell'hare m non andavano in giro a fare acquisti. Non erano autorizzate neanche a fare un salto alla Qaysariyya, quella parte della medina dove rotoli di splendide sete e velluti di tutti i colori stavano ammucchiati in tanti negozietti, no: dovevano spiegare a Sid Aliai quello che desideravano, e ci pensava lui a procurarlo. Shama dovette aspettare dei mesi, prima di avere la seta rossa che andava cercan do, e per il blu da abbinare ci volle qualche altra settimana, e anche allora i colori non erano esattamente quelli giusti. Lei e Sid Aliai non intendevano la st essa cosa, quando dicevano "rosso" e "blu". La gente, scoprii, spesso non intend eva la stessa cosa per la stessa parola, anche quando l'argomento era dei pi bana li, come il colore di un filo. Non c'era da stupirsi che la parola "harem" provo casse tali aspri dissensi e discordie selvagge. Mi dava molto conforto l'idea ch e gli adulti fossero confusi come me, sulle cose importanti. Sid Aliai era un cugino di terzo grado di Lalla Mani, e questo gli conferiva un n otevole potere. Era un uomo alto e fine, con baffi sottili e un talento fantasti co per ascoltare la gente, il che, nel suo insieme, rendeva molte donne invidios e di sua moglie, Lalla Zahra. Dotato, inoltre, di estremo buon gusto, vestiva, d i norma, eleganti capi ricamati, maglie turche in lana pesante di un pallido bei ge, su dei sarwal alla cavallerizza, e fini babbucce in pelle di color grigio. E poi, dato che era in rapporti di ami cizia con quasi tutti i mercanti della Qaysariyya, si faceva tenere da parte i t urbanti pi pregiati, quelli che i pellegrini riportavano dalla Mecca. Sid Aliai no n si dedicava mai ai suoi doveri senza prima aver offerto ai clienti una goccia

di profumo per pacificarli. Spiegare a lui cosa si desiderava comprare era un'es perienza molto sensuale. Le donne prendevano tempo, fra una frase e l'altra, per trovare le parole esatte che potessero descrivere la setosit di una stoffa, la s ottile tonalit di un colore, o se cercavano un profumo, la delicata combinazione di fragranze. Far s che Sid Aliai visualizzasse esattamente le sete e i fili necessari per un pr ogetto di ricamo, era un'operazione tremendamente delicata, e le donne meno dota te nell'eloquio pregavano le pi abili di fare quelle descrizioni in vece loro. Le donne dovevano pazientemente spiegare i loro desideri a Sid Aliai, perch senza la sua collaborazione non si andava molto lontano. Cos, ognuna descriveva il ricamo dei suoi sogni - il tipo di fiori che voleva e i colori, le sfumature dei germo gli, e a volte interi alberi con tanto di rami intricati. Altre descrivevano add irittura delle isole circondate di imbarcazioni. Paralizzate dai confini, le don ne partorivano paesaggi e mondi interi. Sid Aliai ascoltava, con pi o meno interes se, a seconda del rango del suo interlocutore. Purtroppo, quando si trattava dell'importanza della tradizione e dei disegni taq lid, lui stava dalla parte di Lalla Mani. Questa preferenza metteva le parenti ve dove e divorziate, come la zia Habiba, in una posizione imbarazzante. Quando si trovavano a trattare con lui, non potevano sognare altro che classici disegni ta qlid e dovevano affidarsi a donne pi potenti, come la mamma e Shama, per descriver e le sete necessarie ai loro progetti pi innovativi. La zia Habiba, quindi, era c ostretta a tenere i suoi uccelli per s, sepolti nella sua immaginazione. La cosa p i importante per chi non ha potere avere almeno un sogno, era solita dirmi mentre stavo a guardia delle scale, cos che lei avesse agio di ricamare un favoloso ucce llo verde a un'ala sola, sul mrima clandestino che teneva nascosto nell'angolo pi buio della sua stanza. Certo, un sogno da solo, sen za il potere contrattuale necessario a perseguirlo, non basta a trasformare il m ondo o ad abbattere i muri, per aiuta a conservare una dignit. Dignit avere un sogno, un sogno forte che ti da una visione, un posto tuo nel mondo, l dove il tuo operato conta e come. Sei dentro un harem quando il mondo non ti vuole Sei dentro un harem quando il tuo operato non fa la differenza, e ci che fai non serve. Sei dentro un harem quando il [pianeta gira veloce e te ne stai sepolta fino al collo nel disprezzo e nell'oblio. Nessu no pu cambiare tutto questo e far girare il mondo in senso opposto, sta a te soltanto. Se ti elevi contro il disprezzo e sogni un altro mondo, sar mo dificato il senso della [Terra. Ma quello che devi evitare ad ogni costo, che il [disprezzo ti penetri dentro. Quando una donna crede di non valere nulla piangono i passerotti. Chi li difender sulla terrazza, se un mondo senza fionde, non lo sogna nessuno? Le madri dovrebbero parlare a figlie e figli dell'importanza dei sogni, diceva la zia Habiba. I sogni danno il senso di una direzione. Non basta rifiutare questo c ortile - devi avere una visione dei prati con cui vuoi rimpiazzarlo. Ma come si f a, chiesi alla zia Habiba, a distinguere fra tutti i desideri, gli aneliti che t i assediano, e trovarne uno su cui concentrarti, il sogno importante che ti da l a visione? Lei rispose che i bambini devono avere pazienza, il sogno chiave emer ge e fiorisce dentro, e poi, dal piacere intenso che da, si capisce che proprio quello, l'autentico piccolo tesoro che ti pu dare luce e direzione. D isse anche che, per ora, non dovevo preoccuparmi, perch appartenevo a una lunga c atena di donne che sognavano intensamente Il sogno di tua nonna Jasmina era quest o: lei sapeva di essere una creatura speciale, disse la zia, e nessuno mai riuscit o a farle cambiare idea. Ha cambiato tuo nonno, e lui entrato nel suo sogno per dividerlo con lei. Anche tua madre ha le ali dentro di s, e tuo padre vola con le i ogni volta che pu. Anche tu sarai capace di cambiare le persone, ne sono sicura . Io non mi preoccuperei, fossi in te. Quel pomeriggio in cortile, cominciato con una strana sensazione di magia e di s

ogni con le ali, fin con una sensazione sempre strana, ma gradevolissima: mi sent ii all'improvviso contenta e fiduciosa, come se fossi entrata in una terra nuova ma sicura. Sebbene non avessi scoperto nulla di particolare, capivo di essermi imbattuta in qualcosa di importante, del cui nome dovevo ancora accertarmi; sent ivo vagamente che aveva a che fare con i sogni e la realt, ma di cosa si trattass e, non avrei saputo dirlo. Per qualche secondo, mi chiesi se il mio gioioso sent imento non fosse dovuto al tramonto insolitamente lungo. Il pi delle volte, i tra monti di Fez erano cos veloci che mi chiedevo se, per caso, non avessi solo sogna to che il giorno era finito. Ma le nuvole rosa che, quel pomeriggio, attraversav ano il remoto quadrato del cielo, se la prendevano cos comoda che le stelle aveva no gi incominciato ad apparire e non si era fatto ancora buio. Mi sedetti vicino a mia cugina Shama e le descrissi quel che sentivo. Lei mi asc olt attentamente e poi disse che mi stavo facendo matura. Sentii l'irresistibile impulso di chiederle subito cosa intendesse, ma mi trattenni. Avevo paura che si scordasse quello che stava per dire, e virasse verso la classica lamentazione s ul modo in cui infastidivo sempre gli adulti con le mie domande. Con mia sorpres a, continu a parlare, come da sola, come se quello che diceva non riguardasse alt ri che se stessa. La maturit quando si comincia a percepire il moto del zaman (tem po) come una carezza dei sensi. Quella frase mi rallegr tutta, perch legava insieme tre termini che ricorrevano molto nei libri di magia: moto, tempo, carezza. Ma non mi lasciai sf uggire una parola; continuai semplicemente ad ascoltare Shama, che aveva iniziat o a gesticolare come chi sul punto di fare un'importante affermazione. Spingendo in avanti il suo mrima, butt indietro le spalle e carezz il cappello di Vienna che aveva in testa; quindi, dopo essersi accomodata un grosso cuscino die tro la schiena, attacc un monologo nello stile di Asmahan. Cio fiss lo sguardo su u n invisibile orizzonte, e pos il mento sulla mano destra stretta in un pugno mina ccioso: Zaman (il tempo) la ferita degli arabi. Si sentono al sicuro nel passato. Il passato l'illusione della tenda di defunti antenati. Il taqlid il paese di morti. Il futuro fa paura ed pieno di peccato. Il nuovo bid'a, un crimine! Trascinata dalle sue stesse parole, Shama si alz in piedi e annunci al quieto udit orio che stava per fare un'importante dichiarazione. Sollevandosi con una mano i l bianco qamis di pizzo, cammin per un po con aria solenne, poi si inchin di front e a mia madre, si tolse il cappello di Vienna, e lo tenne rigidamente davanti a s come se fosse un qualche vessillo alieno. Poi attacc una tirata al ritmo della p oesia preislamica: Cos' l'adolescenza per gli arabi? Qualcuno pu dirmelo in breve? un crimine, l'adolescenza? Chi sa? Nel presente voglio vivere, E un crimine? La carezza sensuale dell'attimo fuggente sulla pelle, voglio sentire E un crimine? Qualcuno mi sa dire perch il presente meno [importante del passato? Perch Layal al-uns (Notti di piacere) esiste solo a Vienna? Perch non ci pu esser L ayal al-uns anche nella medina di Fez? A questo punto, la voce di Shama si mut all'improvviso in quel flebile e pericolo so sussurro gi pieno, si sentiva, di pianto. Mia madre, che conosceva bene la pre disposizione di Shama a passare dal riso alla depressione, balz in piedi immediat amente, si chin, e la fece tornare a sedere sul divano. Poi, con gesti enfatici, come fosse una regina, si tolse il cappello di Vienna, salut l'uditorio compiacen te, e and avanti, come se tutto fosse stato concordato in precedenza: Signore qui presenti e signori assenti

Layal al-uns a Vienna! Dobbiamo solo noleggiare degli asini e partire verso [il nord. E il problema fondamentale : Come si fa ad avere un passaporto per un semplice [asinello di Fez? E come vestire la nostra diplomatica bestiola? In foggia locale o straniera? 'as r o taqlid? Pensateci bene! Ma non perdete il sonno! Che rispondiate o no La vostr a opinione non conta. XXI La politica della pelle: uova, datteri e altri segreti di bellezzza La rottura decisiva fra me e mio cugino Samir avvenne quando stavo per entrare n el nono anno di et e Shama mi aveva dichiarata ufficialmente matura. Fu allora ch e capii che lui non era pronto a investire tanto quanto me nella faccenda della bellezza. Samir cerc di convincermi che i trattamenti di bellezza erano di import anza marginale, e io cercai di convincere lui che non ci si pu aspettare nulla di buono da una persona che trascura la propria pelle, perch attraverso la pelle ch e si percepisce il mondo. Naturalmente, dicendo questo, stavo esponendo la teori a della pelle della zia Habiba, della quale ero gi divenuta un'entusiasta sosteni trice. Ma in pratica, le cose fra me e Samir avevano cominciato a deteriorarsi g i da qualche tempo. Aveva cominciato a chiamarmi Asila - che alla lettera si trad uce "mielosa" - ogni volta che mi sorprendeva a cantare una canzone da una delle opere romantiche di Asmahan, con voce deliberatamente tremula. Asila era un ins ulto nelle strade della medina; significava molle e appiccicoso. Asila veniva ch iamato chi non aveva l'aria molto vigile, e poich stavo gi diventando famosa per l a mia distrazione, lo pregai di non chiamarmi pi a quel modo. In cambio, gli prom isi di risparmiargli i miei gorgheggi alla Asmahan. Ma le cose seguitarono a peg giorare. Lui metteva in ridicolo il mio interesse per i libri di magia, i talism ani e gli incantesimi astrali, e mi lasci senza protezione ad affrontare i perico losi ginn che stavano in agguato nei libri di magia di Shama. Finalmente, un giorno, il nostro conflitto giunse a una svolta critica, e Samir indisse un incontro straordinario sulla terrazza proibita, dove mi spieg che se continuavo a sparire due giorni di fila per prende re parte ai trattamenti di bellezza delle donne, e a frequentare le nostre sedut e in terrazza con la faccia e i capelli sporchi di maschere oleose e puzzolenti, si sarebbe cercato qualcun altro con cui giocare. Cos non si poteva andare avant i, disse; dovevo scegliere tra il gioco e la bellezza, perch di certo non potevo fare tutte e due le cose. Cercai di ragionare con lui, e gli ripetei la teoria d ella pelle della zia Habiba, che gi conosceva a memoria. Un essere umano entra in rapporto con il mondo attraverso la pelle, dissi, e come pu uno che ha i pori os truiti sentire l'ambiente ed essere sensibile alle sue vibrazioni? La zia Habiba era convinta che se gli uomini si fossero fatti maschere di bellezza invece che maschere da guerra, il mondo sarebbe stato un posto di gran lunga migliore. Pur troppo per me, Samir respinse quella teoria come un'autentica assurdit, e mi ripe t il suo ultimatum. Devi scegliere adesso. Non posso continuare a ritrovarmi solo per due giorni di fila, senza nessuno con cui giocare. Vedendo, per, quanto fossi angustiata, si addolc un pochino e mi disse che potevo prendermi qualche giorno p er pensarci su. Ma io gli risposi subito che non ce n'era alcun bisogno, che la mia decisione era gi presa. La pelle innanzi tutto, gli dissi, il destino di una don na di essere bella, e io voglio splendere come la luna!. Ma nell'attimo stesso in cui lo dissi, fui pervasa da un pauroso sentimento fatt o di rimorso e di timore, e pregai Dio che Samir mi chiedesse di cambiare idea, cos non avrei perso la faccia. Ed ecco che lo fece. Ma Fatima, mi disse, solo Dio cr ea la bellezza. Non applicando henn, ghasl - volgarissima argilla - o qualunque al tro sporco intruglio, che splenderai come la luna. E poi, Dio dice che non lecit o cambiare il proprio aspetto fisico: quindi, rischi anche di andare all'inferno. Poi aggiunse che se avessi scelto la bellezza, lui avrebbe dovuto trovarsi qual cun altro con cui giocare. Per me si trattava di una scelta penosa, ma devo conf essare che sentivo anche, nel profondo, uno strano senso di trionfo e di orgogli o, che non avevo mai avvertito prima. Arrivai a capirlo molto

tempo dopo. Quel senso di trionfo mi veniva dall'aver realizzato quanto importan te fosse per Samir la mia compagnia; non poteva vivere sulla terrazza senza la m ia meravigliosa presenza. Era un sentimento straordinario, e non potei trattener mi dallo spingere oltre la mia fortuna. Cos, mi misi a guardare un punto arbitrar io dell'orizzonte, a pochi centimetri dall'orecchio di Samir; resi il mio sguard o pi sognante possibile, e sussurrai con voce appena percettibile, sperando di ri produrre il tono da donna fatale di Asmahan: Samir, lo so che non puoi vivere sen za di me. Ma penso sia ora di rendersi conto che devo diventare una donna. Poi, d opo una pausa calcolata, aggiunsi: Le nostre strade si dividono qui. Al modo di As mahan, mentre parlavo, evitai di guardare Samir e gli effetti devastanti delle m ie parole. Vinsi quella tentazione e tenni gli occhi fissi su quel vago punto de ll'orizzonte. Ma Samir mi sorprese, e riacquist il controllo della situazione. Io non credo che tu sia una donna, non ancora, disse, perch non hai neanche nove anni e non hai nemmeno i seni. Dove si mai vista una donna senza seni?. Questo affront o non me lo aspettavo, e ne fui furiosa. Volevo colpirlo anch'io, e forte. Samir, gli dissi, con o senza i seni, ho deciso che d'ora in avanti mi comporter come una donna, e investir nella bellezza tutto il tempo che ci vuole. La mia pelle e i m iei capelli hanno la precedenza sui giochi. Addio, Samir. Puoi cercarti qualcun altro, per giocare. Con queste fatali parole, che avrebbero introdotto grandi cambiamenti nella mia vita, mi avviai gi per i precari pali da bucato. Samir me li resse mentre scendev o, senza proferire parola. Una volta scesa, io ressi i pali per lui, che scivol a terra in silenzio. Restammo faccia a faccia per un attimo, e poi ci stringemmo la mano con grande solennit, come avevamo visto fare ai nostri padri, dopo la pre ghiera alla moschea nei giorni di festa. Quindi ci separammo in solenne silenzio . Io scesi gi in cortile per unirmi ai trattamenti di bellezza, e Samir rimase, s olo e imbronciato, sulla terrazza deserta. Il cortile era un alveare fervente di attivit, concentrata in gran parte intorno alla fontana, dove si aveva facile accesso all'acqua per lavare mani, spazzole e ciotole. Gli ingredienti base come uova, m iele, henn, argilla, e ogni sorta di olii, erano conservati in grossi barattoli d i vetro sul cerchio di marmo che incorniciava la fontana. L'olio d'oliva abbonda va, ovviamente, e il migliore veniva dal nord, a meno di cento chilometri da Fez . Ma gli olii pi pregiati, come quello di mandorle e olio di argan, erano disponi bili in minori quantit, perch venivano da alberi esotici che avevano bisogno di mo lto sole e crescevano solo al sud, nelle regioni di Marrkesh e Agadir. Met delle d onne dell'harem avevano gi assunto un aspetto orribile, con pappe e poltiglie app iccicose che coprivano completamente la faccia e i capelli. Accanto a loro sedev ano le caposquadra che lavoravano in rigoroso silenzio, perch fare uno sbaglio ne i trattamenti di bellezza poteva provocare danni irreparabili. Una misura sbagli ata, o un passo falso nelle miscele e nei tempi di preparazione, potevano dar lu ogo ad allergie e prurito, o peggio ancora, cambiare il colore di una chioma dal rosso al nero corvino. Di norma, vi erano tre squadre di addette alla bellezza: la prima si dedicava alle maschere per capelli, la seconda agli intrugli a base di henn, e la terza alle maschere per la pelle e ai profumi. Ogni squadra aveva in dotazione un kann (un piccolo braciere) e un tavolino completamente ricoperto da un imponente arsenale di terre e tinte naturali, come buccia di melograna, sc orza di noce, zafferano, e ogni sorta di erbe e fiori profumati, compresi mirto, rose essiccate e fiori d'arancio. Molti di questi articoli erano ancora nella l oro carta blu, originariamente usata per avvolgere lo zucchero, che i negozianti riciclavano per incartare quelle costose merci. Le fragranze esotiche, come il muschio e l'ambra, erano conservate in graziose conchiglie, racchiuse, a maggior protezione, in contenitori di cristallo, e dozzine di ciotole in terracotta pie ne di misteriose misture erano allineate in bell'attesa per essere trasformate i n magici impiastri. Tra i pi magici, vi erano quelli a base di henn. Le esperte di henn dovevano preparare almeno quattro tipi di intrugli per soddisfare i gusti d el cortile. Per quelle che volevano degli energici colpi di sole rosso fiamma, v eniva diluito in un unguento bollente fatto di bucce di melograna e un pizzico di carminio. Per quelle che pr eferivano toni pi scuri, l'henn era diluito in un unguento caldo a base di guscio

di noce. Per quelle che volevano solo irrobustirsi i capelli, l'henn misto a taba cco faceva meraviglie, mentre per quelle che desideravano idratare i capelli sec chi, l'henn veniva diluito a formare una pasta molto fine e mescolato con olio d' oliva, di mandorle e di argan, prima di essere usato per massaggiare il cuoio ca pelluto. A proposito, la bellezza era il solo argomento sul quale tutte le donne erano d' accordo. L'innovazione non era affatto la benvenuta. Tutte, comprese Shama e mia madre, si affidavano totalmente alla tradizione, e non facevano niente senza pr ima consultarsi con Lalla Mani e Lalla Radiya. Le donne avevano un aspetto spaventoso, tutte spalmate di maschere alla frutta, alle verdure e all'uovo, e vestite dei pi vecchi e impresentabili qamis che riusc ivano a trovare. Inoltre, poich di norma portavano elaborati turbanti e sciarpe p reziose, le loro teste sembravano tremendamente piccole, con occhi affossati e g occe di color scuro che colavano lungo le guance e le mascelle. Ma farsi pi brutt e possibile era un imperativo, quando ci si preparava per il bammam: tutte erano concordi sul fatto che quanto pi brutte ci si faceva prima di entrare ai bagni, tanto pi belle si era quando se ne usciva. Anzi, le pi brave a raggiungere una bru ttezza interessante venivano applaudite e messe davanti allo "specchio repulsivo del hammani", un misterioso specchio antico che aveva perso tutta l'argentatura e aveva l'inquietante potere di distorcere i nasi e ridurre gli occhi a dei pun tini satanici. Io non giocavo mai vicino a quello specchio, perch mi rendeva estr emamente nervosa. Il nostro tradizionale rito del bammam prevedeva un "prima", un "durante" e un " dopo" La prima fase aveva appunto luogo nel cortile centrale, ed era l che ci si faceva brutte, con faccia e capelli ricoperti di tutti quei miscugli indecenti. La seconda fase aveva luogo nel bammam del quartiere, non lontano da casa nostra , ed era l che ci si spogliava e si passava in una serie di tre camere simili a bozzoli, piene di vapore. Alcune donne entra vano completamente svestite, altre si mettevano un panno attorno ai fianchi, men tre le eccentriche si tenevano addosso i sarwal, che le rendeva simili agli extr aterrestri, una volta che la stoffa si era bagnata. Le eccentriche che entravano nel hammam con indosso i sarwal, venivano fatte bersaglio di ogni sorta di sche rzi e battute sarcastiche del tipo: Perch non ti metti anche il velo, gi che ci sei ?. La fase del "dopo" prevedeva l'uscita da quel nebbioso hammam in un cortile dove ci si poteva stendere per un po, con indosso il solo asciugamano, prima di indo ssare abiti puliti. Il cortile del nostro hammam aveva degli invitanti divani lu ngo le pareti, posti su alte pedane di legno che li proteggevano dal pavimento b agnato. Tuttavia, dal momento che i divani non erano mai sufficienti per far sed ere tutti quelli che frequentavano il hammam, si doveva occupare il minor spazio possibile ed evitare di trattenersi a lungo. Quando uscivo dal bagno, ero felic e che ci fossero quei divani, perch avevo sempre un sonno terribile. Anzi, questa terza fase del rito del bagno era la mia preferita, non solo perch mi sentivo ri nata, ma anche perch le inservienti dei bagni, sotto istruzione della zia Habiba (che era l'incaricata dei rinfreschi per il hammam), distribuivano succo d'aranc ia e latte di mandorle, e a volte anche datteri e noci, per aiutarci a recuperar e le forze. La fase del "dopo" era una delle rare occasioni in cui gli adulti no n dovevano dire ai bambini di star quieti e seduti, perch giacevamo tutti mezzi a ddormentati sugli asciugamani e sulle vesti delle nostre madri. Strane mani ti s pingevano qua e l, a volte sollevandoti le gambe, altre volte la testa o le mani. Sentivi le voci, ma non potevi alzare un dito, tanto il tuo sonno era delizioso . In un particolare periodo dell'anno, una rara bevanda celestiale chiamata zar'a ( alla lettera, "i semi") veniva servita al hammam sotto la stretta supervisione d ella zia Habiba, che cercava di assicurare un'equa distribuzione. La bibita era a base di semi di melone che venivano lavati, essiccati e conservati in barattol i di vetro appositamente preparati per le bevande del hammam. (Per una ragione che ancora non mi chiara, quella bibita mer avigliosa non era servita in nessun altro luogo). I semi dovevano essere consuma ti molto in fretta, altrimenti andavano a male, e questo significava che la zar'a

si poteva gustare solo nella stagione dei meloni, non pi di poche settimane all' anno. I semi venivano schiacciati, uniti a latte intero, poche gocce di acqua di fiori d'arancio, e un pizzico di cannella. Quindi, la mistura veniva lasciata a riposo per un po di tempo, con la polpa di melone dentro. Quando veniva servita , si doveva stare attenti a non muovere troppo la brocca, per far restare la pol pa sul fondo e versare solo il liquido. A volte, le madri che amavano molto i lo ro figli, vedendoli troppo addormentati per bere dopo il bagno, cercavano di ver sare loro in bocca un assaggio di zar'a, perch non si perdessero quell'evento spec iale. I bambini che avevano madri troppo distratte per ricordarsi di farlo, comi nciavano a strillare frustrati se, al risveglio, trovavano le brocche vuote. Avet e bevuto tutta la zaria! La volevo anch'io!, ululavano, ma c'era poco da fare: no n ne avrebbero pi avuta fino all'anno dopo. La stagione dei meloni aveva una fine brusca e crudele. Ma lasciare il cortile del hammam, tutte vestite e debitamente velate, non segna va certo la fine del rituale di bellezza. C'era ancora un'altra operazione da co mpiere: profumarsi. Quella sera, o il mattino successivo, le donne indossavano i loro caffettani preferiti, sedevano in un angolo tranquillo, ognuna nel suo sal one, mettevano del muschio, dell'ambra, o qualche altra fragranza su un piccolo braciere, e lasciavano che il fumo impregnasse loro le vesti e i lunghi capelli sciolti. Poi si intrecciavano i capelli e si truccavano con il kohl e il rossett o. Noi bambini amavamo queste giornate in modo particolare, perch le nostre madri erano bellissime, e si dimenticavano di darci ordini. La magia dei trattamenti di bellezza e del rituale del hammam non derivava solo dal sentirsi rinati, ma anche dalla coscienza di essere le artefici di questa ri nascita. La bellezza dentro, basta tirarla fuori, diceva la zia Habiba, atteggiand osi a regina nella sua stanza, il mattino dopo il hammam. Non posava che per se stes sa, con la sciarpa di seta avvolta intorno alla testa come un turbante, e i poch i gioielli che era riuscita a salvare dal divorzio le brillavano intorno al coll o e sulle braccia. Ma dentro dove?, le domandavo. Sta nel cuore? nella testa? dove, esattamente? Al che, la zia Habiba scoppiava a ridere. Mia povera bambina! Non c' bisogno di andare tanto lontano e complicare le cose! La bellezza sta nella pell e! Prenditene cura, pensa ad ungerla, pulirla, levigarla, profumarla. Mettiti i vestiti migliori, anche se non c' un'occasione speciale, e ti sentirai una regina . Se la societ dura con te, reagisci coccolando la tua pelle. La pelle politica ( Al-jildsiyasa). Altrimenti, perch gli imam ci ordinerebbero di nasconderla?. Per quel che riguardava la zia Habiba, massaggiare e tonificare la pelle era il punto di partenza dell'emancipazione femminile. Se una donna comincia a maltratta re la sua pelle, si espone a ogni tipo di umiliazioni, diceva. Io non capivo bene il significato di quell'ultima frase, ma le sue parole mi ispirarono la decisio ne di imparare tutto sulle maschere per il viso e i capelli. Anzi, diventai cos b rava che la mamma mi mandava a spiare la nonna Lalla Mani e Lalla Radiya, per ve dere che cosa mettevano nelle loro pozioni di bellezza. Dovevo spiarle perch, com e molte altre donne, seguivano la credenza tradizionale che i loro trattamenti d i bellezza avrebbero perso in efficacia, se fossero stati divulgati. Nello svolg ere tale missione, divenni cos ben informata che arrivai a considerare l'idea di farmi una carriera nel campo della bellezza, della magia e della speranza, se di ventare una narratrice di successo come la zia Habiba si fosse rivelata un'impre sa troppo ardua. Una delle maschere di bellezza che pi mi piacevano era quella us ata da Shama per far sparire lentiggini, foruncoli e altre imperfezioni. Io avev o tante lentiggini da bastarmi per una vita intera. La formula di Shama, da usar e solo per pelli grasse, recitava cos: Primo, prendi un uovo fresco. L'unico modo per sapere con certezza che fresco ospitare una gallinella sulla terrazza per qu alche settimana. Se la cosa si rivela troppo difficoltosa, prendi un uovo dal droghiere pi vicino. Se non ti par e abbastanza fresco, dipingilo fino a raggiungere un bianco perfetto. Poi, lavat i le mani con del sapone naturale. Ovviamente, neanche questo sempre facile da r eperire, oggigiorno, ma se non riesci a trovare niente di naturale, lavati le ma ni con un liquido il pi possibile privo di detergenti. Una volta che hai le mani pulite, rompi l'uovo con attenzione e getta via il tuorlo. Quindi, metti il bian

co su un piattino di terracotta. La terracotta o qualche altro tipo di ceramica essenziale; non si deve usare metallo. Prendi un po di shabba (allume) bianco e puro, quel tanto da riempirti appena il palmo della mano, e sbattilo vigorosamen te con il bianco dell'uovo finch non diventa tutto a grumi. Poi, prendi una dose abbondante di questa bianca e grumosa mistura e spalmatela sulla faccia. Aspetta dieci minuti finch non la senti asciutta. Quindi, lavati la faccia delicatamente con un panno in fibra naturale, se possibile, imbevuto di acqua tiepida. I tuoi pori si sentiranno fantasticamente puliti, e la tua pelle bella liscia. Di certo, questa maschera non andava bene per la zia Habiba, che aveva una pelle molto secca. A lei ci voleva una formula tutta diversa, una di poco prezzo, ma che richiedeva una certa pianificazione e un occhio alla stagione. Era cos: duran te la stagione dei meloni, ne sceglieva uno succoso e ben maturo, ci faceva un b uco, e lo riempiva con tre manciate di ceci appena lavati. Poi metteva il melone ripieno fuori sulla terrazza, e se lo dimenticava l per circa due settimane, fin ch non diventava una cosetta tutta rinsecchita. Quindi metteva il melone in un gr osso mortaio (oggigiorno, pi comodo il frullatore), e con un pestello lo riduceva in polvere fine. Poi conservava questa polvere preziosa in un posto assolato, a ccuratamente incartata, e dentro un recipiente di latta per proteggerla dall'umi dit. Ogni settimana, tirava fuori un po di questa polvere e la mischiava con semp lice acqua naturale (andava bene anche l'acqua in bottiglia) ottenendone un comp osto che applicava sul viso per un'ora circa. Quando se lo puliva con un tiepido panno inumidito, sospirava di piacere e diceva: La mia pelle mi ama Ma le maschere per il viso di Shama e della zia Habiba andavano bene solo per la pulizia. Nessuna delle due dava molto nutrimento alla pelle. Cos, una settimana usavano le loro maschere di pulizia, e la settimana dopo ne usavano altre per il nutrimento. Il trattamento a base di papaveri rossi di Jasmina e la ricetta ai datteri di Lalla Mani erano le maschere migliori. L'unico problema con entrambe era che non si mantenevano a lungo, e dovevano essere usate immediatamente. La m aschera ai papaveri, per di pi, era drammaticamente legata alla stagione. Tutti g li anni, Jasmina aspettava la primavera con grande impazienza, e non appena il g rano arrivava all'altezza delle ginocchia, usciva a cavallo insieme a Tam, per da re la caccia ai primi papaveri. Questi crescevano nei ricchi campi di grano verd e intorno alla fattoria, ma spesso Tam e Jasmina dovevano andare molto lontano, o ltre la ferrovia, per rubare i primi fiori della stagione dai campi confinanti, che erano meglio esposti al sole. Per quelli della loro fattoria, si doveva aspe ttare ancora qualche settimana. Quando trovavano i papaveri, ne facevano un abbo ndante raccolto e ritornavano a casa con giganteschi bouquet rossi. Quella sera stessa, reclutavano l'aiuto di qualche altra moglie e stendevano sul tavolo un l enzuolo bianco, poi, delicatamente, smembravano i fiori, tenendo petali e pollin e e buttando via i gambi. I fiori cos smembrati venivano messi in grossi vasi di cristallo, e Tam mandava qualcuno alla limonaia a prendere i frutti dai rami pi al ti, quelli ribollenti di sole e pronti a versare i loro succhi. Spremeva il succ o di limone sui fiori e li lasciava a macerare per alcuni giorni finch diventavan o un soffice impasto. Alla fine, quando erano pronti, tutte le donne venivano in vitate a prendere parte al trattamento di bellezza. Le mogli si precipitavano, f acevano la fila aspettando il loro turno, e per alcune ore l'intera fattoria pul lulava di creature dalla faccia rossa. Solo gli occhi restavano scoperti. Quando ti laverai la faccia, la tua pelle splender come i papaveri, diceva Jasmina, con q uella insolente sicurezza di s che hanno i maghi. Nella medina di Fez, la mia mamma sognava i papaveri, ma il pi delle volte doveva ripiegare su maschere di bellezza pi accessibili. Anche i buoni datteri che Lall a Mani usava per le sue maschere erano difficili da reperire, perch dovevano esse re importati dall'Algeria, ma di sicuro erano pi alla portata dei papaveri. Mi va attribuito il merito di aver scoperto la maschera ai datteri, perch se non avess i spiato la nonna Lalla Mani, mia madre non sarebbe mai venuta a conoscenza del suo segreto. E la pelle di Lalla Mani era uno splendore, c'era poco da discutere . L'et non faceva alcuna differenza. Il pi delle volte Lalla Mani non metteva null a sulla pelle, ma una volta alla settimana portava per tutto il pomeriggio una m aschera di bellezza. Nessuno riusciva a capire di quali ingredienti fosse fatta

quella maschera, finch mia madre non mi mand a spiare e io scoprii dei datteri e d el latte. Lalla Mani fu molto seccata quando cap che sapevamo della sua maschera segreta e, da quel momento in poi, noi bambini fummo cacciati via dal suo salone , ogni volta che si metteva a lavorare ai suoi trattamenti di bellezza. Per fare la sua maschera, Lalla Mani metteva due o tre datteri belli carnosi in un bicchiere di latte intero, li copriva, e li lasciava a riposo per qualche gio rno vicino a una finestra soleggiata. Poi lavorava la mistura con un cucchiaio d i legno, se la applicava sulla faccia ed evitava di esporsi al sole. La maschera doveva asciugarsi molto lentamente, un dettaglio che non ero riuscita a coglier e spiando, e che mia madre, con un bel po di pazienza, era arrivata a scoprire d a sola. Devi sederti davanti a una finestra aperta, mi disse dopo aver scoperto il segreto della nonna, o meglio ancora, sederti sotto un ombrello su una terrazza con una bella vista. XXII Henn, argilla e gli sguardi degli uomini Mio padre detestava l'odore dell'henn, e la puzza dei trattamenti all'olio di oli va e di argania che mia madre usava per irrobustirsi i capelli. Sembrava sempre a disagio il gioved mattina, quando la mamma indossava il suo orribile qamis un t empo verde, ora grigio (un vecchio regalo di Lalla Mani, ricordo di un pellegrin aggio alla Mecca che aveva avuto luogo prima della mia nascita), e cominciava ad andarsene in giro con i capelli pieni di henn e la faccia impiastricciata da un orecchio all'altro di maschera al melone e ceci. I suoi capelli, lunghi fino all a vita, inumiditi con un impasto a base di henn, quindi intrecciati e fermati sul la testa, prendevano l'aspetto di un elmo imponente. Mia madre aderiva con tutto il cuore alla scuola secondo la quale pi brutte si entra nel hamman, pi belle se ne esce; e investiva un'incredibile quantit di energie per trasformarsi, al punto che, sotto quelle maschere, la mia sorellina non la riconosceva pi e si metteva a strillare ogni volta che la vedeva avvicinarsi. Gi dal mercoled pomeriggio, mio padre cominciava ad assumere un'aria afflitta. Dja, io ti amo al naturale, come Dio ti ha fatta, diceva. Non hai bisogno di prenderti tutto questo disturbo per piacere a me. Io sono felice con te, per come sei, non ostante il tuo temperamento vivace. Te lo giuro, Dio mi testimone, sono un uomo felice. Quindi, per favore, perch domani non lasci perdere quell'henn?. Ma la risposta di mia madre era sempre la stessa. Sid (mio signore), la donna che tu ami non affatto al naturale! Io faccio uso di henn dall'et di tre anni. Senza c ontare che ci sono anche delle ragioni psicologiche per cui devo sottopormi a questo trattamento: m i fa sentire rinata. E poi, la mia pelle e i miei capelli diventano pi setosi, do po. Questo lo ammetterai, no?. Quindi, tutti i gioved, mio padre sgattaiolava fuori di casa il prima possibile. Ma se,-per caso, aveva necessit di rientrare, fuggiva a gambe levate ogni volta c he mia madre gli veniva vicino. Era un gioco che piaceva molto a tutto il cortil e. Le occasioni in cui gli uomini si mostravano terrorizzati di fronte alle donn e, erano veramente rare. Mia madre si metteva a inseguire pap fra le colonne, e t utti ridevano a crepapelle, finch Lalla Mani compariva sulla soglia dei suoi appa rtamenti, inalberando il suo autorevole copricapo. Allora, tutto si fermava di c olpo. Sai bene, signora Taz, apostrofava mia madre usando il suo nome da ragazza, p er ricordarle che era un'estranea nella famiglia, che in questa casa rispettabile non si usa terrorizzare i mariti. Forse le cose vanno diversamente alla fattori a di tuo padre. Ma qui, nel centro di questa devotissima citt, a pochi metri dall a moschea di al-Qarwiyyin -centro dell'Islam tra i pi famosi del mondo - le donne si comportano secondo il Libro. Sono obbedienti e rispettose. Un comportamento o ltraggioso del tipo praticato da tua madre Jasmina, buono solo per divertire i v illici. Al che, mia madre lanciava a mio padre uno sguardo furioso, e scompariva al piano di sopra. Odiava l'assenza di privacy dell'harem e le costanti intromis sioni di sua suocera. Anche il suo modo di comportarsi insopportabile e volgare, d iceva, specialmente per una che sta sempre a predicare sulle buone maniere e il r ispetto degli altri. All'inizio del loro matrimonio, mio padre aveva cercato di tener lontana la mamm

a dai tradizionali trattamenti di bellezza, facendole usare dei cosmetici di fab bricazione francese, che richiedevano tempi di preparazione minori e garantivano risultati immediati. I cosmetici erano l'unico campo in cui mio padre favoriva il moderno a scapito della tradizione. Dopo lunghe consultazioni con il cugino Z in, che gli traduceva le pubblicit di cosmetici da giornali e riviste francesi, compil una lunga lista e, insieme al nipote, and a fare compere alla Ville Nouvell e, tornando con una sporta di bei pacchetti, tutti avvolti nel cellophane e lega ti con nastri di seta colorati. Mio padre chiese a Zin di sedere nel nostro salo ne, mentre la mamma apriva i pacchetti, nel caso avesse avuto bisogno di aiuto p er capire le istruzioni in francese, e rimase a guardare con grande interesse me ntre lei apriva con cura ogni pacchetto. Era evidente che aveva speso una fortun a. Alcuni pacchetti contenevano tinture per capelli, altri degli sciampi, e c'er ano anche tre tipi di creme sia per viso che per capelli, per non parlare dei pr ofumi conservati in bottigliette che parevano gioielli. A mio padre risultava pa rticolarmente sgradita la fragranza muschiata che mia madre insisteva a mettersi nei capelli, e cos l'aiut con impazienza ad aprire il flacone di Chanci N 5, giura ndo che ha dentro tutti i fiori che ti piacciono di pi. Mia madre guard tutto quanto con molta curiosit, fece alcune domande sulla loro composizione, e chiese a Zin di tradurle le istruzioni. Alla fine, si rivolse a mio padre e gli fece una doma nda che lui non si aspettava: Chi ha fatto questi cosmetici?. Lui fece l'errore fa tale di dirle che erano stati fatti da uomini di scienza, in laboratori clinici. Al sentir questo, mia madre si tenne il profumo, e butt via tutto il resto. Se gl i uomini, ora, incominciano a derubarmi delle sole cose che ancora controllo, i miei cosmetici, finir che saranno loro ad aver potere sulla mia bellezza. Io non permetter mai una cosa del genere. Io sola creo la mia magia, e non intendo abban donare il mio henn. Questo sistem la questione una volta per tutte, e mio padre dovette rassegnarsi, come tutti gli uomini del cortile, agli inconvenienti dei trattamenti di bellezz a. La notte prima del hammam, quando la mamma si metteva l'henn sui capelli, mio pad re disertava i nostri appartamenti e si rifugiava in quelli di sua madre. Ma vi ricompariva immediatamente, non appena la mamma faceva ritorno a casa, tutta pro fumata di Chanci N 5, dopo essersi fermata da Lalla Mani per il baciamano rituale . Era una delle tante tradizioni: una nuora di ritorno dal bammam era obbligata a passare da sua suocera per baciarle la mano. Tuttavia, grazie alla rivoluzione n azionalista e a tutto quello che si andava dicendo sulla liberazione della donna , quel rituale era quasi ovunque in via di estinzione, e sopravviveva solo in oc casione di importanti feste religiose. Ma dal momento che Lalla Radiya continuav a a osservarlo, mia madre era tenuta a fare lo stesso. Tuttavia, il baciamano ri tuale le offriva l'occasione di scherzare un po. Cara suocera, diceva, pensi che tu o figlio sia pronto, ora, a guardare in faccia sua moglie, o preferisce restare da mammina?. La mamma sorrideva nel dir questo, ma Lalla Mani rispondeva con un c ipiglio, e alzava il mento, perch era dell'idea che l'umorismo in genere fosse un a mancanza di rispetto, e quello di mia madre, in particolare, fosse una forma d i aggressione diretta. Lo sai, cara, replicava inevitabilmente, sei fortunata ad av er sposato un uomo accomodante come mio figlio. Un altro avrebbe ripudiato una m oglie cos disobbediente da insistere a mettersi l'henn nei capelli quando lui la p rega di non farlo. E poi, non scordarti che Allh ha dato agli uomini il diritto d i avere quattro mogli. Se mio figlio volesse, un giorno, esercitare il suo sacro santo diritto, se ne andrebbe nel letto della seconda moglie, quando lo allontan i con quel tuo maleodorante henn. Mia madre, calma e tranquilla, ascoltava il serm one della nonna dall'inizio alla fine. Poi, senza aggiungere parola, le baciava la mano e procedeva verso il suo salone, lasciandosi dietro una scia di Chanci N 5. Il hammam dove ci recavamo per fare il bagno e lavarci di dosso gli impiastri di bellezza, era tutto in marmo bianco, pavimenti e pareti, con grandi lucernari s ui soffitti che riversavano luce all'interno. Quella combinazione di luce, avori o, nebbie, donne e bambini che andavano in giro nudi, faceva pensare al bammam c ome a una specie di isola esotica e calda di vapori che fosse, in qualche modo,

andata alla deriva fino al cuore della disciplinata medina. Davvero, poteva esse re un paradiso, il hammam, se non fosse stato per la sua terza camera. Nella prima camera del hammam c'era del vapore, s, ma niente di eccezionale, e noi vi passavamo in fretta, tanto per abituarci al calo re fumoso. La seconda era una delizia, con quel tanto di vapore che bastava ad o ffuscare la realt e a farne una sorta di luogo fuori dal mondo, ma non tanto da r endere difficile il respiro. In quella seconda camera, le donne si davano a una pulizia frenetica, strofinandosi via la pelle morta con i mhakka, dei pezzi di s ughero dalla forma tondeggiante avvolti in foderine di lana lavorate all'uncinet to. Per lavare via l'henn e i vari olii, le donne adoperavano il ghasl, sciampo e lozi one insieme, miracoloso impasto a base di argilla che regalava una morbidezza in credibile a pelle e capelli. E il ghasl che trasforma la pelle in seta, affermava l a zia Habiba, e che ti fa sentire come un'antica dea quando esci dal hammam. Ci vo levano molte stagioni, e due o tre giornate di duro lavoro, per preparare il gha sl che, in pratica, consisteva in scaglie di argilla secca e profumata. Una volta ottenute le scaglie, bastava sbriciolarle in acqua di rose per avere una magica soluzione. La preparazione del ghasl aveva inizio in primavera, e vi prendeva parte tutto il cortile. Per prima cosa, Sid Aliai portava dalla campagna grandi quantit di bocci oli di rosa, mirto e altre piante profumate, che le donne si precipitavano a por tare di sopra e a stendere su dei lenzuoli puliti, al riparo dal sole. Una volta seccati, i fiori venivano messi via fino al gran giorno dedicato alla preparazi one del ghasl, a met estate, quando venivano mescolati con l'argilla e nuovamente seccati in una crosta sottile - stavolta dal cocente sole estivo. Nessun bambino voleva perdersi quel giorno, perch allora, gli adulti non solo avevano bisogno d ella nostra assistenza, ma ci permettevano anche di pasticciare con la terra e d i sporcarci come piaceva a noi, senza nessuno che si lamentasse. La terra profum ata aveva un odore cos buono che veniva voglia di mangiarsela, e una volta io e S amir ne assaggiammo un po, solo per ricavarci un gran mal di stomaco che ci guar dammo bene dal rendere pubblico. Come tutti gli altri trattamenti di bellezza, la preparazione del ghasl avveniva intorno alla fontana. Le donne vi accostavano sgabelli e bracieri, e si sedevano vicino all'acqua, per poter lavarsi le mani e sciacquare pentole e pentolini senza troppa difficolt. Per prima cosa, chili di rose e mirti seccati venivano separati, messi in pentole fonde, e lasciati a sob bollire lentamente per un po di tempo. Poi venivano tolti dal fuoco e fatti raff reddare. Le donne che amavano particolarmente un certo tipo di fiori - come mia madre, che adorava la lavanda - ne mettevano un po a bollire in un pentolino a p arte. Come per altri trattamenti di bellezza, alcune donne credevano che tutti i magici effetti del ghasl sarebbero cessati se la loro formula personale fosse di venuta di pubblico dominio, e pertanto sparivano negli angoli bui dei piani alti , chiudevano le porte, e mescolavano fiori ed erbe in gran segreto. Altre, come la zia Habiba, seccavano le loro rose al chiaro di luna. Altre ancora si limitav ano a fiori di specifici colori, e altre, infine, recitavano incantesimi sulle l oro piante per rafforzarne i poteri ammaliatori. Quindi, aveva inizio il processo dell'impasto. La zia Habiba ne dava il segnale, mettendo poche manciate di argilla grezza in un largo contenitore di terracotta simile a quelli usati per impastare il pane. Poi versava lentamente una scodell a di acqua di rose o di mirto sull'argilla, lasciava che vi penetrasse, e cominc iava a lavorare il tutto fino a ridurlo a un impasto fine. Quindi, stendeva il c omposto su una tavola di legno, e chiamava noi bambini per portare la tavola sul la terrazza a seccare. Noi bambini amavamo quel compito, e a volte qualcuno di n oi si eccitava al punto da scordarsi che l'argilla era ancora fresca, e si mette va a correre sempre pi veloce, finch l'intero contenuto della tavola gli scivolava sulla testa -ed era una cosa tremendamente imbarazzante, soprattutto perch, poi, doveva farsi guidare da qualcun altro per ritornare in cortile, dato che aveva gli occhi sigillati dall'argilla. Questo tipo di incidenti, per, a me non accadev ano mai, perch io ero disperatamente lenta in ogni cosa, e il giorno del ghasl era una delle rare occasioni in cui quella qualit veniva apprezzata.

Una volta che noi bambini emergevamo sulla terrazza, con le tavole di legno in testa, sbuffando e sospirando a pi non posso per dimostrare quanto fosse importante il nostro contributo, entrava in azione Mina. Il suo co mpito era quello di vegliare sulle tavole e controllare il processo di seccatura . Di notte, ci dava istruzione di riportare le tavole al coperto, perch non si sc iupasse tutto con l'umidit della notte, e il giorno dopo, intorno a mezzogiorno, quando il sole era pi caldo, ci dava istruzione di riportarle di nuovo all'aperto . Dopo cinque giorni, l'argilla si era seccata formando una crosta sottile, e si presentava spaccata in piccoli pezzi. A quel punto, Mina rovesciava il tutto su un grande lenzuolo pulito, e lo distribuiva alle donne. Quelle con figli ne ric evevano sempre un po di pi, in proporzione alla necessit. Il ghasl veniva usato come sciampo nella seconda camera del hammam, e come crema levigante e ammorbidente nella terza e ultima camera, dove avveniva la pulizia p i energica. Io e Samir odiavamo quella terza camera, al punto di chiamarla camera delle torture, perch era l che le donne insistevano a prendersi cura "seriamente" di noi bambini. Nelle prime due camere del hammam, le madri si scordavano del t utto della prole, impegnate com'erano nei loro trattamenti di bellezza. Ma nella terza camera, un attimo prima di dare inizio ai rituali di purificazione, le ma dri si facevano prendere dai sensi di colpa per averci trascurato, e cercavano d i rimediare trasformando in un incubo i nostri ultimi attimi al hammam. Era quello il luogo e il momento in cui tutto all'improvviso si volgeva al peggi o, e si cominciava a cascare dalla padella nella brace. Prima di tutto, le madri riempivano alle fontane dei secchi di acqua calda e fre dda che ci versavano in testa senza prima averne provato la temperatura - e mai che indovinassero quella giusta. L'acqua era sempre o gelata da levare il fiato o bollente da levar la pelle, mai una via di mezzo. Inoltre, nella terza camera, ci era ufficialmente proibito strillare perch tutto intorno a noi vi erano donne intente ai rituali di purificazione. Per purificarsi, ovvero prepararsi alla pr eghiera che aveva luogo subito fuori dal hammam, le donne adulte dovevano usare la pi pura delle ac que. Il solo modo di assicurarsi di tale purezza era di stare il pi vicino possib ile alla fonte (in questo caso, alle fontane). Ci significava che la terza camera era sempre affollata, e bisognava fare la fila ordinatamente per poter riempire i secchi. (In effetti, la terza camera del hammam l'unico luogo dove io abbia v isto delle donne marocchine mettersi in fila ordinatamente). Ogni minuto passato ad aspettare alla fontana era semplicemente intollerabile, a causa del calore. Non appena riempiti i secchi, le donne davano subito inizio al rito, proprio dav anti alla fila. L'abluzione rituale si distingueva dal lavaggio abituale per la concentrazione silenziosa e l'ordine con cui era prescritto si dovessero lavare le varie parti del corpo - mani, braccia, faccia, testa, e alla fine i piedi. No n si doveva correre davanti a una donna che effettuava il rituale, il che signif icava che in pratica non ti potevi muovere. Quindi, fra questo e l'acqua troppo calda o troppo fredda versata sulla testa, tutto il posto risuonava di urla e la menti di bambini. Alcuni di loro riuscivano a scappare dalla presa materna per u n istante, ma poich il pavimento di marmo era reso scivoloso dall'acqua e dall'ar gilla, e la stanza era cos sovraffollata, non andavano mai molto lontano. Altri p referivano agire a monte, tentando di evitare l'ingresso in quella terza camera, ma in tal caso, cosa che spesso accadeva a me, venivamo semplicemente presi in braccio e portati dentro con la forza, a dispetto di tutti gli strilli. Quelli erano i pochi terribili istanti che in pratica annullavano tutto il deliz ioso effetto della seduta al hammam, cancellando d'un sol colpo il lungo sussegu irsi di ore meravigliose passate a nascondere il prezioso pettine in avorio del Senegal della zia Habiba, per farlo magicamente riapparire quando questa cominci ava freneticamente a cercarlo; a rubare le arance che Shama teneva in un secchio d'acqua fredda; ad osservare le donne grasse con le tette enormi, e quelle tutt e pelle e ossa con il sedere sporgente, o le madri mingherline con gigantesche f iglie adolescenti e, soprattutto, a correre in aiuto delle adulte quando scivolavano sui pavimenti cosparsi di argilla e di hen n. A un certo punto, inventai un modo per abbreviarmi il soggiorno nella camera del

le torture e obbligare mia madre a portarmi fuori di corsa. Fingevo di svenire, un talento che avevo perfezionato per impedire alla gente di darmi fastidio. Sve nire quando gli altri bambini imitavano i jinn mentre correvamo gi dalle scale di notte, sortiva l'effetto di indurre il bambino colpevole di avermi spaventata a trascinarmi gi in cortile, o perlomeno ad avvertire mia madre. Il che, a sua vol ta, produceva un altro effetto, ovvero mia madre piantava un inferno e andava a lamentarsi per me dalla madre del bambino. Ma inscenare i miei svenimenti strate gici al hammam, quando venivo portata a forza nella terza camera, era molto pi ap pagante, perch l potevo disporre di un pubblico. Per prima cosa, stringevo la mano della mamma, cos da assicurarmi che guardasse nella mia direzione; quindi chiude vo gli occhi, trattenevo il respiro, e cominciavo ad afflosciarmi sul pavimento di marmo bagnato. La mamma chiamava aiuto. Per l'amor di Dio, aiutatemi a portarl a fuori di qui! La bambina ha avuto di nuovo un collasso!. Rivelai il mio trucco a Samir, e ci prov anche lui, ma fu colto nell'atto di sorridere mentre sua madre invocava aiuto. Lalla Radiya fece rapporto allo zio Al, e Samir venne pubblicame nte ripreso il venerd successivo, prima della preghiera, per essersi preso gioco di sua madre, la pi sacra creatura che cammini su due gambe nel vasto pianeta di A llh. Samir dovette quindi chiederle perdono e baciare la mano a Lalla Mani, e chie derle di pregare per lui. Per andare in paradiso, un musulmano deve passare sott o i piedi di sua madre (al-janna tahta aqdam al-ummahat), e le prospettive di Sa mir in quel momento parevano molto scarse. Poi venne il giorno in cui Samir fu buttato fuori dal hammam, perch una donna ave va notato in lui "uno sguardo da uomo" Quell'evento mi fece realizzare che, in q ualche modo, entrambi venivamo risucchiati in una nuova era, forse nell'et adulta , sebbene all'aspetto fossimo ancora piccoli e terribilmente imbranati, in confronto agli adulti formato gigante che ci stava no intorno. L'incidente si verific un giorno nella seconda camera del hammam, quando una donn a, di punto in bianco, si mise a gridare indicando Samir: Di chi questo ragazzo? Non pi un bambino! Shama si precipit ad informarla che Samir aveva soltanto nove an ni, ma la donna fu intransigente. Potrebbe anche averne quattro ma, te lo dico io , mi guarda il seno come fa mio marito. Tutte le donne sedute l intorno a sciacqua rsi l'henn dai capelli smisero di fare quello che stavano facendo per ascoltare l a discussione, e scoppiarono tutte a ridere quando la donna, portando avanti il fatto suo, afferm che Samir aveva "uno sguardo molto erotico". A quel punto, Sham a si fece cattiva: Forse ti guarda in quel modo perch hai dei seni fatti in modo s trano. O forse sei tu che vuoi vederci qualcosa di erotico, in questo bambino. S e cos, allora sei sulla via di una seria frustrazione. Al che, tutte le altre comi nciarono a ridere fragorosamente, e Samir, in piedi in mezzo a tutte quelle donn e nude, realizz all'improvviso, senz'ombra di dubbio, di possedere una sorta di p otere non comune. Gonfi il magro petto e, con disinvoltura, diede la sua risposta , destinata a rimanere storica e a diventare una sorta di motto di spirito in ca sa Mernissi: Non sei il mio tipo: mi piacciono le donne alte. Questo mise Shama in una situazione imbarazzante. Non pot pi continuare a difendere il fratello, rivel atosi sorprendentemente precoce, specialmente perch lei stessa non pot fare a meno di unirsi al coro delle risate che risuonava in tutta la stanza. Ma quel comico incidente segn, senza che io e Samir potessimo rendercene conto, la fine della n ostra infanzia, quel felice periodo della vita quando non si da peso alla differ enza fra i due sessi. Dopo quell'episodio, Samir fu sempre meno tollerato nel ha mmam delle donne, perch sempre pi signore cominciarono a sentirsi infastidite dal suo "sguardo erotico". Ogni volta che accadeva, Samir veniva riportato a casa co me un maschio trionfatore, e il suo comportamento virile diventava, per giorni, oggetto di scherzi e commenti in tutto il cortile. Alla fine, 230 per, la notizia di tali episodi arriv all'orecchio dello zio Al, e questi decise ch e per suo figlio era venuto il momento di smettere di andare al hammam con le do nne e di unirsi ai bagni degli uomini. Fui molto dispiaciuta di dover andare al hammam senza Samir, specialmente perch n on potevamo pi giocare insieme, come eravamo soliti fare in quelle tre ore che pa ssavamo l. Anche Samir riport cose tristi dalla sua esperienza al bagno degli uomi

ni. Gli uomini non mangiano neanche, sai, diceva, niente mandorle, niente bibite, e non si parla e non si ride. Ci si lava e basta. Io gli dissi che, se poteva evit are di guardare le donne in quel modo, forse era ancora possibile convincere sua madre a lasciarlo venire con noi. Ma, con mia grande sorpresa, disse che questo non si poteva pi fare, e che dovevamo pensare al futuro. Sai, disse, io sono un uom o, anche se ancora non si vede, e uomini e donne devono nascondersi il corpo a v icenda. Per questo devono essere separati. Un pensiero profondo, o almeno cos mi s uon, e ne fui molto colpita, ma non del tutto convinta. Quindi, Samir osserv che a l hammam degli uomini nessuno faceva uso di henn e di maschere per la faccia. Gli uomini non hanno bisogno dei preparati di bellezza, disse. Quell'osservazione mi riport alla nostra vecchia discussione in terrazza, e la in tesi come un attacco personale. Io ero stata la prima a mettere a repentaglio la nostra amicizia, insistendo sulla necessit di partecipare ai trattamenti di bell ezza, e cos cominciai a difendere la mia posizione. La zia Hab-ba dice che la pelle importante, attaccai, ma Samir non mi lasci continuare. Credo che gli uomini abbia no una pelle diversa, tagli corto. Mi limitai a fissarlo. Non c'era nulla che pote ssi dirgli perch, per la prima volta nei nostri giochi di bambini, capii che tutt o quello che Samir aveva detto era giusto, e qualunque cosa avessi detto io non avrebbe avuto la stessa importanza. Di colpo, tutto mi parve strano e complicato, al di l della mia portata. Capivo c he stavo oltrepassando una frontiera, varcando una soglia, ma non riuscivo a imm aginare che 231 tipo di spazio fosse quello in cui mi accingevo a entrare. Di colpo, mi sentii triste senza ragione, me ne andai da Mina, sulla terrazza, e mi sedetti vicino a lei. Mina mi scompigli i capelli. Perch siamo cos calmi oggi?, m i domand. Le raccontai della mia conversazione con Samir, e anche di quello che e ra successo al hammam. Lei mi ascolt, con la schiena appoggiata al muro di ponent e, e il suo turbante giallo pi elegante che mai, e quando ebbi finito di racconta re, mi disse che la vita, d'ora in avanti, si sarebbe fatta pi dura, sia per me c he per Samir. Da bambini la differenza non conta, disse. Ma da ora in poi, non potr ete pi sfuggirle. La differenza, con la sua legge, governer le vostre vite. E il m ondo si far pi spietato. Ma perch questo?, le chiesi. E perch non si pu sfuggire alla legge della differenza? P erch i maschi e le femmine non possono continuare a giocare insieme, anche quando crescono? Perch questa separazione?. Mina replic senza dare risposta alle mie domande, ma dicendo che, a causa di ques ta separazione, uomini e donne vivono delle vite molto infelici. La separazione crea un enorme divario nella comprensione. Gli uomini non capiscono le donne, diss e, e le donne non capiscono gli uomini, e tutto comincia quando i bambini vengono separati dalle bambine al hammam. Allora, una frontiera cosmica spacca il piane ta in due met. E la frontiera indica la linea del potere, perch dovunque esista un a frontiera, ci sono due categorie di esseri che si muovono sulla terra di Allh: i potenti da una parte e i senza potere dall'altra. Chiesi a Mina su quale met del pianeta mi trovassi io. La sua risposta fu rapida, breve e chiara: Se non puoi uscirne, allora sei dalla parte di quelli che non ha nno potere.

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