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Note alla "Passio Perpetuae et Felicitatis" Author(s): Luigi Franco Pizzolato Source: Vigiliae Christianae, Vol. 34, No.

2 (Jun., 1980), pp. 105-119 Published by: BRILL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/1582827 Accessed: 12/06/2009 21:45
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? North-Holland 1980 Christianae 34, 105-119; Publishing Company Vigiliae

NOTE ALLA "PASSIO PERPETUAE ET FELICITATIS"


DI

LUIGI FRANCO PIZZOLATO

1. Una discordanzacon Tertulliano. Nel vasto panorama delle argomentazioni sul rapporto tra Passio Perpetuael e Tertulliano,2 non mi pare che abbia trovato attenzione particolare il c. 16, che pure rientra, sotto tutti gli aspetti, nella cosiddetta parte redazionale. Anzi, l'inizio di questo capitolo, che sara oggetto del nostro esame, si pone intenzionalmente sulla linea concettuale ed espressiva stessa del gia studiato capitolo 1.3 Si tratta infatti d'una ripresa del tema iniziale della giustificazione allo scrivere, che il redattore sente il bisogno di riesprimere prima di narrare un nuovo <documentum? della <constantia?>di Perpetua.4 L'espressione che ci interessa segnalare e quella d'apertura: <Quoniam ergo permisit et permittendo voluit Spiritus Sanctus ipsius muneris conet permittendo voluit? avrebscribi... ?.5 Soprattutto le parole <<permisit bero dovuto attirare l'attenzione, se non altro per il riferimento esplicito di esse allo Spirito, il cui ruolo nella Passio Perpetuae ha dato origine alle dispute sull'intonazione tertullianea e montanista del testo.6 Solo il Robinson, che io sappia, ha dedicato al punto una annotazione, commentando la differenzaad locum tra testo latino e testo greco della Passio: <<Inc. XVI the beautiful phrase 'permisit et permittendo voluit Spiritus TO Sanctus' appears merely as Eirnpc,PEEV &yiov nvceUpa . ?7 II Robinson vede nella frase latina una traccia montanista, che ben si accorda con la sua convinzione dei rapporti tra Passio Perpetuae e Tertulliano,8 e nella semplificazione del testo greco un intervento correttivo in senso antimontanista. L'identita tra permittere e velle, presentata dal testo latino come caratteristica dello Spirito Santo, mi ha spinto a cercare una verifica nell'opera di Tertulliano, per cui ora possiamo disporre di un buon indice.9 L'indagine non mi ha fornito alcun esempio di tale identita in Tertulliano. Mi ha fatto incontrare pero alcuni testi, che rivelano senza ombra di dubbio che Tertulliano escludeva la coincidenza tra permittere e velle.

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I passi in questione poi coprono l'arco cronologico pressoche completo della parabola tertullianea, in quanto che essi ricorrono in un'opera del periodo <cattolico> (l'Ad uxorem), in un'opera ?mista> (l'Adversus Marcionem), in un'opera gia inficiata di montanismo (il De exhortatione castitatis) e infine in un'opera nettamente montanista (il De monogamia). E sempre in contesti non marginali, ma assai significativi per la problematica teologica del nostro autore: infatti essi riguardano il rapporto tra matrimonio e seconde nozze e vedovanza oppure tra legge veterotestae la legge cristiana.10 mentaria dell'?occhio per occhio, dente per dente>> Nell'Ad uxorem, dopo aver qualificato la legge di Dio con le parole >>, Tertulliano <<permittente quidem nubere, sed abstinentiam praeferente conclude risolutamente: <quod permittitur, bonum non est>>.2 Nel De exhortatione castitatis compare esplicitamente la contrapposizione tra permittere e velle: <Nam etsi quaedam videntur voluntatem dei sapere, dum ab eo permittuntur, non statim omne quod permittitur ex mera et tota voluntate procedit eius, qui permittit. Ex indulgentiaest quodcumque permittitur. Quae etsi sine voluntate non est, quia tamen aliquam habet causam in illo, cui indulgetur, quasi de invita venit voluntate,passa causam >3 E, poco piu avanti e ancor piu chiaramente: sui quae cogit voluntatem. <Si enim vellet, non permisisset, iinmo imperasset.>>14 II permitteree legato all'indulgentia, e percio ad una volonta che si esprime controvoglia, perche costretta; ad esso si contrappone il velle, la cui espressione tipica e connaturale e l'imperare. Questo nel contesto del rapporto tra matrimonio (permesso) e castita; o, piu precisamente, tra seconde nozze (permesse) e vedovanza. Alle testimonianze fin qui addotte si potrebbe forse obiettare che il soggetto di permittere e di lelle non e mai, finora, lo Spirito Santo e che, in una economia del Paracleto, il permittere potrebbe magari finalmente coincidere col velle. E l'obiezione potrebbe trovare fondamento nel ruolo che Tertulliano spesso assegna al Paracleto, cioe quello di portare a perfezione la disciplina; di rivelare pienamente la Scrittura;15di conin maturitatem>>.16 durre la <<iustitiam nel De Ebbene, monogamia e proprio il Paracleto che permette le seconde nozze, senza peraltro ovviamente volerle. La distinzione e essenziale per Tertulliano, perche altrimenti sarebbe come affermare che lo Spirito esclude la continenza: <Quod enim mere bonum est, non permittitur, sed ultro licet. Et ita si aliud quam quod voluit permittit, non voluntate,sed necessitate permittensnon mere bonumostendit quod invitus indulsit. >17 Sono anzi, per Tertulliano, gli eretici psichici, cioe i cattolici,

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che hanno interesse a stabilire 1'equivalenza tra permittere e velle, per giustificare cosi la loro licentia.18L'identita tra permittere e velle mi pare quindi estranea alla concezione teologica di Tertulliano, che la giudica deleteria. Certamente, il contesto teologico del c. 16 della Passio Perpetuae, in cui invece tale identita e affermata, non e altrettanto impegnativo di quello delle opere tertullianee esaminate. Ma nemmeno di poco rilievo nell'economia dell'operetta, perche esso attribuisce all'intervento dello Spirito la celebrazione scritta della gloria dei martiri; e quindi la stesura stessa della Passio. E si riallaccia al prologo, che e momento di natura programmatica. In ogni caso, Tertulliano non avrebbe potuto accostare cosi pericolosamente due termini, talmente pregnanti, alla figura dello Spirito, la cui importanza all'interno del montanismo richiede una trattazione sempre vigile: la contraddizione sarebbe stata troppo facilmente avvertibile. L'identita di permittere/velle risulta dai contesti tertullianei estranea alla stessa concezione montanista. Di fronte a tale constatazione nuova luce puo acquistare la semplificazione operata dal testo greco della Passio, che al nesso <<permittendo voluit>> sostituisce nx?TpCv/cV (= permisit). Se fossimo sicuri che il mutamento risponde qui ad una scelta teologica cosciente, potrebbe ugualmente conservare una sua validita l'osservazione del Robinson, che lo giudica come un'attenuazione del tono montanista. Ad un traduttore non montanista cioe poteva dare fastidio vedere cosi pesantemente coinvolto lo Spirito nella stesura di una Passio; ma si tratterebbe probabilmente di una traduttore, a cui i testi di Tertulliano non facevano da immediato punto di riferimento, perche altrimenti egli si sarebbe accorto di come, in realta, quel nesso si sarebbe potuto rivoltare in maniera dirompente contro gli stessi contesti montanisti, in cui viene espressamente negato. E si avrebbe anche qui un segno della serioritadella traduzione greca, che confermerebbe la posizione ormai felicemente guadagnata dalla critica al proposito. Quale peso ha la nostra argomentazione di fronte al coacervo dei parallelismi, reali o presunti, tra Passio Perpetuae e Tertulliano? Non pretendiamo certamente che la sua importanza sia decisiva, anche se, scomodando il principio di falsificabilita, caro all'epistemologia popperiana, dobbiamo ricordare che, mentre infinite possono essere le prove che convalidano una teoria, una sola e suffciente a falsificarla. Ci pare comunque che il caso, che qui abbiamo segnalato, possa avere una certa importanza e servire per lo meno da supporto concettuale alle impres-

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sioni o alle risultanze linguistico-stilistiche di quegli studiosi, che nutrono dubbi sull'attribuzione della Passio Perpetuae a Tertulliano.18aE ci pare anche che esso possa costituire un elemento utile ad una verifica piuiserrata sulla piui o meno profonda, estesa e deliberata intonazione montanista della Passio, che, anche a nostro avviso, e stata forse troppo enfatizzata da certa critica. 2. Passio Perpetuae et Felicitatis, 14,2-3. vero Deus maturiore exitu de saeculo adhuc in carcere <<Secundulum evocavit, non sine gratia, ut bestias lucraretur. Gladium tamen etsi non anima certe caro eius agnovit.>>19 I1 passo e, specie nella sua parte finale, un po' sibillino,20tanto che il Robinson21 non nasconde di aver avuto la tentazione, peraltro vinta, di correggere la lezione unanime dei manoscritti, invertendo le posizioni di anima e caro.22 Ma le difficolta cominciano anche prima, con quell'espressione (<ut bestias lucraretur>, che e passibile di per se di varie e perfino opposte I1 significato pii ovvio di lucrore quello di <guadagnainterpretazioni.23 re>: cosi dimostra, del resto, d'aver intesso il traduttore greco che, dato che in realta Secundulo non e stato esposto alle belve, ha pensato di
tradurre <?Kp6&cva;Tz pI SrlptotpaUXGat>.24 La resistenza a questa

viene quindi dal fatto che interpretatione di lucror come <<guadagnare> Secundulo in realta non ha subito il martirio ad bestias. Ma gia a partire dal Robinson si impone una interpretazione di lucror derivata: esso indicherebbe un guadagno che si ottiene evitando qualche un <evitare?. Lo studioso adduce testi danno, e quindi un <<risparmiare>, che documentano tale uso e considera quindi non appropriato il tradizionale parallelo con Ignazio (Rom., 5,2): < T ziv 9rpiov>>.25 6vairlv Accetta la sua posizione, rinforzandola con altri esempi dello stesso uso, il Franchi de' Cavalieri,26 che, nella sua edizione, include tra due asterischi la negazione gti del testo greco.27Altri testi riporta il Petraglio, che nota l'analogo valore derivato che puo assumere lo stesso verbo greco Cosi anche il pii recente editore-traduttore, il Musurillo,29 Kep6aivco.28 tradurre: <<...by a special grace that he might not have to face the puo animals?. Non concorda con questa, ormai consolidata, interpretazione il Corsini,30che ritorna all'uso <reale? di lucror e ritiene di poter salvare nello stesso tempo il fatto dell'assenza di martirio ad bestias per Secundulo, vedendo l'espressione <ut bestias lucraretur? come una consecutiva

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exitu?. Egli propone quindi la seguente tradipendente da ?<maturiore a duzione: <Quanto Secundulo, Dio lo chiamo a se dal mondo mentre era ancora in carcerecon una morte troppoprecoce per potersi guadagnare le fiere, ma non senza grazia.>> Egli quindi svincola l'espressione ?ut vedendo quedalla dipendenza da ?non sine gratia>>, bestias lucraretur>> st'ultima come incidentale, spiegata dalla successiva espressione di 4,3: cioe la <gratia> di Dio fara lo stesso assaporare al martire le sofferenze della carne. Uguale grazia tocco a Maria, secondo il passo di Luc.2,35, di cui il Corsini avverte qui la reminiscenza. E cosi ci si lega all'interpretazione di Pass. Perp., 4,3. Ma, prima di passare a questa, dovremmo dire che l'ingegnosa proposta del Corsini trova resistenza nei numerosi esempi, anche cristiani, che ora anche il ThesaurusLinguae Latinae adduce dell'uso di lucror come tra i quali partiesprimente ?quod cum lucro evitatur vel omittitur>>,31 colare pregnanza ed affinita sembrano avere le espressioni <sacrifica... rivolte da Probo ad Ireneo, lucrans poenas? e <<lucraremortem>>,32 vescovo di Sirmium. Pare strano che il redattore della Passio abbia usato, a cosi breve distanza, due volte lo stesso termine gratia con contenuti addirittura opposti. Infatti, a 14,2 l'effetto di questa grazia sarebbe l'esenzione di Secundulo dal martirio ad bestias, mentre subito dopo la < gratia Domini > consente a Felicita, contro ogni umana speranza, di poter accedere a Felicitatem vero, et illi gratia Domini eiusmodi quel martirio: <<Circa contigit...>>33 Ma e ancor piu forte e pii ancora ravvicinata la contrape ?gladium tamen> (14,3), che posizione tra ?ut bestias lucraretur>> viene ad indicare, a mio avviso, che 1'esenzionedalle fiere non ha significato esenzione dal martirio, ne dal martirio fisicamente avvertito. E cosi entriamo nell'interpretazionedell'ultima espressione del passo proposto. ritiene Qui, nonostante la lezione unanime della tradizione, il Petraglio34 si deve pensare a una inversione di termini tra anima che <<probabilmente e caro.>> Egli confuta il commento ad locum del Robinson,35che contrapponeva martirio ad bestias (da cui Secundulo fu liberato) a martirio per decapitazione (gladius), perche in tal caso il redattore avrebbe dovuto diffondersi di piii, come e suo costume del resto, sulla descrizione del - se gladius indicasse fatto; d'altra parte - continua sempre il Petraglio36 genericamente le sofferenze connesse al martirio, non avrebbe piu senso pensare ad allusione a Matt. 10,28, come propone il Robinson. Non gli pare convincente - ed a ragione - nemmeno la traduzione del Vannutelli:37 <<Mase il ferro non gli tolse la vita, certo gli strazio le carne>>;

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interpretazione che resta assolutamente immotivata. D'altra parte, une traduzione quale quella del Musurillo non e atta a dissipare le oscurita, ma equivale ad una rinunsia a spiegarle, in nome di una anodina fidelta letterale: <Yet his flesh, if not his spirit, knew the
sword.
>38

Un avvio all'esatta comprensione del passo viene dalla interpretazione, piui che dalla traduzione vera a propria,39del Corsini, che distingue, nel martirio quale e presentato dalla Passio Perpetuae, tra <sufe <<intellegentia>>, ferentia carnis>> <che e sofferenza spirituale derivante dalla comprensione della realta vera che sta dietro l'apparenza del supplizio e che consiste nella consapevolezza di misurarsi con un avversario molto piu formidabile delle stesse fiere... E pertanto... mentre la partecipazione di Maria alla passione di Cristo e stata soltanto un martirio nello spirito, la morte di Secundulo in carcere (priva com'e stata di ogni aspetto << e stata soltanto una 'sufferentia carnis'.>>40 Ma non si puo profetico >>) non rimproverargli che, privando il martirio di Secundulo di questa <<intellegentia>>, egli viene ad attribuire al redattore l'inopportuno proposito di togliere al martirio di Secundulo il <carisma>> che gli da valore di testimonianza, secondo le stesse espressioni del Corsini, e a relegare questo martirio solo all'interno della <sufferentia carnis>>,come poco esemplare.41Per il Corsini il martirio di Secundulo sarebbe quindi un martirio oggettivamentedimidiato. A mio avviso, il termine-chiave dell'espressione, che permette di illuminarne il senso, e il verbo <agnovit>,che lo stesso Petraglio carica di un valore ?intenso>>,errando peraltro nell'interpretarlo nel significato di ma egli - ricordiamolo! - ritiene che le posizioni di <<esperimentare>>:42 <anima> e <caro? vadano invertite. Il verbo compare tre volte nella Passio, e sempre in parti redazionali. All'inizio (1,5) si tratta di <agnoscere>> e di <honorare> <<sicut prophetias ita et visiones novas pariter repromissas>>.43 A 18,6 compare l'espressione II traduttore greco rende lapidaria: <<Agnovit iniustitia iustitiam>>.44 venendo a ?agnosco? in questi due passi con il verbo InRtytyvdxmKO,45 riconoscere una particolare pregnanza al verbo stesso. II senso del quale mi pare infatti non quello semplice di <<conoscere>, ma di <<riconoscere>>, cioe quello di avvertire, nascosta sotto fatti apparentemente diversi o insignificanti, la presenza d'una determinata realta. Cosi nel passo di 1,5 succitato si esorta a <riconoscere>sotto fatti della nuova economia la stessa realta delle profezie scritturistichee nella richiesta apparentemente illegale di Perpetua, a 18,6, il volto d'una reale e profonda giustizia.

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Se poi il termine <gladius? viene inteso nel senso generico di << sofferenze al da diventare sinonimo di <<martirio martirio>, quasi ?, la tralegate duzione del passo che ne risulta mi pare la seguente: <<II martirio tuttavia, anche se non lo riconobbe la sua anima, lo riconobbe certamente il suo corpo?. Questa interpretazione mi pare che soddisfi senso e contesto: Secundulo non ha avvertito, nella sua morte in carcere, il carattere di quel martirio, che la sua aspettativa vedeva ormai collegato alla morte ad bestias; e quindi il suo spirito non ha riconosciuto la sua morte come martirio. Ma il suo corpo sicuramente riconobbe nelle sofferenze del carcere, che lo portarono alla morte, i segni d'un martirio non meno reale di quello ad bestias. II corpo martoriato ha qui una consapevolezza istintiva addirittura superiore a quella dello spirito, che aveva davanti a se modelli ben precisi con cui confrontarsi. II redattore ha voluto, con questa sintetica espressione, dichiarare come il martirio di Secundulo fosse solo soggettivamenteincompleto(cioe solo nella speranza delusa di Secundulo), ma in realta restasse un vero e proprio martirio,completo, a comprendere la cui pienezza proprio la corporeita costringerebbe la riluttante opinione del martire. E si puo qui concludere, auspicando un discorso, piiuesaustivo e documentato, sul valore che la corporeita viene ad assumere nella letteratura del martirio.46 3. Sulla funzione della 'visione' nel contesto martirologico. I diversi modi di affrontarela lettura delle <<visioni della Passio Perpetuae sono forse, nella loro sostanza, riconducibili a due: una analisi dei testi delle <<visioni? presi in se e una lettura che li inserisca nella completezza del contesto letterario della Passio, quale testo martirologico. Esempio piu caratteristico e puro del primo tipo di accostamento e certamente la lettura d'impostazione psicanalitica della von Franz,47che da renderle l'unica parte originaria del estrapola a tal punto le <<visioni> in cui sarebbero inserite Ma anche un'analisi che forzatamente. testo, le come una motivi e <visioni> colga per pura semplice simbologia teologica, cioe solo come espressioni di particolari verita teologiche,48 non fa che ricadere nel primo tipo di lettura, i cui limiti sono stati evidenziati anche recentementedal Meslin.49Giustamente lo studioso francese richiama l'esigenza di tener conto e del significato oggettivo del simbolo, che scaturisce da tutta una tradizione religiosa in cui e inserito il soggetto stesso,50e anche della situazione psicologica del soggetto.51Cosi il carattere, indubbiamente soggettivo, della lettura del Meslin cerca di non perdere l'aggancio con i significati transpersonali delle <<visioni>,che le

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inseriscono in un quadro di riferimento storico-religioso, comprensibile ed esemplare per tutta la comunita. Ma le interpretazioni che, meglio delle altre, hanno cercato di legare le <visioni?> al contesto della Passio sono sicuramentequelle del Fontaine52 e del Corsini.53II Corsini, dopo un'appropriata critica alle mistificazioni della lettura della von Franz,54sottolinea assai bene l'esigenza noetica, e non puramente psicologica, delle <<visioni>:esigenza che ne elimina ogni caratteredi spontaneita (o, meglio, di spontaneismo). In realta esse hanno <un preciso messaggio razionale da consegnare> e la loro forma e una forma di catechesi, legata alla tradizione.55Cosi, anche la <visione> di Saturo assume un chiaro valore escatologico e un tono fortemente didascalico, quando propone la corrispondenza tra promesse del Signore e loro adempimento.56I1 Corsini lega quindi strettamente le <visioni> al contesto sotto il denominatore comune della consapevolezza e della catechesi, alla cui ombra si muove l'intero testo della Passio. II Fontaine, da parte sua, che individua varie fasi o livelli di redazione entro le stesse <visioni>, in corrispondenza con vari livelli di intenzionalita e di culture (biblica, esperienziale e retorico-redazionale finale),57 introduce un elemento valido alla prosecuzione del discorso, quando al genere dell'apocalitticagiudaico-cristiana.58 Questo collega le <?visioni)? gli permette non solo di ridimensionare fortemente la componente montanista,59ma anche di vedere un filo conduttore unitario tra parte redazionale e <visioni), le quali ultime sarebbero utilizzate dal redattore come testimoni della realizzazione della profezia di Gioele 2,28, che compare programmaticamente all'inizio della nostra Passio: <Innovissimis enim diebus, dicit Dominus, effundamde Spiritu meo super omnem carnem, et filii filiaeque eorum; et super servos et ancillas meas de meo prophetabunt Spiritu effundam: et iuvenes visiones videbunt, et senes somnia somniabunt?>.60

Anche il Corsini peraltro osserva come lo svolgimento tutto della Passio (quindi anche le parti redazionali) sia dominato <dalla preoccupazione di far vedere la presenza costante dell'azione divina e, soprattutto, l'avverarsi puntuale di promesse e profezie (14,2-3; 15,1 ss.; 19,1 ss.). >61 Ma il vero valore funzionale delle <visioni>)in un contesto martirologico mi pare possa scaturire solo dalla combinazione del valore noetico delle o<visioni>(Corsini) e delle caratteristiche letterarie apocalittiche, di cui sono portatrici (Fontaine). A noi preme per6 qui sottolineare non tanto cio che permettono di capire le ovisioni> (contenuto della loro esigenza

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<visione?> in un contesto martirologico, pur noetica), bensi il valoredella partendo ovviamente dal valore noetico delle <visioni)>.E, d'altra parte, ci interessa individuare il significato (e quindi ancora il valore noetico fondamentale) della scelta di questo genere apocalittico delle <visioni? nel preciso contesto martirologico, non solo quindi come pura scelta retorica, sganciata da un'intenzione teologica piu profonda. Mi pare che, determinatain questi confini, la loro funzione sia riconducibile al concetto di <fides oculata>, che, in un contesto protrettico al martirio, usa espressamente Cipriano.62 Lungo dodici rubriche (tituli) Cipriano, nell'Ad Fortunatum, ha gia adunato i testimonia scritturistici che, a suo avviso, servono di piu al cristiano per prepararsi ed allenarsi ad affrontareil martirio. Giunto alla fine, sotto il titulus XIII (<Plus nos accipere in passionis mercede quam quod hic sustinemus in ipsa passione>>),egli introduce appunto il concetto di <fides oculata>, rifacendosi alla <visione> paolina del terzo cielo: <<Probatbeatus apostolus Paulus qui dignatione divina usque in tertium caelum adque in paradisum raptus audisse se inenarrabilia testatur, qui oculata fide Iesum Dominum vidisse se gloriatur, qui id quod et didicit et vidit maioris conscientiae veritate profitetur. Non sunt, inquit, condignae passiones huius temporis ad superventuram claritatem quae revelabitur in nobis.>>63Solo questa citazione (Rom.8,18)64 fa spicco in questo titulus XIII, a differenza delle lunghe serie di testi citati negli altri tituli precedenti: ma essa risulta sufficiente perche rinvia, appunto, alla <fides oculata?, che da la garanzia della piena e sovrabbondante corrispondenza tra gioia futura e dolore del martirio presente. La <vidi Paolo quindi, nel contesto martirologico ciprianeo, costituisce sione>> il punto culminante della parenesi, perche l'esortazione al martirio si puo giustamente chiudere quando la speranza sfocia nella certezza, sotto l'impulso d'una fede che ha visto gia la ricompensa delle sofferenze. Questa funzione mi pare possano avere all'interno dell'intenzione redazionale del testo le <visioni? dei martiri nella Passio Perpetuae. Cosi, lo stesso rinvio continuo - notato dal Corsini65- tra piano storico e piano metastorico non significa soltanto capovolgimento dei valori di questo mondo alla luce della metastoria, ma anche una consolazione per chi in questo mondo crede in valori, che trovano sicuro riferimento nell'altro, constatato alia luce d'una fede che ha gia visto. Sia ben chiaro! Non si vuole qui negare ne la storicita delle <visioni? ne una possibile interpretazione teologica particolare di ciascuna di esse o globale di tutte, ma solo sottolineare come nell'intenzioneredazionale,

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a cui non e estranea la finalizzazione liturgica,66esse abbiano acquisito il valore della <fides oculata>>, il cui ruolo anche in Cipriano ha parte teologica e psicologica fondamentale e ultima nel contesto d'una riflessione cristiana sul martirio. 4. Eccezionalita e <(misura media? del martire. L'eccezionalita delle figure dei martiri della Passio Perpetuae balza evidente fin dall'introduzione dell'operetta e si consolida attraverso tutta la serie di interventi divini a loro favore e soprattutto nella grazia speciale Si sa del resto che e luogo comune della letteratura mardelle o<visioni?. tirologica il considerare il martirio come un grande dono, legato all' essere trovati degni du questa scelta.67 L'eroismo della posizione dei martiri e avvertito anche dai pagani, che spesso leggono di quel loro atteggiamento di fermezza una ostinazione irrazionale ed ostentata, una pervicacia di opposizione che li rende disumani e teatrali, ai loro occhi.68 e colta dai pagani anche Questa posizione di altezza <<disumana>> all'interno della nostra Passio, quando il padre pagano di Perpetua invita la figlia: ?depone animos>,69 ricordandole gli obblighi di pietas famigliare e materna,70affinche essa si abbassi,71 per lo meno per rispetto del decus,72fino alla <misura media>, tanto piii onesta per una donna, e per giunta giovane madre. Questa critica al martire (e qui in particolare ad una donna) suona come un rimprovero di rinnegare la natura e la ?misura media>>. Eppure il testo della Passio ben documenta - ed e gia stato finemente notato73- la sensibilita umana dei martiri della Passio Perpetuae, che vivono con piena avvertenza il dramma della difficile conciliazione tra mondo degli affetti e mondo della fede. L'affettivita indiscutibile, di Perpetua e di Felicita soprattutto,74propone in realttail media>> problema della tensione tra eccezionalita e <<misura indipendentemente dalle accuse rivolte dai pagani. C'e pero un tentativo di difesa gia di fronte a questa accusa, laddove Perpetua risponde alla critica paterna: <Hoc fiet in illa catasta quod Deus voluerit; scito enim nos non in nostra esse potestate constitutos; sed in Dei. >>75 Con questa affermazione Perpetua viene a correggere la sua dimensione eroica, legando la sua situazione non ad una scelta della propria volonta, ma di una volonta superiore. In questo modo il martirio, con tutta la tensione tra mondo degli affetti e mondo della fede che esso trascina con se, viene a significare non disprezzo o noncuranza per l'affettivita, ma obbligata accettazione d'un volere piu alto, che sa quel che vuole e che puo anche sanare quel contrasto stesso, che esso con la sua scelta provoca. Ma su ci6 torneremo piii avanti.

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Prima preme ancora vedere come Perpetua stessa viva fino in fondo la sua pietas verso il padre, avvertendo peraltro che il rapporto tra padre e figlia e l'unico che rimanga irrisolto nella <lotta? tra affettivita e fede in questa Passio. Ma esso non resta inappagato a causa di una assenza di pietas in Perpetua. Difatti ella conclude la narrazione del suo contrastato rapporto col padre in atteggiamento di dolente partecipazione al dolore del vecchio: ?sic dolui pro senecta eius misera.> 76 La pietas scatta peraltro quando il padre e ormai fissato definitivamente in una posizione di solitudine, dopo l'abbandono e l'oltraggio subito da parte di quegli stessi che prima l'avevano <<strumentalizzato>> e incoraggiato nell'azione di dissuasione della figlia.77 Solo in questo momento la pietas, prima invocata <<strumentalmente>> anche dal padre, puo sorgere del tutto pura e senza remore, mitigando nel dolore di partecipazione l'eccezionalita della fermezza della martire. Ma l'uomo puo sanare il contrasto tra eccezionalita e <<misura media>> solo, direi, soggettivamente, cioe avvertendo il dolore per l'umana irriducibilita delle ragioni degli affetti alle ragioni della fede. C'e peraltro, e ben documentato nella Passio Perpetuae, anche un altro modo di conciliare le due posizioni, e questo e frutto dell'intervento del divino. Cosi la divinita nella Passio Perpetuae non viene a rinforzare, con i suoi doni soprannaturali, solamente 1'eccezionalita della figure dei martiri, ma si preoccupa anche di salvaguardare la loro stessa <<misura media>, difficilmente da loro conservabile nella drammatica scelta tra martirio e mondo; e di garantireloro la possibilita di restare fedeli ed esemplari nelle loro convinzioni senza dover rinunciare all'affettivita umana. Questo e rinvenibile soprattutto nel momento piu drammatico, che due madri sono chiamate a vivere, cioe quello della scelta tra Dio e il proprio figlio, la quale mette, pii d'ogni altra, in causa la coordinazione tra soprannatura e natura. Cosi, alle esigenze naturali della madre, preoccupata di essere strappata al figlioletto,78 corrisponde la soluzione inattesa: il permesso di tenerlo con se in carcere. Questo permesso, conciliando le due esigenze della martire, le consente di gioire del martirio stesso come della piu dolce delle situazioni naturali: ?et factus est mihi carcer subito praetorium, ut ibi mallem esse quam alicubi>>.79 La preoccupazione materna emerge potente anche dopo il pronunciamento della condanna ad bestias, quasi a ricordarci che il martirio, gia intravisto come sicuro, non riesce a troncare gli affetti umani.80 Ma il padre ora nega il figlio alla madre: <dare noluit>>.8La situazione di dramma e allora miracolosamente ed istantaneamente risolta da Dio: <Et quomodo

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Deus voluit, neque ille amplius mammas desideravit, neque mihi fervorem fecerunt, ne sollicitudine infantis et dolore mammarum macerarer.>>82 II valore finale di <ne... macerarer>> rivela chiaramente l'intenzione dell'intervento miracoloso, agli occhi di Perpetua: esso non e ovviamente casuale, ma nemmeno finalizzato alla gloria o alla magnificazione della eccezionalita del martire, bensi a soddisfare l'affetto della donna e della madre. Cosi si sanava una situazione tragica: il martirio di Perpetua, che priva il piccino di protezione e di vita stessa, viene permesso da una nuova paternita che Dio stesso si assume (vedasi la contrapposizione ravvicinata, troppo per essere casuale, tra <<pater...noluit> e <<Deusvoluit>) e che emancipa il figlio, sottraendolo alla necessita della dipendenza dalla madre. E infine anche il redattore (non solo quindi una possibile acuta sensibilita femminile di Perpetua)83tiene a rilevare questo valore dell'intervento divino, quando conclude la vicenda del parto di Felicita: <Ita enixa Ai fini est puellam, quam sibi quaedam soror in filiam educavit.>>84 didattico-liturgici del testo martirologico poteva interessare l'episodio del parto di Felicita, che le permise di affrontare il martirio con i suoi compagni di prigionia,85ma non si vede quale importanza, nell'economia della narrazione, potesse avere questo excursus finale sulla sorte della piccina. A meno, appunto, di non spiegarlo con la preoccupazione del redattore stesso per il rispetto verso la natura e la <<misura media>, che viene anche qui garantito in maniera meno spettacolare che in Perpetua, ma altrettanto provvidenziale. Anche qui l'eccezionalita eroica della testimonianza e armonizzata, grazie all'azione divina, con la normalita del corso della natura, affincheneanche un'ombra di male possa scaturire, nemmeno come conseguenza inevitabile e involontaria, dalla piena bonta del martirio. E forse in quest'ottica del ristabilimento della ?misura media> va guardato ancora l'inizio del c. 19: <Sed qui dixerat: 'Petite et accipietis', petentibus dederat eum exitum quem quis desideraverat.>>86 Anche qui mi pare che l'intervento divino serva a conciliare l'eroicita dura del martirio con l'affettivita, con le aspettative e anche con le paure dei martiri, ripristinando nella sua completezza l'armonia di fede e natura. Questi mi sembrano elementi da valutare secondo la loro giusta importanza, non solo ai fini d'una piu piena comprensione letteraria del testo, ma anche per cogliere piiu esattamente l'atmosfera teologica di questa Passio africana, che spesso genericamentee collegata ad una forma di cristianesimo tanto esigente da essere giudicato addirittura disu-

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mano. Di fatto, l'azionedivinanon servesolo ad enfatizzare l'eccezionanon lita del martire,ma anche a non disumanizzarlo, lo isola ne perche lo separadalle attese, dalle ansie e dalle gioie comuniad ogni cristiano e ad ogni uomo.
NOTE

1 Le citazionidel testo dellaPassioPerpetuaeet Felicitatisseguiranno,anche nella 1'edizione di C.I. M. I. van Beek,Passio Sanctarum suddivisionein capitoli e paragrafi, Perpetuaeet Felicitatis,vol. I, Textum Graecumet Latinumad fidem codicum mss. edidit..., Noviomagi 1936, alle cui pagine si rimandatra parentesi. 2 Per avere un buon quadro della situazionesi vedano van Beek, Passio Sanctade la Passion des SaintesPerpetueet Filicite rum..., 92*-96* e A. Fridh, Le probldme Studia Graecaet Latina Gothoburgensia,26 (Goteborg 1968)28-30. 3 Cf. P. de Labriolle,Tertullienauteurdu prologueet de la conclusionde la paslitterature et de Felicit6,Bulletin d'ancienne sion de Perp6tue chritiennes, etd'archeologie 3 (1913) 126-133. 4 16,1 (p. 38).
5 ibid.
6 Oltre alle opere citate alla n. 2, cf. P. de Labriolle,Les sourcesde l'histoiredu n.s. 25 (Fribourg-Paris CollectaneaFriburgensia, Montanisme 1913)9-11. 7 J.A. Robinson, The Passion of S. PerpetuaTexts and Studies, I, 2 (Cambridge 1891)6. 8 ibid., pp. 47-58. 9 G. Claesson,Index Tertullianeus, 3 voll. (Paris 1974-1975). 10 Quest'ultimoin Adv. Marc., IV, 16,2.4 (CCL 1,581 s.). 1 Ad ux., 1,3,2 (CCL 1,375). 12 Ad ux., 1,3,4 (CCL 1,376). Analogamentein Adv.Marc., IV,34,7 (CCL 1,636), a proposito del divortium. 13 De exhort.cast., 3,1-2 (CCL 2,1018). Le sottolineaturesono nostre. 14 De exhort.cast., 4,4 (CCL 2,1021). Sottolineaturanostra. 15 Cf., ad es., De virg.vel., 1,4-5 (CCL 2,1209 s.), opera che A.d'Ales, L'auteurde 8 (1907) 12, giudica vicina alla la Passio Perpetuae,Revue d'Histoire Ecclesiastique Passio Perpetuae. 16 sul Paracleto, Cf. De virg.vel., 1,7 (CCL2,1210).Vedansii vari passi tertullianei raccoltida P. de Labriolle,Les sourcesde l'histoire..., 12-50 e il paragrafoda lui dediinLa crisemontaniste in Tertulliano, cato alla visionedelParacleto (Paris1913)329-334. 17 De monog., 3,3 (CCL 2,1231): vedasi anche il proseguimentodel discorso. nostre. Sottolineature 18 De monog., 1,1 (CCL 2,1229). 18a Cf., da ultimo, R. Braun,Nouvelles observationslinguistiquessur le redacteur 33 (1979)105-117. de la <<Passio Vig.Christ. Perpetuae>, 20 in Formafuturi. Studi Cf. E. Corsini,Per una lettura della <<Passio Perpetuae>>, in onoredel Card.M.Pellegrino(Torino 1975) 517 n. 81. 21 J.A. Robinson, ThePassionof S..., 83. 22 Cosi parevafosse da farsianche a L. Holstenius,Notae postumaead Passionem ss. Perpetuaeet Felicitatis,in T. Ruinart,Acta martyrum (Ratisbonae1859) 161 a. 23 Cf. E.Corsini, Per una lettura..., 517 n. 81. 24 Cf. Van Beek, p. 37. P. Franchide' Cavalieri,La Passio SS. Perpetuaeet Felici-

19 14,2-3 (p. 36).

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vol. I (1893-1900)Studie Testi, 221 (Cittadel Vaticano1962) tatis, in Scrittiagiografici, anche al Rendel Harrisdi aver inteso in tal modo il valoredi Kccpaivco 47, rimprovera nella sua edizione del 1890. 25 J. A. Robinson, ThePassionof S...., 53 s.; 82 s. 26 P. Franchide' Cavalieri,La Passio SS...., 46 s. 27 ibid., p. 129. 28 R. Petraglio,Lingualatina e mentalitd biblicanella ?Passio SanctaePerpetuae>>. Analisi di <<caro>>, <carnalis>> e <<corpus> Tesi Fac. Lett. Univ. Friborgo/Svizzera Wurterbuch zu den (Brescia 1976) 117s.; cf. anche W.Bauer, Griechisch-Deutsches Literatur(Berlin-New Schriftendes Neuen Testamentund der ubrigenurchristlichen York 51971)s.v. 29 H. Musurtillo,TheActs of the Christian texts and translaMartyrs.Introduction, tions. OxfordEarly ChristianTexts (Oxford 1972) 123. 30 E. Corsini,Per una lettura...,517 n. 81. 31 s.v. lucror:vol. VII,2 fas. XI, col. 1717. 32 Pass. Iren. Sirm., 4,2.4 (Musurillo, p. 296). Non potrebbe offrire resistenza anche l'uso dell'imperfetto congiuntivolucraretur? 33 15,1 (p. 36). 34 R. Petraglio,Lingualatina..., 118. 35 J.A. Robinson, The Passion of S. ..., 83. 26 Lingualatina..., 118 s. n. 509. 27 P. Vannutelli,Atti dei martiri, I: I MartiriScillitani,Perpetuae Felicita,Cipriano Vescovo (Citta del Vaticano 1939) 36. In realtail Vannutelliripetela traduzionedi S. Colombo, Atti dei Martiri(Torino 1928) 125. 38 H. Musurillo,The Acts of the Christian...,123. Sottolineo le parole che ritengo o inesattamente tradotte. troppo genericamente 39 E. Corsini, Per una lettura..., 516 s.: <<certamente la sua came, anche se non la sua anima, conobbela spada?. Inesatta e, a mio avviso, la traduzionedi quel <conobbe>>. 40 Ibid., 517 n. 81. 41 Una criticain tal senso, anchese non cosi precisa,gli muove R. Petraglio, Lingua latina..., 119 n. 509.
42

ibid., 119s.

43

1,5 (p. 6).


18,6 (p. 42).

44
45

van Beek, pp. 7.43. 46 Vedasi, ad es., Cypr. Ad Fortun.,11 (CCL 3,206 s.). 47 M. L. von Franz,Die Passio Perpetuae. Versucheinerpsychologischen Deutung, in C. G. Jung,Aion. Untersuchungen zurSymbolgeschichte (Zurich1951)389-496. 48 Cf., ad es., quella del battesimodei bambiniper la <visione> di Dinocrate (cc. 7-8). 49 M. Meslin, Vases sacreset boissons d'6ternit6 dans les visions des martyrsafricains,in EPEKTASIS. Melangespatristiques (Paris1972)146. offertsau card.J. Danielou 50 P. Monceaux,Histoire litterairede l'Afriquechretienne, I (Paris 1901) 87, vede le visioni legate anche al ricordo dell'artepaleocristiana del martirio. 51 M. Meslin, Vases sacres..., 153. 52 de laprosed'artlatineau III siecle.La genesedes J. Fontaine,Aspectset problemes Lezioni ?Augusto Rostagni>, 4 (Torino 1968) 85-94. styles latins chretiens. 3 E. Corsini,Per una lettura..., 492-520. 54 ibid.,493. 55 ibid.,495 s.

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ibid., 508. Successivamente (509-511), il Corsini analizza il parallelismointercorrentetra visione del paradisoe liturgiadella messa. 57 Vedasiperaltrola criticadi E. Corsini,ibid.,492 n. 23. 58 J. Fontaine, Aspectset problemes...,85. 59 ibid., 86. 60 1,4 (pp. 4.6). 61 E. Corsini,Per una lettura..., 515. 62 Cf. Ad Fortun.,13 (CCL 3,214). Usi analoghi sono documentatidal Thesaurus LinguaeLatinae,s.v. oculatus(vol. IX,2; fasc. III, col. 44011.68 ss.). 63 Ad Fortun.,13 (CCL 3,214). 64 Citazioneche ritornain altri contesti martirologiciciprianei,semprelegata alla visione futura:cf. Epist., 76,7 (CSEL3/2,833);Ad Quir.,111,17 (CCL 3,111 s.). 65 Cf. E.Corsini, Per una lettura..., 521. 66 Cf. G. Lazzati, Gli sviluppidella letteraturasui martirinei primi quattrosecoli (Torino 1956)42 ss. 67 Si veda, solo a mo' d'esempio, la diffusatematicadell' aitloS e dell' Eupesqvat nell'epistolariodi Ignazio d'Antiochia. 68 Vedasi, ancora solo a mo' d'esempio,Marc. Aurel. Ad se ips., XI,3,2 (Trannoy, p. 124). 69 5,4 (p. 16).
70 71

5,3 (p. 16).

Il tema del deiceree oggetto di fine analisi da parte di E. Corsini, Per una lettura..., 528 s. 72 5,2.4 (pp. 15 s.): <ne me dederis in dedecus hominum... ne universosnos extermines:nemo enim nostrumlibere loquetur...> 74 Qualchedubbio puo lasciarel'attribuzione d'una nota di dolcezza alla figuradi Saturo, fatta dal Monceaux (ibid.,92). A sostegno di questa nostra perplessita,cf., ad es., 18,7-8 (p. 44). 75 5,6 (p. 16). 76 6,5 (p. 18); cf. anche 5,6 (p. 16). 77 6,5 (p. 18).
78

3,6 (p. 10).

79
80

81 6,8 (p. 18).


82

3,9 (p. 10). 6,6-7 (p. 18).

83 I testi finora da riportatiinfattisono compresinella parteredattapersonalmente

ibid.

Perpetua.
84

85
86

19,1 (p. 44).

15,7 (p. 38). 15,2-3 (p. 36).

1-24100 Bergamo, Via Marzanica 21

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