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Istituzioni di Linguistica 2011-12


Parte III. Fonologia diacronica (prof. Paola Beninc)
1. Tipologia linguistica e grammatica. Cominciamo la terza parte del corso, dedicata alla fonologia diacronica e al metodo storico comparativo, presentando un'area di ricerca che per molti aspetti radicalmente diversa sia dalla grammatica sincronica che dalla grammatica diacronica, e tuttavia ha intensi rapporti con tutte e due queste aree. Si tratta della tipologia linguistica, un metodo di osservazione delle lingue che in linea di principio non mira a interpretazioni teoriche, n di grammatica sincronica n di grammatica diacronica o storica. Prende in considerazione tutte le lingue per osservare i fenomeni che si ritrovano in tutte, o solo in alcune, oppure che non si trovano mai. In genere, evita di confrontare lingue imparentate o in contatto culturale, per evitare che fenomeni dovuti a prestiti o trasmissione storica falsino il quadro comparativo. Fin dai primi studi tipologici, i risultati della tipologia hanno posto importanti domande alla teoria grammaticale. La tipologia dell'ottocento mirava alla classificazione per 'tipi' delle lingue del mondo, con lo scopo di ridurre la molteplicit di lingue diverse a un numero piccolo di 'tipi'. Da queste prime intuizioni deriva una classificazione che nelle linee generali tuttora valida, al di l di alcune tesi errate superate poi dalla ricerca successiva. Le prime riflessioni sulla tipologia offrirono uno spunto di discussione che diede inizio alla ricerca linguistica sistematica. A partire dagli anni '60 del 900, la tipologia linguistica ha ripreso con grande vivacit l'attivit di ricerca, affiancando la riflessione sulla teoria grammaticale in modo molto interessante e reciprocamente utile: osservando le relazioni fra fenomeni sempre pi dettagliati nelle lingue del mondo, pone continuamente domande interessanti alla linguistica teorica: perch le cose stanno cos? Usando anche metodi statistici, pu mostrare che determinate correlazioni fra fenomeni non possono essere casuali: ad es. con frequenza che non pu essere casuale, le lingue che hanno la preposizione dopo il suo complemento, hanno anche il verbo dopo il complemento oggetto (OV); la ragione non pu che essere molto astratta, e sta alla linguistica teorica fare delle ipotesi esplicative. D'altra parte, le conclusioni teoriche fanno delle predizioni, che la tipologia va a testare su un corpus sempre pi ampio di dati tratti da lingue diverse. Cominciamo quindi dalla tipologia moderna, per passare poi a quella ottocentesca, che stata il preludio della grammatica storica, e quindi dell'introduzione del metodo scientifico nella linguistica.

1.1. Tipologia della sintassi e universali linguistici La tipologia ottocentesca dava per scontata la diversit fra le lingue, nella quale cercava di mettere un po' di ordine classificatorio. Nel '900 questo tipo di ricerca e riflessione sulle lingue ha avuto una nuova stagione molto interessante, sullo sfondo di un'ipotesi generale tacita, cio che la diversit nascondesse sottostanti coerenze nelle strutture grammaticali.

La stagione novecentesca della tipologia iniziata con Joseph Greenberg negli anni Sessanta (vedi il saggio Beninca' - Longobardi): osservando un campione di 30 lingue di diverse famiglie linguistiche, ha enucleato una serie di generalizzazioni universali, in particolare riguardo allordine dei costituenti maggiori. Questo tipo di universali hanno il formato di - universali assoluti, quando si pu affermare che "tutte le lingue hanno una data propriet A"; - universali implicazionali, quando si pu stabilire che "se una lingua ha una propriet A ha sempre (o con frequenza che non pu essere casuale) anche la propriet B". Anche se gli universali assoluti sono forse quelli che colpiscono di pi, pi stimolanti per la ricerca sono spesso gli universali implicazionali. Che due propriet si ritrovino costantemente insieme in lingue diverse, un'osservazione che richiede di cercare la relazione nascosta fra i due fenomeni, di conseguenza, richiede di raggiungere un livello di astrazione descrittiva che possa mostrare la relazione fra i due fenomeni nella loro rappresentazione grammaticale. Questa classificazione degli universali si interseca con quella fra universali formali e universali sostanziali (o materiali): gli universali materiali riguardano gli "oggetti" di cui si serve il linguaggio (tutte le lingue usano consonanti, vocali, organizzati in parole, ecc.; i fonemi sono il risultato della combinazione di "tratti fonologici", ecc.); gli universali formali, riguardano le propriet universali delle grammatiche di tutte le lingue conosciute (corrispondono quindi al livello esplicativo). Gli universali di ambedue i tipi possono essere assoluti o implicazionali. Ci sono lingue che non hanno un morfema per indicare il plurale e ci sono invece lingue che hanno morfemi distinti per il singolare, il plurale e il duale, come il greco antico. Molte lingue hanno categorie morfologiche di singolare e plurale, ma nessuna lingua ha categorie morfologiche solo per singolare e duale (e modi non morfologici per il plurale, come il cinese). Quindi, l'esistenza in una lingua della categoria morfologica "duale" implica l'esistenza in quella lingua della categoria "plurale" (universale implicazionale). La comparazione sintattica di lingue diverse per il momento offre dati ancora scarsi per ipotizzare regole sintattiche diacroniche, simili alle regole fonologiche scoperte dalla grammatica storico-comparativa. Molte categorie della grammatica tradizionale (soggetto, verbo, preposizione, oggetto diretto e indiretto, frase dipendente, frase relativa, ecc.), unitamente alla metodologia di analisi in costituenti immediati, permettono di comparare tra loro caratteristiche sintattiche di lingue diverse. Nella frase seguente si possono distinguere tre costituenti (a livelli diversi della struttura gerarchica), che, riprendendo la terminologia della grammatica tradizionale, chiamiamo soggetto, verbo, oggetto: il bambino (soggetto) mangia (verbo) la mela (oggetto)

Joseph Greenberg ha comparato, su un campione di lingue, l'ordine non marcato dei costituenti principali. Il concetto di 'ordine non marcato' e di 'frase non marcata' un concetto poco pi che intuitivo, anche se ha avuto un impiego millenario nella

tradizione grammaticale: si pu tentare di definirlo come l'ordine che appare in una frase proferita in condizioni neutrali, senza tener conto di un contesto (che pu essere la situazione particolare, o frasi proferite prima dallo stesso parlante o da altri). Le tipiche frasi non marcate sono quelle utilizzate da sempre nell'esemplificazione grammaticale, come la frase data sopra. In questa frase l'ordine, non marcato per l'italiano, quindi: soggetto + verbo [transitivo] + oggetto). In teoria, avendo tre elementi da osservare nelle loro combinazioni di ordine attestate nelle lingue del campione (S = soggetto, V = verbo, O = oggetto), ci aspettiamo come possibili le seguenti combinazioni degli elementi, se il loro ordine fosse casuale: SVO (italiano, inglese, francese, lingue romanze in generale, ecc.); I VSO (lingue celtiche, semitiche, ecc.); SOV (latino, tedesco, giapponese, cinese, ecc.); *OSV II *OVS *VOS In realt, mentre gli ordini del gruppo I sono attestati nelle lingue del mondo, quelli del gruppo II non compaiono mai come ordine non marcato. Gli ordini impossibili possono ridursi al fatto che l'oggetto non precede mai il soggetto. Greenberg ha stabilito una serie di solidariet tra fenomeni linguistici che si riscontrano nelle lingue SVO e VSO, simmetriche rispetto alle lingue SOV. Nelle lingue dei primi due gruppi si trova oltre all'oggetto che segue il verbo, per esempio, il genitivo che segue il nome da cui dipende; invece, nelle lingue del gruppo SOV, che hanno l'oggetto che precede il verbo, il genitivo precede il nome da cui dipende. Quello che VSO e SVO hanno in comune l'ordine VO. Le solidariet fra aspetti diversi dellordine delle parole portano a supporre l'esistenza di un sistema grammaticale molto strutturato e molto astratto; ununica differenza formale d luogo a diversi effetti superficiali. La ricerca sintattica successiva ha arricchito, sia con interpretazioni interessanti, sia con la registrazione di nuove solidariet tra fenomeni, il prontuario iniziale di Greenberg. La teoria X-barra, che ipotizza una struttura unitaria per tutte le categorie sintattiche, ha un diretto e chiaro significato per una comprensione della tipologia universale dell'ordine dei costituenti (l'ha notato per primo il linguista olandese H. van Riemsdijk, e lo riconosce lo stesso Greenberg nel suo saggio pi recente tradotto in Beninca' Longobardi, pur dicendosi non interessato all'interpretazione teorica delle generalizzazioni riscontrate). L'ordine VO, come pure l'ordine nome-genitivo, vengono fatte risalire, in questa interpretazione teorica, a una unica caratteristica pi astratta che riguarda la direzione in cui una testa lessicale (nome, verbo, preposizione, ecc.) regge il suo complemento. Interpretazioni pi sofisticate ipotizzano differenze nella modalit di assegnazione di caso, da parte del Verbo e della preposizione, in una struttura ricca di proiezioni funzionali. Partendo dalla teoria X-barra, applicata direttamente, possiamo vedere quanto segue, supponendo che vi sia un parametro di variazione, cio che le teste possano reggere verso destra o verso sinistra il loro complemento e che gli Spec possano trovarsi a destra o a sinistra di X (parametro dellordine di X-barra): a) Ordini possibili in teoria, in base a X-barra e al parametro dell'ordine:

X'' X'' /\ /\ Spec X' Spec X' / \ /\ X Compl Compl X

X'' / \ X' Spec /\ X Compl

X'' / \ X' Spec /\ Compl X

SVO SOV *VOS *OVS Gli ordini possibili in teoria *VOS e *OVS sono stati stabiliti come inesistenti da Greenberg.

b) Ordini superficiali dei costituenti maggiori attestati e inesistenti secondo Greenberg: SVO SOV *VOS VSO *OVS *OSV

Uno dei tre ordini attestati da Greenberg, VSO, non previsto come possibile in base alla teoria X-barra. Il punto fondamentale che gli ordini superficiali non marcati dei costituenti sono solo indirettamente legati all'ordine delle teste e degli Spec (che invece quello su cui fa predizioni la teoria X-barra). Fra la struttura profonda del VP con i suoi argomenti e la struttura superficiale si collocano ad es. i movimenti del verbo lungo la struttura funzionale, e i movimenti degli argomenti nelle posizioni dove prendono caso (il soggetto che prende caso nominativo nello SpecIP). Quindi gli ordini superficiali rivelano solo indirettamente la struttura profonda, dove teste, complementi e specificatori dovrebbero essere costruiti in base alla struttura X-barra. Il problema rappresentato dalle lingue VSO, se questo fosse l'ordine fondamentale degli argomenti del verbo, che ci sarebbe in queste lingue una discontinuit fra la testa reggente (es. il Verbo) e l'argomento retto dalla testa (es. l'Oggetto). L'ordine VSO, della frase non marcata, non rappresenta l'ordine basico ma un ordine derivato per trasformazione di movimento del verbo, senza un successivo movimento di XP al suo specificatore. Le lingue VSO hanno molti fenomeni che le fanno classificare insieme con (alcune) lingue SVO: quello che rilevante quindi l'ordine relativo di V e O. Ambedue i gruppi farebbero parte di un "super-gruppo" di lingue VO, ma le lingue VSO sono le pi coerenti. Ad es., lUniversale 3 dice che: una lingua VSO sempre preposizionale (non ha mai posposizioni). A partire quindi da un ordine profondo NP V NP (cio, SVO), lordine superficiale VSO sarebbe prodotto da un movimento del verbo verso l'alto fino a una testa in IP, mentre il soggetto non sarebbe obbligato al movimento allo Spec di quella testa per avere il caso: si pu supporre che lassegnazione di caso avvenga sempre per reggenza (da I allo Spec di VP nel caso del soggetto). Il fatto che risulti dall'osservazione che solo alcuni tipi di lingue esistono, mentre altri non sono mai realizzati, dice che le possibili strutture del linguaggio umano non sono tutte quelle che sono casualmente possibili in teoria: abbiamo visto che per l'ordine dei costituenti maggiori abbiamo effettivamente attestato solo il 50 % delle possibilit teoriche. Una serie di principi universali (universali formali) riduce le possibilit teoriche di ordine delle diverse categorie (che dipenderanno dalla struttura e dalle propriet grammaticali). 1.2. Agli inizi della linguistica scientifica: la tipologia morfologica.

Per andare agli inizi della storia della linguistica, partiremo da uno studioso che segna il passaggio allepoca dello studio sistematico delle lingue, la cui opera anche un esempio interessante di studio tipologico, da cui si svilupparono sia altri studi tipologici, sia discussioni teoriche: si tratta di Friedrich Schlegel (1772-1829), autore nel 1808 del saggio ber die Sprache und Weisheit der Indier ("Sulla lingua e la saggezza degli Indiani").1 Lo studio di Schlegel si ricollega anche al grande sviluppo che ebbe alla fine del 700 lo studio del sanscrito, l'antica lingua dellIndia. Notizie di questa lingua circolavano in Europa da tempo: gi alla met del 1500 il viaggiatore fiorentino Filippo Sassetti aveva messo in evidenza che alcune parole del sanscrito mostravano somiglianze evidenti con litaliano (o il latino). Solo verso la fine del 1700 lo studio del sanscrito e dell'antica civilt indiana viene impostato sistematicamente; questo fu leffetto di un cumulo di cause circoscritte, anche estrinseche, come per esempio la costruzione dellimpero Britannico in India. Molti funzionari britannici ritennero indispensabile studiare la lingua e la cultura dellIndia come condizione preliminare per poter efficacemente gestire quel popolo con ordinamenti nuovi. La prima intuizione della parentela fra le lingue che poi saranno dette indeuropee registrata nel discorso che il giudice gallese dell'Alta Corte William Jones tenne nel 1786 presso la Societ Asiatica di Calcutta da lui fondata2: "Nessun filologo potrebbe esaminare greco, latino, sanscrito senza credere che abbiano avuto origine da una stessa fonte comune, la quale forse non esiste pi". Un ufficiale della marina britannica, Alexander Hamilton, profondo conoscitore del sanscrito che aveva imparato in India, fu trattenuto a Parigi come prigioniero di guerra, durante le guerre napoleoniche: gli fu dato lincarico di riordinare e schedare i manoscritti sanscriti che erano stati recentemente portati a Parigi; egli dette lezioni di sanscrito a un gruppetto di appassionati orientalisti, fra cui - dal 1803 - appunto anche Schlegel. Con sanscrito (termine che significa perfetto, compiuto) si intende propriamente il sanscrito vedico, la lingua degli inni vedici, le cui parti pi antiche sono ritenute risalenti 1200-1500 a.C., quindi un tempo di molto anteriore alle parti pi antiche dei poemi di Omero. Lingua letteraria e rituale dell'India, fissata in forme codificate e studiate con straordinaria profondit dagli stessi grammatici indiani, tuttora conosciuta, usata nellistruzione e nei riti, e parlata negli ambienti intellettuali dellIndia. Si tratta, quindi, di una lingua molto antica; anzi, all'epoca di Schlegel era la pi antica tra le lingue indoeuropee conosciute; littito, che oggi la pi antica lingua
Si pu vedere su questo argomento il bellissimo saggio di L. Renzi, Storia e obiettivi della tipologia linguistica, in Ramat (a cura di), La tipologia linguistica, Il Mulino, Bologna 1976. Il lavoro di Schlegel stato ripubblicato nel 2008, con un ricco commento: F. Schlegel, Sulla lingua e la sapienza degli indiani, Roma, Il Calamo.
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"La lingua sanscrita, quale che sia la sua antichit, una lingua di struttura meravigliosa, pi perfetta del greco, pi copiosa del latino, e pi squisitamente raffinata di ambedue, nonostante abbia con entrambe un'affinit pi forte, sia nelle radici dei verbi sia nelle forme della grammatica, di quanto probabilmente non sarebbe potuto accadere per puro caso; cos forte, infatti, che nessun filologo potrebbe indagarle tutt'e tre, senza credere che esse siano sorte da qualche fonte comune, la quale, forse, non esiste pi. C' un'altra ragione simile, sebbene non altrettanto cogente, per supporre che tanto il gotico quanto il celtico, sebbene mescolati con un idioma molto differente, abbiano avuto la stessa origine del sanscrito, e l'antico persiano potrebbe essere aggiunto alla medesima famiglia" (William Jones, Discorso presidenziale alla Royal Asiatic Society of Bengala, 2 febbraio 1786).

della famiglia indeuropea attestata, fu scoperto e studiato pi tardi, agli inizi del XX secolo3 (le iscrizioni di Hattusas (capitale del regno di Hatti - oggi il villaggio di Boghaz-ki, Turchia) che testimoniano questa lingua, risalgono allinizio del II millennio a. C.). Il sanscrito, fra tutte le lingue indeuropee appariva inoltre la pi ricca e la pi complessa per quanto riguarda la morfologia e, per questo aspetto, essa appariva anche la pi conservatrice. Per la complessit, ricchezza e regolarit della sua morfologia, il sanscrito fu considerato da Schlegel come la lingua progenitrice di tutte le altre lingue indoeuropee, passate attraverso un progressivo impoverimento o degenerazione grammaticale (anche a causa della mescolanza con le lingue di tipo inferiore). Inoltre, la sua complessit e ricchezza avevano indotto lo studioso a ritenere che questa lingua fosse qualitativamente superiore alle altre, teorizzando una gerarchia fra le lingue basata sulla complessit morfologica: questa teoria alla base della sua classificazione tipologica. La metodologia comparativa adottata dallo stesso Schlegel permise in seguito ad altri linguisti (vedremo in particolare Franz Bopp) di dimostrare che queste convinzioni erano errate. Se la metodologia corretta, anche le conclusioni errate producono un aumento della conoscenza poich stimolano ulteriori studi. Il sanscrito mostrava una morfologia ricchissima e molto precisa nell'esprimere le relazioni tra parole, valori aspettuali del verbo, ecc.; per questo sembrava in grado di esprimere concetti pi complessi rispetto alle altre lingue. In essa non esistono articoli o preposizioni, e neppure ausiliari del verbo: le forme verbali e le forme nominali vengono modificate, a seconda della loro funzione, con la flessione. Confrontando la struttura morfologica dell'antico indiano con quella di altre lingue conosciute (in particolare il cinese), lo studioso tedesco giunse alla conclusione che il sanscrito e le lingue dotate di morfologia flessiva, appartengono a un tipo profondamente diverso e superiore rispetto alle lingue prive di morfologia, cio isolanti, come il cinese. 1.2.1. I tipi morfologici fondamentali. Nelle lingue flessive le particelle grammaticali sono fuse insieme in una desinenza che assomma in s diversi valori grammaticali, per es. di genere, numero e caso: in latino abbiamo -os che indica l'accusativo maschile plurale, il caso dell'oggetto diretto: video puer-os "vedo i bambini" La desinenza -i indica invece il nominativo maschile plurale, oppure il genitivo maschile singolare: puer-i currunt "i bambini corrono" puer-i ioca "i giochi del bambino" Nel verbo italiano, ad esempio, la 1. persona indicata da -o nel presente e imperfetto indicativo (cant-o, cant-av-o), da -i nel presente e imperfetto congiuntivo (che cant-i,
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Anche questa scoperta, conseguente alla decifrazione delle tavolette in scrittura cuneiforme, il risultato indiretto delle guerre europee: il decifratore delle tavolette fu l'ufficiale ceco Bedrich Hrozny che pubblic il suo lavoro nel 1917, mentre era arruolato nell'esercito austro-ungarico durante la prima guerra mondiale. La frase chiave per le decifrazione fu " nu -an ezateni (cfr lat. edo) wadar-ma (cfr water) ekuteni (cfr. aqua)" ( geroglifico per "pane") "ora mangerete pane e berrete acqua".

cant-ass-i) e nel passato remoto (cant-a-i); ma -i indica anche la seconda e terza persona nel congiuntivo, la seconda nellindicativo (tu cant-i, cant-av-i, che tu cant-i, cant-ass-i), ecc. In una lingua flessiva in generale non c' modo di identificare nella desinenza la parte che corrisponde alla singola funzione: in lat. -os non posso riconoscere che cosa indica 'maschile', che cosa indica 'plurale' che cosa indica 'accusativo (in realt questo talvolta si pu fare, applicando per la scienza etimologica, quindi non con gli strumenti di analisi che valgono all'interno della grammatica - o della descrizione - sincronica della lingua). Inoltre, spesso con laggiunta di una desinenza inanalizzabile si ha anche una modificazione della radice. Si pu vedere nel verbo italiano, lesempio di ved-o, in cui o significa 1. sing. ma anche, unita alla vocale -e- della radice, presente indicativo; in vid-i la -i che indica 1. sing., insieme a una vocale -i- nella radice; ancora una i, ma aggiunta alla radice ved- del presente, indica 2. sing. vedi. La flessione appariva un processo che modificava tutta la parola in modo organico, come un organismo vivente, diversamente a quello che avviene nelle lingue isolanti (e in quelle agglutinanti, di cui parleremo subito). Nelle lingue isolanti invece gli elementi lessicali assumono la loro funzione grammaticale in base alla posizione che occupano all'interno della frase. La posizione determina sia la categoria grammaticale a cui appartengono, sia la funzione sintattica, cio la relazione con le altre parole. Alcuni significati (come il tempo o l'aspetto del verbo) sono espressi non da desinenze ma da altri elementi lessicali autonomi ('isolati'); in molti contesti, in lingue isolanti questi elementi del significato sono inespressi e ricavabili dal contesto o da principi cognitivi. Il cinese per esempio ha uno stesso ideogramma e una stessa parola per esprimere il verbo e il nome (hua, ad es., significa "dipingere" e "quadro"); le relazioni di ordine, che sono molto rigide, informano sulle relazioni grammaticali: ad es. le relazioni casuali come il genitivo sono espresse con l'ordine (il genitivo precede: en ma "uomogenit. cavallo = il cavallo dell'uomo"; ); cambiando l'ordine, ma en " cavallogenit. uomo = l'uomo del cavallo" (cfr. cowboy). Non c' flessione neppure per il genere e il numero: ma significa "cavallo, -a, -i, -e"; se necessario specificare genere e numero si aggiungono parole autonome indicanti "femmina, maschio; molti". Il verbo ugualmente non ha flessione personale, che viene specificata con un pronome; il tempo viene indicato da avverbi (ad es. "presto" per il futuro) o verbi servili. Gli aggettivi assumono la funzione di predicati o di aggettivi a seconda della loro posizione: ma cavallo e hsiao piccolo danno luogo a una frase se laggettivo segue (ma hsiao il-cavallo ()piccolo), oppure un nome aggettivato se laggettivo precede (hsiao ma il-piccolo cavallo). Sulla opposizione dei due tipi di morfologia, isolante e flessiva, Schlegel bas l'idea che le lingue flessive fossero di origine divina, trasmesse direttamente all'uomo da Dio, mentre le lingue isolanti erano da considerare originate da lingue di tipo animalesco. Pi tardi Schlegel con il fratello August Wilhelm identific una terza categoria linguistica oltre a quella flessiva e isolante, che comprendeva le lingue con morfologia agglutinante. Mentre in una lingua flessiva i diversi significati funzionali (genere, numero, caso, tempo verbale, accordo, ecc.) sono fusi in una desinenza non analizzabile; in una lingua agglutinante invece possibile attribuire un singolo valore funzionale a una sottoparte isolabile della desinenza.

Vediamo un esempio da una lingua europea, l'ungherese, che una lingua agglutinante, come il finnico4: In ungherese la particella che indica l'accusativo -t, quella che indica plurale e -k. A queste particelle si antepone una vocale che si armonizza con le vocali della parola5. La parola gyerek "bambino", senza alcun suffisso, vale per il caso nominativo singolare. Avremo quindi
gyerek (nom) sg. "bambino" asztal (nom) sg "tavolo" gyerek-ek (nom) pl. asztal-ak (nom) pl gyerek-et sg. acc. asztal-at sg. acc gyerek-ek-et gyerek-nek pl. acc. sg. dat. asztal-ak-at pl. acc asztal-nak sg. dat. gyerek-ek-nek pl. dat asztal-ak-nak pl. dat

E sullinterpretazione di questo terzo tipo che si concentra la contrapposizione fra Schlegel e Bopp, che vedremo nel prossimo capitolo. Secondo Schlegel, il tipo agglutinante non un tipo intermedio fra i due, ma una evoluzione del tipo isolante, quindi, indirettamente, anchessa di origine animalesca! La separazione irriducibile dei due tipi isolante e flessivo resta netta. Popoli con lingue isolanti, giunti in contatto con popoli con lingue flessive, avrebbero modificato le loro lingue creando una imitazione della morfologia flessiva mediante laggiunta alla radice di elementi che in origine erano separati e indipendenti. Successivamente Friedrich Pott identific un quarto tipo di lingue, il tipo incorporante o polisintetico. In queste lingue la relazione fra elementi retti e elementi reggenti (ad esempio, un oggetto e il verbo che lo regge) viene resa incorporando loggetto nel verbo, in genere alla sua sinistra: una frase corrispondente a cerco il villaggio diventa una forma corrispondente a villaggio-cerco. Esempi isolati e circoscritti di incorporazione si trovano anche in lingue flessive e agglutinanti: alcuni linguisti, ad esempio, vedono un processo simile allincorporazione nelle forme pronominali clitiche (particelle pronominali) delle lingue romanze: loggetto lo in italiano non sta nella posizione delloggetto nella frase, ma si attacca al verbo, formando una sequenza con un unico accento lo crco.

Ungherese e finnico appartengono alla famiglia ugro-finnica, non a quella indeuropea; anche il turco agglutinante, e secondo alcuni studiosi la famiglia a cui appartiene il turco, quella delle lingue altaiche, forse collegabile a quella ugro-finnica, in una unit uralo-altaica; a loro volta tutte queste lingue apparterrebbero secondo altri studi pi recenti ma alquanto criticati, a una remotissima unit nostratica, comprendente anche le lingue indeuropee e caucasiche. Risalendo cos indietro nel tempo la dimostrazione potrebbe essere impossibile, essendo l'ipotesi non falsificabile secondo la metodologia standardizzata nella ricerca; qualche studioso, come lo stesso Joseph Greenberg, sostiene la validit dei metodi statistici, ma ci sono forti argomenti contrari. 5 L'ungherese caratterizzato dall'armonia vocalica, un fenomeno fonologico di assimilazione fra segmenti non adiacenti (come la metafonesi), su cui il modello fonologico autosegmentale ha condotto analisi importanti.

1.2.1. Alcune osservazioni. E facile osservare che una lingua non appartiene mai totalmente a un tipo: lo stesso cinese ha alcuni elementi che non sono autonomi, ma legati alle parole; d'altra parte se osserviamo una lingua meno esotica come l'inglese, vediamo che ha chiare caratteristiche di lingua flessiva, ma rispetto alla fase antica ha perso molti elementi flessivi, e spesso appare simile al cinese: la distinzione fra nome e verbo in molti casi pu essere stabilita non dalla forma (morfologia) ma dal contesto, dalle parole che sono immediatamente vicine: fish significa sia "pesce" che "pescare", a seconda di ci che precede: se preceduto da un articolo sar il nome (the fish = il pesce), se preceduto da un pronome, o dall'introduttore dell'infinito to, o da un verbo modale come can "potere", ecc. sar il verbo (I fish, you fish, I can fish,... to fish = io pesco, tu peschi, posso pescare,...pescare. Cos dream significa sia "sogno" (the dream) sia "sognare" (I dream, you dream, to dream, ecc.). Anche gli aggettivi possono essere identici a verbi, come clear, agg. chiaro; sgombro e verbo chiarire; sgombrare L'ungherese, d'altra parte, ha anche aspetti del tipo incorporante: come si detto sopra, questo tipo prevede che la relazione grammaticale fra elementi lessicali sia espressa incorporando (unendo) gli elementi lessicali stessi: L'ungherese infatti usa questo processo per es. con l'aggettivo possessivo, che diventa un suffisso del nome: -m mio -d tuo gyerek-em-et "bambino mio" (accusat.: cfr. lat. meum puerum, accusat.) poss.-acc. Nella stessa area della grammatica ungherese troviamo comportamenti di lingua flessiva: se formiamo il plur. della stessa parola (sintagma) vediamo che gli elementi agglutinati non sono pi individuabili: nell'esempio seguente, si vede che il possessivo viene 'marcato come plurale cambiando in modo idiosincratico (non viene inserito ekma -i-): gyerek-eim-et bambini-miei acc." poss.pl.-acc. Facciamo notare fra parentesi che l'ungherese si comporta come la generalit delle lingue agglutinanti, ponendo la desinenza di caso nella posizione pi esterna (l'universale annotato da J. Greenberg (1963) col numero 39). Pi in generale, l'ordine dei suffissi torna identico in turco e in finnico, altre lingue agglutinanti. Tornando allle lingue flessive, in inglese possiamo identificare aspetti di lingua isolante nel verbo: nella frase
I WILL LOVE 'amer''

in cui si possono isolare tre diversi elementi: I (pronome sogg.), will (verbo modale per il futuro, lett. "voglio"), love (base lessicale), in contrasto con il procedimento di una lingua pienamente flessiva come il latino, in cui alla frase sopra corrisponde una sola parola

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AM-A-BO

La parte flessiva -A-BO non analizzabile ulteriormente se non con letimologia: non c' una parte della flessione che indichi in modo univoco 1.pers., un'altra che indichi 'sing.', un'altra che indichi 'futuro. In italiano e in francese la morfologia pure flessiva, perch il verbo per esprimere il futuro ha una desinenza:
AMER - AIMER - AI

Ma se analizziamo quest'ultimo caso con la fonologia diacronica dimostriamo che esso pu essere visto come un esempio di una morfologia almeno parzialmente agglutinante (o forse meglio incorporante), in quanto la desinenza rappresenta l'evoluzione del presente del verbo avere:
AMER + = amare + ho AIMER + AI = aimer + ai

In tutte le lingue romanze conosciute, la flessione del futuro latino andata perduta e molte lingue romanze l'hanno sostituita con una forma di incorporazione o agglutinazione che ora appare come flessione. Quelle che sembrano a prima vista delle normali desinenze verbali, nascondono infatti il presente del verbo avere: lat. cantabo cantabis cantabit ital. canter- -i - franc. chanter-ai -as -a spagn. cantar-i -s -

In antico spagnolo e provenzale (e tuttora nel portoghese moderno) futuro e condizionale appaiono analizzabili, perch un pronome clitico (atono) si inserisce fra infinito e desinenza (cio ausiliare): port. dar-ei dar; dar te ei ti dar; falarei parler falar vos ei vi parler. Non va dimenticato che, come si vede da questi pochi esempi, l'analisi fonologica su base storico-comparativa permette di ricostruire processi che pur essendo esclusivamente fonologici, possono illuminare mutamenti che sconfinano nell'area della morfologia e della sintassi, ponendo problemi molto interessanti e tuttora al centro della ricerca, riguardo alle relazioni fra queste tre componenti della grammatica. Il futuro romanzo inf. + ho, ecc., perch ad un certo punto della sua evoluzione il futuro stato rianalizzato come 'ho (da) + inf. (canter = ho da cantare). Alcune variet romanze usano altri ausiliari o modali, che in alcuni casi non sono diventati flessione, ma sono ancora allo stadio isolante, uno stadio che presente anche nelle lingue germaniche, come il tedesco ich werde singen, o l'inglese I will sing. Se osserviamo levoluzione di una variet romanza, il dialetto milanese, troviamo un processo analogo, con lagglutinazione dei pronomi personali:

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latino: CANTAS "tu canti" CANTATIS romanzo medioevale: tu cante vo cantate dialetto milanese : cante-t cant-uf

"voi cantate" (flessiva) (isolante) (agglutinante)

Questa osservazione ci introduce a discutere le ipotesi di Schlegel, che riteneva che il tipo agglutinante fosse solo apparentemente simile al tipo flessivo, ma rappresentasse invece nient'altro che una evoluzione del tipo isolante, sotto l'influsso esterno del tipo superiore flessivo. Ma i due rami originariamente diversi, quello flessivo di origine divina, quello isolante di origine animalesca con la sua evoluzione agglutinante, restano per Schlegel opposti e irriducibili l'uno all'altro, pur potendo arrivare a somigliarsi esteriormente. Per qualche motivo (forse perch appare meno meccanico) viene considerato superiore il tipo flessivo, detto anche organico, le cui desinenze non sono ulteriormente analizzabili in sottocomponenti, corrispondenti alla somma dei significati della desinenza stessa (ad esempio tempo, modo, persona, numero, ecc., nel verbo). Schlegel aveva correttamente identificato modalit differenti nella morfologia delle lingue che ancor oggi, sia pure con successive precisazioni che si sono avute gi ad opera di Friedrich Pott, Wilhelm von Humboldt, August Schleicher, restano valide dal punto di vista osservativo, anche se non sono sempre valide le varie ipotesi di linguistica generale che furono costruite sulla loro base.

1.3. La teoria agglutinante della flessione: Franz Bopp. Le osservazioni che abbiamo mosso all'interpretazione di Schlegel della morfologia comparata, sono analoghe alla posizione assunta dal filologo e linguista tedesco Franz Bopp (1791-1867), che riprese gli studi di Schlegel iniziando la comparazione linguistica condotta in modo sistematico e rigoroso; egli restrinse la comparazione a una famiglia linguistica, quella delle lingue indoeuropee, e concentr l'analisi sulla forma delle desinenze, cio sulla morfologia nel suo aspetto fonologico. Come abbiamo mostrato sopra con esempi molto semplici, l'analisi diacronica mostra che un tipo linguistico pu derivare storicamente da un altro, in particolare quello flessivo pu derivare da quello agglutinante. Questo fu il procedimento di Bopp. Bopp, riprendendo la metodologia iniziata da Schlegel, la applic in modo sistematico al sistema della coniugazione e della flessione nominale. Al di l della somiglianza apparente delle parole di lingue diverse, ritenne che fossero pi significative le corrispondenze fonologiche che appaiono nella morfologia. Questo principio fu largamente applicato nella ricerca successiva fino ad oggi: le somiglianze fra lingue possono derivare non da parentela ma da prestiti lessicali dovuti a contatti culturali fra popoli. Nella morfologia infinitamente meno probabile avere dei prestiti fra lingue. ben noto l'esempio dell'inglese, dove oltre il 60% del lessico di origine latina o romanza, ma l'analisi degli elementi morfologici rivela in modo decisivo che la base della lingua resta germanica. Bopp quindi port avanti lo sviluppo del metodo, restringendo e precisando il campo d'indagine in vari modi: si concentr su un gruppo di lingue che Schlegel aveva individuato come imparentate (le lingue indeuropee) e riusc ad aggiungere altre lingue a questa 'famiglia' (antico

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slavo, lingue celtiche, armeno, albanese); rinunci a dare giudizi di valore indimostrabili, superando la tipologia 'alla Schlegel'; rinunci ad indagare con questo metodo la semantica e l'affascinante ma nebulosa origine delle radici: si limit a scomporre le desinenze ("Io intendo dare in questo libro una descrizione comparativa e comprensiva di tutto ci che si riferisce all'organismo delle lingue indicate nel titolo, indagare le loro leggi meccaniche e fisiche e l'origine delle forme che concernono i rapporti grammaticali. Lasceremo da parte solo il mistero delle radici o della causa delle denominazioni dei concetti originari; noi, cio, non indaghiamo perch p. es. la radice i significa 'andare' e non invece 'stare' n perch il gruppo di suoni sta significa 'stare' e non 'andare'" (p.111 della Vergleichende Grammatik, 1833)). I risultati di questi studi portarono Bopp a conclusioni molto diverse, e meglio fondate (cio pi scientifiche e quindi discutibili e criticabili) rispetto a quelle cui era giunto Schlegel; la distinzione tra lingue divine e lingue umane insieme alla presunta superiorit delle lingue flessive appaiono opinioni prive di fondamento e indimostrabili. Il filologo tedesco dimostr che la struttura morfologica e fonologica cambia nel corso del tempo; cos le lingue indoeuropee erano state agglutinanti e la loro flessivit era frutto di mutamento diacronico. Il punto di partenza concettuale di Bopp unintuizione che, attraverso la Grammaire Gnrale sviluppata in Francia nel 600 e la grammatica medievale dei filosofi modisti, risale ad Aristotele: questa intuizione riguarda lessenza del verbo. Il verbo ha la funzione fondamentale di connettere un argomento, il soggetto nominativo, con un attributo, formando un predicato. In questa prospettiva, lunico verbo che ha questa funzione allo stato puro il verbo essere nella sua funzione di copula: se dico luomo mortale, uso il verbo essere per connettere il soggetto luomo allattributo mortale. Tutti gli altri verbi non sono verbi allo stato puro, ma uniscono la funzione di attributo, espresso dalla radice lessicale, con la funzione di connettore fra attributo e soggetto, espresso dalla flessione. Questa ipotesi suggerisce quindi di guardare dentro i verbi, e legittima uninterpretazione della flessione come evoluzione di forme del verbo essere. Queste forme si sono grammaticalizzate perdendo la loro autonomia e andando infine a formare con la radice lessicale ununica parola. Gli esempi che abbiamo visto sopra del futuro portoghese sono casi in cui il processo di grammaticalizzazione a uno stadio evolutivo anteriore a quello raggiunto in italiano o in francese, o in spagnolo. Bopp stesso si riferisce a casi come questo, che ricava dal provenzale; ma l'esempio pi evidente che egli presenta il verbo lat. posse potere: qui il verbo essere ancora riconoscibile come formativo del verbo insieme a una radice nominale: pot-is agg. potente, capace sum sono es sei est esse essere possum posso potes puoi potest pu posse potere

Guidato da questa ipotesi di linguistica generale, Bopp compar le lingue indoeuropee per dimostrare l'origine agglutinante della loro morfologia e giunse a concludere che le desinenze del verbo potevano essere analizzate come formate da grammaticalizzazioni del verbo essere; le terminazioni che distinguevano le diverse persone del verbo erano interpretate inoltre come agglutinazioni di pronomi. E

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interessante notare che le osservazioni tipologiche successive hanno mostrato che in tutte le lingue del mondo - non solo nelle lingue indeuropee le distinzioni di persona nei verbi appaiono allestremit della desinenza. Diamo come esempio le forme singolari del verbo essere in sanscrito, greco e latino. sscr. greco latino asmi eimi sum sono as i e(s)i es sei asti est est Sanscrito e greco aggiungono alla fine una vocale i che Bopp interpreta come un locativo; va ricordato inoltre che il greco elimina -s- intervocalica (labbiamo messa tra parentesi nellesempio): tenendo presente questo, possiamo vedere le diverse persone distinte da elementi consonantici 1. m, 2. s, 3. t. Queste stesse consonanti compaiono in pronomi personali indeuropei: cfr. ad esempio lat., gr. me, ecc., io, greco sy tu; greco to quello. Le dimostrazioni di Bopp non sono sempre valide nei particolari: si va molto indietro con la comparazione, e le prove sono a volte molto scarse, cosicch l'assunto risulta in vari punti indimostrabile, bench i dati siano compatibili con la sua ipotesi generale. Resta fermamente dimostrato che almeno per alcuni casi il processo evolutivo esattamente quello supposto da Bopp: elementi che ad un certo stadio evolutivo sono autonomi, diventano successivamente parte della flessione, passando da parole a desinenze. L'analisi formale della sintassi, per una via completamente diversa, sviluppa una teoria della struttura della frase che arriva a supporre processi molto simili a quelli ipotizzati da Bopp. Bopp notava che in una lingua flessiva (una lingua a soggetto nullo, diremmo oggi) un verbo flesso la sintesi di unintera frase: cantavate esprime il predicato (lattributo) cant-, il soggetto voi, e una sorta di copula astratta che connette il soggetto con il predicato. Sembra naturale che ci sia una corrispondenza fra questi elementi della struttura sintattica e la loro realizzazione sintetica, morfologica. Gli studi di Bopp sulla tipologia della coniugazione comparvero nell'opera Ueber das Coniugationssystem der Sanscritsprache in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen, persianischen und germanischen Sprache (Frankfuhrt am Main, 1816: 'Sul sistema di coniugazione della lingua sanscrita in comparazione con quello delle lingue greca, latina, persiana e germanica'; esiste di quest'opera una traduzione inglese, in realt una rielaborazione, fatta dallo stesso Bopp nel 1820, recentemente ristampata: Analytical Comparison of the Sansrit, Greek, Latin and Teutonic Languages, shewing the Original Identity of their Grammatical Structure Il lavoro di Bopp 1816 considerato la prima grammatica comparata, linaugurazione del metodo scientifico in linguistica; fu seguita dalla pi completa e ampia Vergleichende Grammatik der Sanskrit, Zend, Griechischen, Lateinischen, Litthauischen, Gothischen und Deutschen (Berlin, 1833: 'Grammatica comparata del sanscrito, persiano, greco, latino, lituano, gotico e germanico). Bopp allinizio di Analytical comparison dichiara di non ritenere il sanscrito la lingua progenitrice di tutte le lingue indoeuropee perch, pur essendo molto conservatrice per alcuni fenomeni, era invece innovativa per altri: alcune caratteristiche

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della protolingua compaiono infatti meglio conservate in greco e latino che non in sanscrito. Egli non si rende conto tuttavia che il sanscrito ha un sistema vocalico pi ridotto rispetto al greco e al latino. Si comparino le vocali delle seguenti forme: sscr. asti matr ata avis vidmus lat. est mater octo ovis vidmus greco esti mater okt ois vidmus madre otto pecora sapere, vedere topo

La corrispondenza delle consonanti fra le forme nelle diverse lingue che hanno inoltre lo stesso significato - ci assicura ragionevolmente che stiamo correttamente comparando forme corrispondenti, evoluzione di una stessa forma pi antica e non documentata. Si pu subito osservare quindi che latino e greco a volte presentano una a che concorda con una a del sanscrito, a volte sono presentano vocali concordi ma diverse dal sanscrito; a queste vocali diverse si contrappone in sanscrito la vocale a. Da questa comparazione si pu ragionevolmente concludere che che il sanscrito deve aver semplificato un sistema vocalico originario pi complesso, unificando e, a, o, (che riduce ad a), mentre greco e latino hanno conservato meglio la complessit originaria.6 Ma Bopp non sempre tiene conto di questa conclusione, come nel caso seguente: il sanscrito ha un prefisso a- che funge da negazione e un altro prefisso a- che si aggiunge alle forme verbali del passato; Bopp propone di considerarli originati da ununica particella, suggerendo che il passato in fondo una negazione del presente. Le due forme per sono uguali in sanscrito, ma non in greco: la negazione in greco a-7, mentre laumento del passato e-; si tratta quindi di due elementi diversi, che in sanscrito appaiono uguali perch tutte le e originarie sono passate ad a- mentre in greco sono conservate. Il pregiudizio che ci che si trova in sanscrito sia pi significativo permane in lui, bench lo neghi espressamente, e permane a lungo nell'indeuropeistica: si tratta di quelle che in psicologia sono dette 'idee parassite', che possono viziare un ragionamento, in quanto sono presenti in modo latente nella mente, condizionano il pensiero senza essere esplicitamente presenti e discusse o motivate. L'opera di Bopp diede effettivamente inizio alla ricerca nel campo della linguistica: il compito affascinante di confrontare le lingue, stabilire le parentele, fissare le genealogie, aveva trovato uno strumento che rendeva possibile dimostrare le ipotesi e sostenerle con dati di fatto. La disciplina ha un riconoscimento ufficiale accademico (la prima cattedra, a Berlino, di Grammatica Comparata affidata a Franz Bopp), la ricerca si configura come accumulazione: i risultati della ricerca vanno ad accrescere, modificare, confermare i risultati della ricerca degli altri, la conoscenza cresce. Gli elementi metodologici importanti sembrano innanzi tutto una corretta restrizione del campo di indagine: non pi tutte le lingue, ma le lingue di una famiglia genetica. Si
Il vocalismo indeuropeo e l'innovativit del sanscrito in quest'area sar dimostrato in modo definitivo, molto pi tardi, da Ferdinand de Saussure nella sua tesi dottorale Mmoire sur le systme primitif des voyelles dans les langues indo-europennes (Lipsia 1879). 7 E' tuttora presente in italiano con una certa produttivit come elemento 'dotto' (cfr. a-storico, apartitico), ricavato da grecismi come a-cromatico, a-fasico "che non parla", a-patico, ecc.
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noti che restringere il campo a una famiglia linguistica non impedisce di confrontarne poi le caratteristiche con quelle di famiglie diverse: Bopp osserva per esempio che la relazione di flessione con pronomi trova un parallelo nelle lingue semitiche, mentre la struttura delle radici fondamentalmente diversa nelle due famiglie linguistiche. Utilizza anche le lingue semitiche per criticare da un altro punto di vista il concetto di flessione sostenuto da Schlegel: Schlegel sostiene che la flessione modificazione della parola, e non un processo meccanico di aggiunta di morfologia. Bopp, tramite la comparazione, identifica la radice lessicale delle lingue indeuropee e mostra che essa ha in generale la forma di monosillabo, cio formata da ununica sillaba; ha almeno una vocale (per esempio la radice i- indica andare) e un numero variabile di consonanti prima o dopo (sta- la radice per stare, vid- la radice per vedere, sapere); difficile pensare che una sillaba possa modificarsi, se non aggiungendo altri elementi. Diverso il caso delle radici delle lingue semitiche (arabo, ebraico, ecc.), che hanno una struttura completamente diversa, essendo formate da tre consonanti, che possono modificarsi inserendo vocali diverse a seconda della categoria grammaticale e delle funzioni morfologiche: ad es. la radice ktb in arabo significa scrivere, e pu dar luogo a un nome, kittab libro, o a un verbo, naktub noi scriviamo katabna noi scrivemmo. Gli pare interessante anche notare laggiunta di elementi pronominali per formare la flessione personale del verbo: si noti lelemento na che forma la 1. plurale, prima o dopo la radice a seconda del tempo verbale: Bopp sottolinea questo a conforto della sua analisi dellaccordo di persona delle lingue indeuropee. D'altra parte, anche le lingue indeuropee mostrano processi di modificazione della radice che sono simili, astrattamente, a quelli delle lingue semitiche (alternanze della radice che modifica la vocale con l'apofonia, o inserendo consonanti, ad es. una nasale, in alcuni temi del verbo, come in vinco / vici. Con Bopp, si comincia a rinunciare esplicitamente a sostenere quello che non si pu dimostrare (non indagheremo il mistero delle radici): questo aspetto si precisa un poco alla volta, nell'evoluzione della disciplina. Alcuni spunti di riflessione: la voce autorevole di Bopp aveva dato un colpo decisivo alla teoria di Schlegel e alle implicazioni (involontarie) di tipo razzistico o almeno ariano-centrico: anche lavori pedanti e oscuri, di ambito limitato (la flessione verbale), se sono solidi e ben fondati possono avere ampie conseguenze, che vanno ben al di l del loro originario ambito. La qualit scientifica di una teoria non legata direttamente al fatto che questa sia vera o falsa: si pu dire se vera o falsa solo se una teoria scientifica. Che esistano lingue superiori e lingue inferiori, non n vero n falso: non ha senso scientifico, se non siamo in grado di definire precisamente quali dovrebbero essere i correlati di questa 'superiorit' o 'inferiorit'. Che alcune lingue siano state date da Dio agli uomini non , di nuovo, n vero n falso. 2. Indeuropeo e Germanico: Rask e Grimm Un passo decisivo verso un'impostazione empirica rigorosa nella linguistica ottocentesca si compie con l'ulteriore restringimento del campo d'indagine, che si concentra sulle lingue germaniche, con la comparazione condotta, indipendentemente in parte, da due autori: il danese Rasmus Rask (1787-1832) e il tedesco Jacob Grimm (1785-1863). Pur essendo meno famoso di Grimm, Rasmus Rask fu in effetti il primo ad

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individuare le relazioni sistematiche che uniscono le lingue germaniche e le separano dalle altre lingue indoeuropee. Il filologo danese inizi i suoi studi partecipando ad un concorso, indetto dal suo governo nel 1811, che promuoveva una ricerca sull'origine dell'antico nordico o islandese e sul rapporto tra questo idioma e le altre lingue germaniche. Le relazioni fra le lingue nordiche e le lingue germaniche sono storicamente piuttosto complesse: l'antico islandese coincide in realt con l'antico norvegese, in quanto l'Islanda un'antica colonia norvegese (dal IX sec. d.C.); d'altra parte la lingua ufficiale norvegese una variante di danese, essendo stata la Norvegia a lungo dominata dai danesi. Si ricordi che anche lInghilterra stata a lungo dominata in gran parte dai Danesi, fino alla morte di Knut o Canuto il Grande, met dellXI sec.; nel lessico inglese ci sono perci molti termini di origine nordica. 3.1. Classificazione sommaria delle lingue germaniche: Germanico settentrionale, o Nordico: danese, islandese, norvegese, svedese. Per i motivi storici che abbiamo brevemente detto sopra, il norvegese rappresentato oggi da due lingue ufficiali: il nynorsk o landsml neo norvegese, o lingua popolare, la lingua parlata, che affine allislandese (in quanto lislanda stata colonizzata dai norvegesi), e il riksmal o boksml, lingua regale, libresca, la lingua di prestigio, un tempo la sola usata per scopi ufficiali, molto simile al danese (in quanto deriva dal danese parlato dalla classe che aveva dominato la Norvegia per lungo tempo). Germanico occidentale: 1) anglo-frisone a) inglese (ant. inglese o anglosassone, fino al 1066, conquista normanna; medio inglese, fino al 1474; ingl. moderno, dalla riforma ortografica fissata dalla tipografia di Caxton); b) frisone (territorio sul Mare del Nord, appartenente in parte allOlanda e in parte alla Germania, e isole Frisone). 2) tedesco: a) alto tedesco (dialetti della Germania meridionale e tedesco standard: antico alto tedesco fino allXI sec.; medio alto tedesco fino al 16 secolo; tedesco moderno: dalla traduzione della Bibbia di Lutero); b) basso tedesco (dialetti della Germania settentrionale, olandese e fiammingo). Germanico orientale: gotico (estinto, documentato dalla Bibbia di Ulfila, IV sec.); questa la lingua germanica pi anticamente attestata.8 Rask vinse il concorso, ma solo alcuni anni dopo, nel 1818, il governo danese trov i fondi per pubblicare il suo saggio; nel frattempo, egli aveva abbandonato l'Europa ed era andato in Oriente per continuare i suoi studi sul sanscrito, sull'antico persiano e sulle lingue caucasiche; nel frattempo, soprattutto, Jacob Grimm (1785-1863) aveva raggiunto risultati simili a quelli di Rask; nel 1819 pubblic la Deutsche Grammatik (Grammatica Tedesca), una grammatica storico-comparativa non solo del tedesco, ma del complesso delle lingue germaniche, comparate con le altre lingue indeuropee per quanto riguarda il sistema di corrispondenze fonologiche. Essendo scritta in tedesco, lopera di Grimm ebbe una diffusione molto maggiore rispetto a quella di Rask, scritta in Danese; le leggi sul consonantismo germanico, gi
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L'antico prussiano, ora estinto, non fa parte delle lingue germaniche, ma delle lingue baltiche, con il lettone e il lituano. Il lituano molto conservativo e importante per la comparazione e la ricostruzione indeuropea.

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individuate correttamente da Rask, sono conosciute come legge di Grimm o I e II Lautverschiebung (I e II rotazione consonantica): le vedremo in dettaglio pi avanti.

3. Fenomeni sistematici delle lingue indeuropee. 3.1. Fenomeni che interessano il vocalismo Nella Deutsche Grammatik Grimm descrive e isola due fenomeni sincronici che interessano le vocali delle radici in forme comparate delle lingue indeuropee: si tratta quindi di alternanze morfologiche in cui si ha modificazione della radice. La prima, Umlaut o metafonesi (o metafonia) una regola fonologica, un processo motivato da un contesto: (vedi fonologia sincronica). La seconda unalternanza della vocale nella radice lessicale, che non c modo di vedere immediatamente come una regola fonologica. Si tratta di processi sincronici, cio processi che collegano le forme allinterno di una lingua. 3.1.1. Metafonesi (Umlaut) La metafonesi una assimilazione della vocale tonica alla vocale finale: la vocale tonica si modifica per influsso della vocale della sillaba finale, cambiando uno o pi 'tratti' (altezza, posteriorit, arrotondamento, ecc.). Dal tedesco, prendiamo gli esempi seguenti, dalla flessione nominale (il fenomeno sistematico con i suffissi derivazionali lein, -chen, -lich): singolare Fuss "piede" /'fus/ [+ post, + arr] plurale Fsse "piedi" /'fyse/ [- post, + arr]

La vocale tonica /u/ del singolare [+alta], [+posteriore], [+arrotondata]; nel plurale essa diventa /y/ [+alta], [-posteriore], [+arrotondata], cambiando solo [+posteriore] in [posteriore] per l'influenza di /e/ finale, che [-posteriore]. Altro esempio dal tedesco: singolare Sohn "figlio /'zo:n/ [+ post, + arr] plurale Shne "figli" /'z:ne/ [- post, + arr]

La vocale tonica /o/ del singolare [-alta], [-bassa], [+posteriore], [+arrotondata]; nel plurale diventa // [-alta], [-bassa], [-posteriore], [+arrotondata]. Anche in questo caso il tratto [+ posteriore] della vocale tonica del singolare o diventa [- posteriore] (e la vocale tonica diventa //) per influsso della vocale [-posteriore] finale. In inglese si pu ricostruire lo stesso fenomeno come origine dei cosiddetti plurali irregolari: sing. foot "piede" plur. feet(+i) "piedi"

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/fut/ [+ post, + arr]

/fit/ [- post, - arr]

In questo caso si perde l'arrotondamento della vocale, ottenendo /i/, un segmento meno marcato di /y/. Lassimilazione avveniva in antico inglese, per influsso di una vocale I finale [-posteriore], poi scomparsa. La metafonesi presente in molti dialetti italiani: nei dial. veneti, ad es., l'influenza della vocale finale sulla vocale tonica avviene per il tratto di altezza. L'agg. /roso/ rosso, con /o/ tonica [-alto] diventa /rusi/ con /u/ [+alto] nel masch. plur. per influsso di -i finale, [+alto]. Allo stesso modo /vero/ vetro al plur. /viri/: /e/ accentata [-alto] diventa [+alto] per influsso di /i/ finale [+alto].Nei dialetti meridionali provocata sia da /i/ del plurale maschile che da /u/ del singolare maschile; le vocali finali sono per tutte trasformate in vocale indistinta, e dobbiamo supporre che agiscano a livello di rappresentazione: abbiamo cio /rus/ rosso /rus/ rossi /ros/ rossa /ros/ rosse (rispettivamente da ROSSU, ROSSI, ROSSA, ROSSE). Si tratta di questo pi ampiamente nella fonologia sincronica. 3.1.2. Apofonia (Ablaut) L'apofonia un'alternanza vocalica non motivata da un contesto, e non pu quindi essere descritta come una regola fonologica: la vocale della radice della parola cambia solo in ragione della categoria grammaticale o semantica a cui viene attribuita (aspetto del verbo, distinzione nome verbo). Descrittivamente, si dice quantitativa quando riguarda la lunghezza della vocale, e qualitativa quando riguarda il timbro della vocale. Ad es., si considera quantitativa l'alternanza di latino vid-eo, con i breve (da cui ital. vedo), rispetto a vid-i, perfetto, con i lunga, da cui ital. vidi. Lapofonia qualitativa indeuropea riguarda lalternanza fra vocale e, vocale o e vocale 'zero' (grado e, grado o, grado con sparizione completa). Lapofonia qualitativa ben conservata in greco classico, meno in latino, ed ancor oggi riconoscibile nei paradigmi verbali in tedesco e in inglese. In realt, sembra che anche lapofonia quantitativa sia riconducibile a apofonia qualitativa: video con I breve sarebbe allora da analizzare come grado , e vidi con I lunga come grado e: < veidi (si veda sotto lanaloga alternanza nella radice fid-) In latino ci sono nel complesso pochi esempi di conservazione dell'apofonia (si tenga presente che quella che detta apofonia latina un fenomeno di altra origine, indipendente dallapofonia indeuropea): tego "copro" (verbo), rispetto a toga "indumento per coprire" (nome); f_ides (I breve, grado , > ital. fede) feido (grado e, poi fido > ital. con-fido), foidus (grado o, poi foedus, cfr. ital. feder-azione); abbiamo quindi la seguente alternanza apofonetica della radice: F_ID FEID FOID; del tutto simili sono le alternanze dei paradigmi verbali del greco classico: LEIPO FEUGO E-L_IPON E-F_UGON LELOIPA (perfetto: o) "lasciare" "fuggire" radice L_IP radice F_UG

(presente: e) (aoristo: )

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Per quanto riguarda le lingue germaniche, si possono osservare alcuni paradigmi di verbi inglesi e tedeschi, che riflettono antiche alternanze apofonetiche (oggi pi complesse per evoluzioni successive, come quella di tedesco O breve > A, cfr. *OKTO > ted. acht). Pres. /infin. "rompere": ingl. ted. ingl ted. ted. Perfetto broke brach o bound band o Participio broken gebrochen bound gebunden grado > nasale sillabica> un)

break brechen e bind binden e

"legare:

gab gegeben geben e o L'interpretazione di questo fenomeno, che molto antico nelle lingue indeuropee, ancora controversa: pu essere interpretato come il resto di processi fonologici non pi motivati in sincronia: l'apofonia sarebbe quindi il resto di una regola fonologica normale, di cui l'evoluzione ha cancellato il contesto. In favore di questa posizione, si pu notare che ci sono nelle lingue romanze delle alternanze nei paradigmi che potrebbero essere interpretate come apofonie, se non fosse che, conoscendo la protolingua (il latino), sappiamo che invece sono esito di fenomeni fonologici diacronici: la stessa alternanza indicata sopra fra ved- e vid- nel verbo vedere in italiano non propriamente un'apofonia dell'italiano, ma l'esito di forme latine che solo in latino erano apofonetiche. Per fare un esempio ancora pi chiaro, vediamo che in spagnolo ci sono alternanze fra radice del presente e radice del perfetto che in sincronia sembrano apofonetiche: "dare": haber estar saber hube "avere - ebbi" estuve "stare - stetti" supe sapere seppi

La vocale u nel perfetto invece esito, diretto o indiretto, di regole fonologiche per haber, e frutto di analogia per altri verbi che in tutte le lingue indeur. si modellano l'uno sull'altro. La prima persona del perfetto infatti terminava in -i e questa vocale modificava la vocale accentata o tonica per metafonesi: abui > aubi > obi > ubi (metafonesi) > ube (la h- iniziale solo grafica) Questa modificazione non solo rimasta anche dopo che la vocale finale si trasformata in -e ma si estesa per analogia anche ad altri contesti e ad altri verbi. Tuttavia, proprio sulla base di questo esempio, si pu anche dire che la struttura dell'alternanza apofonetica sembra in qualche modo in astratto una struttura produttiva nelle lingue indeuropee, dato che fornisce il modello per innovazioni morfologiche (anche nell'inglese, come vedremo pi avanti parlando dell'analogia). Questa osservazione si riallaccia a una diversa interpretazione dell'apofonia che la

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considera il resto di un processo morfologico di tipo autonomo, indipendente da regole fonologiche, analogo piuttosto al modello morfologico delle lingue semitiche (ebraico, arabo). In queste lingue, infatti, le vocali si inseriscono nella radice dei verbi (formata da consonanti) e cambiano a seconda del valore morfologico (modo, tempo), funzionando come desinenze inserite nella radice consonantica. Questo pu suggerire una direzione di ricerca che tenti di stabilire una parentela linguistica molto remota fra le due famiglie linguistiche, la semitica e l'indeuropea: ma per seguire questa direzione in modo scientifico, in modo cio da poter dimostrare l'assunto, sarebbero necessari elementi propriamente teorici che non sono disponibili. La comparazione che pretenda di ricostruire a un livello cos remoto, con i mezzi oggi disponibili, non pu dare risultati scientificamente fondati. 3.2. Fenomeni relativi al consonantismo: la Lautverschiebung Nell'insieme delle regolarit fonologiche di tipo diacronico o storico comparativo individuate dai linguisti dellOttocento (Rasmus Rask e Jakob Grimm), la Lautverschiebung (/lawtfer'i:bu/ lett. 'spostamento di suono', tradotto con rotazione consonantica) ha avuto conseguenze molto rilevanti: localizzata nelle lingue germaniche, coinvolge nella comparazione tutte le lingue indeuropee. Ne stata proposta una versione diversa nella seconda met del XX secolo, che tuttavia non si imposta definitivamente. Presentiamo quindi uno schema della versione classica, utile per ricavarne le grandi linee delle relazioni fra alcune lingue indeuropee. La Lautverschiebung un insieme di regole riguardanti il consonantismo delle lingue germaniche, e viene suddivisa in due fasi, dette I e II Lautverschiebung: I Lautverschiebung: un insieme di regole fonologiche comuni a tutte e solo le lingue germaniche, che isola questo gruppo all'interno delle lingue indeuropee e permette di ipotizzare un protogermanico come lingua madre delle lingue germaniche; II Lautverschiebung : un insieme di regole che distingue il gruppo dell'antico alto tedesco (da cui deriva il tedesco ufficiale, standard, oltre che i dialetti della Germania centro-meridionale) da tutte le altre lingue germaniche. Vediamo nel dettaglio il contenuto di queste due leggi. N.B. un asterisco * anteposto a una forma indica, in linguistica storica, che la forma non attestata ma ricostruita. Useremo il latino, o il sanscrito, o il greco o il lituano come rappresentanti di lingue indeuropee non germaniche, in quanto in queste lingue in genere meglio conservato il consonantismo della lingua madre indeuropea. Come rappresentanti di lingue germaniche useremo inglese (talvolta anche il gotico) come lingue con la 1. Lautv., il tedesco standard come lingua con la 2. Lautv.: 3.2.1. Nella I Lautverschiebung Grimm individua le relazioni fonologiche tra tutte le lingue germaniche da una parte e le lingue indoeuropee dall'altra; questa legge si compone di tre commi:

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a. le occlusive sonore del protoindoeuropeo (*b, *d, *g), conservate in sanscrito, greco, latino, sono diventate in protogermanico occlusive sorde (*p, *t, *k). In tratti fonologici: [+ conson, - sonort, - cont.] > [- sonoro] labiali (i.e.*b > germ. *p) dubs labium lip lippe(dialett.) lifze "labbro" admi edomai edo eat itan essen "mangiare" diups deep tief con 2. Lautv.) "(pro)fondo" dentali (i.e.*d > germ. *t) dwa dac,a duo deka duo decem two ten twai, twos taihun zwei zehn) "due" "dieci"

lituano latino gotico inglese tedesco stand. (alto ted.

sanscrito greco latino inglese gotico (alto ted.

(all'alto tedesco si applicata la II Lautv.). greco latino gotico inglese (alto ted. velari (i.e.*g > germ. *k) eg ego gelu, gelidus ik kalds ik (antico) cold ich , 2.Lautv.) ted. kalt "io" "freddo"

b. le occlusive sorde del p.i.e. (*p, *t, *k), conservate in sscr., gr., lat., diventano in p.germ. fricative sorde (f, , h). In tratti fonologici: [+ conson, - sonort, - cont., sonoro] > [- + continuo] labiali (i.e. *p > germ. *f) padm pod-a ped-em fotus foot fuss "piede"

sanscrito greco latino gotico inglese tedesco

pita'r pate'r pater fadar father vater "padre"

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sanscrito greco lat. gotico ingl. ted.

dentali (i.e. *t > germ. *) tu-vam trayas tu (dorico) treis tu tres, tria u ria (neutro) thou (arc.) three (du drei) "tu" "tre"

(N.B. la continua dent. sorda () diventata successivamente occlusiva sonora d in variet germ. continentali, fra cui il ted.) sanscr. greco lat. gotico ingl. ted. satm ekato'n kentum hunda hundred hundert "cento" velari (i.e. *k > germ. *h) dasa deka dekem taihun ten zehn dieci

c. le aspirate sonore del p.i.e. (*bh, *dh, *gh), conservate in sscr. (evolute variamente in lat. e rese con aspirate sorde in gr.), diventano in p. germ. occlusive sonore (*b, *d, *g) (questa terzo comma quello di interpretazione pi discussa, ma molto chiaro per quanto riguarda le corrispondenze): sanscr. greco (latino inglese tedesco bhratar phrator frater brother bruder "fratello" rudhirs erythrs ruber/rufus raudai (f.pl.) red rot rosso labiali (i.e. *bh > germ. *b) bhrami phero) fero) bear/born (ge)boren "portare" dentali (i.e. *dh > germ. *d) da-dhami ti-themi facio) ---do tun "fare, porre"

sanscrito greco (lat. gotico ingl. ted.

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lat. gotico ingl. ted.

velari hostis gasts (guest) gast "nemico, ospite"

(i.e. *gh > germ. *g) (h)anser goose gans "oca"

**3.2.2. La II Lautverschiebung isola il gruppo di lingue germaniche derivanti dallantico alto tedesco (da cui deriva il ted. standard) dalle altre variet germaniche (basso tedesco, olandese, inglese, fiammingo, lingue nordiche, ecc.). Oltre agli esempi gi considerati sopra, si vedano i seguenti schemi: a. le occlus. sorde del protogerm. *p, *t, *k, diventano in antico alto tedesco delle affricate (pf, z (/ts/), [kh solo nei dialetti alemannici]) in principio di parola o dopo consonante: *germ.comune *pipa inglese pipe tedesco Pfeiffe "pipa" germ. com. ingl. ted. *tehun ten zehn "dieci" labiali (germ. *p > a.a.t. pf) *appel apple Apfel "mela" dentali (germ. t > a.a.t. ts) *two two zwei "due"

b. le stesse occlus. sorde german. *p, t, k, diventano in a.a.t. e in ted. standard delle continue (anticamente ff, zz, hh, oggi f, ss, ch), in posizione intervocalica: germ. com. ingl. ted. *ape ape Affe "scimmia" *eten eat essen "mangiare" *maken make machen "fare"

N.B. Come si gi detto, indipendente dalla II Lautversch. il passaggio nel ted. da occlusive sonore a occlusive sorde: si confronti ad es. inglese cold deep tedesco kalt tief "freddo" "profondo" e inoltre il passaggio da continue a occlusive sonore nel germanico continentale: si confronti

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inglese tedesco

dentali think denken "pensare"

thank danke "ringraziare"

labiali over ber "sopra"

La pronuncia ingl. delle interdentali inoltre sorda (think /ink/) o sonora (this /is/) per motivi indipendenti dalla Lautv. Altri casi inattesi sono spiegati dalla legge di Verner, che vedremo al paragrafo seguente. Le eccezioni alla Lautverschiebung, gi messe in evidenza dallo stesso Grimm, furono sistematicamente elencate da C. Lottner, nel 1862 [Ausnahme der ersten Lautverschiebung, Zeitscrift fr vergleichende Sprachforschung 11, 1862, pp. 161205, trad. ingl. in W.P. Lehmann, A Reader in Nineteenth Century Linguistics, Indiana University Press, 1967]. Vennero risolte negli anni immediatamente seguenti, scoprendo altre regole condizionate dal contesto, o precisando la ricostruzione delle forme della protolingua. 3.3. Spiegazione di alcune eccezioni alla I Lautverschiebung: A: Contesto: Non si ha il mutamento previsto se la consonante preceduta da unaltra consonante (escluse le sonoranti) [cfr. Lottner 1862]: gr. lat. ingl. ted. istemi stare stay stehen "stare" astr stella (<*ster-la) star Stern "stella" nukt-s noct-is night Nacht "notte" okt octo eight acht "otto"

B: Nella ricostruzione della protoforma indeur. va tenuta presente la Legge di Grassmann: due aspirate in due sillabe adiacenti delli.e. non sono ammesse in greco e sanscrito, dove una delle due viene eliminata. Questo spiega esiti inaspettati delle consonanti sonore, come nellesempio seguente: sscr. bandh- legare, gr. penthers parente (legato da parentela), gotico bindan legare, ingl. bind legare, ted. binden legare Se il sscr. rispecchiasse li.eur., dovremmo avere nelle lingue germ. una occlusiva sorda in posizione iniziale: abbiamo invece una sonora. Molti altri casi come questo mostravano la presenza di unaspirata. La forma indeuropea doveva avere una sonora aspirata iniziale, *bhandh-, che stata eliminata in sanscrito e in greco a causa della presenza di unaltra aspirata nella parola [cfr. Hermann Grassmann, Ueber die Aspiraten, in Zeitscrift fr vergleichende Sprachforschung 12, 1863, pp. 81-138, trad. ingl. in W.P. Lehmann, A Reader in Nineteenth Century Linguistics, Indiana University Press, 1967]. C: gli esiti delle sorde occlusive indeuropee si precisano ulteriormente secondo la Legge di Verner: diventano spiranti sorde se precedute dallaccento, diventano spiranti sonore se seguite dallaccento. La posizione dellaccento indeurop. riflessa pi fedelmente in greco e sanscrito; germanico e latino hanno restrizioni loro proprie:

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germanico accento iniziale; latino solo su penultima o terzultima. Le prove decisive portate da Verner sono ricavate da alternanze morfologiche allinterno delle singole lingue germaniche (in particolare nella flessione del verbo, dove si ha cambiamento della posizione dellaccento). Diamo qui per un esempio tratto dalla comparazione di elementi lessicali; le parole seguenti mostrano che t > se preceduto dallaccento t > se seguito dallaccento sanscrito greco latino gotico tedesco germ. com. bhrtar frtor frter brar brder *brar pitr patr pter fdar vter *far

Laccento da considerare si ricava da sscr. e greco [cfr. Karl Adolf Verner, Eine Ausnahme der ersten Lautverschiebung, in Zeitscrift fr vergleichende Sprachforschung 23, 1877, pp. 97-130, trad. ingl. in Ph. Baldi & R. Werth (eds.), Readings in Historical Phonology, Pennsylvania State University, 1978] 3.4. La ricostruzione delle sonoranti con valore sillabico N. B. Le sonoranti sillabiche (sonanti) sono tradizionalmente indicate con un cerchietto sottoposto: per motivi tipografici, le indichiamo qui con una lineetta sottoposta. Hermann Osthoff e Karl Brugmann spiegarono l'incoerenza di certe corrispondenze nelle vocali delle lingue indeuropee ipotizzando che nel sistema fonologico dell'indeuropeo ricostruito fosse presente una caratteristica marcata, cio la possibilit che le consonanti sonoranti l, r, m, n avessero la funzione di nucleo sillabico. Tutte le lingue ammettono che le vocali costituiscano il nucleo (o apice) della sillaba, per cui tutte le lingue hanno sillabe del tipo ta, pa te, pe, ecc., mentre solo alcune lingue hanno anche sillabe il cui nucleo costituito dalle consonanti sonoranti, prodotte con vibrazione spontanea delle corde vocali e quindi onde sonore periodiche (cio regolari) di tipo vocalico. Quando queste consonanti sonoranti costituiscono il nucleo della sillaba, sono dette sonanti (oggi sillabiche). Supponendo che la proto-lingua (p.i.e.) avesse delle sonanti (o sonoranti sillabiche) si poteva spiegare in modo semplice unaltra serie di incoerenze nelle vocali delle lingue i.e., perch quelle lingue che non conservavano la possibilit di avere sonanti, creavano autonomamente una vocale di appoggio, che poteva quindi essere diversa da lingua a lingua (ma sempre la stessa allinterno di ogni lingua). Abbiamo nelle lingue i.e. i seguenti sviluppi sistematici: *r, *l sillabiche (o sonanti) (da Osthoff, 1876): p.ie *r sscr. r, lat. or, greco ar (o ra), p.germ. *ur, slavo ir (o ri): ess.: sanscr. mrti-h morte, lat. mors, ant. alto ted. mord assassinio, inglese murder, antico

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slavo si-mrit morte: < proto-i.e. *mrt; p.ie. *l: sscr. r, gr. al, germ. ul, slavo il/li; ess.: sscr. vrkas lupo, got. wulfs (ted. e ingl. Wolf), a.slavo vliku, polacco wilk (cfr. lat. lupus, con evoluzione complessa, forse dialettale italica) < p.ie. *wlkwos; sscr. prna-, a. slavo plini, gotico fulls, ted. voll, ingl. full, < p.ie. *pl-no (lat. plenus, da una variante con apofonia e) "pieno" sscr.mrdu-, gr.a-maldyno rendere molle, lat. mollis, got. mulda < p.ie. *mldwn, *m sillabiche (o sonanti) (da Brugmann 1877): p.ie. *m, n > sscr. a, lat. em, en (poi im), gr. a, germ. um, un, slavo em, u(m); ess.: sscr. satm, lat. centum, greco ekatn, gotico hund (ted. Hundert, ingl. Hundred), slavo com. suto < p.ie. *kjmtm cento sscr. dasa, lat. decem, greco deka, gotico taihun (ted. zehn, ingl. ten) dieci < p.ie. *dekjm. Prefisso di negazione sscr. a-, gr. a- lat. in-/im- germ. un3.4.1. Interpretazione fonologica delle sonanti (sonoranti sillabiche). Per concepire il processo individuato da Osthoff e Brugmann nel quadro della fonologia sincronica, dobbiamo vedere il processo come una relazione fra due sistemi: in quello pi antico erano ammesse consonanti con funzione di vocale, mentre in quelli pi recenti questo non era pi ammesso. Il processo va visto anche in relazione con la teoria della sillaba, ma immediatamente evidente che esso colpisce un gruppo di consonanti che vogliamo poter definire nel modo pi semplice, con uno o pi tratti; dobbiamo quindi disporre di un sistema di tratti che permetta di usare un sottoinsieme per isolare un gruppo di suoni in un sistema fonologico e lo distingue da tutti gli altri suoni di quel sistema. Abbiamo le consonanti l, r, m, n: con i tratti di Chomsky & Halle i suoni il cui sviluppo era stato individuato da Osthoff e Brugmann sono caratterizzati dall'insieme di [+ consonante +sonorante +sillabico] (si noti che col sistema di tratti di Jacobson, che separava le consonanti dalle vocali, non ho questa possibilit). Nel Proto-indeur. questa configurazione era ammessa, nelle lingue indeur. derivate (tranne il sanscrito) la configurazione non pi ammessa: questi sistemi prevedono un filtro che esclude *[+consonantico, +sillabico] e interviene un mutamento fonologico a rendere gli elementi del sistema precedente compatibili con i principi dei sistemi derivati. Nei sistemi derivati tutte le consonanti devono organizzarsi correttamente intorno ad un nucleo sillabico che deve essere un elemento [-consonantico], per cui la regola fonologica diacronica produce una vocale nuova. Questa regola fonologica cambia la rappresentazione fonologica dell'elemento lessicale nella singola lingua. La matrice di una sonorante sillabica una matrice marcata nelle lingue del mondo (contiene una configurazione che viola un filtro marcato); un processo diacronico potrebbe semplificarla, applicando la regola seguente:

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[+ conson, (+ sillabico)

[- sillabico]

La regola rende conto del mutamento del singolo segmento, che non pu pi essere nucleo sillabico. Nella sillaba che lo contiene, c una posizione per il nucleo, che era occupata dalla consonante e dopo lapplicazione della regola resta vuoto, perch la consonante non pu pi occupare quella posizione. Verr riempito da una vocale, che pu variare nelle diverse lingue. La prospettiva autosegmentale permette di pensare meglio questo processo: la posizione sillabica una posizione superficiale (una X), che esiste indipendentemente da quello che la occupa. La matrice della sonorante si sdoppia su due posizioni superficiali: i tratti [+consonantico, + sonorante] danno luogo a una consonante /l, r, n, m/, a seconda dei casi, mentre il tratto sillabico viene staccato dalla consonante e collegato con la posizione del nucleo sillabico, producendo la base per una vocale. Questo farebbe pensare, fra parentesi, che esiste in partenza una sequenza Onset-Nucleo Onset-Nucleo, che va riempita o pu restare parzialmente vuota, a seconda delle convenzioni valide per le singole lingue. In molte lingue indeuropee quindi il mutamento produce sillabe con la consonante sonorante accompagnata da una vocale. Nel caso della nasale sillabica, greco e sanscrito mostrano soltanto la vocale a; qui la specificazione [+consonantico] viene disconnessa senza essere connessa con un segmento superficiale; come esito del mutamento, la matrice contiene solo [+sonorante, +sillabico], una matrice che d luogo a una vocale, nella fattispecie /a/, la vocale meno marcata. Alcuni suppongono che nel caso in cui, come per la nasale in greco, l'esito sia una semplice vocale con la sparizione della consonante sonorante, ci siano stati tre stadi: prima la nasale sillabica sarebbe diventata non sillabica (in coda), poi si sarebbe inserita la vocale, poi la consonante sarebbe sparita nasalizzando la vocale, infine la vocale avrebbe perso la nasalit; questa ipotesi non necessariamente corrispondente a stadi reali della lingua. 3.5. La ricostruzione del sistema delle velari (secondo G.I.Ascoli, 1870) Ascoli affront e spieg notevoli incoerenze nelle corrispondenze delle velari nelle lingue i.eur. ipotizzando nell'indeuropeo ricostruito un sistema di velari alquanto complesso. Le incoerenze che Ascoli tent di spiegare sono esemplificate negli schemi seguenti: (1) Si parte dal caso in cui si osserva corrispondenza fra una velare in sanscrito e una uguale velare in greco latino e germanico (poi in germanico modificata dalla Lautverschiebung): lingue i. e. k, sscr. k naktm di notte, gr. nukt-s lat. noct-is ingl. night ted. Nacht "notte" sscr. kravi sangue gr. krevas carne (cruda), lat cruor sangue, p.germ. *hrao, ingl raw crudo (si vedano anche casi gi considerati sopra per altri aspetti). (2) In altri casi si notano invece delle palatali in sanscrito in corrispondenza di velari i.eur. (negli ess. segg. abbiamo un caso che mostra sanscr. e greco); si tratta un primo gruppo di apparenti eccezioni che vanno spiegate:

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lingue i. e. k, sscr.c / t/ greco kemas sscr. camas (da leggere /tamas/) camoscio, cervo greco kelon sscr. cala (leggere /tala/) punta di freccia Il confronto di sscr. a con greco e, suggerisce che la vocale originaria era /e/, che in sanscrito ha palatalizzato la velare, e poi diventata /a/. Questa unulteriore prova dellinnovazione del sanscrito nel vocalismo: la /a/ del sscr. pu derivare da una /e/, e il sanscrito ha una regola di palatalizzazione delle velari. Le due regole sono diacronicamente ordinate (se inverto lordine non possono applicarsi). (3) Un terzo gruppo di eccezioni riguarda casi in cui a una velare nelle lingue indeur. corrispondeva a una sibilante in sscr. (e altre lingue indeur. come antico slavo, antico persiano): lingue i. e. k, sscr. / / sscr. ast, lat. octo, gr. okt, ingl. eight, ted. acht, otto sscr. satm, lat. centum, gr. ekatn, got. hund cento sscr. dasa, lat. decem, gr. deka, got. taihun (ted. zehn, ingl.ten) dieci Dopo aver isolati i casi di (1) e (2), che sono coerenti, per spiegare i casi in 3 (e altri aspetti che vedremo) Ascoli postul che l'indeuropeo avesse una serie distinta di velari palatalizzate, che alcune lingue avevano mantenuta distinta (sanscrito) altre avevano messo insieme alle velari pure. Ascoli postul inoltre che l'indeuropeo avesse una terza serie di velari intaccate, cio velari labializzate, che parallelamente alcune lingue i.e. (diverse da quelle che avevano mantenuto le velari palatalizzate) avevano mantenuto distinte, mentre altre le avevano trattate come velari pure. Ascoli postul quindi che nel proto indeur. esistessero tre serie di consonanti velari (o gutturali): velari pure velari labializzate velari palatalizzate *k *kw *kj g gw gj gh ghw ghj (scritte anche *k^, g^, gh^).

Tutti i sistemi derivati hanno semplificato questo modello: alcune lingue hanno trattato le velari palatalizzate come fossero velari pure, e hanno mantenuto distinti gli esiti delle velari labializzate (greco, lat.); altre lingue hanno mantenuto distinti gli esiti di velari palatalizzate e hanno unificato velari pure e velari labializzate (sanscrito, persiano, lingue slave) Consideriamo esempi relativi soltanto alle velari sorde: Velari con appendice palatale: danno come esito una palatale (poi s) nel sanscrito e lingue slave (ecc.), vengono trattate come delle velari pure in greco, latino, germanico (ecc.): p.ie. * kjmtm "cento" > 1) a. pers. satm': sscr. satm, a. slavo suto (russo st); 2) lat. kentum, gr. ekatn, got. hund, ted. hund-ert, ingl. hundred (> con 1.

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Lautv.). p.ie. *dekjm "dieci" > 1) sscr. dasa, russo des-jati; 2) lat. dekem, gr. deka, ( > 1.Lautv.), gotico taihun, ingl. ten, ted. zehn. Velari con append. labiale: danno come esito una velare pura (eventualmente poi palatalizzata davanti a vocale non posteriore) in sanscrito, irl, ll. slave, ecc.), e consonanti labiali o labializzate in latino, greco, osco: p.ie. * kwetwor "quattro" > 1) sscr. catvarah, irl. cethir, lit. keturi, a. slavo cetyre; 2) gr. (eol.) pisures, lat. quattuor, osco petora "quattro" (> ted. vier, ingl. four); Si noti che la palatalizzazione delle velari in sanscrito e in russo (c = /tS/) d risultati ben distinti dalla palatalizzazione delle velari pure (e delle labiovelari, trattate come velari pure) davanti a vocale non posteriore i, *e > a. Per il pron. indef./interrog. p.ie. si ricostruiscono i seguenti temi: *kwo-/ kwe-, kwi- (+s per gli animati chi, +-d per gli inanimati, che cosa): questi temi sono continuati con regolarit dai pronomi di molte lingue indeur.: sscr.: *kwo- > kas kat, *kwe- >cas, *kwi- > cit; slavo: *kwo- > kuto; *kwi- > cito; ittita: *kwi- s / -d > kuis kuid; lat.: *kwo- > quod, -, *kwi- > quis/quid; Germ.: *kwo- _*hwos/hwes (anim.) > got. hvas, ted. hwer (>wer), ingl.hwa (>who); _*hwot (inan.) > got. hva, aat. hwaz (>was), ingl. what Si osservino le corrispondenze seguenti: sscr. avas, gr. micen. iqo (gr. hippos), lat. equos, got. aihwa, a.irl. ech, gall. epo-: cavallo. Per queste corrispondenze non sar corretto ricostruire un p.i.e. *ekwo " cavallo", come stato proposto; la radice originaria dovrebbe essere piuttosto *ekjwo, che diventa in sanscrito /ava/, con kj > , mentre nelle lingue che eliminano la palatale si ha kj > k, quindi *ekjwo > ekwos; ne risulta una labiovelare kw che poi si evolve nelle varie lingue come le altre velari labializzate. 3.5.1. La classificazione delle lingue indeuropee in base agli esiti delle velari. La tipologia degli esiti delle velari con appendice palatale stata utilizzata per classificare le lingue i.-eur., correggendo la 'genealogia' proposta da August Schleicher. Per indicare il numerale "cento" alcune lingue (greco, latino con la pronuncia classica, celtico, germanico) presentano una velare pura (ekaton, centum cio /kentum/, germ. hund da k- con la prima Lautverschiebung, ecc.) altre mostrano una sibilante proveniente da una palatale (ant. ind. satm, ant.slavo st): si parla quindi di lingue tipo kentum e tipo satm per indicare se appartengono all'uno o all'altro gruppo. August Schleicher, che applic le leggi fonetiche alla ricostruzione di una sorta di albero genealogico delle lingue indeuropee, aveva separato il gruppo Balto-Slavo dall'IndoIranico, che invece andrebbero insieme per lo sviluppo di kj-. In effetti questa caratteristica non rilevante per la classificazione: una volta che ricostruiamo che il

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proto-i.eur. aveva queste consonanti velari con appendice palatale o labiale, le innovazioni, sia in un senso che nell'altro, possono avvenire indipendentemente e coincidere per caso anche in lingue separate da molto tempo. Si pens invece che le lingue satm fossero originate da un ramo orientale dell'i.eur. e le lingue kentum da un ramo occidentale, finch non si scopr l'esistenza del Tocario, una lingua attestata nel Turkestan cinese in documenti risalenti al primo millennio d.C., e dell'Ittita, attestato in Anatolia in documenti del secondo millennio a.C.: ambedue queste lingue, pur essendo orientali, sono lingue del tipo kentum. 3.5.2. Interpretazione fonologica dell'evoluzione delle velari. Questi esiti diventano pi naturali se si concepiscono le velari 'con intacco' come segmenti complessi, che tendono a semplificarsi come tendenza naturale. Si tratta di segmenti intrinsecamente marcati, destinati a essere modificati per dar luogo a sistemi meno marcati. Si potrebbe speculare sulla loro origine, ma gli elementi a disposizione per poter fare delle supposizioni ben fondate sono pochi. Per qualche motivo che non possiamo stabilire si erano prodotti nella lingua pi antica ma sono stati semplificati nelle lingue derivate, preservando qualche traccia del loro contenuto originario. Cos ind.-eur. *kw diventando p mantiene la labialit di w con il tratto [+anteriore] insieme con i tratti caratteristici dell'occlusiva k [+consonant., -sonort., continuo, -sonoro]. Esiti simili si osservano nellacquisizione dellitaliano (alcuni bambini dicono appa per acqua); fra gli esiti romanzi del latino /kw/ (che ha mantenuto il segmento i.eur.) abbiamo ad esempio /b:/ in sardo: aqua > abba; *kinkwe > kimbe); in questo caso, del segmento originario resta [-posteriore, + sonoro] di w, e [+ consonantico, -continuo] di k, oltre alla lunghezza (-bb- di abba) che riflette la complessit del segmento originario. Nella teoria autosegmentale, i segmenti complessi hanno due matrici e un solo spazio superficiale; quindi /kw/ per esempio ha la matrice di /k/ seguita dalla matrice di /w/: il processo di semplificazione stacca alcune connessioni e ne estende altre. + conson -conson -sonort +sonort -sillab -sillab -sonoro +sonoro +post +post +alto +alto \ +arrot. \ / \ / \ / \ / \ / \ / X Quello che per la vocale arrotondato va ritradotto usando un tratto che la assimili allarticolazione labiale delle consonanti. Con questo possiamo vedere lesito /p, b/ come una fusione delle due matrici, con la componente labiale di /w/ trasferita sulla consonante.

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4. I Neogrammatici
I problemi e le incoerenze che queste ricerche e queste analisi risolvevano brillantemente, accrescevano la fiducia nel valore empirico del metodo e raffinavano il procedimento di analisi e scoperta. Venne quindi affrontata sul finire del secolo la sistemazione teorica dei principi metodologici che rendevano il metodo storico comparativo un metodo scientifico, nel senso che permetteva di dimostrare la falsit di certe ricostruzioni e di corroborare altre ricostruzioni con prove empiriche. L'aspetto che possiamo chiamare 'epistemologico stato affrontato dai linguisti della scuola di Lipsia, detti, con intento derisorio dai loro oppositori, Junggrammatiker o Neogrammatici. Il lavoro che d inizio in cui esposto il consuntivo - e un programma di ricerca l'introduzione alle Morphologische Untersuchungen di Osthoff e Brugmann (1876), detto anche il "Manifesto dei Neogrammatici" ( tradotto in italiano in Beninc e Longobardi). I Neogrammatici esplicitarono il fatto che tutto il complesso di dimostrazioni, di ricostruzioni e comparazioni si basa sull'assunto, da cui tacitamente partivano anche i ricercatori che non lo affermavano esplicitamente, che le leggi dell'evoluzione fonetica siano leggi senza eccezioni. Cio se in una data lingua una precedente // accentata in sillaba aperta diventata /j/, tutti i casi che corrispondono alla descrizione, cio tutti i casi in cui nello stadio precedente si aveva questo suono in questo contesto, dovranno presentare /j. Quando questo non si verifichi, necessario pensare che ci sia un motivo. Questo motivo non pu essere il fatto che le leggi fonetiche di per s subiscono eccezioni, ma ci deve essere un fattore estraneo che ha impedito che la regola si applicasse. Il caso linguisticamente pi interessante quello in cui la regola non si applicata perch il caso ricadeva in un'altra regola, una "sotto-regola" ancora da scoprire. Questo si visto per le eccezioni apparenti alla Lautverschiebung, che si sono rivelate essere delle "sotto-regole" in cui il contesto (posizione dell'accento, presenza di un'aspirata nella sillaba adiacente) provocava un diverso tipo di mutamento. Assumere che le leggi fonetiche non hanno eccezioni porta quindi a proseguire la ricerca fino a scoprire nuove regole del mutamento fonologico, quindi nuove propriet della lingua studiata (e, di riflesso, del linguaggio). I Neogrammatici indicarono due principi - appartenenti ad ambiti concettuali molto diversi - che contrastano l'azione delle leggi fonetiche: il primo l'analogia, il secondo il prestito lessicale. 4.1. Analogia L'analogia si basa sul principio che le voci della morfologia tendono a essere quanto pi possibile collegate da relazioni regolari: le regole fonologiche invece trattano ogni elemento come a s stante, con una data forma fonologica. Quando la fonologia opera oscurando le relazioni simmetriche della morfologia, pu avvenire che l'analogia le ricostruisca. In questo caso si osserva una eccezione alla regola fonologica. Si analizzata in molti casi lanalogia come formata sulla base di una sorta di proporzione matematica. Un esempio semplice per illustrare il meccanismo si pu trarre dai paradigmi dei verbi nelle lingue germaniche. I passati verbali apofonici hanno una forma impredicibile: il ted. helfen "aiutare" ha un passato half, l'inglese help aveva anticamente per il passato la forma esattamente corrispondente holp, apofonetica. L'inglese moderno ha eliminato questa alternanza della radice in favore del sistema prevalente e pi produttivo (predicibile) che prevede la formazione del passato con

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l'aggiunta meccanica del morfema -ed al tema del presente. Questo cambiamento si pu immaginare prodotto sulla base della proporzione love : lov-ed = help : X Da cui si ricava ( restando in una metafora di tipo matematico) che la X = helped. Non sempre l'analogia si basa sul modello quantitativamente prevalente o pi produttivo. I verbi deboli, che hanno un paradigma produttivo, attirano i verbi forti; a volte per succede il contrario e un verbo debole passa nella categoria dei verbi forti attratto da un paradigma minoritario (in parte anche per ipercorrettismo). Esempio: il verbo dive "tuffarsi" ha un passato debole (dived), del tipo produttivo. Ma entrato successivamente in analogia con altri verbi forti: quindi sulla base di ride pass. rode ("cavalcare") drive pass. drove ("guidare") si costruito un passato forte dove, diffuso nellanglo-americano. Allo stesso meccanismo a proporzione si riportano molti, talvolta complessi, mutamenti fonologicamente irregolari. Pensiamo, per l'italiano, a un verbo come sovrastare, chiaramente un composto di stare, che per ha assunto il paradigma dei verbi in -are, diversamente da un altro composto molto simile, sottostare: abbiamo infatti alla 3.pl. sovrstano (come cntano) e non *sovrastanno, che sarebbe la forma regolare (da sovra+stanno); e si confronti infatti sottostare, regolarmente 3.pl. sottostanno (e non *sottstano). Quindi avremmo stare : stanno = sottostare : sottostanno ma diversamente: cantare : cntano = sovrastare : sovrstano Un argomento per unindagine sullanalogia nelle lingue indeuropee sarebbe lo studio dei mutamenti analogici causati dallattrazione di un ben preciso gruppetto di verbi, chiamati in certi ambiti verbi atematici: si tratta di dare, fare, stare, andare, dire che fin dalle pi antiche lingue indeuropee e e fin nelle pi isolate variet dialettali moderne, mostrano di influenzarsi reciprocamente, causando mutamenti analogici: uno dei verbi del gruppo attrae variamente gli altri (spesso fare che funge da modello, ma spesso esso stesso attratto dagli altri). Succede quindi che un mutamento fonologico che regolare per un verbo del gruppo viene esteso agli altri, producendo leccezione alla regola (in molti dialetti romanzi, un participio passato in -tto, regolare per fare e dire viene esteso a stare, andare e dare, che dovrebbero avere un participio in -to; in altre variet, il participio passato in -to si estende a dire e fare, causando una apparente eccezione allo sviluppo fonetico di t. I verbi di questo piccolo gruppo hanno in comune una semantica basica, elementare, e forse questa la ragione del fatto che costituiscono un gruppo morfologico. Molti altri casi di analogia non sono descrivibili col modello proporzionale: sono quelli in cui opera la pressione interna al paradigma flessivo di un dato elemento. In questi casi, che ora esemplificheremo, si osserva forse ancor pi chiaramente linterferenza con loperazione delle leggi fonologiche diacroniche.

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Un esempio dal germanico riguarda i risultati della regola di "rotacismo", che porta a r la s sonora intervocalica: questa regola produce in inglese l'alternanza 3.sing. was, 3.plur. were ("era, erano"). In tedesco l'alternanza stata eliminata per un processo analogico: 3.sg. war, 3.pl. waren: la r che nella 3. pl. ha una ragione fonetica (deriva da s intervocalica) stata estesa alla 3.sg., dove la s non era intervocalica. Anche in latino arcaico aveva operato una regola di rotacismo (s r fra vocali) e aveva prodotto alternanze che a volte venivano eliminate: nom. honos, gen. honosis > rotac. honoris > analogia honor, honoris. Si confronti corpus, corporis corposis, in cui l'analogia non si applica e la -s del nominativo si conserva. Mantengono pi saldamente la -s del nominativo i neutri, come appunto corpus: in questa classe flessionale il nominativo identico allaccusativo, mentre nei maschili e femminili laccusativo ha una desinenza, per cui si produce il contesto per il rotacismo. N. corpus, G. corporis, D. corpori, Acc. corpus, V. corpus, Abl. corpore N. honos, G. honoris, D. honori, Acc. honorem, V. honos, Abl. honore Nei neutri, si pu pensare, le forme con rotacismo erano tante quante le forme con s, mentre nei maschili le forme con rotacismo prevalevano su quelle con s, ed esercitavano una pressione analogica pi forte. 4.1.1. sistemi vocalici neolatini e un esempio di analogia La pressione analogica del paradigma quindi un fenomeno sincronico che ha degli effetti sul mutamento linguistico: quello che allinizio era un errore, si impone e diventa accettato dalla lingua. In relazione a questo argomento, trattiamo un fenomeno romanzo partendo dallo schema generale del passaggio dal sistema vocalico del latino classico, in cui tutte le vocali si distinguevano per la lunghezza (accompagnata da tensione), a quello del protoromanzo, in cui questa distinzione andata perduta; le vocali latine lunghe erano anche tese, le brevi erano rilassate [- teso]; nel romanzo rimasta la tensione, che si tradotta per alcune vocali soltanto, in una distinzione fra aperto e chiuso, o teso e rilassato, e dittongazione. Il seguente schema di evoluzione delle vocali toniche (= accentate) latine alla base del vocalismo di molte variet romanze (fra cui italiano, spagnolo, e, con complesse evoluzioni successive, anche il francese, oltre a vari dialetti; invece il siciliano, il sardo, il lucano, il rumeno, partono da una diversa ristrutturazione): Latino Protorom. | | i \ / | \/ | e \ / | \/ | a \ / | \/ | o u

Lopposizione di lunghezza aveva quindi un correlato di tensione: la vocale lunga era [+tesa] la vocale breve era [-tesa]. La semplificazione del sistema latino si tradotta, in questo tipo romanzo, nellunificazione delle vocali alte brevi rilassate /I, U/ con le vocali non alte /e, o/. Esemplifichiamo le corrispondenze del latino classico con parole dellitaliano.

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Lat. class. /i:/ /I/ /e:/ // /a:/ /a/ // /o:/ /U/ /u:/

protorom. i e e a a o o u

lat. cl. ndum nvem actum prdit nsum cnem ssum vcem fscum mrum

ital. nido neve aceto perde /prde/ (ma pdem > piede) naso cane osso /sso/ (ma fo:cum > fuoco) voce fosco muro

Ad breve del latino classico corrisponde quindi una // aperta del protoromanzo o latino volgare e ad breve del latino classico corrisponde // aperta del protoromanzo. In italiano (toscano) questo esito rimasto tale, con laggiunta di una regola fonologica che ha mutato la // aperta in un dittongo /j/ e la // aperta in un dittongo /w/, quando sono soddisfatte le seguenti due condizioni: 1. la vocale in posizione tonica 2. si trova in sillaba aperta Abbiamo cos regolarmente: /'pjde/ < */p-de/; /'tjne/ < */t-ne/ (con l'asterisco indichiamo che la forma ipotizzata nel protoromanzo). ma /'tNgo/ < */tN-go/ mentre /tjNgo/ agrammaticale, cos /prde/ e non /pjrde/ (la dittongazione non avviene perch la vocale in sillaba chiusa); il dittongo manca anche in /te'njamo/, perch la vocale non accentata. Ugualmente, abbiamo /bwno/ < */b-no/, /nwvo/ < */n-vo/, ma /trto/ < */tr-to/, /s:o/ < */s-so/; la vocale latina era breve, la vocale protoromanza rilassata ma non dittonga perch in sillaba chiusa, e il derivato /novi'ta/ senza dittongo perch la vocale non accentata. Questa regola si osserva bene nei paradigmi dei verbi con /E/ // toniche in sillaba aperta nella radice; si producono infatti delle alternanze a seconda della posizione dell'accento, ad es. nel pres. indicativo, che alterna forme con l'accento sulla vocale radicale (forme rizotoniche), e forme con l'accento sulla desinenza (forme arizotoniche) nella 1. e 2. plurale. Solo quando la /E/ // (derivate da vocali latine brevi) in sillaba aperta sono accentate abbiamo, secondo la regola, un dittongo, nei verbi seguenti: io siedo /'sjEdo/ tu siedi /'sjEdi/ egli siede /'sjEde/ noi sediamo noi sedete essi siedono /se'djamo/ /se'dete /'sjEdono/

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io muoio /'mwjo/ noi moriamo /mo'rjamo/ tu muoio /'mwri/ noi morite /mo'rite egli muore /'mwre/ essi muoiono /'mwjono/ Una regola analoga vale per lo spagnolo, con la differenza che il dittongo corrispondete alle vocali medie rilassate si produce anche in sillaba chiusa, ma sempre solo se sono accentate; da breve latina, // protoromanza, abbiamo, pi o meno come in italiano, /je/, da o breve latina, // aperta protoromanza, abbiamo /we/ in spagnolo: siento /sjento/ sientes /sjentes/ siente /sjente/ "sento" sentimos sents sienten /sen'timos /sen'tis/ /sjenten/

similmente si alternano pierdo pierdes,... perdmos, pirden, muero mueres,... morimos,.. muren; duermo, duermes,...dormimos...duermen ecc; e mentre in italiano abbiamo fuoco, luogo, ma porto, in spagn. le vocali di fuego, luego e puerto dittongano, senza differenza fra sillaba aperta e chiusa. Queste alternanze sono pi saldamente regolari in spagnolo, e riflettono l'evoluzione fonetica. In italiano si hanno pi casi di estensione analogica del dittongo in casi in cui non sarebbe previsto come evoluzione fonologicamente regolare. In italiano il verbo suonare, in base a questa regola, dovrebbe essere all'infinito sonare, io suono, tu suoni, noi soniamo, voi sonate; si confronti sonata; il verbo mietere ha pure sempre il dittongo (mietiamo, e non *metiamo, mietete e non *metete). E pi forte lattrazione analogica se il verbo ha linfinito rizotonico (cio con accento sulla radice, coniugazione in e breve): mietere infatti un infinito rizotonico; anche muovere un infinito rizotonico, e ha molto pi estesa la dittongazione che non un verbo come morire, che invece arizotonico; abbiamo infatti cfr. moriamo, morite, morivamo, rispetto agli inesistenti *muoriamo *muorite *muorivamo; invece moviamo e muoviamo, movevamo muovevamo, sono tutti possibili. Ma suonare, pur essendo arizotonico, ha completato lestensione analogica del dittongo a tutto il paradigma: la pressione dellanalogia, la tendenza a mantenere stabile la radice per tutto il paradigma molto forte, ma non completamente predicibile. Sostenere lesistenza di un processo analogico in un dato punto di un sistema linguistico significa anche tentare di rendere ragione della verosimiglianza del processo ipotizzato, anche se non in genere possibile darne una dimostrazione formale in modo assoluto. 4.2. Il prestito lessicale Il secondo fattore che produce esiti apparentemente contrastanti con i previsti esiti delle leggi fonologiche un fattore non sistematico come l'analogia, cio il prestito lessicale, l'introduzione in una lingua di elementi estranei, provenienti da lingue diverse. Il prestito riguarda normalmente parole, elementi lessicali dotati di significato referenziale: questo tipo di prestito il risultato di semplice contatto culturale. Il prestito di elementi morfologici molto pi raro, il prestito di regole fonologiche, morfologiche o sintattiche rarissimo: questi aspetti sistematici possono passare da una lingua a unaltra solo in condizioni di bilinguismo. I prestiti lessicali possono introdurre parole che hanno una forma normalmente

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non ammessa in una data lingua: in questo caso sono facilmente riconoscibili. In italiano parole come bar, sport, spot, week-end terminano in consonante, il che non accade per le parole italiane, se non per alcune consonanti in particolari contesti sintattici. Ma i casi pi delicati si hanno con prestiti da lingue affini, o addirittura da fasi arcaiche della stessa lingua. In questi casi si possono osservare anche gli "alltropi", cio degli apparenti doppioni, che potrebbero far concludere che una parola pu avere due esiti divergenti nella stessa lingua. In Italiano vizio e vezzo derivano ambedue dal lat. VITIUM: vezzo l'esito regolare, vizio termine adattato direttamente dal latino (cio un termine dotto). La stessa alternanza si ha negli esiti del suffiso latino -ITIA, con i tonica breve, che ha come risultato naturale -ezza, e come esito dotto -izia, con doppioni o allotropi come -giustizia e giustezza. In francese una regola fonologica ha cambiato /ka/ latino in cha /a/: in molte parole sembra per che la regola non si sia applicata; in questi casi si deve pensare che si tratti di prestiti da variet regionali in cui non esiste la regola (prima fra tutte il provenzale) o da altre parlate neolatine come l'italiano o lo spagnolo, che pure non hanno questa regola, o infine dei latinismi (vedi cap "capo in senso geografico" contro chef "capo, testa", il primo un prestito dal provenzale, il secondo esito regolare del francese dal latino CAPUT; carrosse "carrozza", carrousel "giostra", carriole, senza palatalizzazione, sono prestiti dall'italiano, contro char "carro", charette, e altri derivati regolari. Similmente in spagnolo cabo e jefe derivano tutti e due dal lat. CAPUT, ma il primo lesito regolare, il secondo deriva dal francese chef). Si confronti anche sopra, lesemplificazione relativa alla Lautversch.: la forma del tedesco stand. lippe (< *lVb- indeur.) non rispetta la seconda Lautversch. Ma si riconosce un prestito da dialetti basso tedeschi passato nella lingua standard: nelle forme dialettali alto tedesche, dove (come nel ted. standard) si ipotizza la 2. Lautversch. abbiamo lesito regolare lifze. Il tedesco standard presenta quindi uneccezione alla 2. Lautversch., che si spiega come un prestito da dialetti di area diversa. 5. Qualche nota conclusiva. La somiglianza non dimostra parentela: le leggi fonetiche permettono di dimostrare relazioni sistematiche anche fra elementi lessicali che appaiono completamente diversi (it. acqua e franc. eau /o/ sono esiti sicuri dal latino AQUA; ted. kalt e italinao caldo hanno origini diverse, pur essendo molto simili. Gli elementi su cui si basa la teoria del mutamento fonologico sono in gran parte costituiti da elementi funzionali, in particolare da forme morfologiche: molto difficilmente sono prestate da una lingua all'altra, e sono sicuramente segni arbitrari, nel senso indicato da Saussure. Sul popolo indeuropeo come entit storica si pu dire qualcosa di sensato e abbastanza sicuro, sulla base di quello che sappiamo del linguaggio (vedi Villar, Gli indeuropei e le origini dell'Europa). La linguistica ci permette di scegliere fra ipotesi diverse, elaborate da storici e archeologi, biologi, genetisti. L'ipotesi archeologica pi interessante e coerente con la linguistica quella elaborata da Marija Gimbutas, archeologa lituana, che studi in Germania, poi si naturalizz negli USA. La patria degli indoeuropei sarebbe nelle steppe del sud della Russia, corrispondente

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alla cultura scoperta dalla Gimbutas e identificata come 'cultura dei Kurgan', con riferimento alle loro abitazioni, case 'a tumulo'. Su base archeologica, si collocano intorno al V millennio a.Ch.: le case semisotterranee, erano abbastanza stabili e abbastanza mobili per essere adatte a una popolazione di seminomadi. Erano mori. I biondi del nord dell'Europa fan parte del sostrato pre-indoeuropeo. La linguistica ci dice che erano pastori; questo si determina in base all'analisi del lessico delle lingue indeuropee, che hanno in comune parole che indicano "pecora", "maiale"; sempre sulla base del lessico, si pu concludere che conoscevano il cavallo. Non erano agricoltori (non c' lessico comune riguardo a elementi collegabili all'agricultura). E' stata pi volte avanzata, da archeologi in particolare, l'ipotesi che l'esistenza di una protolingua e un proto-popolo sia solo un mito: l'unit indeuropea deriverebbe da un pidgin, una sub-lingua nata dal contatto fra lingue diverse, che avrebbe ripreso parole dalle varie lingue, divenendo una sorta di creolo-lingua franca usato da popoli in contatto in continua migrazione. La linguistica permette di escludere con sicurezza questa ipotesi: i pidgin si formano eliminando la morfologia e prendendo solo radici lessicali. Il creolo che ne deriva re-inventa la morfologia ogni volta che si stabilizza come lingua, prendendo elementi lessicali elementari, che sono quindi diversi nelle singole varianti dei creoli derivati (ad es. molti creoli usano una forma corrispondente a "dice" con funzione di complementatore, introduttore di subordinata). Invece, come abbiamo pi volte sottolineato, la ricostruzione indeuropea si basa crucialmente sulle corrispondenze nella morfologia, del nome e del verbo, elementi che non fanno parte stabilmente di un pidgin. La datazione basata sulle ricerche della Gimbutas, infine, corrisponde a quello che si pu dire sulla base delle corrispondenze lessicali fra le lingue indeuropee: le differenze fra le lingue indeuropee ci portanto a concludere che queste lingue sono abbastanza diverse fra loro, ma non troppo; devono essersi separate da migliaia di anni, ma non troppe: fra il III e il V millennio avanti Cristo.

Raggruppamenti genealogici delle lingue indeuropee


(da C. Watkins, Cap. 1 di Giacalone e Ramat, Le Lingue Indoeuropee, Il Mulino, Bologna): Partendo da quelli di pi antica attestazione, si possono individuare i seguenti rami della famiglia indoeuropea: II. Millennio a.C. 1. Anatolico: dal 1700 a. C. circa, estinto. Comprende:

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ittito, ampiamente documentato nelle tavolette di argilla trovate in Turchia; frammentarie testimonianze di luvio, palaico, licio, lidio, cario. 2. Indo-iranico a. indiano o indo-ario: dal XV sec. a.C. Comprende antico indiano o sanscrito vedico (II millennio a. C.), sanscrito classico (grammatica di Panini, 500 a.C.) tuttora parlato come lingua rituale; lingue indo-arie moderne dell'India. b. iranico o persiano: dal I millennio a. C.; comprende avestico o antico persiano (Zaratustra), molte lingue derivate, parlate fino all'epoca moderna in Persia (Iran), in Tagikistan, Afghanistan, Uzbekistan, Nepal. 3. Greco, dal XIII sec. a.C.; comprende: miceneo, in lineare B, sillabica; greco alfabetico, dall'800 a.C. (Omero), evoluto fino al greco moderno, con numerosi dialetti.

I Millennio a.C. 1. Italico Latino arcaico, falisco, piceno, osco, umbro, e altre lingue dell'Italia antica (venetico, forse non strettamente imparentato con questi). Dal latino derivano le lingue romanze: francese, spagnolo, portoghese, galego (o galiziano), provenzale, catalano, romancio (Svizzera), italiano, dialetti italiani, vallone (variet di francese del Belgio), rumeno. 2. Celtico a. Lingue celtiche continentali, dal primo millennio a. C., parlate dalla Penisola Iberica (celtiberico), alla Francia, Italia settentrionale, Germania meridionale, Austria (gallico, leponzio), pianura danubiana, Galazia e Anatolia (galato); documentate in iscrizioni, fra III sec. a. C. e III d.C.; oggi sono estinte, sommerse da altre lingue. Lingue celtiche insulari: tuttora parlate nelle isole britanniche: irlandese (ogamico, 400 d. C; irl. antico dal 600 d.C., ecc.), gaelico scozzese (doc. dal 1200 d.c.), gallese (dall'VIII d. C.), cornico (in Cornovaglia), bretone (nel nord della Francia). I Millennio dopo C. Germanico: doc. dal IV sec. d. C. Comprende: 1. Germanico settentrionale, o Nordico: danese, islandese, norvegese, svedese.

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2. Germanico occidentale: a. anglo-frisone: inglese, frisone b. tedesco: alto tedesco (dialetti della Germania meridionale e tedesco standard; forse il longobardo, estinto); basso tedesco (dialetti della Germania settentrionale, olandese e fiammingo). 3. Germanico orientale: gotico (Bibbia di Ulfila, IV sec.).

Balto-Slavo (? raggruppamento incerto) 1. Baltico: prussiano (estinto), lituano, lettone. (Nell'area baltica sono in contatto con lingue non indeuropee, ugrofinniche: estone, finnico) 2. Slavo. Comprende: a. slavo orientale: russo, ucraino, bielorusso. b. slavo occidentale: polacco, ceco, slovacco. c. slavo meridionale: sloveno, serbo, croato, bulgaro, macedone. Lingue indeuropee isolate Armeno (dal V sec. d. C), tocario (estinto, testimoniato nel Turkestan Cinese, in testi del VI-VIII sec. d. C.) albanese (ghego, tosco o albanese standard).

Lingue non indeuropee parlate in Europa Etrusco (estinto) basco lingue ugro-finniche: ungherese, estone, finlandese (o finnico); lingue uralo-altaiche: turco (alla stessa famiglia appartengono il mongolo e il manciu) semitiche: arabo (a Pantelleria), ebraico (yiddish, Europa Centrale).

LINGUE NON INDEUROPEE


Lingue Semitiche
Famiglia gi individuata dai semitisti prima dell'applicazione del metodo storico comparativo. Grande affinit, bench separate da millenni. Due rami: 1. Orientale Accadico (assiro-babilonese) (IV millennio a. Ch.) (l'altra lingua attestata nella zona, il sumro, non ha legami riconosciuti con altre lingue).

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2. Occidentale A: SETTENTRIONALE: i. Ebraico, cananeo, moabita, fenicio, punico (l. di Cartagine) ii: Aramaico (lingua di Ges), samaritano.
B: MERIDIONALE

Arabo: Settentrionale (variet dell'Iraq, Arabia, Marocco, ecc., Maltese) Meridionale (quasi estinto, ma ne derivano lingue dell'Etiopia, Amarico, ecc.)

LINGUE CAMITICHE
1 Egiziano (3000 a. Ch), > Demotico (epoca romana) e Copto (lingua degli egiziani cristiani, ora estinta, resta come lingua liturgica). 2 Libico Berbero: antico Libico; dialetti berberi del nord-Africa 3 Lingue cuscitiche (Eritrea, Etiopia, Somali, ecc.).

LINGUE SINO-TIBETANE
Cinese mandarino, cantonese, e molte altre parlate in Cina; le lingue tibeto-birmane, tra cui il tibetano, le lingue lolo-birmane, tra cui il birmano.

Riferimenti bibliografici
5.3. Strumenti per letimologia Diamo un breve elenco di strumenti per lanalisi etimologica del lessico delle principali lingue indeuropee moderne. Inglese: Walter Skeat, Etymological Dictionary, di cui esiste unedizione ridotta, Concise Dictionary of English Etymology, Wordsworth (economica e maneggevole) Oxford Dictionary of English Etymology, a cura di C:T. Onions, Oxford Oxford English Dictionary (consultabile on line; i lemmi sono introdotti da note etimologiche) Tedesco F. Kluge, Etymologisches Wrterbuch der deutschen Sprache, Berlin, de Gruyter, 1989

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Duden Etymologie: Herkunftswrterbuch der deutschen Sprache, Mannheim, Duden. Spagnolo J. Corominas, Diccionario crtico etimolgico de la lengua castellana, Madrid, Gredos Francese O.Bloch - W. von Wartburg, Dictionnaire tymologique de la langue franaise, Paris, PUF. Franzsisches Etimologisches Wrterbuch (FEW), a cura di W.von Wartburg, Basel, Zbinden, 1948- (di consultazione complessa, in molti volumi, per utile per tutte le variet romanze, comprese quelle dialettali. E ordinato per base etimologica, con indice romanzo finale) Italiano DEI C. Battisti G. Alessio, Dizionario Etimologico Italiano, Firenze, Giunti & Barbera 1956-. M. Cortelazzo e P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli Lingue Romanze Romanisches Etimologisches Wrterbuch (REW), a cura di W. Meyer-Luebke, Heidelberg, Winter (molto sintetico, in un unico volume, elenca sotto la base etimologica i principali derivati delle lingue romanze (con indice finale inverso). Manuali di indeuropeistica Oswald Szemernyi, Introduzione alla linguistica indoeuropea, trad. ital. rivista dall'autore, Unicopli, Milano 1990' Paolo Ramat e Anna Giacalone Ramat, Le lingue indoeuropee, Il Mulino, Bologna Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa, Il Mulino, Bologna

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