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I bombardamenti dei "liberatori" - Coordinamento Progetto Eurasia

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Eurasia Unita - Nuovo risorgimento dei popoli [politica, storia, geopolitica, italia, europa, tradizione, rivoluzione] Coordinamento Progetto Eurasia

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12/4/2012

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Antonio Grego

Posted on 4/11/2007, 20:56

I BOMBARDAMENTI DEI "LIBERATORI" a cura di Mauro Franciolini 1942 Le incursioni sulle nostre citt furono compiute prevalentemente dopo l'8 settembre 1943 e cio quando l'Italia era virtualmente "alleata" con gli anglo-americani. I primi attacchi leggeri si ebbero sul meridione d'Italia per opera della R.A.F. con base sull'isola di Malta. Le prime dure incursioni su Napoli furono effettuate dall'U.S.A. A.F. il 4 e l'11 dicembre: si tratt anche delle prime incursioni dei bombardieri americani sull'Italia. Le citt maggiormente colpite furono Torino, Milano e Genova: attacchi pesanti, ma non come quelli dell'agosto dell'anno dopo. I bombardamenti sul "triangolo industriale" furono organizzati dal "Bomber Command" della R.A.F. durante la cosiddetta "offensiva di autunno". Milano sub un solo bombardamento fra il 24 ed il 25 ottobre: 470 furono gli edifici distrutti. Fra l'ottobre/novembre Genova fu colpita 6 volte: 1.250 edifici di vario genere furono distrutti. Fra il novembre/dicembre Torino sub 7 bombardamenti: 142 ettari distrutti di superficie edificate (70 fabbriche, 24 edifici pubblici, e circa 1.950 abitazioni). L'incursione pi violenta fu quella della sera del 9 dicembre su

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Torino: 196 apparecchi scaricarono sulla citt 147 tonnellate di bombe e 256 tonnellate di spezzoni incendiari. Gli inglesi impiegarono complessivamente 1.811 aerei di cui 1.477 attaccarono le citt italiane scaricandovi circa 2.740 tonnellate di bombe e perdendo 31 aerei. Le vittime furono circa 1.300 1943 La caduta di Mussolini in seguito agli avvenimenti del 25 luglio aveva generato in molti italiani l'illusione che anche la guerra dovesse cessare, risparmiando ulteriori lutti e distruzioni. Illusione svanita subito nella notte fra il 7 e l'8 agosto 1943 quando, Milano, Torino e Genova, subirono il contemporaneo e duro attacco della R.A.F. In quella notte, 201 tonnellate di bombe esplosive e spezzoni incendiari si riversarono su Milano, 195 tonnellate su Torino e 169 su Genova. Queste incursioni non dovevano rappresentare che un "assaggio" di quanto sarebbe successo nei mesi successivi. L'11 agosto un massiccio bombardamento devast la citt di Terni seppellendo sotto le macerie centinaia di vittime. Il 13 agosto anche Roma, appena dichiarata "citt aperta", fu violata da circa 500 tonnellate di bombe americane che provocarono circa 2.000 morti e notevoli danni. La notte del 13 agosto su Torino caddero 244 tonnellate di bombe e, la notte del 17 agosto, altre 248 tonnellate. Milano, 12 / 16 agosto

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1943: Il pi feroce attacco che mai avesse subito, sino a quel momento, una citt italiana fu quello su Milano nella notte fra il 12 e il 13 agosto: 504 bombardieri inglesi rovesciarono sulla citt 1.252 tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. Due giorni dopo, nella notte del 15 agosto, 140 bombardieri inglesi scaricarono altre 415 tonnellate di esplosivi. Non era ancora finita: nella notte del 16 agosto si presentarono nel cielo della citt 199 bombardieri che scaricarono altre 601 tonnellate di ordigni mortali. In quattro giorni Milano fu martirizzata da 2.268 tonnellate di bombe sganciate da 843 aerei della R.A.F. inglese. Il bilancio finale fu drammatico: 239 industrie colpite, distrutte o gravemente danneggiate, 11.700 edifici abbattuti, pi di 15.000 quelli danneggiati, le centrali elettriche irreparabilmente bloccate, la rete di trasporti e di comunicazioni quasi totalmente inservibili, centinaia i morti. In quella prima met di agosto 1943 caddero dunque sui centri principali dell'Italia settentrionale 3.325 tonnellate di esplosivo. Il 28 agosto furono poi bombardate Taranto, Cosenza e, a seguire, Novara, Foggia, Salerno, Crotone, Viterbo, Avellino, Lecce, Bari, Orte, Cagliari, Carbonia, Civitavecchia, Benevento. Frascati fu rasa al suolo e migliaia furono i morti. Il 1 settembre 1943 fu distrutta Pescara, citt completamente priva di difesa antiaerea.

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Il "Bomber Command" della R.A.F. ed i bombardamenti sull'Italia Nel 1973 il "Public Record Office" di Londra rese pubblici i documenti relativi ai bombardamenti inglesi sull'Italia. Queste notizie, attestate in modo incontestabile dalle autorit inglesi, portarono a conoscenza di un piano a lunga scadenza, elaborato nei minimi particolari, che avrebbe previsto un diluvio di fuoco sull'Italia. Secondo tale progetto, gli anglo-americani avrebbero dovuto scaricare sull'Italia del nord, in un periodo compreso fra il settembre 1943 e il febbraio 1944 qualcosa come 45.000 tonnellate di esplosivo! Nella serie di tali documenti, corredati da numerose mappe raffiguranti gli obiettivi principali, fa spicco un eloquente messaggio inviato dal direttore delle "Operazioni di bombardamento", Commodoro Bufton, al direttore dei "Piani di bombardamento", Commodoro Elliot. Nello scritto, che reca la data del 29 luglio 1943, si legge anche: "Stabilita l'opportunit di attaccare l'Italia, ci proponiamo di trasportare sugli obiettivi del Nord circa 3.000 tonnellate di bombe nel mese di agosto, 8.000 tonnellate nei mesi di settembre e di ottobre e 6.500 tonnellate in ciascuno dei mesi invernali, se le condizioni atmosferiche saranno favorevoli...". I bombardamenti dell'agosto 1943 non furono quindi solo "avvertimenti" o "pungoli" per accelerare la firma di una resa, ma rientravano in

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un piano programmato che, come per numerose citt tedesche, prevedeva la totale distruzione dei centri vitali della nazione mediante il sistema dei cosiddetti bombardamenti "a tappeto". Negli ultimi tre mesi del 1943 i bombardamenti terroristici anglo-americani provocarono 6.500 morti e circa 11.000 feriti, distruggendo e danneggiando migliaia di edifici. 1944 Furono migliaia e non risparmiarono nessuna citt. Solo nel 1944, gli anglo-americani effettuarono sull'Italia centrosettentrionale, territorio della RSI, 4.541 incursioni, uccidendo 22.000 civili e ferendone oltre 36.000. Ci fu una vera e propria "escalation" di terrificanti incursioni che non risparmiarono nessuna citt e che raggiunsero una frequenza quasi quotidiana. Firenze, per esempio, sub 7 bombardamenti (di cui 5 massicci) che causarono oltre 700 morti, migliaia di feriti e la distruzione di migliaia di case, oltre che danni gravissimi al patrimonio artistico della citt. Molte furono le incursioni anglo-americane particolarmente odiose e criminali. Bisognerebbe ricordarle tutte ma, a titolo di esempio, valgano queste: Il martirio di Treviso: La citt fu selvaggiamente aggredita il giorno di Venerd Santo e fu distrutta da un violento bombardamento che cost la vita a 4.000 abitanti. I "liberatori" sul Lago Maggiore: Il 25 settembre,

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due aerei inglesi sganciarono un grappolo di bombe su un gruppo di case di Intra provocando 11 morti e numerosi feriti. Poco dopo, gli stessi aerei mitragliarono il battello "Genova" di fronte a Baveno sul Lago Maggiore. Il battello colpito, che aveva a bordo solo civili (in prevalenza donne e bambini), prese fuoco: molti furono i morti ed i feriti. Il 26 settembre, aerei inglesi (probabilmente gli stessi del giorno prima) attaccarono il battello "Milano" carico di sfollati che si erano imbarcati a Laveno per raggiungere la sponda piemontese del lago. A bordo c'era anche un reparto del battaglione "M" Venezia Giulia che stava tornando alla scuola di Varese della G.n.r.: dieci di loro perirono nell'attacco. L'ecatombe dell'Impruneta Il 27 luglio, aerei della Quinta squadriglia del 239 stormo, appartenenti alla "Desert Air Force" (Daf), bombardarono "a tappeto" l'Impruneta. Il paese era affollato soltanto da civili inermi che speravano di aver trovato un rifugio sicuro dalle incursioni alleate. La maggior parte dei rifugiati mor sotto le bombe dei "liberatori", mentre i superstiti furono falciati dalle mitragliatrici dei "Kittyhawks" sudafricani. Il 28 luglio, un'altra incursione si scaten contro la basilica del paese: si salv solo il ritratto della Madonna. La strage degli innocenti

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Il 10 ottobre sul rione popolare di Gorla (Milano) una bomba americana centr in pieno una scuola: i bambini uccisi furono oltre 200. Accurati studi di storici militari hanno dimostrato con certezza che non si tratt di un errore. Per questo crimine immondo il governo americano non ha neppure chiesto scusa. Articolo tratto dal Quotidiano RINASCITA del 30 Marzo 2001

20 Ottobre 1944: la strage degli innocenti Ricordiamo i piccoli caduti di Gorla Esiste, a Milano, una collinetta artificiale, denominata Monte Stella, costruita con oltre un milione di quintali di macerie, recuperate da tutti i settori della citt rasi al suolo dai bombardamenti terroristici anglo-americani. Una parte di dette macerie proviene dalla distruzione di due istituti scolastici superiori, di sei scuole elementari e cinque materne completamente atterrati, ma anche da altri trentacinque edifici scolastici danneggiati in citt, mentre altre centoventicinque scuole, di ogni ordine e grado, vennero distrutte in provincia. Fra le scuole elementari distrutte, una particolarmente ricordata dai milanesi, quelli meno giovani, quelli che la guerra l'hanno vissuta nella metropoli, ed la scuola di Gorla, della quale

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vogliamo ricordare la triste sorte. Era una giornata limpida, tersa, allora non c'era lo smog, e -incredibile a dirsi- dalla piazza del Duomo si riusciva a vedere la cerchia delle Alpi, quella del 20 ottobre 1944, allorch una formazione di circa quaranta quadrimotori americani del tipo B 24 e B 27 comparve nel cielo della citt, contemporaneamente al suono delle sirene d'allarme. E sulla verticale di Gorla, che allora era un sobborgo periferico e non un quartiere incorporato nella citt come oggi, gli aerei sganciarono il loro carico. Puro terrorismo, volont di inserire su un popolo ormai in ginocchio, nonostante ancora oggi ci sia chi sostiene la tesi che le bombe erano destinate alla stazione ferroviaria di Greco, che si trova in zona, ma che era facilmente identificabile, ed anche attaccabile senza pericolo, data l'inesistenza di ogni reazione da parte della caccia italo-germanica. Nella zona attaccata si contarono 635 Vittime, o almeno furono recuperati 635 corpi, forse potevano esserci stati altri esseri umani che, letteralmente dilaniati dalle esplosioni, non vennero mai rinvenuti. Fra gli edifici centrati in quella tragica mattina ci fu la scuola elementare Francesco Crispi: fu letteralmente polverizzata. Oltre duecento bambini, la loro direttrice, quattordici maestre, un'assistente sanitaria e quattro bidelli furono travolti. Quattro

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soli bambini, una femminuccia e tre maschietti (Annamaria, Giuseppe, Remo e Gabriele) si salvarono e furono estratti dalle macerie. Occorsero tre giorni per ritrovare e recuperare i corpi delle vittime della scuola, tre giorni in cui Vigili del Fuoco, militari dell'U.N.P.A., soldati italiani e tedeschi, uomini della G.N.R. e operai in tuta, magari partigiani, certamente antifascisti, lavorarono fianco a fianco, senza risparmiarsi, unitamente ai genitori dei bambini, ed ai parenti, disperati, ma sempre speranzosi, nell'illusione di trovare qualche superstite. Chi lavorava e piangeva, chi lavorava e pregava, chi malediceva e bestemmiava Dio, che aveva permesso una strage di bambini senza colpa n pena. Oggi, al posto della scuola, sorge un monumento funebre, una madre con un bimbo in braccio, inginocchiata, come se offrisse al Cielo quella sua creatura, e sotto al monumento c' l'Ossario, dove sono conservati i resti dei piccoli Caduti, e degli adulti che erano con loro*. Ogni anno, una piccola cerimonia celebrativa riunisce chi non ha dimenticato; sono presenti le Autorit locali ma nessun papavero, sino ad oggi, venuto mai da Roma, nessun politicante della prima repubblica ha mai partecipato ufficialmente. Non occorre chiedere il perch quei morticini sono scomodi, hanno avuto il grande torto di farsi assassinare dagli Alleati liberatori e

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non dai biechi oppressori nazifascisti! fonte: Revisionismo.com (2002) per le immagini della strage e l'elenco delle vittime, si vedano i segg. siti: http://cronologia.leonardo.it/mondo35c.htm http://cronologia.leonardo.it/mondo35e.htm http://www.piccolimartiri.it/ (si noti l'ipocrisia della lapide commemorativa, la quale, come tutte quelle del genere in Italia, addebita la responsabilit della strage ad una vaga "guerra", senza fare il nome degli Stati Uniti).

GLI "ALLEATI"? VA BENE, MA DI CHI ? I BOMBARDAMENTI DI TREVISO IL TRAGICO VENERDI SANTO (7 aprile 1944)

Trascritto dal cyberamanuense Bruno Fanton in ricordo delle vittime innocenti, e per indicare alle nuove generazioni modi alternativi di studiare la storia.

Avevano avuto assegnazione in citt e nella periferia gli uffici del ministero dell'Agricoltura del governo della R.S.I., e ci aveva comportato un notevole aumento delle presenze nel Comune di Treviso. Al seguito dei dipendenti di tale ministero erano giunte molte

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famiglie, ed anche il contingente di militari si accrebbe notevolmente. Nei primi giorni di aprile vennero febbrilmente scavate parecchie postazioni d'artiglieria contraerea, formando una cintura a quattro-cinque chilometri dalla citt; le batterie erano tedesche (con evidente comando germanico) e il personale ai pezzi prevalentemente italiano. Quando, nel corso degli allarmi, appariva qualche caccia avversario, erano guai per la popolazione perch le schegge dei proiettili venivano a cadere anche nelle zone cui affluiva la gente all'uscita dalla Citt; era quindi consigliabile rimanere in casa o recarsi sveltamente ai rifugi che, almeno per questo pericolo, erano sufficientemente resistenti. Ecco perch il 7 aprile la popolazione venne in gran parte sorpresa entro le mura cittadine. Mancava poco alle 13 quando le sirene urlarono al pericolo incombente, e molti lasciarono le case per recarsi al rifugio. Gruppi di aerei da caccia sorvolarono la citt dopo pochi minuti e le schegge dei proiettili dei cannoni antiaerei gi fischiavano nella loro caduta. Suggerita da un presentimento, mia madre volle superare il ricovero di via D'Annunzio ove ci si recava abitualmente per riparare in quello che sorgeva in via Cesare Battisti (nell'area ora occupata dalla sede dell'INAIL), e l vedemmo arrivare quei dannati bombardieri, in formazione perfetta e compatta,

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argentei come pesci in spensierata vacanza, alti per evitare il pi possibile il tiro delle artiglierie che gli facevano fiorire tutt'intorno piccole nuvole provocate dagli scoppi, ed alti anche per l'evidente noncuranza di ricercare gli obiettivi che potessero avere una certa importanza militare. Vedemmo i primi grappoli di bombe e si udirono le prime esplosioni provenienti dai sobborghi di S. Antonino e di S. Lazzaro. Ci precipitammo entro il rifugio quando lo schianto avvolse tutta la citt; lo spostamento violentissimo dell'aria ci sbatteva addosso togliendo il respiro e scaraventandoci gli uni sugli altri contro le pareti del precario ricovero; la terra sussultava con un ritmo incredibile quasi a spaccarsi ed inghiottirci. Urla di terrore, invocazioni, richiami di persone care, davano la convinzione che ormai non ci sarebbe stato scampo per alcuno. Il cupo rumore degli aerei non era ancora spento quando si sent quello della seconda ondata. Le bombe ripresero a grandinare sulla citt per altri pochi ma terrificanti minuti. Appena il frastuono diminu, consentendo di capire qualcosa tra le grida che continuavano a riempire il ricovero ove mi trovavo, riuscii a cogliere la seguente scena di cui furono protagonisti due bambini di 8 e 9 anni. Giuliano B., aggrappato alla madre, urlava che non voleva morire; Giovannino T. lo guardava impassibile,

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quasi commiserandolo, finch gli chiar il motivo della sua calma: Mi, inveze, g caro de morir, parch cuss no vado pi a scuola. (lo sventurato Giuliano mor qualche anno dopo la guerra, annegato nell'insidioso Sile che aveva affrontato con imprudenza; Giovannino diventato un pezzo d'uomo qual era il suo buon pap, e vive tuttora a Treviso). Il breve colloquio venne bruscamente interrotto dalla terza ondata di bombardieri che suscit altre rovine e la disperata convinzione che Treviso e tutti noi saremmo spariti dal mondo. Terminati i laceranti scoppi, rimanemmo ammutoliti senza il coraggio di esprimere la speranza che il martellamento fosse concluso. Poi si udirono le prime urla provenire dall'esterno, e cautamente, quasi increduli, uscimmo all'aperto. La scena era spaventosa; sebbene la giornata fosse limpida, il sole quasi non si scorgeva perch oscurato da una coltre di fumo e di polvere alimentata dagli incendi e dai muri delle case che continuavano a crollare. A pochi metri dal nostro ricovero una bomba aveva colpito la villa dell'on. Cappellotto; non sapevamo ancora quale strazio si era compiuto nel rifugio situato nel cortile dell'ex convento delle Cappuccine distante appena poche decine di metri. Ci andai pochi giorni dopo; erano morti persino i grossi topi che vi si erano installati forse vivendo di qualche avanzo alimentare lasciato cadere

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da coloro che lo frequentavano durante gli allarmi; dal vicino quartiere di S. Niccol la gente, tra cui molti che sanguinavano, fuggivano inebetiti dal terrore. Una giovanetta correva urlando "mamma; mamma" tenendo stretta al petto, quasi volesse portarla a salvamento la testa della madre. Non fu possibile raggiungere la nostra casa, situata nei pressi del rifugio che solitamente frequentavamo e che era stato colpito massacrando due terzi delle persone che vi si trovavano; lo spostamento d'aria, incanalatosi nella parte non crollata del rifugio smembr letteralmente parecchi corpi. Una nostra vicina diventata madre dopo anni di ansiosa attesa, impietrita dal dolore cullava tra le braccia il suo bambino di pochi mesi rimasto senza la testa finita chiss dove. Per arrivare alla casa che pur danneggiata si scorgeva in piedi, dovemmo ritornare verso via Battisti, attraversare piazza del Duomo seminata di macerie, seguire il Calmaggiore, superare l'enorme gradino venuto a crearsi davanti alla Cassa di Risparmio e che era ci che rimaneva della ceduta facciata del palazzo dei Trecento; via XX Settembre era pur ingombra di rovine, davanti all'albergo "Stella d'Oro" quasi totalmente crollato, situato nell'area ora occupata dalla sede della Banca Commerciale e dall'inizio di via Toniolo ~ i tedeschi (sapremo poi il perch) ci facevano sveltamente allontanare.

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L'edificio occupato dal Provveditorato agli Studi (pregevole palazzo, occupato a pianterreno da un negozio di calzature, che esisteva tra le vie Diaz e Collalto) era un rogo impressionante, e qui venimmo trattenuti da un ufficiale della "compagnia della morte" che, fuori di senno dal terrore, gridava "tutti nel fuoco; tutti nel fuoco" con l'assurda pretesa che senza un goccio d'acqua noi si potesse fermare l'incendio che insieme devastava documenti scolastici e scarpe preziosissime, anche se aventi la tomaia di tela da sacchi. Fu necessario proseguire per il corso, fino quasi alla chiesa di S. Martino completamente distrutta, girare per via Cadorna ove erano state abbattute case e danneggiate le scuole "Gabelli" e il monumento ai Caduti, infilarci per via Avogari giungendo infine a casa e predisporsi a partire con le poche cose che era possibile portare con s. Bast il motore di un piccolo aereo da ricognizione, che sorvol la citt in quei momenti, per diffondere nuovamente il terrore: i xe qua ancora! Uomini, donne, bambini urlanti, salivano e scendevano i cumuli di macerie come formiche impazzite : per andare dove? Mentre le squadre dell'UNPA, dei vigili del fuoco, della Croce Rossa, sacerdoti, volontari accorsi anche dalla provincia e da altre citt venete, si prodigavano prontamente e con esemplare generosit nell'opera di soccorso e di recupero delle salme,

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l'esodo delle famiglie superstiti divenne quasi totale. Con la lenta ripresa del pur necessario lavoro (ad eccezione di gran parte degli uffici pubblici definitivamente stabilitisi nei vari paesi della Marca) parecchie persone ritornarono in citt nei giorni successivi per rientrare alla sera nei paesi in cui erano sfollate le famiglie. Valutare l'entit delle vittime impossibile ed estremamente difficile quella dei danni. All'indomani del bombardamento si fecero cifre grosse, affermando che i morti furono cinquemila, ma da ritenere che le vittime non siano state superiori ai duemila, di cui 1200 circa tra gli abitanti del Comune e i restanti tra militari ed altre persone non anagraficamente residenti a Treviso. Un mese dopo l'attacco terroristico del Venerd Santo, Radio Londra e le stazioni satelliti diramarono il seguente comunicato "Reuter": L'ATTACCO CONTRO LA CITTA' DI TREVISO E' AVVENUTO DURANTE L'INCONTRO GRAZIANI-VON RIBBENTROP, MENTRE SI SVOLGEVA UNA GRANDE PARATA MILITARE IN ONORE DEL MINISTRO GERMANICO. Questa una menzogna colossale, anche se a Treviso erano effettivamente presenti pi militari del solito, e pur ritenendo credibile la presenza di Graziani che pare si sia allontanato appena dato il segnale d'allarme. Una riunione militare di un certo livello era forse

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indetta quel giorno presso l'albergo "Stella d'Oro". Venne anche sussurrato che sul tetto di questo albergo ci fosse stato un uomotravestito da donna e poi trovato cadavere tra le macerie - che faceva segnali luminosi per indicare agli aerei l'edificio in cui si svolgeva tale incontro, e che egli non abbia fatto in tempo a salvarsi poich gli aerei hanno buttato gi bombe senza alcuna preoccupazione oltre a quella di vedere cancellato il segnale e quindi anche l'albergo. Certo che in quelle rovine lavorarono soltanto militari germanici e la popolazione venne tenuta alla larga; Cinque feretri (con una feritoia per l'identificazione) sono stati portati via dai tedeschi, e pare che vi fossero dentro i corpi di altrettanti generali. Le salme dell'albergatore Luciano Voegelin, abbastanza noto anche come scrittore, della moglie e di altri otto congiunti vennero portate a Cortina d'Ampezzo. Sicuramente molti erano i dipendenti del ministero dell'Agricoltura che da tempo erano presenti nella zona di Treviso (risale a quell'occasione la venuta della sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura, che rimane tuttora l'unica dipendenza, di questo importante istituto di credito, che opera nella tre Venezie), ma evidentemente non pu essere ritenuto un successo bellico quello di aver soppresso dieci tra funzionari e dipendenti del ministero e della

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Corte dei Conti, e quattordici loro familiari. Mor anche il sindacalista Giuseppe Tarchi (fratello del ministro dell'Economia Corporativa Angelo Tarchi) con la madre e altri due congiunti. Trovarono la morte a Treviso due dipendenti dell'Istituto Nazionale di Statistica, uno dell'EIAR ente radiofonico, e non pochi parenti di trevigiani qui giunti per le festivit pasquali, oltre a molti sventurati (da Conegliano, Spercenigo, Maserada) che quel giorno vennero a trovarsi a Treviso. Numerosi dovrebbero essere stati i morti tedeschi nell'unica caserma che venne colpita; un lungo corteo di carri lasci l'edificio, con il macabro carico, nel corso della notte tra il sabato e la domenica di Pasqua. E' dunque impossibile valutare il numero dei morti. Certo che non furono pochi i carri (molto usate furono le carriole da verdura, di lunghezza idonea, a due ruote) con i quali i parenti delle vittime residenti fuori del Comune di Treviso vennero a ritirare i corpi dei propri cari. La drammatica incombenza di dover provvedere al seppellimento dei propri congiunti fu frequente in quei giorni. Le ricerche avvenivano nelle chiese dove erano state deposte le vittime, prevalentemente in quella di S. Leonardo, nella Cattedrale, e nel battistero di S. Giovanni. Erano corpi anneriti, spesso mutilati ed irriconoscibili, membra e

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brani umani di chiss chi, tra cui una testa di bambina (raccolta in via Ortazzo) con una manina pure stroncata e disperatamente appesa ai riccioli biondi. Tra questo scempio accadeva anche che diversi gruppi familiari si disputassero un povero morto nel quale ravvisavano un proprio congiunto; dubbi che sorgevano perch i tremendi spostamenti d'aria avevano spesso provocato, oltre all'irreparabile lacerazione dei polmoni, l'asportazione delle vesti. Un mio vicino di casa dovette confezionare con le sue mani la bara ove poi collocarono il figlio portandolo di persona al cimitero. La carenza di casse da morto, per l'imprevedibile occorrenza che esaur le scorte anche nei paesi vicini, determin dei problemi; si dice che vennero frettolosamente costruite bare a pi posti, talvolta ricorrendo al misero legno ricavato dalle cassette per la frutta. Certo che anche al camposanto di S. Lazzaro non ci fu posto per i seppellimenti, e si dovette ricorrere ai cimiteri frazionali. Sui ruderi degli edifici distrutti cominciarono ad apparire scritte di violenta protesta. Vi aveva provveduto l'ufficio di propaganda dei reggitori d'allora, ma indubbio che interpretassero lo sdegno di tutta la cittadinanza. Furono parecchi coloro che a causa delle ferite morirono dopo varie settimane, malgrado l'encomiabilissima dedizione dei medici di

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Treviso che - nei posti di soccorso istituiti nei vari punti della citt - nell'ospedaletto approntato nella zona di S. Antonino vennero accolti 150 feriti gravi ed altrettanti di leggeri riuscirono a salvare un gran numero. Qui e negli ospedali della provincia fu assiduamente presente, per recare espressioni di conforto, il Vescovo mons. A. Mantiero che con i suoi collaboratori fu visto tra le macerie della citt ancor prima della cessazione dell'allarme. Un giovane sordomuto venne estratto salvo -dopo oltre tre giornidalle rovine della sua casa in via Pescatori. Il padre era morto all'istante, e la madre -vissuta fino alla domenica di Pasqua- gli aveva fatto schermo col proprio corpo per proteggerlo dalla possibile caduta di altri materiali. Durissimo il bilancio degli edifici distrutti o gravemente danneggiati. Il palazzo dei Trecento, il pi prestigioso monumento civile di Treviso, era quasi totalmente crollato; una enorme trave si era infilata attraverso il pavimento fuoriuscendo dal soffitto della sottostante solidissima loggia. Gravemente colpiti in molti casi irreparabilmente furono la sezione ospedaliera di Cafoncello, il Duomo, il palazzo Da Noal, la chiesa di S. Martino, il tempio votivo della Madonna Ausiliatrice, l'edificio della Borsa, il battistero di S. Giovanni, la stazione

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ferroviaria, il politeama "Garibaldi", il patronato S. Nicol, l'orfanotrofio "G. Emiliani" e la vicina scuola industriale, il liceo ginnasio "Canova", la scuola "De Amicis", la Corte d' Assise e il palazzo degli Agolanti, numerose case quattrocentesche con le pareti affrescate che costituivano un aspetto caratteristico, quasi esclusivo della citt. Le localit pi sconvolte risultaronoquelle periferiche di S. Lazzaro, Fiera e S. Antonino; in citt il quartiere di S. Nicol, piazzale e via Cesare Battisti, via Giordani (via Pescatori), Tezzon, via Dotti, via Fra' Giocondo. I ricoveri colpiti furono otto tra cui quello detto "dei Bagni"; era un vicolo interrato che attraversava il giardino dei conti Avogadro e che era stato dotato di una copertura di calcestruzzo : divenne una raccapricciante tomba per coloro che vi si rifugiarono. Sull'antenna della torre di piazza dei Signori venne issata - a carattere permanente e a mezz'asta - una bandiera tricolore. *** Tra le tante cose preziose perdute dai sinistrati sono da ricordare le carte annonarie, e la Sezione provinciale dell'alimentazione ordin il rilascio di duplicati. Nei giorni immediatamente successivi al bombardamento venne disposta la distribuzione, per persona, di 100 grammi di burro, 100 grammi di formaggio fuso, 300 grammi di

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marmellata, 70 grammi di salumi, 50 grammi di conserva di pomodoro, e un certo numero di candele steariche; il pane poteva venire ritirato nei panifici anche senza la carta annonaria ( previa annotazione con riserva di ritirare il bollino) nella normale misura di 150 grammi giornalieri. Venne autorizzata la distribuzione straordinaria di 100 grammi, per persona, di carne in conserva e latte condensato. Provvedimenti di assistenza vennero adottati con prontezza, e in pochi giorni vennero raccolti fondi per L. 1.500.000: la cassa di Risparmio erog, il 10 aprile, centomila lire di cui 50.000 messe a disposizione dell'autorit civile e 50.000 assegnate al proprio personale maggiormente sinistrato. Notizia comprensibilmente accolta con gioia fu quella dell'aumento di 50 grammi, dal 20 aprile, della razione giornaliera di pane, che risult pertanto la seguente: 200 grammi per i normali consumatori, 275 grammi per i giovani dai 9 ai 18 anni, 375 grammi per i lavoratori manuali, 475 grammi per gli operai addetti ai lavori pesanti e di 575 grammi per gli addetti ai lavori pesantissimi. Anche la razione di pasta e riso venne aumentata : tre chilogrammi al mese complessivamente. Il tasso di abburrattamento della pasta venne ridotto dal 90 all'80 per cento. Poich le scuole del capoluogo erano state chiuse, il capo della provincia prese accordi con il provveditore agli Studi e il 13 aprile

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emise un decreto col quale Tutti gli studenti delle classi 1926-27-28residenti a Treviso, debbono considerarsi mobilitati al servizio del lavoro e presentarsi al Comando provinciale dell'U.N.P.A presso la Prefettura di Treviso, alle dipendenze del quale resteranno per tutto il periodo di emergenza necessario al riassetto del capoluogo e ripresa della vita cittadina. Gli studenti che non ottempereranno tale ordine, non verranno presi in considerazione ai fini degli scrutini finali e saranno deferiti al Tribunale di guerra. Con detta ordinanza venne richiesto l'invio a Treviso, a disposizione del Genio Civile, di tutti gli automezzi non impiegati per industrie di guerra o approvvigionamenti alimentari, e la requisizione di tutti i carri agricoli dei Comuni situati a una distanza non superiore ai quindici chilometri da Treviso. Ci per il periodo di emergenza necessario alla riattivazione della vita cittadina. Ripresero a funzionare presso il Seminario vescovile, dopo la distruzione del vicino patronato di S. Nicol il refettorio che distribuiva minestra, per i meno abbienti, a cura delle organizzazioni religiose. Il 16 aprile Domenica in Albis - in tutte le chiese della provincia vennero celebrati riti di suffragio per le vittime dell'incursione. Nel tempio di S. Francesco a Treviso ha celebrato la

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Messa il vescovo mons. Antonio Maniero. *** Fervevano intanto le operazioni di sgombero delle macerie tra le quali -anche dopo un mese- vennero rinvenute alcune salme. *** Poich solitamente riparavo con la famiglia nel ricovero allestito a poche decine di metri da casa -e che venne colpito in pieno- si diffuse la notizia, avvalorata dal fatto che la pur traballante abitazione era rimasta deserta nei giorni successivi, che anche noi fossimo morti. Messe di suffragio vennero fatte celebrare, per noi, da famiglie amiche. Un ricordo personale di maggiore interesse risale a pochi mesi dopo la conclusione della guerra. E' necessario premettere che, trentacinque anni addietro, la famiglia di mia madre abitava in una grande casa nel cui androne erano situati gli ingressi di due abitazioni; in una di queste alloggiava la famiglia di un bambino di 7-8 anni il quale era compagno di giochi della mia futura mamma, e che successivamente emigr con la sua famiglia negli Stati Uniti. Il ragazzetto trevigiano divenne cittadino americano, con tutti i conseguenti diritti doveri, e il 7 aprile -quale sottufficiale dell'aeronautica americana- era lass, in uno di quei maledetti bombardieri che stavano fracassando Treviso. Conclusa la guerra e trovandosi in Italia, torn alla casa natia per

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avere notizie dell'Angelina, la compagna di giochi dell'infanzia ormai lontana. Non trov mia madre ma altri parenti che erano subentrati nell'abitazione situata ai margini della citt. Rifer l'angoscia provata quel giorno per la certezza di aver recato danni irreparabili alla sua citt, per il dubbio atroce di aver contribuito a dilaniare anche la bambina che, nella sua mente, era rimasta impressa tra le cose pi care della sua terra d'origine, della sua Patria diventata nemica. Inform anche -e questo il motivo che qui interessa- che l'azione contraerea aveva notevolmente contrastato l'incursione su Treviso; le schegge dei proiettili esplodenti a poca distanza dagli aerei schizzavano entro le fusoliere, per cui le formazioni rientrarono con alcune decine di morti a bordo e numerosi feriti. Non ci fu possibile incontrarlo. Gli bast sapere che era cessato almeno uno dei suoi motivi di rimorso, e part.

Dal libro TREVISO NEL FUOCO di Mario Altarui. Edito dalla Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana nella ricorrenza del XXX del Venerd Santo 1944. Edizioni di Ca' Spineda

IL BOMBARDAMENTO DEL 14 MAGGIO 1944

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Trascritto dal cyberamanuense Bruno Fanton in ricordo delle vittime innocenti, e per indicare alle nuove generazioni modi alternativi di studiare la storia.

A conferma che Treviso non presentava obbiettivi validi per l'indiscriminato bombardamento che, nel tragico Venerd Santo, sconvolse la citt e il suburbio nei sette minuti iniziati alle 13.05 e durante i quali -in tre successive ondate- oltre trecento quadrimotori vuotarono il loro carico di morte, riproduciamola lettera di protesta che il comitato provinciale di Liberazione nazionale di Treviso indirizz il 15 aprile. Al Comando Militare Provinciale del C.V.L.: SI INVITA CODESTO COMANDO MILITARE PROVINCIALE A SEGNALARE AL COMANDO ALLEATO CHE GLI ULTIMI BOMBARDAMENTI, E SOPRATTUTTO QUELLO ESEGUITO IL 7 APRILE 1944 SULLA CITTA' DI TREVISO SONO STATI DANNOSIALLA CAUSA AVENDO ESASPERATO LA POPOLAZIONE PER I DANNI INGENTI PROVOCATI A CASE E A PERSONE, SENZA CHE ALCUN NOCUMENTO DI SERIA IMPORTANZA SIA STATO APPORTATO AD OBBIETTIVI DI CARATTERE MILITARE. LA PRESENTE SEGNALAZIONE RIVESTE CARATTERE DI ESTREMA URGENZA ED IMPORTANZA, PER CUI SI INVITA CODESTO COMANDO A DARE COMUNICAZIONE A QUESTO COMITATO CIRCA LA SUA EFFETTUAZIONE, COMUNICANDO ANCHE l'EVENTUALE RISPOSTA DEL COMANDO ALLEATO.

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Il comando cosiddetto Alleato rispose sollecitamente per via aerea il 14 maggio, di domenica : con un'altra crudele azione terroristica su Treviso. Era appena passato il mezzogiorno quando i quadrimotori anglo-americani salirono rapidamente dall'orizzonte. Io mi trovavo, con i familiari e migliaia di altre persone a sud della citt. Le bombe, sganciate proprio sopra le nostre teste, iniziarono la loro caduta obliqua prima rotolando e poi decisamente rivolte alla nostra povera citt della quale si scorgevano nitidamente le case. Le deflagrazioni produssero un effetto ottico allucinante: si videro, letteralmente, i tetti degli edifici saltare in aria, subito superati da una nera coltre di fumo e di polvere che ristagn per lunghi minuti sulla martirizzata Treviso. Altri lutti, altre mutilazioni di monumenti e di case. I morti non furono molti perch, dal Venerd Santo, appena le sirene suonavano tutti si precipitavano il pi lontano possibile. Non tutti riuscirono. Di una mia parente non rimase nulla, e venne ritrovato solo un pezzo di bicicletta con la borsa in via Zermanesa che venne duramente colpita unitamente alle vie Carlo Alberto, Sant' Andrea, Collalto, zona di S. Tommaso, la piazzetta retrostante il palazzo dei Trecento (ora p. G. Ancilotto), mentre gravissimi danni sub la Loggia dei Cavalieri (unica loggia pubblica

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del genere ancora esistente in Europa, risalente al XII secolo e ornata di affreschi). Una bomba rotol lungo lo scalone del palazzo della Prefettura, recando ugualmente notevoli lesioni. Scoppi invece quella che colp il padiglione della seconda divisione medica dell'ospedale civile; fortunatamente i degenti erano gi stati trasferiti nei locali dell'asilo infantile di Casier. Dal libro TREVISO NEL FUOCO di Mario Altarui. Edito dalla Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana nella ricorrenza del XXX del Venerd Santo 1944. Edizioni di Ca' Spineda

UNA TRAGICA HOLLYWOOD 1944, CASTELNUOVO AL VOLTURNO Una testimonianza non di parte sui metodi di propaganda americani Francesco Fossa

Dal giugno del 1944 sono trascorsi quasi 60 anni, ma i ricordi di Giovanni Tomassone, classe 1929, una vita da falegname a Castelnuovo al Volturno, sono nitidi come se i fatti che stiamo per raccontare fossero accaduti ieri: "... ma ancora oggi non capisco perch il mio paese che fortunatamente aveva riportato solo pochi danni nella guerra vera del 1944, invece finito in macerie per una

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guerra finta". una storia assurda che ci riporta alla primavera del 1944, quando Castelnuovo - un paesino di settecento anime appoggiate alla catena montuosa delle Mainarde, dove nasce il fiume Volturno, in un angolo di meridione incastrato tra Lazio, Molise, e Campania - viene tagliato da quella linea che i tedeschi, in ritirata lungo lo stivale, hanno tracciato sulle loro mappe: la linea Gustav, un poderoso schieramento di uomini e mezzi dispiegato da Cassino a Ortona che, secondo le intenzioni del maresciallo Kesselring, dovrebbe bloccare l'avanzata degli alleate sbarcati il 9 settembre del 1943 a Salerno. Castelnuovo al Volturno a circa cinquanta chilometri ad est di Cassino, a mezza costa sotto il monte Marrone. Gi dal novembre 1943 il paesino stato evacuato, o meglio rastrellato dai tedeschi, i suoi abitanti sono stati incolonnati e trasferiti con treni merci, prima ad Anagni, poi pi a nord, a Ferrara e Modena. Solo un piccolo gruppo di persone, quasi tutti uomini, si era sottratto alla cattura e per diversi mesi aveva sopportato il freddo dell'inverno in anfratti e fienili nascosti dalla vegetazione. Tra questi c' anche Giovanni Tomassone, aveva 15 anni. "I tedeschi si erano ritirati sulla cresta del monte Marrone e sulle cime circostanti mentre gli americani avevano preso tutta la pianura sottostante. Collaboravamo con loro

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indicando le postazioni, i nidi di mitragliatrice dei tedeschi...". Fin qui la storia di Castelnuovo raccontata dall'anziano falegname non molto diversa dalle tante vicende belliche che segnano la penisola nel 1944. Dopo gli americani, nel paese fecero campo i nordafricani del contingente francese. Ne morirono quasi mille tentando di conquistare la cima del monte Marrone. Poi arrivarono gli alpini del Corpo Italiano di Liberazione. Saranno proprio le penne nere del battaglione Piemonte a espugnare, all'alba del 31 marzo, la cresta a 1800 metri dalla quale si dominava tutta la valle del Sangro. Il 16 maggio la battaglia di Cassino arriva al suo apice, l'Abbazia e tutto quello che gli sta intorno per decine di chilometri non esistono pi. Il piccolo paese di Castelnuovo al Volturno per conta solo quattro case distrutte dai colpi d'artiglieria: un miracolo. Gli abitanti, quelli che non erano stati evacuati, ritornarono cos alle loro abitazioni, mentre la guerra andava velocemente allontanandosi verso il nord e l'incubo sembrava passato. Ma la mattina del 5 giugno una jeep si arrampic lungo i tornanti che portavano a Castelnuovo. A bordo c'era un tenete inglese che si present al sindaco, Vincenzo Martino, con un ordine perentorio: "Il paese deve essere immediatamente sgombrato, dobbiamo effettuare una disinfestazione che durer almeno dieci giorni". La

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gente di Castelnuovo fu caricata sui camion, come gi era accaduto con i tedeschi, e costretta ad abbandonare nuovamente le case: "Ci portarono pi a valle sulla piana di Rocchetta al Volturno". Giovanni Tomassone rivive incredulo quelle ore: "La mattina del 6 giugno fummo svegliati da un rombo assordante, tutta la valle si era riempita di mezzi militari, carri armati, cannoni, camion carichi di soldati. Si assestarono attorno a Castelnuovo. Qualcuno di noi prov ad avvicinarsi, ma venne sempre allontanato dalla polizia militare. C'erano soldati di tutte le razze... ma non capivamo cosa volessero fare". Gli abitanti di Castelnuovo avevano fatto largo a un grosso contingente della 82a divisione dell'ottava armata alleata. Truppe affiancate da un buon numero di cineoperatori. La bugia della disinfestazione era durata poco: doveva essere girato un documentario. "Per alcuni giorni", racconta Tomassone, "osservammo dalle cime degli alberi le scene di una battaglia in piena regola, esplodevano bombe fumogene, i soldati correvano a testa bassa e sparavano. Qualcuno faceva finta di essere stato colpito e allora arrivavano i barellieri, l'ambulanza che portava i soccorsi ... urlavano ma era tutto finto!". Le cineprese le ricorda Carmine Miniscalco, anche lui abitante sfollato di Castelnuovo. All'epoca aveva 17 anni: "Sparavano e

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filmavano, qualcuno mi disse anche di aver visto uomini con le divise tedesche, ma io in quella confusione non le ho notate. Le piante di quercia minate con la dinamite e fatte saltare come fuscelli invece s, quelle non le scordo". Ma nessuno tra la gente della vallata avrebbe mai immaginato che lo scherzo, quella finzione, si sarebbe trasformata di l a poco in tragedia. Ora i ricordi, i racconti di Tomassone e di Miniscalco si intrecciano alle voci sdegnate di un gruppo di anziani seduti attorno a un tavolo nella piazza del paese. Smettono di giocare a carte e anche quelli che non avevano voluto rispondere alle domande sui fatti di allora, quando si arriva alla cronaca del 17 giugno 1944 cambiano atteggiamento, si infervorano, lanciano imprecazioni: "Ci svegliammo, con i colpi dei cannoni, tiravano verso la montagna, un piccolo aereo girava in tondo nel cielo, qualcuno giura d'aver visto una cinepresa spuntare da finestrino... poi i colpi cominciarono ad avvicinarsi al centro abitato. A mezzogiorno il fuoco si concentr sulle case... il campanile della chiesa fu il primo edificio a essere colpito, un colpo di cannone lo centr in pieno! Vedevamo le nostre case cadere una dopo l'altra senza sapere perch. I carri armati attraversavano i campi di patate e i soldati, americani, inglesi, neozelandesi, marocchini, si riparavano dietro i cingoli... ma da cosa?".

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Per giorni il paese rimase avvolto da una nuvola di polvere dentro la quale si intravedevano cumuli di macerie. Agli abitanti di Castelnuovo al Volturno fu consentito di ritornare alle loro case solo ai primi di luglio: l'85 per cento delle abitazioni non c'era pi. A testimoniare l'assurdo, il paese prima e dopo il bombardamento, restano o solo due foto, tra altri cimeli bellici, in un piccolo museo allestito in una delle poche case risparmiate dalle granate. La gente non riusciva a farsi una ragione di un simile scempio. E anche la vicenda dei filmati era passata in secondo piano, quasi dimenticata. Finch non cominciarono ad arrivare le prime lettere, come quella scritta da un cugino di Giovanni Tomassone, Domenico, fatto prigioniero dagli americani in Nordafrica e trasferito in un campo di detenzione negli Stati Uniti. Nella lettera voleva sapere se davvero il paese era stato distrutto, perch aveva visto un filmato dove era raccontata la storia di Castelnuovo e del monte Marrone eroicamente conquistato dalle truppe alleate con i soldati tedeschi che venivano snidati casa per casa...". La guerra finisce e le lettere cominciano ad arrivare anche da Boston, da Los Angeles, spedite da gente del posto emigrata in America ma con amici e parenti a Castelnuovo. Tommaso Pitassi, da pochi mesi a Filadelfia, rimase senza parole nella sala cinematografica dove proiettavano un "Combat film" sulla guerra in

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Italia. La battaglia di Castelnuovo veniva descritta come una delle pi cruente, i soldati dell'Ottava Armata raffigurati come eroi votati al sacrificio. Ma Pitassi sapeva che quelle scene di guerra, i corpo a corpo, erano una pura messa in scena. Perch lui era l, su quella piana, quando erano state fatte le riprese, e sapeva anche che gli unici ad aver combattuto a monte Marrone erano stati i soldati marocchini e gli alpini del battaglione Piemonte. Perch per inglesi e americani la parete di roccia alle spalle di Castelnuovo era assolutamente imprendibile. In tanti videro negli Stati Uniti il documentario, figlio della propaganda bellica americana, la storia riscritta con la cinepresa e le comparse. A chi, come Esterina Ricci aveva fatto delle ricerche a Chicago, avrebbero detto che quella drammatica farsa era stata necessaria perch alcune "pizze", avvincenti filmati della campagna in Italia, erano bruciate e andavano rimpiazzate. Recentemente qualcun altro si nuovamente messo sulle tracce di quel Combact Film: Michele Peri e Giuseppe Tomassone, rispettivamente insegnante al liceo artistico di Cassino e presidente de "Il Cervo", un'associazione culturale di Castelnuovo al Volturno. "Non solo curiosit. Quel filmato un pezzo di storia, vorremmo dare luce a questa vicenda della quale si parlato poco". Finora le ricerche hanno dato pochi

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frutti. Negli archivi dell'Istituto Luce, Peri e Tomassone sono riusciti a scovare solo alcuni spezzoni di un filmato girato nella zona prima della distruzione del paese. Sono immagini dei soldati marocchini che per circa tre mesi tentarono di conquistare monte Marrone: eccoli camminare in fila indiana verso la montagna, e poi in momenti di relax nell'abitato di Castelnuovo, dove si divertivano ad aprire scatolame con i denti e a molestare le donne del paese. Sono poche sequenze, non hanno niente di epico ma, almeno queste, nella loro semplice crudezza, sono vere. RINASCITA del 1 agosto 2003

IL 22 LUGLIO GLI ALLEATI BOMBARDARONO LA CITTA' (FOGGIA ndr) PROVOCANDO 22 MILA MORTI Agostinacchio: oggi, nel ricordo di quella tragedia, rinnoviamo il nostro impegno per la pace Loris Castriota Skandeberg

FOGGIA. A 58 anni dalla sanguinosa estate del 1943, Foggia celebra la memoria delle oltre 20mila vittime che hanno segnato una delle pagine pi tragiche della sua storia. Il 75% delle costruzioni rase al suolo, 12 bombardamenti a tappeto

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- senza discriminazione di obiettivi - da parte delle Fortezze Volanti tra il maggio ed il settembre, episodi toccanti e atti di eroismo: un diario di poche settimane di guerra dal cielo che fece meritare a Foggia la medaglia d'oro al valor civile. Ancora oggi, sono poche le famiglie foggiane che non hanno pagato con la vita di un proprio caro un tributo di sangue a quelle giornate dell'estate '43. Una strage ingiustificata, come hanno riconosciuto, a decenni di distanza anche tanti storici inglesi che, riprendendo analisi delle azioni di guerra degli Alleati in quella tragica estate, hanno rilevato la scarsa rilevanza militare dell'obiettivo, almeno in quel periodo e in quel particolare momento del conflitto. Il fronte si era spostato a nord, le colonne di militari tedeschi erano ormai in marcia sulla dorsale Adriatica, e Foggia, con il suo pur importante nodo ferroviario, non alimentava pi le truppe dell'Asse. E neppure i 16 aeroporti militari che erano stati allestiti con mezzi di fortuna nel Tavoliere, erano abbastanza distanti dalla citt dal preservarla da incursioni dirette ad indebolire il nemico: tra l'altro, gli Alleati avevano tutto l'interesse a conservare infrastrutture che avrebbero potuto sfruttare in seguito. Ma Foggia andava conventrizzata come criminalmente disse il giorno dopo Radio Londra: le andava, cio,

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restituita la sorte riservata dai bombardieri tedeschi alla cittadina inglese di Coventry che, qualche giorno prima, era stata pesantemente colpita. Con una sostanziale differenza: all'epoca, Coventry era sede di un rilevante numero di fabbriche importanti per lo sforzo bellico alleato. Una mera rappresaglia, dunque. Un atto di terrorismo psicologico gratuito, cinico, spietato: una politica di guerra perseguita senza la minima considerazione delle vite di inermi cittadini civili e mai un cenno della volont di risarcire - se non materialmente - almeno moralmente una citt coni gravemente colpita. Come ormai da due anni, anche oggi l'amministrazione comunale guidata dal sindaco Paolo Agostinacchio commemora quei tristi giorni e rende omaggio alla memoria dei 22mila foggiani caduti sotto le bombe e le macerie. La Giornata della pace. Un titolo significativo per un calendario di manifestazioni che vuol diffondere un solo messaggio: pace nel mondo, mai pi Terrore e l'orrore della guerra per risolvere le umane questioni. Migliaia di vittime, scene ancora presenti ai superstiti, il pianto disperato dei bambini: questa fu restate del 1943 a Foggia - ha ricordato il sindaco Agostinacchio in un messaggio ai cittadini - la citt ricordando le sue vittime indica quale obiettivo irrinunciabile la costante ricerca della pace. Non vendetta, ma

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pace: ecco il significato delle celebrazioni del 22 luglio. Dalla torre campanaria del Comune, partiranno 12 rintocchi: tanti quante furono le incursioni, fino al 6 settembre 1943. Ad anni di distanza, nessuno ha spiegato il motivo per il quale anche tre giorni dopo la firma dell'armistizio, apposta il 3 settembre sui protocolli resi pubblici l'8 settembre, Foggia fu brutalmente e terroristicamente bombardata: dato che dovrebbe essere oggetto di qualche riflessione, non soltanto in sede storica. IL SECOLO D'ITALIA Quotidiano 22 Luglio 2001 ________________________________________ IL MARTIRIO DI FOGGIA Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Gioved 15 luglio 2004 su "RAITRE" trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI": Elenco delle incursioni americane che nel 1943 distrussero Foggia: 28 maggio 300 vittime 30 maggio 9 vittime 31 maggio 153 vittime 21 giugno 91 vittime 15 luglio 1.293 vittime 22 luglio 7.643 vittime 19 agosto 9.581 vittime 25 agosto 971 vittime 9 settembre 21 vittime

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17 settembre 168 vittime 18 settembre 11 vittime TOTALE 20.241 vittime Nello spaventoso bombardamento del 22 luglio 1943 settantuno "Fortezze" americane, appartenenti al 97 ed al 99 Gruppo, colpirono tutta l'area cittadina. Nella terrificante incursione del 19 agosto 1943 centosessantadue "Fortezze" e settantuno "Liberators" sganciarono sulla citt 586 tonnellate di esplosivo. Un anziano ricorda: "Il 22 luglio 1943 ci fu un enorme bombardamento che interess l'intera citt e, dopo il bombardamento, ci fu un mitragliamento su tutta l'area cittadina: specialmente nelle zone interessate da ville e giardini. Il mitragliamento non era diretto su forze armate , ma era diretto su chiunque si trovasse a camminare e, combinazione, quando effettuarono questi mitragliamenti sulle ville , nel cimitero e nella villa comunale non esistevano pi depositi perch erano stati portati via gi da oltre un mese Quindi l'azione fu subita, esclusivamente, dalla popolazione civile".

GROSSETO, LUNEDI' DI PASQUA 1943: LA STRAGE DELLE GIOSTRE Le bombe del 301 Gruppo americano avevano gi ucciso, in un paesino sardo, dei bambini all'uscita dall'asilo. Altri a Cagliari in un

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giorno di festa. Il Luned di Pasqua del 1943 l'obiettivo dell'operazione "Uovo di Pasqua color oliva" era l'aeroporto militare di Grosseto, ma il 301 fece anche 134 vittime civili e, fra queste, 27 erano bambini. Dal programma "LA GRANDE STORIA" trasmesso Gioved 15 luglio 2004 su "RAITRE" trascrizione di testimonianze raccolte (dal Cyberamanuense Mauro Franciolini) nel corso della puntata "BOMBARDAMENTI": Un anziano (soldato all'epoca del fatto) ricorda: il Luned, alle due circa del giorno, arrivarono questi aerei senza preavviso. Vedevo dei bossoli di mitraglia di quelli cos (indicando con le mani circa 15/20 cm.); poi, infatti, stato riscontrato che, effettivamente, allora avevano mitragliato forse dall'alto, non lo so dalla parte di qua dov'erano le giostre e ci fu una strage ehspecialmente davanti all'ospedale militare che, poi, vicino alla ferrovia c'erano due grosse buche: roba da matti roba da far spavento Una donna (bambina all'epoca del fatto) ricorda: L'allarme non aveva suonato, stranamente, perch suonava sempre con molto anticipo tanto che eravamo anche un po' stufi: bombardavano Genova e suonava l'allarme che durava tutta la giornata. E quel giorno, invece, no Arrivammo all'angolo per andare al rifugio; mia sorella, che mi teneva ancora per mano, mi butt

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a terra e mi disse: "Gi!" e io le dissi: "No! Ho il vestito nuovo della Pasqua!". Ci buttammo per terra perch mia sorella aveva visto che veniva (poi lo vidi anch'io) un aereo dal fondo della strada che veniva molto a bassa quota e cominciava a mitragliare. Io non ho mai visto tanto sangue in quel modo: una cosa incredibile: scarpe pezzi di piedi i vigili che, con le sistole, stavano lavando il tutto roba dell'altro mondo. Arrivammo in piazza del Duomo; c'era un monsignore, mi sembra si chiamasse monsignor Bianchini, che si era stracciato la veste (il paramento bianco che portava sempre) e fasciava i feriti e erano tutti ammucchiati sotto i portici del Comune e sotto i portici quegli altri davanti una cosa apocalittica Un anziano ricorda: L, a circa 30 metri da noi, dove c'era il Luna Park si sent un grosso scoppio. L'altro mio amico che guardava di l, disse: "No! Qui eh bombardano!". Si cominci a sentire gli urli della gente dei bambini pi che altro erano bambini. Dal fondo di Via Cesare Battisti si vide la contraerea che abbatt un apparecchio e vidi due paracadutisti che si erano gettati. Un uomo (bambino all'epoca del fatto) ricorda: Vidi questo luogo di felicit dove andavamo questa strage questa strage immensa In quello spezzonamento era morto il figlio del titolare del Luna Park. Questo bambino, quando successe tutto questo

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caos nel Luna Park, corse immediatamente dal padre. Corse dal padre il padre lo prese in collo; in quel momento cadde un grosso spezzone: uccise il bambino e salv il padre Un anziano ricorda: Arrivai dove c'erano le giostre e cominciai a vedere bambini in terra morti feriti. Poi, c'era un'infinit di persone che piangevano e urlavano il sangue per terra da tutte le parti. Una donna (bambina all'epoca del fatto) ricorda: Sentii un gran caldo: caldo, caldo in bocca; una fiamma di fuoco in bocca e mi chiappai, cos(portandosi le braccia al petto) perch sentii un gran dolore e mi buttai verso casa; e vidi tutti i miei compagni della mia stessa et, pi piccoli o poco pi grandi, tutti in terra: io sola ero rimasta in piedi Davanti al passaggio a livello sentii una voce che chiamava il mio babbo io a tratti mi ricordo perch, qualche volta, perdevo i sensi poi riaprivo gli occhi non lo so: era il dottor Cambri di Grosseto. Mi chiam, poi, chiam il mio babbo; ci port sotto a un sottoscala e, forse, fu la mia salvezza perch mi tampon tutte e due le ferite: una sotto il braccio e, l'altra, nel polmone. All'ospedale vecchio di Grosseto c'erano delle grate in terra; sopra c'erano morti accatastati cos: uno sopra all'altro.

IL MARTIRIO DI GENOVA

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Le incursioni aeree su Genova e provincia provocarono oltre 9.000 vittime tra i civili: le donne, i vecchi e i bambini schiacciati sotto le macerie delle loro case superano in numero di quattro volte i tanto celebrati caduti della resistenza, ma per loro, morti "scomodi", resta soltanto l'oblio. Il simbolo del martirio della provincia rappresentato dalla citt di Recco: tra il 10 novembre 1943 e il 28 agosto 1944 fu bombardata 27 volte. Il 97% del centro abitato fu distrutto, i civili uccisi furono 126 ed alcune centinaia furono i feriti. L'accanimento sull'area monumentale di Genova, certo non importante da un punto di vista militare, un'ulteriore dimostrazione della strategia terroristica che guid i bombardamenti anglo-americani su tutta la penisola italiana. Per i bombardamenti dell'agosto 1943, pi che lo smantellamento dei sistemi di difesa e dell'apparato produttivo, l'obiettivo immediato fu quello di "punire" un popolo che aveva osato opporsi all'imperialismo delle plutocrazie anglosassoni e che bisognava convincere col terrore a ripudiare il fascismo e ad arrendersi. Dal gennaio 1944 l'oggetto delle incursioni "punitive" non furono pi solo le zone residenziali urbane, ma i quartieri operai, i centri industriali e il sistema delle comunicazioni dell'intera provincia: i

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bombardamenti assunsero quindi un carattere prevalentemente strategico. Al termine della guerra, anche per Genova, i danni subiti dai bombardamenti terroristici anglo-americani saranno altissimi: oltre 16.000 edifici distrutti o sinistrati, danni enormi alle industrie e gravissimi danni al patrimonio artistico della citt. Nel corso della guerra Genova fu colpita da 86 incursioni aeree nemiche. 1940: Notte dell'11/12 giugno, aerei inglesi sorvolano la citt lasciando cadere bombe di piccolo calibro: il primo bombardamento sulla citt nella Seconda guerra mondiale. 14 giugno, un attacco navale francese provoca la morte di tre persone, 12 feriti ed il danneggiamento di alcuni edifici: le zone pi colpite sono quelle fra Sestri Ponente e Voltri.Notte del 14/15 giugno, aerei inglesi bombardano la citt provocando un morto ed otto feriti. 1941: Domenica 9 febbraio, alle ore 8.15, una formazione navale inglese, proveniente da Gibilterra, si presenta al largo di Genova, all'altezza del promontorio di Portofino e di l, protetta da una densa foschia, d inizio ad un furibondo bombardamento che dura fino alle 9.45. Piovono sulla citt 273 proiettili di grosso calibro e 782 di piccolo calibro, per un totale di circa 300 tonnellate di esplosivo. Le bombe non colpiscono nessun obiettivo di carattere militare, ma causano 141 morti, 227 feriti e circa

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2.500 senzatetto. Ingenti anche i danni: oltre 250 case distrutte, colpita la cattedrale di San Lorenzo, la biblioteca Berio, Via XX Settembre, larghe parti del centro e del centro storico, settori della zona collinare, gli stabilimenti dell'Ansaldo e quattro sono le navi affondate. Una bomba ha colpito in pieno la cattedrale di San Lorenzo, ma non esplosa: oggi il proiettile esposto all'interno della chiesa a perenne ricordo di quel bombardamento sacrilego. 1942: Nella cosiddetta "Offensiva di autunno" sull'Italia il "Bomber Command" inglese prevede di bombardare anche Genova. La R.A.F., dalle sue basi in Inghilterra, lancia sei attacchi aerei che colpiscono duramente il centro della citt. Nei primi giorni di dicembre si esaurisce, almeno per Genova, l'incessante martellamento dei bombardamenti. Nell'arco di poco pi di un mese la citt ha cambiato il suo aspetto: gli edifici distrutti dalle bombe sono 1.250 ed i morti sono oltre 500. Vanno ricordati anche i 354 morti schiacciati e calpestati nella ressa per entrare nel rifugio della galleria delle Grazie a Porta Soprana durante l'incursione aerea del 23/24 ottobre. 1943: L'8 agosto, una violenta incursione dei bombardieri alleati, ancora una volta condotto con sganciamenti simultanei di bombe incendiarie e dirompenti, provoca oltre 100 morti e circa 13.000

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senzatetto. Il centro cittadino risulta, anche in questa occasione, la zona pi colpita: in piazza De Ferrari tutti gli edifici sono gravemente danneggiati, il teatro Carlo Felice distrutto, violenti incendi divampano da Via XX Settembre a Via Galata, a Piazza Corvetto, a Carignano. Le chiese di Santo Stefano, della Consolazione, di San Siro sono ridotte in macerie. 1944: Dall'inizio dell'anno i bombardamenti subiscono un incremento costante fino a raggiungere in giugno e luglio una frequenza quasi giornaliera. Nel corso dell'anno Genova subisce 51 incursioni terroristiche con un "escalation" crescente: in marzo due, in aprile sette, in maggio dieci. 19 maggio, un violento bombardamento diurno provoca 111 morti e 170 feriti, in gran parte vittime del crollo dei rifugi costruiti negli edifici colpiti o sorpresi mentre cercavano protezione. Nel mese di giugno sono bombardate Voltri (73 morti), Cornigliano (93 morti) ed il porto (15 morti). Nel mese di luglio sono ancora colpite le zone portuali e Sampierdarena.In agosto Genova subisce sedici attacchi aerei, mentre il numero degli allarmi supera il centinaio: il 14 agosto le sirene suonano 9 volte, il 23 agosto 8 volte. In settembre Genova aggredita ancora sette volte: i morti sono oltre 200 e altrettanti i feriti. Il 10 ottobre un'incursione si abbatte sulla citt, ma la vera tragedia di quel

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giorno il crollo della galleria rifugio di San Benigno e la morte delle oltre 2.000 persone che si trovavano nel suo interno per sfuggire alle bombe. 1945: L'ultimo inverno di guerra non rallenta gli attacchi del nemico: nel mese di gennaio Genova sottoposta a undici bombardamenti, in febbraio a quattro, in marzo a tre ed in aprile ad ancora sette incursioni.

Data incursione aerei inviati aerei attaccanti t. di bombe perdite 22/23 ottobre 100 180 0 23/24 ottobre 122 95 166 3 36/7 novembre 73 65 115 2 27/8 novembre 176 143 242 4 13/14 novembre 76 70 127 0 15/16 novembre 78 68 106 0 Totali 637 541 936 9

RINASCITA del 30 Marzo 2001

LE STRAGI DIMENTICATE: LAGO MAGGIORE, SETTEMBRE '44. CADUTI CIVILI E MILITARI NEL MITRAGLIAMENTO "ALLEATO" DEL BATTELLO MILANO Adriano Rebecchi

La furia della Guerra, sotto forma di strage terroristica contro civili indifesi, si abbatt sul Lago Maggiore nel

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settembre 1944. La mattina del 25 settembre due aerei inglesi sganciarono un grappolo di bombe su un gruppo di case di Intra (il Cassinone), causando 11 morti e numerosi feriti. In quella zona non vi erano obiettivi militari ma soltanto abitazioni civili. Poco dopo gli stessi aerei mitragliarono il battello Genova di fronte a Baveno, che aveva a bordo solo civili, in prevalenza donne e bambini, causando numerosi morti e feriti. Il giorno successivo gli aerei attaccarono il battello Milano, anch'esso carico di sfollati che si erano imbarcati a Laveno per raggiungere la sponda piemontese del lago. Solo per caso, a bordo, c'era un reparto del battaglione M Venezia Giulia che stava tornando dalla scuola di Varese della G.N.R. Il battello ripetutamente mitragliato si incendi e, dopo essere andato alla deriva di fronte alla Punta Castagnola di Verbania, affond. Morirono 10 militi dei battaglione M Venezia Giulia ed un numero imprecisato di civili. Numero imprecisato, perch alcuni corpi non furono recuperati in tempo, prima che il battello affondasse. I loro resti sono stati fotografati sul relitto del battello ritrovato cinque anni fa. Gli attacchi aerei sul lago non furono quindi errori di guerra, ma vere e proprie stragi terroristiche, fatte per fiaccare ed esasperare la popolazione e, forse proprio per questo, messe

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ipocritamente nel dimenticatoio. Crediamo sia giunto il momento che le supreme cariche dello Stato, le quali un paio di anni fa si degnarono di far sapere che erano spiritualmente vicine alla cerimonia indetta ogni anno dall'UNCRSI, dal Comitato Caduti Battello Milano e dalla Federazione del Movimento Sociale intervengano per svegliare le coscienze distratte ed addormentate delle Autorit Civili e Militari, locali e nazionali. Infatti, sono stati trovati i miliardi per edificare a Fondotoce di Verbania la Casa della Resistenza, sperabile che si trovino pochi milioni necessari per recuperare e dare onorevole sepoltura ai civili italiani unicamente colpevoli di non essere morti per mano tedesca o fascista. L'ULTIMA CROCIATA N. 7. Novembre 1996

IMPRUNETA: LA POLEMICA Bombardamento alleato. Oltre cento martiri dimenticati da tutti IL RICORDO: Solo un'omelia nella cattedrale semideserta IL FATTO: Due incursioni, ma i tedeschi si erano ritirati Leandro Giani IMPRUNETA - Ventisette e ventotto luglio 1944, 27 e 28 luglio 1998. Cinquantaquattro anni per dimenticare ed essere dimenticati.

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L'olocausto dei cento imprunetini falcidiati nel corso degli inspiegabili bombardamenti aerei alleati che si abbatterono sull'Impruneta oltre mezzo secolo fa, divenuto riferimento superfluo se non inutile di una delle tante tragedie causate dall'ultima guerra mondiale. Nessuno si preso la briga morale di ricordarlo. Non lo ha fatto l'Amministrazione comunale, non lo hanno fatto gli enti e le associazioni che ne avevano il dovere e la possibilit e tutto si esaurito in un "passaggio" pietoso di un'omelia pronunciata dal prete in una Basilica semideserta. Quella stessa Basilica che da quelle bombe fu rasa al suolo e fra le cui rovine, il 15 agosto del 1944, si aggirava commosso anche Frederick Hartt, famoso storico dell'arte americano, il cui commento emblematico di un evento che nessuno riuscito a spiegare: "Solo uno storico militare che possa accedere a tutti i documenti dell'Aviazione - disse - potrebbe chiarire i motivi dei due attacchi aerei americani sulla citt di Impruneta, dopo che i tedeschi se n'erano andati". Il "mistero" permane, ma i fatti parlano. Gioved 27 luglio '44. Aerei della 5a squadriglia del 239 stormo bombardarono a tappeto l'Impruneta. Appartenevano alla Desert Air Force (Daf), gli stessi che avevano operato nei deserti africani contro l'aviazione e le truppe di Rommel e di Graziani. La gente aveva trovato

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precario rifugio contro i cannoneggiamenti dei giorni precedenti ed era quindi impreparata ad attacchi aerei: morirono in tanti, come topi, nella tinaia del Fusi in via Mazzini, nella carbonaia di Granchio in via Cavalleggeri, nella cantina del Bar Centrale in piazza Buondelmonti. Altri morirono falciati dalle mitragliatrici mentre fuggivano per le vie del paese. Cinque minuti dopo inizi la seconda ondata di morte per mezzo dei famigerati Kittyhwks sudafricani. Le bombe centrarono stavolta anche la Casa del Fascio in via Cavalleggeri, causando altri morti. Venerd 28 luglio '44. Un'altra squadriglia piomba sul paese. L'obbiettivo stavolta racchiuso nell'area di un kmq. E, alle 13,45 di quel giorno, questo viene centrato in pieno: si trattava della Basilica. Polverizzata. Rimasero in piedi solo il porticato che si affaccia sulla piazza, la facciata e parti consistenti delle mura perimetrali. Solo l'Immagine della Madonna rest miracolosamente illesa nel prezioso Tabernacolo. E, come quattro secoli prima era stata "traslocata" a Firenze dagli imprunetini in fuga per l'arrivo in paese delle truppe spagnole, l'episodio si ripete. Torner all'Impruneta solo nel 1947. Per chiedere di non dimenticare. La Nazione Quotidiano del 13 Agosto 1998

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E' AMERICANA LA VERITA' SU SAN MINIATO. Nuove rivelazioni sull'eccidio di San Miniato avvenuto il 22 Luglio 1944 e su quel colpo di mortaio E' "americana" la verit sulla notte di San Lorenzo. Fu una granata degli "alleati" e non delle truppe tedesche ad entrare nel rosone del Duomo e a causare 56 vittime. Gli archivi confermano il tragico errore. Paolo Paoletti Dopo il film dei fratelli Taviani, La notte di S. Lorenzo, i 56 morti accertati e le decine di feriti rimasti colpiti nel Duomo di S. Miniato al Tedesco, il 22 luglio 1944, sono ormai entrati a far parte dell'immaginario collettivo degli italiani. Ma la verit del film ben lontana da quella storica. Anzi vien da dire che ancora una volta la realt supera leggermente la fantasia. Non solo quella scenica. La verit storica venne "marmorizzata" nel decimo anniversario della strage e recitava Cos: Questa lapide ricorda nei secoli il gelido eccidio / perpetrato dai tedeschi il 22 luglio 1944, di 60 vittime (sic!), / inermi, vecchi, innocenti, perfidamente sollecitate a / riparare nelle cattedrale per rendere pi rapido e pi superbo il misfatto. Il sindaco

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Secondo il sindaco di allora quella lapide fu un atto dovuto in quanto nel 1945 il giudice fiorentino Carlo Giannattasio, incaricato dal Comune di stendere una relazione finale a conclusione dell'inchiesta amministrativa, aveva dichiarato che: la Cattedrale fu colpita da due granate... una tedesca e l'altra americana... Ma l'eccidio fu causato esclusivamente dalla granata germanica. Bisogna aspettare gli anni '80 per assistere ad un'evoluzione dalla vecchia tesi del colpo di mortaio tedesco di calibro medio, oggettivamente difficile da spiegare, visto che la Wehrmacht avrebbe scelto un espediente piuttosto complicato per compiere una strage, all'accusa pi comprensibile della responsabilit di aver concentrato... un'enorme massa di persone in un luogo esposto ai colpi dei mortai e dei cannoni. Nel 1984 col libro S. Miniato. 22 luglio 1944 si cominciava a mettere in dubbio l'importanza di stabilire se si trattava di granata tedesca o americana. Ma perch la verit dei fatti non era pi importante? Per il semplice motivo che la vulgata nascondeva un bluff durato 53 anni. Vediamo come. Prendiamo la testimonianza del 6 ottobre 1944 resa davanti alla Commissione comunale dal Maresciallo dei Carabinieri Conforti; questi dichiara di aver consegnato al capitano americano Ruffo due schegge. L'ufficiale appartiene alla 91a divisione americana ed colui

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che ha fatto il rapporto preliminare prima dell'insediamento della Commissione ufficiale d'inchiesta statunitense. La relazione fa parte degli atti investigativi da noi reperiti nel febbraio 1994 ai National Archives di Washington. Stranamente (o ovviamente) in questo rapporto non si fa cenno a reperti acquisiti. Possiamo presumere che l'ufficiale, rendendosi conto di avere in mano una spoletta americana, intu immediatamente che quella era la prova provata della responsabilit colposa degli artiglieri della sua divisione. Per uscire da questa situazione quanto meno imbarazzante decise di non segnalare ai superiori il ritrovamento della spoletta ma non se la senti neppure di distruggerla. Al di l di queste illazioni, un fatto che due settimane dopo la segnalazione del maresciallo Conforti arrivava alla commissione comunale la perizia del tenente di fanteria americano Charles Jacobs. Il poverino per far quadrare il cerchio aveva dovuto inventarsi una granata tedesca assassina ed una innocua americana. A riprova della sua buona fede (e della sua ignoranza) forniva anche il DNA della bomba statunitense: spoletta Fuse P. D. M43. Trattandosi di materia tecnica ci siamo rivolti a due generali, Sabino Malerba e Ignazio Spampinato e ad un colonnello, Massimo Cionci, tutti d'artiglieria, ma con specializzazioni diverse (balistica, esplosivi e munizionamento). Il

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responso dei tre stato unanime, quella spoletta Fuse a percussione (P. D.) avente il numero di modello 43 non mai esistita. Inoltre, dice l'esperto di munizionamento, col. Cionci, impossibile che il proietto munito spoletta del tipo PD fosse un fumogeno. La scritta punzonata sulla spoletta poteva essere soltanto "P. D. M48". L'equivoco La spiegazione semplice: con gli urti l'8 era stato scambiato per un 3 e da qui era nato l'equivoco. Dunque la prova del DNA diceva che l'unica spoletta rinvenuta in chiesa apparteneva ad un proiettile scoppiante americano. Ma perch si dovette inventare il fantomatico proiettile tedesco? Semplicemente perch in quel giorni di guerra americani e italiani morivano combattendo contro l'occupante nazista. E nel 1944- 1945 quella verit non si poteva dire. A nostro avviso con la perizia Jacobs i membri della commissione d'inchiesta italiana intuirono subito la verit e cercarono in tutti i modi di venire incontro alla tesi americana, che contentava gli americani e, tutti i partiti politici dell'epoca. Il 21 settembre 1944, giorno dell'insediamento della commissione comunale d'inchiesta, questa all'unanimit dava incarico all'ing. Aurelio Giglioli di presentare una descrizione dello stato attuale del fabbricato della Chiesa del

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duomo con relativa pianta. Il 10 ottobre lo stesso ingegnere veniva incaricato di prendere anche delle foto all'interno e all'esterno del Duomo. Ma cinque giorni dopo arrivava la verit confezionata dal tenente americano: gli schizzi e le foto dell'ingegnere socialista non servivano pi, anzi diventavano estremamente pericolose. Si sarebbe potuto vedere quello che noi scopriremo 52 anni dopo nelle carte della Curia: l'intelaiatura in ferro che sostiene la vetrata del rosone e l'intelaiatura lignea della finestra da cui era entrato il supposto proiettile assassino tedesco, non presentavano segni di effrazione. Erano rimasti intatti, mentre quello da cui era entrato il proiettile americano abbisogn dell'intervento del fabbro! Il fatto incontrovertibile che l'ing. Giglioli non solo non consegna n schizzi n foto ma dal 21 ottobre abbandona i lavori della Commissione. L'ing. Giglioli non il solo a lasciare la commissione. Si dimette, questa volta ufficialmente, anche l'azionista Ermanno Taviani, l'assessore alla Cultura che ha ideato e fortemente voluto quella commissione amministrativa. La commissione E, guarda caso, presenta le dimissioni solo da membro della commissione, ma mantiene la carica di assessore all'Educazione e alla Cultura. Insomma pi si scava e pi vengono

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fuori misteri. Torniamo all'enigma delle foto richieste all'ing. Giglioli e mai consegnate: il 29 maggio 1945 la Giunta approvava l'acquisto di 62 foto di Cesare Barzacchi per la somma di 16.000 lire. Perch spendere una cifra cos spropositata (tra i 15 e i 20 milioni di oggi!) quando le stesse foto si potevano avere a prezzo di costo 8 mesi prima? Si doveva forse coprire la magagna che si stava formalizzando con la relazione Giannattasio? Il dubbio che il Comune, conscio di aver imboccato una strada senza uscita, quella di sostenere un falso imposto dalla guerra appena finita, era costretto ad acquistare i negativi e a togliere dalla circolazione le altre possibili prove della responsabilit americana. Le prove I misteri sulle foto Barzacchi non finiscono qui. Come mai nella primavera 1984 il Comune costretto a riacquistare quelle foto che 39 anni prima aveva profumatamente pagato? Succede che quando l'amministrazione decide di celebrare il quarantennale dell'eccidio non trova pi i negativi e deve pagare 5.726.000 lire alla foto-ottica Gallerini per 60 positivi. Nel 1996 le nostre ricerche ci hanno portato a ritrovare l'album originale con le fotografie firmate dal Barzacchi: due pagine risultano vuote. O meglio, due foto sono state

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evidentemente scollate. Secondo noi, distrutte quelle due foto compromettenti l'album perdeva qualunque interesse e cos poteva anche uscire dall'archivio comunale. Per amore della verit storica rispondiamo alla tesi dell'assessore Marianelli e dell'attuale sindaco Alfonso Lippi, che nel 50' anniversario della strage, aveva dovuto metter da parte la verit del Giannattasio del 1945 del colpo di mortaio di calibro medio, oggettivamente difficile da spiegare e da capire, e ripiegava sull'accusa pi comprensibile e rappresentabile all'opinione pubblica del "colpevole concentramento della popolazione nel punto pi esposto"; intanto non fu il Comando tedesco a decidere di concentrare la folla in Duomo, ma fu il vescovo Giubbi a offrire l'ospitalit della Chiesa. Si veda la lettera inviata in Vaticano ed in copia alla Commissione d'inchiesta. Il Vescovo -scrive in terza persona, ndr- fece osservare al capitano Tedesco: ... che la popolazione non avrebbe potuto per le ore 8,00 essere tutta radunata in piazza dell'Impero. Allora l'ufficiale tedesco dispose che la radunata avvenisse, oltre che in quella piazza, anche nella piazza della Cattedrale e che, entro la Chiesa si fermassero soltanto i vecchi, i malati e i bambini. Gli altri rimanessero fuori. Se qualcuno avesse letto la deposizione resa il 14 agosto 1944, davanti alla Commissione Militare americana, da don

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Guido Rossi avrebbe capito che: ... a seguito delle richieste del Vescovo la folla entr in chiesa. Il 31-10-1944 Armando Colombini ribadiva lo stesso concetto davanti alla commissione d'inchiesta comunale: Successivamente il Vescovo disse che oltre ai bambini, alle donne aveva ottenuto il permesso di fare entrare in chiesa anche gli uomini. Dunque i tedeschi volevano far sgombrare la popolazione verso la campagna, ma siccome i vecchi, le donne e i bambini avrebbero rallentato la marcia, ordinarono che fossero lasciati indietro. Ma il vescovo per non smembrare le famiglie ottenne che tutti fossero raccolti provvisoriamente tra le mura sicure del Duomo. L'ultimo baluardo di assessori e sindaci questo: in ogni caso i tedeschi sono i responsabili perch il Duomo era il luogo pi esposto. In verit il Duomo sarebbe stato pericolosamente esposto solo se a sparare fosse stato il cannone di un carro armato, che spara con una traiettoria talmente tesa da potersi assumere come rettilinea, per usare le parole del gen. Malerba. Anzi, nonostante le apparenze, il Duomo si dimostr luogo sicuro perch le bombe cadute sul tetto e sulle cappelle non causarono morti e solo per un caso irripetibile un colpo centr un rosone. Ed il fato volle che quel maledetto proiettile fosse a scoppio ritardato e che dopo due rimbalzi scoppiasse per aria, nel

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punto pi affollato della cattedrale. E' corretto allora il testo della stele, sistemata nel 1994 dall'amministrazione sul prato del Duomo, dove si legge: "A ricordo delle 55 (!) persone uccise dalla barbarie della guerra in questa cattedrale il 22 luglio 1944". Un testo che non si concilia perci con la faziosa lapide del 1954. LA NAZIONE Quotidiano del 24 Luglio 1997

V.I.T.R.I.O.L.

Posted on 5/11/2007, 08:05

Tutti sanno dell'infame e vigliacco attacco su Dresda e dello scempio di Cassino....xr erano i nostri "amici" anglo-bastardi a farli....quindi tutto ok.

Antonio Grego

Posted on 15/11/2007, 21:21

A proposito dei "liberatori" e del "caso Calipari" riporto un botta e risposta via email (oscuro i nomi dei mittenti) molto chiarificatore:

----- Original Message ----From: To: Sent: Thursday, November 15, 2007 6:22 PM Subject: A quando l'apertura dell'inchiesta sulle stragi angloamericane in Sicilia, nel 1943 ? Leggo su La Repubblica di oggi, 15

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novembre 2007, che il procuratore militare di Roma ha riaperto linchiesta sulla strage di Cefalonia. I sette imputati sono stati prosciolti dal Tribunale di Dortmund nel 2006. Mi chiedo: quando la magistratura italiana aprir o concluder le indagini sulle stragi compiute dagli Alleati angloamericani in Sicilia, nel 1943 ? Qualche libro, tra cui uno mio, stato pubblicato sullargomento, il Corriere della Sera e Il Giornale hanno pubblicato qualcosa. Qualche nome delle persone coinvolte stato fatto, ma tutto tace. I morti siciliani continuano a non avere giustizia. Le mie ricerche sulle stragi in Sicilia e i crimini anglo-americani continuano con qualche interessante e recentissima scoperta Ne parleremo presto, se Dio vorr. Cordiali saluti.

----- Original Message ----From: Sent: Thursday, November 15, 2007 8:17 PM Subject: Fw: A quando l'apertura dell'inchiesta sulle stragi angloamericane in Sicilia, nel 1943 ? Caro XXXX, dovrei dire che la tua domanda ingenua. In un paese a sovranit limitata come l'Italia non si possono toccare i vincitori e pertanto non si pu inquisire

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sui loro crimini.La giustizia, infatti, forte con i deboli, che sono poi gli sconfitti, ma debole coi forti, che sono i vincitori. La magistratura italiana ha chiuso la vicenda Calipari con un difetto o carenza di giurisdizione.Basterebbe questo episodio a chiarire l'arcano.

Antonio Grego

Posted on 12/12/2007, 12:28

Comitato per FOGGIA CITTAMARTIRE E per la istituzione di un giorno del ricordo per tutte le vittime italiane dei bombardamenti anglo-americani nella seconda guerra mondiale

Nel corso del secondo conflitto europeo molte citt europee furono sconvolte dai bombardamenti a tappeto condotti dagli alleati, bombardamenti che provocarono oltre ad immani distruzioni, decine e decine di migliaia di vittime tra i civili. Pi noto tra tutti il bombardamento di Dresda in Germania, il 17 febbraio 1945, condotto con bombe al fosforo, ordigni tra i pi micidiali. Anche lItalia conobbe gli attacchi terroristici indiscriminati portati a termine dai famigerati liberatori. Tra le altre Milano, Genova, Napoli, Torino,

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Firenze, Parma, Roma, Treviso, Taranto, Cosenza, Novara, Foggia, Salerno, Crotone, Viterbo, Avellino, Lecce, Bari, Orte, Cagliari, Carbonia, Civitavecchia, Benevento. Frascati (rasa al suolo), Pescara soffrirono gli attacchi proditori anglo-americani con migliaia di morti ovunque. Solo gli inglesi sganciarono sulla penisola circa 2.740 tonnellate di bombe, gli americani oltre 200.000. Tra tutte le citt italiane, quella che in percentuale in relazione al numero degli abitanti, ebbe il massimo numero di vittime fu Foggia. Nel tremendo bombardamento del 22 luglio 1943 settantuno "Fortezze" americane, appartenenti al 97 ed al 99 Gruppo, colpirono tutta larea cittadina. Nella spaventosa incursione del 19 agosto 1943, centosessantadue "Fortezze" e settantuno "Liberators" sganciarono sulla citt 586 tonnellate di esplosivo. Tra il 28 maggio, data del primo attacco, e il 18 settembre 1943 si calcola che le vittime furono 20.241. Ai bombardamenti seguirono i mitragliamenti su tutta larea cittadina, diretti non sui militari ma su chiunque si trovasse a camminare per strada.

Per tali ragioni un gruppo di cittadini italiani di varia estrazione politica e sociale, studiosi della storia e della cultura della nostra Nazione, ha inteso costituire un Comitato per proclamare Foggia, alla quale gi stata assegnata la M.D'ORO al Valor Civile in data 22/11/59 e la M.D'ORO al Valor Militare in data 2/5/06, citt martire e contestualmente

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individuare una data per ricordare degnamente tutte le vittime dei bombardamenti alleati sulla penisola italiana.

Il Comitato promotore, presieduto da Alessandro Mezzano, costituito da

Adriano Rebecchi (Verbania), Rutilio Sermonti (Montecompatri), Nicola Cospito (Roma), Francesco Mancini, (Civita Castellana), Giuseppe Corallo (Milano), Simone Perticarini (Fermo), Celsio Ascenzi (Colli del Tronto), Cataldo La Neve (Brindisi), Benito Sarda (Enna), Gennaro Sorrentino (Pomezia),

ha gi inviato la lettera sotto riportata alle istituzioni dello Stato, a partire dal Presidente della Repubblica, ed aperto a tutti.

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Siamo un gruppo di cittadini di varia estrazione politica e sociale, studiosi della storia e della cultura della nostra Nazione e ci permettiamo di sottoporre alla Vostra cortese attenzione la presente istanza:

nella tragica estate del 1943 la citt di Foggia fu oggetto di una serie impressionante di pesanti e distruttivi bombardamenti da parte delle forze aeree alleate, bombardamenti che continuarono sino al 18 settembre 1943 e che, secondo dati ufficiosi dei quali potete accertare la veridicit, determinarono oltre 20.000 vittime civili;

poich si tratta del pi pesante contributo di sangue pagato da una popolazione civile e, in rapporto alla popolazione, di un vero e proprio martirio,

CHIEDIAMO

Che Foggia venga dichiarata CITTA MARTIRE e che, come stato fatto per altri significativi eventi della Seconda Guerra Mondiale, venga istituito il 20 ottobre, anniversario del bombardamento di Gorla (MI) in cui morirono oltre 200 bambini della scuola elementare

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Francesco Crispi, quale giorno del ricordo nel quale commemorare tutte le vittime civili dei bombardamenti anglo-americani condotti sulle citt italiane.

Certi dellattenzione che vorrete riservare alla presenta istanza, anche nellottica della pacificazione nazionale e del pari rispetto e ricordo di TUTTE le vittime civili, inviamo i nostri distinti saluti.

Per il Comitato Foggia citt Martire e per la istituzione del 20 ottobre quale giorno del ricordo di tutte le vittime civili dei bombardamenti anglo-americani

Coloro che vorranno aderire potranno inserire il loro nome in coda alla lista unitamente alla citt di residenza e al proprio indirizzo e-mail e dovranno rispedire il documento aggiornato all'indirizzo comitatoperfoggia@libero.it Per ulteriori informazioni telefonare al n. 339/3547515

Comitato promotore

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Alessandro Mezzano (Citt della Pieve PG) Adriano Rebecchi (Verbania), Rutilio Sermonti (Montecompatri- RM), Nicola Cospito (Roma), Francesco Mancini, (Civita Castellana VT), Giuseppe Corallo (Milano), Simone Perticarini (Fermo -AP), Celsio Ascenzi (Colli del Tronto -AP), Cataldo La Neve (Brindisi), Benito Sarda (Barrafranca - EN), Gennaro Sorrentino (Pomezia - RM)

Antonio Grego

Posted on 15/12/2007, 20:42

Pubblicato su Storia del Novecento N. 73, maggio 2007:

GONNOSFANADIGA, 17 FEBBRAIO 1943: IL GIORNO DEL MASSACRO

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Premessa

Nel corso delle ventinove incursioni aeree angloamericane su Cagliari, avvenute tra il 16 giugno 1940 ed il 2 luglio 1943, furono distrutti, o gravemente danneggiati, circa il 72% degli edifici monumentali, storici e religiosi, scuole, ospedali e abitazioni. Nei cinque bombardamenti pesanti del febbraio 1943, con obiettivi principali il centro cittadino, larea portuale, laeroporto di Elmas e la stazione ferroviaria, trovarono la morte circa 500 persone. Le bombe non risparmiarono neppure i piccoli centri abitati della provincia come Quartu SantElena, Monserrato, Decimomannu, Villacidro e Gonnosfanadiga.

Gonnosfanadiga

Piccolo centro della Sardegna sudoccidentale, situato ai piedi del massiccio del monte Linas, Gonnosfanadiga immersa in un ambiente naturale intatto ricco di corsi dacqua e sorgenti. Sul suo territorio documentata la presenza di monaci bizantini, provenienti dalla Grecia, a partire dal VI secolo dopo Cristo. A parte una certa attivit mineraria e metallurgica in epoca antica, un notevole sviluppo industriale si ebbe negli anni Trenta, grazie alla presenza strategica del maggiore giacimento italiano di minerali di molibdeno. Allepoca dei tragici fatti

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che ripercorreremo insieme, Gonnosfanadiga aveva una popolazione di circa 5.000 abitanti, dediti prevalentemente alla pastorizia e alle nuove attivit minerarie.

Celebrit stile Hollywood

Agli inizi del 1943, il comando della North African Air Force (N.A.A.F.) concep un piano per assestare un duro colpo agli aeroporti della Sardegna meridionale utilizzati dallaviazione italotedesca, ora operante anche dalle basi di Villacidro e Decimomannu. La N.A.A.F., posta agli ordini del Maggior Generale Carl Spaatz, era destinata alle operazioni aeree a largo raggio in tutto il settore del Mediterraneo. Lattacco, fissato per il 17 febbraio, sarebbe stato affidato agli aerei del 301st e del 97th Bomber Groups appartenenti agli squadroni da bombardamento della Strategical Air Force (S.A.F.), con basi in Algeria. Comandante la Strategical Air Force era il Brigadier Generale James Jimmy Doolittle, 47 anni, popolarissimo tra gli americani per aver guidato il primo bombardamento su Tokyo il 18 aprile 1942. Medaglia doro del Congresso, Doolittle era stato anche un famoso aviatore sportivo negli anni Venti e Trenta per aver conseguito diversi primati di velocit. Vicecomandante il 97th B.G. unaltra celebrit: il Tenente Colonnello Paul Tibbets, 27 anni, gi pilota personale di Eisenhower e di Mark Clark, che sar richiamato in patria nellaprile del 1943

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per essere inserito nel progetto Manhattan, quale pilota della Superfortezza Boeing B-29 battezzata Enola Gay (dal nome della madre dello stesso Tibbets) che sgancer su Hiroshima la prima bomba atomica. Per il bombardamento del 17 febbraio i vertici delle Forze Strategiche americane decisero che lattacco sarebbe stato effettuato facendo largo uso di bombe a frammentazione.

Le bombe a frammentazione

Chiamate dagli americani fragmentation bombs, dagli italiani spezzoni e dai tedeschi splitterbomben, le bombe di questo tipo erano usate contro obiettivi costituiti da aeroporti per colpirne gli aerei parcheggiati al suolo, oppure contro concentrazioni di mezzi (blindati o autocarri) oppure di uomini (colonne di truppe). Le bombe del tipo M41 pesavano 20 libbre ciascuna e, in Italia, erano anche conosciute come bombe a spillo. Si trattava di ordigni delle dimensioni di un tubo di stufa, larghi circa 10 cm e lunghi 40. Il corpo della bomba M41 era formato da una serie di anelli simili a tanti pneumatici affiancati luno allaltro. Costruite in ghisa acciaiosa, privi di governali, le M41 erano caricate con compound B, una potente mistura esplosiva di TNT e RDX. Internamente, per tutta la lunghezza, portavano un mollone in acciaio spesso un dito: quando lordigno esplodeva gli anelli ed il mollone

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si frantumavano in una miriade di schegge micidiali che schizzavano ovunque. Le bombe a spillo potevano anche essere sganciate in clusters (contenitori) da 130 ordigni ciascuno. Le M41, se utilizzate in funzione antiuomo, causavano il 100% delle perdite nel raggio di 35/40 metri ed il 60% in un raggio di 350 metri.

Il bombardamento Il 17 febbraio 1943, con obiettivo principale laeroporto di Elmas, dalla base di Saint Donat si alzarono in volo 23 Fortezze Boeing B-17, seguite da altre 20 Fortezze decollate dalla base di Chateaudun du Rhumel: la formazione poteva contare sulla scorta di 23 caccia pesanti P-38 Lightnings del 1st Fighter Group. La prima ondata di bombardieri trasportava un carico offensivo costituito da 3.296 spezzoni da 20 libbre ciascuno e da 12 bombe da 500 libbre (general purpose) dirompenti, caricate con esplosivo ad alto potenziale. La seconda ondata avrebbe sganciato altri 1.008 spezzoni da 20 libbre. Volando ad una quota media compresa tra i 22.000 ed i 23.000 piedi, giunti sul cielo di Cagliari nelle prime ore del pomeriggio, gli aerei americani furono improvvisamente avvolti da una coltre nuvolosa che occult quasi completamente gli obiettivi da colpire. Ostacolati dalle fitte nubi, soltanto 7 bombardieri, su 43, aprirono i vani bombe. Le zone pi colpite furono larea portuale di Cagliari (presso la base navale), alcune zone dellabitato di

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Monserrato e di Quartu SantElena, ma i danni pi gravi ci furono alle ore 15,00 quando i bombardieri americani sganciarono il loro carico di bombe a frammentazione su Gonnosfanadiga facendo strage tra i civili, uccidendo e ferendo gravemente in prevalenza donne e bambini. Nel breve spazio di qualche minuto, il paese fu sorvolato da una formazione di nove apparecchi nemici in direzione da Sud a Nord, su due diverse traiettorie corrispondenti a due strade principali, di cui una fu il rettifilo Porru Bonelli e l'altra fu la via Guglielmo Marconi in unione alla via Cagliari. In ambedue linee, molte case furono irrorate da una pioggia di spezzoni, che sfondarono tetti, fracassarono mobili e porte, seminarono una violentissima grandine di migliaia e migliaia di schegge metalliche che uccisero, abbattendole al suolo, molte persone e crivellarono, tutto attorno, gli intonaci dei muri, traforando lamine ferree di cancelli, di badili e di quanti altri oggetti si trovavano nelle case e nei cortili e nelle piazze adiacenti. Il rettifilo fu, in un attimo, sparso di cadaveri giacenti nel proprio sangue: corpi privi di testa, braccia e gambe staccate dai propri busti, persone sventrate, morte e morenti, e un gran numero di feriti, gravi e gravissimi. Lo stesso impressionante spettacolo si vedeva in tutti gli altri punti del paese e nelle case e nei cortili, dove i buoni cittadini erano stati sorpresi dalla improvvisa e fulminea comparsa degli aeroplani. Nella linea del rettifilo le prime bombe furono sganciate circa 20 metri a ovest delle Scuole Elementari, contigue alla Chiesa del Sacro Cuore, molti altri

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ordigni rimasero inesplosi. Convinti di aver colpito il campo di aviazione di Villacidro, i bombardieri americani proseguirono quindi verso la base di Decimomannu (obiettivo secondario della missione) dove riuscirono a distruggere alcuni aerei parcheggiati sulla pista di quellaeroporto. Alla fine di quella terribile incursione si contarono 118 morti (83 civili, 35 militari) e 330 feriti, nella maggior parte civili orrendamente mutilati dalle schegge delle bombe a frammentazione. Il bollettino di guerra n 999 del Comando Supremo delle Forze Armate Italiane, diffuso dalla Radio il 18 febbraio 1943, riport: Bombardieri americani hanno lanciato bombe dirompenti e incendiarie su Cagliari, Quartu Sant'Elena, Gonnosfanadiga, causando gravi danni ad abitazioni civili e vittime tra la popolazione. In proporzione al numero di abitanti, in nessun altro luogo dell'isola un solo bombardamento riusc a fare un cos elevato numero di vittime, tanto che, alcuni giorni dopo, il Principe di Savoia visit il paese per testimoniare il proprio cordoglio e quello del sovrano. E tanta fu la rabbia e lo stupore che ancora oggi molti si chiedono il perch di tanta furia gratuita contro un obiettivo civile e comunque di cos scarsa importanza militare. Le testimonianze dei sopravvissuti

Monsignor Severino Tommasi, nel 1943, era parroco di Gonnosfanadiga. Egli visse in prima persona il bombardamento, lo strazio del terribile eccidio, lo sconforto dei parenti rimasti miracolosamente vivi.

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Pi tardi riport nel diario il tragico pomeriggio del 17 febbraio 1943:

pochi interminabili minuti di un fragoroso ronzio di aerei che proveniva dall'alto, lontano, di frastuono di bombe seminatrici di morte poi il sangue, i lamenti dei feriti, la disperazione, la conta delle vittime, il pianto dei parenti, amici, vicini.

fu colpita la moglie del fu Antioco Putzolu dove furono uccise - ridotte in brandelli - le due figliole Putzolu Curreli Giovanna di anni 21 e Putzolu Curreli Annita di anni 18, assieme a Urracci Gina di anni 25 ed un bambino di anni 5 Sedda Ilario. Questi due ultimi provenivano da una casa contigua, dove si era festeggiato in quella mattina lo sposalizio d Saiu Antonio con Urraci Tomasina. Gli sposi erano partiti poco prima in viaggio di nozze; e Gina, sorella della Sposa, era venuta insieme con il piccolo Ilario a prendersi un momento di svago in casa delle Putzolu; ove trov la morte insieme con loro. Gli avanzi del bambino poterono essere raccolti dalla madre entro un tovagliolo, e, insieme con la testa e con una gamba rimaste intere, essere portati dal padre al Campo Santo.

Ad un altro nipotino Mallica Giovanni di anni 3 fu nettamente asportata la mano sinistra. Fu subito fasciato quasi senza

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che egli si rendesse conto dell'accaduto. Ma poi, un p sorpreso di essere senza mano e stringendo con la destra il moncherino dell'altro braccio, si present tutto calmo alla nonna e cos le disse: nonna, guarda che cosa mi hanno fatto quelli spari. Fu cercata la mano e per il momento non fu trovata. Ma, alla tarda sera, il gatto che l'aveva trovata, forse sui tetti, venne a deporla, quasi compreso di una somma riverenza e piet, presso i familiari del ferito.

Da L'UNIONE SARDA di venerd 26 aprile 2002: Gonnosfanadiga - Il comune rifiuta il bronzo in memoria della strage compiuta dagli aerei alleati. Offesi dalla medaglia di Ciampi. Il sindaco Porta: I morti sotto le bombe meritano loro. Il riconoscimento ci fa piacere. Ma la medaglia di bronzo un offesa per i morti e il paese. Il sindaco Franco Porta ringrazia il presidente Ciampi che, in occasione del 25 aprile ha destinato a Gonnosfanadiga una delle otto medaglie al merito civile in ricordo del violento bombardamento angloamericano che provoc 118 morti e 330 feriti (fra cui decine di mutilati), ma contesta il tipo di medaglia assegnata. Quando il prefetto afferma il sindaco - mi ha consegnato la medaglia di bronzo gli ho anticipato che il consiglio comunale chieder un supplemento dinchiesta. Per quanto accaduto il 17 febbraio del 1943 alla popolazione deve essere riconosciuta la medaglia d'oro. Gonnosfanadiga il

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paese, considerato il numero degli abitanti di allora, che ha avuto pi vittime tra i civili sostiene Mario Zurru, consigliere di minoranza. Da L'UNIONE SARDA del 10 maggio 2002: Unintervista a Marco Coni, autore insieme a Francesco Serra, del libro La Portaerei del Mediterraneo, Edizioni Della Torre, Cagliari 1982: Avvocato Coni, fu un errore umano o un eccidio voluto? Un errore. Erano due squadre aeree, una aveva come obbiettivo Decimomannu, l'altra l'aeroporto di Villacidro. Villacidro era coperto di nuvole e non l'hanno trovato. Questa gente aveva fretta di tornarsene a casa e quindi di mollare le bombe il pi presto possibile. Questo avveniva in tutti gli eserciti del mondo, in tutte le azioni di guerra. Dicono di aver colpito delle barracks, che in americano vuol dire caserme. Hanno visto qualche apprestamento militare, hanno mollato le bombe e se ne sono andati... possibile che qualcuno abbia tentato di nascondere questa vicenda? No, non cera nessuna ragione. In genere gli americani quando fanno di questi errori lo dicono. C una favoletta che veleggia su questa faccenda. Si dice che un giovane di Gonnosfanadiga, emigrato negli Stati Uniti e arruolato nelle forze aeree, si sarebbe voluto vendicare per alcuni torti fatti a lui e alla sua famiglia. Ma appunto una favola.

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Va detto che soltanto dal settembre 1943, una certa percentuale di B-17 cominci ad essere dotata del radar per gli attacchi notturni H2S e dello strumento di radionavigazione OBOE, entrambi di concezione britannica, che consentivano di leggere il terreno e, quindi, lobiettivo sottostante in caso di nebbia, nuvole o oscurit. Pertanto si potrebbe realmente ipotizzare un errore da parte dei piloti americani, tuttavia i dubbi rimangono poich il bombardamento avvenne in pieno giorno. Nel caso di Gonnosfanadiga, una volta diradatesi le nuvole in un pomeriggio di sole, i puntatori dei bombardieri come poterono non notare la differenza che corre tra un centro abitato di campagna ed un aeroporto con annesse delle caserme ed altre installazioni militari? Probabilmente, almeno in questa occasione, gli aviatori americani non si posero troppe domande sul da farsi dato che, per loro, l sotto cerano soltanto dei fucked maccaroni Un atteggiamento razzista molto diffuso a quel tempo, anche a livello inconscio, soprattutto tra i bianchi anglosassoni protestanti che nutrivano un profondo disprezzo nei confronti degli italiani considerati dei dagoes (reietti) o, nella migliore delle ipotesi, dei woops (guappi). Un disprezzo che, tra la fine dellOttocento e gli anni Venti, era degenerato in un violento odio etnico contro la comunit italiana dAmerica che, dopo quella di origine africana, fu la pi linciata e perseguitata tra quelle residenti negli Stati Uniti.

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Le Testimonianze proseguono con quella del Generale Bruno Scotti, al tempo di stanza a Gonnosfanadiga. Il Generale Scotti invi questa lettera al sindaco di Gonnosfanadiga:

Finalmente, dopo tanto tempo, sento parlare del bombardamento di Gonnosfanadiga. Io c'ero ed ancora non ho digerito tutta la rabbia e il dolore accumulato in quel giorno. Ero accantonato, con la mia batteria, in una casermetta funzionale alle porte del paese. Davanti alla casermetta erano schierati, senza mimetizzazione, cavalli, cannoni e trattori. Quel giorno, bassi, abbiamo sentito passare su di noi gli aerei: non ci hanno considerato. Abbiamo sentito gli scoppi in paese. Non so descrivere la scena: abbiamo allineato lungo il marciapiede i corpicini straziati di tanti bambini. Mi veniva da urlare: perch non ve la siete presa con noi soldati? Invece dei bambini che uscivano dall'asilo: erano vostri nemici? Eppure proprio i bambini erano le vittime destinate. So di affermare una cosa grave. Non sono pi stato da allora a Gonnosfanadiga, ma sono sicuro che ancora oggi un osservatore che passa per la via principale ed osserva i marciapiedi vede sul lato verticale dei massi i segni dell'offesa nemica. Questo perch gli aerei lanciavano delle granate dotate di una spoletta di prossimit che le faceva scoppiare in vicinanza del suolo e proiettare verso il basso frammenti di un grosso mollone d'acciaio contenuto nella

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granata, come abbiamo constatato smontando alcune granate rimaste inesplose. Erano delle granate fatte a posta per ammazzare i bambini e, forse, ferire le parti basse degli adulti. Ma cosa avevano fatto, contro gli americani o gli inglesi, i bambini di Gonnosfanadiga?

Trascrizione della lettera che Raffaele Melis scrisse alcuni anni fa, a LUNIONE SARDA:

..Era il primo pomeriggio del 17 febbraio 1943; un bel pomeriggio di sole. A Gonnosfanadiga gli uomini anziani, come di consueto, si ritrovavano a piazza del mercato a commentare gli ultimi avvenimenti di guerra; qualche fortunato possessore di radio riferiva le notizie dell'ultimo comunicato, qualcun altro sommessamente aggiornava il doloroso elenco dei giovani del paese morti in guerra o di coloro dei quali non si avevano pi notizie da molto tempo. Le donne erano intente ai soliti quotidiani lavori. I ragazzi, per strada o nei cortili, continuavano a giocare al salto della fune, a far girare la trottola, a dar calci e a rincorrere una palla fatta di stracci. Mancava poco alle 14, quando un brusio sordo e pesante attir l'attenzione di tutti che si volsero a guardare il cielo verso sud, dal lato della montagna. Passarono alcuni minuti prima che il brusio diventasse un rumore di aerei sempre pi distinto e, all'improvviso, sbucarono da dietro le colline i primi tre aerei; subito

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dopo altri tre e altri ancora. In un istante furono sopra l'abitato. Un attimo, e subito furono scoppi secchi seguiti da uneco sinistra. Si sollev un gran polverone, i pali elettrici per terra; i fili aggrovigliati, un odore di intonaco vecchio e di polvere da sparo. Per tutto il paese fu un intrecciarsi di grida, pianti e un disperato chiamare nomi Antonio, Franco, Maria, Salvatore, mamma..., correre alla ricerca del figlio, chiamarlo a gran voce, piangendo, mordendosi le labbra, con il cuore in tumulto; vedere la gente attorno stordita, incredula e lasciarsi andare ad un pianto a dirotto stringendo finalmente a s l'esile corpo di un bambino. La polvere si sollev nella parte del paese colpita dalle bombe. Nella piazza del mercato il lancio della bomba fu di tragica precisione: scoppi proprio dove c'era l'assembramento pi folto. Passarono interminabili momenti prima che qualcuno dei tanti scaraventati a terra dalle deflagrazioni potesse dare segni di vita. Dopo i primi attimi di paura e di smarrimento, la gente delle case vicine, risparmiate dalle bombe, accorse sul luogo della strage. Tra i rami degli alberi caduti, le macerie e il fumo, furono apprestati i primi soccorsi: comparvero lenzuoli e vennero fatti a strisce per apprestare improvvisate medicazioni. Un'anziana donna raccolta dalla strada venne adagiata sopra una coperta, dentro il tabacchino. Il dottor Marongiu, farmacista del paese, caduto vicino al muro, era gi morto; tanti si lamentavano e altri restavano immobili. Un rincorrersi di voci, di pianti, di racconti strazianti: in via Cagliari, vicino al fiume, una bomba era esplosa in un crocicchio dove c'erano

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tanti ragazzi e una mamma aveva appena fatto in tempo a vedere l'unica figlia spirare tra le braccia di una vicina, mentre l'altro suo bambino con la mano sinistra teneva il braccio destro maciullato, grondante di sangue, si lamentava penosamente e girava attorno alla sorella morta. A due passi da l, proprio sul greto del fiume, una bomba aveva seminato morte tra le donne che facevano il bucato. Nel panificio del signor Casti le schegge di una bomba avevano ferito alcuni bambini e una grossa ragazza si era accasciata vicino aduna vasca da bucato, colpita a morte. In una casa erano stati falciati i due bambini di una signora sfollata da Cagliari. Arrivarono i camions del vicino distaccamento militare; cominci la pietosa opera di raccolta dei morti e dei feriti. Il vecchio dott. Cabitza e il medico militare dott. Dore, tra i feriti che si lamentavano e il pianto dei parenti, per tutta quella sera e fino a notte inoltrata si prodigarono per curare, consolare e amputare arti, e tanti gonnesi, ancora oggi, nella loro persona portano i segni della violenza di quel giorno. Alla sera cal un freddo pungente: ci si raccolse in silenzio a casa propria o nelle case dei parenti e degli amici colpiti. Alla luce del fuoco dei camini e dei molti lumini per le anime dei defunti allineati sul tavolo della cucina, si parlava sottovoce: Sembra che i morti siano pi di cento, il numero giusto non lo si s. E i feriti... quelli non si contano E intanto continuava triste e interminabile il rintocco delle campane a morto.

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I piccoli martiri di Gonnosfanadiga, uccisi e mutilati a colpi di spezzone, non furono le uniche vittime innocenti del 301st Bomber Group. Altri bambini furono eliminati allo stesso modo a Cagliari in un giorno di festa, altri ancora assassinati alle giostre di Grosseto il Luned di Pasqua del 1943. Crimini negati come il massacro del collegio San Pietro di Sesto Fiorentino dell8 febbraio 1944 e la strage degli innocenti della scuola di Gorla del 10 ottobre 1944: crimini orrendi ed impuniti, per i quali gli assassini non hanno mai neppure chiesto scusa. Per quei bambini e per tutte le vittime innocenti, dimenticate dalla storia scritta dai vincitori, deve levarsi la nostra preghiera di cristiani ed il nostro commosso ricordo di italiani.

Antonio Grego

Posted on 26/12/2007, 12:54

Una pagina di storia che non troverete sui testi ufficiali

Stati Uniti e Inghilterra sono l'Impero del Bene, lo sappiamo. Loro non fanno le guerre per contendere ad altri e conquistare nuovi mercati o posizioni strategiche favorevoli, ma solo per diffondere nell'universo mondo libert e democrazia. Ogni tanto magari ci scappa... il morto; ma la mira possiamo sbagliarla tutti.

In questa pagina vorrei accennare alle

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distruzioni, massicce e devastanti, che inglesi e americani hanno portato qui in casa nostra nell'ultima guerra mondiale. E' vero che quell'infausta guerra l'avevamo dichiarata noi; ma loro, l'impegno, ce l'hanno messo tutto. Le tonnellate di bombe sulle citt italiane e tedesche si sprecano. Nel 1940 cominciarono gli inglesi. Naturalmente lo fecero perch clti di sorpresa dalla barbarie germanica e come reazione ai violenti bombardamenti della Luftwaffe sulle citt britanniche. Ebbene, sembra proprio di no. E' lo storico inglese Peter H. Nicoll (v.riferimento esterno) che gi dopo la fine della guerra affermava: "Il primo bombardamento aereo notturno stato fatto dagli inglesi nel maggio 1940 sull'antica citt universitaria tedesca di Friburgo, con nessun obiettivo militare." Cos, tanto per gradire. "Ed importante ricordare - continua lo storico inglese che mentre furono distrutte o gravemente danneggiate citt d'arte, in particolare tedesche ed italiane, n Oxford, n Cambridge e neppure Edimburgo furono mai attaccate".

E veniamo all'Italia. Le incursioni aeree sulle nostre citt furono compiute soprattutto dopo l'8 settembre 1943 e cio quando l'Italia aveva gi chiesto l'armistizio ed era virtualmente "alleata" degli angloamericani. Ma i primi attacchi furono opera della R.A.F. (Royal Air Force britannica) con base nell'isola di Malta, seguiti da quelli

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dell'U.S. Air Force su Napoli e altre citt meridionali. Il 4 agosto del '43 Napoli fu bombardata dall'aviazione americana da altissima quota, quindi alla cieca. La citt sub in totale 43 ore di bombardamenti, con 20.000 morti; furono rasi al suolo ospedali, chiese, orfanotrofi, abitazioni civili. "Si raccont che, in quel periodo, bombardare Napoli e altre citt italiane, era diventato per i piloti americani una specie di sport, molto eccitante. Al punto che le gentili signore di quei piloti accompagnavano in volo i mariti, per provare cos il brivido dell'atroce diversivo." (Giuseppe Campolieti, Breve storia della citt di Napoli, Mondadori Editore, 2004). Una "leggenda di guerra"? Chiss... Cosa potevano capirne, gli Americani, del terrore di un bombardamento aereo sulle loro citt o di rimanere sepolti vivi in un rifugio antiaereo, dal momento che i loro morti civili sul suolo patrio nella Seconda guerra mondiale ammontano all'impressionante numero di... zero...? (cifra tratta da "Memoria per la storia e per la pace - Mai pi guerra", a cura di Tullio Ferrari, Vol. III, Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, Sez. di Modena, 1986). Poi, nella cosiddetta "offensiva d'autunno" passarono a quello che era il nostro triangolo industriale: un pesantissimo attacco nell' agosto '43 su Milano, e altri su Torino e Genova. Quest'ultima, nei due mesi autunnali, fu bombardata sei volte con 1250 case distrutte; Torino 7 volte, con la distruzione di 142 ettari di superficie edificata (70 fabbriche, 24 edifici pubblici, e 1950 abitazioni civili);

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nella notte del 9 dicembre, su questa citt gli inglesi scaricarono 147 tonnellate di bombe dirompenti e 256 tonnellate di spezzoni incendiari, sganciati da 1811 aerei. Queste incursioni erano solo un "assaggio" di quello che sarebbe avvenuto nei mesi successivi. Il 13 agosto anche Roma, appena dichiarata "citt aperta" (cio citt sguarnita di difese e obiettivi militari, e dichiarata tale per i buoni uffici del Vaticano presso i governi americano e britannico), fu violata da circa 500 tonnellate di bombe americane che provocarono pi di 2.000 morti e la distruzione di caseggiati civili. Le notti del 13 e 17 agosto su Torino caddero altre 244 e 248 tonnellate di bombe. Ma l'attacco aereo pi feroce fu quello scatenato su Milano nella notte fra il 12 e il 13 agosto: 504 aerei da bombardamento inglesi rovesciarono sulla citt 1.252 tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. Due giorni dopo, nella notte del 15 agosto, 140 bombardieri inglesi scaricarono altre 415 tonnellate di esplosivi. E ancora, nella notte del 16 agosto 199 bombardieri riversarono altre 601 tonnellate di ordigni mortali. In quattro giorni Milano fu colpita da 2.268 tonnellate di bombe sganciate da 843 aerei britannici. Il bilancio finale fu desolante: 239 industrie colpite, distrutte o gravemente danneggiate, 11.700 edifici civili e pubblici abbattuti, pi di 15.000 quelli danneggiati, le centrali elettriche irreparabilmente bloccate, la rete di trasporti e di comunicazioni quasi totalmente inservibile, migliaia di morti. Negli ultimi

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tre mesi del 1943 i bombardamenti anglo -americani a Milano provocarono 6.500 morti e circa 11.000 feriti, distruggendo e danneggiando migliaia di edifici. Solo nel 1944 gli anglo-americani effettuarono sull'Italia centrosettentrionale, 4.541 incursioni, uccidendo 22.000 civili e ferendone oltre 36.000. Una vera e propria "escalation" di bombardamenti che non risparmiarono nessuna citt (due soli esempi: Firenze, 7 massicci bombardamenti; Treviso, violentemente colpita il giorno del Venerd Santo), con una frequenza quasi quotidiana. Si potrebbe continuare. . Citazione a memoria di una frase dell'americano gen. Dwight Eisenhower, tratta da un discorso rivolto alle sue truppe, di cui ai tempi era comandante in capo ( fonte: commento audio di una trasmissione televisiva di carattere storico, RAI o Mediaset, probabilmente del 2004 ): "Stiamo per invadere e conquistare, col ferro e col fuoco, un Paese [l'Italia] ricco di opere d'arte. Ma voi non fatevi scrupoli e portate a casa la pelle: nessuna opera d'arte pu valere quanto la vita di un soldato americano".

Confronta con il rifiuto di George W. Bush a sottoscrivere il Protocollo di Kyoto contro l'emissione nell'atmosfera di gas nocivi: "Il benessere del popolo americano non pu essere messo in

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discussione".

Nella Milano del dopoguerra, una collinetta artificiale denominata Monte Stella stata costruita con oltre un milione di quintali di macerie, recuperate da tutti i settori della citt rasi al suolo dai bombardamenti anglo-americani: fra queste macerie una buona parte quella di edifici scolastici: due istituti superiori, sei scuole elementari e cinque materne completamente distrutti, oltre ad altre provenienti da centoventicinque scuole della provincia. Fra le scuole elementari distrutte, ce n' una di cui nessuno, specialmente fra i giovani, ne sa qualcosa: la scuola elementare di Gorla, che la mattina del 20 ottobre 1944 era piena di bambini dai sei agli undici anni, con le loro maestre. Fu completamente distrutta da un' apocalisse di bombe sganciate da quadrimotori americani B24 e B27. Nella zona circostante la scuola si contarono 635 vittime; nella scuola trovarono la morte centonovantaquattro bambini, la loro direttrice, quattordici maestre, un'assistente sanitaria e quattro bidelli. Ogni anno, nella ricorrenza, c' un piccolo numero di vecchi - col tempo sempre pi esiguo - che li ricorda mettendo un fiore sul monumento eretto in loro ricordo (e che dopo la guerra - come asserito recentemente da un conduttore radiofonico di una nota radio privata del Nord, dicembre 2004 - il Consolato americano a Milano voleva fosse abbattuto). Ma quei piccoli morti non

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fanno storia, perch sono scomodi: dicono che sono stati uccisi dai liberatori americani e non dalla feroce barbarie nazi -fascista, buona per tutte le stagioni. E ci, in questa Italia sempre pronta a osannare i padroni di turno, deplorevole ed meglio che non si dica... Ogni anno, in questa Italia, celebriamo con grande enfasi, grande partecipazione delle alte cariche dello Stato e grande risonanza mediatica, il Giorno della Memoria, a ricordo dello sterminio perpetrato dai nazisti sugli ebrei. Ma dei nostri morti sotto le bombe inglesi e americane meglio non parlare.

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