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N.B. Alla fine di ciascun articolo, il collegamento per viusualizzare una serie di
immagini e panorami.
Il Re dei sassi
La piana dove sorge Spilimbergo, immediatamente prima delle colline è racchiusa
dagli alvei del fiume Tagliamento e del torrente Meduna. E' la zona dei "magredi"
(prato magro), quella costituita da residui alluvionali derivanti dal trasporto a valle di
conoidi e detriti alluvionali dopo l'ultima glaciazione. La permeabilità del suolo di
risulta fa sì che le acque divengano sotterraneee riemergano nella zona di Pordenone,
formando le cosiddette "risorgive". L'aspetto di questa conformazione si presenta
arido, sassoso con un fascino quasi da "deserto". Ed infatti, nonostante la piovosità
dell'area, la permeabilità del suolo lascia filtrare l'acqua senza riuscire neppure ad
inumidire la superficie.
Così era il panorama di una immensa zona compresa tra Spilimbergo, Sequals din
quasi a Maniago fino al torrente Cellina e così lo rammento quando da ragazzo venivo
fin qui. In particolare una immensa proprietà estesa per chilometri proprio tra
Spilimbergo e Sequals apparteneva non ricordo più a chi, e questi, gran proprietario
ma povero in canna, per dileggio, veniva chiamato "il re dei claps", il re dei sassi.
Acqua neppure a parlarne: sotterranea e difficile da raggiungere, sassi a miliardi,
vegetazione di poche varietà di piante e fiori capaci di sopravvivere in ambienti ostili,
fauna tipica delle zone sassose con abbondanza di "madracs" le comuni bisce,
qualche vipera ed insetti vari. Insomma, impossibile da utilizzare come terreno
agricolo.
Fino al 1960! La famiglia di Lisio Plozner originario della Carnia che acquistò la
proprietà e, con impegno e dedizione pari a fede, passione per innovazione tecnica,
disposizione al rischio e sacrifici economici durissimi, cominciò a trasformare la zona
fino a renderla il paradiso enologico che è oggi. Quei medesimi 9 chilometri da
Spilimbergo a Sequals compiuti in bicicletta o a piedi, percorsi oggi, rigorosamente in
bicicletta, attraversano i viali di un giardino orlati da vigneti rigogliosi, frutteti che ad
ogni stagione presentano un fascino diverso e sempre nuovo. Un aspetto che mi piace
sottolineare è che, a partire dai Plozner, i vignaioli di queste zone privilegiano i vitigni
autoctoni e, modernizzate, le tecniche di vinificazione tradizionale. Come tipico dei
friulani. Non faccio pubblicità esprimo solo ammirazione per la tenacia di Plozner e di
tantissimi altri uomini. E se volete averne motivazione, guardate le foto sopra e
questa che è "dopo la cura":
4 Gennaio 2008
Il Pignarul
E' la festa che si celebra a partire dalla sera del 5 gennaio e continua il 6 Gennaio,
giorno dell'Epifania. E' una antica tradizione,si pensa, celtica, contaminata da riti
cristiani delle origini. Questo rito-festa, presente nelle più antiche tradizioni friulane,
fu oggetto di recupero a Tarcento oltre 70 anni fa e riaccese la memoria storica un pò
in tutto il Friuli, sicchè la festa si celebra in ogni comune ed ogni borgo, assumendo un
nome diverso. Qui nello spilimberghese si chiama la "viva". I "pignarulars" (vivars)
sono gli iuomini addetti alla costituzione di gigantesche cataste di legna di forma
conica, a cui si appicca il fuoco al tramonto del 5 gennaio. A tarcento, stupendo
comune delle prealpi udinesi, la festa è quella emblematica, quella che fa"scuola".
Preparate le cataste di legna, i giovani si recavano alla chiesa dinanzi alla quale
ardeva un braciere dal quale veniva prelevato il fuoco benedetto ed accompagnavano
il più vecchio del borgo ad accendere il falò. dopo di che, tutti, uomini, donne, bambini
intorno al gran fuoco a cantare e libare assai copiosamente.
Oggi, un pò variata, la cerimonia prevede che io giorno 6 venga accolto il "vecchio
venerando" (il più anziano del borgo) designato ad accendere il grandissimo pignarul
al centro del paese. Dopo di che il vecchio diventa narratore e ricorda ai bambini tutti
presenti, la vicenda dell'investitura del nobile Artico di Castel Porpetto a feudatario da
parte del patriarca di Aquileia avvenuta nel 1290. Dopo la narrazione, si forma un
corteo che dal centro di Tarcento si inerpica sino ai ruderi del castello di Frangipane,
dove è stato predisposto un altro ancor più grande pignarul cui viene dato fuoco. Ed
intorno a questo fuoco, il vecchio pronuncia frasi propiziatorie e beneauguranti
festosamente accolte dai presenti che ancora una volta intonano canti favoriti ed
allietati da robuste sorsate di buon vino.
Il rito è stato arricchito da altre manifestazioni anche in costume, ma è orpello rispetto
al pignarul. Più modestamente il rito con funzioni divinatorie e propiziatorie si svolge
ovunque, sicchè, nelle notti non piovose e non nebbiose, si vede la pianura e la cinta
dei monti costellate da fuochi e da ogni parte giungono e si fondono echi lontani di
canti e ballate.
Quest'anno ha piovuto molto, pioviggina e si è alzata una nebbia piuttosto fitta, sicchè
ai pignarulars non rimarrà che cantare e bagnarsi l'ugola ma senza la gioia del
pignarul. Immagino saranno contenti lo stesso.Precisione vorrebbe che elencassi
anche tantissimi altri significati che studi, presunti studi e ricerche serie e meno
hanno inteso attribuire al rito. Me ne astengo perchè in molti casi si tratta di palesi
masturbazioni mentali.
5 Gennaio 2008
A Cormons
Ieri gita in bicicletta a Cormons , provincia di Gorizia. La distanza, tanto per far capire lo stato delle
mie gambe,è di km 58 più 58 km per il ritorno. Percorso movimentato solo da falsopiani, per
fortuna, che attraversa il Friuli da ovest verso est fin quasi al confine con la Slovenia che poco dista
da Cormons. L'antichità della cittadina è testimoniata dall'origine del none che era di persona o
popolo, i Galli Carmones o Carmonenses ma anche dalle tracce e dai ruderi che raccontano di una
storia travagliata dall'essere stata confine per l'impero romano, da continue invasioni successive
alla caduta dell'impero, alle lotte tra gli austriaci ed i patriarchi di Aquileia, tra i veneziani e gli
austriaci fino al passaggio all'Italia alla fine della Grande Guerra. Il territorio di Cormons
comprende i ghiaioni dei 4 fiumi, Isonzo, Torre, Judrio, e Natisone e le alture del Collio in un
contesto il cui microclima, associato alla qualità dei terreni, ne fanno un luogo ideale per la
viticoltura ed una terra vocata ai grandi vini. Numerose sono le vestigia, le chiese arricchite da
affreschi, altari e dipinti di preziosa fattura cosa che è comune a molte cittadine italiane. E di
friulanissimo, c'è l'atmosfera rilassata, la cortesia, un ordine apprezzabile ma non ottusamente
teutonico. Ho inserito una serie di foto per dare un'idea. Quello che mi piace raccontare riguarda "il
vino della pace" prodotto dalla Cantina Produttori di Cormons. Qualcuno, nel 1983, appassionato di
vino e convinto dell'affratellamento che la degustazione del vino genera, ebbe l'idea di "costruite"
un vino con vitigni provenienti da tutto il mondo. L'opera è qualitativamente compiuta da tempo
sicchè oggi, intorno alla sede dalla Cantina, si estende un immenso vigneto dove sono stati messi a
dimora 450 vitigni diversi. Il vino che ne deriva, Il Vino della Pace, è un bianco del colore del
girasole, speziato, dal sapore fruttato lievemente aromatico dal sentore asciutto e piuttosto
strutturato. E'conosciuto nel mondo questo vino che nel tempo ha costituito occasione per creare
eventi. Tanto per citarne uno, ogni anno l'etichetta viene creata da un artista diverso e hanno offerto
il loro impegno tanti artisti da Manzù a Yoko Ono, da Sassu a Vedova, da Rotella a Rauschenberg e
in ogni etichetta sono iscritti brevissimi appropriati versi i cui autori sono nomi notissimi quale
Biagi, Alda Merini, Sanguineti, Mario Rigoni Stern. E non bastando,la Cantina ha creato il premio
Acino d'oro attribuito a chi meglio ha operato per la diffusione del made in Italy. Nel corso della
medesima manifestazione, viene presentato il vino di quell'annata e, a sancire lo spirito di
fratellanza, alla manifestazione prendono parte i ragazzi del Collegio del Mondo Unito di Duino
vestiti di abiti tradizionali provenienti da circa 50 paesi del mondo. E in ultimo, lungo la via
intitolata al vino della Pace è stato stabilito il primato da Guinness del brindisi alla pace più
numeroso del mondo: 3492 persone.
Cormons SlideShow
9 Marzo 2008
I Castellieri
Molto vivo è il Friuli, non smetto di fare "scoperte" o che a me paiono tali. Mi riferisco
al fiorire di studi archeologici che, a cura dell'ateneo di Udine, ha rinfocolato le attività
di studio a seguiro di ritrovamento di reperti umani nell'area del Castelliere di
Sedegliano. Intanto, Castelliere è una sorta di borgo fortificato, generalmente sito su
alture, quindi in posizione strategica. La peculiarità dei cacellieri sta nel fatto che sono
risalenti all'età del bronzo ed all'età del ferro e furono introdotti in Italia dall'Europa
Centrale, ipotesi suffragata dalla techiche di costruzione adottate lì ma anche in Italia.
Castellieri sono stati rivenuti in varie zone d'Italia ma in numero consistente in Friuli
con l'aggiunta che nelle zone dell'Istria e del Carso, i castellieri erano di forma
circolare per meglio adattarsi al territorio impervio. In difformità dal criterio, i
castellieri costellano anche le pianure della regione caratterizzati da forma
quadrangolare con ingressi aperti ai vertici e coincidenti con i punti cardinali. Non è
certo a quale popolazione attribuire i castellieri:terra di confine il Friuli vide l'ingresso
di Histri, Veneti, Carsi ed altre popolazioni che, chiunque fossero, divenute stanziali
eressero questiborghi fortificati. Ce ne sono parecchi, alcunidivenuti invisibili
perl'opera del tempo e documentati solo da reperimenti archeologici. Il Castelliere di
Sedegliano ha dato nuovo impulso perchè i ritrovamenti umani, datati al 1700 avanti
Cristo, vanno a modificare pesantemente la storia degli
insediamenti umani della regione cosa che ha provocato grande
fermento nell'ambiente accademico e non solo. Ed innovativo
appare,per l'epoca di costruzione, che i castellieri di pianura fossero
difesi da "aggeri" (rialzi) di terreno rinforzati da legno anzi, in alcuni
casi, è stato documentato l'utilizzo di immense casseforme di legno
riempite di terra e sassi. Notevoli e molto grandi i Castellieri di
Muggia (Trieste), e di Prosecco (nome beneaugurante e gustoso) nei pressi di
Monfalcone, importantissimo quello di Sedegliano che con quelli di Bonzicco,
Savalons, Galeriano, Codroipo (Castelliere di Rividischia e Castelliere di Gradiscje sul
torrenteCorno) nella piana udinese e di Palse di Porcia nei pressi di Pordenone,
formano un itinerario interessante e documentato nella protostoria. E, come
tipicamente friulano, notevole è lo sforzo di valorizzare questa risorsa archeologica
come sta facendo il Museo archeologico del Friuli Occidentale avviando la
ricostruzione del castelliere di Palse di Porcia. Ed il C.A.I.di Spilimbergo, ha organizzato
una bella gita ai castellieri (che purtroppo mi son perso). Comunque alcune foto e
disegni, mi auguro abbiano aiutato ad aver contezza.
30 Aprile 2008
I claps
Sassi. I "claps" sono sassi e designano una "civiltà" antica, la "civiltà dai claps" che si
è sviluppata in circa 4000 anni nella pianura friulana tra il Tagliamento ed il torrente
Corno. E' l'area che si stende dalle vicinanze ad ovest di Udine verso nord-ovest in
direzione di Spilimbergo e comprende diversi piccoli centri quali Sedegliano, appunto,
Mereto, Flaibano, Dignano, Turrida e Coderno. Paesi nei quali, in apparenza non c'era
nulla come nulla c'era nelle aree intermedie se non immensi campi di mais la cui
monotonia la si può interrompere solo volgendo lo sguardo verso est o nord dove si
ergono le le colline, prealpi e le vette delle Alpi Carniche e delle Alpi Giulie. Ricerche,
talora casuali e studi hanno contribuito ad identificare forti comunanze territoriali al di
là della morfologia del suolo, costituite appunto dai sassi, materia prima base per le
costruzioni, i Castellieri, i "valli" di pianura e le tantissime chiesette ed i mausolei
funebri, le "tumbare". Terra di passaggio di tutte le invasioni barbariche provenienti da
Nord e da Est, aveva maturato nei friulani la necessità di opere di difesa sia pure
rudimentali ma aveva anche suscitato l'esigenza di difesa spirituale. Da questo punto
di vista questa è la terra che ha dato i natali a Padre Turoldo, alla Beata Concetta
Bertoli al poeta Cescutti, soprannominato Argeo ed elevato a dignità artistica da
Pasolini. Ma tante sono le chiesette e le edicole sparse tra i campi e tra le acque di
fiumi e canali. Ed è l'acqua, origine anche dei "claps" la madre del territorio. Antichi
mulini, antiche fabbriche, un'antichissima fornace romana a Turrida (non ancora del
tutto studiata). Ma oltre al lavoro, alla spiritualità la prosaica necessità di difesa delle
popolazioni, oltre ai Castellieri originò i "Valli"terrapieni artificiali alti fin oltre 4 metri
circondato da fossati concentrici. Sono scoperte recenti che, come altrove cennavo,
stanno mettendo in discussione ipotesi oramai acquisite circa la geografia umana del
nord Italia.
La brevità incombe. Di fatto partendo da Spilimbergo è un percorso ciclabile ameno,
di pianure e di lievi saliscendi in prossimità dei fiumi, dei torrenti e dei canali che
disegnano una fitta ragnatela che racchiude terre verdissime, campi in fiore e vigneti
che paiono giardini ed intorno colline e monti verdeggianti anch'essi a disegnare una
cortina di fascino infinito. Sono bellissimi i monti e le valli di questa terra.
Il percorso nel verde e nella storia è di circa 29 km modificabile ad libitum per
riservarsi il piacere di visitare insediamenti, antiche case, borghi antichi e minuscole
pievi disseminate in abbondanza nel territorio. Molta gente in bicicletta. Siamo in
Friuli, quindi non mi ha tanto meravigliato incrociare un tandem di due distinti signori
che trainavano un carrellino sul quale era stivata una mastodontica cesta da pic-nic
ed una damigiana da 25 litri di vino: merlot, ma di quello buono! mi hanno specificato.
Per evitare eccessivi ondeggiamenti sulla bici ho fatto a meno di assaggi fidandomi,
un pò a malincuore, della loro parola. Non intendendo soffrire troppo, affamatissimo
dai circa 65 kmm percorsi, avendo resistito coraggiosamente al richiamo di osterie e
frasche dalle invitanti insegne, mi son concesso una serata friulan-principesca con
regolamentari imperiali brindisi presso il ristorante dell'Hotel Belvedere nei pressi di
Spilimbergo. Non lo si immaginerebbe: oltre ad un ambiente stupendo con fogolar
centrale annesso, il bravissimo cuoco è una miniera di invenzioni che hanno per base
reinterpretazioni della cucina del territorio realizzata esclusivamente con prodotti del
territorio. Da solo varrebbe un viaggio Volendo Hotel Belvedere )
Volendo approfondire la civiltà dei "claps", Alla Scoperta della civiltà dei Claps
Il percorso è agevole fino all'imbocco della ValCellina nei pressi di Maniago, poi la
strada prende a salire con apparente levità ma in maniera decisa e tale che le gambe
non troppo allenate risentono dello sforzo. La strada è stata rifatta rispetto al tracciato
originario, gallerie comprese per sostituire la strettissima via scavata nella roccia che
correva lungo il lato est della valle, un orrido strettissimo sormontato da pareti
rocciose assai alte. La strada era chiamata di Sant'Antonio ed era in realtà un
sentiero, sostituito da una strada carrabile solo negli anni 30 quando fu costruita la
diga. Nella slide alcune foto recuperate della vecchia strada. E' un canyon, profondo e
dalle pareti calcaree perfettamente verticali che l'acqua ha scavato nei millenni
rendendolo una meraviglia della natura e tutelato, essendo questa zona Riserva
naturale gestita dal Parco Dolomiti Friulane. Il percorso si snoda molto accanto al
torrente le cui acque sono incredibilmente cristalline e gelide come si può avvertire
accedendo ad una delle tante spiaggette ghiaiose che lo costeggiano. E' un corso
d'acqua le cui rive tanti usano come spiaggia ed in alcune pozze si può fare il bagno:
se si sopravvive alla temperatura gelida dell'acqua, se ne esce davvero ristorati. Il
panorama è chiuso dalle pareti rocciose della forra, ma proseguendo verso Barcis,
l'orizzonte comincia ad aprirsi regalando alla vista alti monti e boschi e prati
incontaminati dai colori stupendi. E mi son venute in mente alcune parole di Mauro
Corona (non so chi lo conosca ma ne racconterò): "in primavera siamo nuovi, siamo
deboli. Giova allora sedersi in una radura, luogo magico delle selve, dove il tempo si
ferma sospeso: sedersi ed aspettare". Non vedevo l'ora di realizzare il pensiero di
Mauro Corona ed ho proseguito percorrendo i 4 km di galleria alla fine della quale si
apre la Valle di Barcis ed il lago sulla cui riva est sorge il paese di Barcis. Superato
l'abitato in località Arcola ho imboccato una stradina laterale verso ovest ed ho
raggiunto l'accesso alla Foresta del Prescudin dove sorge il Palazzo Prescudin, vecchia
e meravigliosa villa friuilana in un contesto fiabesco. Nel bosco si va solo a piedi. Ho
lasciato la bici e mi sono addentrato nel bosco, tra larici, abeti, lecci e faggi con un
sottobosco verdissimo costellato da fiori, da cespugli di mirtilli e more selvatiche in
fioritura e perfino fragoline. Ho trovato una radura, mi sono disteso sull'erba soffice
e....ho aspettato. Deliziosa attesa di distensione nel silenzio interrotto solo dai rumori
silenziosi della natura. Il tempo incerto mi ha indotto a proseguire e quindi, rinfrancato
nello spirito ho di nuovo inforcato la bici e pian piano, in salita, sono arrivato a Claut,
minuscolo borgo montano. E qui, poco prima dell'abitato, il praticello lungo le rive del
torrente Settimana dove da ragazzino con genitori e parenti venivamo per degli
indimenticabili pic-nic. Poi però invece che a Claut sono andato a Cimolais, poco
distante, dove inizia la Valle del torrente Cimolais e la zona alpina seria. Nella valle si
snodano tra l'altro bellissimi sentieri di ogni tipo, dalla passeggiata, alle vie attrezzate
alle palestre di arrampicata piuttosto difficili.
Insomma tanto ci sarebbe da descrivere e raccontare. Mi limiterò a sottolineare solo la
diversità degli abitanti di queste zone rispetto a chi abiita la pianura: non solo
caratteri fisici diversi, dialetto piuttosto diverso, più stretto che faccio fatica a capire e
poi anche quella ruvidezza fin spigolosa tipica dei friulani di montagna che mai però
dimentica cortesia ed ospitalità.
Il ritorno è stato agrevolato da 24 km di discesa con sollievo delle gambe reduci da
altrettanti km di fatica e poi pianura fino a casa.
PS Ho inserito due foto di una stupenda torre di roccia, Il campanile di Val Montanaia a
nord-nord-est di Cimolais per dare un'idea dell'ambiente alpino delle Dolomiti friulane.
Sono arrivato diverse volte alla base, ma arrampicarmi! non sono capace.
20 Luglio 2008
Friuli globalizzato
San Daniele del Friuli, a 15 km a nors-est di Spilimbergo, è una
cittadina deliziosa patria del celeberrimo, squisito prosciutto. Il centro storico
sorge su una colle ma l'area urbanizzata si è estesa. Della cittadina dirò
un'altra volta, ma voglio raccontare di questa vicenda che ha un contenuto
gastronomico.
Ebbene sono uscito con una amica molto simpatica con la quale mi trovo molto
bene. E' ben più giovane di me. E' una persona viva, acuta con delle
connotazioni di originalità; è rigorsamente vegetariana, ed è appassionata di
culture orientali. Ha e pratica una sua filosofia di vita che la rende una persona
trasparente e serena. Insomma, date le sue inclinazioni dietetiche, mi pare
ovvio che sia lei a decidere la meta delle nostre spedizioni e stasera ha deciso
per San Daniele dove, mi diceva,c'è una pizzeria poco discosta dal centro
gestita da una famiglia libanese bravissimi piaazioli. Arrivati, il proprietario,
Karim, ha salutato la mia amica calorosamente, mi ha presentato a questo
giovane ristoratore simpatico, sorridente e dallo sguardo molto attento ed
intelligente. Seduti, Karim ci ha detto che aveva qualche pietanza di cucina
libanese, ma guardava me con aria dubbiosa. Figurarsi! Sono un curioso ed
assaggio di tutto e quindi gli ho detto il fatidico "faccia lei come viole". E' stato
contentissmo, la mia amica pure ed abbiamo aspettato
chiacchierando.Insomma, mi sono scritto i nomi delle pietanze tutte squisite,
leggere, fresche. Ed ecco il menù:
• fatayer bi sabanek una sorta di involtini a triangolo fatti con il pane
libanese ripieno di spinaci, cipolle a julienne, noci, semmeh (che mi son
dimenticato di chiedere cosa sia e non sono riuscito ad individuare cosa
fosse dal sapore), limone e pepe:
• tabuli una freschissima insalata fatta di pomodori, prezzemolo, cipolla,
grano, cipolla tutto tagliato a pezzi molto piccoli, condita con olio e
limone;
• kebbi polpettine di manzo con l'impasto arricchito di grano, pinoli,
cipolla, e diversi tipi di pepe; le polpettine erano guarnite con crema di
melanzane;
• falafel deliziose polpettine fatte con un trito di ceci, fave, prezzemolo,
cipolla e spezie varie. Ad accompagnare la tarator una salsina di sesamo,
limone, aglio e sale;
• a concludere dei dolcetti di mandorle, noci e fichi e qualche biscotto di
sesamo.
Alcune pietanze le conoscevo ed altre no. Di certo ho trovato divertente ed
riginale andare in una Pizzeria nella patria del prosciutto, in una zona che più
tradizionale non si può e degustare un menù libanese.
Spiegava Karim (ma le ricette rifiuta di raccontarle) che ogni tanto prepara cibi
della sua terra d'origine che però non riscuotono grande successo. E così
abbiamo preso il telefono della Pizzeria per ritornarci. Se tanto mi dà tanto, la
sua pizza deve essere all'altezza. Una bellissima passeggiata nel centro, in una
serata gradevolmente fresca ha concluso una piacevole, tranquilla serata.
27 Luglio 2008
Già, ceci in cottura e non solo ceci perchè con stasera riprendo le
cene con gli amici. Il lungo tempo di cottura, mi lascia il tempo per raccontare
una piacevole mattinata trascorsa a Pinzano al Tagliamento , piccolo comune
lungo il corso del fiume Tagliamento. Sono andato regolarmente in bicicletta. E'
un comune carino, con qualche spunto interessante, ma il motivo è stato il
visitare la mostra intitolata: (in piedi a dx nella foto) Enrico Peressutti: l'uomo,
l'architetto, l'artista nel centenario della nascita".
Enrico Peressutti? Chi? Beh! la risposta è semplice: uno dei padri nobili del
design e dell'architettura italiana. Da Pinzano, paese di poco più di un miglioio
di anime. Per chiarire meglio cito l'acronimo BBPR di Milano che sta per
GianLuigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiosioso, ENRICO PERESSUTTI e
Ernesto Nathan Rogers. Era lo studio di Architettura che questi 4 amici
fondarono nel 1932. Tanto per dare il segno della loro levatura, sono stati i
progettisti della celeberrima Torre Velasca un gingillo da 106 metri di altezza
costruita a Milano tra il 1956 ed il 1958 (due anni 2!!!!!!!!!!).
Peressutti nasce dunque a Pinzano dove volle ritornare per il riposo eterno che
iniziò poche ore prima del terribile terremoto del 6 Maggio 1976. La sua vita
pare essersi svolta in maniera predestinata: questa terra, il Friuli è terra vocata
per i costruttori e per le maestranze di eccelso livello che in tutta Europa
hanno lasciato il loro segno. Già nel secolo XIX operava l'impresa, grandissima
per quei tempi, del Conte Giacomo Ceconi di Montececon; ma anche il padre di
Enrico, Giovanni Battista, era un costruttore che operava a Craiova, in Romania
come Console italiano ma imprenditore edile di mestiere. Costruì il Municipio,
la sede della Prefettura ed alcuni edifici dell'università. Enrico vive a Craiova
dove frequente il liceo ma torna in Italia, a Milano per seguire il corso di laurea
in Architettura titolo che consegue nel 1932. Ed ' durante gli studi che conosce
quelli che saranno amici e colleghi della sua intera vita, una fortunata
combinazione di talenti umani e professionali. Lavorare insieme a Banfi,
Belgioioso e Rogers (triestino) fu comune, immediata scelta che partorì lo
Studio BBPR. Peressutti era, nel gruppo, quello più vocato al disegno ed alla
fotografia, nonchè uomo in cui la pratica architettonica si combinava
all'interese culturale ed intellettuale per l'archtettura che originò studi e scritti
sul razionalismo italiano ed analisi dell'opera di Le Corbusier con cui
intrattenne una cordiale amicizia, ma anche l'entusiasmo per il tedesco
Gropius. E' diffusa opinione nella stoair dell'architettura italiana che BBPR e
Peressutti furono il primo caso italiano di capacità di vedere ed interpretare
l'architettura con respiro europeo. La sua attività culturale è contenuta anche
negli scritti sulle prestigiose riviste Domus e Quadrante senza dimenticare
numerosi allestimenti della Triennale di Milano. Di questo periodo sono i
progetti edilizi di Palazzo Feltrinelli a Milano, della Colonia elioterapica di
Legnaco, della villa Morpurgo di Opicina, ma di grande rilievo innovativo è il
piano regolatore di Aosta. E modernissimo ancor oggi è il progetto di "casa
ideale" che Peressutti presentò alla VI edizione della Triennale di Milano .
La guerra e la dittatura fanno il loro ingresso nella vita di Peressutti e dei suoi
amici: Rogers, ebreo, ripara in Svizzera, Banfi e Belgioioso sono arrestati e
deportati e Peressutti finisce in Russia dove manifesta il suo interesse artistico
per l'umanità attraverso le sue bellissime fotografie, racconto esplicito di
sofferenze, ma di gioie, vita, modi e luoghi del vivere. Le foto sono esposte
nella Sala SOMSI del Comue di Pinzano. Meriterebbero una visita.
Rientrato in Italia, Peressutti a Milano viene chiamato nel C.L.N. (Comitato di
Liberazione Nazionale) . Finisce la guerra, Banfi è morto assassinato nel lager
di Mauthausen e Peressutti, Belgioioso e Rogers si ritrovano ma non muta il
nome del loro Studio in memoria e ad onore dell'amico assassinato ed anzi a
lui dedicano il piano regolatore di Milano a cui partecipano. L'attività è intensa,
ad immaginare il decentramento delle industrie, la costruzione di nuovi
quartieri e centri direzionali senza che si interrompesse l'attività culturale ed
artistica di Peressutti che si concretizzò nela creazione di un monumento per
gli italiani assassinati nei lager nazisti, gli indimenticabili allestimenti alla
Triennale tra cui quella del 1951 "La forma dell'utile"
primo esempio di mostra sull'industrial design". E'
anche il periodo d'oro del Peressutti intellettuale,
chiamato quale docente dal MIT di Boston, dalla
Princeton University ma anche dalla Yale University
ma è anche il periodo nel quale Peressutti si dedica
molto al design prestando la sua opera per la SOLARI
, prestigiosa azienda friulana ma anche per la
celeberrima ARTEMIDE . L'esperienza della guerra e
l'amico perduto sono però nel suo cuore e nella sua
memoria e per questo realizza il Mauthausen
Memorial ed il monumento al deportato al Castello
del Pio a Carpi .
Dovrò tornare per poter comprare il catalogo, ma è un peccato che immagini
delle opere di Peressutti e del BBPR si trovino solo su testi specialistici ma non
su internet. Ma questo nulla toglie al valore di Peressutti, il friulano Peressutti,
conosciuto solo tra gli storici dell'architettura e dagli addetti ai lavori, ma
arcinoto nelle terre dove è nato a dimostrare che tra gli altri, questa terra è
quella che ama, ricorda ed onora anche i suoi figli, profeti in Patria.
24 Agosto 2008
Profeta in Patria
Non è la prima volta che sostengo che il Friuli Venezia Giulia è una regione che
cerca di valorizzare i suoi figli meritevoli ed altrettanto aviene nelle città come
nei paesini. A maggior ragione questo accade se il valore ed i meriti di un
uomo sono unanimemente riconosciuti non solo dal Friuli Venezia Giulia ma
dalle regioni limitrove di Carinzia e di Slovenia come nel caso di Julius Kugy.
Carneade? Beh! fuori dal Friuli forse, ma se chiedete ad un appassionato di
montagna e di scalate, vi racconterà parecchio di quest'uomo noto anche
come il poeta delle Giulie intendendosi le Alpi Giulie.
Ma cominciamo dall'inizio. Julius Kugy nasce a Gorizia nel 1858 dall'austrico di
lingua slovena Pavel e da madre goriziana. Dopo una parentesi in Carinzia, la
famiglia si trasferisce a Trieste dove Julius rimarrà fino alla morte nel 1944. La
famiglia Kugy è agiata, Il padre di Julius gestiva una prospera attività di
importazioni-esportazioni ciò che consentì a Julius un percorso di studi fino alla
laurea, ma di più gli consentì di vivere dando pieno sfogo alle sue tantissime
passioni. Ed erano tante, a sottolineare che, almeno nelle classi abbienti, il
cosmopolitismo, l'intellettualità, la cultura erano tutti valori consolidati e
praticati. Julius Kugy già dai soggiorni in Carinzia aveva maturato una sfrenata
passione per la natura e per la montagna sicchè, oltre che alla musica si
dedicava alla botanica ed all'escursionismo alpinistico specie nelle Alpi Giulie,
sue spose per tutta la vita.
Era un uomo perseverante Kugy. Non mollava mai. A dimostrarlo, la storia
della scabiosa trenta, mitico fiore che gli fu disegnato dall'insegnante di
botanica e che lui cercò per decenni nelle sue peregrinazioni fino a doversi
convincere che non esisteva. Oppure la venticinquennale vicenda delo studio
della via diretta per scalare il Montasio dalla parete Nord culminata il 23
Agosto del 1902 dopo una rischiosissima e sfibrante ascesa con il suo grande
amico Oitzinger, una guida alpina di Camporosso.
Kugy era un fulgido esempio di mitteleuropeismo cosmopolita fatto di
sensibilità e cultura, innovazione e curiosità intellettuale, modernità e valori. E
mitteleuropeo suddito dell'impero asburgico Kugy lo era pienamente, tanto che
a 57 anni, allo scoppio della I Guerra Mondiale si arruolò nell'esercito dove
rese preziosi servigi con la sua meticolosa conoscenza delle zone di guerra
montane. Si dice che Kugy fosse un uomo dal difficile carattere, forse persino
un pò presuntuoso ma soprattutto un comsopolita trilingue ma innamorato
dell'impero asburgico e convinto dei suoi doveri verso di esso, come tipico
della cultura germanica. Quando si arruolò volontario, affidò la sua ditta ad un
collaboratore e andò in guerra. Scrisse “che si sappia che, senza esitare, ho
messo al servizio della patria morente il sangue e gli averi, la salute e la vita;
che tenni duro, forte e fedele, finché crollò moribonda, come i leoni di bronzo
feriti a morte, sul Predil e a Malborghetto. E si sappia che non fui mai nei
comandi di tappa, bensì al fronte per tre anni interi senza la minima
interruzione”. Ma l'asperità del carattere non gli impediva di amare la natura e
gli animali, aveva una marmotta in giardino quasi addomesticata ed un cane,
dottor Toni, che incontrò per caso nei pressi di un caffè. I suoi amici erano
musicisti, sclatori, naturalisti, botanici e soci delle Società Alpinistiche
dell'impero e delle alpi Giulie.
Ma questa conoscenza Kugy ce l'ha trasmessa nei suoi tanti libri: Dalla vita di
un alpinista, Tricorno. Cinquecento anni di storia, La mia vita nel lavoro, per la
musica, sui monti, Le Alpi Giulie attraverso le immagini e l'ultimo del 1943 Dal
tempo passato.
A lui dobbbiamo anche la descrizione dei viaggi in treno compiuti tra Trieste e
Travisio. La ferrovia data 1842 ed era un'opera di stupefacente ingegneria per
aver superato immense difficoltà di percorso tra gallerie, ponti e arditi viadotti.
Ma è un esempio da manuale di ambientalismo sia pure involontario: ogni
manufatto era quasi invisibile ovvero ben inserito nei superbi panorami per
esser fatto di legno e pietre trovati sul posto. Ma il treno era anche
un'occasione di incontro ed un luogo ideale ove esercitare l'arte della
conversazione nei lussuosi scompartimenti ammirando nel contempo i
meravigliosi panorami sempre mutevoli e sempre da incanto. Su alcuni
percorsi ferroviari si eseguiva musica. Perfino il prolifico Strauss scrisse
Vernunggugs Zug, una polka per pianoforte apposta per l'esecuzione durante i
viaggi in treno.
Molte sono le via montane e le ferrate aperte da Kugy e molto della natura e
dei paesaggi delle Alèpi Giulie è stato reso noto e divulgato da questo strano
personaggio che non rinnegò mai la sua matrice germanica, a costo di un pò di
ostracismo che, con l'evoluzione della guerra determinò profonda avversione al
nazismo ed a tutto ciò che era "germanico" seppur mai nazista. E Kugy
germanico era e si sentiva. Per fortuna accade anche che si recuperi la
dirittura morale di un uomo, ed i suoi meriti al di là della sua cultura. E questo
per Kugy è avvenuto ed è avvenuto ad opera del Friuli Venezia Giulia, della
Carinzia e della Slovenia che gli ha dedicato un francobollo. E nelle zone delle
alpi Giulie, da Tarvisio a Malborghetto-Valbruna, a Caporosso oltre alla vie
Kugy, la memoria di Kugy è ben viva. Ed è viva la sua memoria in ogni vero
appassionato della montagna.
Ecco come mai, per una volta si è smentito il detto "nemo propheta in patria".
Julius Kugy SlideShow
1 Febbraio 2009
Da tempo alcuni lasciti monumentali dei Longobardi sparsi in Italia, sono stati
candidati presso l'UNESCO per divenire 'patrimonio dell'umanità'. I siti che
accolgono i monumenti candidati, sono 6 ed uno di essi è il Tempietto
Longobardo di Cividale del Friuli (N.B. Il sito consente una deliziosa visita
virtuale. Quando in alto nella finestra ci compare l'avviso che il sito
sta scaricando un componente Active X, cliccate SI'. IL SITO E'
SICURO).
E ieri Cividale è stata la mia meta. Avevo già raccontato di Cividale ma vale la
pena riparlarne per esprimere apprezzamento al FAI che oggi ha voluto
includere le meraviglie di questa cittadina nella sua giornata, ma ancor più
esprimere gratitudine a coloro che stanno impegnando il loro tempo ed il loro
ingegno per ottenere che sei perle della civiltà dei Longobardi in Italia vengano
dichiarate patrimonio dell'umanità. La novità è che è una candidatura in rete
nel senso che geograficamente questi monumenti sono sparsi in Italia ma
accomunati dala comune matrice Longobarda. Oltre a diversi Enti ed
Istituzioni, si stanno spendendo molte donne, tutte facenti parte dell'Inner
Wheele tra le quali (ebbene sì! sono in conflitto di interssi) la mia cara
sorellina. Ma mi piace lo spirito che le anima. I dettagli del progetto, sono
visibili sul sito Italia Langobardarum Leggete cosa c'è scritto nel documento di
presentazione di questa iniziativa che hanno voluto chiamare Sulle orme dei
Longobardi Candidatura WHL UNESCO
Proposta di Dichiarazione di Eccezionale Valore Universale
I “barbari” Longobardi, dopo il loro arrivo in Italia, svolsero un ruolo
fondamentale nell’età di transizione tra il mondo antico e quello medievale,
periodo cruciale per la storia europea nel quale hanno avuto inizio la gran
parte delle attuali nazioni.
Nello scontro - incontro tra culture che si attuò sul territorio italiano dopo il
loro nsediamento, i Longobardi, acquisirono e codificarono gli aspetti
fondamentali della cultura tardo-antica, assicurandone la continuità e la
trasmissione alla successiva età carolingia, che li rielaborò gettando le basi
della cultura occidentale.
Lo straordinario processo di integrazione culturale, derivante da esperienze
locali e da apporti di aree mediterranee ed orientali, si può cogliere in maniera
straordinaria nelle espressioni artistiche della tarda età longobarda e trova la
sua massima espressione, in termini di unicità e di eccezionalità, nei
monumenti di Cividale, Brescia, Castelseprio, Spoleto e Campello, Benevento.
Il portato culturale longobardo si manifesta inoltre nella dimensione europea
assunta dal culto micaelico a Monte Sant’Angelo nel Gargano - che influenzò la
caratterizzazione e la diffusione della devozione per il santo in Occidente e
definì un modello tipologico degli insediamenti santuariali per tutto il Medioevo
– e nell’importante opera di trasmissione dei testi antichi, che si attuò nei
monasteri fondati o rilanciati dai Longobardi.' .
Non mi rimane che proporvi le slide dei sei monumenti
Langobardorum SlideShow
29 Marzo 2009
Friaulisch Kosakenland
8 Agosto 2009