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SOMMARIO: Premessa - 1. LAutorit Nazionale Anticorruzione - 2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione 3.Il Piano Nazionale Anticorruzione ed i piani triennali di prevenzione della corruzione. Premessa La legge 6 novembre 2012 n.19, sotto il nomen Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dellillegalit nella pubblica amministrazione, si sviluppa in due articoli, di cui il primo, formato da 83 commi, contenente tutta la disciplina sostanziale ed il secondo recante la consueta clausola di invarianza finanziaria. Con tale riforma - collocantesi nella pi ampia ottica della lotta allillegalit nella pubblica amministrazione anche in ossequio alle istanze di matrice internazionale che pi volte hanno sollecitato lItalia ad un intervento in materia, garantendo un completo e pieno adeguamento dellordinamento interno agli obblighi internazionali1 -, il legislatore ha inteso, da un lato, introdurre misure di stampo amministrativo a carattere sia preventivo sia repressivo della corruzione e, dallaltro, delineare misure di stampo penale pi incisive sia sul piano applicativo e sia sul piano sanzionatorio . Questultimo aspetto si realizzato mediante una complessiva modifica della disciplina del Codice Penale relativa ai reati contro la pubblica amministrazione . Sul versante amministrativo, il complessivo architrave delineato dalla nuova normativa - accanto ad un rafforzamento della trasparenza amministrativa, attraverso un perentorio richiamo alla cultura dellintegrit ed allennesima modifica alla legge 241/1990 - si regge su due pilastri fondamentali: sul piano macro-organizzativo, viene delineata la nuova struttura dellAutorit Nazionale Anticorruzione, cui, sul versante micro - organizzativo, si affianca, nei singoli enti, la figura del responsabile della prevenzione della corruzione; sul versante operativo, vengono in linea di conto, anco ra una volta nella medesima logica binaria di rapporto tra centro e periferia, gli innovati strumenti di pianificazione, nel duplice livello del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali di prevenzione della corruzione, approvati da tutte le amministrazioni pubbliche2.

Gli strumenti amministrativi di contrasto alla corruzione. I piani anticorruzione


Carlo Buonauro
Magistrato amministrativo*

Componente del Nucleo Tecnico Scientifico del Progetto Interventi mirati al contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione Locale e Centrale, nellabito della cui esperienza maturata gran parte del presente contributo.

Cfr. Camera dei Deputati, sezione Temi di attivit parlamentare, 25 ottobre 2012, in http://www.camera.it/misure-anticorruzione. A tal fine basti pensare alla Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione del 1999 che impegna gli Stati a prevedere lincriminazione : di fatti di corruzione attiva e passiva tanto di funzionari nazionali quanto stranieri; di corruzione attiva e passiva nel settore privato; del c.d. traffico di influenze illecite; del c.d. autoriciclaggio. Si pensi ancora alla Convenzione civile sulla corruzione di Strasburgo del 1999 che diretta ad assicurare che negli Stati aderenti siano garantiti rimedi giudiziali efficaci in favore delle persone che hanno subito un danno risultante da un atto di corruzione. Entrambe le Convenzioni Internazionali suddette, sono state oggetto di ratifica da parte dellItalia rispettivamente con Legge 28 giugno 2012, n. 110 e con Legge 28 giugno 2012, n.112. 2 Sul punto si segnale come, rispettivamente il 12 e 19 marzo 2013. sono state approvate e pubblicate sul sito della Funzione Pubblica (http://www.funzionepubblica.gov.it/la-struttura/anticorruzione.aspx) le Linee di indirizzo del Comitato interministeriale (d.p.c.m. 16 gennaio 2013) per la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190. Peraltro lattivit del citato Nucleo Tecnico Scientifico del Progetto Interventi mirati al contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione Locale e Centrale ha avuto, come primo compito, proprio il supporto a tale elaborazione.

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1. LAutorit Nazionale Anticorruzione La legge anticorruzione individua allarticolo 1 comma 1 nellAutorit nazionale anticorruzione il soggetto incaricato di svolgere attivit di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dellillegalit nella pubblica amministrazione. 3 A tal fine si specifica al comma 2 che la Commissione per la valutazione, la trasparenza e lintegrit delle amministrazioni pubbliche ad operare quale Autorit nazionale anticorruzione. In realt la Commissione per la valutazione, la trasparenza e lintegrit delle amministrazioni pubbliche, era gi stata istituita in forza dell articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 in materia di ottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Tale commissione in forza della legge istitutiva chiamata a svolgere funzioni di indirizzo e coordinamento delle funzioni delle amministrazioni pubbliche e, pi in generale, ad essa spetta il compito di sovraintendere allesercizio delle funzioni pubbliche affinch venga garantita la trasparenza e lefficienza dellattivit pubblica e la qualit dei servizi resi ai cittadini; a tal fine alla Commissione garantito la piena indipendenza e autonomia di giudizio. In forza della previsione della Legge Anticorruzione, si aggiunge a quanto su detto lulteriore e pi ampio compito per la Commissione di operare nellottica di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni favorendo a tal fine un controllo partecipato dei cittadini e delle istituzioni sul modo di gestione delle cosa pubblica attraverso la messa in rete dei dati pi importanti e utili relativi al funzionamento delle amministrazioni e garantendone la relativa accessibilit . In particolare, la Commissione: a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti; b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c); c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto; d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di conformit di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico; e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui allarticolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

f) esercita la vigilanza e il controllo sulleffettiva applicazione e sullefficacia delle misure e dei piani anticorruzione adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 dellarticolo1 Legge Anticorruzione sul rispetto delle regole sulla trasparenza dellattivit amministrativa previste dai commi da 15 a 36 dellarticolo1 Legge Anticorruzione e dalle altre disposizioni vigenti. In particolare al comma 3 del medesimo articolo 1si specifica che per lesercizio di queste funzioni la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina ladozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani anticorruzione e dalle regole sulla trasparenza dellattivit amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del medesimo articolo e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma. g) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sullattivit di contrasto della corruzione e dellillegalit nella pubblica amministrazione e sullefficacia delle disposizioni vigenti in materia. Inoltre la legge risponde alla pi ampia necessit di garantire unazione coordinata e netta nella lotta alla corruzione che coinvolga tutto lapparato centrale dello Stato: a tal fine si pone accanto alla Commissione un ulteriore soggetto pubblico con competenze nella lotta alla corruzione, il Dipartimento della Funzione Pubblica cui i commi 4 e 5 dellarticolo 1 Legge Anticorruzione affidano ulteriori e rilevanti prerogative. In particolare il Dipartimento della Funzione Pubblica : a) coordina lattuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dellillegalit nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale; b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali; c) predispone il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare lattuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a); d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalit che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata; e) definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni. 2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione Figura peculiare delineata dal legislatore della riforma al comma 7 dellart. 1 Legge Anticorruzione il responsabile della prevenzione della corruzione, individuato dallorgano di indirizzo politico, possibilmente tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio e la cui ratio evidentemente data dalla necessit di individuare allinterno delle amministrazioni stesse i primari referenti anticorruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione individuato, di norma, nel segretario, salva di-

3 Tale specifica previsione si pone sul piano pi generale delladeguamento della nostra normativa agli obblighi che il nostro paese ha assunto sul piano internazionale obblighi che vincolano il nostro legislatore ai sensi dellart. 117 comma 1 Cost. Il riferimento alla Convenzione ONU contro la corruzione del 31 ottobre 2003 (c.d. Convenzione di Merida) ratificata dal nostro paese in forza della legge 3 agosto 2009 n. 116, ed alla Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio dEuropa del 27 gennaio 1999 (Convenzione di Strasburgo) ratificata dal nostro paese in forza della legge 28 giugno 2012 n. 110.

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versa e motivata determinazione: ai Segretari comunali e provinciali quindi demandato il compito di svolgere la redazione del piano per le rispettive amministrazioni locali con il supporto delle Prefetture e tali piani andranno poi approvati dagli organi politici di indirizzo, quale la Giunta. In definitiva i Segretari comunali e provinciali assumono la responsabilit della prevenzione della corruzione. Il comma 8 poi specifica che compito dellorgano di indirizzo politico adottare entro il 31 gennaio di ogni anno, su proposta del responsabile della prevenzione della corruzione , il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. Il legislatore inoltre specifica che lattivit di elaborazione del piano non pu essere affidata a soggetti estranei allamministrazione, con ci sottolineando la delicatezza e importanza di una simile operazione che come tale va compiuta dai soggetti facenti parte della stessa pubblica amministrazione. Il comma in esame poi specifica che entro lo stesso termine suddetto , il responsabile deve definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Inoltre di fondamentale importanza la previsione secondo cui la mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilit dirigenziale. Questultima attiene sia allaspetto economico sia allaspetto disciplinare. Pi in generale il responsabile del procedimento, oltre ai rilevanti compiti su menzionati, provvede ai sensi del comma 10 dell articolo 1 Legge Anticorruzione anche: a) alla verifica dellefficace attuazione del piano e della sua idoneit, nonch a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nellorganizzazione o nellattivit dellamministrazione; b) alla verifica, dintesa con il dirigente competente, delleffettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attivit nel cui ambito pi elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione; c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione sulletica e sulla legalit tenuti dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Infine al comma 14 dellarticolo1 Legge Anticorruzione si specifica che entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente responsabile della prevenzione della corruzione pubblica nel sito web dellamministrazione una relazione recante i risultati dellattivit svolta e la trasmette allorgano di indirizzo politico dellamministrazione. Nei casi in cui lorgano di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, questultimo proceder a riferire circa lattivit posta in essere per la prevenzione alla corruzione. Il punto centrale della disciplina senzaltro costituito dalla puntuale definizione della responsabilit disciplinare e giudiziale del responsabile della prevenzione della corruzione. Al riguardo, di rilievo notevole risulta essere la previsione fortemente afflittiva e deterrente di cui allarticolo 1 comma 12 della Legge Anticorruzione: questultima prevede che, qualora sia accertato con sentenza passata in giudicato la commissione di un reato di corruzione allinterno dellamministrazione, il responsabile della prevenzione della corruzione

sar chiamato a rispondere sia ai sensi dellarticolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 rubricato responsabilit dirigenziale, sia sul piano disciplinare, nonch per il danno erariale e allimmagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze: a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di prevenzione della corruzione nellosservanza dei requisiti minimi richiesti dalla Legge Anticorruzione e di aver provveduto alla verifica dellefficace attuazione del piano e della sua idoneit, nonch a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nellorganizzazione o nellattivit dellamministrazione; alla verifica, dintesa con il dirigente competente, delleffettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attivit nel cui ambito pi elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione; ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione sulletica e sulla legalit tenuti dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. b) di aver vigilato sul funzionamento e sullosservanza del piano. In particolare occorre distinguere, ai fini in esame, la responsabilit disciplinare dalla responsabilit innanzi la Corte dei Conti cui il responsabile della prevenzione della corruzione chiamato a rispondere. Infatti, in questultimo caso se da un lato lamministrazione danneggiata deve procedere alla segnalazione dei fatti dannosi alla competente Procura della Corte dei Conti, dallaltro la titolarit dellazione di responsabilit spetter sempre ed unicamente al Pubblico Ministero contabile, il quale proceder allesercizio dell azione suddetta solo qualora ritenga che ve ne siano i presupposti. Alla luce di quanto sopra esposto, si vede come da un lato il giudice non potr procedere dufficio e dallaltro lamministrazione, non essendo titolare dellazione di responsabilit amministrativa, non potr sostituirsi al P.M. nellattivazione del giudizio nei confronti dei presunti responsabili e quindi qualora il P.M. decida di non procedere il processo non avr inizio. Lazione andr proposta nel termine di prescrizione di cinque anni che decorrono dalla data in cui il fatto dannoso si verificato o dalla data della sua scoperta qualora ricorra lipotesi di occultamento doloso del danno . Diversa lipotesi della responsabilit disciplinare cui esposto il responsabile della prevenzione della corruzione: infatti, spetta alla sola amministrazione la decisione di attivarsi e di concludere autonomamente il relativo procedimento disciplinare. In particolare il comma 13 dellarticolo 1 Legge Anticorruzione prevede che la sanzione disciplinare non pu essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi. Inoltre il successivo comma 14 prevede che in caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile della prevenzione della corruzione risponde ai sensi dellarticolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, cio a titolo di responsabilit dirigenziale oltre che per omesso controllo, sul piano disciplinare. La violazione, da parte dei dipendenti dellamministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare.

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Il decreto legislativo27 ottobre 2009, n. 150 ha riconosciuto in capo ai dirigenti pubblici unampia autonomia gestionale ed organizzativa cui si ricollega una conseguente integrale responsabilizzazione degli stessi per i risultati conseguiti e per la realizzazione dei programmi e progetti loro affidati. Infatti, in caso di risultati negativi, si avranno delle immediate conseguenze sul piano retributivo e sullo stesso rapporto di lavoro complessivamente inteso. Pi precisamente il dirigente potr subire, il mancato rinnovo del contratto, il recesso dal rapporto di lavoro da parte dellamministrazione e la decurtazione della retribuzione. Anche i semplici dipendenti dellamministrazione saranno tenuti al rispetto delle misure di prevenzione previste dal piano e linosservanza delle stesse costituisce fonte di illecito disciplinare. In questultimo caso tuttavia non sono previste tipologie specifiche o sanzioni disciplinari minime, potendo, quindi, lamministrazione operare con la pi ampia discrezionalit, prevedendo alloccorrenza anche un mero rimprovero orale o un semplice richiamo scritto allassolvimento degli obblighi di legge. 3. Il Piano Nazionale Anticorruzione ed i piani triennali di prevenzione della corruzione Portata centrale, nella struttura assiologica della nuova Legge, assumono i piani anticorruzione, nel duplice ambito ivi individuato: la legge n. 190 del 2012 prevede due livelli di piani di prevenzione della corruzione: il Piano nazionale anticorruzione, P.N.A., previsto allarticolo 1, ai commi 2, lettera b) e 4, lettera c); i piani triennali di prevenzione della corruzione, approvati da tutte le amministrazioni pubbliche (commi 5, 9 e 60)4

4 La legge n. 190 individua le amministrazioni tenute alla definizione del piano triennale. Queste sono, da un lato, le amministrazioni centrali (comma 5); dallalto, le amministrazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, nonch degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo (comma 60, lettera b). Le amministrazioni regionali e locali e gli enti in loro controllo definiscono i loro piani triennali secondo adempimenti con lindicazione dei relativi termini stabiliti attraverso intese in sede di Conferenza unificata, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Per gli enti locali anche previsto il supporto tecnico e informativo del Prefetto anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel piano nazionale approvato dalla Commissione (comma 6). Sempre nellottica della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il comma 9 dellarticolo 1 Legge Anticorruzione, riconosce un ruolo di grande rilievo al prefetto. Infatti, questultimo tenuto a fornire su richiesta il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione. La valorizzazione delle Prefetture deriva dalla consapevolezza del ruolo strategico che le stesse possono svolgere data la vicinanza al sistema delle autonomie locali. I Prefetti in quanto titolari in proprio delle funzioni di coordinamento degli uffici periferici delle amministrazioni statali, sono chiamati a fornire un supporto tecnico e informativo alle Amministrazioni locali in sede di elaborazione dei piani di prevenzione della corruzione e a vigilare che gli stessi siano adottati e formulati nel rispetto delle direttrici del Piano nazionale anticorruzione In particolare la Commissione, nel Rapporto del 22 ottobre 2012 sulla Corruzione in Italia. Per una politica di prevenzione sottolinea limportanza che assume il Piano di prevenzione della corruzione nella vita politico- amministrativa dellente stesso ed a tal fine afferma che va valutata la possibilit di prevedere lattuabilit di poteri sostitutivi ovvero che la stessa mancata adozione sia equiparata alla mancata adozione di altri atti amministrativi di fondamentale importanza ,come il bilancio annuale, con conseguente estensione per lipotesi di reiterato inadempimento- del meccanismo contemplato dallart. 141, lett. c), del Testo unico degli enti locali. Dalle indicazioni, pur non perfettamente coordinate, della legge n. 190 si deve ricavare che sono tenute alla definizione dei piani tutte le amministrazioni

Anche da questo punto di vista il contesto internazionale aveva pi volte sollecitato lItalia ad adottare tale misura specifiche per la prevenzione ed il contrasto della corruzione; il Piano Nazionale Anticorruzione si pone, infatti, quale specifica attuazione degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese con la Convenzione ONU contro la corruzione del 2003, ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116. Pi precisamente nella Convenzione si afferma la necessit per i paesi aderenti di prevedere delle buone pratiche di prevenzione della corruzione5. Inoltre anche il GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione ), quale organismo costituito nellambito del Consiglio dEuropa di cui lItalia fa parte dal 2007, aveva pi volte sollecitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e riferire in merito innanzi allo stesso Consiglio dEuropa. Inoltre nel quadro europeo la maggior parte degli stati gi da tempo hanno adottato piani e strategie anticorruzione sulla base della suddetta Convenzione ONU. La legge anticorruzione specifica che il Piano Nazionale Anticorruzione va redatto, sulla base dei piani di azione di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni centrali, ad opera del Dipartimento della Funzione Pubblica che poi proceder a trasmetterlo alla Commissione per la definitiva approvazione. Alla luce di quanto suddetto il comma 5 precisa che le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica: a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio; b) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. Il comma 9 dellarticolo 1 Legge Anticorruzione specifica il contenuto minimo dei piani di prevenzione precisando a tal fine che : Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze:

pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001. Tra le amministrazioni rientrano, quindi, da un lato gli enti pubblici costituiti e vigilati dalle amministrazioni a livello centrale, regionale e locale e i soggetti privati in controllo pubblico (societ di capitali, fondazioni associazioni) da parte della amministrazioni ai diversi livelli di governo. Che il piano debba essere adottato da tutti gli enti di diritto privato in controllo pubblico si ricava in primo luogo dalla esplicita previsione contenuta con riferimento a tali soggetti controllati da amministrazioni regionali e locali, dallaltro dalla costante estensione della nozione di amministrazioni pubbliche a tali soggetti anche per altri contenuti fondamentali della legge anticorruzione, dalla disciplina in materia di trasparenza a quella in materia di inconferibilit e incompatibilit di incarichi dirigenziali (si vedano al proposito i relativi decreti legislativi). 5 Lart. 15 della Convenzione ONU contro la corruzione del 31 ottobre 2003 (c.d. Convenzione di Merida) ratificata dallItalia con la legge 3 agosto 2009, n. 116 e quindi gi oggi vincolante per il nostro legislatore impone lincriminazione del fatto di promettere, offrire o concedere a un pubblico ufficiale, direttamente od indirettamente, un indebito vantaggio, per se stesso o per unaltra persona o entit, affinch compia o si astenga dal compiere un atto nellesercizio delle sue funzioni ufficiali (lett. a), nonch il fatto del pubblico ufficiale consistente nel sollecitare o accettare, direttamente od indirettamente, un indebito vantaggio, per se stesso o per unaltra persona o entit, affinch compia o si astenga dal compiere un atto nellesercizio delle sue funzioni ufficiali (lett. b).

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a) individuare le attivit, nellambito delle quali pi elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nellesercizio delle competenze previste dallarticolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; b) prevedere, per le attivit individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione; c) prevedere, con particolare riguardo alle attivit individuate ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sullosservanza del piano; d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti; e) monitorare i rapporti tra lamministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinit sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dellamministrazione; f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge. Conseguenzialmente, quanto agli obiettivi che esso mira a conseguire, il Piano di prevenzione della corruzione rappresenta uno strumento attraverso il quale lamministrazione sistematizza e descrive un processo- articolato in fasi tra loro collegate concettualmente e temporalmente- che finalizzato a formulare una strategia di prevenzione e di contrasto del fenomeno. In esso si delinea un programma di attivit derivante da una preliminare fase di analisi che in sintesi consiste nellesaminare lorganizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di possibile esposizione al fenomeno corruttivo. Ci deve avvenire ricostruendo il sistema dei processi organizzativi con particolare attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree sensibili nel cui ambito possono, anche solo in via teorica, verificarsi episodi di corruzione o ad essa assimilabili. Attraverso la predisposizione del Piano, in sostanza, lAmministrazione tenuta ad attivare azioni ponderate e coerenti tra loro capaci di ridurre significativamente il rischio di comportamenti corrotti. Ci implica necessariamente una misura probabilistica di tale rischiosit e ladozione di un sistema di gestione del rischio medesimo. Sul piano concretamente operativo e contenutistico, la struttura dei piani viene a delinearsi lungo una duplice, parallela previsione precettiva: da un lato, lindividuazione delle attivit nellambito delle quali pi elevato (comma 5 lett. a) il rischio di corruzione (cc.dd. aree di rischio). Al riguardo, la previsione si traduce nella identificare delle stesse, delle loro caratteristiche, delle azioni e degli strumenti per prevenire il rischio, dando indicazioni in merito agli obblighi di trasparenza e di informazione nei confronti del responsabile6.

dallaltro lato, vengono in rilievo le misure e gli strumenti di prevenzione, procedendo, per ciascuna area di rischio, alla loro identificazione, allindicazione delle modalit e dei tempi della loro attuazione, nonch dei vari soggetti interni che sono responsabili dellattuazione di ciascuna misura7. In via esemplificativa e mutuando dallesperienza maturata nellambito del Nucleo Tecnico Scientifico del Progetto Interventi mirati al contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione Locale e Centrale, quanto allarea di rischio costituita dalla pianificazione territoriale ed attivit edilizia, da un lato si potrebbe procedere, in primo luogo, ad operare a) la descrizione generale dellarea di rischio Le tradizionali definizioni di urbanistica (pianificazione volta allindividuazione dei suoli destinati alledificazione ed alla precisazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria) e di edilizia (realizzazione degli obiettivi costruttivi di interesse privato secondo gli strumenti urbanisti-

6 Sul punto si notato come il grado di rischio di corruzione sicuramente collegato a diverse variabili, tra le quali a titolo di esempio: le dimensione dellAmministrazione, le caratteristiche socio-economiche del territorio, la tipologia di

attivit presidiate, la tipologia dei soggetti esterni con i quali lAmministrazione entra in relazione, la complessit delle procedure e dellarticolazione organizzativa. Tuttavia, lesperienza internazionale e nazionale mostrano che vi sono delle aree di rischio ricorrenti rispetto alle quali potenzialmente tutte le pubbliche amministrazioni sono esposte. Tali aree devono essere analizzate ed indicate nel Piano da parte di tutte le Amministrazioni, seguendo la struttura riportata nelle relative Linee Guida; qui le aree di rischio sono raggruppate in quattro macro-categorie (personale, esternalizzazioni e rapporti con soggetti privati, rapporti con cittadini e imprese, area finanziaria), con la precisazione che ciascuna delle quattro macro-categorie raggruppa delle aree ad elevato rischio di corruzione, rispetto alle quali sono delineate la descrizione generale, lelenco esemplificativo dei rischi specifici, lelenco degli strumenti di prevenzione che ogni Amministrazione deve garantire per prevenire il rischio. 7 Gli strumenti in questione per lo pi richiamano misure ordinamentali gi previsti nella normativa, compresa la stessa L. 190/2012, che ne individua puntualmente una serie (si veda ad es. quanto previsto dai commi 17, 28, 32). Correttamente si rilevato come la strategia anticorruzione di per s ruota intorno ad alcuni cardini fondamentali: integrit dellazione amministrativa, buon andamento, etica. Tutti questi principi sono gi ampiamente presenti nellordinamento e trovano un riscontro in strumenti che gi da tempo sono stati o dovrebbero essere stati adottati dalle amministrazioni pubbliche. Di qui la conclusione, nelle richiamate Linee Guida, per cui, nellaffrontare unadeguata strategia di prevenzione della corruzione, innanzitutto occorre giungere al perfezionamento di tutti quegli strumenti che orientano lazione dellamministrazione pubblica verso quei principi (si pensi esemplificativamente agli strumentari in tema di trasparenza, di controllo dei risultati, di procedimenti amministrativi, di regole e norme nella gestione degli affidamenti allesterno, nonch nella selezione del personale e della sua valorizzazione). Da questo punto di vista vengono identificate alcune categorie di strumenti ricorrenti, i quali possono rispondere adeguatamente ad una strategia di prevenzione alla corruzione per la maggior parte dei rischi potenziali cui un ente pubblico pu essere esposto (atti organizzativi interni, quali ad esempio i regolamenti, mediante i quali individuare le regole, i criteri, i confini entro i quali si esplica lautonomia decisionale dellEnte e del soggetto titolare dellesercizio della funzione; procedure di controllo interno, eventualmente sostenute da adeguati sistemi informativi, protetti da potenziali manomissioni, e in grado di garantire la tracciabilit di chi ha compiuto lirregolarit, mirate a controllare i tempi dei procedimenti, i risultati, i costi di produzione, la presenza di irregolarit; queste procedure devono essere; azione di trasparenza, quali pubblicazione sui siti web, procedure di evidenza pubblica, individuazione dei procedimenti, dei loro termini e responsabili; sistemi di segnalazione dei casi di irregolarit, che garantiscano ai dipendenti la certezza di non subire ritorsioni o penalizzazioni di sorta, nei casi di segnalazione non manifestamente infondata; codici di comportamento, nellambito dei quali esplicitare norme di comportamento specifiche per ogni fase dei procedimenti, definendo un dettagliato sistema di sanzioni con riferimento specifico ai casi di condotta non conforme a quanto stabilito, nonch i soggetti responsabili di attivare il procedimento disciplinare e i tempi di conclusione dello stesso; percorsi di formazione specifica dei funzionari pubblici in materia di anticorruzione (analisi del rischio, strumenti di prevenzione), trasparenza, etica, integrit, rivolti in particolare, ma non solo, ai responsabili delle aree a maggiore esposizione al rischio di corruzione.

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ci precostituiti), nonch la loro saldatura attraverso il rilascio di un provvedimento amministrativo ampliativo per lesercizio dello jus aedificandi, rendono evidente lelevato rischio corruttivo che tali settori presentano. Poich controllare la pianificazione e consentire ledificazione significa controllare il valore della terra non sorprendente che luso, a livello amministrativo, della stessa attraverso atti normativi (i.e. regolamenti edilizi), atti amministrativi generali (strumenti urbanistici di vario livello) e provvedimenti amministrativi (permessi, licenze, autorizzazioni) appaiano generatori di considerevoli opportunit di corruzione politica ed amministrativa: in altri termini, quando un diritto di propriet nella decisiva disponibilit dellente pubblico (e, pi in generale, quando unattivit a rilevanza economica risulta conformata dalla previa decisione amministrativa: si pensi allattiguo settore del commercio con riguardo allapertura di centri commerciali o anche di strutture di media vendita; nonch al pi lato ambito delle concessioni amministrative nei settori del demanio, dei servizi pubblici, ecc.), il rischio di corruzione cresce, essendo generalmente riconosciuto che i pericoli di abuso aumentano ogni volta che un determinato assetto ordinamentale (sia a livello di normativa che di applicazione amministrativa) impedisce transazioni volontarie e quindi crea le condizioni di fondo per la crescita di mercati illegali. La pianificazione delluso del territorio e le modalit di esercizio dellattivit costruttiva, che sono i due livelli decisionali attraverso cui viene allocato e conformato lo jus aedificandi, costituiscono di conseguenza un settore ad alto rischio di corruzione, atteso che la grande dimensione degli interessi economici che ledilizia muove in ogni luogo crea una forte pressione. Ancoro di recente sia la letteratura in materia, anche in chiave comparativista, che i contributi statistico-ricostruttivi del fenomeno in questione evidenziano, da un lato, come i proprietari di terra (soprattutto di grande estensione, ma anche di singoli lotti) cos come gli operatori edilizi pi in generale (agenti e agenzie di sviluppo) scoprono che la loro terra, lottizzata per permettere edilizia residenziale ad alta densit, vale molto di pi che se fosse stata lottizzata per sviluppo industriale o abitativo a bassa intensit., di tal che la pianificazione e la conformazione dello jus aedificandi vengono ad essere soggetti ad enormi pressioni da parte dei funzionari pubblici, proprietari di terra e sviluppatori e che si verifichino frequenti casi di corruzione. Dallaltro, pongono in rilievo il rilevantissimo problema della cd. corruzione ambientale, atteso che, sempre pi spesso, attivit illegali come il traffico illecito di rifiuti o labusivismo edilizio, magari rivestito con il rilascio di concessioni illegittime, sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli: le inchieste analizzate hanno riguardato il ciclo illegale dei rifiuti (dai traffici illeciti agli appalti per la raccolta e la gestione dei rifiuti fino alle bonifiche); il ciclo illegale del cemento (dallurbanistica alle lottizzazioni, dalle licenze edilizie agli appalti pubblici); le autorizzazioni e la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici; le inchieste sulle grandi opere, le emergenze ambientali e gli interventi di ricostruzione. A conferma dellimportanza del settore nel contesto del-

le reti di corruzione viene un dato della situazione italiana, laddove si censito, anche attraverso lesame della relativa casistica giurisprudenziale, che linsieme delle procedure che riguardano luso del territorio - licenze edilizie, piani regolatori, varianti di destinazione - copre oltre un sesto del numero totale dei casi di corruzione registrati, cos collocandosi al secondo posto dietro solo gli appalti pubblici. b) quindi delineare i rischi specifici dellarea in questione: In termini generali vengono in rilievo fenomeni di improprio utilizzo, anche per effetto di un abuso quali-quantitativo delle stesse, di forme alternative e derogatorie rispetto alle ordinarie modalit di esercizio del potere pianificatorio o di autorizzazione allattivit edificatoria, quali, a titolo esemplificativo,: - adozione di varianti al piano o strumento urbanistico con adeguamento delle previsioni volumetriche e le possibilit edificatorie cui conseguano plusvalenze garantite dalla semplice concessione di edificabilit, a prescindere dalla effettiva edificazione; - procedure anomale (quanto a passaggi procedimentali: i.e omissione e pretermissione di apporti consultivi) o accelerate (quanto a modalit semplificate o ricorso a modelli provvedimenti amministrativi impliciti) di approvazione di piani di governo del territorio o strumento equivalente, con riferimento alle quali possono essere stati conclusi, per il tramite di alcuni professionisti, accordi corruttivi tra esponenti politici, funzionari amministrativi e diversi imprenditori per ottenere il mutamento della destinazione urbanistica delle aree di proprio interesse; - rilascio di sanatorie, accertamento di conformit e permessi, anche in variante, a costruire illegittimi, con particolare riguardo al riutilizzo a fini abitativi o di grande distribuzione o alberghieri di edifici, talora a seguito di processi di dismissione o riqualificazione; - eccessiva frequenza e distorto utilizzo del ricorso al permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici: trattasi di istituto di carattere eccezionale giustificato dalla necessit di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primati garantiti dalla disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 14, e mediante la specifica procedura (Cassazione penale, sez. III, 31/03/2011, n. 16591, anche sul prevalente indirizzo per cui per tale sua particolare natura si tende ad escludere che possa essere rilasciato in sanatoria dopo lesecuzione delle opere.); - assenso di lottizzazioni attraverso irregolari atti dellente e indebite sponsorizzazioni, grazie anche a legami di amicizia o parentela con politici e amministratori; - adozione di atti e provvedimenti atipici o sui generis, quali rilascio di un permesso di costruire in sanatoria con effetti temporanei o relativo soltanto a parte degli interventi abusivi realizzati od. ancora, subordinato allesecuzione di opere (cfr. in tema Cassazione penale, sez. III, 27/04/2011, n. 19587 con riguardo al rilascio un titolo abilitativo in sanatoria con validit di mesi sei dalla data del rilascio, prevedendosi, alla scadenza, la necessit di una richiesta di rinnovo);

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- approvazione di progetti edilizi, da realizzarsi su terreni sottoposti a vincolo paesaggistico-ambientale, in cui, per rendere pi celere e sicuro liter di approvazione del piano urbanistico, si ammorbidiscono i controlli (in primis degli organi tecnici con competenza paesaggistica) per evitare intoppi per ottenere il necessario nulla osta paesaggistico; - anomale velocizzazioni per il rilascio dei titoli abilitativi (sia ordinari che a sanatoria) o altre certificazioni (i.e. agibilit) anche per fare in modo di sistemare, con documenti falsificati, le pratiche di condono edilizio; - gestione molto disinvolta degli iter amministrativi da parte dellapparato amministrativo-politico (alterazione di protocolli, retrodatazione di atti amministrativi, produzione di false attestazioni di collaudo); - mancato seguito alle ordinanze di demolizione (accertamento di inottemperanza, esecuzione in danno, acquisizione al patrimonio dellente) ed improprio utilizzo della revoca delle stesse (ammessa solo quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorit, intervenuti successivamente allirrevocabilit della sentenza di condanna, che abbiano conferito allimmobile altra destinazione ovvero abbiano provveduto alla sua sanatoria, dovendo deve sussistere una incompatibilit insanabile e non meramente futura o eventuale con i concorrenti provvedimenti della p.a. che abbiano conferito allimmobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato la abusivit: Cassazione penale , sez. III, 11 maggio 2005, n. 37120); - omessa vigilanza su situazioni de-provvedimentalizzate (dia, superdia, D.I.A. in sanatoria, ecc; cfr. (Cassazione penale, sez. III, 29/09/2011, n. 41425 con riguardo ad una fattispecie relativa alla realizzazione di un muro di contenimento) con specifico riguardo a fattispecie di incerta e non univoca definizione (i.e. inclusione dellattivit di demolizione e ricostruzione dellopera con la stessa volumetria e sagoma di quella preesistente nellambito degli interventi di ristrutturazione edilizia) o dalla opinabile classificazione (i.e. pertinenze, strutture amovibili, ecc.); - ulteriori prassi omissive ed apparentemente meno significative, quali evitare di dare adeguata notizia dei cambiamenti di pianificazione o evitare di tenere pubbliche audizioni sulla questione; c) infine, porre in rilievo sia le misure di prevenzione che ogni amministrazione deve garantire - Monitorare, allinterno dei procedimenti delle varie amministrazioni interessate, tutte le applicazioni di norme/ prassi/regolamentazioni interne che consentano deroghe/eccezioni/varianti rispetto a soluzioni ordinarie e normali. Lintervento corruttivo tende ad annidarsi proprio in quella zona grigia in cui non c piena fisiologia (qui il pactum sceleris sarebbe quasi inutile) o evidente patologia (il rischio qui , di regola, troppo elevato): le parti del progetto criminoso tendono cio a dilatare la norma fino alla sua estrema elasticit, sfruttando la possibilit di interpretazioni estensivoanalogiche, forzando lammissibilit di varianti per eventualit straordinarie, snaturando lopportunit di procedure semplificate ed asistemiche. - Implementare la soglia dei controlli (soprattutto attraverso sia il rafforzamento dei controlli di gestione, finalizza-

c-bis) sia ulteriori misure di prevenzione - prevedere, anche in sede regolamentare, che in caso si realizzino situazioni di conflitto di interessi, anche qualora non vi sia un obbligo giuridico in tal senso, si debba rendere pubblica tale condizione e astenersi da qualsiasi atto nel procedimento di formazione della decisione. emanare disposizioni per regolamentare la rotazione periodica del personale,con particolare riguardo a quello che svolge le proprie mansioni nei settori pi esposti al rischio corruttivo, tra io quali la gestione di pratiche concernenti interventi abitativi, ledilizia, lurbanistica. - promuovere forme di partecipazione procedimentale anche in capo a enti esponenziali di interessi diffusi e aumentare la soglia di pubblicit e trasparenza delle determinazioni amministrative in materia (i.e. nel caso di varianti urbanistiche prevedere la pubblicazione, sul sito del Comune, anche della domanda dellinteressato, le risultanza, anche tecniche, della successiva fase istruttoria, le varie delibere con i relativi apporti consultivi, le loro motivazioni anche per relationem, tutte le norme utilizzate, le ragioni del credito bancario, ecc.). - adottare percorsi formativi per prevenire tentativi e fenomeni di infiltrazione corruttiva allinterno del ramo amministrativo di propria competenza; siglare specifiche

amministrativo

ti a valutare il rapporto costi-benefici dellazione amministrativa; sia il perfezionamento ed il miglioramento del collegamento tra il controllo interno e quello esterno), nei vari settori dellazione amministrativa inerenti la pianificazione urbanistica e la regolazione dellattivit costruttiva, il ricorrere,da parte dei vari uffici, a siffatte deroghe ordinamentali, soprattutto quando la frequenza statistica della loro utilizzazione ne tradisce lordinaria natura di eccezione al sistema - Verificare e rafforzare il puntuale rispetto del principio di separazione tra politica e amministrazione, in base al quale gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo mentre ai dirigenti spetta il compimento dellattivit amministrativa, della gestione e realizzazione dei risultati, per cui impedito ai titolari degli organi di governo, che sono espressione di una determinata volont politica, di ingerirsi anche nelladozione di decisioni attuative a valle del piano, che non comportano variante, e che pur tuttavia vengono frequentemente percepite come se siano sempre assunte, di fatto, dagli organi politici. - Stimolare forme di accordi interamministrativi (art. 15, L. 241/1990) in forza dei quali assicurare assistenza da parte di altre amministrazioni qualora gli enti competenti non siano in grado di assicurare la necessaria qualificazione professionale, in ragione delle dimensioni territoriali e per mancanza di risorse - Individuare, anche mediante incroci di dati, eventuali pratiche indebite e/o illecite, prevedendo obblighi di porre in essere atti di puntuale e sindacabile stima del valore economico dei diritti edificatori riconosciuti al privato e dellimpegno finanziario dallo stesso sostenuto in favore dellamministrazione, nonch verificando, in caso di intervento pianificatorio od autorizzatorio in variante, lassunzione di una decisione obiettiva e diligente, giustificata con motivazioni pubbliche.

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convenzioni, anche con le realt associative anti-corruzione, al fine di istituire delle strutture per la formazione obbligatoria e continuativa del proprio personale operante nei set-

tori strategici quali quelli dellurbanistica e delledilizia - sviluppare strumenti di gestione dei rischi e svolgimento di percorsi di formazione in materia di principi etici

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