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ORARIO DI LAVORO: LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO

di Anna De Lillo
Il D.Lgs n. 66 dell'8 aprile 2003, come modificato dal D.Lgs n. 213 del 19 luglio 2004, ha dato piena attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva comunitaria n. 93/104/CE e successive modifiche. Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 8 del 3 marzo 2005, ha fornito alcune importanti precisazioni in merito alla nuova disciplina dellorario di lavoro. Il D.Lgs n. 66/2003 si applica a tutti i settori di attivit, sia pubblici che privati. Si applica anche agli apprendisti maggiorenni, i quali possono svolgere lavoro straordinario e notturno ( Sono state escluse alcune categorie particolari di lavoratori, quali ad esempio il personale di mare, di volo, della scuola, delle forze armate ecc.) La legislazione rinvia frequentemente alla contrattazione collettiva. Poich non viene specificato alcun livello di contrattazione collettiva, il Ministero del Lavoro precisa che tale rinvio deve intendersi riferito a tutti i possibili livelli di contrattazione collettiva: nazionale, territoriale e aziendale. Larticolo 1 del D.Lgs n. 66/2003 prevede che si considera orario di lavoro "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attivit o delle sue funzioni". Sono quindi compresi anche i periodi in cui i lavoratori "sono obbligati ad essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessit". La nuova disciplina non esclude pi dalla nozione di orario di lavoro e dalla disciplina sulla durata massima della prestazione di lavoro le "occupazioni che richiedano per loro natura o nella specialit del caso, un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia". Nella nuova disposizione tali lavorazioni vengono esplicitamente escluse solo dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dellorario di lavoro (articolo 16 del D.Lgs n. 66/2003).

ORARIO DI LAVORO Lorario normale di lavoro fissato dal legislatore in 40 ore settimanali. Alla contrattazione collettiva riconosciuta la possibilit di:

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stabilire un orario inferiore alle 40 ore settimanali Tale riduzione, specifica il Ministero, assume validit ai soli fini contrattuali; riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno (regime multiperiodale). Con questa particolare gestione dellorario di lavoro nellarco temporale di riferimento non deve comunque essere superata la media riferita all'orario normale; costituisce lavoro straordinario ogni ora di lavoro effettuata oltre l'orario programmato settimanale. Ad esempio se in una settimana viene svolto un orario programmato di 50 ore la 51a ora di lavoro sar imputata a lavoro straordinario e quindi costituir motivo sufficiente per la comunicazione alla DPL; il superamento delle 48 ore settimanali, senza effettuazione di lavoro straordinario, non fa sorgere lobbligo di comunicazione alla DPL; resta comunque fermo il limite massimo delle 48 ore in media nel periodo di riferimento. Relativamente al concetto di settimana per il rispetto delle 40 ore (ovvero della durata inferiore prevista dalla contrattazione collettiva) il Ministero del Lavoro chiarisce che non deve necessariamente riferirsi alla settimana di calendario, ma anche ad un qualsiasi periodo di 7 giorni. Relativamente invece alla possibilit concessa alla contrattazione collettiva di introdurre il regime degli orari multiperiodali, il riferimento ad un periodo non superiore all'anno non deve intendersi come anno civile (1 gennaio - 31 dicembre), ma come un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dell'anno ed il corrispondente giorno dell'anno successivo, tenendo conto delle disposizioni della contrattazione collettiva. Viene infine evidenziata la scomparsa del limite giornaliero di durata della prestazione lavorativa e lintroduzione invece di un limite che pu essere ricavato dal combinato disposto dagli articoli 7 e 8 del D.Lgs n. 66/2003 pari a 13 ore giornaliere [24 ore 11 ore (riposo giornaliero) = 13 ore], ferme restando le pause. Un limite giornaliero alla prestazione lavorativa pu invece essere disposto dallautonomia privata, assumendo per esclusivamente un valore dal punto di vista contrattuale. L'articolo 16 del D.Lgs n. 66/2003 elenca le ipotesi per le quali non si applica la disposizione sulla durata settimanale di 40 ore di lavoro: La violazione per il mancato rispetto dellorario normale di lavoro punita in via amministrativa con la sanzione amministrativa da euro 25,00 a euro 154,00. Se la violazione si riferisce a pi di 5 lavoratori ovvero si verificata nel corso dell'anno solare per pi di 50 giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da euro 154,00 a euro 1.032,00 e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Per tale violazione non trova applicazione l'istituto della diffida (articolo 13, D.Lgs. n. 124/2004). Salvo diverso accordo in sede sindacale, l'orario settimanale non pu superare le 48 ore medie comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di 7 giorni calcolate su un periodo di riferimento non superiore a 4 mesi. Il limite delle 48 ore medie nel periodo di riferimento deve essere rispettato sia nel caso in cui il datore

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di lavoro stabilisca un orario rigido e uniforme sia nel caso in cui l'orario di lavoro venga disciplinato in senso multiperiodale. Il legislatore quindi non vieta prestazioni di lavoro che superino, nell'arco di 7 giorni, le 48 ore. Nella settimana lavorativa si potr superare tale limite purch vi siano settimane lavorative di meno di 48 ore in modo da effettuare una compensazione e non superare il limite delle 48 ore medie nel periodo di riferimento. Alla contrattazione collettiva concessa la facolt di elevare il periodo di riferimento fino a 6 mesi e, in caso di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, fino a 12 mesi. Per quanto attiene alle modalit di computo delle 48 ore settimanali il Ministero ha fornito alcune precisazioni che creano inevitabili problemi gestionali per i datori di lavoro. Infatti viene precisato che non devono essere considerate: assenze per ferie, malattia, gravidanza, infortunio, eccIl comma 1 dellarticolo 6 del D.Lgs n. 66/2003 prevede che "i periodi di ferie e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media". Sebbene la previsione normativa faccia esclusivo riferimento alle ferie e alla malattia, il Ministero ritiene possibile equiparare a tali assenze quelle dovute ad infortunio, gravidanza, ecc, cio assenze che si ricollegano allo stato di salute del lavoratore. Secondo linterpretazione del ministero tali assenze devono essere considerate neutre, con il conseguente slittamento del periodo di riferimento per il calcolo della media e il superamento del quadrimestre (ovvero il semestre o l'anno). Tale chiarimento comporta per il datore di lavoro lobbligo di considerare un periodo di riferimento diverso per ogni lavoratore dipendente. Infatti eventuali assenze per ferie, malattia, gravidanza, infortunio, ecc, di durata ovviamente differente da dipendente a dipendente, determinano periodi di riferimento differenti da dipendente a dipendente. Tutti i restanti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto restano, ricompresi nell'arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a 0; Il Ministero ha precisato che se il lavoro straordinario ed il relativo riposo compensativo siano effettuati in un medesimo periodo di riferimento non rilevano ai fini del superamento delle 48 ore, viceversa nel caso in cui il riposo compensativo venga concesso in un periodo di riferimento successivo, le ore di straordinario devono essere computate potendo quindi rilevare in positivo ai fini della media di 48 ore settimanali. In caso di cessazione del rapporto di lavoro il Ministero individua due casistiche: nel caso di cessazione di rapporti a tempo determinato di durata inferiore al periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi), per il calcolo dell'orario medio di lavoro necessario considerare l'effettiva durata del contratto di lavoro a termine. Si ritiene che unanaloga modalit di calcolo debba essere utilizzata anche nel caso in cui il rapporto di lavoro a tempo determinato abbia una durata superiore al periodo di riferimento, ma cessi a cavallo di due periodi di riferimento distinti. Si ipotizzi ad esempio un rapporto di lavoro a tempo determinato di durata pari a 6 mesi e un periodo di riferimento di 4 mesi. I primi 4 mesi vengono computati interamente ai fini della determinazione della media in quanto coprono lintero periodo di riferimento. Nel periodo di riferimento successivo, sempre ai fini del

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calcolo della media, si ritiene debbano essere invece considerati esclusivamente i 2 mesi restanti del rapporto di lavoro; Il comma 5, articolo 4 del D.Lgs n. 66/del 2003 stabilisce che "in caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unit produttive che occupano pi di dieci dipendenti il datore di lavoro tenuto a informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio". Tale obbligo, da adempiere entro 30 giorni dalla scadenza del periodo di riferimento, interessa ciascun datore di lavoro, ma solo per la singola unit produttiva con pi di 10 dipendenti. Ai fini del computo del limite dimensionale la circolare specifica che non devono essere computati i lavoratori somministrati, mentre i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in proporzione allorario svolto. Il Ministero nulla dice in merito ad apprendisti, contratti di formazione e lavoro, contratti di inserimento (ai sensi della Legge Biagi) e contratti di reinserimento. Si ritiene comunque che gli stessi vadano esclusi dal computo del limite dei 10 dipendenti poich il legislatore non si preoccupato di derogare alle norme istitutive di questi specifici rapporti. La comunicazione alla DPL deve riguardare il numero delle settimane in cui il limite di 48 ore risulta superato per ogni periodo di 7 giorni.

STRAORDINARIO Per lavoro straordinario si intende il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro. Non prevista una durata massima giornaliera delle prestazioni straordinarie, bens una durata massima settimanale che, cumulata con le ore di lavoro normale, non pu superare il livello medio di 48 ore. Il ricorso al lavoro straordinario legittimo: in presenza di un contratto collettivo applicato ovvero applicabile, che disciplini il ricorso al lavoro straordinario (in questo caso il limite massimo quello previsto dallaccordo, che pu essere superiore alle 250 ore annue fissata dalla legge); in assenza di contratto collettivo, in presenza di un accordo tra datore di lavoro e lavoratore (in questo caso il ricorso al lavoro straordinario non pu superare le 250 ore annue). In aggiunta ai limiti fissati dal contratto collettivo o dalla legge (250 ore annuali) il ricorso al lavoro straordinario consentito, salvo diversa disciplina collettiva: nei casi in cui non sia possibile fronteggiare eccezionali esigenze tecnicoproduttive attraverso l'assunzione di altri lavoratori; nei casi di forza maggiore; nei casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione. in caso di eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attivit produttiva, nonch allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti.

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Il lavoro straordinario deve essere computato separatamente rispetto al lavoro normale e deve essere retribuito con una maggiorazione il cui ammontare stabilito dalla contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva pu disporre che, in aggiunta o in alternativa alla maggiorazione retributiva, i lavoratori possano usufruire di riposi compensativi. In questo caso le prestazioni straordinarie eseguite non sono computabili ai fini della durata media dell'orario di lavoro prevista, nella misura massima complessiva delle 48 ore settimanali. La violazione di tutte le disposizioni sopra riportate in materia di lavoro straordinario comportano lapplicazione della sanzione amministrativa da euro 25,00 a euro 154,00. Se la violazione si riferisce a pi di 5 lavoratori ovvero si verificata nel corso dell'anno solare per pi di 50 giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da euro 154,00 a euro 1.032,00 e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. RIPOSO GIORNALIERO Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore, calcolate dall'ora di inizio della prestazione lavorativa. Ad eccezione delle deroghe previste dal legislatore, tale periodo di riposo un periodo minimo con la conseguenza che: qualsiasi accordo che preveda un periodo di riposo inferiore da considerarsi nullo e viene sostituito dal limite legale di 11 ore; risulta legittimo qualsiasi accordo tra le parti che preveda un periodo di riposo superiore a quello stabilito dal legislatore: in questo caso, specifica il Ministero, il lavoratore ha facolt di rinunciare al periodo di riposo compreso tra la misura convenzionale e quella minima prevista. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo salvo che per: le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata; le attivit che, per loro natura, sono svolte in modo frazionato come, ad esempio, l'attivit del personale addetto alle pulizie. Per queste attivit, il Ministero del Lavoro rimanda alla contrattazione collettiva per disciplinare le modalit di fruizione del riposo giornaliero. Nel periodo di riposo, nonch nellorario di lavoro, non si computano: i riposi intermedi; le pause di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti e complessivamente non superiore a 2 ore, comprese tra l'inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesto alcun tipo di prestazione lavorativa. La circolare n. 8/2005 precisa che da ritenersi abrogato il disposto di cui al comma 2, articolo 5 del RD n. 1955/1923 che prevedeva che i riposi normali, perch possano essere detratti dal computo del lavoro effettivo, debbono essere prestabiliti ad ore fisse ed indicati nellorario di cui allart. 12. Ne deriva, secondo il Ministero che: la pausa intermedia di 10 minuti pu anche essere mobile; decaduto lobbligo di esposizione dellorario di lavoro in luogo accessibile a tutti i dipendenti nonch la sua comunicazione allIspettorato del Lavoro. Uninteressante precisazione quella che la circolare n. 8/2005 fornisce in materia di riposo giornaliero in presenza di pi rapporti di lavoro contemporanei. Il lavoratore ha diritto al periodo di riposo giornaliero anche nel caso in cui sia titolare di pi rapporti di lavoro. Peraltro, precisa il Ministero del Lavoro, poich

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non esiste alcun divieto di essere titolari di pi rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha l'onere di comunicare ai datori di lavoro l'ammontare delle ore in cui pu prestare la propria attivit nel rispetto dei limiti indicati dal legislatore. Diventa quindi un onere del dipendente fornire al datore di lavoro le informazioni necessarie per permettere la corretta fruizione del riposo giornaliero. Il datore di lavoro, in assenza di tali informazioni, tenuto ad operare esclusivamente sulla base del proprio rapporto di lavoro. L'articolo 17 contiene le deroghe in materia di misura e consecutivit del riposo giornaliero. La deroga pu essere disposta anche da contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente pi rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione. Per poter derogare alla disposizione in materia di riposo le parti devono accordare ai prestatori di lavoro periodi equivalenti di riposo compensativo. La violazione della disposizione punita con la sanzione amministrativa da euro 105,00 a euro 630,00. Seppur tale sanzione non sia commisurata al numero delle giornate e al numero dei lavoratori interessati, il Ministero ritiene che vadano applicate tante sanzioni quanti sono i lavoratori interessati ed i riposi giornalieri non fruiti. PAUSE Il lavoratore ha diritto ad una pausa nella prestazione lavorativa quando la stessa ecceda le 6 ore giornaliere. La durata e le modalit della pausa sono stabilite dalla contrattazione collettiva; in assenza di particolari disposizioni da parte della contrattazione collettiva il lavoratore ha diritto ad una pausa di durata non inferiore a 10 minuti. Relativamente al periodo di pausa il Ministero precisa che: il periodo di pausa pu essere fruito anche sul posto di lavoro; il periodo di pausa non pu essere sostituito da compensazioni economiche; inquadrandola nella disciplina derogatoria di cui al comma 1, articolo 17 del D.Lgs n. 66/2003, legittima leventuale "concentrazione" della pausa all'inizio o alla fine della giornata lavorativa; la determinazione del momento in cui far godere della pausa lasciata al datore di lavoro. Tale momento pu essere scelto in qualsiasi momento della giornata lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere delle 6 ore di lavoro. Nel caso che l'organizzazione del lavoro preveda la giornata cosiddetta spezzata (pausa pranzo), lobbligo di fruizione della pausa pu essere assolto in coincidenza con il momento di sospensione dell'attivit lavorativa. I lavoratori che utilizzino in modo sistematico o abituale un'attrezzatura munita di videoterminali, per 20 ore settimanali, hanno diritto, qualora svolgano tale attivit

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per almeno 4 ore consecutive, ad una pausa stabilita dalla contrattazione collettiva. In assenza di specifica disposizione contrattuale, questi lavoratori hanno diritto a 15 minuti di pausa ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale, senza possibilit di cumulo all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro. Il tempo di pausa considerato orario di lavoro. RIPOSI SETTIMANALI Il lavoratore ha diritto ad un periodo di riposo settimanale: di almeno 24 ore consecutive; ogni 7 giorni; di regola coincidenti con la domenica. Il periodo di riposo settimanale deve essere cumulato con il riposo giornaliero, per un totale di 35 ore consecutive nelle ipotesi in cui il periodo di riposo sia individuato in 11 ore. In materia di riposo settimanale, fermo restando le disposizioni speciali previste dalla disciplina previgente, coesistono due categorie di eccezioni. Deroga alla periodicit, alla coincidenza con la domenica, alla durata e alla consecutivit del riposo settimanale prevista la possibilit di deroga alla periodicit (ogni 7 giorni), alla coincidenza con la domenica, alla durata (24 ore) e alla consecutivit del riposo settimanale per alcune attivit: le attivit di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale; le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata; per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attivit discontinue, il servizio prestato a bordo dei treni, le attivit connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuit e la regolarit del traffico ferroviario; altre deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva, purch ai lavoratori siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo o, in caso di eccezionale impossibilit oggettiva, che sia predisposta una protezione appropriata a favore degli stessi. prevista la possibilit di derogare alla coincidenza del riposo settimanale con la giornata di domenica, e quindi spostare le 24 ore consecutive di riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica, nei casi espressamente previsti dalla legge. Infine il Ministero del Lavoro evidenzia come la normativa in materia di riposo settimanale, e quindi lapplicabilit della sanzione prevista, sia applicabile anche a: dirigenti e personale direttivo; manodopera familiare; lavoratori del settore liturgico; lavoratori che operano a domicilio o in regime di telelavoro.

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La violazione della disposizione punita con la sanzione amministrativa da euro 105,00 a euro 630,00, cio i medesimi importi previsti in caso di violazione delle disposizioni relative al riposo giornaliero. limporto della sanzione deve essere moltiplicato per il numero dei lavoratori interessati ed i riposi settimanali non fruiti; FERIE ANNUALI Larticolo 10 del D.Lgs n. 66/2003 dispone che "il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane" e Il predetto periodo minimo di 4 settimane non pu essere sostituito dalla relativa indennit per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. stato introdotto per la prima volta, in modo espresso, il divieto di monetizzare il periodo di ferie corrispondente alle 4 settimane previste dalla legge, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno. Poich il legislatore esclude dal divieto di monetizzazione delle ferie i casi di risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dellanno, il Ministero precisa che, per quanto riguarda i contratti a tempo determinato di durata inferiore all'anno, sempre ammissibile la monetizzazione delle ferie. Con una precisazione assai rilevante e che avr certamente riflessi importanti sulla gestione dei rapporti di lavoro, il Ministero sottolinea che l'impossibilit di sostituire il godimento delle ferie con la corresponsione dell'indennit sostitutiva operante per la quota di ferie maturata a partire dal giorno dell'entrata in vigore del D.Lgs n. 66/2003, ossia dal 29 aprile 2003. Relativamente a tale precisazione preme evidenziare come tale apertura non sia supportata da nessuna disposizione legislativa. La Costituzione, cos come il Codice Civile, affermano che le ferie costituiscono un diritto irrinunciabile del lavoratore. Lapertura attuata dal Ministero verso la monetizzazione delle ferie maturate e non godute prima del 29 aprile 2003 costituisce quindi solo un orientamento ministeriale. comunque evidente che, sulla base di tale orientamento, i datori di lavoro potranno liberarsi degli arretrati di ferie non godute senza rischiare di incorrere in alcuna sanzione da parte degli enti verificatori. Dalla formulazione dellarticolo 10 il periodo di ferie pu essere suddiviso in 3 momenti: almeno 2 settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione, su richiesta del lavoratore. Allo scadere dellanno di maturazione, se il lavoratore non ha goduto interamente del periodo feriale di 2 settimane, il datore sar passibile di sanzione; ulteriori 2 settimane, da fruirsi anche in modo frazionato, ma entro 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione, salvi i pi ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva. Nell'ipotesi in cui la contrattazione stabilisca termini meno ampi per la fruizione di tale periodo (ad esempio 6 mesi) il superamento di questi ultimi, quando venga comunque rispettato il termine dei 18 mesi, determina esclusivamente una violazione contrattuale; eventuale ulteriore periodo, superiore al minimo di 4 settimane stabilito dalla legge, che potr essere fruito anche in modo frazionato, ma entro il termine stabilito dall'autonomia privata dal momento della maturazione. Tali giornate possono dunque essere fruite anche in un periodo successivo ai 18 mesi dalla

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loro maturazione previsti dal legislatore. Questo ulteriore periodo pu anche essere monetizzato. Infine il Ministero del Lavoro evidenzia come la normativa in materia di ferie, e quindi lapplicabilit della sanzione prevista, sia applicabile anche a: dirigenti e personale direttivo; manodopera familiare; lavoratori del settore liturgico; lavoratori che operano a domicilio o in regime di telelavoro. La violazione di tale disposizione punita con la sanzione amministrativa da euro 130,00 a euro 780,00 per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione. Tale sanzione verr applicata in caso di: mancata concessione di un periodo di ferie di 2 settimane nel corso dell'anno di maturazione; mancata concessione di un periodo di 2 settimane di ferie consecutive, se espressamente richiesto dal lavoratore; mancata fruizione del restante periodo minimo di 2 settimane nei 18 mesi successivi all'anno di maturazione. Nei casi di sospensione del rapporto di lavoro che rendano impossibile fruire delle ferie secondo il principio della infra-annualit, il Ministero del Lavoro non fornisce istruzioni operative ai datori di lavoro. Dal punto di vista sanzionatorio afferma semplicemente che occorrer valutare con attenzione ed equilibrio ogni singola situazione.

DEFINIZIONE DI LAVORO E DI LAVORATORE NOTTURNO Il lavoro notturno quello prestato in un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino. Ne consegue che lavoro notturno quello svolto tra le 24 e le 7, ovvero tra le 23 e le 6, ovvero tra le 22 e le 5, indipendentemente dalla eventuale maggiorazione retributiva prevista dalla contrattazione collettiva. Il lavoratore notturno colui che: svolge, durante il periodo notturno, almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero normale; svolge, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro; in assenza di indicazioni da parte della contrattazione collettiva svolge, svolge, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo tempo di lavoro giornaliero per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno. Ne consegue che si considera lavoratore notturno anche colui che non impiegato in modo normale durante il periodo notturno, ma che svolge comunque, per un periodo anche frazionato di almeno 80 giorni lavorativi nellanno solare, lavoro notturno. Se il superamento del limite degli 80 giorni avviene a causa di eventi eccezionali e straordinari (gravi incidenti agli impianti o nell'esercizio di particolari servizi, calamit naturali), il lavoratore non da considerarsi lavoratore notturno.

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lavoratore, per poter svolgere prestazioni di lavoro notturno, deve esserne ritenuto idoneo tramite accertamento medico. Tale accertamento medico deve essere effettuato prima dell'esecuzione di prestazioni di lavoro notturno ad opera delle strutture sanitarie pubbliche competenti o per il tramite del medico competente di cui al D.Lgs 626/94. I lavoratori notturni, la cui idoneit sia gi stata verificata ai sensi della legge previgente, non devono essere sottoposti ad un nuovo accertamento. Oltre allaccertamento medico iniziale, lo stato di salute dei lavoratori notturni deve essere periodicamente verificato. La periodicit di tali controlli individuata dal legislatore in almeno 2 anni. Anche tali controlli devono essere effettuati dalle competenti strutture sanitarie pubbliche o dal medico competente e, precisa il Ministero, devono avvenire a cura e spese del datore di lavoro. vietato adibire al lavoro dalle 24 alle 6 le donne in gestazione. Tale divieto opera dall'accertamento dello stato di gravidanza (o dal momento in cui il datore di lavoro ne venuto a conoscenza) fino al compimento di un anno di et del bambino. I contratti collettivi possono stabilire particolari requisiti al verificarsi dei quali i lavoratori hanno la facolt di non prestare lavoro notturno. Lesercizio di tale facolt deve essere comunicata per iscritto al datore di lavoro entro le 24 ore precedenti il previsto inizio della prestazione. comunque facolt del datore di lavoro accettare anche la comunicazione di rifiuto avvenuta in un termine inferiore rispetto a quello previsto. Larticolo 11 del D.Lgs n. 66/2003 prevede che abbiano facolt di rifiutarsi di prestare lavoro notturno: la lavoratrice subordinata, madre di un figlio di et inferiore di 3 anni o, qualora la stessa non abbia esercitato la facolt di rifiutare l'esecuzione di prestazioni di lavoro notturno, il lavoratore padre convivente che sia anch'esso lavoratore subordinato; l'unico genitore affidatario e convivente di un minore di et inferiore a 12 anni; coloro che abbiano a loro carico un soggetto disabile ai sensi della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate . Il datore di lavoro ha l'obbligo di comunicare per iscritto, annualmente, l'esecuzione di lavoro notturno continuativo oppure compreso in turni periodici regolari. Tale comunicazione deve essere effettuata ai Servizi ispettivi della DPL competente e alle organizzazioni sindacali titolari del diritto ad essere consultate al fine dell'introduzione del lavoro notturno. Tale obbligo di comunicazione non sussiste se il contratto collettivo applicato in azienda disciplina in modo specifico l'esecuzione di lavoro notturno continuativo oppure compreso in turni periodici regolari. L'articolo 13 del D.Lgs. n. 66/2003 prevede che, per tutti i lavoratori notturni, l'orario non pu superare le 8 ore, in media, nell'arco di 24 ore calcolate dal momento di inizio dell'esecuzione della prestazione lavorativa. Tale limite costituisce quindi una media fra ore lavorate e non lavorate che, in mancanza di una esplicita previsione normativa, pu essere applicato, precisa il Ministero, su di un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa (salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo pi ampio sul quale calcolare detto limite). In altre parole il lavoratore non pu

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superare il rapporto medio di 1/3 (derivante dal rapporto di 8 ore di lavoro su 24 ore giornaliere) fra le ore lavorate e le ore non lavorate nell'ambito di un arco temporale che, sebbene la norma non lo preveda espressamente, pu essere individuato nella settimana lavorativa, ovvero in un pi ampio periodo di riferimento stabilito dalla contrattazione collettiva. Nel caso in cui le condizioni di salute del lavoratore comportino l'inidoneit alla prestazione di lavoro notturno (inidoneit che deve essere certificata dalle competenti strutture sanitarie pubbliche o dal medico competente), il lavoratore pu essere trasferito al lavoro diurno. Il comma 1, articolo 15 del D.Lgs n. 66/2003 precisa che il trasferimento al lavoro diurno potr avvenire solo se risultano esistenti e disponibili altre mansioni equivalenti. In mancanza di tali condizioni, precisa il Ministero, il datore di lavoro ha facolt di risolvere il rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo. Alla contrattazione collettiva attribuita la facolt di definire le modalit di applicazione delle disposizioni in materia di trasferimento al lavoro diurno e di individuare le soluzioni per le ipotesi in cui manchino le condizioni per l'assegnazione al lavoro diurno del prestatore di lavoro notturno. La violazione di tale disposizione punita con l'arresto da 2 a 4 mesi o con la sanzione da euro 516,00 a euro 2.582,00. Il Ministero precisa che si verifica tale violazione quando vi sia piena consapevolezza, da parte del datore di lavoro, dello status della lavoratrice. Si avr pertanto lapplicazione della sanzione solo nel caso in cui esista una comunicazione in tal senso da parte della stessa lavoratrice ovvero quando il datore di lavoro venga a sapere da altra persona della condizione soggettiva che fa scattare il divieto. La violazione dellobbligo dei controlli preventivi e periodici sui lavoratori notturni punita con la sanzione dell'arresto da 3 a 6 mesi o con l'ammenda da euro 1.549,00 a euro 4.131,00. Il Ministero precisa che tale previsione punisce l'omesso controllo medico biennale. lasciata alla contrattazione collettiva la possibilit di introdurre disposizioni di miglior favore volte a ridurre l'intervallo temporale fra le visite mediche periodiche. Sar per sanzionato solo il superamento del limite biennale posto dalla norma. Il Ministero del Lavoro evidenzia come la normativa in materia di lavoro notturno, e quindi lapplicabilit delle sanzioni previste, sia applicabile anche a: dirigenti e personale direttivo; manodopera familiare; lavoratori del settore liturgico; lavoratori che operano a domicilio o in regime di telelavoro. Relativamente alla categoria dirigenti e personale direttivo il Ministero precisa che possono rientrare in tale categoria altre figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, detengono possibilit di iniziativa, discrezionalit e di determinazione autonoma del proprio tempo di lavoro.

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ABROGAZIONI Le disposizioni di legge e di regolamento in materia di orario di lavoro sono abrogate salve quelle espressamente richiamate dal decreto legislativo n. 66 del 2003. In particolare da ritenersi abrogato l'art. 12 del Regio Decreto n. 1955 del 10 settembre 1923, relativo all'obbligo di esporre in luogo accessibile a tutti i lavoratori l'orario di lavoro, e il Decreto Ministeriale 3 agosto 1999, pubblicato sulla G.U. n. 186 del 10 agosto 1999, perch emanato in attuazione dell'art. 1, comma 2 bis, della Legge n. 409 del 1998, oramai abroga.

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