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maggio - giugno 2011

di

Maurizio Bonanno

MettiaMo a dieta
il leviatano!

econdo un recentissimo studio della UIL, dallo


Stato centrale alle Regioni, sino alle famigerate
auto blu, la macchina politica, nel nostro paese,
ha un costo di 24,7 miliardi di euro lanno.
Negli ultimi dieci anni, come evidenziato in questo rapporto, i costi della politica sono cresciuti di ben
il 40% . Nellanno in corso, per il funzionamento degli
Enti locali (Regioni Province, Comuni), le spese previste
sono di 3,3 miliardi di euro. Nel 2011 il solo costo di
funzionamento di Consigli e giunte regionali di 1,4
miliardi, che pari al 14,2 del gettito derivante dalladdizionale Irpef. Le auto blu incidono, per quanto
concerne la gestione, per 4, 4 miliardi annui. Per il
personale di nomina politica, (i contrattualizzati, per
segreterie di presidenti, sindaci e assessori), invece, 1,5
miliardi di euro. E per finire,
i compensi per le cosiddette
spese di rappresentanza,
il funzionamento dei CdA,
degli organi collegiali delle
societ pubbliche o partecipate ad enti, locali e nazionali hanno richiesto una
spesa, nellanno 2010, di
2,5 miliardi di euro; mentre
per la direzione di Aziende
Sanitarie e ospedaliere la
cifra stata di oltre 350
milioni di euro.
Dinanzi ad una tale
enormit, il caso di ragionare seriamente sui costi
della politica e sulla conseguente tassazione che grava su ciascun cittadino. Perch, facendo due conti, si scopre che i 24,7 miliardi
di euro equivalgono al 12,6 del gettito Irpef, che
equivale a 640 euro annui per il contribuente.
Con questo studio presentato dalla UIL (ed sintomatico che a redigerlo sia un sindacato), si dimostra
che, sfrondando sprechi, inefficienze e doppioni, si
potrebbero risparmiare 10,1 miliardi di euro lanno:
Un tesoretto - spiegano gli esperti UIL - da utilizzare
per abbattere le tasse, a partire dallazzeramento
di pari importo delle addizionali regionali e comunali
Irpef, oppure per aumentare le tredicesime, detassandole, in media per circa 400 euro. Non molto, ma
sempre meglio di niente, specie di questi tempi. E tutto

ci, senza ridurre minimamente le prestazioni


sociali/servizi al cittadino, ma semplicemente decurtando del 20% i costi diretti o indiretti della politica
(18,3 miliardi di euro).
Ancora meglio, ancora di pi si potrebbe
fare correggendo le inefficienze dalla pubblica
amministrazione, cancellando enti inutili, primi fra
tutti Province, Comunit Montane e Prefetture,
procedendo allaccorpamento dei piccoli Comuni
sotto i 5 mila abitanti.
Insomma, una dieta drastica, ma salutare per lo
Stato, che in tal mondo acquisirebbe snellezza burocratica e velocit attuativa per ci che pi facilmente
potrebbe essere programmato, alleggerendo contemporaneamente il
peso di una tassazione
che penalizza conseguentemente le singole libert di ciascun
cittadino.
Non semplice, n
facile imboccare una simile strada, perch i
primi e seri ostacoli verrebbero frapposti proprio da parte di quel
sistema politico che in
Italia pesante e si rifocilla attraverso questi
meccanismi, ma questa
lunica cosa da fare,
questo lobiettivo da
raggiungere.
Come? Parlandone,
raccontando la verit, mostrando quanto sia vessatorio, inevitabilmente vessatorio, uno Stato che deve
foraggiare le sue infinite articolazioni, la maggior
parte delle quali non necessarie.
Attraverso una presa di coscienza dellopinione
pubblica, della quale beneficerebbe lintero Paese,
consentendo ai politici di avere un atteggiamento pi
morigerato, restituendo cos un po di credibilit alla
politica italiana, prevenendo finalmente quei casi di
spreco denunciati ogni anno dalla Corte dei Conti
e che si verificano inesorabilmente in tutta Italia.
E sta anche a noi svolgere opera di informazione
e di pressione. Proviamoci!
direttore@fondazionescoppa.it

maggio - giugno 2011

di

Carlo lottieri

dieci piccole riforMe


a costo zero

A dispetto
dei problemi
di finanza
pubblica, ci
sarebbero
molte riforme, a
costo zero, che
potrebbero
aiutare le
famiglie e
le imprese

Italia bloccata, incapace di crescere, priva di


slancio. Eppure - a dispetto dei problemi di finanza
pubblica - ci sarebbero molte riforme (anche di
modesta entit) che potrebbero aiutare famiglie e imprese. Nelle scorse settimane abbiamo deciso di individuarne 10, offrendole allattenzione del ceto politico
italiano. Senza nutrire illusioni, sia chiaro.
1. Cancellazione delle province. Leconomia italiana deve fare i conti non soltanto con una pressione
fiscale oppressiva, ma anche con una autentica piovra
di burocrati che intralciano la libera iniziativa e falsano
il mercato. Se oggi una vera industria culturale, ad
esempio, fatica a crescere anche perch assessori e
funzionari finanziano amici e clienti. Per ridimensionare
questa idra dalle mille teste si pu partire dal pi inutile
dei livelli di governo: quello provinciale. Ne guadagneranno le tasche dei contribuenti, ma anche le opportunit di successo di quanti operano sul mercato.
2. Privatizzazione di imprese pubbliche (Eni, Enel,
Cassa depositi e prestiti, ecc.) e municipalizzate. Un
mercato non tale se alcune aziende possono costantemente contare sugli aiuti pubblici e altre invece, se
vanno male, chiudono. dunque necessario avviare un
ampio progetto di privatizzazioni, cos da separare definitivamente politica ed economia, allinsegna del motto
Libera impresa in libero Stato.
3. Cessione delle case popolari e creazione, con il
ricavato, di buoni-affitto. La politica in tema di edilizia
popolare stata fallimentare, producendo disagi sociali, ingiustizie, privilegi. In molte occasioni si sono costruiti orribili alveari, che hanno prodotto infelici
segregazioni urbanistiche. Gli enti pubblici devono ritrarsi, ma per far questo bisogna vendere le case popolari e utilizzare il ricavato per aiutare con assegni
temporanei quanti hanno difficolt economiche.
4. Abolizione di ogni ostacolo al lavoro. In Italia
vi sono moltissime norme che ostacolano la libera
iniziativa - gli orari di apertura dei negozi, per esempio
- e lincontro tra domanda e offerta, causando alti livelli
di disoccupazione. Soprattutto al Sud, queste regole
impediscono rapporti capitalistici tra adulti consenzienti,
generando solo povert, mercato nero, emigrazione.
Bisogna che ogni norma in materia di lavoro possa essere superata per via negoziale, se vi laccordo delle
parti. Se uno pu votare sullaborto o sulla responsabilit dei giudici, perch poi non pu decidere sul suo personale contratto di lavoro?
5. Liberalizzazione dei metodi alternativi di risolu-

zione delle controversie. La giustizia civile non funziona:


in primo luogo perch una realt fuori mercato. Nel
resto del mondo stanno crescendo i metodi alternativi
di risoluzione delle controversie: larbitrato (dove la sentenza formulata da un giudice privato, scelto dalle
parti) e la mediazione (che non si conclude con una sentenza, ma con un accordo extragiudiziale). Si smetta di
intralciare questi istituti, permettendo a chiunque lo voglia di fare larbitro o il mediatore e lasciando che sia
il mercato a giudicarne le qualit.
6. Consolidamento delle regole sulla concorrenza
(ad esempio, sganciare Rfi da Trenitalia). Troppi settori
soffrono le conseguenze di privatizzazioni e liberalizzazioni solo parziali: specie nel caso dei sistemi a rete.
C bisogno che le aziende che utilizzano i medesimi
binari o lo stesso cavo siano poste su un piano di parit.
7. Trasformare gli ordini in associazioni, partendo
da notai e giornalisti. Anche se il regime fascista morto
nel 1945, molta di quella cultura ancora viva. Lo testimonia il persistere delle corporazioni. Si trasformino
gli ordini in associazioni a cui ci si pu iscrivere oppure
no, lasciando a chiunque la libert di praticare la professione che predilige.
8. Abolizione del valore legale del titolo di studio.
Questo obbrobrio non trova alcuno spazio nel settore
privato (dove vali per quello che sai e sai fare, e non
certo per un pezzo di carta). Non cos, per, nel pubblico, che sacralizza bolli e pergamene. Si ascolti Luigi
Einaudi e si volti pagina.
9. Fine del regime che regola limita lapertura di
nuove farmacie. Perch in una qualunque strada di un
villaggio della Georgia caucasica possibile trovare
una fianco allaltra, tre farmacie e in Italia no? La nostra
legge autorizza solo una farmacia ogni 5 mila abitanti
e per fare il farmacista lo deve essere anche tuo padre.
Le lenzuolate del centro-sinistra hanno introdotto qualche parziale modifica. C qualcuno che sappia essere
un po pi liberale di Bersani?
10. Fine dellobbligo di iscrizione alle camere di
commercio. Come per gli ordini, necessario che queste
realt siano indotte a mettersi a disposizione degli iscritti
e offrire servizi di qualit. Ma lunico modo perch ci
avvenga che artigiani, industriali o commercianti possano decidere di non pagare la quota associativa.
una soluzione semplice. Lunica che esiste.
Universit degli Studi di Siena
lottieri@tiscalinet.it

la BUliMia dello stato


e la via verso laBisso
di alessandro Vitale

onostante lapparenza dei tagli generalizzati, gli Stati continuano ad espandere


la spesa pubblica e a finanziare i gruppi
privilegiati e quei disparati settori, un tempo in
mano alle persone e ai gruppi, che hanno finito
per occupare, militarmente, nel periodo Otto-novecentesco. La spesa infatti selettiva: il che significa continuare a
estrarre ricchezza dalle tasche di alcuni cittadini per darla ad altri,
allocando risorse politicamente, anche se i destinatari cambiano (ma
non i tartassati) e la spesa complessiva cresce. Non un caso se
anche la pressione fiscale aumenti costantemente - sebbene abilmente occultata dai sibillini calcoli della contabilit nazionale, che
ormai sfuggono di mano persino ai contabili ufficiali - e si faccia
ormai insostenibile per i produttori reali di risorse. Del resto, come
scriveva Vilfredo Pareto a Maffeo Pantaloni, noto che [I politici]
pi ne hanno e pi ne spendono, alla faccia della ridicola mitologia
del pagare tutti, pagare meno. I frutti della lotta allevasione finiscono immediatamente in una spesa ancora maggiore di prima,
contribuendo a rendere la situazione insostenibile. Alcuni settori, fino
a oggi prioritari per gli Stati, sono invece finanziati solo quel tanto
che basta per puntellare ancora la giustificazione sottostante allideologia dei servizi pubblici (scuole, Universit, ecc.), sempre pi
catastrofici e nemmeno paragonabili a quello che sono stati quando
lo Stato moderno non li aveva ancora monopolizzati con la forza.
Lallocazione politica delle risorse prodotte sul mercato e accaparrate dagli Stati obbedisce a logiche elettorali, clientelari, mafiose e
di mantenimento a ogni costo del potere. Quel che peggio, per,
che si tratta di una logica espansiva, che si autoalimenta senza
fine, ovunque non incontri veri ostacoli. Nemmeno Francia o Germania, con la loro pretesa razionalizzazione, ne sono esenti. Sebbene
questultima abbia cercato di introdurre vincoli costituzionali alla
spesa, essa invece si espande (la spesa sul PIL in costante crescita),
alimentata dai traballanti sistemi di Welfare, dalla centralizzazione
politica e dallenorme proliferazione burocratico-parassitaria che
tutto quello comporta. Al vertice si collocano agevolmente consorterie
politico-burocratiche e magnati dindustria compartecipi della regolamentazione e dei favori statali, che assaltano letteralmente le
casse pubbliche in formazioni compatte e indifferenti alle procedure
formali o alle apparenti lotte parlamentari e che utilizzano la propaganda pi sfrontata per convincere quanti pi individui possibile
che il mercato non sia in tanti campi una buona soluzione, soggetto

com a fallimenti. In questo modo si alimenta senza sosta la bulimia degli Stati, la loro pretesa di continuare a gestire tutto, non importa in che modo, perpetuando rendite politiche monopolistiche e
privilegi e unimmane distruzione di risorse, dissipate in infiniti canali
improduttivi o in investimenti apparenti, che non possono mai, come
dimostrano la storia e la logica economica, produrre ricchezza al
pari delle risorse lasciate in mano agli individui nel mercato e nello
scambio. Saltati tutti i limiti al prelievo fiscale, dominano cos ovunque
la discrezionalit politica assoluta, la politica del giorno per giorno,
giustificate da continuamente invocate fantomatiche emergenze, non
solo nel teratologico sistema italiano.
Qualcosa per in questa bulimia dello Stato si sta incrinando.
La contropartita che il sistema statale di governo richiede giorno
dopo giorno diventata enorme.
Gli eternamente tartassati (soprattutto i ceti medi) incominciano
ad accorgersi che questa macchina devastatrice e distruttrice di risorse sfuggita di mano anche agli apprendisti stregoni, capaci
solo di assegnare le ricchezze prelevate a ceti e a categorie arbitrariamente scelti. Beni che gruppi e individui potrebbero benissimo
produrre e gestire da soli sono sottratti agli scambi volontari e finiscono nel calderone, giustificato da uninesistente equit, in cui i rapinati pagano per servizi fruiti da pochi, oppure che non sono
nemmeno desiderati. Tutte le promesse di un miglioramento del tenore di vita si rivelano un fallimento generale, con laumento mostruoso di sacche di povert corrispondenti a interventi inefficaci e
controproducenti, finanziati da unenorme spesa. I governi non riescono a mantenere istituzioni commisurate ai bisogni. La bulimia dello
Stato moderno appare sempre pi come una malattia mortale, non
pi curabile con lutopia dello Stato minimo e costituzionale.
Se gli individui, ormai privi di diritti di propriet su s stessi e sul
frutto del proprio lavoro - e sempre pi coinvolti in una guerra di
tutti contro tutti per accaparrarsi le risorse raccolte dallo Stato hanno a lungo sopportato livelli di tassazione come quelli contemporanei, mai visti prima nella storia, prima o poi, quando le nebbie
ideologiche dei beni pubblici, della propriet pubblica (forma
contemporanea dellantico bottino di guerra), della redistribuzione
e dei servizi incominceranno a diradarsi, apparir in pieno tutta la
realt della politica, forse presenteranno il conto di un inganno del
quale prima non si erano accorti.
Universit degli Studi di Milano
alessandro.vitale@libero.it

maggio - giugno 2011

la politica e
latrofia sociale
Come uscire dal sonno morale che
viene indotto dagli interventi della politica
di P ietro

i ritiene che un uomo


adulto non dovrebbe bere, e
quindi lo si riempie di tasse
sui superalcolici. E dato che
i rischi inutili sono, per definizione, inutili, tanto vale multarlo se guida
senza cinture, o stampare sui pacchetti di sigarette immagini tratte dai film di Quentin
Tarantino. Di certo, poi, non si pu lasciare
che decida da s con chi lavorare e a quali
condizioni: dove andrebbe senza la tutela
paterna, o paternalista, dei sindacati? E i
suoi risparmi non deve poterli gestire di persona: meglio imporgli una badante finanziaria. E figuriamoci se un adulto sia in grado
di fondare associazioni, gestire servizi sociali
e beni collettivi: fondamentale che queste
responsabilit gli vengano tolte di mano e
date ai politici.
In sostanza, lo Stato fa in modo che il
cittadino non debba occuparsi di nulla. Eppure le nostre baby-sitter politiche si rivelino
spesso pi inefficienti e irresponsabili dei cittadini. Ed evidente che dietro queste amorevoli cure si possano facilmente nascondere
interessi economici di lobby ammanicate
col potere, o la sete di potere delle lite politiche e burocratiche.

M onsurr
Molto spesso sembra che la politica
tratti la popolazione come una massa di minorenni bisognosi di cure e attenzioni, salvo
poi periodicamente innalzarla al rango di
sovrano in prossimit delle elezioni. E qui
nasce una tensione, perch coloro che sono
ritenuti in grado di contribuire a determinare
le politiche di una nazione sono gli stessi che
non sono ritenuti capaci di amministrare le
loro vite. Buonsenso vorrebbe che una persona ritenuta in grado di decidere ci che
riguarda la vita di tutti dovrebbe anche essere in grado di decidere ci che riguarda
la sua vita, ma in politica il buonsenso, si sa,
non benvenuto.
particolarmente preoccupante il fatto
che parrebbe che a trattare gli adulti come
se fossero bambini si provoca effettivamente
uninfantilizzazione della societ. Le abilit
si sviluppano con labitudine e la pratica: chi
abituato a cooperare con altre persone
sviluppa le qualit morali e intellettuali necessarie a cooperare, e chi abituato a servire, al contrario, non le sviluppa. Attacca
lasino dove vuole il padrone non un proverbio da popolo libero, ma in Italia di proverbi del genere ce ne sono decine. Il
cittadino di una democrazia pu avere tutto
senza doversi impegnare, semplicemente

chiedendo allo Stato-balia di realizzare i


suoi desideri: lunico suo dovere pagare le
tasse. Il cittadino spesso , come ricorda Antiseri, un mendicante che di mestiere fa lelettore.
Il brutto che la natura umana pare sia
particolarmente attratta da questa situazione: togliersi il peso della responsabilit e
dellincertezza dalle spalle sicuramente
una grande liberazione (e questa non centra nulla con la libert): pagare tasse e subire regolamentazioni pu sembrare un
piccolo costo da pagare per liberarsi del
peso dellesistenza individuale, soprattutto
quando le tasse sembrano pagate da altri.
Dallespansione dellintermediazione
politica consegue naturalmente un cambiamento di mentalit, e le due cose assieme
formano un meccanismo che si auto-rafforza:
meno si capaci di prendere decisioni, pi
le si devolve alla politica, e viceversa.
Gli americani di Tocqueville, quasi due
secoli fa, erano capaci di organizzarsi per
risolvere innumerevoli problemi: si riunivano,
discutevano, ed agivano. Ancora pi di cento
anni dopo, gli americani di Eric Hoffer erano
in grado di arrivare in un cantiere e organizzarsi con decine di sconosciuti per costruire
un ponte senza bisogno di un capo. C da
chiedersi se oggi si troverebbe oltreoceano
la stessa capacit di organizzazione e autogoverno che caratterizzava gli americani
del passato: probabilmente no, perch la
politica tende a causare la perdita del capitale sociale necessario alla cooperazione
con i propri simili, e ad atrofizzare le istituzioni sociali che la rendono possibile. In Italia
questo capitale sociale non probabilmente
mai stato molto, perch non siamo mai stati
liberi e dunque non ne abbiamo mai avuto
bisogno.
Per secoli lumanit ha cercato il segreto
delleterna giovinezza: la politica moderna
ha scoperto quello delleterna minorit. Ci
evidente ad esempio nel motto noi la crisi
non la paghiamo che ha spesso riecheggiato durante lattuale crisi economica: la
principale preoccupazione di molti sembra
trovare qualcun altro che paghi il conto al
posto proprio.
Se si vuole uscire dal sonno morale che
viene naturalmente istigato dalla politica,
visto che di problemi da risolvere ormai ce
n uninfinit, occorre riacquistare la volont
di riprendere il controllo delle nostre vite. E
magari se ne guadagnerebbe non solo in
PIL, ma anche in dignit.
La Sapienza - Universit di Roma
pietromonsurro@hotmail.it

di

lorenzo infantino

Edimburgo (Scozia) - Statua di Adam Smith

IL probLema
DeI beNI pubbLICI

a trasformazione dello Stato da strumento di sfruttamento po- E tale confine sembrato sicuro sin quasi alla fine dellOttocento.
litico a complemento della cooperazione sociale la grande Ma nel secolo successivo si verificato lo scardinamento di quella
acquisizione della culturale liberale. un passaggio che si frontiera. vero: il ceto politico ha sempre interesse ad allargare la
realizzato lentamente e che non ci pone al riparo da possibili indie- sfera dellintervento pubblico. E tuttavia ci si realizzato solo
treggiamenti. Corriamo permanentemente il rischio di dover subire quando alla sovranit della legge, del diritto cio inteso come
ricadute nello sfruttamento politico. Infatti, considerare il diritto complesso di norme generali e astratte, si sostituita lidea della socome il prodotto del processo interattivo che si svolge allinterno della vranit popolare e il suo corollario: che cio il Parlamento eletto dal
societ e attribuire a ciascun individuo, nella sua condizione locale, popolo potesse, sulla base di quella investitura, interferire con tutto
una conoscenza superiore a quella di qualunque autorit non sop- e far coincidere il diritto con la propria legislazione. Processo che
prime la funzione del Legislatore e della politica. La relega sola- stato poi facilitato da quelle teorie economiche (in particolare, quelle
mente in posizione residuale. Nella classica formulazione di Adam di ispirazione keynesiana), che hanno posto in discussione la regola
Smith, il sovrano completamente dispensato da un dovere nel cui del bilancio pubblico in pareggio. Si sono in tal modo create le conadempimento sempre esposto a innumerevoli delusioni
dizioni perch la classe politica potesse pagare il cone per il cui giusto svolgimento nessuna saggezza o coAdam Smith era senso mediante la continua dilatazione del territorio dei
noscenza umana pu mai essere sufficiente: il dovere di convinto di poter beni pubblici, di finalit cio perseguibili attraverso la
sovraintendere alle attivit dei privati e di dirigerla verso demarcare con rigore mano visibile dello Stato. cos che, dopo la met del
occupazioni pi idonee allinteresse della societ. Lo larea di intervento Novecento, Bruno Leoni ha scritto: Nel nostro tempo,
Stato deve solamente a) proteggere la societ dalla delle pubbliche autorit lestensione dellarea in cui sono divenute necessarie, o
violenza e dallinvasione di altre societ indipendenti;
anche convenienti, le decisioni collettive stata grossob) proteggere per quanto possibile ogni membro della societ lanamente sovrastimata, e larea in cui gli adattamenti individuali
dallingiustizia od oppressione di ogni altro membro, ossia [... deve] spontanei sono ritenuti necessari, o convenienti, stata circoscritta
instaurare unequa amministrazione della giustizia; c) creare e ben pi severamente di quanto non sia consigliabile.
mantenere certe opere pubbliche e certe istituzioni pubbliche, che
Ci ha condotto, dal punto di vista giuridico, al restringimento
non potranno mai essere create e mantenute dallinteresse di un in- del territorio delle norme generali e astratte e allaffermarsi di provdividuo o di un piccolo numero di individui, perch il profitto non po- vedimenti legislativi che, violando il principio delluguaglianza ditrebbe mai ripagarli del costo.
nanzi alla legge, hanno privilegiato gruppi particolari di interesse,
Pronunziando tali parole, Smith era convinto di poter demarcare le cui acquisizioni politiche sono state invocate da altri gruppi per
con rigore larea di intervento delle pubbliche autorit. Lo Stato re- ottenere a loro volta altre acquisizioni. E, dal punto di vista stretstava competente nellambito della fornitura dei cosiddetti beni tamente economico, si determinato un rapido e continuo aumento
pubblici, nella realizzazione cio di finalit che i privati non avreb- della spesa pubblica, con linstaurazione di quella che James M. Bubero potuto perseguire o non avrebbero potuto farlo con profitto. chanan e Richard E. Wagner hanno chiamato democrazia in de-

maggio -- febbraio
giugno 2011
gennaio
2011

ficit. Ci significa che la rincorsa ai privilegi politici colpisce il terra i suoi continuatori in Jeremy Bentham, John Austin, James e John
principio della sovranit del diritto e lintera concezione liberale Stuart Mill (con leccezione di alcune parti di On Liberty). Alla base
della societ. Ecco perch Bruno Leoni e Friedrich A. von Hayek di tale tradizione, c un atteggiamento squisitamente razionalistico,
hanno posto in evidenza i pericoli che lestensione dellattivit ridi- che assume la forma dellassolutismo gnoseologico. I suoi esponenti
stributiva dello Stato comporta in termini di libert e di sviluppo so- presumono di poter conoscere i dati rilevanti di ogni situazione;
ciale. James M.Buchanan si spinto a invocare lintroduzione di una ritengono che le istituzioni possano essere intenzionalmente create e
costituzione economica, capace di vincolare il ceto
modificate; affidano al potere politico una funzione ripolitico a regole di condotta, soprattutto a quella I beni pubblici sono distributiva e unestensione incompatibili con la concedel pareggio di bilancio. E Murray N. Rothbard, stati trasformati in una zione whig. significativo che Alexis de Tocqueville sia
esponente dellanarco-capitalismo americano, ha sorta di Cavallo di giunto ad accusare Voltaire di non avere saputo indivigiudicato molto dubbia la categoria del beni pub- Troia dellinterventismo duare i presupposti della libert politica e di non avere
blici, aggiungendo che in ogni caso non detto che legislativo ed economico compreso la funzione svolta dal Parlamento e dalle altre
debba essere lo Stato a fornire quel determinato
istituzioni politiche della societ inglese. E non sorprende
bene. Il fatto che gli scambi di voti in Parlamento fra gruppi di in- che dalle posizioni dei philosophes e dei rappresentanti del raditeresse e la mancanza di adeguate regole economiche hanno tra- calismo filosofico (i seguaci di Bentham) siano nate varie correnti
sformato i beni pubblici in una sorta di cavallo di Troia politiche di ispirazione socialista e anche lidea della possibile codellinterventismo legislativo ed economico. E ci ha dato forza a niugabilit fra liberalismo e socialismo.
una diversa tradizione liberale: quella che discende dai filosofi delLuiss Guido Carli - Roma
linfanti@luiss.it
lIlluminismo francese (Rousseau, Helvetius) e che ha avuto in Inghil-

La citt volontaria, quella


che produce valore

di G ianfranCo faBi

e ne parla sempre meno, soprattutto da questa parte della Manica,


eppure il progetto big society del
premier inglese David Cameron continua
a fare passi avanti. Per ora niente di rivoluzionario, nessun abbattimento dello
stato sociale (anzi Cameron ha pi volte
sottolineato negli scorsi mesi la volont di
difendere e sostenere il sistema sanitario
nazionale). Ma un cammino che sperimentale da una parte, riconoscendo maggiore autonomia ad alcune realt locali,
e culturale dallaltra, richiamando alla responsabilit di ciascuno nelladesione ad
un percorso strettamente liberale di rinascita economica. Un cammino che ha al
fondo quella logica pi societ, meno
Stato, che indica una valorizzazione di
tutte quelle realt che hanno al loro centro
il volontariato, ma che comunque si muovono con una logica di servizio e di risposta ai bisogni reali.
Nei giorni scorsi lo stesso Cameron ha
difeso sullObserver, un giornale non certo
tenero con il Governo conservatore, le
proprie tesi. Questo progetto - ha sottolineato Cameron - ha a che fare col modo
in cui funziona il nostro Paese. Niente pi
governi che trattano i loro cittadini come
se fossero bambini, incapaci di prendere
delle decisioni. Trattiamo gli adulti da

adulti, diamo loro potere e responsabilit


sulle proprie vite. una promessa diversa
da quella che i politici hanno fatto in passato. La Big Society non lennesima iniziativa governativa: uniniziativa per
dare alle persone liniziativa, per dare
loro controllo sulle proprie vite e sul loro
lavoro, per dar loro modo di migliorarli.
Ha il potere di trasformare il nostro paese,
e per questa ragione un progetto che
qui per restare. Parole certamente ambiziose che hanno al fondo una duplice
scommessa: la prima sulla capacit della
societ di tornare a produrre crescita e
valore, la seconda sulla responsabilit dei
cittadini chiamati a una maggiore iniziativa e partecipazione. Ma, come illustrato
nel libro La citt volontaria edito dallIstituto Bruno Leoni, la tradizione di impegno sociale e sussidiario dei cittadini
affonda le sue radici nella stessa Inghilterra di inizio Ottocento. Dove, non solo
per lassistenza o la sanit, si erano creati
gruppi attivamente presenti anche in materie, come la pianificazione urbanistica o
lamministrazione della giustizia, tradizionalmente riservati alla logica pubblica.
Sono molti i valori di fondo dellimpegno privato nel sociale: non solo un minor
costo, ma soprattutto una maggiore vicinanza ai problemi concreti, una pi signi-

ficativa partecipazione, una migliore efficienza. E come scrive Vito Tanzi nellintroduzione del libro: potremmo scoprire
con nostra grande sorpresa che vi sono
altri modi di organizzare la societ, modi
che non sono meno auspicabili della pervasiva presenza dello Stato. In uno spirito che mette insieme il solidarismo
cristiano e la fiducia nella persona propria di un vero liberalismo. In una prospettiva in cui il potere diffuso e, quindi, la
democrazia diventa una realt e non solo
una formula.
gian.fabi@alice.it

di Marco Parisi

il federalisMo
nella storia dellitalia

Oggi come al
momento dell
Unificazione
lattuazione
di una vera
riforma dello
Stato in senso
federale
necessaria

10

o scorso 17 marzo si festeggiato il centocinquantesimo anniversario dellUnit dItalia. Lo stesso


giorno del 1861, il parlamento del neonato Stato
proclamava la nascita del Regno dItalia e la fine degli
Stati preunitari. Dalle diverse letture fatte di quegli avvenimenti, sembra sia divenuto pacifico, ma spesso dimenticato, che il Risorgimento (termine inadatto ad
etichettare quel periodo) ebbe come effetto ultimo lannessione al Regno di Sardegna degli altri Stati italiani.
Cos Indro Montanelli nella sua Storia dItalia riassume levoluzione istituzionale di quel tempo: Assumendo il titolo di Re dItalia come Vittorio Emanuele
secondo, cio col suo vecchio numerale di Re di Sardegna, questi aveva fatto una scelta della cui importanza
forse non si rendeva esatto conto [] (i) plebisciti avevano semplicemente sanzionato lannessione al Piemonte
di cui accettavano la dinastia e le leggi fondamentali,
e di cui cos il nuovo Stato nazionale diventava un semplice ingrandimento. Lapparato legislativo-burocratico
sabaudo venne esteso allintera penisola; come carta
fondamentale fu adottato lo Statuto albertino, costituzione del Regno di Sardegna dal marzo del 48. Anche
i vertici politici del nuovo Regno erano piemontesi: il
capo di Stato, re Vittorio Emanuele II, era stato lultimo
Re del Regno di Sardegna; analogamente il primo ministro, Camillo Benso, fu lultimo capo di governo piemontese. Per ultimo la capitale, Torino.
Questa fu la piemontesizzazione. Degli altri Stati
poche tracce, nonostante secoli di storia. necessario
ricordare, infatti, che per ritrovare lItalia politicamente
unita bisogna andare indietro fino alla caduta dellimpero romano. Prima dellunificazione, ogni Stato aveva
un profilo politico-giuridico ben definito: aveva il suo
bilancio, le sue imposte, la sua polizia, il suo esercito (in
alcuni casi la sua flotta), i suoi giudici, i suoi consiglieri di
corte, le sue categorie professionali e un corpo di norme
che ne assicurava, bene o male, il funzionamento. Aveva
strade che collegavano la sua capitale al resto del
paese, porti che tenevano conto delle sue esigenze mercantili, servizi postali, sanitari, educativi che rispondevano, nella migliore delle ipotesi, alle esigenze della
sua popolazione (S. Romano, 2001). Con lunificazione
fu tutto centralizzato. Il perch facilmente intuibile.
Come detto, i vertici politici erano piemontesi e il vecchio Stato piemontese si era formato sul modello di
quello francese, rigidamente accentrato. [] nella Provincia il Prefetto era praticamente onnipotente, e nel
Comune il Sindaco era di nomina regia, cio un funzio-

nario di Stato pi che un delegato del popolo (I. Montanelli, 1974), caratteristiche tipica del centralismo. Inoltre, chi aveva sostenuto lannessione non poteva certo
concedere autonomia agli annessi. Si diede cos vita
ad una struttura centralizzata, basata su Prefetti investiti di poteri proconsolari.
Con queste premesse diventa chiaro che i tentativi
di adottare un struttura federale furono velleitari (come
le iniziative parlamentari di Marco Minghetti o il pensiero politico di Carlo Cattaneo); labito federale era
chiaramente quello che pi si adattava ad uno Stato
che contava sette strutture istituzionali pi o meno diverse, non erano necessari altri argomenti a sostegno,
ma i centralisti prevalsero. Ben pi difficile, e tuttora impresa incompiuta, fu creare una cultura nazionale unica.
Le divisioni politiche millenarie nonch la struttura geografica italiana hanno contribuito a sviluppare lungo la
penisola culture necessariamente diverse. La celebre
frase con cui Massimo dAzeglio si preoccupava di fare
gli Italiani nascondeva il vero problema di fondo: lo
Stato italiano contiene in s tante nazioni che non possono essere cancellate con un colpo di mano e hanno
bisogno di una legittimazione politica che stata loro
negata (G. Turco, 2001). Con tante nazioni in una, con
popoli con qualcosa in comune e molto di diverso, non
possibile accettare una struttura politica centralizzata
che nel tempo non ha contribuito a creare il cittadino
italiano, ma ad esasperare le diversit.
Dopo centocinquanta anni sembra che lunico effetto tangibile dellunificazione sia stata la fine della
possibilit di autodeterminazione dei popoli italiani.
Questo ha portato allannosa diatriba nordisti-sudisti
che (a ragione) si lanciano vicendevoli accuse, oltre che
allaumento della distanza con il riconoscimento in valori
comuni. Oggi come allora, lattuazione di una vera riforma dello Stato in senso federale sarebbe necessaria
e si adatterebbe perfettamente alla cultura municipalista italiana (A. Cazzullo, 2010), tuttavia pare sempre
molto lontana. Per trovare la giusta via, sarebbe giusto
guardare indietro, almeno di centocinquantuno anni.
maparisi84@virgilio.it

maggio - giugno 2011

QUanto costano
le province?

di a ndrea

tempo di risparmio. LItalia vede


il proprio debito
pubblico al 120 per
cento del prodotto interno lordo e i mercati
internazionali hanno appena portato a
buon fine il terzo attacco ad un Paese
dellarea Euro, il Portogallo.
Lentamente ed inesorabilmente la
crisi del debito sovrano rischia di avvicinarsi alle nostre coste. E se cos fosse,
difficilmente i mercati potrebbero essere riassicurati da manovre limitate,
come quella dellaumento dellaccisa
sulla benzina, che portano nelle casse
poco pi di 200 milioni di euro lanno
da destinarsi poi alla cultura.
Le riforme sono necessarie perch
sono essenziali i tagli in un Paese nel
quale la pressione fiscale reale stabilmente superiore al 50 per cento. Livelli elevatissimi, che nessun Governo si
ancora impegnato a voler ridurre.
Ma quali sono queste manovre o riforme che potrebbero aiutare a far ripartire lItalia ed abbassare la
pressione fiscale?
Nei giorni scorsi lex Ministro Scajola ha spronato il Ministro dellEconomia Giulio Tremonti ad eliminare il
livello di Governo delle Province. Due
miliardi di euro di risparmio annuo, vale
a dire circa 20 centesimi di riduzione
nellaccisa sui carburanti. Provate ora
ad immaginare quale stimolo sarebbe

G iuriCin
per leconomia un taglio cos importante sui carburanti. Certamente vi sarebbe un recupero di entrate fiscali
dovute ad uno sviluppo pi rapido
delleconomia.
Una manovra impossibile?
Sarebbe fattibile economicamente
e non impossibile da mettere in pratica.
Politicamente
invece molto
dura una tale riforma a causa
delle resistenze
della Lega Nord,
che proprio nel
bacino delle Province ha avuto i
primi successi al
Nord e che vede
in queste realt la
formazione della
propria classe dirigente.
Con leliminazione del livello di
Governo
delle
Province non verrebbero chiaramente intaccate le funzioni che queste svolgono. I risparmi
verrebbero anche dalleliminazione
della classe politica, che da sola costa
quasi 140 milioni di euro lanno.
Non solo possibili altri risparmi?
Sembra evidente ai pi che sono possibili altri tagli. Infatti, i costi di amministrazione e controllo delle Province

ammontano nel 2008 a quasi 3,6 miliardi di euro. Questi costi non sono dovuti alle attivit svolte dagli Enti Locali,
che hanno a disposizione altri 11 miliardi di euro per svolgere le loro funzioni, ma appunto alla sola gestione.
Non verrebbe intaccato il numero
dei dipendenti, che hanno un costo annuale di 2,3 miliardi di euro e dunque
non sarebbe difficile da far digerire
una tale misura. Le funzioni verrebbero
dunque spostate ai Comuni o alle Regioni, cos come gli stessi dipendenti.
una manovra soft, ma che comporterebbe due miliardi di euro di risparmi
netti.
Oltretutto
tale
eliminazione era presente nel programma elettorale del 2008 del Po-

polo della Libert e dunque non vi


sarebbe alcuna incongruenza elettorale.
Uno Stato meno pesante un
sogno molto difficile da realizzare, ma
sempre di pi sta diventando unesigenza. Tale livello di debito (120 per
cento del PIL) appesantisce la crescita
per uno dei Paesi che peggio si comportato negli ultimi decenni. Solo andando ad analizzare il triennio della
crisi economica (dal 2008 al 2010),
neanche la Spagna ha fatto peggio
dellItalia in termini di caduta del prodotto interno lordo.
Leliminazione del livello delle Province dunque un primo passo da
fare, ma certamente non dovr essere
lunico per salvare lItalia dallattacco
dei mercati.
Universit di Milano Bicocca
andrea.giuricin@unimib.it

11

IL CaNoNe raI Come


La TaSSa SuL maCINaTo

di

s andro s CoPPa

ra gli innumerevoli tributi che costellano il


Tornando al canone Rai, il caso di chiedersi come mai tanta
panorama fiscale italiano, il canone ra- ostilit, nonostante il suo prelievo sia modesto?
dioteleviso ha sempre destato una partiA parte lovvia considerazione che si tratta pur sempre di unimcolare avversione, tanto da suscitare rivolte che posta e, quindi, di un prelievo ottenuto con la forza e non attraverso
a volte hanno assunto i caratteri della disob- lo scambio volontario, che tuttavia sollecita quel diffuso sentimento
bedienza civile. Unavversione da sfociare in popolare dintolleranza verso qualsiasi gabella, le ragioni di tanta
vera e propria ostilit popolare cos come confermato dal ostilit si rinvengono soprattutto nellingiustizia di unimposizione tri47,3% del campione di ricerca demoscopica in una recente ri- butaria della quale non sono condivisi i presupposti e le finalit ai
cerca del Censis - Commercialisti.
quali stata via via ancorata. E ci a partire dalla sua istituzione
Essa, a ben vedere, non si discosta molto da quella che, a par- con il regio decreto-legge 2 febbraio 1938 n. 246, per passare
tire dal 1869, invest la tassa sul macinato, voluta da Cambray- attraverso le numerose pronunce della Consulta e della Cassazione
Digne e da Quintino Sella, per far fronte alle impellenti necessit e gli interventi del legislatore, tutti diretti a rafforzare, anche in modo
finanziarie del Regno, essenzialmente per il grave deficit di bilan- confuso, il regime del medesimo tributo. Questultimo, che inizialmente
cio determinato dalle necessit della forzata unificariguardava le radio e, poi, dal 1950, anche le televisioni,
zione e poi dalla guerra del 1866 con lAustria. Come Il canone RAI ha stato configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti
si ricorder, la misura colpiva i mugnai, i quali dove- sempre destato una del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime
vano versare allerario un tributo direttamente propor- particolare avversione di concessione, poi come tassa. Quindi come imposta in
zionale alla quantit di grano macinata, per tanto da suscitare senso generico e, infine, come imposta speciale o di scopo,
controllare le quote del quale le autorit prefettizie vere e proprie rivolte a carico dei meri detentori degli apparecchi, atti o adatfecero applicare ai mulini un contatore, costringendo
tabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive, desticos gli stessi mugnai a sottostare forzatamente allimposizione le- nato quasi per intero al finanziamento della concessionaria del
gislativa. La conseguenza fu che ovunque nel paese dilagarono servizio pubblico radiotelevisivo (RAI). Ebbene, se da un lato non
manifestazioni di protesta, che si svolsero in maniera tuttaltro che ammissibile che, mediante la legislazione, sia riconosciuta alla RAI
pacifica: dal Piemonte al Veneto al Friuli, esse spesso degenera- una posizione dominante nel settore radiotelevisivo, da sostenere
rono in scontri sanguinosi tra le forze dellordine e i contadini ma- con la tassazione, atteso che la sua attivit e i suoi programmi non
nifestanti. Secondo stime ufficiali, al termine delle agitazioni, che differiscono da quelli delle altre reti private a diffusione nazionale
furono particolarmente furenti nella campagna padana, si conta- e non si scorge alcuna differenza tra il "servizio pubblico" della Rai
rono circa 250 morti e oltre mille feriti. Nonostante le proteste, i ed il servizio "offerto al pubblico" delle altre emittenti private, tant
governanti si mostrarono irremovibili per oltre un decennio, e sol- che possibile distinguere l'emittente solo per il "logo" che compare
tanto con lavvento al potere della Sinistra di Agostino Depretis, ad un angolo del teleschermo; dallaltro non neppure condivisibile
che aveva duramente osteggiato il provvedimento, ribattezzan- il costruito presupposto dellobbligazione di pagamento del canone,
dolo la tassa progressiva della fame, limposta, dopo una prima e cio la mera detenzione di un apparecchio atto o adattabile
riduzione nel 1880, venne definitivamente abolita nel 1884.
alla ricezione delle radioaudizioni che sarebbe altres indice di ca-

12

maggio - giugno 2011

pacit contributiva. Infatti, levoluzione delle comunicazioni e posta di scopo, invece di essere abolita, potrebbe addirittura esquella tecnologica hanno fatto si che, oltre al televisore, siano sere legislativamente elevata al doppio o al triplo del valore
ormai moltissimi gli apparecchi elettronici che potrebbero rien- delle abitazioni.
trare nell indeterminata categoria degli "atti o adattabili", come
Sulle ragioni dellingiustizia dellimposta radiotelevisiva si poad esempio un cellulare o un computer collegato ad trebbero aggiungere altre considerazioni come, ad esempio, che
un'antenna parabolica per captare i segnali radiotela stessa RAI, oltre a percepire il canone, si avvale allevisivi provenienti da tutto il mondo, inclusi quelli Lostilit popolare tres delle risorse pubblicitarie, laddove queste ultime
emessi dalla stessa Rai. Essi sono ormai utilizzati senza al canone RAI esprime costituiscono lunica fonte di sostentamento per le altre
alcuna limitazione, anche se per alcuni servizi i pos- lingiustizia contro emittenti, e persino i casi di servizi pubblici sostenuti
sessori provvedono in genere al pagamento di un ab- un balzello fiscale non dalla fiscalit generale e non anche con un tributo ad
bonamento, e non corrispondono alcun canone RAI. condivisibile e da abolire hoc. Ed altre ancora, che potrebbero solo confermare
Quanto alla capacit contributiva, non si vede
quanto evidenziato, e cio che lostilit verso il canone
come possa essere considerato un indice il possesso di un appa- Rai esprime non soltanto un legittimo sentimento disapprovazione
recchio televisivo, il cui costo pu ora essere contenuto anche in dellimposta, ma anche, e soprattutto, una palese rivolta nei con50 euro, mentre quasi il triplo il canone da pagare, peraltro fronti di un ulteriore ingiusto, e persino anacronistico, balzello triogni anno. Applicando lo stesso criterio si potrebbe addirittura butario, la cui abolizione appare sempre di pi doverosa.
pensare che lICI, che condivide con il canone RAI la natura di iminfo@studioscoppa.com

IL VeNTo DeL Tea parTY


SoFFIa Su WaSHINGToN
di MarCo

faraCi

e elezioni di middle
term hanno rappresentato un momento
importante nella recente
storia politica americana.
A soli due anni dalla netta
vittoria di Barack Obama, acclamato come
il messia del nuovo progressismo americano, i Repubblicani si sono ripresi la Camera dei Rappresentanti ed hanno sfiorato
la riconquista della maggioranza al Senato
che veniva rinnovato per un terzo.
Ma dietro il successo del partito dellelefante non c solamente una fisiologica disaffezione nei confronti di un presidente in
carica in un momento di crisi economica, n
una semplice nostalgia dellestablishment
dellera Bush.
La pi grande novit delle elezioni dello
scorso novembre stato lemergere, allinterno del Partito Repubblicano, del movimento dei Tea Parties che da posizioni
coerentemente libertarie il protagonista
della riscoperta dei valori propriamente
americani della moderazione fiscale e del
governo limitato.
In questo senso il Tea Party si contrappone fortemente alla leadership di Obama,
un presidente che non sembra credere nellAmerican Exceptionalism e prefigura per
molti versi politiche socialdemocratiche di

stampo europeo. Ma allo stesso tempo questo crescente movimento grassroots rappresenta una sfida ai repubblicani moderati,
accusati di avere svenduto i principi del libero mercato alla conservazione del potere.
Questo rinnovato vento culturale sta
dando fiato allarea liberista del Grand
Old Party, anche in vista delle prossime
presidenziali e ci si traduce da un lato
nellinteresse che sta ormai catalizzando
la campagna di quel Ron Paul da sempre
campione dellAmerica libertarian, dallaltro nel rafforzarsi di altri politici meno radicali, ma comunque decorosamente
market-friendly, come ad esempio Tim Pawlenty che ha lanciato un comitato esplorativo in ottica 2012.
In Congresso la stella repubblicana
delle ultime settimane stato invece Paul
Ryan, presidente della Commissione Bilancio, che ha saputo costringere il presidente
Obama ad un lungo e delicato negoziato
sui tagli al budget federale. I Repubblicani
si sono rifiutati di votare il budget finch
Obama non accettasse di operare una
dolorosa serie di sforbiciate e lo stallo si
protratto per diverse settimane. La prospettiva, nel caso non si fosse trovato un
accordo, era quello di arrivare ad uno
shutdown parziale del governo federale
per mancanza di fondi.
Quello che degno di nota come, secondo vari sondaggi, gli americani non fos-

sero spaventati dalleventualit dello shutdown ed anzi la ritenessero utile come


estrema ipotesi per convincere i politici a ridurre la spesa e la pressione fiscale.
Forti di un buon supporto popolare i Repubblicani, quindi, sono riusciti a tenere duro
ed a strappare al presidente molte concessioni, fino al raggiungimento di un accordo
che dovrebbe condurre ad unimportante
contrazione della spesa federale circa 38
miliardi di tagli nei prossimi dieci anni.
In definitiva, contrariamente a quanto
pare avvenire nel vecchio continente, negli
Stati Uniti esiste una rilevante parte dellopinione pubblica che sostiene una prospettiva
di governo leggero e che quindi convinta
che luomo comune abbia molto pi da guadagnare che da perdere da un arretramento dello Stato.
Certo sar interessante vedere se il movimento dei Tea Parties riuscir a persistere
ed a consolidarsi dopo il recente boom. Se
cos sar, sicuramente si riveler in grado di
esercitare unimportante influenza ideologica sul Partito Repubblicano ed in generale
sulla politica a stelle e strisce.
Un importante banco di prova saranno
inevitabilmente le prossime elezioni per la
Casa Bianca, per le quali Obama parte
teoricamente favorito, come normalmente
avviene per un presidente incumbent, ma che
potrebbero, senza dubbio, riservare sorprese. Molto dipender, naturalmente, dalla
capacit dei Repubblicani di individuare un
candidato che riesca a raccogliere il pi
vasto consenso, elaborando una sintesi praticabile del moderatismo e delle istanze fiscal conservative. Un nuovo Ronald Reagan,
in altre parole.
mfarac@tin.it

13

di

silVio BoCCalatte

diMagrire per risanare,


la giUsta cUra per la sanit
Lutopia statalista nella sanit ha generato un mostro ideologico che divora
enormi quantit di risorse pubbliche ed causa della notevole pressione fiscale

iviamo nellepoca dei diritti fonda- rita, ma dellinsieme degli operatori pubblici. cutore virtuale: un diritto! Un diritto di tutti!
mentali delluomo - veri e presunti, In una parola, non precisissima, ma indica- Se si paga il ticket solo a causa dei costanti
veri e falsi - e nessuno pi dubita che tiva: si tratta dello Stato. Riassumendo, in- sprechi dei soldi pubblici, ma bisognerebbe
la salute sia da annoverare tra di essi. Anzi: somma, lo Stato ha il compito costituzionale tendere ad eliminare uningiusta gabella
ne sia forse il principale, insieme con il diritto di tutelare la salute: ora, il medesimo art. 32 come il ticket!.
alla vita. Eppure qualche dubbio sul signifi- della Costituzione precisa che questo comManipolare lopinione pubblica, in
cato stesso della parola diritto lo nutriamo pito dovr essere svolto tramite cure gra- fondo, semplice: basta ripetere per deancora, posto che non ci possibile conve- tuite agli indigenti.
cenni questa concatenazione di concetti e si
nire germi e virus nelle patrie aule di giustiEcco: fermiamoci a questo dato e riflet- otterr la bizzarra convinzione secondo la
zia allo scopo di sentirli condannare al tiamo su di esso.
quale la Costituzione garantisce una sanit
risarcimento del danno, nonch, ovviamente
Innanzitutto unesegesi corretta alla luce pubblica e gratis per tutti. Esprimendo in teralla riduzione in pristino delle nostre condi- del principio di realt nella sua declinazione mini economici questa drammatica vulgata
zioni fisiche. Forse anche un bene: i tempi economica (quello che recita: nessun pasto divenuta patrimonio del senso comune, ci
degli italici tribunali superano di molto quelli gratis) ci consente di leggerne la sua por- significa due cose: la sottrazione completa
di efficacia degli antibiotici.
tata reale nel senso che la Repubblica ga- della sanit dal mercato e il suo totale fiA parte le perplessit dogmatiche - con rantisce agli indigenti cure a spese dei nanziamento tramite le risorse tratte dalla
le quali non vogliamo certo annoiarvi e che contribuenti. Bene: appurato come la for- fiscalit generale. Vi sembra strano? Vi sempossono anche essere ricacciate nei contorti mula prescelta dal costituente stia a signifi- bra che contraddica una previsione di cure
meandri mentali dei giuristi con
care che lonere
gratuite agli indigenti? S, lo .
deformazioni pandettistiche -, Nella Costituzione economico per le Si pu affermare Eppure proprio su questi prenessuno pu dubitare che nella la salute definita cure degli indigenti che il S.S.N. andato supposti che il sistema mutualivigente Costituzione la salute sia come fondamentale ricade sulla fiscalit talmente al di l stico stato completamente
esplicitamente definita come diritto dellindividuo e generale, sorgono di quanto previsto dallo superato tramite listituzione del
fondamentale diritto dellindivi- interesse della colletivit alcuni problemi di art. 32 della Costituzione Servizio Sanitario Nazionale: saduo e interesse della collettivit
rapporto con ci che
nit pubblica e gratis per tutti,
(art. 32). Nella nostra Carta Fondamentale, stiamo vivendo da pi di trentanni, nonch paga il contribuente. Nel 1978 ci stato
quindi, la salute ricopre un ruolo molto pi con lopinione pubblica.
considerato come una grande evoluzione,
importante di quello della propriet privata,
Se si chiede alluomo della strada se ri- un tassello essenziale per realizzare il siche, al contrario, non nemmeno etichettata tenga essere la salute un diritto costituzionale stema di tutela voluto dalla Costituzione.
come diritto, figuriamoci poi se fonda- che debba essere garantito per tutti, Allinizio degli Anni Novanta si appurata
mentale.
quasi certamente risulteranno risposte am- linsostenibilit economica di questo modello,
Se la salute un diritto, ma non posso piamente positive. Se poi si aggiunge una ma stata da quasi tutti considerata solo
convenire in giudizio le mie virali o batteriche seconda domanda, chiedendo se tale ga- come una momentanea patologia che afcontroparti, ne consegue che sia un diritto un ranzia debba essere fornita dallo Stato, fligge un qualcosa di intrinsecamente giupo particolare. Possiamo affermare, allora, anche in questo caso vi sar, molto proba- sto, accerchiato dagli speculatori e dagli
che essa sia un diritto poich in capo allin- bilmente, una risposta affermativa.
approfittatori, ma pur sempre profondadividuo sorge la possibilit di chiedere e otOrbene, dopo aver posto queste due mente richiesto dal disegno costituzionale di
tenere prestazioni sanitarie, nonch domane, basta aggiungerne unaltra e il rivoluzione promessa.
condizioni ambientali salubri. In ogni caso, il gioco fatto: lei crede, quindi, che la sanit
Abbiamo agevolmente potuto constanostro interlocutore (e spesso anche la nostra per tutti debba essere pubblica e gratuita? tare come non sia cos, anzi: possiamo trancontroparte) la Repubblica: non si tratta Certo! - Mi pare gi di sentire il tono di quillamente affermare che il S.S.N.
del noto quotidiano n della madama tur- voce, lievemente risentito, del nostro interlo- (perlomeno nella sua versione originale)

14

maggio - giugno 2011

andato talmente al di l di quanto previsto


dallart. 32 Cost. da averne tradito la lettera
e lo spirito, nondimeno la stragrande maggioranza dellopinione pubblica sarebbe
pronta a riconoscere come verit assoluta
che la legge istitutiva del Servizio Sanitario
Nazionale sia la mera esecuzione della Costituzione. Al contrario, il disegno costituzionale immaginava, innanzitutto, lesistenza di
una sanit sia pubblica sia privata; in secondo luogo la gratuit era sussidiaria:
solo chi non in grado di pagare le cure, o
la singola specifica cura particolarmente costosa (lindigente), ha il diritto ad ottenerla
gratis. La logica (pur perequativa e solidaristica) della Costituzione del 1948 stata
dunque travisata in nome dellutopia statalista, generando un mostro ideologico che
divora quantit inconcepibili di risorse pubbliche ed uno dei principali responsabili
della smodata pressione fiscale cui siamo
soggetti. A costo di riproporre le storiche parole di Sonnino, in materia di sanit proprio
il caso di tornare alla Costituzione: risanare
la sanit significa, innanzitutto, ricostruire un
mercato delle prestazioni sanitarie. Certo,
trasformare una frittura di pesce in un ac-

quario rimane (anche in campo sanitario)


qualcosa di pi complicato rispetto al processo inverso, ma loperazione effettuata dal
1978 va completamente smantellata. Qualcosa s gi fatto negli anni Novanta, ma
non ammissibile che le convenzioni e gli accreditamenti vengano effettuati solo quando
il governo regionale abbia appurato linsufficienza delle strutture pubbliche a soddisfare la domanda di sanit sul territorio:
necessario che tutti i soggetti possano liberamente competere alle stesse condizioni.
A seguito di una completa apertura del
mercato diventer effettivamente possibile
ridurre lofferta pubblica di sanit (cio
meno ospedali pubblici e pi strutture private) e, parallelamente, la limitare la copertura pubblica ai soli casi di indigenza: la
regola dovrebbe tornare a essere la
mutua, cio unassicurazione sanitaria privata per coloro che possono stipularla autonomamente o, di prassi, la sua
contrattualizzazione tramite i CCNL.
Sbarazzarci dellimbarazzante fardello
culturale degli anni Settanta non costituirebbe solo il recupero del dettato costituzionale - operazione che, in s e per s,

alquanto sterile - ma permetterebbe di ottenere svariati vantaggi: in primo luogo,


comporterebbe una consistente diminuzione
di spesa pubblica, che potrebbe trasformarsi in riduzione del deficit e poi anche in
minori imposte; in secondo luogo, le
aziende sanitarie potrebbero smettere di
nascondere o manipolare i propri bilanci in
modi legali, ma sostanzialmente degni delle
peggiori bancarotte fraudolente; in terzo
luogo, lo sviluppo di una solida rete sanitaria
su base privatistica permetterebbe la creazione di posti di lavoro (veri, non pagati dal
contribuente!). Ma sono i benefici alla salute
individuale e collettiva quelli che di certo interessano di pi: una robusta sanit privata
e concorrenziale, con un settore pubblico meramente sussidiario, permetterebbe lo sviluppo delleccellenza, permette di evitare i
viaggi della speranza verso lestero e tutelerebbe le legittime esigenze delle fasce pi
deboli della popolazione. La tutela del diritto alla salute - di poveri e ricchi - ha tutto
da guadagnare da una sanit pubblica
magra e da un mercato grasso.
Universit degli Studi di Genova
silviobocc@libero.it

la giUngla dei divieti


soffoca la liBert

di stefania

empre pi spesso assistiamo a grossolane usurpazioni perpetrate ai danni della libert e della vita privata. E ci in nome
della protezione dei cittadini, nella convinzione che un dovere dello Stato cercare di salvarli da ogni possibile pericolo. In tal
modo, si giustifica la pi incisiva ingerenza di uno Stato paternalista
e iperprotettivo nella vita di ognuno di noi. In tale ottica, si pone
senzaltro la legge che vieta agli esercenti di locali pubblici di somministrare bevande alcoliche ai minorenni, sancendo la violazione
della normativa con pene pecuniarie oltre che con la sospensione
dallesercizio stesso. Ad essa si aggiungono altres le ordinanze di
vari Comuni che di recente hanno iniziato a vietare la somministrazione degli alcolici dopo un certo orario.
Queste norme sono conseguenza delle buone intenzioni dei
legislatori, che pretendono di sapere ci che buono e ci che non
lo , e che, dunque, spetta al pubblico il diritto illimitato non solo di
proibire per legge tutto ci che ritiene sbagliato, ma anche di vietare, per raggiungere lo scopo, una serie di comportamenti od attivit di per s perfettamente leciti.
Certo, pu accadere che una persona, a seguito dellassunzione
di alcol, possa diventare un pericolo per se stesso e per gli altri. Non
per questo, per, si dovr punire il commerciante che ha venduto
alcol a costui. E ci vale anche ove lalcol venga venduto ad un minore. Anzich punire il commerciante che svolge il proprio lavoro,

Cosentino

bisognerebbe spostare lattenzione sulla mancanza di educazione


e responsabilit assai diffusa tra i giovani. Dunque, nessun uomo
deve pagare per le irresponsabilit di un altro e, ancor meno deve
sottomettersi alla volont di una morale superiore, poich in tal modo
diverrebbe uno schiavo.
Soltanto regole rispettose della libert individuale, unite ad una
sana educazione potranno limitare luso sconsiderato di alcol e droghe. A nulla vale un eccessivo protezionismo che mira soltanto a frustrare liniziativa personale attraverso regole, vincoli e divieti
inefficaci e, come tali, inutili.
Daltra parte, il periodo di repressione proibizionista, sviluppatosi nellAmerica degli inizi del Novecento, non altro che un esempio
concreto di come il proibizionismo non funziona, poich oltre a ledere
la libert individuale, non in grado di fermare gli abusi che mira
a combattere. Non certo vietando la vendita di bevande alcoliche
che si lotta contro labuso. In tal modo non si fa altro che avvantaggiare i mercati paralleli, come gi avviene per la droga.
Scriveva F. von Hayek: la societ libera esige dalluomo un
senso di responsabilit che va oltre i doveri richiesti dalla legge. E
non pu esistere la responsabilit senza la libert personale. Essa
soltanto educa allautodisciplina, forma il carattere e la personalit,
permette lo sviluppo del singolo e il progresso della societ.
stefania.cosentino@yahoo.it

15

don Bosco
era liBerale?
di B runo

B ordiGnon

obbiamo anzitutto preventivo, che qualifica il suo sistema


distinguere il movi- educativo.
mento politico coSe ora ci riferiamo pi direttamente alla
siddetto liberale del sua visione di educazione e alla sua attivit
tempo dallattivit educa- educativa, forse vi sono degli elementi che
tiva di don Bosco.
hanno la medesima origine nel Vangelo. Egli
A riguardo del movimento politico libe- non solo ha sempre investito imprenditorialrale don Bosco non fece nulla, non disse nulla mente le offerte che ha ricevuto, ma se ne
e non scrisse nulla. La sua condotta stata assicurata la gestione indipendente quale
volutamente negativa fin dal 1848. Lespres- propriet privata. Non riceveva i lasciti e le
sione da lui usata: politica del Pater noster, offerte semplicemente per spendere e giunesprimeva in forma immediata che egli mi- gere al pareggio; ha sempre prodotto di
litava per un regno che non di questo pi di quanto ha ricevuto, impegnato in un
mondo e che, per questo, doveva elevarsi al miglioramento continuo ad ogni livello, sedi sopra delle divisioni causate dai partiti e condo la parabola evangelica dei talenti,
di ogni schieramento politico. Ci docu- che gli era ben presente.
mentato anche dal continuo contatto con gli
La sua attivit educativa profondauomini del Risorgimento, almeno per non mente coerente con tale visione. Presso la
averli ostili alla sua opera e impedire loro cartiera di Mathi torinese, comprata da don
di recare troppo danno alla Chiesa (Eugenio Bosco, stato trovato un foglio, nel quale di
Ceria). Di fronte alla nuova configurazione sua mano ha scritto, per un apprendista, il
giuridica dello Stato, che statizcalcolo di quanta carta doveva
zava il diritto medesimo e, tra
produrre per mantenersi come
Si pu dire che
laltro, anche la scuola, don la visione liberale apprendista, senza pagare alBosco riusc ad avere una cono- di don Bosco nella cuna retta. Siamo allinizio degli
scenza molto approfondita educazione consiste anni Ottanta dellOttocento; gi
della situazione ed a configu- nellimprenditorialit nel 1852 don Bosco aveva rerare scenari nuovi: si pensi, oltre
datto il primo contratto di apallapertura e alla gestione economica delle prendistato per garantire ad un adolescente
proprie opere, alla visione dei salesiani quali una formazione conveniente nel lavoro
religiosi nella Chiesa e cittadini di fronte alla presso una bottega. Quanto qui interessa
Stato, con il godimento di tutti i diritti civili.
che don Bosco non dava semplicemente:
Tuttavia le attivit di don Bosco sono dava perch chi riceveva si rendesse indisenzaltro liberali nel significato profondo del pendente economicamente. Leducazione di
termine, anche se egli mai ha esplicitato una don Bosco, con lo studio e i laboratori (scuole
simile qualifica e, dato il clima del tempo, di arti e mestieri), consiste nel mettere in
lavrebbe forse rifiutata. Aveva compreso grado ogni giovane di rendersi indipenche il pi grande investimento di una societ dente, cio di divenire imprenditore di se
leducazione dei giovani; non solo, ma che stesso. Don Bosco non ha mai concepito nepsenza valori, dei quali vedeva la fonte nella pure lo studio come trasmissione di contenuti,
coscienza secondo il Vangelo, non esiste con- ma ne ha sempre percepito e voluto la convivenza civile. Quando discorre di ordine valida nelle prestazioni. A sessantanni [nel
pubblico, don Bosco ha in mente che non 1875-6] fu udito D. Bosco esclamare gepu essere garantito se non dalla religione, mendo: comincio ora appena a sapere conche per lui era quella cattolica romana. Per- fessare i giovani, col che indicava che anche
tanto, su questo punto, si viene a trovare nella a quellet aveva ancora imparato qualche
linea di Alexis de Tocqueville, di Karl Popper nuova norma nel confessare la giovent
e di Friedrich A. von Hayek. Daltronde (don Rua, primo successore di don Bosco). Ho
pure questo un significato dellaggettivo riportato questa espressione di don Bosco,

16

perch, se vi era unattivit che, come sacerdote, gli stava a cuore, questa era il sacramento della riconciliazione. Se colta nel
significato profondo, questa affermazione
di don Bosco prevede una nuova impostazione anche degli studi teologici con limprenditorialit personale del capitale
umano acquisito.
Approfondendo questo discorso, constatiamo che don Bosco vedeva tutta leducazione impostata in questa direzione. Nel
Regolamento per le Case (1853) di propria
mano scrive ai giovani: Onorate i vostri
compagni. Il che significa: riconoscete i doni
di Dio che sono in loro e rendete onore ad
essi. Non solamente invita i giovani ad aiutare i loro coetanei nello sviluppare le proprie attitudini, ma tale aiuto il punto di
partenza fondamentale per ogni educatore:
riconoscere i doni di Dio in ogni giovane e
sostenerlo affinch li sviluppi al fine di realizzare il proprio progetto di vita (vocazione
trascendente per un credente). Mai imporre
i propri schemi alla crescita di un giovane. In
conclusione, si deve aiutare il giovane ad essere imprenditore di se stesso. Mai far perire
le competenze; sempre investirle.
La visione liberale di don Bosco nelleducazione consiste proprio nellimprenditorialit di ci che oggi chiamiamo
capitale umano, sviluppo di una corretta
visione di competenza. Una cosa premeva
a don Bosco: non lasciare inerti n le proprie competenze n il denaro. Evidentemente egli combatteva linerzia economica
del superfluo e voleva che fosse investito
per aiutare in primo luogo coloro che sono
nel bisogno, non facendo lelemosina, ma
abilitandoli a divenire imprenditori di se
stessi. Lattaccamento al denaro per se medesimo, lavarizia, che una forma di idolatria, paralizza limprenditorialit. Anche
da questo punto di vista don Bosco stato
veramente santo: non era per nulla attaccato al denaro, da vero liberale, poich
era sempre intento ad investirlo per i suoi
giovani.
Universit Pontificia Salesiana - Roma
bbordignon@salesiani.it

maggio - giugno 2011

di

dieGo MeneGon

perch aBolire il valore


legale della laUrea

LUniversit
gode di una
rendita: il
conseguimento
di un titolo che
solo essa pu
rilasciare
necessario per
per accedere
alle professioni

li argomenti a favore dellabolizione del


valore legale della laurea possono essere ricondotti a due tipi. Il primo riguarda la qualit del corpo docenti e i criteri di
selezione e di crescita di ricercatori e professori
allinterno degli atenei. Il secondo ha pi a che
fare con lofferta e la domanda formativa, quindi
il rapporto tra studenti e universit
Il principio cardine comune: abolendo il valore legale del titolo di studio si obbligano le universit ad attirare gli studenti con una formazione
di qualit anzich con la prospettiva di entrare
in possesso di un titolo che abilita allaccesso ad
ordini professionali e concorsi della pubblica amministrazione.
Luniversit, infatti, gode di una rendita: il
conseguimento di un titolo che solo le universit possono rilasciare
necessario allaccesso a
numerose professioni.
Gli atenei possono
avere iscritti anche se
non dotano i propri studenti di capacit professionali adeguate.
Alcuni
studiosi,
come Roberto Perotti,
hanno approfondito
lesame degli effetti di
questa rendita nella selezione di docenti e ricercatori. Se luniversit
ha come core business vendere pezzi di carta,
ha meno importanza la statura di quanti siedono dietro una scrivania. Le logiche nepotistiche e clientelari hanno buon gioco in un sistema
che non deve rendere conto, se non in parte,
della bont dei servizi forniti.
Un secondo genere di argomenti attiene, invece, alla flessibilit dellofferta formativa in un
contesto deregolamentato. Ad oggi la validit
del titolo di studio riconosciuta sulla base di una
struttura formativa disciplinata a livello centrale.
Lautonomia universitaria non arriva a mettere in
discussione il sistema di CFU. Per di pi, la rendita
garantita dal valore legale del titolo di studio
sfianca ogni stimolo a modellare lofferta normativa per assecondare le dinamiche del mercato

del lavoro e del mondo produttivo.


Le conseguenze sono ben sintetizzate in un
dato rilevato da Almalaurea: a tre anni dal conseguimento del titolo, il 41,9% dichiara di utilizzare in misura ridotta le competenze acquisite con
la laurea; l11,2% dichiara di non utilizzarle per
nulla. Nel settore letterario, la percentuale dei
laureati che dichiarano di non utilizzare affatto
le competenze acquisite alluniversit sale al
27,5%. In un campo disciplinare come quello giuridico, canale di accesso a molti ordini professionali e posti della pubblica amministrazione, il
56,8% dei laureati occupati dichiara che, per il
lavoro svolto, il titolo richiesto per legge. Questa
non sembra per essere una garanzia di successo
e stabilit occupazionale, se si considera che il
52,6% delle persone intervistate non avevano
un lavoro a tre anni dalla
laurea. Il valore legale
del titolo di studio, unito
al sistema di ordini professionali ad accesso limitato, provoca quindi
anche evidenti distorsioni: la prospettiva di
fare ingresso in una categoria lavorativa protetta da un ordine
professionale o di accedere ad unoccupazione
stabile nella pubblica
amministrazione gonfia
la domanda del titolo, ossia il numero di iscritti a
facolt come giurisprudenza, nonostante il mercato non abbia bisogno delle professionalit che
ivi si acquisiscono.
Abolendo il valore legale del titolo di studio,
la scelta di iscriversi e a quale universit rivolgersi
non sarebbe dettata dalla necessit cristallizzata
nella legge, ma sarebbe compiuta guardando
alle competenze, alle abilit, alla bont della formazione fornita dallateneo, alla sua aderenza
alle richieste del mercato del lavoro.
In questo senso, il valore legale del titolo di
studio si frappone, ostacolo allinnovazione, tra il
mondo del lavoro e il mondo dellapprendimento,
e si fa complice degli alti tassi di disoccupazione.
diegomenegon@gmail.it

17

un paese
arrovescio
di

antonella CiMarosa

uando la realt supera


l i m m a g i n a z i o n e. . .
Sembra linvenzione di
un geniale paradosso creato ad
arte per incuriosire il lettore, eppure Arrovescio di Francesca
Chirico, edito da Rubbettino, pagg. 106, una storia vera (colorata da un pizzico di fantasia) ambientata a Badolato nel 1950, che narra lepica
iniziativa di un gruppo di badolatesi che decide
di scioperare al contrario. Infatti, anzich astenersi
dal lavoro, (il che sarebbe stato impossibile perch, in quei tempi, lavoro non ce nera), pensa
bene di organizzarsi in
una impresa autogestita
per costruire, in sostituzione della vecchia mulattiera, la strada che
dal paese avrebbe condotto a Brognaturo: i lavoratori avrebbero poi
chiesto il conto alle autorit competenti. Ma non
sar una prova facile,
perch, per raggiungere
il loro scopo, uomini,
donne e bambini, dovranno sfidare le mille resistenze di baroni, arcipreti e ministri. Bench gli arrovesciati siano mossi
da un viscerale sentimento comunista (per a met
perch alla processione del sabato santo nessuno
pu mancare), ci non toglie che la loro iniziativa
abbia una portata che va al di l di qualunque
connotazione politica: infatti rappresenta quel
modo giusto di rapportarsi alle difficolt della
vita, che va oltre lo sterile mugolio della rassegnazione, ma si ingegna di trovare delle soluzioni per
provare a cambiare le cose. Nata a Reggio Calabria, Francesca Chirico, specializzata in cronaca nera, collabora con Narcomafie, mensile
di approfondimento del gruppo Abele ed ha
curato, tra laltro, la pubblicazione nel febbraio
2010 di Arance insanguinate - Dossier Rosarno. Arrovescio il suo primo romanzo ed
ha vinto il Premio Nazionale per opere inedite
- Parole nel vento 2010.
a.cimarosa@alice.it

18

umberto magno,
leader e partito
di

rossella Galati

Il momento arrivato, cos scrive


Leonardo Facco nellintrodurre il suo:
Umberto Magno.
La vera storia dellimperatore della Padania (Aliberti
editore, 2010, pp. 475), ricordando
che: Da almeno cinque anni, mi chiedono di scrivere un libro sulla Lega
Nord. Da altrettanti anni, rispondo per un motivo o per laltro - picche.
Me lo hanno chiesto amici, colleghi, ex
militanti leghisti, molti lettori dei libri che ho pubblicato. Ho sempre nicchiato,
nonostante lintima convinzione che, prima o poi, un
po di chiarezza sul partito di Bossi fosse necessaria, perch come ha
insegnato George Orwell,
quando la menzogna
universale dire la verit
diventa rivoluzionario. Si
tratta di un libro - inchiesta, agile e snello, che
viene pubblicato a quasi trentanni
dalla nascita della Lega Lombarda,
ad opera di un osservatore privilegiato, che ha conosciuto la Lega (e
Bossi) da molto vicino ed ha lavorato
per quattro anni al quotidiano la Padania. Sulla base di molti documenti,
pure inediti, ricordi personali e le testimonianze di importanti esponenti

del leghismo del passato, da importanti dirigenti di partito a ex ministri,


lautore propone una vera e propria
radiografia completa del fenomeno
politico della Lega. Da essa appare
un volto di Umberto Bossi, leader incontrastato del Carroccio e partner indispensabile dellattuale governo, che
riuscito in passato a coagulare attorno allidea autonomista - non senza
screzi e fatti poco chiari - milioni di
persone pronte a dare il loro consenso
ad un progetto politico che non solo
non mai stato realizzato,
ma che continuamente
cambiato e fallito. Il libro
riporta anche fatti inediti,
mai conosciuti o raccontati:
dalla strana busta paga
del figlio di Umberto Bossi,
alla laurea mai presa dal
capo (questo il suo nomignolo da sempre); dallodio per i libici alla
missione dei suoi in Libia
per incontrare Gheddafi.
Secondo Facco, Bossi la
Lega e la Lega Bossi. Anche oggi,
nonostante la malattia abbia ridotto
il senatr allombra di quel personaggio movimentista del passato recente,
e la stessa Lega sia stata profondamente trasformata, sino a diventare
unazienda rigorosamente a disposizione del proprio leader.
rossella.galati@gmail.com

maggio - giugno 2011

di

Maurizio Bonanno

MettiaMo a dieta
il leviatano!

econdo un recentissimo studio della UIL, dallo


Stato centrale alle Regioni, sino alle famigerate
auto blu, la macchina politica, nel nostro paese,
ha un costo di 24,7 miliardi di euro lanno.
Negli ultimi dieci anni, come evidenziato in questo rapporto, i costi della politica sono cresciuti di ben
il 40% . Nellanno in corso, per il funzionamento degli
Enti locali (Regioni Province, Comuni), le spese previste
sono di 3,3 miliardi di euro. Nel 2011 il solo costo di
funzionamento di Consigli e giunte regionali di 1,4
miliardi, che pari al 14,2 del gettito derivante dalladdizionale Irpef. Le auto blu incidono, per quanto
concerne la gestione, per 4, 4 miliardi annui. Per il
personale di nomina politica, (i contrattualizzati, per
segreterie di presidenti, sindaci e assessori), invece, 1,5
miliardi di euro. E per finire,
i compensi per le cosiddette
spese di rappresentanza,
il funzionamento dei CdA,
degli organi collegiali delle
societ pubbliche o partecipate ad enti, locali e nazionali hanno richiesto una
spesa, nellanno 2010, di
2,5 miliardi di euro; mentre
per la direzione di Aziende
Sanitarie e ospedaliere la
cifra stata di oltre 350
milioni di euro.
Dinanzi ad una tale
enormit, il caso di ragionare seriamente sui costi
della politica e sulla conseguente tassazione che grava su ciascun cittadino. Perch, facendo due conti, si scopre che i 24,7 miliardi
di euro equivalgono al 12,6 del gettito Irpef, che
equivale a 640 euro annui per il contribuente.
Con questo studio presentato dalla UIL (ed sintomatico che a redigerlo sia un sindacato), si dimostra
che, sfrondando sprechi, inefficienze e doppioni, si
potrebbero risparmiare 10,1 miliardi di euro lanno:
Un tesoretto - spiegano gli esperti UIL - da utilizzare
per abbattere le tasse, a partire dallazzeramento
di pari importo delle addizionali regionali e comunali
Irpef, oppure per aumentare le tredicesime, detassandole, in media per circa 400 euro. Non molto, ma
sempre meglio di niente, specie di questi tempi. E tutto

ci, senza ridurre minimamente le prestazioni


sociali/servizi al cittadino, ma semplicemente decurtando del 20% i costi diretti o indiretti della politica
(18,3 miliardi di euro).
Ancora meglio, ancora di pi si potrebbe
fare correggendo le inefficienze dalla pubblica
amministrazione, cancellando enti inutili, primi fra
tutti Province, Comunit Montane e Prefetture,
procedendo allaccorpamento dei piccoli Comuni
sotto i 5 mila abitanti.
Insomma, una dieta drastica, ma salutare per lo
Stato, che in tal mondo acquisirebbe snellezza burocratica e velocit attuativa per ci che pi facilmente
potrebbe essere programmato, alleggerendo contemporaneamente il
peso di una tassazione
che penalizza conseguentemente le singole libert di ciascun
cittadino.
Non semplice, n
facile imboccare una simile strada, perch i
primi e seri ostacoli verrebbero frapposti proprio da parte di quel
sistema politico che in
Italia pesante e si rifocilla attraverso questi
meccanismi, ma questa
lunica cosa da fare,
questo lobiettivo da
raggiungere.
Come? Parlandone,
raccontando la verit, mostrando quanto sia vessatorio, inevitabilmente vessatorio, uno Stato che deve
foraggiare le sue infinite articolazioni, la maggior
parte delle quali non necessarie.
Attraverso una presa di coscienza dellopinione
pubblica, della quale beneficerebbe lintero Paese,
consentendo ai politici di avere un atteggiamento pi
morigerato, restituendo cos un po di credibilit alla
politica italiana, prevenendo finalmente quei casi di
spreco denunciati ogni anno dalla Corte dei Conti
e che si verificano inesorabilmente in tutta Italia.
E sta anche a noi svolgere opera di informazione
e di pressione. Proviamoci!
direttore@fondazionescoppa.it

maggio - giugno 2011

di

Carlo lottieri

dieci piccole riforMe


a costo zero

A dispetto
dei problemi
di finanza
pubblica, ci
sarebbero
molte riforme, a
costo zero, che
potrebbero
aiutare le
famiglie e
le imprese

Italia bloccata, incapace di crescere, priva di


slancio. Eppure - a dispetto dei problemi di finanza
pubblica - ci sarebbero molte riforme (anche di
modesta entit) che potrebbero aiutare famiglie e imprese. Nelle scorse settimane abbiamo deciso di individuarne 10, offrendole allattenzione del ceto politico
italiano. Senza nutrire illusioni, sia chiaro.
1. Cancellazione delle province. Leconomia italiana deve fare i conti non soltanto con una pressione
fiscale oppressiva, ma anche con una autentica piovra
di burocrati che intralciano la libera iniziativa e falsano
il mercato. Se oggi una vera industria culturale, ad
esempio, fatica a crescere anche perch assessori e
funzionari finanziano amici e clienti. Per ridimensionare
questa idra dalle mille teste si pu partire dal pi inutile
dei livelli di governo: quello provinciale. Ne guadagneranno le tasche dei contribuenti, ma anche le opportunit di successo di quanti operano sul mercato.
2. Privatizzazione di imprese pubbliche (Eni, Enel,
Cassa depositi e prestiti, ecc.) e municipalizzate. Un
mercato non tale se alcune aziende possono costantemente contare sugli aiuti pubblici e altre invece, se
vanno male, chiudono. dunque necessario avviare un
ampio progetto di privatizzazioni, cos da separare definitivamente politica ed economia, allinsegna del motto
Libera impresa in libero Stato.
3. Cessione delle case popolari e creazione, con il
ricavato, di buoni-affitto. La politica in tema di edilizia
popolare stata fallimentare, producendo disagi sociali, ingiustizie, privilegi. In molte occasioni si sono costruiti orribili alveari, che hanno prodotto infelici
segregazioni urbanistiche. Gli enti pubblici devono ritrarsi, ma per far questo bisogna vendere le case popolari e utilizzare il ricavato per aiutare con assegni
temporanei quanti hanno difficolt economiche.
4. Abolizione di ogni ostacolo al lavoro. In Italia
vi sono moltissime norme che ostacolano la libera
iniziativa - gli orari di apertura dei negozi, per esempio
- e lincontro tra domanda e offerta, causando alti livelli
di disoccupazione. Soprattutto al Sud, queste regole
impediscono rapporti capitalistici tra adulti consenzienti,
generando solo povert, mercato nero, emigrazione.
Bisogna che ogni norma in materia di lavoro possa essere superata per via negoziale, se vi laccordo delle
parti. Se uno pu votare sullaborto o sulla responsabilit dei giudici, perch poi non pu decidere sul suo personale contratto di lavoro?
5. Liberalizzazione dei metodi alternativi di risolu-

zione delle controversie. La giustizia civile non funziona:


in primo luogo perch una realt fuori mercato. Nel
resto del mondo stanno crescendo i metodi alternativi
di risoluzione delle controversie: larbitrato (dove la sentenza formulata da un giudice privato, scelto dalle
parti) e la mediazione (che non si conclude con una sentenza, ma con un accordo extragiudiziale). Si smetta di
intralciare questi istituti, permettendo a chiunque lo voglia di fare larbitro o il mediatore e lasciando che sia
il mercato a giudicarne le qualit.
6. Consolidamento delle regole sulla concorrenza
(ad esempio, sganciare Rfi da Trenitalia). Troppi settori
soffrono le conseguenze di privatizzazioni e liberalizzazioni solo parziali: specie nel caso dei sistemi a rete.
C bisogno che le aziende che utilizzano i medesimi
binari o lo stesso cavo siano poste su un piano di parit.
7. Trasformare gli ordini in associazioni, partendo
da notai e giornalisti. Anche se il regime fascista morto
nel 1945, molta di quella cultura ancora viva. Lo testimonia il persistere delle corporazioni. Si trasformino
gli ordini in associazioni a cui ci si pu iscrivere oppure
no, lasciando a chiunque la libert di praticare la professione che predilige.
8. Abolizione del valore legale del titolo di studio.
Questo obbrobrio non trova alcuno spazio nel settore
privato (dove vali per quello che sai e sai fare, e non
certo per un pezzo di carta). Non cos, per, nel pubblico, che sacralizza bolli e pergamene. Si ascolti Luigi
Einaudi e si volti pagina.
9. Fine del regime che regola limita lapertura di
nuove farmacie. Perch in una qualunque strada di un
villaggio della Georgia caucasica possibile trovare
una fianco allaltra, tre farmacie e in Italia no? La nostra
legge autorizza solo una farmacia ogni 5 mila abitanti
e per fare il farmacista lo deve essere anche tuo padre.
Le lenzuolate del centro-sinistra hanno introdotto qualche parziale modifica. C qualcuno che sappia essere
un po pi liberale di Bersani?
10. Fine dellobbligo di iscrizione alle camere di
commercio. Come per gli ordini, necessario che queste
realt siano indotte a mettersi a disposizione degli iscritti
e offrire servizi di qualit. Ma lunico modo perch ci
avvenga che artigiani, industriali o commercianti possano decidere di non pagare la quota associativa.
una soluzione semplice. Lunica che esiste.
Universit degli Studi di Siena
lottieri@tiscalinet.it

la BUliMia dello stato


e la via verso laBisso
di alessandro Vitale

onostante lapparenza dei tagli generalizzati, gli Stati continuano ad espandere


la spesa pubblica e a finanziare i gruppi
privilegiati e quei disparati settori, un tempo in
mano alle persone e ai gruppi, che hanno finito
per occupare, militarmente, nel periodo Otto-novecentesco. La spesa infatti selettiva: il che significa continuare a
estrarre ricchezza dalle tasche di alcuni cittadini per darla ad altri,
allocando risorse politicamente, anche se i destinatari cambiano (ma
non i tartassati) e la spesa complessiva cresce. Non un caso se
anche la pressione fiscale aumenti costantemente - sebbene abilmente occultata dai sibillini calcoli della contabilit nazionale, che
ormai sfuggono di mano persino ai contabili ufficiali - e si faccia
ormai insostenibile per i produttori reali di risorse. Del resto, come
scriveva Vilfredo Pareto a Maffeo Pantaloni, noto che [I politici]
pi ne hanno e pi ne spendono, alla faccia della ridicola mitologia
del pagare tutti, pagare meno. I frutti della lotta allevasione finiscono immediatamente in una spesa ancora maggiore di prima,
contribuendo a rendere la situazione insostenibile. Alcuni settori, fino
a oggi prioritari per gli Stati, sono invece finanziati solo quel tanto
che basta per puntellare ancora la giustificazione sottostante allideologia dei servizi pubblici (scuole, Universit, ecc.), sempre pi
catastrofici e nemmeno paragonabili a quello che sono stati quando
lo Stato moderno non li aveva ancora monopolizzati con la forza.
Lallocazione politica delle risorse prodotte sul mercato e accaparrate dagli Stati obbedisce a logiche elettorali, clientelari, mafiose e
di mantenimento a ogni costo del potere. Quel che peggio, per,
che si tratta di una logica espansiva, che si autoalimenta senza
fine, ovunque non incontri veri ostacoli. Nemmeno Francia o Germania, con la loro pretesa razionalizzazione, ne sono esenti. Sebbene
questultima abbia cercato di introdurre vincoli costituzionali alla
spesa, essa invece si espande (la spesa sul PIL in costante crescita),
alimentata dai traballanti sistemi di Welfare, dalla centralizzazione
politica e dallenorme proliferazione burocratico-parassitaria che
tutto quello comporta. Al vertice si collocano agevolmente consorterie
politico-burocratiche e magnati dindustria compartecipi della regolamentazione e dei favori statali, che assaltano letteralmente le
casse pubbliche in formazioni compatte e indifferenti alle procedure
formali o alle apparenti lotte parlamentari e che utilizzano la propaganda pi sfrontata per convincere quanti pi individui possibile
che il mercato non sia in tanti campi una buona soluzione, soggetto

com a fallimenti. In questo modo si alimenta senza sosta la bulimia degli Stati, la loro pretesa di continuare a gestire tutto, non importa in che modo, perpetuando rendite politiche monopolistiche e
privilegi e unimmane distruzione di risorse, dissipate in infiniti canali
improduttivi o in investimenti apparenti, che non possono mai, come
dimostrano la storia e la logica economica, produrre ricchezza al
pari delle risorse lasciate in mano agli individui nel mercato e nello
scambio. Saltati tutti i limiti al prelievo fiscale, dominano cos ovunque
la discrezionalit politica assoluta, la politica del giorno per giorno,
giustificate da continuamente invocate fantomatiche emergenze, non
solo nel teratologico sistema italiano.
Qualcosa per in questa bulimia dello Stato si sta incrinando.
La contropartita che il sistema statale di governo richiede giorno
dopo giorno diventata enorme.
Gli eternamente tartassati (soprattutto i ceti medi) incominciano
ad accorgersi che questa macchina devastatrice e distruttrice di risorse sfuggita di mano anche agli apprendisti stregoni, capaci
solo di assegnare le ricchezze prelevate a ceti e a categorie arbitrariamente scelti. Beni che gruppi e individui potrebbero benissimo
produrre e gestire da soli sono sottratti agli scambi volontari e finiscono nel calderone, giustificato da uninesistente equit, in cui i rapinati pagano per servizi fruiti da pochi, oppure che non sono
nemmeno desiderati. Tutte le promesse di un miglioramento del tenore di vita si rivelano un fallimento generale, con laumento mostruoso di sacche di povert corrispondenti a interventi inefficaci e
controproducenti, finanziati da unenorme spesa. I governi non riescono a mantenere istituzioni commisurate ai bisogni. La bulimia dello
Stato moderno appare sempre pi come una malattia mortale, non
pi curabile con lutopia dello Stato minimo e costituzionale.
Se gli individui, ormai privi di diritti di propriet su s stessi e sul
frutto del proprio lavoro - e sempre pi coinvolti in una guerra di
tutti contro tutti per accaparrarsi le risorse raccolte dallo Stato hanno a lungo sopportato livelli di tassazione come quelli contemporanei, mai visti prima nella storia, prima o poi, quando le nebbie
ideologiche dei beni pubblici, della propriet pubblica (forma
contemporanea dellantico bottino di guerra), della redistribuzione
e dei servizi incominceranno a diradarsi, apparir in pieno tutta la
realt della politica, forse presenteranno il conto di un inganno del
quale prima non si erano accorti.
Universit degli Studi di Milano
alessandro.vitale@libero.it

maggio - giugno 2011

la politica e
latrofia sociale
Come uscire dal sonno morale che
viene indotto dagli interventi della politica
di P ietro

i ritiene che un uomo


adulto non dovrebbe bere, e
quindi lo si riempie di tasse
sui superalcolici. E dato che
i rischi inutili sono, per definizione, inutili, tanto vale multarlo se guida
senza cinture, o stampare sui pacchetti di sigarette immagini tratte dai film di Quentin
Tarantino. Di certo, poi, non si pu lasciare
che decida da s con chi lavorare e a quali
condizioni: dove andrebbe senza la tutela
paterna, o paternalista, dei sindacati? E i
suoi risparmi non deve poterli gestire di persona: meglio imporgli una badante finanziaria. E figuriamoci se un adulto sia in grado
di fondare associazioni, gestire servizi sociali
e beni collettivi: fondamentale che queste
responsabilit gli vengano tolte di mano e
date ai politici.
In sostanza, lo Stato fa in modo che il
cittadino non debba occuparsi di nulla. Eppure le nostre baby-sitter politiche si rivelino
spesso pi inefficienti e irresponsabili dei cittadini. Ed evidente che dietro queste amorevoli cure si possano facilmente nascondere
interessi economici di lobby ammanicate
col potere, o la sete di potere delle lite politiche e burocratiche.

M onsurr
Molto spesso sembra che la politica
tratti la popolazione come una massa di minorenni bisognosi di cure e attenzioni, salvo
poi periodicamente innalzarla al rango di
sovrano in prossimit delle elezioni. E qui
nasce una tensione, perch coloro che sono
ritenuti in grado di contribuire a determinare
le politiche di una nazione sono gli stessi che
non sono ritenuti capaci di amministrare le
loro vite. Buonsenso vorrebbe che una persona ritenuta in grado di decidere ci che
riguarda la vita di tutti dovrebbe anche essere in grado di decidere ci che riguarda
la sua vita, ma in politica il buonsenso, si sa,
non benvenuto.
particolarmente preoccupante il fatto
che parrebbe che a trattare gli adulti come
se fossero bambini si provoca effettivamente
uninfantilizzazione della societ. Le abilit
si sviluppano con labitudine e la pratica: chi
abituato a cooperare con altre persone
sviluppa le qualit morali e intellettuali necessarie a cooperare, e chi abituato a servire, al contrario, non le sviluppa. Attacca
lasino dove vuole il padrone non un proverbio da popolo libero, ma in Italia di proverbi del genere ce ne sono decine. Il
cittadino di una democrazia pu avere tutto
senza doversi impegnare, semplicemente

chiedendo allo Stato-balia di realizzare i


suoi desideri: lunico suo dovere pagare le
tasse. Il cittadino spesso , come ricorda Antiseri, un mendicante che di mestiere fa lelettore.
Il brutto che la natura umana pare sia
particolarmente attratta da questa situazione: togliersi il peso della responsabilit e
dellincertezza dalle spalle sicuramente
una grande liberazione (e questa non centra nulla con la libert): pagare tasse e subire regolamentazioni pu sembrare un
piccolo costo da pagare per liberarsi del
peso dellesistenza individuale, soprattutto
quando le tasse sembrano pagate da altri.
Dallespansione dellintermediazione
politica consegue naturalmente un cambiamento di mentalit, e le due cose assieme
formano un meccanismo che si auto-rafforza:
meno si capaci di prendere decisioni, pi
le si devolve alla politica, e viceversa.
Gli americani di Tocqueville, quasi due
secoli fa, erano capaci di organizzarsi per
risolvere innumerevoli problemi: si riunivano,
discutevano, ed agivano. Ancora pi di cento
anni dopo, gli americani di Eric Hoffer erano
in grado di arrivare in un cantiere e organizzarsi con decine di sconosciuti per costruire
un ponte senza bisogno di un capo. C da
chiedersi se oggi si troverebbe oltreoceano
la stessa capacit di organizzazione e autogoverno che caratterizzava gli americani
del passato: probabilmente no, perch la
politica tende a causare la perdita del capitale sociale necessario alla cooperazione
con i propri simili, e ad atrofizzare le istituzioni sociali che la rendono possibile. In Italia
questo capitale sociale non probabilmente
mai stato molto, perch non siamo mai stati
liberi e dunque non ne abbiamo mai avuto
bisogno.
Per secoli lumanit ha cercato il segreto
delleterna giovinezza: la politica moderna
ha scoperto quello delleterna minorit. Ci
evidente ad esempio nel motto noi la crisi
non la paghiamo che ha spesso riecheggiato durante lattuale crisi economica: la
principale preoccupazione di molti sembra
trovare qualcun altro che paghi il conto al
posto proprio.
Se si vuole uscire dal sonno morale che
viene naturalmente istigato dalla politica,
visto che di problemi da risolvere ormai ce
n uninfinit, occorre riacquistare la volont
di riprendere il controllo delle nostre vite. E
magari se ne guadagnerebbe non solo in
PIL, ma anche in dignit.
La Sapienza - Universit di Roma
pietromonsurro@hotmail.it

di

lorenzo infantino

Edimburgo (Scozia) - Statua di Adam Smith

IL probLema
DeI beNI pubbLICI

a trasformazione dello Stato da strumento di sfruttamento po- E tale confine sembrato sicuro sin quasi alla fine dellOttocento.
litico a complemento della cooperazione sociale la grande Ma nel secolo successivo si verificato lo scardinamento di quella
acquisizione della culturale liberale. un passaggio che si frontiera. vero: il ceto politico ha sempre interesse ad allargare la
realizzato lentamente e che non ci pone al riparo da possibili indie- sfera dellintervento pubblico. E tuttavia ci si realizzato solo
treggiamenti. Corriamo permanentemente il rischio di dover subire quando alla sovranit della legge, del diritto cio inteso come
ricadute nello sfruttamento politico. Infatti, considerare il diritto complesso di norme generali e astratte, si sostituita lidea della socome il prodotto del processo interattivo che si svolge allinterno della vranit popolare e il suo corollario: che cio il Parlamento eletto dal
societ e attribuire a ciascun individuo, nella sua condizione locale, popolo potesse, sulla base di quella investitura, interferire con tutto
una conoscenza superiore a quella di qualunque autorit non sop- e far coincidere il diritto con la propria legislazione. Processo che
prime la funzione del Legislatore e della politica. La relega sola- stato poi facilitato da quelle teorie economiche (in particolare, quelle
mente in posizione residuale. Nella classica formulazione di Adam di ispirazione keynesiana), che hanno posto in discussione la regola
Smith, il sovrano completamente dispensato da un dovere nel cui del bilancio pubblico in pareggio. Si sono in tal modo create le conadempimento sempre esposto a innumerevoli delusioni
dizioni perch la classe politica potesse pagare il cone per il cui giusto svolgimento nessuna saggezza o coAdam Smith era senso mediante la continua dilatazione del territorio dei
noscenza umana pu mai essere sufficiente: il dovere di convinto di poter beni pubblici, di finalit cio perseguibili attraverso la
sovraintendere alle attivit dei privati e di dirigerla verso demarcare con rigore mano visibile dello Stato. cos che, dopo la met del
occupazioni pi idonee allinteresse della societ. Lo larea di intervento Novecento, Bruno Leoni ha scritto: Nel nostro tempo,
Stato deve solamente a) proteggere la societ dalla delle pubbliche autorit lestensione dellarea in cui sono divenute necessarie, o
violenza e dallinvasione di altre societ indipendenti;
anche convenienti, le decisioni collettive stata grossob) proteggere per quanto possibile ogni membro della societ lanamente sovrastimata, e larea in cui gli adattamenti individuali
dallingiustizia od oppressione di ogni altro membro, ossia [... deve] spontanei sono ritenuti necessari, o convenienti, stata circoscritta
instaurare unequa amministrazione della giustizia; c) creare e ben pi severamente di quanto non sia consigliabile.
mantenere certe opere pubbliche e certe istituzioni pubbliche, che
Ci ha condotto, dal punto di vista giuridico, al restringimento
non potranno mai essere create e mantenute dallinteresse di un in- del territorio delle norme generali e astratte e allaffermarsi di provdividuo o di un piccolo numero di individui, perch il profitto non po- vedimenti legislativi che, violando il principio delluguaglianza ditrebbe mai ripagarli del costo.
nanzi alla legge, hanno privilegiato gruppi particolari di interesse,
Pronunziando tali parole, Smith era convinto di poter demarcare le cui acquisizioni politiche sono state invocate da altri gruppi per
con rigore larea di intervento delle pubbliche autorit. Lo Stato re- ottenere a loro volta altre acquisizioni. E, dal punto di vista stretstava competente nellambito della fornitura dei cosiddetti beni tamente economico, si determinato un rapido e continuo aumento
pubblici, nella realizzazione cio di finalit che i privati non avreb- della spesa pubblica, con linstaurazione di quella che James M. Bubero potuto perseguire o non avrebbero potuto farlo con profitto. chanan e Richard E. Wagner hanno chiamato democrazia in de-

maggio -- febbraio
giugno 2011
gennaio
2011

ficit. Ci significa che la rincorsa ai privilegi politici colpisce il terra i suoi continuatori in Jeremy Bentham, John Austin, James e John
principio della sovranit del diritto e lintera concezione liberale Stuart Mill (con leccezione di alcune parti di On Liberty). Alla base
della societ. Ecco perch Bruno Leoni e Friedrich A. von Hayek di tale tradizione, c un atteggiamento squisitamente razionalistico,
hanno posto in evidenza i pericoli che lestensione dellattivit ridi- che assume la forma dellassolutismo gnoseologico. I suoi esponenti
stributiva dello Stato comporta in termini di libert e di sviluppo so- presumono di poter conoscere i dati rilevanti di ogni situazione;
ciale. James M.Buchanan si spinto a invocare lintroduzione di una ritengono che le istituzioni possano essere intenzionalmente create e
costituzione economica, capace di vincolare il ceto
modificate; affidano al potere politico una funzione ripolitico a regole di condotta, soprattutto a quella I beni pubblici sono distributiva e unestensione incompatibili con la concedel pareggio di bilancio. E Murray N. Rothbard, stati trasformati in una zione whig. significativo che Alexis de Tocqueville sia
esponente dellanarco-capitalismo americano, ha sorta di Cavallo di giunto ad accusare Voltaire di non avere saputo indivigiudicato molto dubbia la categoria del beni pub- Troia dellinterventismo duare i presupposti della libert politica e di non avere
blici, aggiungendo che in ogni caso non detto che legislativo ed economico compreso la funzione svolta dal Parlamento e dalle altre
debba essere lo Stato a fornire quel determinato
istituzioni politiche della societ inglese. E non sorprende
bene. Il fatto che gli scambi di voti in Parlamento fra gruppi di in- che dalle posizioni dei philosophes e dei rappresentanti del raditeresse e la mancanza di adeguate regole economiche hanno tra- calismo filosofico (i seguaci di Bentham) siano nate varie correnti
sformato i beni pubblici in una sorta di cavallo di Troia politiche di ispirazione socialista e anche lidea della possibile codellinterventismo legislativo ed economico. E ci ha dato forza a niugabilit fra liberalismo e socialismo.
una diversa tradizione liberale: quella che discende dai filosofi delLuiss Guido Carli - Roma
linfanti@luiss.it
lIlluminismo francese (Rousseau, Helvetius) e che ha avuto in Inghil-

La citt volontaria, quella


che produce valore

di G ianfranCo faBi

e ne parla sempre meno, soprattutto da questa parte della Manica,


eppure il progetto big society del
premier inglese David Cameron continua
a fare passi avanti. Per ora niente di rivoluzionario, nessun abbattimento dello
stato sociale (anzi Cameron ha pi volte
sottolineato negli scorsi mesi la volont di
difendere e sostenere il sistema sanitario
nazionale). Ma un cammino che sperimentale da una parte, riconoscendo maggiore autonomia ad alcune realt locali,
e culturale dallaltra, richiamando alla responsabilit di ciascuno nelladesione ad
un percorso strettamente liberale di rinascita economica. Un cammino che ha al
fondo quella logica pi societ, meno
Stato, che indica una valorizzazione di
tutte quelle realt che hanno al loro centro
il volontariato, ma che comunque si muovono con una logica di servizio e di risposta ai bisogni reali.
Nei giorni scorsi lo stesso Cameron ha
difeso sullObserver, un giornale non certo
tenero con il Governo conservatore, le
proprie tesi. Questo progetto - ha sottolineato Cameron - ha a che fare col modo
in cui funziona il nostro Paese. Niente pi
governi che trattano i loro cittadini come
se fossero bambini, incapaci di prendere
delle decisioni. Trattiamo gli adulti da

adulti, diamo loro potere e responsabilit


sulle proprie vite. una promessa diversa
da quella che i politici hanno fatto in passato. La Big Society non lennesima iniziativa governativa: uniniziativa per
dare alle persone liniziativa, per dare
loro controllo sulle proprie vite e sul loro
lavoro, per dar loro modo di migliorarli.
Ha il potere di trasformare il nostro paese,
e per questa ragione un progetto che
qui per restare. Parole certamente ambiziose che hanno al fondo una duplice
scommessa: la prima sulla capacit della
societ di tornare a produrre crescita e
valore, la seconda sulla responsabilit dei
cittadini chiamati a una maggiore iniziativa e partecipazione. Ma, come illustrato
nel libro La citt volontaria edito dallIstituto Bruno Leoni, la tradizione di impegno sociale e sussidiario dei cittadini
affonda le sue radici nella stessa Inghilterra di inizio Ottocento. Dove, non solo
per lassistenza o la sanit, si erano creati
gruppi attivamente presenti anche in materie, come la pianificazione urbanistica o
lamministrazione della giustizia, tradizionalmente riservati alla logica pubblica.
Sono molti i valori di fondo dellimpegno privato nel sociale: non solo un minor
costo, ma soprattutto una maggiore vicinanza ai problemi concreti, una pi signi-

ficativa partecipazione, una migliore efficienza. E come scrive Vito Tanzi nellintroduzione del libro: potremmo scoprire
con nostra grande sorpresa che vi sono
altri modi di organizzare la societ, modi
che non sono meno auspicabili della pervasiva presenza dello Stato. In uno spirito che mette insieme il solidarismo
cristiano e la fiducia nella persona propria di un vero liberalismo. In una prospettiva in cui il potere diffuso e, quindi, la
democrazia diventa una realt e non solo
una formula.
gian.fabi@alice.it

di Marco Parisi

il federalisMo
nella storia dellitalia

Oggi come al
momento dell
Unificazione
lattuazione
di una vera
riforma dello
Stato in senso
federale
necessaria

10

o scorso 17 marzo si festeggiato il centocinquantesimo anniversario dellUnit dItalia. Lo stesso


giorno del 1861, il parlamento del neonato Stato
proclamava la nascita del Regno dItalia e la fine degli
Stati preunitari. Dalle diverse letture fatte di quegli avvenimenti, sembra sia divenuto pacifico, ma spesso dimenticato, che il Risorgimento (termine inadatto ad
etichettare quel periodo) ebbe come effetto ultimo lannessione al Regno di Sardegna degli altri Stati italiani.
Cos Indro Montanelli nella sua Storia dItalia riassume levoluzione istituzionale di quel tempo: Assumendo il titolo di Re dItalia come Vittorio Emanuele
secondo, cio col suo vecchio numerale di Re di Sardegna, questi aveva fatto una scelta della cui importanza
forse non si rendeva esatto conto [] (i) plebisciti avevano semplicemente sanzionato lannessione al Piemonte
di cui accettavano la dinastia e le leggi fondamentali,
e di cui cos il nuovo Stato nazionale diventava un semplice ingrandimento. Lapparato legislativo-burocratico
sabaudo venne esteso allintera penisola; come carta
fondamentale fu adottato lo Statuto albertino, costituzione del Regno di Sardegna dal marzo del 48. Anche
i vertici politici del nuovo Regno erano piemontesi: il
capo di Stato, re Vittorio Emanuele II, era stato lultimo
Re del Regno di Sardegna; analogamente il primo ministro, Camillo Benso, fu lultimo capo di governo piemontese. Per ultimo la capitale, Torino.
Questa fu la piemontesizzazione. Degli altri Stati
poche tracce, nonostante secoli di storia. necessario
ricordare, infatti, che per ritrovare lItalia politicamente
unita bisogna andare indietro fino alla caduta dellimpero romano. Prima dellunificazione, ogni Stato aveva
un profilo politico-giuridico ben definito: aveva il suo
bilancio, le sue imposte, la sua polizia, il suo esercito (in
alcuni casi la sua flotta), i suoi giudici, i suoi consiglieri di
corte, le sue categorie professionali e un corpo di norme
che ne assicurava, bene o male, il funzionamento. Aveva
strade che collegavano la sua capitale al resto del
paese, porti che tenevano conto delle sue esigenze mercantili, servizi postali, sanitari, educativi che rispondevano, nella migliore delle ipotesi, alle esigenze della
sua popolazione (S. Romano, 2001). Con lunificazione
fu tutto centralizzato. Il perch facilmente intuibile.
Come detto, i vertici politici erano piemontesi e il vecchio Stato piemontese si era formato sul modello di
quello francese, rigidamente accentrato. [] nella Provincia il Prefetto era praticamente onnipotente, e nel
Comune il Sindaco era di nomina regia, cio un funzio-

nario di Stato pi che un delegato del popolo (I. Montanelli, 1974), caratteristiche tipica del centralismo. Inoltre, chi aveva sostenuto lannessione non poteva certo
concedere autonomia agli annessi. Si diede cos vita
ad una struttura centralizzata, basata su Prefetti investiti di poteri proconsolari.
Con queste premesse diventa chiaro che i tentativi
di adottare un struttura federale furono velleitari (come
le iniziative parlamentari di Marco Minghetti o il pensiero politico di Carlo Cattaneo); labito federale era
chiaramente quello che pi si adattava ad uno Stato
che contava sette strutture istituzionali pi o meno diverse, non erano necessari altri argomenti a sostegno,
ma i centralisti prevalsero. Ben pi difficile, e tuttora impresa incompiuta, fu creare una cultura nazionale unica.
Le divisioni politiche millenarie nonch la struttura geografica italiana hanno contribuito a sviluppare lungo la
penisola culture necessariamente diverse. La celebre
frase con cui Massimo dAzeglio si preoccupava di fare
gli Italiani nascondeva il vero problema di fondo: lo
Stato italiano contiene in s tante nazioni che non possono essere cancellate con un colpo di mano e hanno
bisogno di una legittimazione politica che stata loro
negata (G. Turco, 2001). Con tante nazioni in una, con
popoli con qualcosa in comune e molto di diverso, non
possibile accettare una struttura politica centralizzata
che nel tempo non ha contribuito a creare il cittadino
italiano, ma ad esasperare le diversit.
Dopo centocinquanta anni sembra che lunico effetto tangibile dellunificazione sia stata la fine della
possibilit di autodeterminazione dei popoli italiani.
Questo ha portato allannosa diatriba nordisti-sudisti
che (a ragione) si lanciano vicendevoli accuse, oltre che
allaumento della distanza con il riconoscimento in valori
comuni. Oggi come allora, lattuazione di una vera riforma dello Stato in senso federale sarebbe necessaria
e si adatterebbe perfettamente alla cultura municipalista italiana (A. Cazzullo, 2010), tuttavia pare sempre
molto lontana. Per trovare la giusta via, sarebbe giusto
guardare indietro, almeno di centocinquantuno anni.
maparisi84@virgilio.it

maggio - giugno 2011

QUanto costano
le province?

di a ndrea

tempo di risparmio. LItalia vede


il proprio debito
pubblico al 120 per
cento del prodotto interno lordo e i mercati
internazionali hanno appena portato a
buon fine il terzo attacco ad un Paese
dellarea Euro, il Portogallo.
Lentamente ed inesorabilmente la
crisi del debito sovrano rischia di avvicinarsi alle nostre coste. E se cos fosse,
difficilmente i mercati potrebbero essere riassicurati da manovre limitate,
come quella dellaumento dellaccisa
sulla benzina, che portano nelle casse
poco pi di 200 milioni di euro lanno
da destinarsi poi alla cultura.
Le riforme sono necessarie perch
sono essenziali i tagli in un Paese nel
quale la pressione fiscale reale stabilmente superiore al 50 per cento. Livelli elevatissimi, che nessun Governo si
ancora impegnato a voler ridurre.
Ma quali sono queste manovre o riforme che potrebbero aiutare a far ripartire lItalia ed abbassare la
pressione fiscale?
Nei giorni scorsi lex Ministro Scajola ha spronato il Ministro dellEconomia Giulio Tremonti ad eliminare il
livello di Governo delle Province. Due
miliardi di euro di risparmio annuo, vale
a dire circa 20 centesimi di riduzione
nellaccisa sui carburanti. Provate ora
ad immaginare quale stimolo sarebbe

G iuriCin
per leconomia un taglio cos importante sui carburanti. Certamente vi sarebbe un recupero di entrate fiscali
dovute ad uno sviluppo pi rapido
delleconomia.
Una manovra impossibile?
Sarebbe fattibile economicamente
e non impossibile da mettere in pratica.
Politicamente
invece molto
dura una tale riforma a causa
delle resistenze
della Lega Nord,
che proprio nel
bacino delle Province ha avuto i
primi successi al
Nord e che vede
in queste realt la
formazione della
propria classe dirigente.
Con leliminazione del livello di
Governo
delle
Province non verrebbero chiaramente intaccate le funzioni che queste svolgono. I risparmi
verrebbero anche dalleliminazione
della classe politica, che da sola costa
quasi 140 milioni di euro lanno.
Non solo possibili altri risparmi?
Sembra evidente ai pi che sono possibili altri tagli. Infatti, i costi di amministrazione e controllo delle Province

ammontano nel 2008 a quasi 3,6 miliardi di euro. Questi costi non sono dovuti alle attivit svolte dagli Enti Locali,
che hanno a disposizione altri 11 miliardi di euro per svolgere le loro funzioni, ma appunto alla sola gestione.
Non verrebbe intaccato il numero
dei dipendenti, che hanno un costo annuale di 2,3 miliardi di euro e dunque
non sarebbe difficile da far digerire
una tale misura. Le funzioni verrebbero
dunque spostate ai Comuni o alle Regioni, cos come gli stessi dipendenti.
una manovra soft, ma che comporterebbe due miliardi di euro di risparmi
netti.
Oltretutto
tale
eliminazione era presente nel programma elettorale del 2008 del Po-

polo della Libert e dunque non vi


sarebbe alcuna incongruenza elettorale.
Uno Stato meno pesante un
sogno molto difficile da realizzare, ma
sempre di pi sta diventando unesigenza. Tale livello di debito (120 per
cento del PIL) appesantisce la crescita
per uno dei Paesi che peggio si comportato negli ultimi decenni. Solo andando ad analizzare il triennio della
crisi economica (dal 2008 al 2010),
neanche la Spagna ha fatto peggio
dellItalia in termini di caduta del prodotto interno lordo.
Leliminazione del livello delle Province dunque un primo passo da
fare, ma certamente non dovr essere
lunico per salvare lItalia dallattacco
dei mercati.
Universit di Milano Bicocca
andrea.giuricin@unimib.it

11

IL CaNoNe raI Come


La TaSSa SuL maCINaTo

di

s andro s CoPPa

ra gli innumerevoli tributi che costellano il


Tornando al canone Rai, il caso di chiedersi come mai tanta
panorama fiscale italiano, il canone ra- ostilit, nonostante il suo prelievo sia modesto?
dioteleviso ha sempre destato una partiA parte lovvia considerazione che si tratta pur sempre di unimcolare avversione, tanto da suscitare rivolte che posta e, quindi, di un prelievo ottenuto con la forza e non attraverso
a volte hanno assunto i caratteri della disob- lo scambio volontario, che tuttavia sollecita quel diffuso sentimento
bedienza civile. Unavversione da sfociare in popolare dintolleranza verso qualsiasi gabella, le ragioni di tanta
vera e propria ostilit popolare cos come confermato dal ostilit si rinvengono soprattutto nellingiustizia di unimposizione tri47,3% del campione di ricerca demoscopica in una recente ri- butaria della quale non sono condivisi i presupposti e le finalit ai
cerca del Censis - Commercialisti.
quali stata via via ancorata. E ci a partire dalla sua istituzione
Essa, a ben vedere, non si discosta molto da quella che, a par- con il regio decreto-legge 2 febbraio 1938 n. 246, per passare
tire dal 1869, invest la tassa sul macinato, voluta da Cambray- attraverso le numerose pronunce della Consulta e della Cassazione
Digne e da Quintino Sella, per far fronte alle impellenti necessit e gli interventi del legislatore, tutti diretti a rafforzare, anche in modo
finanziarie del Regno, essenzialmente per il grave deficit di bilan- confuso, il regime del medesimo tributo. Questultimo, che inizialmente
cio determinato dalle necessit della forzata unificariguardava le radio e, poi, dal 1950, anche le televisioni,
zione e poi dalla guerra del 1866 con lAustria. Come Il canone RAI ha stato configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti
si ricorder, la misura colpiva i mugnai, i quali dove- sempre destato una del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime
vano versare allerario un tributo direttamente propor- particolare avversione di concessione, poi come tassa. Quindi come imposta in
zionale alla quantit di grano macinata, per tanto da suscitare senso generico e, infine, come imposta speciale o di scopo,
controllare le quote del quale le autorit prefettizie vere e proprie rivolte a carico dei meri detentori degli apparecchi, atti o adatfecero applicare ai mulini un contatore, costringendo
tabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive, desticos gli stessi mugnai a sottostare forzatamente allimposizione le- nato quasi per intero al finanziamento della concessionaria del
gislativa. La conseguenza fu che ovunque nel paese dilagarono servizio pubblico radiotelevisivo (RAI). Ebbene, se da un lato non
manifestazioni di protesta, che si svolsero in maniera tuttaltro che ammissibile che, mediante la legislazione, sia riconosciuta alla RAI
pacifica: dal Piemonte al Veneto al Friuli, esse spesso degenera- una posizione dominante nel settore radiotelevisivo, da sostenere
rono in scontri sanguinosi tra le forze dellordine e i contadini ma- con la tassazione, atteso che la sua attivit e i suoi programmi non
nifestanti. Secondo stime ufficiali, al termine delle agitazioni, che differiscono da quelli delle altre reti private a diffusione nazionale
furono particolarmente furenti nella campagna padana, si conta- e non si scorge alcuna differenza tra il "servizio pubblico" della Rai
rono circa 250 morti e oltre mille feriti. Nonostante le proteste, i ed il servizio "offerto al pubblico" delle altre emittenti private, tant
governanti si mostrarono irremovibili per oltre un decennio, e sol- che possibile distinguere l'emittente solo per il "logo" che compare
tanto con lavvento al potere della Sinistra di Agostino Depretis, ad un angolo del teleschermo; dallaltro non neppure condivisibile
che aveva duramente osteggiato il provvedimento, ribattezzan- il costruito presupposto dellobbligazione di pagamento del canone,
dolo la tassa progressiva della fame, limposta, dopo una prima e cio la mera detenzione di un apparecchio atto o adattabile
riduzione nel 1880, venne definitivamente abolita nel 1884.
alla ricezione delle radioaudizioni che sarebbe altres indice di ca-

12

maggio - giugno 2011

pacit contributiva. Infatti, levoluzione delle comunicazioni e posta di scopo, invece di essere abolita, potrebbe addirittura esquella tecnologica hanno fatto si che, oltre al televisore, siano sere legislativamente elevata al doppio o al triplo del valore
ormai moltissimi gli apparecchi elettronici che potrebbero rien- delle abitazioni.
trare nell indeterminata categoria degli "atti o adattabili", come
Sulle ragioni dellingiustizia dellimposta radiotelevisiva si poad esempio un cellulare o un computer collegato ad trebbero aggiungere altre considerazioni come, ad esempio, che
un'antenna parabolica per captare i segnali radiotela stessa RAI, oltre a percepire il canone, si avvale allevisivi provenienti da tutto il mondo, inclusi quelli Lostilit popolare tres delle risorse pubblicitarie, laddove queste ultime
emessi dalla stessa Rai. Essi sono ormai utilizzati senza al canone RAI esprime costituiscono lunica fonte di sostentamento per le altre
alcuna limitazione, anche se per alcuni servizi i pos- lingiustizia contro emittenti, e persino i casi di servizi pubblici sostenuti
sessori provvedono in genere al pagamento di un ab- un balzello fiscale non dalla fiscalit generale e non anche con un tributo ad
bonamento, e non corrispondono alcun canone RAI. condivisibile e da abolire hoc. Ed altre ancora, che potrebbero solo confermare
Quanto alla capacit contributiva, non si vede
quanto evidenziato, e cio che lostilit verso il canone
come possa essere considerato un indice il possesso di un appa- Rai esprime non soltanto un legittimo sentimento disapprovazione
recchio televisivo, il cui costo pu ora essere contenuto anche in dellimposta, ma anche, e soprattutto, una palese rivolta nei con50 euro, mentre quasi il triplo il canone da pagare, peraltro fronti di un ulteriore ingiusto, e persino anacronistico, balzello triogni anno. Applicando lo stesso criterio si potrebbe addirittura butario, la cui abolizione appare sempre di pi doverosa.
pensare che lICI, che condivide con il canone RAI la natura di iminfo@studioscoppa.com

IL VeNTo DeL Tea parTY


SoFFIa Su WaSHINGToN
di MarCo

faraCi

e elezioni di middle
term hanno rappresentato un momento
importante nella recente
storia politica americana.
A soli due anni dalla netta
vittoria di Barack Obama, acclamato come
il messia del nuovo progressismo americano, i Repubblicani si sono ripresi la Camera dei Rappresentanti ed hanno sfiorato
la riconquista della maggioranza al Senato
che veniva rinnovato per un terzo.
Ma dietro il successo del partito dellelefante non c solamente una fisiologica disaffezione nei confronti di un presidente in
carica in un momento di crisi economica, n
una semplice nostalgia dellestablishment
dellera Bush.
La pi grande novit delle elezioni dello
scorso novembre stato lemergere, allinterno del Partito Repubblicano, del movimento dei Tea Parties che da posizioni
coerentemente libertarie il protagonista
della riscoperta dei valori propriamente
americani della moderazione fiscale e del
governo limitato.
In questo senso il Tea Party si contrappone fortemente alla leadership di Obama,
un presidente che non sembra credere nellAmerican Exceptionalism e prefigura per
molti versi politiche socialdemocratiche di

stampo europeo. Ma allo stesso tempo questo crescente movimento grassroots rappresenta una sfida ai repubblicani moderati,
accusati di avere svenduto i principi del libero mercato alla conservazione del potere.
Questo rinnovato vento culturale sta
dando fiato allarea liberista del Grand
Old Party, anche in vista delle prossime
presidenziali e ci si traduce da un lato
nellinteresse che sta ormai catalizzando
la campagna di quel Ron Paul da sempre
campione dellAmerica libertarian, dallaltro nel rafforzarsi di altri politici meno radicali, ma comunque decorosamente
market-friendly, come ad esempio Tim Pawlenty che ha lanciato un comitato esplorativo in ottica 2012.
In Congresso la stella repubblicana
delle ultime settimane stato invece Paul
Ryan, presidente della Commissione Bilancio, che ha saputo costringere il presidente
Obama ad un lungo e delicato negoziato
sui tagli al budget federale. I Repubblicani
si sono rifiutati di votare il budget finch
Obama non accettasse di operare una
dolorosa serie di sforbiciate e lo stallo si
protratto per diverse settimane. La prospettiva, nel caso non si fosse trovato un
accordo, era quello di arrivare ad uno
shutdown parziale del governo federale
per mancanza di fondi.
Quello che degno di nota come, secondo vari sondaggi, gli americani non fos-

sero spaventati dalleventualit dello shutdown ed anzi la ritenessero utile come


estrema ipotesi per convincere i politici a ridurre la spesa e la pressione fiscale.
Forti di un buon supporto popolare i Repubblicani, quindi, sono riusciti a tenere duro
ed a strappare al presidente molte concessioni, fino al raggiungimento di un accordo
che dovrebbe condurre ad unimportante
contrazione della spesa federale circa 38
miliardi di tagli nei prossimi dieci anni.
In definitiva, contrariamente a quanto
pare avvenire nel vecchio continente, negli
Stati Uniti esiste una rilevante parte dellopinione pubblica che sostiene una prospettiva
di governo leggero e che quindi convinta
che luomo comune abbia molto pi da guadagnare che da perdere da un arretramento dello Stato.
Certo sar interessante vedere se il movimento dei Tea Parties riuscir a persistere
ed a consolidarsi dopo il recente boom. Se
cos sar, sicuramente si riveler in grado di
esercitare unimportante influenza ideologica sul Partito Repubblicano ed in generale
sulla politica a stelle e strisce.
Un importante banco di prova saranno
inevitabilmente le prossime elezioni per la
Casa Bianca, per le quali Obama parte
teoricamente favorito, come normalmente
avviene per un presidente incumbent, ma che
potrebbero, senza dubbio, riservare sorprese. Molto dipender, naturalmente, dalla
capacit dei Repubblicani di individuare un
candidato che riesca a raccogliere il pi
vasto consenso, elaborando una sintesi praticabile del moderatismo e delle istanze fiscal conservative. Un nuovo Ronald Reagan,
in altre parole.
mfarac@tin.it

13

di

silVio BoCCalatte

diMagrire per risanare,


la giUsta cUra per la sanit
Lutopia statalista nella sanit ha generato un mostro ideologico che divora
enormi quantit di risorse pubbliche ed causa della notevole pressione fiscale

iviamo nellepoca dei diritti fonda- rita, ma dellinsieme degli operatori pubblici. cutore virtuale: un diritto! Un diritto di tutti!
mentali delluomo - veri e presunti, In una parola, non precisissima, ma indica- Se si paga il ticket solo a causa dei costanti
veri e falsi - e nessuno pi dubita che tiva: si tratta dello Stato. Riassumendo, in- sprechi dei soldi pubblici, ma bisognerebbe
la salute sia da annoverare tra di essi. Anzi: somma, lo Stato ha il compito costituzionale tendere ad eliminare uningiusta gabella
ne sia forse il principale, insieme con il diritto di tutelare la salute: ora, il medesimo art. 32 come il ticket!.
alla vita. Eppure qualche dubbio sul signifi- della Costituzione precisa che questo comManipolare lopinione pubblica, in
cato stesso della parola diritto lo nutriamo pito dovr essere svolto tramite cure gra- fondo, semplice: basta ripetere per deancora, posto che non ci possibile conve- tuite agli indigenti.
cenni questa concatenazione di concetti e si
nire germi e virus nelle patrie aule di giustiEcco: fermiamoci a questo dato e riflet- otterr la bizzarra convinzione secondo la
zia allo scopo di sentirli condannare al tiamo su di esso.
quale la Costituzione garantisce una sanit
risarcimento del danno, nonch, ovviamente
Innanzitutto unesegesi corretta alla luce pubblica e gratis per tutti. Esprimendo in teralla riduzione in pristino delle nostre condi- del principio di realt nella sua declinazione mini economici questa drammatica vulgata
zioni fisiche. Forse anche un bene: i tempi economica (quello che recita: nessun pasto divenuta patrimonio del senso comune, ci
degli italici tribunali superano di molto quelli gratis) ci consente di leggerne la sua por- significa due cose: la sottrazione completa
di efficacia degli antibiotici.
tata reale nel senso che la Repubblica ga- della sanit dal mercato e il suo totale fiA parte le perplessit dogmatiche - con rantisce agli indigenti cure a spese dei nanziamento tramite le risorse tratte dalla
le quali non vogliamo certo annoiarvi e che contribuenti. Bene: appurato come la for- fiscalit generale. Vi sembra strano? Vi sempossono anche essere ricacciate nei contorti mula prescelta dal costituente stia a signifi- bra che contraddica una previsione di cure
meandri mentali dei giuristi con
care che lonere
gratuite agli indigenti? S, lo .
deformazioni pandettistiche -, Nella Costituzione economico per le Si pu affermare Eppure proprio su questi prenessuno pu dubitare che nella la salute definita cure degli indigenti che il S.S.N. andato supposti che il sistema mutualivigente Costituzione la salute sia come fondamentale ricade sulla fiscalit talmente al di l stico stato completamente
esplicitamente definita come diritto dellindividuo e generale, sorgono di quanto previsto dallo superato tramite listituzione del
fondamentale diritto dellindivi- interesse della colletivit alcuni problemi di art. 32 della Costituzione Servizio Sanitario Nazionale: saduo e interesse della collettivit
rapporto con ci che
nit pubblica e gratis per tutti,
(art. 32). Nella nostra Carta Fondamentale, stiamo vivendo da pi di trentanni, nonch paga il contribuente. Nel 1978 ci stato
quindi, la salute ricopre un ruolo molto pi con lopinione pubblica.
considerato come una grande evoluzione,
importante di quello della propriet privata,
Se si chiede alluomo della strada se ri- un tassello essenziale per realizzare il siche, al contrario, non nemmeno etichettata tenga essere la salute un diritto costituzionale stema di tutela voluto dalla Costituzione.
come diritto, figuriamoci poi se fonda- che debba essere garantito per tutti, Allinizio degli Anni Novanta si appurata
mentale.
quasi certamente risulteranno risposte am- linsostenibilit economica di questo modello,
Se la salute un diritto, ma non posso piamente positive. Se poi si aggiunge una ma stata da quasi tutti considerata solo
convenire in giudizio le mie virali o batteriche seconda domanda, chiedendo se tale ga- come una momentanea patologia che afcontroparti, ne consegue che sia un diritto un ranzia debba essere fornita dallo Stato, fligge un qualcosa di intrinsecamente giupo particolare. Possiamo affermare, allora, anche in questo caso vi sar, molto proba- sto, accerchiato dagli speculatori e dagli
che essa sia un diritto poich in capo allin- bilmente, una risposta affermativa.
approfittatori, ma pur sempre profondadividuo sorge la possibilit di chiedere e otOrbene, dopo aver posto queste due mente richiesto dal disegno costituzionale di
tenere prestazioni sanitarie, nonch domane, basta aggiungerne unaltra e il rivoluzione promessa.
condizioni ambientali salubri. In ogni caso, il gioco fatto: lei crede, quindi, che la sanit
Abbiamo agevolmente potuto constanostro interlocutore (e spesso anche la nostra per tutti debba essere pubblica e gratuita? tare come non sia cos, anzi: possiamo trancontroparte) la Repubblica: non si tratta Certo! - Mi pare gi di sentire il tono di quillamente affermare che il S.S.N.
del noto quotidiano n della madama tur- voce, lievemente risentito, del nostro interlo- (perlomeno nella sua versione originale)

14

maggio - giugno 2011

andato talmente al di l di quanto previsto


dallart. 32 Cost. da averne tradito la lettera
e lo spirito, nondimeno la stragrande maggioranza dellopinione pubblica sarebbe
pronta a riconoscere come verit assoluta
che la legge istitutiva del Servizio Sanitario
Nazionale sia la mera esecuzione della Costituzione. Al contrario, il disegno costituzionale immaginava, innanzitutto, lesistenza di
una sanit sia pubblica sia privata; in secondo luogo la gratuit era sussidiaria:
solo chi non in grado di pagare le cure, o
la singola specifica cura particolarmente costosa (lindigente), ha il diritto ad ottenerla
gratis. La logica (pur perequativa e solidaristica) della Costituzione del 1948 stata
dunque travisata in nome dellutopia statalista, generando un mostro ideologico che
divora quantit inconcepibili di risorse pubbliche ed uno dei principali responsabili
della smodata pressione fiscale cui siamo
soggetti. A costo di riproporre le storiche parole di Sonnino, in materia di sanit proprio
il caso di tornare alla Costituzione: risanare
la sanit significa, innanzitutto, ricostruire un
mercato delle prestazioni sanitarie. Certo,
trasformare una frittura di pesce in un ac-

quario rimane (anche in campo sanitario)


qualcosa di pi complicato rispetto al processo inverso, ma loperazione effettuata dal
1978 va completamente smantellata. Qualcosa s gi fatto negli anni Novanta, ma
non ammissibile che le convenzioni e gli accreditamenti vengano effettuati solo quando
il governo regionale abbia appurato linsufficienza delle strutture pubbliche a soddisfare la domanda di sanit sul territorio:
necessario che tutti i soggetti possano liberamente competere alle stesse condizioni.
A seguito di una completa apertura del
mercato diventer effettivamente possibile
ridurre lofferta pubblica di sanit (cio
meno ospedali pubblici e pi strutture private) e, parallelamente, la limitare la copertura pubblica ai soli casi di indigenza: la
regola dovrebbe tornare a essere la
mutua, cio unassicurazione sanitaria privata per coloro che possono stipularla autonomamente o, di prassi, la sua
contrattualizzazione tramite i CCNL.
Sbarazzarci dellimbarazzante fardello
culturale degli anni Settanta non costituirebbe solo il recupero del dettato costituzionale - operazione che, in s e per s,

alquanto sterile - ma permetterebbe di ottenere svariati vantaggi: in primo luogo,


comporterebbe una consistente diminuzione
di spesa pubblica, che potrebbe trasformarsi in riduzione del deficit e poi anche in
minori imposte; in secondo luogo, le
aziende sanitarie potrebbero smettere di
nascondere o manipolare i propri bilanci in
modi legali, ma sostanzialmente degni delle
peggiori bancarotte fraudolente; in terzo
luogo, lo sviluppo di una solida rete sanitaria
su base privatistica permetterebbe la creazione di posti di lavoro (veri, non pagati dal
contribuente!). Ma sono i benefici alla salute
individuale e collettiva quelli che di certo interessano di pi: una robusta sanit privata
e concorrenziale, con un settore pubblico meramente sussidiario, permetterebbe lo sviluppo delleccellenza, permette di evitare i
viaggi della speranza verso lestero e tutelerebbe le legittime esigenze delle fasce pi
deboli della popolazione. La tutela del diritto alla salute - di poveri e ricchi - ha tutto
da guadagnare da una sanit pubblica
magra e da un mercato grasso.
Universit degli Studi di Genova
silviobocc@libero.it

la giUngla dei divieti


soffoca la liBert

di stefania

empre pi spesso assistiamo a grossolane usurpazioni perpetrate ai danni della libert e della vita privata. E ci in nome
della protezione dei cittadini, nella convinzione che un dovere dello Stato cercare di salvarli da ogni possibile pericolo. In tal
modo, si giustifica la pi incisiva ingerenza di uno Stato paternalista
e iperprotettivo nella vita di ognuno di noi. In tale ottica, si pone
senzaltro la legge che vieta agli esercenti di locali pubblici di somministrare bevande alcoliche ai minorenni, sancendo la violazione
della normativa con pene pecuniarie oltre che con la sospensione
dallesercizio stesso. Ad essa si aggiungono altres le ordinanze di
vari Comuni che di recente hanno iniziato a vietare la somministrazione degli alcolici dopo un certo orario.
Queste norme sono conseguenza delle buone intenzioni dei
legislatori, che pretendono di sapere ci che buono e ci che non
lo , e che, dunque, spetta al pubblico il diritto illimitato non solo di
proibire per legge tutto ci che ritiene sbagliato, ma anche di vietare, per raggiungere lo scopo, una serie di comportamenti od attivit di per s perfettamente leciti.
Certo, pu accadere che una persona, a seguito dellassunzione
di alcol, possa diventare un pericolo per se stesso e per gli altri. Non
per questo, per, si dovr punire il commerciante che ha venduto
alcol a costui. E ci vale anche ove lalcol venga venduto ad un minore. Anzich punire il commerciante che svolge il proprio lavoro,

Cosentino

bisognerebbe spostare lattenzione sulla mancanza di educazione


e responsabilit assai diffusa tra i giovani. Dunque, nessun uomo
deve pagare per le irresponsabilit di un altro e, ancor meno deve
sottomettersi alla volont di una morale superiore, poich in tal modo
diverrebbe uno schiavo.
Soltanto regole rispettose della libert individuale, unite ad una
sana educazione potranno limitare luso sconsiderato di alcol e droghe. A nulla vale un eccessivo protezionismo che mira soltanto a frustrare liniziativa personale attraverso regole, vincoli e divieti
inefficaci e, come tali, inutili.
Daltra parte, il periodo di repressione proibizionista, sviluppatosi nellAmerica degli inizi del Novecento, non altro che un esempio
concreto di come il proibizionismo non funziona, poich oltre a ledere
la libert individuale, non in grado di fermare gli abusi che mira
a combattere. Non certo vietando la vendita di bevande alcoliche
che si lotta contro labuso. In tal modo non si fa altro che avvantaggiare i mercati paralleli, come gi avviene per la droga.
Scriveva F. von Hayek: la societ libera esige dalluomo un
senso di responsabilit che va oltre i doveri richiesti dalla legge. E
non pu esistere la responsabilit senza la libert personale. Essa
soltanto educa allautodisciplina, forma il carattere e la personalit,
permette lo sviluppo del singolo e il progresso della societ.
stefania.cosentino@yahoo.it

15

don Bosco
era liBerale?
di B runo

B ordiGnon

obbiamo anzitutto preventivo, che qualifica il suo sistema


distinguere il movi- educativo.
mento politico coSe ora ci riferiamo pi direttamente alla
siddetto liberale del sua visione di educazione e alla sua attivit
tempo dallattivit educa- educativa, forse vi sono degli elementi che
tiva di don Bosco.
hanno la medesima origine nel Vangelo. Egli
A riguardo del movimento politico libe- non solo ha sempre investito imprenditorialrale don Bosco non fece nulla, non disse nulla mente le offerte che ha ricevuto, ma se ne
e non scrisse nulla. La sua condotta stata assicurata la gestione indipendente quale
volutamente negativa fin dal 1848. Lespres- propriet privata. Non riceveva i lasciti e le
sione da lui usata: politica del Pater noster, offerte semplicemente per spendere e giunesprimeva in forma immediata che egli mi- gere al pareggio; ha sempre prodotto di
litava per un regno che non di questo pi di quanto ha ricevuto, impegnato in un
mondo e che, per questo, doveva elevarsi al miglioramento continuo ad ogni livello, sedi sopra delle divisioni causate dai partiti e condo la parabola evangelica dei talenti,
di ogni schieramento politico. Ci docu- che gli era ben presente.
mentato anche dal continuo contatto con gli
La sua attivit educativa profondauomini del Risorgimento, almeno per non mente coerente con tale visione. Presso la
averli ostili alla sua opera e impedire loro cartiera di Mathi torinese, comprata da don
di recare troppo danno alla Chiesa (Eugenio Bosco, stato trovato un foglio, nel quale di
Ceria). Di fronte alla nuova configurazione sua mano ha scritto, per un apprendista, il
giuridica dello Stato, che statizcalcolo di quanta carta doveva
zava il diritto medesimo e, tra
produrre per mantenersi come
Si pu dire che
laltro, anche la scuola, don la visione liberale apprendista, senza pagare alBosco riusc ad avere una cono- di don Bosco nella cuna retta. Siamo allinizio degli
scenza molto approfondita educazione consiste anni Ottanta dellOttocento; gi
della situazione ed a configu- nellimprenditorialit nel 1852 don Bosco aveva rerare scenari nuovi: si pensi, oltre
datto il primo contratto di apallapertura e alla gestione economica delle prendistato per garantire ad un adolescente
proprie opere, alla visione dei salesiani quali una formazione conveniente nel lavoro
religiosi nella Chiesa e cittadini di fronte alla presso una bottega. Quanto qui interessa
Stato, con il godimento di tutti i diritti civili.
che don Bosco non dava semplicemente:
Tuttavia le attivit di don Bosco sono dava perch chi riceveva si rendesse indisenzaltro liberali nel significato profondo del pendente economicamente. Leducazione di
termine, anche se egli mai ha esplicitato una don Bosco, con lo studio e i laboratori (scuole
simile qualifica e, dato il clima del tempo, di arti e mestieri), consiste nel mettere in
lavrebbe forse rifiutata. Aveva compreso grado ogni giovane di rendersi indipenche il pi grande investimento di una societ dente, cio di divenire imprenditore di se
leducazione dei giovani; non solo, ma che stesso. Don Bosco non ha mai concepito nepsenza valori, dei quali vedeva la fonte nella pure lo studio come trasmissione di contenuti,
coscienza secondo il Vangelo, non esiste con- ma ne ha sempre percepito e voluto la convivenza civile. Quando discorre di ordine valida nelle prestazioni. A sessantanni [nel
pubblico, don Bosco ha in mente che non 1875-6] fu udito D. Bosco esclamare gepu essere garantito se non dalla religione, mendo: comincio ora appena a sapere conche per lui era quella cattolica romana. Per- fessare i giovani, col che indicava che anche
tanto, su questo punto, si viene a trovare nella a quellet aveva ancora imparato qualche
linea di Alexis de Tocqueville, di Karl Popper nuova norma nel confessare la giovent
e di Friedrich A. von Hayek. Daltronde (don Rua, primo successore di don Bosco). Ho
pure questo un significato dellaggettivo riportato questa espressione di don Bosco,

16

perch, se vi era unattivit che, come sacerdote, gli stava a cuore, questa era il sacramento della riconciliazione. Se colta nel
significato profondo, questa affermazione
di don Bosco prevede una nuova impostazione anche degli studi teologici con limprenditorialit personale del capitale
umano acquisito.
Approfondendo questo discorso, constatiamo che don Bosco vedeva tutta leducazione impostata in questa direzione. Nel
Regolamento per le Case (1853) di propria
mano scrive ai giovani: Onorate i vostri
compagni. Il che significa: riconoscete i doni
di Dio che sono in loro e rendete onore ad
essi. Non solamente invita i giovani ad aiutare i loro coetanei nello sviluppare le proprie attitudini, ma tale aiuto il punto di
partenza fondamentale per ogni educatore:
riconoscere i doni di Dio in ogni giovane e
sostenerlo affinch li sviluppi al fine di realizzare il proprio progetto di vita (vocazione
trascendente per un credente). Mai imporre
i propri schemi alla crescita di un giovane. In
conclusione, si deve aiutare il giovane ad essere imprenditore di se stesso. Mai far perire
le competenze; sempre investirle.
La visione liberale di don Bosco nelleducazione consiste proprio nellimprenditorialit di ci che oggi chiamiamo
capitale umano, sviluppo di una corretta
visione di competenza. Una cosa premeva
a don Bosco: non lasciare inerti n le proprie competenze n il denaro. Evidentemente egli combatteva linerzia economica
del superfluo e voleva che fosse investito
per aiutare in primo luogo coloro che sono
nel bisogno, non facendo lelemosina, ma
abilitandoli a divenire imprenditori di se
stessi. Lattaccamento al denaro per se medesimo, lavarizia, che una forma di idolatria, paralizza limprenditorialit. Anche
da questo punto di vista don Bosco stato
veramente santo: non era per nulla attaccato al denaro, da vero liberale, poich
era sempre intento ad investirlo per i suoi
giovani.
Universit Pontificia Salesiana - Roma
bbordignon@salesiani.it

maggio - giugno 2011

di

dieGo MeneGon

perch aBolire il valore


legale della laUrea

LUniversit
gode di una
rendita: il
conseguimento
di un titolo che
solo essa pu
rilasciare
necessario per
per accedere
alle professioni

li argomenti a favore dellabolizione del


valore legale della laurea possono essere ricondotti a due tipi. Il primo riguarda la qualit del corpo docenti e i criteri di
selezione e di crescita di ricercatori e professori
allinterno degli atenei. Il secondo ha pi a che
fare con lofferta e la domanda formativa, quindi
il rapporto tra studenti e universit
Il principio cardine comune: abolendo il valore legale del titolo di studio si obbligano le universit ad attirare gli studenti con una formazione
di qualit anzich con la prospettiva di entrare
in possesso di un titolo che abilita allaccesso ad
ordini professionali e concorsi della pubblica amministrazione.
Luniversit, infatti, gode di una rendita: il
conseguimento di un titolo che solo le universit possono rilasciare
necessario allaccesso a
numerose professioni.
Gli atenei possono
avere iscritti anche se
non dotano i propri studenti di capacit professionali adeguate.
Alcuni
studiosi,
come Roberto Perotti,
hanno approfondito
lesame degli effetti di
questa rendita nella selezione di docenti e ricercatori. Se luniversit
ha come core business vendere pezzi di carta,
ha meno importanza la statura di quanti siedono dietro una scrivania. Le logiche nepotistiche e clientelari hanno buon gioco in un sistema
che non deve rendere conto, se non in parte,
della bont dei servizi forniti.
Un secondo genere di argomenti attiene, invece, alla flessibilit dellofferta formativa in un
contesto deregolamentato. Ad oggi la validit
del titolo di studio riconosciuta sulla base di una
struttura formativa disciplinata a livello centrale.
Lautonomia universitaria non arriva a mettere in
discussione il sistema di CFU. Per di pi, la rendita
garantita dal valore legale del titolo di studio
sfianca ogni stimolo a modellare lofferta normativa per assecondare le dinamiche del mercato

del lavoro e del mondo produttivo.


Le conseguenze sono ben sintetizzate in un
dato rilevato da Almalaurea: a tre anni dal conseguimento del titolo, il 41,9% dichiara di utilizzare in misura ridotta le competenze acquisite con
la laurea; l11,2% dichiara di non utilizzarle per
nulla. Nel settore letterario, la percentuale dei
laureati che dichiarano di non utilizzare affatto
le competenze acquisite alluniversit sale al
27,5%. In un campo disciplinare come quello giuridico, canale di accesso a molti ordini professionali e posti della pubblica amministrazione, il
56,8% dei laureati occupati dichiara che, per il
lavoro svolto, il titolo richiesto per legge. Questa
non sembra per essere una garanzia di successo
e stabilit occupazionale, se si considera che il
52,6% delle persone intervistate non avevano
un lavoro a tre anni dalla
laurea. Il valore legale
del titolo di studio, unito
al sistema di ordini professionali ad accesso limitato, provoca quindi
anche evidenti distorsioni: la prospettiva di
fare ingresso in una categoria lavorativa protetta da un ordine
professionale o di accedere ad unoccupazione
stabile nella pubblica
amministrazione gonfia
la domanda del titolo, ossia il numero di iscritti a
facolt come giurisprudenza, nonostante il mercato non abbia bisogno delle professionalit che
ivi si acquisiscono.
Abolendo il valore legale del titolo di studio,
la scelta di iscriversi e a quale universit rivolgersi
non sarebbe dettata dalla necessit cristallizzata
nella legge, ma sarebbe compiuta guardando
alle competenze, alle abilit, alla bont della formazione fornita dallateneo, alla sua aderenza
alle richieste del mercato del lavoro.
In questo senso, il valore legale del titolo di
studio si frappone, ostacolo allinnovazione, tra il
mondo del lavoro e il mondo dellapprendimento,
e si fa complice degli alti tassi di disoccupazione.
diegomenegon@gmail.it

17

un paese
arrovescio
di

antonella CiMarosa

uando la realt supera


l i m m a g i n a z i o n e. . .
Sembra linvenzione di
un geniale paradosso creato ad
arte per incuriosire il lettore, eppure Arrovescio di Francesca
Chirico, edito da Rubbettino, pagg. 106, una storia vera (colorata da un pizzico di fantasia) ambientata a Badolato nel 1950, che narra lepica
iniziativa di un gruppo di badolatesi che decide
di scioperare al contrario. Infatti, anzich astenersi
dal lavoro, (il che sarebbe stato impossibile perch, in quei tempi, lavoro non ce nera), pensa
bene di organizzarsi in
una impresa autogestita
per costruire, in sostituzione della vecchia mulattiera, la strada che
dal paese avrebbe condotto a Brognaturo: i lavoratori avrebbero poi
chiesto il conto alle autorit competenti. Ma non
sar una prova facile,
perch, per raggiungere
il loro scopo, uomini,
donne e bambini, dovranno sfidare le mille resistenze di baroni, arcipreti e ministri. Bench gli arrovesciati siano mossi
da un viscerale sentimento comunista (per a met
perch alla processione del sabato santo nessuno
pu mancare), ci non toglie che la loro iniziativa
abbia una portata che va al di l di qualunque
connotazione politica: infatti rappresenta quel
modo giusto di rapportarsi alle difficolt della
vita, che va oltre lo sterile mugolio della rassegnazione, ma si ingegna di trovare delle soluzioni per
provare a cambiare le cose. Nata a Reggio Calabria, Francesca Chirico, specializzata in cronaca nera, collabora con Narcomafie, mensile
di approfondimento del gruppo Abele ed ha
curato, tra laltro, la pubblicazione nel febbraio
2010 di Arance insanguinate - Dossier Rosarno. Arrovescio il suo primo romanzo ed
ha vinto il Premio Nazionale per opere inedite
- Parole nel vento 2010.
a.cimarosa@alice.it

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umberto magno,
leader e partito
di

rossella Galati

Il momento arrivato, cos scrive


Leonardo Facco nellintrodurre il suo:
Umberto Magno.
La vera storia dellimperatore della Padania (Aliberti
editore, 2010, pp. 475), ricordando
che: Da almeno cinque anni, mi chiedono di scrivere un libro sulla Lega
Nord. Da altrettanti anni, rispondo per un motivo o per laltro - picche.
Me lo hanno chiesto amici, colleghi, ex
militanti leghisti, molti lettori dei libri che ho pubblicato. Ho sempre nicchiato,
nonostante lintima convinzione che, prima o poi, un
po di chiarezza sul partito di Bossi fosse necessaria, perch come ha
insegnato George Orwell,
quando la menzogna
universale dire la verit
diventa rivoluzionario. Si
tratta di un libro - inchiesta, agile e snello, che
viene pubblicato a quasi trentanni
dalla nascita della Lega Lombarda,
ad opera di un osservatore privilegiato, che ha conosciuto la Lega (e
Bossi) da molto vicino ed ha lavorato
per quattro anni al quotidiano la Padania. Sulla base di molti documenti,
pure inediti, ricordi personali e le testimonianze di importanti esponenti

del leghismo del passato, da importanti dirigenti di partito a ex ministri,


lautore propone una vera e propria
radiografia completa del fenomeno
politico della Lega. Da essa appare
un volto di Umberto Bossi, leader incontrastato del Carroccio e partner indispensabile dellattuale governo, che
riuscito in passato a coagulare attorno allidea autonomista - non senza
screzi e fatti poco chiari - milioni di
persone pronte a dare il loro consenso
ad un progetto politico che non solo
non mai stato realizzato,
ma che continuamente
cambiato e fallito. Il libro
riporta anche fatti inediti,
mai conosciuti o raccontati:
dalla strana busta paga
del figlio di Umberto Bossi,
alla laurea mai presa dal
capo (questo il suo nomignolo da sempre); dallodio per i libici alla
missione dei suoi in Libia
per incontrare Gheddafi.
Secondo Facco, Bossi la
Lega e la Lega Bossi. Anche oggi,
nonostante la malattia abbia ridotto
il senatr allombra di quel personaggio movimentista del passato recente,
e la stessa Lega sia stata profondamente trasformata, sino a diventare
unazienda rigorosamente a disposizione del proprio leader.
rossella.galati@gmail.com

Foto di AngelA Fidone

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