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27/10/13

Mitologia greca e latina, Diana, Didone

MITOLOGIA CLASSICA

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Mitologia greca e latina : lettera D

Diana, Didone.

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DIANA: Divinit italica fatta equivalente della greca Artemide, ma della quale nella sua natura originaria era del tutto indipendente. Era venerata non solo nel Lazio, ma anche in molte regioni dell'Italia centrale e meridionale, tra gli Equi, i Sabini, gli Ernici. Il suo culto era celebrato in origine sui colli Albani, e localizzato in particolare nel territorio di Aricia sulle sponde del lago di Nemi in un luogo detto Speculum Dianae, dove le era dedicato un bosco, onde il nome di Diana Nemorensis, "la Diana dei Boschi". Sacerdote ne era il rex Nemorensis, il "Re dei Boschi", uno schiavo, che secondo la leggenda prendeva possesso del suo regno uccidendo, in certe circostanze, il suo predecessore. Questo santuario fu il centro di un culto praticato dalle citt della lega latina, il che prova la sua remota antichit; di qui esso si diffuse, giungendo a Tuscolo e a Roma, dove fu particolarmente celebrato sul monte Aventino per iniziativa di Servio Tullio con feste che avevano luogo ogni anno alle Idi di agosto. Il tempio dell'Aventino divenne in seguito il santuario di tutto il Lazio. Altro santuario dedicato a Diana era quello di Capua, che portava il nome di Diana Tifatina . A Capua, esisteva la leggenda d'una cerbiatta consacrata a Diana, animale di una meravigliosa longevit, e la cui sorte era legata alla conservazione della citt. La dea aveva fra i suoi attributi la protezione dei boschi e delle selve, ed era direttamente collegata col mondo naturale-vegetale, e anche con quanto vive nei boschi e nelle selve; cos Diana divenne protettrice anche degli animali, fra i quali le erano particolarmente sacri il cane e la cerva. Divinit protettrice della fertilit della natura, venne venerata dalle donne come dea della fecondit e dei parti col nome di Lucina . Pi tardi fu pure identificata con la Luna. Alle Idi di agosto anche i servi e perfino gli schiavi fuggitivi partecipavano alla festa in onore di Diana e anche del re Servio, loro patrono, il quale si narrava avesse fatto dono al tempio di una statua della dea, copia dell'Artemide efesia. Questi particolari provano che Diana era pure considerata quale protettrice della plebe e che il suo culto aveva un carattere spiccatamente democratico e popolare. Quando si comp l'identificazione di Diana con l'Artemide greca, furono attribuite alla dea italica tutte le propriet di questa e furono assimilati i due culti. Di solito era rappresentata con il cane e la cerva: venerata sotto l'aspetto di divinit cacciatrice, ebbe per suoi ornamenti l'arco, la faretra, la fiaccola. L'identificazione con la dea greca provoc una pi stretta parentela con Apollo. Nel tempio di Apollo Palatino era invocata sotto il nome di Diana Victrix; con lui ebbe parte nei ludi saeculares: nel Carmen saeculare di Orazio la Diana dell'Aventino invocata subito dopo l'Apollo del Palatino. Collegata con Diana era un'altra divinit, Egeria, fatta sposa di Numa Pompilio, dopo la cui morte fu convertita in fonte da Diana.

DIDONE: Elissa, figlia del re di Tiro Mutto, spos lo zio Sicheo (o Sicarba), ricchissimo sacerdote di Eracle. Ma il fratello di lei, Pigmalione, divenuto re di Tiro, le uccise il marito per impadronirsi delle sue ricchezze; Elissa, con la sorella Anna e con pochi compagni, fugg per mare giungendo dopo lunghe peregrinazioni in Libia, dove venne chiamata dagli idigeni Didone. Qui ottenne dal re Iarba per s e per i suoi compagni tanto terreno quanto ne poteva comprendere una pelle di bue: Didone tagli la pelle in sottilissime strisce e recinse con essa un ampio spazio su cui fond una citt che chiam
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27/10/13
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Mitologia greca e latina, Diana, Didone

Cartagine. Chiesta in sposa da Iarba, che minacci di distruggere la citt se avesse rifiutato, piuttosto che tradire la memoria di Sicheo, Didone si uccise gettandosi su un rogo. Sulla leggenda greca si inserisce l'ampia elaborazione letteraria romana, che si ritrova gi in Nevio: Didone posta in rapporto con Enea, che durante il suo viaggio verso l'Italia sarebbe sbarcato a Cartagine dove si sarebbe innamorato di Didone essendone ricambiato; secondo un'altra tradizione raccolta da Servio, Enea avrebbe invece amato la sorella di Didone, Anna. Da Nevio Virgilio deriva i tratti essenziali per l'episodio famoso dell'Eneide. Enea, in seguito a una tempesta che disperse la sua flotta, venne gettato sulle coste dell'Africa, presso Cartagine; qui si rifugi, in attesa di riparare le navi e di riprendere la navigazione. A Cartagine fu accolto da Didone di cui divenne ospite insieme con i compagni; durante un banchetto nella reggia, Venere, perch la regina fosse pi benigna verso il figlio, invi Amore che sotto le sembianze di Julo ispir a Didone un amore appassionato per Enea; l'eroe, invitato dalla regina, narr la distruzione di Troia e le sue avventure: Didone tent invano di resistere al sentimento che sentiva sorgere in lei, per conservarsi fedele alla memoria di Sicheo, finch consigliata anche dalla sorella Anna, che pens fosse necessaria la presenza di Enea per difendere la citt contro i molti nemici esterni, Didone cedette alla passione. Durante una caccia interrotta da una violenta tempesta, inviata da Giunone che sperava di trattenere con l'amore l'eroe lontano dall'Italia, in una grotta dove Didone ed Enea si erano rifugiati avvenne l'amplesso. Enea sarebbe stato deciso a fermarsi a Cartagine, se Giove non gli avesse inviato Mercurio a ordinargli di partire affinch si compissero i fati che lo volevano nel Lazio; l'eroe non os annunciare la sua partenza a Didone e cerc di allontanarsi in segreto; ma la regina si accorse dei preparativi, preg, minacci, implor Enea perch restasse, ma invano. La flotta di Enea si allontan e Didone, disperata, dopo avere predetto odio eterno fra Cartagine e la citt che Enea andava a fondare in Italia, sal sul rogo che si era fatto preparare e si trafisse con la spada donatale da Enea.

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