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Le parole del sacro nella tradizione misterica

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Centro studi filosofici

Contenuti

Le parole del sacro nella tradizione misterica

di Attilio Quattrocchi Introduzione alla Sapienza esoterica occidentale 1. Il sapere iniziatico ed il Premessa suo insegnamento 2. Le parole del sacro nella tradizione misterica 3. Sciamanesimo, oracoli e La pi alta esperienza del sacro nella Grecia antica fu quella realizzata nel corso dei secoli sapienza nellantica Ellade allinterno della tradizione esoterica nota come quella dei Misteri. 4. I Misteri Eleusini Prova ne che la stessa filosofia (disciplina a cui si riconosceva nel mondo antico il 5. I Misteri Dionisiaci massimo grado del sapere speculativo) non solo si serv di concetti e termini propri di essa 6. I Misteri Orfici ma si propose anche (attraverso la speculazione metafisica) di realizzare o, quantomeno, 7. Socrate e la tradizione di propiziare quella diretta conoscenza del mondo spirituale che era lo scopo specifico dei iniziatica 8. Platone e l'esoterismo: Misteri. un'introduzione Infatti, soprattutto da Socrate in poi, la stessa filosofia si porr come strumento di 9. Plotino e le vie per purificazione dellanima, cio come strumento speculativo e pratico atto a conseguire la l'estasi filosofica medesima catarsi attraverso la quale i Misteri ritualmente cercavano di condurre gli iniziati ad uno stato supremo di conoscenza e beatitudine. Filosofia esoterica La tradizione esoterica fu sempre concorde nel ritenere che solo grazie a tale illuminativa esperienza interiore luomo pu scoprire la sua vera natura spirituale. 1. Il divino uno e molteplice nella tradizione filosofica C unulteriore prova che dimostra la centralit della tradizione mistica/misterica del orientale ed occidentale mondo greco ed data dalluso sistematico del suo lessico non solo nella filosofia antica 2. Buddha, Socrate e ma anche in quella moderna. Si pensi a termini come: mistero, esoterismo, misticismo, Pirrone: dallo scetticismo iniziazione, estasi, mania, entusiasmo e tanti altri ancora. al misticismo Psicologia, filosofia ed esoterismo Essi sono diventati, nel tempo, parte integrante ed essenziale sia del lessico sia degli schemi concettuali interpretativi della esperienza e della condizione umana generalmente riferibili alla cultura ed alla civilt occidentali. comparativa

1. Psicologia e Filosofia per un nuovo Umanesimo: Questo breve studio (che nella sostanza un piccolo glossario) vuole didatticamente dalla terapia illustrare i vocaboli fondamentali di quella specifica tradizione spirituale (nella consapevolezza che il lessico sacrale greco , naturalmente, pi ampio). all'autorealizzazione Lo scopo di tale lavoro sia di agevolare la comprensione della filosofia antica, sia, pi specificatamente, di porre le premesse per uno studio sistematico circa la formazione e diffusione della Sapienza Sacra nellantico Occidente.

Veritas est quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est (Vincenzo di Lerino, Commonitorium) Da sempre, in tutte le culture, lUomo ha tentato di svelare il mistero della propria condizione esistenziale ponendosi le domande fondamentali: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo ed ha posto in correlazione a tali domande altri quesiti, simmetrici e collegati: qual lorigine del mondo, quale la sua struttura, quale il suo destino. Da
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sempre

ha

compreso

che

la

consapevolezza

ordinaria,

basata

unicamente
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sullesperienza sensibile, non in grado di rispondere a quelle domande; per questo ha tentato di andare oltre il visibile, per esplorare il fondo oscuro dellEssere. Da sempre, sulla base delle proprie esperienze, luomo si anche convinto "che si pu sollevare al di sopra dellorizzonte limitato della sua coscienza normale, sino allaltezza dintuizioni e di conoscenze illimitate, e che allanima umana non negata la facolt di vivere in certi momenti, nella realt e fuori di qualunque fantasia, la vita degli di: da questa credenza scaturisce ogni religione mistica" (Erwin Rohde, Psiche, II, 1982, p. 396). Il termine misteri designa diverse forme religiose proprie dellantichit greca i cui rituali, le cui dottrine, le cui esperienze erano rigorosamente tenuti segreti. Costitutivo dei misteri appunto lelemento iniziatico, cio il segreto che pu essere comunicato solo a persone prescelte che, a loro volta, sono tenute a mantenere il silenzio pi rigoroso circa quanto appreso e sperimentato in quel sacro contesto. In Grecia la tradizione misterica pi antica, stando almeno alle testimonianze pervenuteci, quella dei misteri di Eleusi, una localit non molto distante da Atene, documentata dal VII secolo a.C.. Tuttavia la sua espansione, cos come quella di altri culti analoghi si ebbe soprattutto a partire dal III secolo a. C., in piena et ellenistica. I misteri Eleusini dal mondo greco si propagarono verso loccidente, tanto che in piena et imperiale risultano penetrati in tutto il mondo romano. Si soliti distinguere due diverse famiglie di culti, quelli di origine greca (oltre quelli Eleusini, quelli Orfici, quelli Dionisiaci e di Samotracia) e quelli di origine orientale (di Attis e Cibele, provenienti dallAsia minore, di Iside ed Osiride, di provenienza egizia, di Adone, originari della Siria e di Mitra, sorto in Persia). Caratteristica comune alle dottrine misteriche quella dessere imperniate sul culto di un Uomo/Dio morto violentemente e risorto, capace per ci stesso di rendere immortali gli iniziati garantendo alla loro anima un destino oltremondano di felicit. Il termine usato in Grecia per indicare quella sacra tradizione fu mysterion (). Esso si fa in effetti derivare dal verbo myo () che significa chiudere gli occhi e le labbra ma anche, per traslato, essere calmo, rimanere silenzioso. Molto probabilmente esso collegato alla remota radice indoeuropea mu che indicava il dito posto sulle labbra per intimare il silenzio, radice che anche alla base dei verbi latini musso e muttio, che vogliono dire appunto tacere, balbettare e dellaggettivo, usato anche come sostantivo, mutus. Il termine per, nella consuetudine greca, generalmente usato al plurale: t mystria ( ). Oltre a myo nella lingua ellenica esiste unaltra simile voce verbale: myeo (). Essa per viene usata pi propriamente e specificatamente nel senso di iniziare ai misteri e, in una accezione pi estensiva, di istruire, insegnare; conseguentemente tale verbo nella forma medio-passiva assume il significato di essere iniziato e quindi di imparare. Il termine mistero ha assunto nella cultura sacrale greca sostanzialmente due significati: da un lato ha indicato ci che non poteva essere semplicemente comunicato, pubblicizzato, circa la dottrina ed i riti della relativa tradizione, dallaltro ci che non spiegabile dalla ragione discorsiva umana n comunicabile attraverso il linguaggio. Al primo significato si riferiva limpegno al silenzio (esucha , termine che aveva anche i significati di calma, tranquillit, quiete, pace, riposo) che si assumeva al momento della iniziazione; al secondo, pi propriamente filosofico si associava il concetto che lesperienza misterica era di natura tale da non poter essere rivelata o descritta neanche volendolo fare. Correlato a tale pi esoterico significato era il concetto di ineffabilit che venne esplicitato soprattutto dal neo-platonismo di Plotino. Questo filosofo, che per molti aspetti si pu considerare il massimo esponente della metafisica speculativa occidentale, afferm infatti nelle sue Enneadi che la esperienza mistica basata su di un processo di identificazione spirituale (la famosa unio mystica) che di per s abbatte la barriera tra soggetto conoscente (uomo) e oggetto conosciuto (Dio) attraverso una fusione intuitiva (noetica ed emotiva). Tale forma di conoscenza quindi ben diversa da quella ordinaria, che si realizza nel mondo materiale, tutta basata sul dualismo tra soggetto ed oggetto, dice pertanto Plotino: Proprio questo vuol dire la prescrizione dei misteri che proibisce di rivelare Dio ai non iniziati, vietando come illecito il manifestare ci che divino a colui che non pu
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comprenderlo, tranne che costui non abbia gi di per se stesso avuto la ventura di contemplarlo. Infatti (nello stato mistico) il contemplante ed il contemplato erano una sola cosa, loggetto (Dio) non era visto (come altro da s) ma unito al soggetto (Enneadi, VI, 9, 11). Il mondo profano per Plotino dunque quello che non avendo avuto diretta esperienza di contemplazione (/theoria; da thes pi oro = vedere dio) non in condizione di comprendere quel tipo straordinario di esperienza; anzi, se essa gli venisse descritta, tenderebbe per i suoi stessi limiti ad alterarne il significato o addirittura a negarne a priori la possibilit. Alcuni secoli dopo, nel contesto cristiano del Nuovo Testamento, myeo sar usato nel significato di dare il battesimo, vale a dire iniziare al mistero cristiano. noto, in effetti, come la nuova religione originaria della Palestina non solo si present (soprattutto ad opera di S. Paolo) come un mistero imperniato anchesso sul culto di un Uomo/Dio morto e risorto con cui i fedeli si dovevamo misticamente identificare, ma si appropri di molta parte della terminologia, della simbologia e della ritualistica misterica adattandola, naturalmente, alle sue particolari prospettive dottrinarie ed esclusivistiche di origine giudaica. Pertanto il termine mistero venne usato spesso dal cristianesimo per indicare genericamente il contenuto della sua Fede, presentata appunto come la rivelazione definitiva di esso (Mat. 13, 11; Cor. I, 14, 2). Ma poich un mistero rivelato non pi un mistero in altri casi la stessa religione, pi modestamente e realisticamente, pur continuando ad usare il termine per indicare la propria verit che asseriva rivelata dal vero Dio, riconosceva tuttavia che a noi il Mistero, anche dopo la venuta del Cristo rimane non comprensibile pienamente Inoltre, sempre il cristianesimo, ha spesso usato in latino il vocabolo sacramentum come sinonimo di mysterium. In effetti il termine sacramentum, oltre a significare giuramento, vincolo, patto, poich viene dal verbo sacro che significa consacrare, dedicare ad una divinit, rendere inviolabile, poich composta dal suffisso mentum, utilizzato per formare sostantivi designanti il prodotto o il risultato di unazione, pu indicare anche latto con cui si concede il sacro, si rende qualcosa sacra. In tal modo si comprende perfettamente come lantico cristianesimo lo considerasse sinonimo di mysterium, vocabolo con cui sindicava l atto rituale finalizzato a dare alliniziato/proselita la possibilit di accesso al mondo metafisico trasmettendogli/conferendogli la Forza Sacra, la Grazia. In particolar modo il vocabolo stato utilizzato dalla religione di origine palestinese per designare i due atti rituali per eccellenza, quello battesimale (antico rito diniziazione tramite immersione in acqua o aspersione - praticato sin dalle et pi remote sia in oriente che in occidente - con cui nella dottrina cristiana si viene purificati dal peccatodi Adamo, si riceve la Grazia e si entra nella comunit ecclesiastica) e quello eucaristico (il pasto sacro attraverso il quale sotto le specie del pane e del vino ci si ciba del dio: rito ben noto anchesso ai misteri greci e da essi collegato alle figure di Dioniso per il vino e di Demetra per il pane). Colui che veniva iniziato veniva chiamato mystes () ed era introdotto alla sacra conoscenza dai mystagogi ( , termine composto con il verbo che significa: conduco). Nel cristianesimo mistagoghi saranno chiamati i sacerdoti e le guide spirituali. Dal vocabolo con cui si designava liniziato, mystes, oltre che da quello con cui si designava liniziazione, myesis (), deriva mystiks () utilizzato come per designare colui che cerca il contatto diretto col Dio, con il Sacro, con il Divino attraverso i culti misterici. Dal termine ellenico i latini derivarono il loro mysticum, oltre che mysta, mystagogus e, naturalmente mysterium. Per indicare la sacra cerimonia con cui si accedeva al mondo divino i latini usarono il termine initiatio, -onis, (iniziazione) in collegamento con il verbo initio-initiare e col sostantivo initium, (in genere usato anchesso al plurale: initia, come nellespressione: initia Cereris per indicare quelli di origine greca) sottolineando cos il concetto che il rito esoterico introduce alla percezione metafisica e ne d la prima esperienza. Poich per il termine latino initium indica oltre che il primo passo anche lorigine, il fondamento, evidente che la initiatio poteva essere intesa come una nuova nascita e liniziato stesso indicato come un re-natus, un essere diverso dal precedente perch mutato interiormente dalla potenza dellesperienza misterica. Lo stesso termine adeptus con cui i Latini indicavano liniziato (oltre che, pi genericamente il seguace di una dottrina, di una setta), essendo participio passato di adipisci, significava che ha raggiunto, che ha conseguito. Pertanto adepto chi ha realizzato la propria perfezione, in perfetta corrispondenza con il vocabolo greco telests
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con cui sindicava chi attraverso la telet, cio appunto la iniziazione, raggiungeva o era sul cammino della perfezione. In effetti in greco il sacerdote che iniziava ai misteri era indicato come telests e laggettivo telestiks era sinonimo di mysteriks o mystiks. Il segreto iniziatico era esoteriks (, termine composto da so = dentro ed il suffisso -tros che, caratterizzando il grado comparativo di un aggettivo, significa: pi) accessibile cio solo ad una ristretta cerchi di adepti (e che dunque si contrapponeva a ci che e pu essere divulgato: essoterico o exoterico (, da = fuori). Si riteneva che lesperienza iniziatica fosse di per s indicibile e per questo in Grecia la si indicava col termine rretos () che vuol dire appunto in-esprimibile, da rts il cui significato appunto esattamente contrario, cio quello di espresso, razionale, misurabile, dunque: dicibile. La cerimonia delliniziazione era per lo pi indicata col termine telet () che al plurale assumeva spesso il significato generico di feste, solennit religiose. Esso collegato significativamente a quello di tlos () che significa fine, compimento, realizzazione, ma anche pieno sviluppo, perfezione, e dunque, di nuovo: rito, festa, mistero. Dal che si arguisce che liniziazione era considerata la cerimonia con cui il miste poteva accedere alla sua piena realizzazione spirituale. Laggettivo telestiks () significava pertanto non solo genericamente che porta a termine, che realizza ma anche che inizia ai misteri e nel cristianesimo sar pertanto utilizzato per connotare quelle preghiere e quei riti che danno la Grazia. Inoltre ed anche questo molto significativo nelluso greco si soleva mettere in connessione, come fece anche Plutarco, telet con il termine quasi omofono di teleut (), il cui significato era quello di fine, compimento ma anche morte: per questo dire iniziazione era come dire morte, cio passaggio (e ritorno!) della psiche al mondo che le proprio, cio alla dimensione metafisica. Liniziazione era intesa come una morte, un processo di morte, indotto nel miste per far conseguire lesperienza del distacco dellanima dal corpo per poi farvela ritornare. Era cos come un far resuscitare il corpo che essa aveva provvisoriamente abbandonato. Lesperienza mistica culminante di tutto il processo iniziatico, il pi alto grado dei misteri eleusini, era indicata col termine epoptia () composto da ep (), preposizione che significa: su, sopra, in alto, e dal verbo optuo () che significa vedere. Dunque la epopteia era la visione di ci che in alto e lepptes () era sia lofficiante dei misteri che liniziato del grado pi elevato. Laggettivo epoptiks () significava pertanto: concernente i misteri, esoterico, contemplativo ed epoptiche erano definite in Grecia le filosofie che assumevano come loro compito specifico lintrodurre a quella diretta conoscenza/esperienza metafisica che lo scopo esplicito dei misteri. Per questo Plutarco dir che Platone ed Aristotele chiamavano epoptica quella parte essenziale della filosofia che si proponeva di far cogliere direttamente il Principio Primo della Realt permettendo cos di conseguire per via speculativa quellesperienza illuminativa (che lampeggia attraverso lanima come un fulmine) che il fine stesso delliniziazione (De Iside et Osiride 382 d-e). Teone di Smirne cos ribad il concetto: La filosofia , possiamo dire, una iniziazione (mesin) alla vera perfezione (alethos telets) e una trasmissione dei veri misteri. Vi sono cinque parti delliniziazione: la prima la purificazione (katharms), la seconda la trasmissione della iniziazione (telets pardosis), la terza viene chiamata visione (epoptia), la quarta prevede assunzione di una fascia e di una corona come simboli della possibilit di trasmettere ad altri liniziazione la quinta il conseguimento della pura felicit che deriva dallessere amato da Dio (Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem, pp.14-15 Hiller = pp. 20-23 Dupuis). I Greci utilizzavano come equivalente del termine epoptia quello di theora ed a buona ragione, poich esso deriva da thes, cio dio, ed il verbo oro che vuol dire vedere. Quindi prima di indicare una forma della speculazione intellettuale, una dottrina filosofica o scientifica, il senso originario del termine ci riconduce appunto alla visione mistica del divino. Il lessico latino ha conosciuto come equivalente dei termini greci epopteia e theora sia la pura trasposizione di questultimo nei propri caratteri linguistici, sia, in accezione pi mistico-religiosa, quello di contemplatio. Non priva di fondamento lipotesi che tale termine comportasse in origine riferimento alla volta celeste e alla sua ammirata e rispettosa osservazione da parte delluomo antico che considerava quello come lo spazio sacro degli dei o del dio. In effetti il termine templum indicava non solo genericamente lo spazio celeste ma
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anche, in senso rituale, quella porzione del cielo che il sacerdote, laugure, circoscriveva col suo bastone ricurvo, il lituus, per trarne gli auspici osservando entro di esso il volo degli uccelli. Da ci il significato indotto di santuario, cio di spazio sacro in cui il divino si pu manifestare. I cristiani si appropriarono di tutti questi termini. Il vocabolo epopteia sar usato ad esempio da Clemente Alessandrino il quale lo usa per indicare appunto la visione di Dio concessa ai santi (E. R. Dodds, Pagani e cristiani in unepoca di angoscia, Firenze, 1988, p. 95, n. 85) oppure per indicare la finalit della teologia e della metafisica. Per lui (Strom. VII, 11) lepoptia il coronamento della via aperta allanima desiderosa di conoscenza (per altri passi si veda: Pat. Lex., s. v. ). Analoga sorte ebbe ebbe quello latino di contemplatio- contemplationis, il quale non solo venne usato dallo stesso Clemente ma anche da Origene e poi da S. Agostino, dallo Pseudo-Dionigi Areopagita, da S. Gregorio Magno, S. Bernardo di Chiaravalle, S. Tommaso dAquino e insomma da tutta la teologia cristiana posteriore. Al termine epoptia di uso per lo pi eleusino corrisponde sostanzialmente quello utilizzato dalla tradizione orfica di estasi (), il cui significato letterale appunto essere fuori (dal corpo), giacch derivato dalla preposizione k () o x () fuori da - e dal verbo stemi () = stare. Lestasi dunque quella condizione sacra della coscienza a cui essa perviene quando si separa dal corpo (considerato dagli orfici la tomba dellanima, secondo la nota equazione sma=sma (=) e contempla il divino. Connesso in particolar modo alla tradizione bacchica laltro termine mana () con cui sindicava lo stato non ordinario della coscienza quando essa viene a contatto col sacro (e ci era ritenuto possibile sia che si fosse capaci dinnalzarsi ad esso uscendo fuori dal corpo, sia che il corpo stesso - naturalmente dopo opportune invocazioni e preghiere - ne venisse invasato). Gi nel lessico greco la parola aveva il duplice significato di pazzia, follia, passione che di invasamento, entusiasmo, ispirazione. noto come le seguaci di Dioniso, le baccanti, nella loro frenesia abreativa, cio catartica, si muovessero come possedute (il verbo medio/passivo mainmenai indicava appunto la presenza nel corpo e nello spirito della baccante di una forza che pu divenire incontrollabile una volta evocata). Al culmine del rito lenergia miracolosa del Dio sanava le seguaci liberandole dalle loro sofferenze interiori. Platone esalter tale forma risanatrice ed ispiratrice della mana e far dire a Socrate nel Fedro (244 a): I beni pi grandi ci vengono dalla mana, aggiungendo tuttavia una essenziale precisazione: dalla pazzia concessa per dono divino e distinguer quattro tipi di divino furore: quello profetico (che ha per patrono Apollo), quello telestico, cio iniziatico (che ha per patrono Dioniso), quello poetico (ispirato dalle Muse) e quello erotico (ispirato da Afrodite e da Eros). Dioniso donava cos la ktharsis (, da = purifico, lavo, detergo). Riferendosi proprio a tale processo di liberazione interiore e di ascesa spirituale Platone parler dei filosofi come di coloro che si purificano mediante lesercizio della filosofia ( ). Secondo la tradizione esoterica, quando la purificazione giunge al suo compimento lanima, ormai del tutto indipendente dal corpo, capace di una esistenza separata, si svincola dal ciclo della nascita/morte proprio di tutte le forme materiali (kklos ts ghenseos - ), si affranca dalla ruota di Moira, cio del Destino ( ). A sua volta il cristianesimo riferir il termine catarsi soprattutto al battesimo, rito con cui ci si purifica dal peccato originale, letteralmente: lo si deterge. Il termine con cui sindica il ciclo reicarnazionistico allinterno della tradizione misterica (ma non solo) metempskosis () composto dalla preposizione met, che vuol dire oltre, da en, che vuol dire dentro e, naturalmente, psich; pertanto tutta la parola indica il reiterarsi nella nostra dimensione spazio/temporale dellentrata e delluscita dellanima dai corpi, la sua trasmigrazione. In realt il greco conosce anche il termine equivalente di metensomtosis () con cui si sottolinea il concetto e limmagina del passaggio dellanima da un soma ad un altro. Altro vocabolo usato per indicare i riti misterici (sia quelli di Demetra ad Eleusi che quelli bacchici o dei Cabiri, oltre che di Orfeo) era quello di rghia ( , neutro plurale da ) accompagnato spesso dallaggettivo ier () che significava sacre. Esso genericamente aveva il senso di cerimonia, rito, sacrificio ed era etimologicamente connesso a rgon ( ) = azione (sacrificale), gesto (sacro), dunque rito. Con il vocabolo orghizo ( ) sindicava appunto il celebrare i riti misterici (indicati con i
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tre termini equivalenti: rghia, ier e telet). Il termine connesso al verbo orgo ( ) che significa essere gonfio, essere maturo ma anche essere eccitato, essere in calore, essere smanioso. Da qui lo stesso termine italiano orgasmo, dal greco orgasms ( ). La celebrazione dei misteri era anche indicata col termine orghiasms ed il celebrante era chiamato orghiofntes, orghiasts o orghen, da cui laggettivo orghiastiks. Al termine greco corrisponde esattamente il latino orgia, orgiorum. Com noto la festa rituale in onore di Dioniso/Bacco era caratterizzata da danze sfrenate e altre manifestazioni di licenziosit per cui esso assunse il significato generico di bagordo, gozzoviglia o di riunione di persone che si eccitano e danno sfogo ai loro istinti. Dioniso era il dio della liberazione delle forze istintive e quindi di una follia terapeutica, ben nota alle pratiche psicanalitiche catartiche contemporanee. A Roma le feste in onore di Dioniso/Bacco erano appunto i baccanali (bacchanalia) e baccanti (bacchae-arum) erano le donne che vi partecipavano (da baccante(m), propriamente participio presente del verbo bacchari, celebrare la festa di Bacco). Da baccanale viene il termine italiano (di uso pi profano) di baccano, con cui si indica appunto uno strepito assordante. Latto con cui il sacro segreto veniva trasmesso era indicato con il termine pardosis () da paraddomi () verbo che significa affidare, trasmettere, lasciare in eredit e quindi sinonimo di tradizione, dottrina, insegnamento. Il corrispondente latino naturalmente il vocabolo traditio-traditionis, connesso al verbo tradere che significa appunto consegnare. Anche in tal caso del termine simpadron il cristianesimo per indicare la propria trasmissione dottrinaria ecclesiastica ecclesiatich pardosis ( ). Nel contesto misterico (anche se non solo in esso), ad indicare lo stato di vitale esaltazione provato dalla psiche nel momento in cui viene in contatto con il sacro, usato spesso anche il termine entousiasms (), la cui etimologia ci rimanda al suo originario significato mistico, giacch esso composto dalla preposizione en () e dalla radice del verbo thousizo ( = essere ispirato, essere invasato dalla divinit ed era quindi considerato lo stato conseguente allentrata del dio () nel corpo del myste, il quale allora diviene ntheos; letteralmente: ha Dio dentro di s. Cos anche i vocaboli enthousasis () o enthousa () indicano lo stesso divino trasporto, il gioioso empito vitale e la frenesia (letteralmente: lesaltazione del frn = coscienza) che ne consegue. La enthousiastik sofa ( ) pertanto la sapienza ispirata ma anche il dono della divinazione. Al neutro sostantivato laggettivo t enthousistikn ( ) pu significare agitazione, estro, ma anche orgasmo. Tale ultima accezione particolarmente significativa in quanto corrisponde alla dottrina platonica sullAmore rivelata dalla sacerdotessa dei misteri Diotma a Socrate, secondo quanto narra Platone nel Simposio. La tradizione iniziatica, secondo la testimonianza del filosofo ateniese, riteneva che limpulso sessuale, se sublimato, esso stesso forza di trascendenza mistica (cos come la kundalini in India). In latino i termini omofoni entheatus ed entheus qualificarono luomo ispirato e spesso Cibele era indicata come la dea invasatrice per eccellenza: enthea mater . Tale invasamento che veniva considerato positivo o negativo a seconda della divinit incorporata veniva spesso indicato col termine theiasms, sinonimo, per quanto detto, di ispirazione, entusiasmo, oltre che da quello di daimonisms, utilizzato per per lo pi nellaccezione negativa di ossessione, possessione. Questa condizione veniva anche indicata col termine katoch, da cui il termine con cui spesso sindicava il posseduto: ktochos (), il cui significato letterale : tenuto a terra, trattenuto saldamente, in quanto esso deriva dalla preposizione kat, che vuol dire in basso, e dal verbo cho , che vuol dire ho, possiedo. La terminologia greca ci fa capire come si schiudessero, per quella cultura, due diverse possibilit per lanima che guidata da unaspirazione religiosa riesce a superare i suoi ordinari confini: quella di uscire dal corpo ed elevarsi dalla dimensione materiale a cui esso appartiene o, al contrario, ma con gli stessi esiti, quella di far scendere la Potenza invocata (positiva o negativa) nel corpo e naturalmente nello spirito stesso dellindividuo. Lidea di fondo che tra luomo e Dio non c una differenza ontologica per cui luomo pu, grado a grado, indiarsi, espandere la propria coscienza sino a identificarsi con quella universale. Tale processo mistico veniva indicato esplicitamente attraverso espressioni e termini ben precisi come thes ghensthai (da e ) che letteralmente significa divenire dio, oppure theopoiisthai (da ), letteralmente farsi dio, oppure ancora (apo)theothnai (da ) da cui proviene il sostantivo apothosis, da cui lo stesso italiano apoteosi per indicare anche semplicemente una glorificazione.
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Unaltra espressione molto diffusa fu quella che si ritrova nel Teeteto platonico: rendersi simili a dio: omiosis the ( ), che sar utilizzata anche in contesto cristiano. Laggettivo ntheos sar usato dal cristianesimo per indicare il profeta, la persona ispirata da Dio (naturalmente dal vero Dio). Liniziato considerava il dio dei misteri, morto e risorto, come un Salvatore non solo di se stesso ma, potenzialmente, dellintera umanit, appunto un Sotr (). Generalmente nei misteri si rappresentava cerimonialmente proprio la morte ed il suo superamento da parte del miste che veniva per questo definito come rinato, risorto, trasformato, deificato, trasfigurato, portatore della medicina dellimmortalit avendo ripetuto in se stesso le vicende del dio. Naturalmente lepiteto di Salvatore sar riferito dal cristianesimo (che mantenne lo spirito e limpostazione dottrinaria esclusivistica tipici del giudaismo) al solo Ges, ritenuto lunico capace di dare agli uomini la Salvezza (). A tale ultimo termine corrisponde il latino salus, salutis.

Conclusione
Quello iniziatico era un percorso di progresso spirituale che si articolava in diversi momenti e secondo riti progressivi, gradi successivi. Nei misteri eleusini, ad esempio, sembra che i livelli siano stati sostanzialmente tre: quello della preliminare catarsi, quello della iniziazione propriamente detta e quello della perfezione illuminativa, della visione (ktarsis, telet, epoptia). Lo scopo fondamentale di tutti i culti misterici antichi era, comunque, quello di procurare alliniziato una personale esperienza religiosa, un contatto con il sacro capace di trasformarlo e procurargli anche nellal di l una vita pi felice. Per questo liniziato doveva morire e rinascere, (come Dioniso, come Osiride, come Attis, come Mitra) cio ripetere personalmente lesperienza tragica e trionfante di quelluomo/dio morto e risorto con cui cerca di identificarsi. Lesperienza mistica/misterica consisteva appunto nel vivere il mito, vale a dire: riprodurre nellanima quella trasformazione di cui il mito era solo un simbolo. Anche in tal caso sembra che si debba rovesciare linterpretazione intellettualistica e storicistica del mito, tipica del mondo moderno, per cui esso solo un racconto razionalmente assurdo, tuttal pi capace di rappresentare istanze psicologiche tipiche dei popoli primitivi, collegate quasi sempre a vicende cicliche della natura. I riti ed i miti misterici, in particolare quelli eleusini ed orfici, non erano solo la ingenua rappresentazione del ciclo annuale della natura che muore e risorge, a cui si voleva culturalmente partecipare attraverso una trasposizione religiosa. Liniziazione era, al contrario, concepita come una vicenda reale, una esperienza il cui significato era un connettersi intimo con quelle Forze invisibili che sono a fondamento non solo della Natura ma anche dellUomo, che di Essa parte. Liniziato tendeva a farsi misticamente ed intuitivamente uno con Essa, a trasfigurarsi, a indiarsi, a risorgere dopo ogni morte ed infine, a conclusione di una lunga catena di esistenze, ad affrancarsi dal ciclo stesso giacch esso permeato di sofferenza. Operativamente, al fondo del culto, del rito sembra cos esserci stata una esperienza indotta e guidata di distacco dellanima dal corpo (estasi) ed una conseguente resurrezione. Come dice Plotino (sostanzialmente lultimo grande rappresentante di tale tradizione nel mondo antico): Uscire dal corpo il risveglio vero: uscire dal corpo resuscitare (Enneadi, III, IV, 6). Anche una traduzione pi letterale dello stesso passo riconduce allo stesso significato: Condurre lanima al giudizio comporta riassumere la medesima forma che si aveva prima della nascita: evidente che per Plotino esiste una forma della nostra coscienza prenatale, un corpo sottile in cui il nostro io rientra dopo la morte. Per questo nel passo indicato Plotino per indicare la morte usa il termine apoghnesis ( ) che letteralmente vuol dire genesi/nascita che avviene lontano (ap), naturalmente lontano dal nostro mondo. Alla morte subita sul piano materiale segue una rinascita, lanima staccandosi dal corpo ri-nasce in un nuovo mondo, che per essa del
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tutto nuovo non perch lo stesso da cui proviene. Liniziato che era stato capace attraverso il rito di uscire dal corpo gi da vivo, per questo, avendo conosciuto la sua personale essenza divina ed il mondo metafisico, non aveva pi terrore della morte. Per lui la morte era solo un passaggio, un cambiamento di stato ed a tale pacificante consapevolezza non arrivava per speculazione intellettuale (che per sua natura non pu andare oltre la mera ipotesi) ma a seguito di una probante esperienza metafisica: la stessa speranza orfica che sosterr Socrate nel momento in cui berr la cicuta. Dunque la dottrina mistica propriamente la dottrina dei misteri, la quale sostenendo che di Dio si pu avere solo una conoscenza intuitiva di natura sovrarazionale per ci stesso non pu essere definita, a rigore, una dottrina, nel senso che si d ordinariamente a tale termine , cio di sistema razionale di spiegazione del reale. Il misticismo afferma la possibilit e la necessit di una esperienza di per s indicibile a cui non pu giungere nessuna riflessione, unesperienza metarazionale a cui la ragione pu solo predisporre. La filosofia con il suo procedere logico-discorsivo ne pu tuttal pi essere una preparazione, una tecnica preliminare catartica. La sofa, come meta e scopo dichiarato della filosofia, sidentifica in tal modo con la conoscenza di ordine metafisico connessa alla esperienza mistica stessa. Questa conoscenza unitiva del divino, conoscenza per identit, di cui lesperienza di fusione amorosa umana solo un pallido riflesso e debole premonizione. Tale intima esperienza del divino anche nel cristianesimo sar appunto definita mistica e la conseguente esperienza dellanima che si sublima nella contemplazione staccandosi dal corpo(e tale osservazione valida sia che sinterpreti tale espressione alla lettera che in senso metaforico) non proprio un caso che sia indicata in tale religione con lespressione greco/misterica di estasi mistica.

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