Ecco perché Non Crediamo alla Teoria della Decrescita Felice di Serge Latouche
La grande incoerenza dell
’
autolimitazione dei popoli
La Decrescita e le analogie con lo stalinismo e i mali del capitalismo: facce della stessa medaglia
Roma
–
Al fine di introdurre la riflessione odierna e comprendere meglio la portata delle
nuove teorie
“
pseudo
–
socialiste
”
che in maniera direi
troppo semplicistica
tendono a propinare ai popoli europei
ricette miracolistiche per uscire dalla crisi dell
’
Eurozona
(chiamata impropriamente ed ingannevolmente
“
crisi economica globale
”
) senza far riferimento alcuno al vero inganno che ci tiene schiavi del sistema (
il signoraggio bancario
e quello ingenerato dall
’
euro
) riprendiamo un nostro articolo pubblicato in data 22 Dicembre. Uno scritto che parte dalle paure disseminate strategicamente in giro per l
’
Europa
–
e nel mondo
–
dai cosiddetti
“
catastrofisti
”
, falsi profeti riconducibili in gran parte alle sconclusionate ed ingannevoli
“
favole
”
sui
“
Limiti allo Sviluppo
”
, propinate all
’
umanità da trent
’
anni a questa parte
–
e senza alcun riscontro scientifico reale ed oggettivo
–
dal celeberrimo Club di Roma, un gruppo di intellettuali (come visto)
“
di sensibilità spiccatamente mondialista
”
.
La Favole dell
’
Apocalisse Imminente
Dunque da oltre trent
’
anni siamo bombardati da rapporti e da studi (appunto pseudo
–
scientifici) che prevedono apocalittiche sventure che si verificheranno nell
’
immediato se
–
sostengono i falsi profeti del catastrofismo da bancarella
–
non ci decideremo a
diminuire il numero di esseri umani nel mondo
, a combattere l
’
industrializzazione (
solo quella in determinate aree, a quanto pare, lasciando integri
–
guarda caso
–
i privilegi lobbistici dei soliti volti noti
), l
’
inquinamento e a
“
decrescere
”
. Non a caso oggi si parla della
“
Teoria della Decrescita
”
di
Serge Latouche
. Una teoria che
–
come vedremo
–
ci porta ad
accettare lo status quo dei nostri
“
padroni
”
e ad adeguarci
–
nostro malgrado
–
a queste bufale pazzesche. Una teoria contro il sistema, ma
stranamente appoggiata da tutti i media
del sistema e propinata alle masse come una sorta di Nuovo Vangelo.
Decrescere non ha senso
E poi
–
ci chiediamo
–
che senso ha
“
decrescere
”
mentre dall
’
altra parte
–
come detto
–
pochi eletti che controllano media e
“
pseudo
–
scienze
”
crescono all
’
inverosimile sulle nostre carcasse
? La
“
giustizia
”
non era uguale per tutti? Evidentemente no! Pertanto non ha davvero nessun senso, cari lettori! In tal ottica vi suggeriamo di approfondire anche gli studi portati avanti da due illustri ed obiettivi scrittori, Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, che confutano nettamente gli studi catastrofistici del Club di Roma e le stesse
“
Teorie della Decrescita
”
ad essi collegate.
Controllo delle nascite e Catastrofismo
Ecco perché oggi sentiamo parlare sempre più spesso di
“
ECO
–
catastrofismo
”
(e
–
contestualmente
–
di annessa decrescita) anche se in realtà questi pericoli non si sono mai verificati. E
’
questa, signori, una delle più sottili ed efficaci manovre per il controllo globale sulle masse e sulle coscienze. E gli esempi sono molti e molto concreti. Per esempio è ciò che finisce per
giustificare paradossi
come il controllo programmato delle nascite e le connesse politiche di depopolamento in Asia e Africa. Nel precedente articolo vi abbiamo illustrato alcune delle tante bufale eco
–
catastrofiche che si sono succedute nel tempo. L
’
esempio più lampante è stato quello del
biologo Paul Ehrlich, cui conclusioni vennero riprese dal
“
Club di Roma
”
, che a sua volta pubblicò un
’
opera (guarda caso molto pubblicizzata dai media a livello planetario, e trasformata ben presto in un
“
best
–
seller
”
di sventura) dal titolo
“
I limiti allo sviluppo
”
: uno studio (poi largamente smentito) che dettagliava le date in cui si sarebbero esaurite le varie risorse minerali e che in un certo senso aprì la strada alle recenti teorie della decrescita. Previsioni ovviamente catastrofiste ed assolutamente errate, ma che ci permettono tuttavia di fare in tal sede un ulteriore considerazione sulla
“
bontà
”
(si fa per dire) della cosiddetta e pluri
–
osannata
“
Teoria della Decrescita Felice
”
di Serge Latouche.
Una premessa storica essenziale
–
Usciamo dai luoghi comuni
Per meglio comprendere la radice e le conseguenze della
“
Teoria della Decrescita
”
, dobbiamo prima però sfatare un altro mito, dopo quello dei
“
Limiti delle risorse terresti
”
. Dobbiamo cioè sfatare il dogma che vuole la netta ed
assoluta separazione storica
tra
socialismo marxista
(e successive evoluzioni
“
anarco
–
capitalistiche
”
di esso) e
liberismo capitalistico
. A ben vedere, specie alla luce dell
’
analisi dell
’
attuale situazione della società russa, e delle metamorfosi intervenute nel grande Paese in cui nacque il comunismo, nel corso del Novecento (e fin dall
’
avvicendamento e della
staffetta Lenin
–
Stalin
) le due correnti economico
–
filosofiche e politiche sembrano essere diventate stranamente
speculari l
’
una all
’
altra
. Per supportare la bontà delle nostre tesi, poniamo alla vostra attenzione fatti storici inoppugnabili ed inequivocabili, pur evitando
–
comunque
–
di demonizzare in toto quanti in buona fede credono nelle istanze egualitarie del comunismo. Certo, concorderete con noi
–
a prescindere dalle vostre convinzioni politiche
–
che osannare lo spirito di questi ultimi, disconoscendo fondamentali momenti storici insiti nello stesso processo evolutivo del comunismo sarebbe sconveniente e poco obiettivo. Ecco alcuni esempi.
Il
“
Liberal
–
comunista
”
Stalin e la disastrosa caduta di un mito
Nel 1937, come molti ignorano,
Stalin
privatizzò
la
Banca Centrale dell
’
Unione Sovietica
(Gosbank), con la complicità del petroliere ebreo
–
americano Armand Hammer. Ma che c
’
entra un comunista doc con un petroliere americano di origine ebraica? Apparentemente nulla! Nella sostanza molto! Non va inoltre dimenticato che
dopo la morte di Lenin
i due candidati successori,
Trockij
(all
’
epoca comandante dell
’
Armata Rossa) e
Stalin
(segretario del Comitato centrale del proprio partito) non viaggiavano di certo sulla stessa lunghezza d
’
onde. Al punto tale che
uno decise di
“
eliminare
”
l
’
altro
. Ma come mai? Vediamo. Il primo,
Trockij
,
voleva eliminare il capitalismo
;
Stalin
(al contrario) lo voleva
affermare in modo permanente
. Un po
’
ciò che fece
Michail Gorbachev
con la sua
Perestroika
tra gli Anni Ottanta e Novanta del Novecento: aprire il portone di casa al deleterio e distruttivo
liberismo economico
. Ovvero al capitalismo più selvaggio, sfrenato e cruento. La mossa di Stalin non fu da poco: privatizzando la Banca Centrale del suo
“
Grande Paese
”
, il politico non fece di certo gli interessi del suo popolo. Anzi! Sancì e suggellò la
perdita della sovranità monetaria del popolo stesso
(ed il relativo controllo di esso sulla moneta nazionale) trasferendo in maniera gravissima, il
diritto di signoraggio
nelle mani di
lobbisti privati.
Una sorta di
“
Sacco nazionale
”
ben orchestrato e retto da moltissimi dei suoi seguaci (comunisti stalinisti) e ben celato dalla storia e dai sacri custodi dei testi scolastici, fino ad oggi.
Al nocciolo dello stalinismo
Stalin,
grazie all
’
industrializzazione russa ed all
’
appoggio di elitarie ed altolocate
“
amicizie
”
ottenne maggiori consensi del rivale, riuscendo a spuntarla nella successione a Lenin.
Trockij
, dal canto suo, fu costretto ad una sorta di
“
esilio
”
all
’
estero e successivamente fu tolto definitivamente di mezzo attraverso il ricorso ad una forma estrema di
“
missione (per così dire) politica
”
: cioè
fu ucciso da sicari di Stalin
. Successivamente, dopo l
’
eliminazione degli oppositori e dei dissidenti vicini a
Trockij
, Stalin poté attuare in piena libertà il suo
programma di industrializzazione e privatizzazione
, reinvestendo
–
tra l
’
altro
–
gli ingentissimi capitali provenienti dal settore primario. Per questo, milioni di ettari di terra furono espropriati ai braccianti agricoli, in nome del comunismo. Ma i veri obiettivi perseguiti, come detto, furono quelli di favorire in tutti i modi la
nascita di una società iper
–
liberista
. Una sorta di dittatura ben mascherata. Quest
’
imponente processo di espropriazione
, fu alla base di un altrettanto imponente processo di accumulazione originaria che trasformò la società russa in una società capitalistica. Pertanto, proprio il
“
comunista
”
Stalin contribuì in maniera netta a spezzare definitivamente quel legame quasi
“
sacro
”
esistente tra
“
moralità
”
e
“
profitto
”
.
Profitto e benessere
non furono più visti quali mezzi per la creazione di una ricchezza diffusa e per la crescita della società e del prossimo, ma bensì come
mezzi di controllo sociale
delle masse. Non mezzi, dunque, ma
obiettivi
. La radice di quello che oggi possiamo chiamare
“
sfruttamento sociale
”
.
Logiche di Casta
–
Al di là della politica e delle maschere
Non si tratta più dunque di ideologie contrapposte e scontri politici, ma bensì di
“
logiche di casta
”
. Logiche di potere tra gruppi, logge e caste tra di esse trasversalmente collegate ed unite, a prescindere dalle divise politiche. In fondo lo specchio di ciò che accade oggi nella nostra società moderna, cosiddetta
“
civile
”
e
“
democratica
”
(?), dove tutti (o quasi, ed a prescindere dal colore politico) sembrano aver gettato la maschera rendendosi palesemente complici gli uni agli altri di un immensa opera di depredazione sociale ed economica. E sullo sfondo di
“
carrozzoni partitici unici
”
che vanno
da destra a sinistra, passando per il centro
. Uno scippo colossale cui sintomi sono da rinvenire nel
trionfo del privato sul pubblico
, ma anche nell
’
imposizione di
mentalità laiciste ed atee
, quale superamento del
“
divino
”
e della
sacralità dell
’
essere umano
, in quanto creatura di Dio, fatta a Sua immagine e Somiglianza.
Ritornando a Latouche
Ritornando ora a Latouche
–
dopo questo obbligatorio intermezzo
–
di primo acchito e dall
’
analisi superficiale della sua
“
Teoria della Decrescita Felice
”
, ci pare che l
’
accademico propenda per una
visione critica del liberismo e del capitalismo
. Egli parla di
“
imperialismo dell
’
economia moderna
”
. Concordiamo con lo scrittore laddove avalla il costrutto concettuale secondo il quale
l
’
attuale sistema economico abolisce di fatto le frontiere esistenti tra morale, politica ed economia, omogeneizzando il tutto
attraverso
–
aggiungiamo
–
una sorta di
“
nuova religione illuminata
”
. Di un nuovo ordine delle cose. Concordiamo con Latouche nel sostenere l
’
assunto secondo il quale il
potere totalitaristico del consumismo
(
che
–
attenzione
–
proprio dal signoraggio bancario, però, pende pieni poteri e nutrimento. Non dimentichiamolo!
) conviva perfettamente con l
’
attuale
caos della politica
e con le ingiustizie sociali che il sistema favorisce ed amplifica; ma
non concordiamo assolutamente con le conclusioni dello scrittore
. A questa deriva capitalistica, Latouche contrappone un
argine concettuale
–
consentiteci
–
piuttosto ambiguo
, pur partendo da onorevoli e condivisibilissime premesse. Egli
–
come detto
–
riprendendo in effetti gli studi del Club
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