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Google in Pillole

Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde.

di Luca Dionisi / aabb 2006/2007


Accademia di Belle Arti di Urbino

luca.alpha@gmail.com
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Introduzione
- Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde p. 4

cap. I - La nascita di Google


- Le origini p. 5
- Google Inc. p. 5
- I servizi p. 6
- L’entrata in borsa di Google p. 6

cap. II - Le Google Armi


- Spider e Page Rank p. 7
- L’interfaccia grafica e la pubblicità p. 8
- Il Google Plex p. 9
- Il Google Pensiero p. 10

cap. III - Google - OpenSource e Hacker Comunity


- Piccole differenze tra FreeSoftware e Open-Source p. 13
- Campagna “Summer of Code” p. 13
- Assunzioni particolari p. 14
- In sintesi p. 14

cap. IV - Google e Privacy


- La strategia dell’accumulo p. 15
- Privacy dell’utente p. 16
- La normativa p. 17
- Le opinioni della comunità di Ippolita p. 17
- A proposito della Gmail: un esempio per tutti p. 18
- La Google History p. 18
- In sintesi p. 19

cap. V- Altre maliziose funzionalità


- Google Bombing p. 20
- Google hacking p. 21

Conclusioni p. 22

Riferimenti:
- Bibliografia p. 23
- Linkografia p. 23
Introduzione:

Google: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde.

Scopo della presente ricerca è quello di mettere in luce la doppia faccia della stessa medaglia
di quello che oggi è il motore di ricerca per eccellenza: GOOGLE.
Come per ogni giallo che si rispetti, la storia necessita di un “buono” e di un “cattivo”; ma sia-
mo sicuri che essi debbano essere necessariamente due individui distinti? La storia dimostra
che l’uomo ed ogni suo prodotto porti in sé entrambi gli elementi e, come verrà dimostrato nel
corso della presente tesi, anche questo network di ricerca si presenterà, in momenti differenti
della trattazione, sia come eroe conclamato sia come antagonista del cyberspazio.
Ciò che si vuole perseguire non è ottenere un’assoluta condanna o assoluzione del fenomeno
(“come assolvere il Dr. Jekyll e condannare a morte Mr. Hyde?” La pena o il premio dell’uno
sarebbero consequenziali anche per l’altro!), ma ad analizzare criticamente una realtà a livello
storico, dalle sue origini allo status quo, a livello tecnologico, economico e, conseguentemen-
te, filosofico per potersi confrontare con essa e poter trarre personali fondate conclusioni.
Google aspira ad essere il motore di ricerca perfetto, in grado di capire esattamente le richie-
ste degli utenti e restituirgli esattamente quello che desiderano, per questo risulteranno evi-
denti grandi pregi e qualità del sistema per il singolo utente, ma altrettante potenziali minac-
ce e difetti per la comunità cybernetica; si porranno dubbi e ipotesi sulle modalità di studio,
investimento e lavoro dell’azienda Google Inc.; si presenteranno alcune tecniche di utilizzo
non previste di questo sistema che forniranno nuovi spunti di riflessione sull’argomento ... che
l’indagine abbia inizio!

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cap. I - La nascita di Google:

Le origini:

La parola Google deriva da “Googol”, termine matematico che indica 1 seguito da 100 zeri:
leggenda vuole che questo fosse il numero di pagine web che Lary Page e Sergey Brin so-
gnavano di indicizzare per il loro nuovo strumento di ricerca.
Larry Page e Sergey Brin si incontrano nel 1995 a Stanford, entrambi affascinati dalla crescita
vertiginosa del Web e ai problemi connessi alla ricerca e all’indicizzazione delle informazioni;
si dedicano al progetto “BackRub” il quale verrà ribattezzato “Google” nel 1997 quando verrà
dotato di una pagina Web. Per tutto il primo anno e mezzo di vita il progetto Google viene
testato per mezzo di software liberi messi a disposizione delle comunità Free Software e
Open Source a partire dal sistema operativo GNU/Linux. A metà del 1998 Google serve circa
10.000 richieste di ricerca al giorno, non era altro che un sistema casalingo ammassato nella
stanza affittata da Page e Brin.
L’uscita dall’università viene attribuita all’incontro con Andy Bechtolsheim, fondatore della Sun,
che stacca ai due ricercatori un primo assegno da centomila dollari e la sede di Google si tra-
sferisce in un ufficio spartano all’interno di un garage, ma dotato di alcuni confort non indiffe-
renti: una lavatrice, un essiccatore e un idromassaggio (fin dal principio, la filosofia aziendale
di Google è all’insegna della soddisfazione dei lavoratori).

Primo logo di Google, 1998

Google Inc.:

Nel gennaio del 1999 Google abbandona definitivamente il campus di Stanford, dichiarando:
“Il progetto di ricerca Google è diventato Google Inc. Vogliamo dare al mondo ricerche di
qualità superiori e migliori di quelle che ci sono ora. Abbiamo cominciato ad assumere altre
persone e ad acquistare altri server per rendere il nostro sistema scalabile. Abbiamo anche
cominciato a lanciare il nostro spinder più frequentemente, e i nostri risultato non solo sono ri-
masti veloci come prima, ma sono anche diventati più aggiornati. Stiamo assumendo persone
di grande talento molto rapidamente e questo ci porta le migliori e ultime tecnologie per quan-
to concerne il web”, inoltre, dedicano qualche riga ai 10 buoni motivi per lavorare per Google,
incluso tecnologie, azioni, snacks e bevande gratis, e la possibilità che milioni di persone
“usino e apprezzino il vostro software”.
Tra il 1998 e il 1999 mentre tutti i motori di ricerca e i siti più popolari del mondo sono affetti
dalla sindrome da portale (una vera e propria mania per la costruzione di siti per trattenere i
visitatori sulla propria pagina ad ogni costo, includendo sempre più servizi e pubblicità), Goo-
gle rimane l’unico strumento privo di pubblicità e servizi aggiuntivi: solo motore di ricerca, per
altro il migliore, il più veloce, e senza legami commerciali o sponsor. Il 7 giugno del 1999 Go-
ogle può annunciare che la Sequoia Capital e la Kleiner Perkins Caufield & Byers gli hanno
concesso un finanziamento da 25milioni di dollari.
Agli inizi del 2000 Google serve 18 milioni di ricerche al giorno e il suo indice di documenti
conta un miliardo di unità; sei mesi dopo le ricerche sono a 60 milioni, offre: diciassette tipolo-
gie di servizi di ricerca su database di immagini, blog, notizie, libri, mappe, video e molto altro.

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I servizi:

Nel 2001 Google lancia “Google Immagini”, un motore di ricerca per immagini che in poche
settimane diventa una delle principali fonti di produzione fai-da-te e rappresenta uno dei più
grandi database di immagini presenti sul web. Nell’aprile dello stesso anno nasce “Google
Gruppi”, con un’interfaccia piuttosto semplice ed accattivante per seguire facilmente comples-
si argomenti di discussione.
Dal 2001 in poi i servizi nascono a ripetizione. Senza nessuno scopo evidente ne ritorni eco-
nomici immediati, come se Brin e Page si divertissero a mostrare che un datacenter scon-
finato è in grado di elaborare quasi qualsiasi sogno tecnologico. L’esempio più eclatante è il
potentissimo Google Maps, per la Terra, Marte, o per la Luna (2005-2006), un set di software
messo a disposizione gratuitamente per visualizzare con immagini satellitari una ricostruzione
dettagliata della superficie dei pianeti; nello stesso anno vedono la luce “Google News”, che
mete a disposizione l’enorme database d’informazioni di Google al servizio della produzione
giornalistica, e Gmail che offre un GB di spazio mail per ogni utente. Proprio l’enorme dispo-
nibilità di spazio incita a lasciare le proprie mail sui server di Google. Inoltre, poiché la propa-
gazione del servizio avviene mediante inviti, vengono offerte a Google informazioni essenziali
sui propri conoscenti e amici.

L’entrata di Google in borsa:

Page e Brian avevano dilazionato la necessità di diventare una società quotata in borsa,
temendo che un rendiconto pubblico dei propri guadagni avrebbe reso il loro lavoro molto più
difficile, mettendo appunto Google in condizioni di essere monitorato più facilmente e quindi
attaccato dai concorrenti sul mercato. Dopo il 2004 Google Inc. per questioni legali è costretto
ad entrare in borsa, venendo meno all’affermazione fatta anni prima “Google non è un com-
pagnia convenzionale, e non abbiamo nessuna intenzione di diventarlo”.
In un solo Giorno di contrattazione sul mercato le azioni di Google passano dalla base di 85
dollari a 100 dollari, con un guadagno netto di 1 miliardo e mezzo di dollari. Un anno dopo le
azioni raggiungono il valore di 400 dollari con un aumento di oltre il 300 percento.

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cap. II - Le Google Armi

Per capire a pieno come il gigante della ricerca online sia potuto diventare in pochi anni il
“signore” della rete, occorre conoscere le “armi” e le strategie che Google utilizza per man-
tenere il monopolio dell’informazione. Google è un motore di ricerca per Internet che non si
limita a catalogare il World Wide Web, ma si occupa anche di immagini, foto, newsgroup e
notizie, oltre a mantenere una copia cache di tutte le pagine indicizzate. Con un indice che
comprende più di otto miliardi di pagine Web, è riconosciuto come il più grande e affidabile tra
i motori di ricerca, occupandosi dell’ 80% di tutte le ricerche effettuate su internet attraverso
il suo sito e avendo clienti come AOL o Microsoft. La popolarità di Google è talmente grande
che nella lingua inglese è nato il verbo “to google” col significato di “fare una ricerca sul web”.
Il bagaglio tecnologico posseduto da tale network risulta costituito sia da strumenti standard
essenziali per la creazione di un motore di ricerca, come lo Spider, ma anche da una serie di
mezzi “esclusivi”, frutto di ricerche, politiche ed investimenti compiuti con strategie di marke-
ting innovative che hanno permesso alla società in oggetto di distinguersi nel campo e di otte-
nere un tornaconto d’immagine sia rispetto all’utenza che al mercato vero e proprio. Tutto ciò
rientra in un’ottica di sviluppo economico dell’azienda che, accrescendo l’indice di gradimento
del proprio pubblico, potenzia il proprio valore economico in borsa.

Spider e Page Rank

Gli strumenti base utilizzati dal motore di ricerca Google per allestire il suo database di infor-
mazioni sono essenzialmente due, lo Spider e il PageRank.

Lo Spider è un applicativo che nella maggior parte di casi, viene sviluppato nei laboratori de-
gli stessi motori di ricerca. Il suo scopo è quello di navigare saltando da un link all’altro sulle
pagine del web raccogliendo informazioni: formati dei documenti, parole chiave, autori delle
pagine, ulteriori link, etc. Al termine della sua esplorazione il software-spider consegna il tutto
al database che archivierà le informazioni. Inoltre lo Spider deve preoccuparsi di captare le va-
riazioni di ogni sito e quindi programmare una successiva visita per immagazzinare nuovi dati.
Per dare un’idea della potenza di calcolo delle “macchine” sui quali risiedono gli Spider, ven-
gono descritti computer capaci di convertire indirizzi Internet in sequenze univoche di byte
utili come indici per il database in 0.5 microsecondi e capaci di eseguire 9000 spider in con-
temporanea; scendendo nel concreto, si tratta di sistemi in grado di analizzare e immagazzi-
nare circa 50 milioni di nuove pagine al giorno.

Il PageRank è l’algoritmo che permette a Google di assegnare un valore alle pagine indiciz-
zate dallo spider. Letteralmente traducibile come “rango di una pagina web”, il pagerank è fa-
cilmente riconducibile al concetto di popolarità tipico delle relazioni sociali umane, ed indica, o
si ripromette di indicare, le pagine o i siti di maggiore rilevanza in relazione ai termini ricercati.
È bene tenere presente che il pagerank ha una valenza democratica nella quale il diritto al
voto è permesso dalla semplice pubblicazione di una pagina web e il voto viene espresso at-
traverso i collegamenti presenti nella suddetta pagina. Maggiore sarà il grado di popolarità di
un sito, maggiore risulterà essere il valore dei voti (link) che quello stesso sito può esprimere.
L’algoritmo è stato sviluppato da Larry Page e Sergey Brin all’Università di Stanford, si fonda
sulle scoperte matematico-statiche di Andrej Andreevic Markov, che nei primi anni del XX
secolo analizzò i fenomeni statici sui sistemi chiusi. Questo algoritmo rappresenta un’esclusi-
va di Google, che gli permette di distinguersi rispetto ai propri concorrenti, fornendo un valore
aggiunto alla propria azienda.

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L’interfaccia Grafica e la Pubblicità:

Mentre l’algoritmo e l’architettura della base di dati sono elementi del motore di ricerca che
rimangono invisibili all’utente, l’interfaccia grafica di Google è progettata e gestita come imma-
gine di Google stesso.
Sulla pagina di Google ci troviamo di fronte un’interfaccia lineare composta da elementi
essenziali, ciascuno con una funzione bene precisa. La disposizione di testi e immagini è
minimale e si avvale dell’utilizzo di elementi grafici ricorrenti, ad esempio l’impiego di colori
elementari, le immagini usate sono qualitativamente omogenee, ecc. Lo stile di progettazione
dell’interfaccia è sobrio, quasi scarno, riempita da un unico elemento “vuoto”, il Blank Box,
che rassicura l’utente e tende a indurre comportamenti attivi, invece di provocare smarrimento
dato dall’assenza di punti di riferimento, o viceversa dalla presenza di input visivi sovrabbon-
danti, evitando in questo modo la confusione generata da pagine troppo piene. Da questa
identificazione visiva immediata ne deriva una facilità d’uso nettamente superiore rispetto a
quella dei concorrenti. La pulizia grafica delle pagine viene esaltata da un’ottima gestione
visiva degli aspetti commerciali. Non è presente nessun link pubblicitario in homepage o nelle
pagine di documentazione e informazione: la pubblicità in Google si trova solo tra i risultati
delle ricerche, appositamente separata dai risultati proposti.
Sicuramente alla base delle scelte grafiche ed estetiche dell’interfaccia, unico spazio che per-
mette al sistema di mostrarsi visualmente all’utente, sono studi e ricerche approfonditi e mirati
effettuati dall’azienda sia al fine di agevolare l’accesso e l’utilizzo da parte del pubblico (e in
questo si può ancora notare l’eccellenza accademica del team di lavoro) che di ottenere indi-
rettamente, grazie a tali agevolazioni tacitamente offerte, il suo consenso ed apprezzamento.

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Il Google Plex:

Fin dalla nascita di Google, Larry Page e Sergey Brin si sono dedicati prima di tutto alla sod-
disfazione dei loro dipendenti, capendo prima di molti altri come un azienda fatta di lavoratori
soddisfatti del proprio lavoro produca molto di più rispetto ad una fatta da lavoratori frustrati,
schiacciati da gerarchie soffocanti, legati a orari di lavoro fissi, regole rigide ed ambienti oppri-
menti. Il Google Plex non è altro che l’edificio che ospita gli attuali uffici Google a Mountain, in
California. In questo ambiente è stata ricreata l’atmosfera del campus universitario americano,
dove studio, impegno, sport e svago formano un tutt’uno, basandosi sulla precisa necessità
di avere lavoratori felici di lavorare e di considerare prioritari gli obbiettivi aziendali. Al suo
interno si possono trovare: palestre aziendali, piscine, cibo gratis nei 4 ristoranti (di cui uno ve-
getariano), drink e snack gratis ovunque, campi da pallavolo, campi da basket e spazi all’aria
aperta per fare sport, monopattini a motore per spostarsi tra i vari edifici del campus-azienda,
un asilo nido, un asilo, scuole elementari per i bimbi dei dipendenti, uno studio dentistico,
completamente gratuiti (in un paese come gli USA in cui l’istituzione e la sanità sono un lusso
per pochi, si tratta di opportunità ancora più incredibili). I dipendenti sono dotati di postazioni
di lavoro all’avanguardia: monitor da LCD 21’’, schermi al plasma, giochi e giocattoli, lampade
lava onnipresenti dai colori fluorescenti. Google Plex è un luogo da sogno, immerso nel verde
dove gli orari di lavoro sono flessibili e dove tutto sembra possibile, questo per diffondere la
filosofia dell’abbondanza di Google fra i dipendenti.
Questa è la filosofia dell’azienda Google: mens sana in corpore sano! Tale politica non è
una novità creata dall’azienda, essendo basata su studi sociologici e psicologici ormai col-
laudati, però va reso merito alla società che l’ha fatta propria ed applicata al suo interno
ottenendo grandi risultati! Ma Google è un canale di comunicazione e come tale potrebbe
veicolare tramite se stesso la propria immagine... Questo almeno è quanto risulta da una ve-
rosimile email che ha fatto il giro di tutte le caselle di posta di Microsoft, inoltrata da un ex-
dipendente Google ora passato a Redmond. A riprenderla e diffonderla in rete è stato un blog
(http://no2google.wordpress.com/2007/06/24/life-at-google-the-microsoftie-perspective/), fonte
che però ha subito allontanato da sé la paternità del testo. I punti della mail sono in sostanza
una confutazione e una contestualizzazione di molti miti che girano intorno alla vita al Google-
plex e alle mille agevolazioni di cui si potrebbero avvantaggiare i dipendenti Google rispetto a
quelli Microsoft. Solo per curiosità e imparzialità, al fine di ottenere un’immagine effettiva della
realtà Google che si sta analizzando, si riportano i punti contenuti nella suddetta email, senza
voler screditare l’efficacia e l’effettività di tale modello di lavoro adottato e da molti invidiato:

- nonostante si entri al lavoro tra le 10 e le 18 quasi tutti sono disponibili 24 ore su 24 e 7


giorni su 7, quasi sempre lavorando da casa;
- molti non dedicano il famoso 20% del tempo a progetti personali e i manager di certo non
invitano a farne partire uno;
- ci sono uffici con pareti di vetro, open space e in molti hanno la scrivania nei corridoi per-
ché non c’è altro spazio;
- è vero che chi viene dal college può lasciare che Google si occupi di tutto. A quel punto però
è più difficile pensare di andarsene;
- Google non dà valore alle precedenti esperienze di lavoro, ma ne dà molto ai titoli di studio
specialmente a Stanford;
- i salari di Google sono più bassi di quelli di Microsoft.

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Il Google Pensiero:

L’immagine è anche e soprattutto la “Filosofia” dell’azienda. On line si possono trovare dieci


punti, i dieci comandamenti del buon Google. Si inizia con un cappello introduttivo, che enun-
cia lo stile: “Mai accontentarsi del meglio”; infatti, come afferma Larry Page, l’obiettivo ultimo è
“Il motore di ricerca perfetto”, che “dovrebbe capire esattamente la richiesta dell’utente e resti-
tuire esattamente ciò che egli desidera”. Google vuole essere per tutti, soddisfare i desideri di
tutti, portare la felicità nel mondo. Per farlo, segue quelle che definisce le sue “Dieci verità”:

1. Attenzione all’utente: tutto il resto viene dopo. La crescita di Google è stata frutto del
passaparola, che ha attirato utenti estasiati dalle sue prestazioni, non di aggressive campa-
gne pubblicitarie. La pubblicità non deve essere invasiva, ma solo utile all’utente.

2. È meglio dedicarsi veramente bene a una sola cosa. “Google si dedica alla ricerca.
Con uno dei gruppi di ricerca tra i più grandi al mondo dedicato esclusivamente alla risolu-
zione dei problemi della ricerca, siamo consapevoli di ciò che facciamo bene e di come pos-
siamo farlo meglio”. Abbiamo visto che Googleplex si configura appunto come un centro di
ricerca universitario. I nuovi servizi aggiuntivi rispetto al semplice motore di ricerca sono visti
come opportunità offerte agli utenti per orientarsi e reperire le informazioni che desiderano
senza perdersi in masse sempre più enormi di dati.

3. Rapidità è meglio di lentezza. “Google crede nella gratificazione immediata. L’utente


vuole delle risposte e le vuole subito. Chi siamo noi per non essere d’accordo? Google è pro-
babilmente l’unica società al mondo il cui obiettivo dichiarato è fare in modo che i propri utenti
abbandonino il sito Google al più presto”. Due sono le principali intuizioni e realizzazioni che
hanno consentito a Google di ottenere “velocità”: la messa a punto e il perfezionamento con-
tinuo dell’algoritmo PageRank, che indicizza senza posa le reti; l’uso di piattaforme modulari
fortemente scalabili collegate fra loro (cluster). Sulla velocità come panacea, tuttavia, sarebbe
opportuno riflettere più approfonditamente: a volte, anche nell’ambito delle nuove tecnologie,
la lentezza è una virtù.

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4. La democrazia sul Web funziona. “Il successo di Google si basa sui milioni di indivi-
dui che pubblicano siti Web, per determinare quali altri siti offrono contenuti validi.” Sappia-
mo già che Google usa PageRank per valutare i siti collegati a una pagina Web e assegna-
re loro un valore, basato in parte sui siti ad essi collegati. L’immagine di questa democrazia
elettronica è idilliaca: il risultato del ranking di Google sarebbe un “indice di gradimento po-
polare” basato su un algoritmo/legge elettorale che consentirebbe agli utenti/cittadini della
rete di esprimere le proprie preferenze/voti attraverso i link offerti e accettati da altre pagi-
ne, e trovarle puntualmente espresse nel posizionamento dei siti web votati. L’accostamen-
to link/voto è quantomeno forzato e semplicistico, anche perché vengono introdotti con-
tinuamente “correttivi” per calcolare il ranking, “pesando” in maniera diversa i link/voti. Di
certo il link/”voto” di un sito porno conterà meno del link/”voto” di un sito universitario. Ep-
pure è discutibile che la cultura accademica sia più popolare della cultura pornografica...
Di sicuro, con la crescita delle informazioni, questa “democrazia” è in continua espansione.

5. Non occorre essere alla propria scrivania per avere bisogno di informazioni. “La
società attuale è sempre più mobile e meno disposta ad essere vincolata a un luogo fisso. O
tramite i PDA, i telefoni wireless o le loro automobili, gli utenti desiderano che le informazioni
vengano verso di loro.”. La flessibilità dei tempi e degli spazi è un obiettivo importante: la con-
vergenza dei dispositivi elettronici (TV, radio, telefono, Internet...) in dispositivi mobili miniatu-
rizzati è un’opportunità irrinunciabile per il maggior fornitore mondiale di soluzioni di ricerca.
La penetrazione in questo mercato del futuro è strategica, l’abbiamo visto discutendo della
“guerra tra gli standard”: tanto più per Google, che non produce dispositivi elettronici sui quali
proporre/imporre i propri software (Microsoft, Apple), ma interfacce di ricerca. Ogni nuovo
dispositivo è un territorio da conquistare.

6. È possibile guadagnare senza fare del male a nessuno. “Google è un’azienda. Le entrate
generate dalla società derivano dall’offerta alle aziende della sua tecnologia di ricerca e dalla
vendita di pubblicità visualizzata su Google e su altri siti Web.”. Ma le pubblicità sono testuali
e poco invasive, i collegamenti sponsorizzati sono pertinenti alle ricerche fatte (AdWords); e
gli utenti possono diventare inserzionisti in maniera semplice e self-service; e addirittura, se
è un gestore di siti web, sfruttare la Rete di Google tramite AdSense, pubblicando annunci
pertinenti con il contenuto dei propri siti. “Non essere cattivo”, “Non fare del male”, signifi-
ca anche “non fare agli altri la pubblicità che non hanno fatto a te”, e naturalmente garan-
tire che il PageRank non è oggetto di vendita. La fiducia degli utenti nella correttezza dei
risultati è la principale forza di Google, e non può essere persa per guadagni a breve termi-
ne. Viene sfruttata per generare introiti indiretti, di secondo livello (generati dalla pubblicità).

7. Vi sono sempre più informazioni di quanto si immagini. “Dopo aver indicizzato più
pagine HTML su Internet di qualsiasi altro servizio di ricerca, i tecnici Google hanno rivolto
l’attenzione alle informazioni non immediatamente accessibili.”. Sì, Google accumula basi di
dati eterogenee: immagini, messaggi dei newsgroup (Usenet), numeri di telefono e indirizzi,
informazioni finanziarie. Per essere il principale mediatore di informazioni al mondo è neces-
sario non porre limiti all’accumulo.

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8. La necessità di informazioni oltrepassa ogni confine. “Nonostante la sede centrale di
Google sia in California, abbiamo uffici in tutto il mondo e la nostra missione è facilitare l’ac-
cesso alle informazioni alle persone di tutto il mondo.”. Cultura americana, strettamente ac-
cademica, per tutti. Pensare in grande sempre e comunque: indicizzare tutte le informazioni,
fornire accesso a tutto il mondo. Le traduzioni sono parte essenziale dell’universalismo di Go-
ogle: dal coreano al gergo hacker al klingoniano di Star Trek, dall’hindy allo xhosa sudafricano
fino al pig latin (ovvero l’alfabeto farfallino americano), dallo zulu all’interlingua e al Bork bork
bork! (una specie di finto-russo molvano...) tutti devono poter accedere. Oltre cento lingue
d’interfaccia. Domini locali di oltre cento stati. Lodevole, ma un po’ accentratore... operazione
forse politicamente corretta e formalmente rispettosa delle minoranze, ma in realtà si tratta di
un super-layer, un livello superiore, un’unica interfaccia che appiattisce, rende omogenee le
differenze e diffonde lo stile di Mountain View.

9. È possibile essere seri anche senza giacca e cravatta. “I fondatori di Google hanno spes-
so dichiarato che la società è “seria” solo per quanto concerne la ricerca. Essi hanno costruito
un’azienda basata sull’idea che il lavoro deve essere una sfida e che tale sfida deve essere diver-
tente.”. In questo comandamento si compendia l’organizzazione di Googleplex come un campus
universitario per massimizzare i rendimenti: esplicitamente, si afferma che “L’enfasi è sui risultati
conseguiti dal team e sull’orgoglio dei risultati individuali che contribuiscono al successo globale
della società”, e che “Questo ambiente estremamente comunicativo favorisce una produttività e
un cameratismo alimentati dalla consapevolezza che milioni di persone confidano sui risultati di
Google. Date gli strumenti giusti a un gruppo di persone che amano fare la differenza e loro la
faranno”. Forse questo è il modo migliore per sfruttare i creativi, rendendoli contemporaneamente
entusiasti sostenitori della “Esperienza Google”.

10. Eccellere non basta. “Dare sempre di più di quanto ci si aspetta. Google non accetta l’idea
che essere i migliori sia l’obiettivo finale, ma ritiene che debba essere il punto di partenza. Tramite
innovazione e iterazione, Google si dedica a migliorare qualcosa che già funziona bene per otte-
nere risultati inaspettati.”. Evidentemente, per soddisfare velocemente, sempre meglio, i desideri
di tutti gli utenti del mondo, è necessario rimandare un po’, sempre un po’ più in là, la soddisfa-
zione dei propri desideri. Desiderare di desiderare di essere i migliori. In questo contesto, arrivare
secondi è peggio che non esistere. Per quanto ci riguarda, slogan per slogan, preferiamo “Fare
schifo, in una società che obbliga all’eccellenza, è un preciso dovere morale”

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cap III - Google – Open Source e Hacker Comunity:

Come già detto Larry Page e Sergey Brin (fondatori della Google Inc.) utilizzarono sin dal
principio (dalla nascita del progetto “BackRub”) software e sistemi operativi Open Source per
porre le basi del loro motore di ricerca. Proprio a Stanford la cultura Hacker, da cui deriva in
ultima analisi l’ Open Source, si respira come un’aria di famiglia: non è dunque un caso che
Larry Page e Sergey Brin abbiano sempre manifestato una certa predilezione per lo sviluppo
su piattaforma GNU/Linux. Va osservato anche come la stessa azienda Google Inc. (buona
per motto “Don’t be Evil”) abbia utilizzato l’Open Source per ottenere i più svariati vantaggi.
Non era più sufficiente offrire piccole risorse come i 350.000$ versati all’Oregon State Univer-
sity per migliorare la qualità dei progetti Open-Source o mettere a disposizione di tutti un’in-
terfaccia grafica di Google in lingua h4x0r per accaparrarsi le simpatie dei giovani program-
matori delle comunità Open Source, occorreva esplicitare la fiducia verso l’open-source con
un iniziativa forte, che richiamasse a se l’attenzione del magma delle reti a produzione libera.

Piccole differenze tra FreeSoftware e Open-Source:

Free Software (Software Libero) e Open Source (Sorgente Aperto) per quanto descrivano og-
getti spesso identici, rispecchiano prospettive radicalmente differenti. Free Software è un ter-
mine nato agli inizi degli anno Ottanta per iniziativa di Richerd Stallman. Si riferisce alla libertà
dell’utente di usare e migliorare il software, può essere riassunto in 4 libertà fondamentali:

0) Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo.


1) Libertà di modificare il programma secondo i propri bisogni.
2) Libertà di distribuire copie del programma gratuitamente o dietro compenso.
3) Libertà di distribuire versioni modificate del programma, così che la comunità possa fruire
dei miglioramenti apportati.

L’espressione Open Source, invece nasce alla fine degli anni Novanta, per iniziativa di Bruce
Peres e Eric S. Raymound, si rifà a una serie di 10 punti pratici che definiscono quali criteri
legali debba soddisfare una licenza per essere considerata effettivamente “libera”.
É evidente quindi che da una parte il Free Software pone l’accento sulle libertà, (il Software
libero è una questione di libertà, non di prezzo) e ha un senso che va ben oltre il mercato, pur
non escludendolo a priori; l’Open Source esiste per adattare un modello preesistente al mer-
cato. Si deve anche dire che attualmente l’Open Source per molte aziende è una delle poche
possibilità per contrastare monopoli del mercato ormai consolidati, senza enormi investimenti,
per limitare i costi di sviluppo e quindi diminuire “il prezzo” dei propri servizi.

Campagna Summer of Code:

La campagna “Summer of code” (l’estate del codice) è stata lanciata dal colosso di Mountain
View nel 2005, mirava sia a presentarsi come un esplicita dichiarazione d’amore verso
l’Open-Source, che ad attirare le simpatie dei giovani sviluppatori con un iniziativa di soste-
gno finanziario concreata al lavoro svolto. Ogni programmatore che avesse presentato un
progetto Open Soure nuovo o apportato una miglioria degna di nota a un progetto già esi-
stente entro l’arco dell’estate, avrebbe avuto un premio di 4500$. La campagna riscosse un
notevole successo, oltre 400 tra i programmatori premiati (per lo più studenti) i quali si sono
focalizzati principalmente nelle modifiche di codice già esistente ed appartenente a program-
mi come Apache, Fedora, Gaim, Lnkscape, Jabber, KDE, Mozzilla, OpenOffice, Pyton, Sam-
ba, Gnome, Ubuntu e lo stesso Google. Al progetto “Sumer of Code” parteciparono anche
molti dipendenti Google, tutti i programmi realizzati dagli sviluppatori della società, vennero
successivamente pubblicati come programmi di sviluppo, le “Google API”, librerie proprietarie
che permettono a qualsiasi programmatore interessato di interfacciarsi e utilizzare i principa-
li servizi di sviluppo del Colosso Mountain View. Strano sapere che proprio le Google API,
siano state pubblicate con licenza proprietaria, nascondendo al programmatore che le utilizza
il meccanismo del loro funzionamento.

13
Assunzioni particolari:

Per avvicinarsi in maniera maggiore alle personalità di spicco delle comunità informatiche
delle università americane e per accaparrarsi le loro simpatie, Google si è distinta più di ogni
altra società anche per le sue trovate ingegnose in tema di assunzioni. Intorno al gennaio
2004, in alcune fermate della metropolitana della cittadina di Cambrige, e lungo l’autostrada
101 in California, sono apparsi enormi cartelli bianchi con la scritta:

{first 10 digit prime in consecutive digits of e}.com


ovvero:
{primo numero primo di dieci cifre consecutive in e}.com

Il logaritmo naturale richiesto è il numero 7427466391;


all’indirizzo http://www.7427466391.com/ indicato dal cartellone ci ritroviamo su un indi-
rizzo IP di Google che ci chiede di completare una sequenza di numeri; trovato il numero
5966290435, si seguono le istruzioni, usandolo come password per entrare in una sezione
del sito http://www.linux.org (passaggio niente affatto scontato) e di qui veniamo rimbalzati
ancora su Google, sul sito http://www.google.com/labjobs/ dove ci chiedono di inviare il nostro
curriculum: se siamo riusciti a risolvere gli enigmi, potremmo essere un buon acquisto per Go-
ogle.

In sintesi:

La Google Inc., che ha per slogan “Don’t be evil”, ha creato su quest’affermazione la sua
immagine pubblica; in base a questo, rispetto alle più grandi multinazionali produttrici di
software(come la Microsoft) non poteva mostrarsi insensibile alla filosofia e al movimento
Open Source. Ma la Google è andata anche oltre: come si è visto, con iniziative e progetti
diversi, ha anche messo a disposizione budget per la ricerca e l’innovazione.
Come abbiamo visto in questo capitolo Google Inc. ha utilizzato nel corso degli anni nume-
rose strategie pervasive morali e di marketing, per avvicinarsi alle comunità opensource,
collaborare con esse, per dare un’immagine positiva di se, ma anche come, in realtà, tutto
ciò sia servito puramente a rafforzare la propria immagine e ottenere parti di codice utilizzato
per migliorare i propri servizi. Ad esempio, nessuna delle modifiche che i programmatori di
Google hanno apportato agli strumenti aperti usati è mai stata resa pubblica. In particolare il
loro Google Web Server (GWS) è una versione modificata di una versione di Apache, il server
web Open Source più diffuso nella Rete. Questo significa senz’altro sfruttare le potenzialità e
le realizzazioni del metodo di sviluppo aperto, senza però condividere le proprie implementa-
zioni e miglioramenti.
Google dovrebbe essere cosciente di confrontarsi con programmatori che, progettando pro-
grammi Open Source, sono legati ad un codice deontologico preciso e che potrebbero presto
sentirsi traditi o semplicemente presi in giro da un’azienda che usa, per questioni morali ed
economiche, codici Open Source, ma per questioni di sicurezza non rende pubbliche le modi-
fiche apportate ai propri programmi, andando contro gli ideali della open comunity. Tutto ciò a
lungo andare porterà, a mio parere, alla Google un divario tra la morale di apertura e benevo-
lenza nei confronti della comunità e la reale motivazione che la spinge in questa direzione.
14
cap. IV - Google e privacy

Nei capitoli precedenti sono state affrontate la nascita del più imponente motore di ricerca
della storia del web, analizzandone gli strumenti e le strategie utilizzate nell’ascesa al po-
tere telematico (spider, pagerank, interfaccia grafica, Google Plex, il Google pensiero); ci
soffermeremo ora sul trattamento che Google fa dei dati catturati ogni giorno dal suo spider,
sull’utopico concetto di privacy degli utenti e su alcune maliziose funzionalità non apertamente
dichiarate ed elencate fra i servizi che Google mette a disposizione.

La strategia dell’accumulo:

Google ha accumulato strutture e dati per quantità semi-infinite. Prima di analizzare punto per
punto tutto gli strumenti e le sue metodologie di impiego che gli servono per immagazzinare
qualsiasi tipologia di materiale, è bene chiarire cosa si intende per “Strategia dell’accumulo”.
Essa si basa sul concetto di ricerca, immagazzinamento, analisi e successiva selezione di tut-
ti i dati che permettano di studiare e conoscere l’utente nelle sue preferenze e abitudini. Tutto
ciò la porta ad accumulare ogni tipo di materiale nei seguenti settori:

- Dati
- Preferenze utenti
- Utenti
- Programmatori
- Società

I dati: Google, tramite il suo spider, non si limita ad acquisire link delle pagine, ma ne effet-
tua una copia cache nel proprio date base in modo permanente; ciò comporta che, dopo la
rimozione da parte dell’utente di una pagina web, essa continua a permanere nell’archivio
dell’azienda, pur non essendo presente negli indici di ricerca.

Preferenze degli utenti: non si conoscono le metodologie di acquisizione che Google attua
per tale fine, ma va detto che esso acquisisce e cataloga una serie d informazioni sensibi-
li dell’utente per restituirgli in futuro risultati di ricerca più consoni ai propri gusti e bisogni;
tutto ciò perché, grazie alle acquisizioni delle preferenze effettuate, Google è poi in grado di
sapere ciò che l’utente cerca, avendone analizzato realmente le sue abitudini e da questo
deducendone il pensiero. Altro canale di accumulo di informazioni inerenti i gusti e i bisogni
dell’utente sono le Gmail (posta elettronica), di cui Google effettua periodicamente scansioni
sia dei contenuti che dei contatti ed indirizzi. Inizialmente, per ottenere una casella Gmail, era
necessario un invito da parte di utenti già iscritti al servizio; questo serviva per poter effettua-
re statistiche sulle preferenze comuni agli utenti. Google fu la prima ad offrire sul web 1Gb di
spazio per la posta elettronica allo scopo di consentire all’utente di conservare, per comodità,
la posta ricevuta più a lungo sulla propria casella, che si trasformava in una fonte più ricca di
informazioni.
Successivamente il servizio è stato aperto a tutti coloro che desiderassero avere una casella
sul motore di ricerca, ciò per acquisire più utenti, e quindi più informazioni, rispetto al periodo
precedente. Altro materiale viene ricavato dall’utilizzo da parte degli utenti di programmi come
Picasa (gestione di foto) o Google Toolbar. L’azienda inoltre mette a disposizione uno stru-
mento di statistica diretta sulle proprie pagine per conoscere l’indice di gradimento dei nuovi
servizi lanciati.

Utenti: Google, oltre ad immagazzinare informazioni di ogni genere, cerca di accumulare le


simpatie degli utenti offendo servizi e software gratuiti, una grafica minimale che permette
un più agevole accesso alla ricerca, efficienza ed innovazione dei servizi offerti ed un rapido
risultato di ricerca. Il tutto si rifà al Google pensiero.

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Programmatori: come già precedentemente analizzato, la Google Inc., mediante il Google
pensiero ed iniziative, quali la Summer of Code, mira ad accumulare i più grandi cervelli del
settore, sia giovani e liberi programmatori delle comunità Open Source, sia veri e propri diri-
genti delle aziende rivali: la tattica commerciale di rubare i segreti industriali, meccanismi di
produzione e gestione delle risorse attraverso l’assunzione di elementi di spicco delle società
concorrenti è sempre stata nelle corde della competizione industriale e la Google non è da
meno. Un esempio tra tutti è l’assunzione di Kai-Fu Li, direttore esecutivo della Microsoft non-
ché l primo realizzatore del servizio Microsoft MSN Serch per la Cina.

Società: come ogni azienda, anche Google investe sul mercato ed accumula società che
acquista dopo aver rilevato il loro alto indice di gradimento nei confronti degli utenti di inter-
net; è da sottolineare che la Google Inc. tende ad assorbire in se tutte le piccole imprese che
lancino un servizio innovativo e potenzialmente concorrente ad uno di quelli da se posseduti.
Un esempio calzante è quanto successo alla Yuotube (Google, anche dopo aver comprato
l’azienda, ha lasciato inalterato il servizio sul web: il suo scopo non era quello di annientare la
principale concorrente al suo servizio Google-Video, bensì acquistarla ed inserirla nel proprio
circuito per implementare e mantenere sempre aggiornato il suo servizio di streaming video).
Di seguito viene riportato un elenco di tutte le società acquistate solo negli ultimi anni, con il
relativo settore di competenza ed il prezzo di mercato (dove conosciuto):

- Youtube [Video Sharing] 1,65 miliardi di dollari


- DoubleClick [Pubblicità online] 3,1 miliardi di dollari
- Feedburner [RSS] 100 milioni di dollari
- Keyhole [Mappe digitali terrestri]
- Writely [Software Word Processor]
- Greenborder [Sicurezza Online]
- Peakstream [Software per processori]
- Adscape [Pubblicità online] 23 milioni di dollari
- Picasa [Software House]
- Urchin [Stastiche online] 30 milioni di dollari
- Jotspot [Software Wiki]
- Android [Software Localizzazione]
- Akwan [Software House]
- Marratech [Videoconferenze]
- Zenter [Presentazioni Online]
- GrandCentral [Telefonia] 50 milioni di dollari
- Postini [Sicurezza informatica] 625 milioni di dollari
- ImageAmerica [Immagini Alta Risoluzione]
- Tianya [Portale Social Network].

La Privacy dell’utente:

Finora sono stati riportati ed analizzati pro e contro dei servizi realizzati e forniti dalla Google
Inc. per portarne a conoscenza vantaggi e svantaggi; da questo momento in poi, affrontando
l’argomento privacy, non si può non notare come il buon Dr. Jekyll nei meandri dell’informa-
tica, oscuri alla gran parte del mondo, si trasformi nel malvagio Mr. Hyde. Numerose volte, in
ambito specialistico ma non ufficiale, si è sentito parlare della potenziale violazione del diritto
alla privacy dell’utente web, grazie a ricerche portate avanti dai Geek di turno. Ritengo neces-
sario affrontare questo argomento, riportando tutte le notizie in merito (acquisite da articoli
pubblicati su quotidiani on-line, blog e news group) ed analizzando la realtà in modo quanto
più possibile veritiero ed oggettivo.

16
La normativa:

L’intervento a tutela della privacy degli utenti, annunciato da Google con grande risonanza,
non è altro che l’applicazione di un principio di legge. L’art. 3 del D. Lgs. 196/2003, c.d. codice
privacy, stabilisce un criterio molto semplice, definito principio di necessità. La norma afferma:
I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizza-
zione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le
finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati
anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di
necessità.
In estrema sintesi, nessuno può detenere informazioni di altri per un tempo e in un ambito
spaziale non giustificati dalle specifiche finalità di trattamento, ovvero se non gli è necessa-
rio. Il Garante per la protezione dei dati personali si è già pronunciato in materia quando ha
definito i tempi di conservazione delle informazioni acquisite dalle catene di grande distri-
buzione tramite le c.d. carte fedeltà. Il provvedimento del 24 febbraio 2005 ha segnato una
tappa importante che ha inciso, e non poco, sulle consuetudini di gestione dei dati da parte
dei grandi gruppi. Anche e non soltanto per motivi statistici e di marketing, i dati dei consu-
matori venivano trattati e trattenuti per un tempo indeterminato. Nel provvedimento il Garante
afferma con chiarezza: Il principio da osservare è quello secondo cui i dati personali dei quali
non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali sono stati trattati devono
essere cancellati o trasformati in forma anonima. Pertanto, nessun merito particolare da parte
di Google, ma unicamente il rispetto della privacy dei suoi utenti1.
Innanzitutto, contrattualmente, dire “Google” può non volere dire sempre la stessa cosa: a vol-
te sarà Google inc. la casa madre americana, a volte Google Ireland, a volte la nostra Google
Italia. Il che non è indifferente, perché non sempre e non con tutti si possono dare per sconta-
te le regole di cui generalmente gode il consumatore. Ben si è reso conto di questo pubblico
dettaglio lo stesso Garante Privacy, sensibilizzato da un utente che vedeva sempre emergere,
come primo risultato di una ricerca a suo nome, la notizia di una sua vecchia condanna ormai
altrimenti dimenticata. Ora, tutti noi godiamo di quello che è stato definito “diritto all’oblio”:
abbiamo diritto, cioè, a pretendere che notizie che ci riguardano, non più attuali – o comunque
prive di validi motivi per essere ancora conservate e conosciute – non siano più disponibili in
rete, nemmeno nella memoria cache dei motori di ricerca. Peccato che, dinnanzi alla richie-
sta di provvedere del Garante, Google sia stata gentilissima, sì, ma per dire che non ci può
fare granché (anche se naturalmente collaborerà in ogni modo...), perché i dati (e le memorie
cache che li contengono) sono custoditi e controllati negli Stati Uniti, al di fuori della sfera di
applicazione del Codice Privacy nostrano, o di qualunque direttiva europea2.

Le opinioni della comunità di Ippolita:

“Quello che nessun utente sa, o meglio non vuole sapere”, dicono i partecipanti alla comunità
Ippolita, “è sotto gli occhi di tutti: i nostri dati, le email che usiamo, ciò che scriviamo, vengono
archiviati ed elaborati da Google per ricavarne informazioni sui gusti, gli stili, le abitudini, per
poi usarli per sé o rivenderli a terzi” e aggiungono “la cosa interessante e inquietante è che a
Google non interessa associare le informazioni a una persona specifica. A lui non interessa
che la tal cosa sia stata scritta dalla tal persona alla tal altra. Ma interessa cosa è stato scrit-
to, e da quanti è stato scritto. Quante volte è stato usato quel tipo di email e non un altro: a
lui interessa la quantità di volte che un elemento è ripetuto, non necessariamente la relazione
che quell’elemento intrattiene con gli altri. In questo modo non viola legalmente alcuna privacy
individuale, semmai quella collettiva, che però non è difesa da nessuna legge. Tanto più che
ogni singolo utente accetta esplicitamente l’uso che Google farà dei suoi dati”3.
La comunità di Ippolita è una delle voci più autorevoli degli ultimi anni in materia e il grido di
rivolta al “Grande Fratello” di turno è ampiamente giustificato dall’analisi più approfondita di
alcuni servizi forniti da Google, che risultano palesemente violare la privacy dell’utente. Si ana-
lizzano quindi di seguito due di questi servizi, con lo scopo di mostrare quanto sopra affermato.
17
1.A proposito della Gmail: un esempio per tutti

Informazioni più interessanti si trovano nell’informativa privacy espressamente dedicata a


Gmail, il servizio di posta elettronica di Google. Sotto il profilo privacy si rende noto che Go-
ogle si riserva il diritto, non solo di eliminare o non distribuire “in qualsiasi momento qualsiasi
contenuto”, ma, soprattutto, di aprire, leggere, conservare e divulgare qualsiasi informazione
“ragionevolmente necessaria”, anche per “proteggere i diritti, la proprietà e la sicurezza di Go-
ogle”, nonché verificare “potenziali violazioni”. Insomma, per verificare un sospetto, Google in-
dagherà da sola, non scomodando le autorità. Elemento ribadito anche nel paragrafo dedicato
alla privacy, in cui l’utente si impegna ad accettare che, anche per i motivi sopra citati, Google
potrà monitorare, modificare o diffondere anche il contenuto delle mail. Inoltre, nelle condi-
zioni contrattuali in generale del proprio account Gmail, Google non garantisce nulla circa la
“disponibilità, puntualità, sicurezza o affidabilità del Servizio”. Non si tratta di toni o condizioni
che, eguali o simili, non si trovino anche nelle cluausoline dei tanti altri servizi di posta gratuiti
in rete, ma è in ingenuo pensare che Google non metta in atto certi meccanismi propri di ogni
grande impresa, on-line o off-line che sia.
Maggiori perplessità, piuttosto, lascia un’altra clausola delle condizioni di utilizzo: sottoscri-
vendo un account Gmail, l’utente si impegna già in quel momento a vincolarsi a modifiche
eventualmente stabilite dai Google nel futuro. Il che sarebbe come firmare un contratto con
alcune clausole in bianco, impegnandosi a qualcosa che non si può conoscere1.

2.La Google History:

A conferma di tutti i nostri sospetti circa il reale controllo di Google sull’utente e sulle sue
abitudini, l’azienda americana ha lanciato nel 2007 un nuovo servizio che consente di tenere
traccia delle sessioni di navigazione degli utenti e dei loro spostamenti sul web. La Repub-
blica, in un articolo del 23 aprile 2007, così spiega il nuovo servizio offerto dalla Google Inc.
“Ogni passo compiuto, nello stretto spazio delimitato da un browser, da oggi può diventare
una traccia indelebile negli archivi del più grande motore di ricerca del mondo. Una specie di
gigantesca cronologia. Per utilizzare il servizio, un’evoluzione del precedente Search History,
si deve essere naturalmente in possesso di un account presso Google, avere scaricato la
Google Toolbar e avere abilitato PageRank. Nella memoria di Web History verranno cata-
logati gli indirizzi dei siti e non il dettaglio dei contenuti delle singole pagine”. Il prezzo che
pagano gli utenti per utilizzare Web History Google è la perdita del proprio anonimato, poiché
al sito internet si associano dati dell’utente, e il fatto di diventare possibili vittime del mercato
pubblicitario, in special modo quello controllato da Google. E se è vero che l’utente può revo-
care l’adesione a Web History in ogni momento, non si comprende se e in che modo Google
davvero smetterà di tracciare l’utente nel momento in cui questo deciderà di abbandonare il
programma.

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In sintesi:

Dopo aver analizzato i servizi offerti da Google e le innumerevoli voci alzate contro la viola-
zione della privacy dell’utente che Google compie impunemente, favorita dalle differenti nor-
mative in materia, in vigore nelle varie parti del mondo, è necessario trarre le dovute conclu-
sioni sull’argomento.
Come esposto, Google è in grado di incrociare e analizzare i dati delle ricerche quotidiane fat-
te con il motore. Risultato: una ulteriore qualità di risposta, in quanto “solo chi cerca sa cosa
cerca”, e, alla fine, chi meglio di noi sa cosa cerchi? Potremmo obiettare con una battuta che
forse Google lo sa meglio di tutti, anche di noi stessi.
Ma cosa riesce realmente Google a sapere dell’utente e dei suoi gusti e abitudini? Analizzando
quanto precedentemente esposto, si può creare un elenco delle informazioni in suo possesso:

- Tutto quello che si cerca usando Google


- Tutte le pagine web con pubblicità Adsense che vengono visitate
- Il paese di provenienza dell’utente
- Tutte le pagine Blogger che vengono visitate

Se poi si possiede un account GMail:

- il mittente che manda e-mail


- Il nome dell’utente (se si è fornito quello anagrafico)
- Il destinatario dell’e-mail
- I contenuti delle mail
- I contenuti delle mailing list che vengono ricevute

E anche se non si possiede un account GMail:

- I contenuti delle mail che vengono mandate verso GMail


- I contenuti delle mailing list a cui è iscritto un utente con account GMail
Se si è membri di Orkut:
- Il proprio network di contatti e di interessi su Orkut

Se si è possessori di un account Adsense:

- Nome, indirizzo e coordinate bancarie


- Indirizzidi IP di chiunque visiti una pagina su cui è stata inserita pubblicità Adsense
- Il numero di visitatori di tutte le pagine su cui è stata inserita pubblicità Adsense

Importante è capire che la risposta alle ricerche cambi nel caso che sia un utente piuttosto
che un altro a farle, magari entrambi seduti e loggati sullo stesso computer. In sostanza Goo-
gle è in grado di sfruttare gusti preferenze, ricerche, abitudini di navigazione per aumentare il
tasso di risposta.

19
cap. V – Altre maliziose funzionalità:

Se “Chiedere è diritto e rispondere è cortesia…”, per Google non è così! La sua efficienza
rende una regola il “Chiedi e ti sarà dato”! La maestosità del mondo Google, l’immensità delle
informazioni accumulate dal motore di ricerca dal 1998 ad oggi, l’onnipresenza del suo spider
nel web, la messa a disposizione del pubblico di programmi gratuiti di ogni genere in grado di
catturare ed indicizzare molti dei dati personali dell’utente, ha permesso all’azienda di pos-
sedere quasi tutto lo scibile informatico. Se è vero che “Google sa” e che “se non si trova su
Google non esiste”, si vuole dimostrare come esso possa diventare un pericoloso mezzo di
ricerca ed uno mero strumento di telecrazia digitale e di democrazia reale.
Si sono sviluppate nel corso degli anni, utilizzando gli stessi strumenti che Google fornisce,
tecniche che permettono di utilizzare questo motore di ricerca con metodi non propriamente
legali ed in un modo del tutto imprevisto dai suoi creatori. Queste tecniche sono il Google
Bombing e il Google Hacking.

Google Bombing:

Se il Pagerank rappresenta uno strumento di valenza democratica, in quanto il diritto al voto è


permesso dalla semplice pubblicazione di una pagina web e permette realmente alle pagine
di maggiore rilevanza di essere indicizzate per prime nei risultati di ricerca, il Google Bombing
sfrutta la stessa tecnica per veicolare i risultati degli indici di ricerca.
Il Google Bombing consiste nel “bombardare” una certa pagina web con un elevato numero
di link provenienti dall’esterno in modo da far credere a Google che questa pagina sia ritenu-
ta “popolare” o persino “autorevole” da molte persone e convincerlo quindi a presentarla tra i
primi risultati nelle ricerche che gli utenti effettuano con il suo motore. Ad esempio, se voles-
simo fare in modo che la pagina principale di No1984 (http://www.no1984.org/) apparisse tra
le prime 10 o 20 voci che Google restituisce quando l’utente effettua una ricerca per i termini
“Trusted Computing”, dovremmo inserire un link a http://www.no1984.org/ in quanti più pos-
sibile siti web esterni, in modo da far capire a Google che No1984 viene ritenuto “autorevole”
ed “importante” dai proprietari di quei siti.
Questa tecnica può essere usata anche per ottenere degli effetti ironici o sarcastici. Ad esem-
pio, un Google Bombing molto famoso ha fatto in modo che la ricerca di “miserable failure”
(Miserabile fallimento) portasse alla pagina contenente la biografia del presidente George
W. Bush. Normalmente, però, viene usata semplicemente per fare in modo che gli utenti
interessati ad un certo argomento riescano a trovare una fonte di informazioni autorevole ed
equilibrata e non le solite pagine di “comunicazione aziendale” create dalle imprese solo per
mascherare un fenomeno sgradito.
In molti casi, le pagine di “controinformazione” create dagli attivisti vengono seppellite così in
basso nelle classifiche dei motori di ricerca da non essere più raggiungibili. Per controbattere
questa “censura tecnologica”, molti siti “alternativi” devono mettere in atto delle tecniche di
“promozione” delle proprie pagine e per farlo usano le stesse tecniche di Google Bombing
usate dalle aziende. Solo spendono meno soldi e lo fanno in maniera più intelligente. Per fun-
zionare correttamente, un buon Google Bombing deve rispettare alcune regole tecniche:

1.La pagina “bersaglio” deve contenere le parole significative (keyword) nel tag “title”. In altri
termini, se vogliamo che http://www.no1984.org/ diventi visibile quando l’utente cerca “Trusted
Computing” e “DRM”, queste parole devono essere presenti nel tag title della main page di
http://www.no1984.org/. Il tag title è quello che dà origine al titolo che appare nella barra blu
del browser e non ha niente a che fare con ciò che appare dentro la pagina.
20
1.La pagina bersaglio deve contenere le keyword anche all’interno del testo. Maggiore è la
frequenza con cui appaiono queste parole nel testo, migliore sarà il “voto” (rank) che Google
attribuirà alla pagina.
2.I link che provengono dalle pagine esterne devono essere tutti uguali. Se i link che proven-
gono dall’esterno puntano a pagine diverse dello stesso sito od a sezioni diverse della stessa
pagina, non si avrà quell’effetto di “accumulo” che permette alla pagina target di salire nella
graduatoria di Google.
Rispettando queste semplici regole si possono ottenere dei buoni risultati anche con soltanto
qualche decina di link provenienti da siti esterni1.

Google Hacking:

Come ogni potente mezzo, anche Google può essere sfruttato per scavalcare la soglia della
legalità mediante ricerche “intelligenti” e un po’ “alternative”. Lo spider di Google, come più
volte ribadito, è l’elemento che permette al motore di ricerca di raccogliere ed indicizzare
all’interno del suo database tutte le informazioni raccolte. Data la vastità del suo database,
Google mette a disposizione alcuni operatori Booleani, attraverso i quali l’utente può filtrare a
suo piacimento i risultati di ricerca e visualizzare tipologie specifiche di files o di siti internet.
Di seguito è riportata la lista dei principali caratteri Booleani:

- site: trova il termine ricercato soltanto nel sito specificato


- filetype: trova soltanto documenti con l’estensione indicata
- link: trova tutti i siti che hanno un link al termine ricercato
- cache: visualizza la copia cache archiviata da Google della pagina ricercata
- intitle: cerca tutte le pagine web che contengano nel titolo il termine ricercato
- inurl: cerca all’interno dell’URL di una pagina
- [sigla aeroporto]+airport trova un aeroporto
- define: trova la definizione di una parola

Incrociando tra loro questi operatori si è scoperto come sia possibile ottenere, dal motore di
ricerca “buono” per antonomasia, informazioni sensibili riguardo gli amministratori e gli utenti
dei network indicizzati da Google, numeri di carta di credito, password d’ogni sorta o conti
correnti bancari. la tipologia della piattaforma server che ospita il network. La vulnerabilità di
Google è la faccia nascosta della sua efficacia e della sua impagabile capacità di scanda-
gliare Internet in cerca di dati e materiali. Il problema è che tutti questi materiali restano poi
sospesi nel limbo di un deposito virtuale accessibile, in teoria, a chiunque. Se pertanto una
pagina Web ha sofferto in passato di qualche problema di sicurezza, poi risolto con opportuni
aggiornamenti, un malintenzionato potrebbe risalire con relativa semplicità alla versione più
datata e non protetta della pagina, con tutte le conseguenze del caso2. Ma Google non si fer-
ma solamente all’indicizzazione di documenti. Alcune stringhe possono riportare immagini di
WebCam o di videocamere digitali che fotografano scene di vita da uffici, aziende, fabbriche.
Altre consentono addirittura di visualizzare interi archivi di file MP3.
Questa tecnica è chiamata Google Hacking.
On-line è disponibile un database (http://johnny.ihackstuff.com/ghdb.php) pubblicato e gestito
dall’hacker Johnny Long e chiamato Google Hacking Database (GHDB), contenente 847 strin-
ghe di ricerca con cui esercitarsi nell’Hacking attraverso Google.
Questa tecnica è stata recentemente utilizzata dal virus informatico Santy, che, per mezzo di
interrogazioni automatizzate a Google, riusciva ad ottenere l’indirizzo internet di tutti i siti su
cui era installato il Forum phpBB 2 per defacciarne l’homepage.

21
Conclusioni:

Si è affermato all’inizio della trattazione che il presente studio non perseguiva lo scopo di otte-
nere un’assoluta condanna o assoluzione di Google, ma di evidenziare come esso possegga,
come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, una doppia personalità inscindibile l’una dall’altra.
Se l’interfaccia grafica rilassante e minimale, insieme all’immagine di “buonismo” che Google
Inc. ha voluto creare di se tramite l’offerta di programmi gratuiti, la collaborazione ed i finan-
ziamenti concessi alle comunità Open Source, l’efficienza dei servizi e la stessa diffusione del
Google Pensiero può essere paragonata al Dr. Jekyll, è pur vero che tutte queste caratteristi-
che risulterebbero nulle senza il reale potenziale dell’azienda, che si basa sull’acquisizione di
un numero infinito di informazioni e dati che sfiorano l’illegalità e violano la privacy dell’utente,
mostrando agli adepti anche il volto del “cattivo” Mr. Hyde.
Si potrebbe sostenere che il Dr. Jekyll potrebbe esistere anche senza la sua personalità mal-
vagia, che Google sarebbe realmente un motore di ricerca perfetto ed altruista nei confronti
dell’utente se nei fatti non lo considerasse solo un numero da statistica indispensabile per la
sua sopravvivenza.
Sappiamo che così non è. Il Dr. Jekyll non sarebbe stato lo scienziato famoso che è divenu-
to se non avesse creato il suo alter ego, come Google non sarebbe divenuto “IL motore di
ricerca” se non avesse potuto fornire all’utente qualsiasi dato richiesto e innumerevoli servizi
innovativi ed efficaci, anche se per ottenere questo ha fagocitato in se aziende concorrenti ed
informazioni sensibili.

Tutto questo è Google!

22
Bibliografia:

Ippolita, The Dark side of Google,


(a.k.a. luci e ombre di google… - versione consegnata all’editore, gennaio 2007),
Ippolita, copyleft 2007, Creative Commons 2.0 by-nc-sa

www.ippolita.net
info@ippolita.net

Linkografia:

- http://privacy.blogosfere.it/
- http://hacksecure.noblogs.org/
- http://www.repubblica.it/
- http://laspinanelfianco.wordpress.com/
- http://www.ecplanet.com/
- http://www.it.wikipedia.org/
- http://www.google.it/

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