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Qualche domanda sulla c.d.

abolizione del valore legale dei titoli di studio


T anti propongono labolizione de l valore le gale de i titoli di studio, da ope rare con le gge . Ma che c osa e sattame nte vogliono abolire ? Quale norma vogliono abrogare ? Poniamo qualc he domanda agli abolizionisti, giusto pe r capire me glio i te rmini de l proble ma. Ci re nde re mo conto che , amme s so che il proble ma e sista, lo si pu risolve rese nza una le gge .

I deologie e nebulose Vorreste essere operati da un medico non laureato in medicina? Chiedereste un consiglio a un farmacista non laureato in farmacia? Vivreste in un edificio progettato da un ingegnere non laureato in ingegneria? Vorreste essere difesi da un avvocato non laureato in giurisprudenza? Volete che ci si possa iscrivere al liceo senza avere fatto le medie? O alluniversit senza avere superato lesame di maturit? Volete essere liberi di iscrivere i vostri figli in una scuola elementare non riconosciuta, o magari di farli studiare a casa? Accettereste che luniversit, alla quale siete iscritti, perdesse la capacit di rilasciare il diploma di laurea? Volete evitare che il 110 e lode ottenuto in una facolt mediocre valga quanto quello ottenuto in unottima facolt? E volete evitare anche che il 110 e lode di una delle due facolt valga pi dell80 ottenuto nella stessa facolt? Vorreste essere giudicati da un magistrato non laureato in giurisprudenza? Volete che qualcuno che non laureato, e magari non ha neanche fatto le scuole superiori, abbia gli stessi titoli di chi si laureato in una delle migliori universit italiane, ai fini dellaccesso ai concorsi pubblici? Vi sembra opportuno che il dottorato di ricerca non conti nulla ai fini dei concorsi universitari? E che nei concorsi pubblici la laurea in unottima universit di grandi tradizioni conti pi della laurea in una pessima universit telematica? Ritenete giusto che una commissione di concorso possa valutare il titolo di studio di ogni candidato, tenendo conto di dove si laureato? E siete proprio sicuri che non possa gi farlo? Chiamereste un idraulico non laureato in ingegneria idraulica? O un muratore che non ha fatto il liceo classico? Scegliereste il vostro commercialista in base alluniversit in cui si laureato? Ritenete che un imprenditore debba poter valutare liberamente il titolo di studio di chi assume, e anche assumere persone prive di titolo di studio? Se avete risposto di s a tutte queste domande, probabile che siate favorevoli, come molti dicono oggi di essere, alla c.d. abolizione del valore legale del titolo di studio. Potete evitare di leggere il resto di questo articolo. M a probabile che ad alcune delle domande abbiate risposto di no. I n questo caso, bene che riflettiate un istante sulla questione. E, soprattutto, bene che vi rendiate

conto che, come spesso avviene, la questione mal posta, semplicemente perch il valore legale dei titoli di studio non esiste come istituto unitario. I l valore legale un insieme di cose diverse, e parlare genericamente e vagamente della sua abolizione una pericolosa semplificazione. veramente sorprendente che se ne parli in termini cos generici e vaghi, e ci si pronunci spensieratamente sulla sua abolizione, senza ragionare un momento sulle questioni concrete che il discorso implica. Che il valore legale non sia qualcosa di unitario, che si possa facilmente abolire, lo ha chiarito qualche anno fa Sabino Cassese, in un articolo non abbastanza citato, che si conclude con queste parole: il tema del valore legale dei titoli di studio una nebulosa. Esso non merita filippiche, ma analisi distaccate, che non partano da furori ideologici o da modelli ideali, bens da una valutazione delle condizioni delle strutture pubbliche e professionali e dei condizionamenti derivanti dal riconoscimento dei titoli di studio sullassetto della scuola e delluniversit[1]. La scuola e le professioni Semplificando un discorso neanche troppo complicato, si pu dire che il tema del valore legale inerisce a tre distinte aree problematiche: laccesso alle professioni (a cui si riferisce il primo gruppo delle domande poste allinizio), gli ordinamenti scolastici e universitari (secondo gruppo) e laccesso al pubblico impiego (terzo gruppo). I l quarto gruppo di domande un trabocchetto: si riferisce a un settore (limpiego privato) gi immune dai problemi del valore legale, perch i datori di lavoro e i committenti non sono di regola vincolati dai titoli di studio. Se avete risposto di s a tutte le domande del secondo gruppo, e siete per lassoluta libert di insegnamento e di apprendimento, siate consapevoli di appartenere a una sparuta minoranza. bene che siate una minoranza agguerrita, perch dovete aspirare a una modifica dellart. 33 della Costituzione, a norma del quale prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi. Se avete risposto di s a tutte le domande del primo gruppo, e volete avere medici e avvocati non laureati, allora continuate pure a sostenere che il valore legale va abolito. M a sappiate che, a dispetto di ci che forse avete letto sui giornali, anche nel Regno Unito e negli Stati Uniti queste categorie e molte altre devono laurearsi, prima di affrontare un difficile esame di abilitazione: il valore legale esiste anche l, eccome! Anche in questo caso, non fatevi troppe illusioni sulle vostre possibilit di successo: probabile che unampia maggioranza, in I talia come in quei paesi, ritenga necessario che, per alcune professioni, lesame di abilitazione sia preceduto dalla laurea. Abolizione vs ranking I l vero problema, peraltro, attiene al settore pubblico, quello al quale si riferisce il terzo gruppo di domande. Anche se forse avete risposto di no a qualcuna di quelle domande, probabilmente avete spesso limpressione che, ai fini dellassunzione dei pubblici dipendenti, i titoli di studio contino troppo e che non si facciano le giuste distinzioni tra i diversi titoli, in relazione a dove sono stati conseguiti. E avete anche

limpressione che i titoli di studio e di specializzazione, spesso conseguiti troppo facilmente, diano ingiusti vantaggi nello svolgimento della carriera. Avete ragione. M a ci non vuol dire che il rimedio sia labolizione del valore legale dei titoli di studio, neanche ai fini dellaccesso al pubblico impiego. Si tratta di abolire o di distinguere? Dobbiamo fare in modo che la laurea non conti niente o che una laurea migliore conti pi di una laurea peggiore? Da quanto sembra emergere dai progetti e dagli interventi sui giornali, in effetti, non tutti gli abolizionisti vogliono veramente abolire il valore legale del titolo di studio. Alcuni di essi vogliono, molto pi ragionevolmente, introdurre meccanismi per pesarlo, che si traducano in un ranking dei titoli di studio (il ranking, si sa, va di moda). Forse siete tra gli abolizionisti duri e puri, magari non con riferimento alla scuola e alle professioni, ma s con riferimento ai concorsi pubblici. Ritenete che nei concorsi pubblici debbano valere soltanto le qualit dimostrate durante le prove concorsuali (e magari anche il curriculum, che per la commissione deve poter valutare liberamente). Non vi sembra un problema se al concorso per diventare magistrati partecipino soggetti non laureati in giurisprudenza, se a quello per diventare dirigenti sanitari partecipino soggetti non laureati in medicina, se a quello per diventare dirigenti amministrativi partecipino soggetti non laureati. Non vi sembra un problema se a ogni concorso partecipano decine o centinaia di migliaia di persone. Se cos, avete una fiducia cieca nel funzionamento dei concorsi pubblici. I n quale paese vivete? (Per inciso, il sottoscritto un convinto sostenitore dei concorsi pubblici, tuttavia anche sulla base di una certa esperienza diretta li ritiene strumenti utili, ma non perfetti, e ha il sospetto che non sempre siano immuni dal malcostume.) Avete mai fatto parte di una commissione di concorso con un milione di candidati? ( successo, in I talia.) Pensate che un concorso del genere sia gestibile? Che possano vincere i migliori in un tempo ragionevole? Per favore, scendete sulla terra, e cercate di atterrare in I talia. E sapevate che in I talia il numero dei laureati e dei dottori di ricerca sensibilmente inferiore a quello della maggior parte dei paesi occidentali? Siete sicuri che vada eliminato questo incentivo a proseguire gli studi? Legge e applicazione della legge I n questi giorni, peraltro, sembrano pi di moda le proposte volte a distinguere, pi che ad abolire. Una laurea prestigiosa deve contare di pi di una mediocre. difficile non essere daccordo. M a siete sicuri che non si possa gi farla contare di pi? Per rispondere a questa domanda, bisogna distinguere tra laccesso al pubblico impiego e la progressione in carriera. Per laccesso, come noto, esiste il principio costituzionale del pubblico concorso. Al livello legislativo, la norma fondamentale lart. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001. L eggetelo con attenzione: scoprirete che non c scritto niente che possa far pensare al valore legale del titolo di studio (il che rende pi imbarazzante la questione che si pone agli abolizionisti: che cosa abrogare?). Non troverete niente del genere neanche nel regolamento governativo sui concorsi pubblici (decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1 994). Al contrario, tutto depone nel senso della valutazione effettiva del curriculum dei candidati: si parla di procedure selettive volte allaccertamento della professionalit richiesta, di adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali, di composizione delle

commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso. Siete proprio sicuri che questa legge cos non vada bene? Siete proprio sicuri che le amministrazioni e le commissioni di concorso non possano valutare il curriculum dei candidati, tenendo conto di dove si sono laureati e come? Direte voi: il problema non la legge, ma il modo in cui la legge viene applicata. Giusto. M a allora perch volete cambiare la legge? E, soprattutto, quale esattamente il problema? A questa domanda si pu rispondere facilmente. Primo: i contratti collettivi e i regolamenti delle amministrazioni definiscono spesso i requisiti di accesso alle varie qualifiche, semplicemente facendo riferimento a un titolo di studio. Secondo: le pubbliche amministrazioni redigono i bandi nello stesso modo. Terzo: le commissioni esaminatrici, per non assumersi la responsabilit di fare distinzioni, trattano tutte le lauree, tutti i master e tutti i dottorati allo stesso modo. Quarto: se una commissione decide di premiare un candidato che si laureato in ununiversit migliore, c sempre il rischio che un altro candidato impugni gli atti del concorso e che il giudice accolga il ricorso. I l discorso abbastanza simile se, dal discorso sulle assunzioni, si passa a quello sulle carriere. Se ne parla molto meno, ma soprattutto qui che si abusa del valore legale, anche perch a differenza dei concorsi le progressioni di carriera si fanno, eccome. Tanti dipendenti pubblici sono sempre alla ricerca di lauree, master e corsi vari, in cui si paga per un titolo che poi la loro amministrazione riconoscer in modo ottuso e burocratico, senza fare distinzioni. L a vendita di lauree a buon mercato spesso un business abbastanza squallido, a cui molte universit, anche molto prestigiose, si abbandonano per ragioni finanziarie: le amministrazioni forniscono molti studenti, che pagano le tasse universitarie, e le universit concedono percorsi preferenziali, privilegiando platealmente questi studenti rispetto agli altri. L o fanno anche molte universit che in un ranking si piazzerebbero in buona posizione. Anche qui, per, la legge dice tuttaltro. Alcune progressioni richiedono un concorso, e si ritorna allipotesi precedente. Altre non lo richiedono, ma lart. 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che esse avvengono secondo principi di selettivit, in funzione delle qualit culturali e professionali, dellattivit svolta e dei risultati conseguiti, attraverso lattribuzione di fasce di merito. Che cosa centra il valore legale? Come si vede, non si tratta di cambiare la legge, ma di cambiare le prassi amministrative e anche la mentalit di certi funzionari amministrativi, che come forse voi sono convinti che il valore legale sia qualcosa di unitario, intangibile e immutabile (e le cui menti non sono sfiorate dai dubbi che forse si stanno insinuando nelle vostre). L e amministrazioni prediligono le soluzioni pi facili, e indubbiamente non distinguere pi facile che distinguere. M a, ammesso che si riuscisse a trovare e uccidere laraba fenice del valore legale (magari a costo di ritrovarsi medici e magistrati non laureati ecc.), che cosa impedirebbe loro di continuare a non distinguere? Non pensate invece che il requisito dato da un certo titolo di studio possa essere un utile anche se insufficiente vincolo alla discrezionalit delle amministrazioni? Certo, affrontare un problema con una legge molto pi facile che affrontarlo in via amministrativa. Scrivere una bella legge relativamente facile e, per i politici, anche molto gratificante. Si ottiene sicuramente qualche titolo di giornale e qualche articolo di fondo che saluta lepocale avanzamento. M a il problema, per lo pi, non si risolve. Agire in via amministrativa molto pi faticoso ed un

lavoro oscuro: bisogna parlare con i dirigenti di tanti ministeri ed enti pubblici, spiegare come scrivere i bandi, fornire la corretta interpretazione delle norme, sperare che le commissioni di concorso la capiscano e anche che i giudici amministrativi non enuncino regole che non ci sono. I giornali non se ne accorgono. Per, lavorando con pazienza e costanza, il problema gradualmente si risolve. Ranking v discrezionalit vero, peraltro, che introdurre qualche nuova norma (ed eliminarne qualcuna vecchia) pu servire, soprattutto per chiarire che i titoli di studio, e in particolare le lauree, non sono tutti uguali; per incoraggiare le amministrazioni a distinguere tra i diversi titoli di studio; per chiarire che trattare in modo uguale titoli molto diversi illegittimo; e per evitare che i giudici amministrativi, invece, ritengano illegittime le distinzioni. M a quali norme introdurre? Ci sono due soluzioni. L a prima affidarsi alla discrezionalit delle amministrazioni e delle commissioni giudicatrici, nel redigere i bandi di concorso e nellapplicarli: certamente non sono infallibili, ma esistono appunto per selezionare e valutare. Basterebbe allora chiarire questo concetto nei regolamenti sui concorsi e sulle progressioni. L altra soluzione costruire un meraviglioso sistema di ranking dei titoli di studio conferiti dalle diverse strutture didattiche. I n realt, una valutazione delle universit e dei corsi di laurea gi opportunamente prevista, ad altri fini (come il finanziamento delle universit): quando ci sar, sar facile utilizzarla per valutare i curricula dei candidati ai concorsi. M a questa valutazione potr essere usata liberamente dalle amministrazioni e dalle commissioni di concorso, oppure sar elaborato un complesso sistema vincolante di valori e corrispondenze, per le varie posizioni nella pubblica amministrazione? Nel primo caso, si ritorna alla discrezionalit amministrativa, e come si visto nulla impedisce di farlo. Naturalmente, sar bene assicurare la massima trasparenza nelle valutazioni e anche diffondere dati come i voti di laurea medi corrispondenti ai diversi corsi di laurea e il numero di iscritti: questo s, aiuterebbe le commissioni di concorso a fare le giuste distinzioni e a motivarle in modo convincente. Anche per questo non c bisogno di una legge, tutto gi previsto. Nel secondo caso, si avrebbe un sistema che molti brillanti studiosi sono certamente pronti a disegnare, delineando criteri astrattamente perfetti e concretamente inapplicabili ad alto rischio di arbitrio e di errore, che si incepperebbe a ogni passo e che offrirebbe molte occasioni di guadagno agli avvocati. Si pu gi immaginare il contenzioso: universit che impugnano latto che le esclude dalla categoria delle migliori; o, prima ancora, che contestano i criteri di classificazione (probabilmente a ragione); universit che aspirano ad essere promosse al livello superiore e si rivolgono al giudice contro linerzia dellistituzione a ci preposta; pessime strutture private che aspirano a insinuarsi nel ranking, sia pure a un livello basso; laureati che si iscrivono a ununiversit al top e si laureano quando luniversit stata retrocessa; o che, avendo rinviato lesame di laurea per unesperienza allestero o per scrivere una tesi migliore, si laureano dopo la retrocessione; e che dire del problema del risarcimento del danno da svalutazione del titolo di studio? Per non parlare delle proteste sindacali, studentesche e popolari, nellimprobabile ipotesi in cui ununiversit rischiasse di chiudere, per essere stata effettivamente posta a un livello basso del ranking.

Sono cose che capitano quando si mettono in funzione macchine perfette e non funzionanti, senza avere sperimentato alcunch. Non sarebbe la prima volta che il legislatore italiano commette questo errore. Ancora un paio di domande. Primo: se ci affidiamo ai meccanismi di mercato per la scelta tra le istituzioni di formazione, perch statizzare la funzione di valutazione delle universit? Negli Stati Uniti, i ranking delle universit sono fatti da riviste e organismi privati. Secondo: siete sicuri che un brillante giovane di umili origini, diciamo del Sud, che non ha potuto scegliere luniversit, debba essere penalizzato rispetto a un giovane altrettanto bravo (ma non pi bravo), che ha potuto scegliere ununiversit pi blasonata, diciamo del Nord, di quelle al top del ranking? Tutto sommato, forse meglio affidarsi al buon senso di chi deve valutare e limitarsi a stabilire chiaramente che le commissioni di concorso e gli uffici del personale possono valutare i titoli di studio, tenendo conto di dove sono stati conseguiti. Pensate, si pu fare senza una legge! Basta aggiungere qualche parola al citato regolamento del 1994 (il Governo pu farlo quando vuole) e ai regolamenti delle varie amministrazioni. E, pensate, non costa niente! (A differenza di un sistema centralizzato di valutazione.) I noltre, gli errori sono sempre in agguato, ed meglio un errore di una singola commissione di concorso di un errore che fa sbagliare tutte le commissioni di concorso. Se, poi, una commissione valuter i titoli in modo irragionevole, ci sar un giudice pronto a censurarla . La realt dei concorsi pubblici Detto tutto ci, siete proprio sicuri che nei concorsi pubblici il problema principale sia quello di cui stiamo discutendo? Avete partecipato, recentemente, a concorsi pubblici, nei quali al vostro sudato e prestigioso titolo di studio stato dato lo stesso valore di quello di candidati provenienti da universit mediocri (i quali, magari, hanno anche vinto il concorso)? L a domanda quasi retorica, dato che ultimamente di concorsi se ne vedono pochi. I ndubbiamente il rischio di uningiusta equiparazione c, per bisogna distinguere tra i diversi tipi di concorso (lasciando da parte quelli universitari, i quali non si vincono con la laurea, che pu anche mancare). I n molti dei concorsi pi difficili, quelli che danno accesso alle lites del settore pubblico (quelli per laccesso alle magistrature, alle burocrazie parlamentari, alla Banca dI talia, al corso- concorso per laccesso alla dirigenza pubblica e anche al notariato), il problema non si pone, perch la laurea s un requisito per partecipare, ma poi il concorso talmente difficile e selettivo, che il numero dei vincitori quasi sempre inferiore a quello dei posti messi a concorso. In questo contesto, distinguere tra i diversi tipi di laurea avrebbe il solo possibile effetto di selezionare ulteriormente, ci che il concorso fa gi egregiamente. Sono cose che bisognerebbe conoscere, prima di pronunciarsi su questi temi. M a non ci sono solo questi grandi concorsi, che tutto sommato funzionano abbastanza bene. Ci sono anche i tanti micro- concorsi, banditi da comuni, camere di commercio, ordini professionali, universit ed enti vari. Qui ci sono spesso i concorsi pilotati, con bandi- fotografia e commissioni compiacenti. Anche in questo caso, non bisogna generalizzare: a volte si tratta di consentire la meritata progressione in carriera a dipendenti di valore. M a altre volte si tratta di assunzioni

clientelari. E se il bando fatto su misura per un laureato di ununiversit mediocre, al laureato delluniversit eccellente difficile far valere la competenza acquisita. I l problema in questi casi esiste. M a siete sicuri che lo si risolva eliminando il valore dei titoli di studio? Non pensate che, in questo modo, il sindaco, presidente o direttore generale dellente avr le mani ancora pi libere, perch potr far partecipare al concorso anche un ignorante non laureato (e non solo un ignorante laureato)? Forse il valore legale meglio che niente. Oppure volete costruire una gigantesca enciclopedia degli impieghi pubblici, stabilendo per ciascun posto il tipo di laurea richiesta e il punteggio di ciascuna facolt? Sarebbe questa labolizione? I l problema del malcostume e delle cattive prassi nei concorsi pubblici indubbiamente esiste, ma non lo si risolve in questo modo. Tra i possibili rimedi, ce ne uno che varrebbe la pena di sperimentare ma che questa volta s richiede una legge, da scrivere con cura: centralizzare i concorsi, privando le singole amministrazioni del potere di controllarli. I nvece di tanti concorsi per un posto o per pochi posti, banditi da tanti comuni o ministeri o enti vari, pochi concorsi per un numero ragionevole di posti, da svolgersi con regolarit. L o si fa per gli acquisti, perch non farlo per il reclutamento del personale? Pensate a quanto si risparmierebbe (una sola commissione esaminatrice , meno raccomandate, meno carta, meno aule da affittare) e a quanto si semplificherebbe la vita ai candidati! E, soprattutto, pensate allimparzialit di una commissione che non sarebbe nominata dal singolo ente, per assegnare il singolo posto, ma dal Governo (o dalla giunta regionale, o da un altro ufficio centrale) e avrebbe tanti occhi addosso. L a morale sempre quella: non tutti i problemi si risolvono con una legge, spesso basta applicare ragionevolmente quelle che ci sono. (te sto appars o anchesul Giornaledi Diritto Amministrativo)

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