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La preghiera cosmica di Giovanni Vannucci (Roberto Taioli)

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La preghiera cosmica di Giovanni Vannucci (Roberto Taioli)

Io mi corico e piglio sonno Al risveglio sar nella sua mano

Salmi, Libro primo, 3

Negli alberi, nel vento, nellacqua perenne, nella terra, nella luce, nella roccia inflessibile Giovanni Vannucci

Tutta la vita e lopera di Giovanni Vannucci e la sua testimonianza sono una ricerca della preghiera, delle sue sorgenti e delle sue forme. Un pellegrinaggio lungo le tracce dellAssoluto, un transito al mistero. La via che essa assume nel suo dispiegarsi e apparire agli uomini si riveste di volti diversi, di mutevoli icone. I linguaggi trasformano la materia grezza, il dilatarsi dell'uomo, i suoi silenzi e le sue parole, ma non nascondono il respiro eterno da cui si dipartono e a cui ritornano come ad un ancoraggio primordiale. Luomo posto in questa erranza che permane e si prolunga in ogni epoca come deposito ontologico del suo essere, anche se mascherata, nellera della tecnica, dalla presunta onnipotenza degli apparati, dal sofisticato comando multimediale. In un mondo che tende allimposizione del dis-umano e dellartificiale, la preghiera mantiene intatta la sua valenza di appello, di convocazione estrema che supera dun balzo i confini della costrizione e della volizione, richiamandoci ad una sorgente, ad una rupe. Lungo i tornanti di questa erranza Vannucci ha camminato, cosicch tutta la sua opera potrebbe essere vista come un itinerarium in cui la sorgente e la foce del flusso coincidono e si incontrano e alla fine riconosciamo il luoghi da cui ci siamo mossi e a cui siamo giunti. La radice della preghiera ricade in quel dire essenziale, in quei vocaboli essenziali (1) che delimitano il suo orizzonte, la sua regione precategoriale: il tempo, lo spazio, lUno. Al di l delle forme storiche di volta in volta assunte, nella preghiera, come nella poesia, avviene una metamorfosi del linguaggio, i termini che usiamo nella vita quotidiana e che appartengono al mondo fenomenico, decadono dalla loro veste ordinaria e assumono un altro codice espressivo e indicativo. Si spogliano della cornice mettendo a nudo lessenza della loro vita, la carne nuda. Opera nella preghiera un movimento refrattario allordine del discorso comunicativo che ne esalta la natura trascendentale, propria di ci che si pone nella disposizione per intercettare un altro piano, di sporgersi verso unaltra regione. Questa tensione presente in Vannucci anche quando della preghiera esplora i continenti pi nascosti e coglie gli echi che risuonano nelle forme delle varie religioni, i richiami sotterranei, le confinanze pi segrete, fino a comporre Il libro della preghiera universale (3), opera straordinaria nella quale, come in un concerto, si compongono le parti, si annullano le differenze per far emergere e risuonare il timbro profondo, la variet riversata nellunit. Ma questo libro per Vannucci, ancor prima che una raccolta di testi, laccorgersi del risuonare in ogni preghiera delleco di tutte le altre, fungenti in quella che di volta in volta affiora alle nostre labbra e trema al nostro sguardo.

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labbra e trema al nostro sguardo. La prima struttura precategoriale che si svela nella esperienza della preghiera il tempo. Ma un tempo che non sia solo finito e causale. La problematica del tempo, che da sempre ha affascinato Vannucci, ci pone davanti al suo complesso volto: esso processo lineare, avanzamento, progressione, ma anche ciclico, ritornante su di s, avvolto come in una spirale. E quantit ma anche qualit, profondit, mistero. La ragione che opera nel tempo quantitativo, trasforma il movimento dellIddio vivente in figure statiche, immutabili, eternizza un momento della rivelazione(4), mentre il tempo qualitativo che intrinsecamente dilatato, inesteso, infrange queste figure che sono andate concretandosi, rimettendo in cammino leterno respiro del Dio vivente, creatore e trasfiguratore del creato (5). La stasi del movimento (il tempo assunto come continuo e anonimo avanzare che d luogo ad una metafisica della processualit) si spezza quando immettiamo in esso la dinamica delle figure, la forza avvolgente di un conoscere per simboli, per metafore. Metafore e figure connotano il tempo, ma anche lo destrutturano, attraversandolo per via verticale. Una fenomenologia delle figure si rende possibile quando in essa descriviamo lapparire di volta in volta (ma talora anche simultaneamente) di forme storiche parzialmente svelatrici dellimpianto dellessere, di figure che assorbono uno degli infiniti volti del mistero. La figura cos la formulazione razionale di una fase del movimento che, se assolutizzata e irrigidita, d luogo a nodi e incrostazioni capaci di frenarne il libero flusso. Laccadere temporale subisce come una scossa, un cortocircuito che destabilizza la linearit divorante, aprendosi ad altre modalit e forme dellincontrarsi. La figura, la metafora e il simbolo, nel loro collocarsi in trasversale sullasse della temporalit, evocano i profili del chiasma e la dimensione della reversibilit di ogni forma nell'altra, del mutamento di ogni grumo della rappresentazione (6). La percezione del tempo qualitativo porta Vannucci a riformulare e riproporre la tripartizione profetica di Gioacchino da Fiore; anche Vannucci parla del tempo del Padre, anteriore al cristianesimo, del tempo del Figlio, e del tempo dello Spirito, il nostro tempo, ma che ancora deve compiersi, per raggiungere ci che ancora non . Quando Ges dice Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione (Lc, 12, 51), apre radicalmente allo scaturire della cifra qualitativa del tempo, ponendosi come principio di contraddizione e lotta tra gli opposti; disarticola e distrugge, perch nel contrasto affiori una nuova nascita, una nuova vita. Ogni figura sempre una sporgenza, tendente a spezzarsi e trasformarsi, ma non a scomparire. Nel suo illanguidirsi ed esaurirsi nel calendario del tempo, consegnandosi e ritornando alleterno flusso, lascia di s residui di vitalit destinati a riaccendersi in altre figure e a vivere in altre forme o, come dice Vannucci, in nuove qualit. Una fenomenologia delle figure sar quindi una descrizione degli strati delle permanenze nascosti nei nuovi contorni, giacenti nei nuovi profili e viventi nelle nuove configurazioni qualitative. Nella condizione del tempo ciclico opera il dis-divenire, pensiero che Vannucci riprende da Meister Eckhart; ent-werden il dis-fare, il movimento che ritorna al punto iniziale, che si riavvolge su di s, come una tela che riconsegna la sua ampiezza allintimit del gomitolo da cui partita (7). Ent-werden il sempre nuovo, la tensione che spezza il muro dellabitudine e che riapre il tempo oltre i margini della sua finitezza: La tua tenda sempre oltre, sempre oltre, / il tuo infinito cammino sia il nostro, o Signore(8). In questo infinito accamparsi della concretezza vivente che disloca sempre pi avanti la sua domanda di radicamento e di senso, sta il significato della preghiera. Essa ci sorprende e ci raccoglie sulla soglia estrema del nostro esistere, sulla sporgenza che noi stessi siamo. Forse solo nella preghiera e nella poesia il tempo qualitativo, incrociando lo spazio storico e geografico, emerge nella sua natura contemporaneamente di distruzione e costruzione. Tutto il tempo eternamente presente, scrive Eliot in Burnt Norton, il primo dei Quattro quartetti. Le forme dellaccidentale, dice Vannucci, si sciolgono, vengono abolite in un punto in cui tutti i tempi e tutti gli spazi sono presenti(9), in una contemporaneit e comspazialit che sfuggono alle maglie della ragione categorica. Questa percezione profonda dellindistinzione e della indivisione (entro cui avvengono simultaneamente i due movimenti, secondo un ritmo di azione e controreazione, di avvolgimento e svolgimento) ) appartiene alla sfera universale della preghiera, oltre le forme storiche territorialmente determinate. Il lessico poetico delle preghiere di Vannucci rifrange questa condizione: ogni parola una resurrezione dal sonno profondo, il poeta luomo che prega e infrange nel suo dilatarsi la nicchia anche linguistica entro cui rinserrato, come timoroso del risveglio. Luomo in cammino, dalloscurit della zolla, dalla durezza della pietra e della terra verso una meta, un porto tuttavia sempre sfuggente. Pervaso da una profonda inquietudine, egli condivide e
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porto tuttavia sempre sfuggente. Pervaso da una profonda inquietudine, egli condivide e partecipa al sogno di Dio. Dio sogna il suo sogno dapprima nel cuore della dura pietra e la pietra nuda acquista vita, nella sua singola forma, nella sua particolare epifania. Come attraverso una irradiazione, il sogno di Dio chiama alla vita la terra che, risvegliata dal torpore, d i suoi frutti. Poi il sogno raggiunge il cuore degli esseri, l dove si fa pi pieno e la pienezza pi intensa. Ma Dio non ha dimora, il suo sogno si riproduce e si riaccende. La tenda sempre spostata oltre. Il transito delluomo in questa sequela del sogno di Dio. Questa immagine delloltre ricorre frequentemente nella scrittura e parola di Vannucci, come una costante posta a chiamare luomo a risvegliarsi, a riemergere dal sonno e dallabitudine per incominciare e continuare il viaggio. Ma luomo il punto di arrivo, lapprodo pi alto di una vicenda cosmica che lo precede. Nascosto e contenuto nella forme precedenti dellevoluzione, il telos si incarnato e depositato nelluomo, nel suo trascendersi, nel suo negarsi, nel cuore della dura pietra e nel cuore del ramo morto / che tanta linfa aveva in s(10). C una scala, di cui parla anche il poeta arabo Rm, posta davanti allessere, il cui destino trasformarsi, intraprendere una ascensione dalla forme inferiori a quelle superiori: Da quando tu venisti in questo mondo desseri / davanti ti fu messa, a salvarti, una scala . / Fosti dapprima sasso, poi divenisti pianta, / e ancora poi animale: come ci t nascosto? / poi divenisti Uomo con scienza, mente e fede: / guarda come ora un Tutto quel corpo, gi Parte di terra!(11). Luomo un arrivo ma anche sempre linizio, il punto di partenza di una nuova ascensione. La sua forma si spezza, ma in un frantumarsi che non lannientamento e lannichilimento: ogni rinascita una scaturigine che tiene conto e ricapitola in s luomo precedente, le sue grandezze e i suoi errori. Il tempo un impasto, vitale e fecondo perch stimolato dal futuro. E lUno vivente che riplasma sempre daccapo la materia, il nocciolo crudo e grezzo, rimodellando il cammino umano; la preghiera lacerante e sommessa annuncia la gloria di questopera incessante che chiama a contemplarla in ogni manifestazione: Tu sei la sorgente unica del creato*, tu sei la fonte gioiosa della materia. Tu hai assunto la nostra carne umana*, carne vivente che riassume luniverso(12). E la tonalit poetica che trasporta il senso del messaggio. In Vannucci la preghiera si pone come disarticolazione della ragione discorsiva, invenzione di nuove forme. Grande conoscitore del patrimonio storico della preghiera universale di ogni continente e spiritualit, tuttavia nella esperienza viva della preghiera sorgente, gesto individuale ma che diventa corale e interseca luniversale, che Vannucci avverte e sente il muoversi delle forze cosmiche, il farsi di Dio in noi. Questa percezione pu essere detta solo paradossalmente con il silenzio, lafasia o con lumilt estrema della parola: Luomo interiore Dio in noi. Non sono i testi sacri che illuminano luomo interiore, ma luniverso: luomo interiore che illumina i testi sacri(13); la lettera, per Vannucci, da sola non basta, se non trascesa incessantemente nella parola. Ricercare lUno nel molteplice, vederlo rifranto nel divenire, nel superamento della dualit, cos ritornare al precategoriale, allinfinito, allinvisibile. L dove la ragione categorica si arena (ma Vannucci non disconosce affatto il paradigma della mente, delle sue conquiste e dei suoi risultati) (14), si apre il potenziale immenso della creativit dello spirito verso il quale ci si dirige pi che con leducazione e la preparazione interiore, nel dilatarsi di s, laprirsi a quelle onde che vengono dallalto. Ma necessaria la sosta, il prender distanza, come anche nellesperienza poetica, dal caos del mondo meccanico(15), dallapparato del mondo che soffoca il vero mondo sottostante, occultato dalle costruzioni della ragione strumentale. La preghiera poetica di Vannucci cos un ritornare alla casa originaria, alla Urdoxa che il sapere semplice, primigenio, radicato nel mondo della vita. Tolta alluomo la speranza del ritorno a casa, allora non ci sar pi alcuna distinzione tra lui e la macchina(16), perch la macchina, anche la pi perfetta e sofisticata, non potr mai avvertire il richiamo del ritorno, lanelito a ricongiungersi alla dimora delluomo. La preghiera la via verso la dimora, il nostos, il sentiero che Plotino definiva solus ad solum, cammino unico e solitario, verso la pienezza. Questo transito compare in tutte le religioni, anche se detto in altre lingue e consegnato a diverse icone; lUno, linvisibile in noi, lalterit che non siamo pi: il Tat tvam asi ( E tu non sei che quello) nel buddhismo della Chandoya-Upanisad, e la formula evangelica dellinserzione nellunit (Tu, Padre, in me, ed io in Te; perch anchessi in noi siam tuttuno, Gv, 17, 21). Anche il canto di Vannucci strappa luomo dalla nicchia della ripetizione dislocandolo su un altro piano, sul quale tuttavia non si senta straniero e disorientato. Lio tende allUno, come il molteplice cerca sempre un alveo entro cui incanalarsi. La preghiera, che sempre nasce dalla percezione dellio lacerato e separato, tensione verso lunit, verso la composizione di ci
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percezione dellio lacerato e separato, tensione verso lunit, verso la composizione di ci che frantumato e disperso. Sorta da una condizione di mancanza e bisogno, di dubbio estremo e solitudine, la preghiera intercetta i fili misteriosi del cosmo, connette la microvicenda umana alla macrostoria del cosmo. Dio si unito allumana natura, / la parte si annienta nel Tutto,* / il finito nellinfinito, il tempo nelleternit (17). Una lunga e laboriosa sedimentazione culturale e antropologica fa da sfondo alla preghiera poetica di Vannucci, alla vicenda della sua stessa scrittura. La parola simile ad un tessuto composito, ad un ordito complicato. Nel suo porgersi, nella preghiera e nella poesia, attua una rottura ontologica (18) rispetto allasse consuetudinario entro cui si consuma la normale prassi del linguaggio. Essa si manifesta per eccesso, per un sovrappi semantico, secondo una logica di infinitazione del senso sfuggente alla comunicazione, che sempre richiede un ordine, un codice di legalit. Cos in Vannucci il gesto spirituale e poetico (ove preghiera e poesia si incontrano e si fondono) riflette nelle sue umbratili impronte larchetipo del pellegrinaggio, di un cammino che richiede una forte adesione e una forte ascensione. Il principio verso cui ci muoviamo non definibile, non nominabile (19). Lapprensione del mondo sarresta. Il nascosto appare solo per qualche attimo pur restando costitutivamente inaccessibile, inafferrabile. La prensione del mondo mi sfugge, luniverso si raccoglie nella sua filamentatura estrema, nella sua recitazione primordiale. Raccogliersi e distendersi sono i due movimenti opposti ma complementari della poesia e della preghiera. Poeta e mistico praticano la via del ritorno, del riandare allessenza, con un habitus e uno stile che Cristina Campo chiam la sprezzatura (20), che prevede loblio del mondano e che Husserl indic nellesercizio filosofico della riduzione fenomenologica. Un lessico essenziale e un reticolo di parole scarne, come scolpite nel cuore della roccia, disegnano laltissimo canto a Maria, segno di una avarizia e radicalit della lingua interiore che muove dai grandi e attornianti continenti del silenzio: O immacolata! / Tu che sei oltre le stelle, oltre le grandi gerarchie, / oltre la vita, oltre la morte, / oltre linfinita teoria delle forme, oltre / risplendi tu nelle nostre coscienze / e guidale l dove tutto leffimero si cancella, / l dove tutto in umilt fiorisce, / l dove solo silenzio (21). La percezione del silenzio, dimensione alla quale Vannucci presta grande attenzione, non si manifesta per via intellectualis, la quale tende a solidificare il dualismo corpo-mente, ma nellabbandono allo Spirito come tempo in cui avviene la ricomposizione della vita divisa e lacerata e la riappropriazione della nostra viva identit. Viviamo unesistenza frammentaria, come spogliati e derubati, in preda ad uno stordimento che ci pare ovvio, normale. Lesercizio del silenzio, di cui la preghiera si nutre, riapre le vie chiuse dellessere e ci riporta su quella soglia di consapevole connaturalit e comunione profonda che lesistenza ordinaria rimuove e annulla, a quella voce che non sentiamo pi. Questa nuova e pi alta dislocazione disegna lordine di un altro mondo di cui, imprigionati nellabitudine e nella vita meccanica, non avvertivamo pi la presenza, nascosta e misteriosa, ma operante entro di noi. Il silenzio ci coglie in quella condizione di intreccio e di incrocio con la terra e il cielo, ove noi siamo solo un punto di quellinfinito intersecarsi: Nel silenzio immutabile delleternit / io sono in te, Signore, / immobile beatitudine; / voglio sparire nella tua coscienza suprema / e vederti nelle particelle raggianti del mio essere/. Per il momento questa la pienezza /della tua vita e della tua illuminazione. / Io ti vedo, io sono in te, io sono te. / Fra questi due estremi / il mio amore intenso aspira te. / e cos sia(22). Lintenzionalit ci porta ad aprirci, a lasciar entrare e al contempo liberare le forze vive che sono in noi e fuori di noi. Non siamo mai al centro, ma abitiamo sempre le periferie dellessere, decentrando continuamente la nostra collocazione. Questo status periferico delluomo rispetto al sistema delluniverso e al mare dellinfinit (rieccheggiante riflessioni che furono della filosofia di Giordano Bruno), configura in Vannucci quella poetica della tenda e della erranza, sempre in movimento oltre lultima sosta, che attraversa la sua preghiera. La forza di questo incessante spostarsi, procedere, accamparsi la bellezza, impulso spirituale e telos non rappresentabili e visibili mediante unestetica della descrizione. La bellezza unidea, un simbolo, non coincidente in una sensibile morfologia, e proprio in quanto mai definita e conclusa in una forma, ancor pi seducente e struggente nel nostro desiderio: il nostro destino lInfinito, dobbiamo dare un corpo allo Spirito per renderlo reale(23). Il volto invisibile della bellezza si esprime nel policentrismo dellUno, nella sua inafferrabilit ed evanescenza, nel suo indefinito proporsi e ritrarsi: La bellezza naturale reale, bench fragile(24), scrive Endokmov, anche quando pare concentrarsi nelle forme di unicona o catturata nel cuore di una parola. Nel suo apparente solidificarsi e concretarsi essa gi altrove. La comparsa della bellezza accanto a noi cos fragile ed insicura da indurci a
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altrove. La comparsa della bellezza accanto a noi cos fragile ed insicura da indurci a camminare oltre, al di l della stazione ove essa apparsa, come ad inseguirla. La vera bellezza cos nella mancanza, nel vuoto, che ci fa chiamare, invocare, desiderare. Quel volto sfuggente gi pi avanti di noi. Ancora per Vannucci la figura del viandante che sposta sempre oltre la sua tenda, la cifra rivelatrice del mistero. Linfinito tempo e linfinito spazio diventano la nostra vera casa (25). Lavvertimento della finitezza umana colto nella sua pi cruda evidenza, nella sua disperante angoscia, chiusi come siamo nella rete dei giorni, di un tempo breve e inesorabile: Breve il giorno, / perch ricolmarlo di pene, riempirlo di cruccio? / Effimeri siamo, chiusi tra laurora e il tramonto, /abbiamo appena poche ore per vivere(26). Ed proprio dalla misura dellestrema contingenza dellevento umano, che sapre il canto invocante, risuonante su un altro piano, dove lirriducibile caducit del singolo si lega e si salda a pi ampie sporgenze, al tempo largo dellattesa, il kairs, il tempo propizio, il varco e lapertura che si offrono alluomo anche con il volto della fatica e del male: O via, verit e vita, accogli noi viandanti, noi cercatori*, noi che vogliamo vivere sempre(27). Non un vitalismo ubriacante la via, ma un tempo disteso e dilatato, dove i frammenti non perdono mai la speranza di ritrovare lUnit e il respiro eterno.

N OTE 1 G. Vannucci, Respiro eterno, Introduzione. La via della preghiera, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 1999, p. 5. Dora in poi riportato con la sigla RE. Lasterisco (*) che talora accompagna i versetti di alcune preghiere, compare nelledizione sopra citata e come tale lo riportiamo. 2 Ivi, p. 5. 3 G. Vannucci, Il libro della preghiera universale, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1978. A proposito di questo libro, Fabio Cuniberto parla di una grandiosa orazione polifonica, scandita sui ritmi e le alternanze della concordia discors; (cfr. F. Cuniberto, Ecumenismo e nuova era. Riflessioni sul paradigma planetario, in Filosofia e teologia, 1993, pp. 397-413). 4 RE, p. 8. 5 G. Vannucci, Mistero del tempo, presentazione di A. Andriotto, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 1996. La tonalit prevalente nel libro la descrizione speculativa e storica del tempo qualitativo, il cui movimento si situa, pur non combaciandovi mai, nel tempo quantitativo. La storia religiosa dellumanit ci attesta, nelle sue numerose figure, che il cammino delluomo una continua successione di qualit che nascono, crescono, muoiono dopo aver dato i loro frutti, lasciando il posto a una nuova qualit che completa la precedente e la porta alla sua perfezione (pp.13-14). 6 M. Merleau-Ponty, Il visibile e linvisibile, Note di lavoro, ed. italiana a cura di A. Bonomi, Bompiani, Milano, 1969. Scrive il fenomenologo francese sulla reversibilit: Solamente grazie ad essa c passaggio dal Per S al Per Altri In realt n io n laltro siamo dati come positivi, come soggettivit positive. Si tratta di due antri, di due aperture, di due scene in cui accadr qualcosa e che appartengono entrambi allo stesso mondo, alla scena dellEssere (p.297). 7 G. Vannucci. Magnificat , in D.M.Turoldo-G.Vannucci, Santa Maria, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 1996, p. 89. Scrive Vannucci, in un esplicito richiamo ad Eckhart: Meister Eckhart descrive questa necessaria operazione con un termine intraducibile nella nostra lingua, ma che cercheremo di capire. Egli dice che la mente, passando il limite che separa il mondo profano dal mondo sacro, deve ent-werden: werden il divenire e, con il prefisso ent , pu tradursi contro-divenire, dis-disvenire. 8 RE, p.55. Su questo tema delloltre, essenziale nella meditazione vannucciana, si veda anche in RE, cit., p. 93 e, diversa nellimpianto linguistico ma omogenea nella tonalit tematica, la preghiera riportata alla nota 36, in G. Vannucci, Ogni uomo una zolla di terra, prefazione di A.M. Camici, Borla, Roma, 1999, pp. 200-201. 9 RE, p. 10. 10 p. 130. 11 Rumi, Evoluzione, in Poesie mistiche, introduzione, traduzione, antologia critica e note di
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A. Bausani, Rizzoli, Milano, 1980, p. 55. 12 RE, p. 80. Lapertura cosmica, lattenzione al creato in tutte le sue forme viventi ed esistenti, centrale nella riflessione e nella scrittura di Vannucci. Anche le sue preghiere sono tensione verso luniversale, ricomprensione di ogni figura, anche inorganica, in cui si depositata la vita; si veda nelle sue parole la ricorrenza e linsistenza di termini appartenenti al mondo geologico, vegetale e animale, alla natura anche extraumana, come nel testo di apertura a RE, cit., dedicato alla presenza creatrice, canto nel quale vengono convocate e viene dato un nome a tutte le forme del creato (Nominammo le stagioni e abbiamo considerato / le piante di tutte la terra,*/ secondo il tuo comando. / Le erbe pi minute e i semi:* / a tutti abbiamo /dato un nome, perch fosse ordine sulla terra (p.50). La coralit e polifonia delluniverso, linfinita variet delle cose (RE, p.53) , luniverso fervente di vita (ivi, p.55), i profondi segreti della materia (ivi, p. 50), sono fonti di meraviglia e stupore, di continuo incanto e ringraziamento e suscitano rispetto e responsabilit verso il Tutto. Lio umano non separabile da quella concertazione di forze e di forme con le quali interagisce e in cui si specchia: Io sono le stelle del cielo, / gli abissi del mare, / le zolle delle pianure /, le spighe del raccolto, / le acque sorgive ( ivi, p. 63). Riguardo al nesso umano- nonumano, si vedano anche le feconde considerazioni di Sandro Mancini miranti a stabilire, in base al principio della correlazione universale, un equilibrio e una osmosi, un circuito di relazionalit tra ogni forma di vita: Lidentificazione primordiale, mediante cui luomo si scopre tuttuno con la globalit dei viventi, disocculta nessi orizzontali e circolari, che rivelano luomo stesso partecipe di una correlazione universale, di cui egli non che uno degli infiniti nodi, nessuno dei quali pu ergersi a centro privilegiato di senso (S. Mancini, Umano e nonumano tra vita e storia, Mimesis, Milano, 1996, p. 17). 13 G. Vannucci, Preghiere alle Stinche, Edizioni CENS, Milano, 1987, p. 67. 14 G. Vannucci, Invito alla preghiera, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1979; Il nostro pensiero sempre qualcosa di aggiunto al nostro io interiore. La mente lo strumento che ci serve per il dominio delluniverso, per la scoperta delle leggi dellesistenza (p. 16). Luomo quindi, per Vannucci, pi grande ed esteso del sistema mentale di cui attrezzato e del quale conosciamo solo una parte del funzionamento. Il legame dellumano col mentale si configura cos in Vannucci come inerenza del tutto alla parte, escludendosi una stretta gerarchizzazione delluno allaltra. E tuttavia lopera di Vannucci, nel suo riscoprire il contenuto sapienziale dellumanit consegnatosi nelle forme delle religioni, configura una critica alle degenerazioni e agli eccessi dello scientismo occidentale, di cui la nostra civilt sta subendo le conseguenze, destinate a ripercuotersi, se non interverranno profonde correzioni di paradigma, sulle generazioni future; (su questo argomento vedasi lampia discussione di F. Cuniberto, nellarticolo citato nella nota 3 e alla quale si rimanda). 15 Ivi, p. 15. 16 p. 31. 17 RE, p. 107. 18 G. Vannucci, Pellegrino dellAssoluto, Edizioni CENS, Milano, 1990, p. 187. Vannucci dedica non poche pagine alla riflessione sul tema della parola accostando sapientemente parola sacra e parola poetica nel comune destino di tendere ad una significanza pura. La condizione della purezza di cuore la via verso lInvisibile, lInaudibile, lInesprimibile (cfr. Mt , 5, 8 , Beati quelli che sono puri di cuore: essi vedranno Dio). 19 Ivi, pp. 125-126. Vannucci scrive che nel principio esiste una coscienza senza nome, senza limiti, sorgente della vita, luce non polarizzata, amore illimitato e illimitabile; le creature nel loro indefinito numero, nelle loro innumerevoli forme, sono come una limitazione, un frazionamento dellunit assoluta del principio. Essendo la forma di ogni essere creato una misura e una quantit. Proprio in quanto giacenti nel frazionamento e nella limitazione, le creature nella preghiera tendono a ritrovare lunit spezzata, di cui avvertono, nella dispersione, la nostalgia. 20 C. Campo, Con lievi mani, in Gli imperdonabili, Adelphi, Milano, 1987, p. 100. Scrive la Campo della sprezzatura: Non la si conserva n trasmette a lungo se non sia fondata, come unentrata in religione, su un distacco quasi totale dai beni di questa terra, una costante disposizione a rinunciarvi se si posseggono, unovvia indifferenza alla morte, profonda riverenza per pi alto che s e per le forme impalpabili, ardimentose, indicibilmente preziose che quaggi ne siano figura. La bellezza innanzi tutto, interiore prima che visibile, lanimo grande che ne radice e lumor lieto. Allamicizia e frequentazione che

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che visibile, lanimo grande che ne radice e lumor lieto. Allamicizia e frequentazione che ci fu tra Cristina Campo e Giovanni Vannucci fanno rapido cenno alcune lettere della poetessa allamica Margherita Pieracci Harwell, raccolte nel volume Lettere a Mita (Adelphi, Milano, 1999; vedansi in particolare la n.115, p.129 e la n.144, p.158, nonch la nota esplicativa della Pieracci, curatrice del volume, a p. 346). 21 RE, p. 110. 22 p. 69. 23 G. Vannucci, Dal silenzio delle Stinche, Edizioni CENS, Milano, 1995, p. 38. 24 P.V. Endokmov, Teologia della bellezza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1990, p. 62. La bellezza naturale reale, bench fragile. Per questo al vertice dellessere sta la bellezza personalizzata in un santo che diviene il centro ipostatizzato della natura quale microcosmo e microthes. 25 G. Vannucci, Lo spazio di Cristo, in Ogni uomo una zolla di terra, cit., p. 202 ; lo spazio di Cristo linfinito tempo, linfinito orizzonte, il sempre oltre. Questa radicalit assoluta spinge continuamente Vannucci a guardare oltre le forme di una peraltro ineludibile temporalit e dellinvolucro storico diacronicamente assunto dalla parola; cos ancora, Ges Cristo il non-tempo, linesprimibile, il non-nominabile che le figure storiche cristiane hanno tradotto nel tempo, nelle ideologie, nelle morali, nelle istituzioni, dandogli delle espressioni e dei nomi, la crisi religiosa odierna investe tutte le densificazioni che il tempo ha creato attorno alla realt non-temporale di Cristo, (G. Vannucci, Lera dello spirito, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 1999, p. 107). 26 RE, p. 116. 27 p. 83.
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