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N 71 Agosto 2013

Trifir & Partners Avvocati


Le nuove politiche fiscali richieste per rilanciare occupazione e crescita
Il 2 settembre 2013, Conndustria e Organizzazioni Sindacali hanno sottoscritto un documento congiunto che invoca iniziative governative coerenti con le intenzioni pi volte dichiarate e utili a rimettere al centro la scommessa della crescita. Tra queste iniziative, le parti sociali hanno individuato, prima fra tutte, una riforma del sistema scale che lo renda efciente, semplice, trasparente e certo, con poche e stabili scadenze, non ostile allattivit di impresa e alla creazione di lavoro e che non scoraggi le scelte degli investitori. Hanno auspicato una riduzione del carico scale su lavoro e imprese, un ripensamento dellIRAP (per lo meno, eliminando dalla base imponibile la componente lavoro), nonch la detassazione dei beni immobili strumentali ad attivit produttive. Il coro che si eleva da tutte le componenti della societ unanime: esorta un cambio di rotta nelle politiche di rigore, imposte dallemergenza della crisi, e una fase nuova che ponga al centro leconomia reale e loccupazione, con misure idonee a salvaguardarla. In questa chiave, labolizione dellIMU va nella giusta direzione, ma non basta. Occorrono i tagli alla spesa pubblica improduttiva, pi volte sollecitati, che sono indispensabili al ne di consentire una riduzione della pressione scale che possa liberare le liquidit necessarie per il rilancio dei consumi. Solo cos potremo restare sulla scia dei timidi segnali di ripresa che gli analisti scorgono in questi ultimi mesi. Ci auguriamo che non si tratti, ancora una volta, di una vox clamanti in deserto.
Salvatore Trir e Tommaso Targa Rassegna Stampa 17 Contatti 18 Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera, Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trir e Giovanna Vaglio Bianco

Diritto del Lavoro Attualit 2 Le Nostre Sentenze 7 Cassazione 10 Diritto Civile, Commerciale, Assicurativo Le Nostre Sentenze 11 Assicurazioni 12 Il Punto su 14 Convegni 16

N71 Agosto 2013

Diritto del Lavoro


A cura di Tommaso Targa

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La procedura di conciliazione preventiva, in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dopo le modifiche introdotte dal Decreto Lavoro 2013
La legge Fornero (l. 28 giugno 2012 n. 92 - art. 1, comma 40) ha introdotto il nuovo art. 7 nella l. 15 luglio 1966 n. 604: fermo lonere di contestazione degli addebiti, in materia di licenziamento disciplinare, la nuova disciplina impone il rispetto di una procedura di conciliazione preventiva, nel caso di intimazione di licenziamento per ragioni oggettive, da parte di un datore che abbia i requisiti dimensionali per lapplicazione dellart. 18 St. Lav.. Svolgimento della procedura di conciliazione. In base alla nuova disciplina, in vigore dal 17 luglio 2012, il datore di lavoro che intende intimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve inviare alla Direzione Territoriale del Lavoro e, per conoscenza, al lavoratore una comunicazione che evidenzi i motivi del previsto licenziamento ed eventuali misure di assistenza alla sua ricollocazione. La Direzione deve convocare le parti per un esame congiunto innanzi alla commissione provinciale di conciliazione, entro 7 giorni (termine perentorio) dalla ricezione della richiesta. Nellambito della procedura, che deve concludersi entro 20 giorni (salvo richiesta di sospensione, non superiore a 15 giorni), le parti, anche assistite da un avvocato, devono esaminare possibili soluzioni alternative al licenziamento, compresa la risoluzione consensuale del rapporto. Questultima - se formalizzata nellambito di tale procedimento consente al lavoratore di percepire lASPI, che ha sostituito la vecchia indennit di disoccupazione (si noti che, se la risoluzione consensuale viene formalizzata in una sede diversa dalla commissione provinciale, il lavoratore non ha diritto allASPI). In mancanza di accordo, decorso il termine di legge (20 giorni + eventuale sospensione), il datore di lavoro pu intimare il licenziamento, i cui effetti retroagiscono alla data di avvio della procedura, salvo il diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennit sostitutiva (il periodo di eventuale lavoro svolto, in costanza della procedura, si considera come preavviso lavorato). Effetti del mancato rispetto della procedura. In ipotesi di mancato rispetto della procedura di conciliazione, il licenziamento affetto da un vizio formale e il lavoratore licenziato ha diritto ad una indennit risarcitoria onnicomprensiva tra 6 e 12 mensilit di retribuzione globale di fatto (art. 18, comma 6, St. Lav. nuovo testo). , invece, esclusa la reintegrazione, salvo che il licenziamento sia illegittimo (anche) per ragioni sostanziali: in questo caso, si applicano le sanzioni previste per la violazione pi grave (reintegrazione per il caso di motivazione manifestamente insussistente, ovvero indennit tra 12 e 24 mensilit). Poich il mancato rispetto della procedura comporta il diritto del lavoratore al pagamento di una indennit, anche in ipotesi di licenziamento sostanzialmente legittimo, alcune ipotesi border line meritano un approfondimento, pur non costituendo licenziamenti per ragioni economiche. Il licenziamento per superamento del periodo di comporto. Una delle ipotesi pi dubbie era il licenziamento per superamento del periodo di comporto, ossia il licenziamento che pu essere intimato dopo il decorso di un periodo di assenza prolungata per malattia. Di norma, i CCNL di categoria disciplinano anche i casi di comporto per sommatoria (periodi di assenza non continuativi) e le assenze per infortunio.
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Partiamo dalla fine. A distanza di un anno dallentrata in vigore della legge Fornero, il Decreto Lavoro 2013 (decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, art. 7, comma 4, convertito con legge 9 agosto 2013 n. 99 entrata in vigore il 23 agosto 2013) ha modificato lart. 7 della l. 604/1966 introdotto dalla riforma Fornero, prevedendo espressamente che la procedura in esame non deve essere effettuata in 3 ipotesi, una delle quali il licenziamento per superamento del comporto. Nel corso del primo anno di attuazione della legge Fornero, intorno al tema si era creato un acceso dibattito. In dottrina si richiamava la prevalente giurisprudenza di cassazione secondo cui a) il licenziamento per superamento del periodo di comporto un tertium genus, diverso sia dal licenziamento disciplinare, che da quello per ragioni oggettive e b) in ipotesi di licenziamento per superamento del comporto non sussiste, a carico del datore, lobbligo di repechage. Partendo da tali premesse, era prevalente la tesi che escludeva la necessit di effettuare la procedura. A tale orientamento aveva aderito la circolare del Ministero del Lavoro del 16 gennaio 2013, che stabiliva i criteri attuativi della riforma Fornero. Qualche autore, per, evidenziava che la procedura avrebbe potuto essere attuata per ragioni di opportunit (cercare un accordo che evitasse il rischio di una impugnazione del licenziamento). In giurisprudenza, si erano formati orientamenti contrapposti: basti dire che, tra febbraio e marzo 2013, giudici diversi del Tribunale di Milano hanno pronunciato due sentenze di segno contrario. Le altre esclusioni previste dal Decreto Lavoro 2013. Il decreto ha introdotto altri due casi di espressa esclusione dellobbligo di avviare la procedura, rinviando ad una norma della legge Fornero (art. 2, comma 34) che prevede, in relazione ad essi, lesclusione dellobbligo di versamento del contributo ASPI a carico del datore di lavoro, al momento del licenziamento. Un caso riguarda linterruzione di rapporti di lavoro, a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attivit e chiusura del cantiere. Qui la ratio dellesclusione data dal fatto che, in tale ipotesi, ai lavoratori edili spetta una disoccupazione speciale che esclude il godimento dellASPI. Poich, in definitiva, la procedura di conciliazione finalizzata a favorire accordi di risoluzione consensuale che consentano la percezione dellASPI, nel caso degli edili si ritenuto che la procedura non abbia utilit pratica. Laltro caso riguarda i licenziamenti effettuati nei casi di cambio di appalto: quando, nellambito di un appalto di servizi, ad un vecchio appaltatore ne subentra uno nuovo. La norma insidiosa e presenta problemi applicativi. Lesclusione dellobbligo della procedura opera solo quando vi la successione di un appaltatore ad un altro, e quello nuovo assume gli ex dipendenti del vecchio, in base ad un vincolo imposto dalla contrattazione collettiva applicabile.

Decreto Lavoro: VIDEO Trir & Partners su JOB24 Il Sole 24 Ore

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A cura di Luca DArco e Jacopo Moretti

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Il Ministero fa chiarezza sul Decreto Lavoro (circolare 29 agosto 2013 n. 35)


A pochi giorni dalla conversione del D.L. n. 76/2013 nella Legge n. 99/2013, entrata in vigore il 23 agosto 2013, il Ministero del Lavoro con la circolare n. 35 del 29 agosto 2013 ha esaminato le novit introdotte dal Decreto Lavoro, fornendo alcuni spunti interpretativi. A tale proposito meritano, in particolare, di essere segnalati i chiarimenti del Ministero in materia di contratti a termine acausale, su cui intervenuto il D.L. n. 76/2013, stabilendo che le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo non sono richieste: a) nellipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi comprensiva di eventuale proroga, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore (nel caso di somministrazione a tempo determinato) e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione; b) in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale. Al riguardo, il Ministero ha precisato che: 1) la durata massima di dodici mesi del contratto acausale comprensiva di eventuale proroga e 2) la disciplina eventualmente introdotta dalla contrattazione collettiva in materia di contratto acausale va ad integrare quanto gi previsto direttamente dal Legislatore. In tal modo i contratti collettivi, anche aziendali, potranno prevedere, a titolo esemplicativo, che il contratto a termine acausale possa avere una durata maggiore di dodici mesi ovvero che lo stesso possa essere sottoscritto anche da soggetti che abbiano precedentemente avuto un rapporto di lavoro subordinato. Il Ministero ha chiarito, poi, che la proroga dei contratti acausali pu riguardare anche contratti sottoscritti (ma evidentemente non ancora scaduti) prima dellentrata in vigore del D.L. Per quanto attiene ai CoCoPro, la circolare spiega che il decreto lavoro ha previsto che il progetto non pu comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, sostituendo la disgiuntiva o con la congiunzione e. La differenza rispetto alla precedente formulazione non solo terminologica ma sostanziale dato che ai ni dellinvalidit del progetto dovranno concorrere entrambi i requisiti e non pi solo uno. Il D.L. n. 76/2013 ha poi esteso la procedura di convalida delle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro e delle dimissioni anche:
alle alle

lavoratrici e ai lavoratori impegnati con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, di cui allart. 61, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2013 lavoratrici e ai lavoratori impegnati con contratti di associazione in partecipazione di cui allart. 2549, comma 2, c.c..

Il Ministero ha chiarito che sarebbero escluse, pertanto, tutte le prestazioni rese ai sensi del comma 2 e 3 dellart. 61 del D.Lgs. n. 276/2013 e cio le prestazioni occasionali nonch quelle relative a prestazioni intellettuali per lesercizio delle quali necessaria liscrizione ad un albo professionale, le collaborazioni coordinate e continuative rese in favore di associazioni sportive dilettantistiche afliate alle federazioni sportive, ovvero quelle rese da componenti dei CdA o dei collegi sindacali, ovvero da coloro che percepiscano la pensione di vecchiaia.
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Altro importante chiarimento riguarda la solidariet nel caso di appalti.

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Il decreto lavoro ha esteso la solidariet del committente anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo. Secondo il Ministero la ratio sottesa allistituto della solidariet sarebbe volta a tutelare i lavoratori per i quali gli obblighi previdenziali e assicurativi sono prevalentemente assolti dal datore di lavoro/ committente. Di conseguenza, il riferimento ai lavoratori con contratto di lavoro autonomo sarebbe limitato sostanzialmente ai co.co.co./co.co.pro. impiegati nellappalto e non anche a quei lavoratori autonomi che sono tenuti in via esclusiva allassolvimento dei relativi oneri. Una diversa interpretazione, infatti, porterebbe sostanzialmente ad una coincidenza tra trasgressore e soggetto tutelato dalla solidariet, ampliando ingiusticatamente le effettive responsabilit del committente, con evidenti distonie sul piano delle nalit proprie dellistituto.

Nuova modalit di computo dei lavoratori a TD per l'applicazione della L. 300/70


A cura di Mario Cammarata
L'articolo 12 della legge 6 agosto 2013, n. 97, riscrive completamente l'articolo 8 del decreto legislativo n. 368/2001 per quanto riguarda il computo dei lavoratori ai ni dell'applicazione della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori). Il calcolo avviene sul numero medio mensile di tutti i lavoratori a termine impiegati negli ultimi due anni sulla base delleffettiva durata del rapporto di lavoro. Inoltre, l'articolo 12 utilizza la stessa modalit per il calcolo delle aziende ai ni dell'informazione e alla consultazione dei lavoratori di calcolo (articolo 3 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25). In sede di prima applicazione della legge, il computo dei dipendenti a tempo determinato effettuato alla data del 31 dicembre 2013, con riferimento al biennio antecedente a tale data. Ecco il testo della nuova norma. Art. 12 - Disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato. 1. L'articolo 8 del decreto legislativo 6 settembre 2001,n.368, sostituito dal seguente: Art. 8 (Criteri di computo). 1. I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell'articolo 35 della legge 20 maggio1970,n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensiledi lavoratori a tempo determinato impiegati negliultimidueanni,sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. 2. All'articolo 3 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, il comma 2 sostituito dal seguente: 2. La soglia numerica occupazionale denita nel rispetto delle norme di legge e si basa sul numero medio mensile dei lavoratori subordinati, a tempo determinato ed indeterminato, impiegati negliultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata deilororapportidi lavoro. 3. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, il computo dei dipendenti a tempo determinato ai sensi dei medesimi commi effettuato alla data del 31 dicembre 2013, con riferimento al biennio antecedente a tale data.
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Rifinanziamento della Cassa in deroga/esodati
A cura di Luca DArco
CIG

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stato approvato il Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 102 (pubblicato, sulla Gazzetta Ufciale n. 204 del 31 agosto 2013), che, tra le varie materie affrontate, interviene sulla CIG in deroga e sulla vicenda dei c.d. Esodati. in deroga: viene stabilito allart. 10 il rinanziamento per tutto il 2013 degli ammortizzatori in deroga (con 500 milioni di euro da ripartirsi tra le Regioni);

verrebbe (nalmente) garantita la pensione a 6.500 esodati che hanno cessato il rapporto di lavoro in data non anteriore al 1 gennaio 2009 e non successiva al 31 dicembre 2011, con risoluzione del rapporto al di fuori di accordi sindacali. Lart. 11 prevede il ricorrere dei seguenti requisiti: i richiedenti debbono essere in possesso dei requisiti anagraci e contributivi che, sulla base delle previsioni in vigore prima della riforma previdenziale introdotta dall'art. 24 del D.L. 201/2011 del 6 dicembre 2011 (convertito nella L. n. 214/2011 del 22 dicembre 2011), avrebbero comportato la decorrenza della pensione entro i 36 mesi successivi allentrata in vigore della legge n. 214/2011. La data di cessazione del rapporto deve risultare da dati certi e oggettivi quali, ad esempio, le comunicazioni obbligatorie. Le modalit di presentazione delle domande saranno analoghe a quelle gi in essere per le ipotesi gi precedentemente affrontate e disciplinate dal Legislatore.
Esodati:

Licenziamento per giusta causa del dipendente di istituto di credito: la rilevanza disciplinare dellapposizione di firme apocrife
A cura di Antonio Cazzella
In generale, la Suprema Corte costante nel ritenere che i fatti posti a fondamento del licenziamento per giusta causa devono rivestire il carattere di grave negazione dellelemento duciario e, quindi, la valutazione sulla proporzionalit del licenziamento deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualit del singolo rapporto, nonch alla posizione delle parti ed allafdamento richiesto dalle speciche mansioni svolte dal dipendente (cfr., ex plurimis, Cass. 1 marzo 2011, n. 5019). In particolare, la Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che, nellipotesi di licenziamento disciplinare del dipendente di un istituto di credito, lidoneit del comportamento contestato a ledere il rapporto duciario deve essere valutata con particolare rigore ed a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro, rilevando, in tal caso, la lesione dellafdamento che, non solo il datore di lavoro, ma anche il pubblico, ripongono nella lealt e nella correttezza del dipendente medesimo (Cass. 1 marzo 2005, n. 5504; Cass. 1 giugno 2005, n. 11674, nonch, anche recentemente, le sentenze pi avanti esaminate).

larticolo integrale consultabile su Diritto24 - Il Sole 24 Ore

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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE

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IMPUTATO DI CONCUSSIONE, PATTEGGIA LA PENA: LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO FONDATO SULLA SENTENZA DI PATTEGGIAMENTO (Tribunale di Busto Arsizio, 4 giugno 2013, ord.) Una societ aveva contestato ad un suo dipendente di aver riportato una condanna per il reato di concussione (ex art. 317 cod. pen.) in forza di una sentenza di patteggiamento (ex art. 444 cod. proc. pen.), divenuta irrevocabile; in esito al procedimento disciplinare, aveva intimato il licenziamento per giusta causa. Il dipendente ha impugnato il licenziamento, sollevando una serie di eccezioni formali e sostanziali, tutte respinte dal Tribunale di Busto Arsizio, in accoglimento delle tesi datoriali. In particolare, il Tribunale ha ritenuto legittimo il licenziamento nel merito, in base al contratto collettivo applicato (CCNL gas e acqua), che, allart. 21, comma 1, n. 7, consente al datore di lavoro di procedere al licenziamento senza preavviso nei confronti dei lavoratori che commettano azioni che costituiscano delitto ai termini di legge; tra questi vengono annoverati i delitti a cui sia conseguita una condanna ad una pena detentiva con sentenza passata in giudicato, per azione commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, che lede la gura morale del lavoratore. Il Giudice adito ha interpretato la disposizione nel senso che alla sentenza passata in giudicato in esito a dibattimento debba essere equiparata la sentenza di patteggiamento divenuta irrevocabile, dovendosi ritenere che le parti contrattuali abbiamo voluto - con tale previsione - dare rilievo anche al caso in cui limputato non abbia negato la propria responsabilit ed abbia esonerato laccusa dallonere della relativa prova in cambio di una riduzione della pena. Il principio condivisibile perch la richiesta di applicazione della pena una forma di ammissione di responsabilit da parte dellimputato richiedente, il quale, implicitamente e volontariamente, rinuncia ad avvalersi della presunzione di non colpevolezza, la cui tutela rimane afdata al potere del giudice di emettere una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (nel caso di specie, insussistente). La decisione in esame interessante anche laddove ha giudicato di alcuni pretesi vizi formali. Segnatamente, la sentenza ha ritenuto sufcientemente specica la contestazione disciplinare, con la quale al dipendente era stata semplicemente addebitata la pronuncia della sentenza penale di condanna per il reato di cui allart. 317 cod. pen., senza che si fosse provveduto ad elencare in dettaglio i comportamenti illeciti su cui essa era basata; ci in quanto - secondo il Tribunale - attraverso il riferimento alla sentenza e al reato di concussione devono intendersi contestati, per relationem, tutti i fatti di concussione commessi dal dipendente e posti a fondamento della condanna. Del resto, il dipendente, a cui i fatti erano noti per essere egli stato parte del procedimento penale, aveva potuto esercitare appieno il suo diritto di difesa. La contestazione stata, altres, giudicata tempestiva, considerati due elementi: ai ni dellimmediatezza rileva la data di pubblicazione della sentenza denitiva non certo il momento della consumazione dei fatti e, nella fattispecie, la societ aveva proceduto alla contestazione dopo circa due mesi dal deposito della decisione; la societ era a struttura complessa e speciche norme regolamentari prevedevano che il procedimento disciplinare fosse preceduto da una delibera del Consiglio di amministrazione, a seguito della quale era stata subito effettuata la contestazione.

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Anche il licenziamento stato giudicato tempestivo. Nel caso deciso, il contratto collettivo prevedeva un termine massimo per lirrogazione della sanzione, ovvero dieci giorni dalla scadenza dei cinque giorni assegnati al lavoratore per presentare le sue giusticazioni. In fattispecie, il ricorrente aveva chiesto lultimo dei cinque giorni a sua disposizione di essere sentito personalmente, pur avendo gi presentato giusticazioni scritte. La societ aveva acconsentito, ssando alluopo lincontro; in sede giudiziale, il dipendente aveva eccepito - in mala fede - che il licenziamento era stato intimato fuori termine. Sul punto, il Tribunale ha evidenziato che quando il lavoratore chieda al proprio datore di essere sentito personalmente per rendere le giusticazioni e ci avvenga oltre il termine concessogli - per legge o per contratto - per giusticarsi, lo stesso lavoratore non pu invocare, a suo favore, il decorso del termine decadenziale; infatti, in tal caso, la tempestivit dellirrogazione della sanzione deve essere valutata con riferimento allaudizione o al giorno ssato per laudizione, atteso che, solo da quel momento, il datore di lavoro pu valutare le eventuali giusticazioni e decidere la sanzione da applicare. Causa seguita da Marina Olgiati

ALTRE SENTENZE
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO IN TRONCO DEL LAVORATORE CHE FALSIFICA I CERTIFICATI MEDICI (Corte dAppello di Napoli, 29 novembre 2012) In seguito ad alcuni controlli, il datore di lavoro aveva scoperto che i certicati medici prodotti da un lavoratore a giusticazione delle assenze dal lavoro erano stati contraffatti. In particolare, dallesame dei documenti, che lazienda aveva afdato ad un perito calligrafo di propria ducia, era risultato che i suddetti certicati erano stati formati in seguito a ripetute operazioni di fotocopiatura della carta intestata di un medico, privati del testo originario e riempiti con un diverso testo manoscritto, la cui graa, in base alle analisi calligrache, era riconducibile al lavoratore stesso (e in un caso alla moglie, anchessa dipendente della medesima azienda). Per tali fatti, il lavoratore era stato licenziato per giusta causa ed aveva successivamente impugnato il licenziamento. Il Giudice di primo grado, espletata una CTU calligraca, ha rigettato il ricorso del lavoratore dichiarando la sussistenza della giusta causa. Il lavoratore ha quindi proposto appello, contestando, tra laltro, la proporzionalit della sanzione espulsiva. La Corte di appello, a sua volta, ha confermato la sentenza di primo grado affermando non esservi dubbio in ordine alladeguatezza della sanzione del licenziamento e precisando che tale condotta, posta in essere fraudolentemente dal lavoratore per procurarsi un vantaggio, oltre ad integrare un reato, costituisce sicuramente grave violazione dei doveri di lealt e correttezza posti dallart. 2105 cod. civ. a fondamento del rapporto di lavoro. Ci anche in considerazione dellattivit svolta dal lavoratore (recupero stragiudiziale di crediti scaduti), che era tale da richiedere la sussistenza di un particolare vincolo duciario che risultava irrimediabilmente leso dal condotta posta in essere dal lavoratore. Causa seguita da Luca Peron

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IL COLLABORATORE CHE RIVENDICA LA SUBORDINAZIONE DEVE PROVARE SPECIFICAMENTE LA SOTTOPOSIZIONE AL POTERE DIRETTIVO (Tribunale di Milano, 28 dicembre 2012) Il Tribunale di Milano tornato a occuparsi della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, rimarcando che lonere di provare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato incombe unicamente sul lavoratore, il quale deve dimostrare di essere stato assoggettato al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. In mancanza di una tale prova, la subordinazione deve essere esclusa anche in presenza di indici sussidiari quali linserimento continuativo nellorganizzazione aziendale, il vincolo di orario, la forma della retribuzione, lassenza di rischio. Sulla base di tali principi, il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di un collaboratore di una nota testata giornalistica che aveva rivendicato la natura subordinata del rapporto di collaborazione intercorso, rilevando che semplici direttive generali e programmatiche, cos come un generale controllo estrinseco dellattivit lavorativa, costituiscono elementi compatibili anche con prestazioni di lavoro autonomo. In tal senso, anche lesistenza di un obbligo di inviare giornalmente alla redazione del giornale una mail contenente le possibili notizie di interesse non rileva ai ni della subordinazione rivendicata dal collaboratore, trattandosi di una necessit immanente allattivit redazionale dettata dai tempi tecnici di preparazione della pubblicazione. Causa seguita da Giacinto Favalli e Angelo Di Gioia IL DIRIGENTE RIVENDICA IL BONUS, IN MANCANZA DI SPECIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI: DEVE PROVARE CHE, SE ASSEGNATI, LI AVREBBE RAGGIUNTI (Corte dAppello di Genova, 4 luglio 2013) Cos ha deciso la Corte dAppello di Genova, con sentenza pubblicata il 4 luglio 2013, confermando il decisum del Tribunale della Spezia. La lettera di assunzione del dirigente prevedeva la possibilit di riconoscimento di un premio, di importo no al 30% della retribuzione contrattuale, a raggiungimento di obiettivi, aziendali (con riferimento al Gruppo di imprese) e individuali, che avrebbero dovuto essere specicati con successiva comunicazione aziendale (piano MBO). Lazienda non ha mai comunicato tali criteri, ed anzi ha informato tutti i dirigenti che il piano MBO era stato sospeso, a causa della crisi economico nanziaria attraversata dal Gruppo. La Corte dAppello ha stabilito che il dirigente - allorch agisca in giudizio per chiedere il pagamento del bonus - deve allegare e dimostrare quali obiettivi avrebbero potuto essere ragionevolmente ssati dallazienda, tenuto conto della situazione di crisi; deve, inoltre, dimostrare che avrebbe avuto una concreta, effettiva e non ipotetica probabilit di poterli raggiungere. Causa seguita da Tommaso Targa

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A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella

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OSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE


RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO E SUBORDINATO: RECENTI ORIENTAMENTI DIFFORMI SULLA RILEVANZA DELLA RIPETITIVIT DELLE MANSIONI
Si segnala un contrasto nella recente giurisprudenza di legittimit sulla rilevanza della ripetitivit delle mansioni ai ni della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. Infatti, con la sentenza n. 16935 del 8 luglio 2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto che, quando lattivit svolta dal prestatore dopera ripetitiva ed elementare, non necessario accertare la sussistenza di direttive da parte del datore di lavoro al ne di congurare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (nel caso di specie, stata accertata la sussistenza della subordinazione). A distanza di pochi giorni, con sentenza n. 17718 del 19 luglio 2013, la Corte di Cassazione ha evidenziato che il criterio distintivo tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato rimane, in ogni caso, il vincolo di assoggettamento gerarchico per il prestatore e la possibilit del datore di lavoro di imporre direttive non soltanto generali, mentre gli altri elementi (ivi incluso il contenuto delle mansioni) assumono un valore meramente sussidiario; irrilevante, peraltro, la circostanza che, in casi simili, la Corte abbia deciso diversamente (nel caso di specie, dunque, il ricorso della lavoratrice stato rigettato, non essendo stati dimostrati i requisiti caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato nei termini sopra illustrati).

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER RIFIUTO DI SOSTITUZIONE


Con sentenza n. 17713 del 19 luglio 2013 la Corte di Cassazione, riformando con rinvio la sentenza di secondo grado, ha ritenuto che possa congurarsi lillegittimit del licenziamento per insubordinazione nel caso di un lavoratore che si era riutato di sostituire il capo servizio per il timore di essere sottoposto ad un procedimento penale. La Suprema Corte ha evidenziato, da un lato, che il lavoratore era gi stato coinvolto in procedimenti penali dopo le inchieste aperte in altre sedi dellipermercato in cui lavorava e, dallaltro, che il giudice di merito aveva sottovalutato la prassi aziendale di attribuire il ruolo di responsabile del punto vendita di alimenti (facilmente deperibili) a personale privo delle necessarie competenze: tale politica aziendale, infatti, espone il lavoratore al rischio di procedimenti penali difcilmente evitabili proprio per la sua inadeguatezza al ruolo assegnato e rende, peraltro, inutili le leggi dettate a tutela del consumatore. Per dimostrare che il riuto del dipendente ingiusticato, il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare che il lavoratore, prima di svolgere il turno da capo, era comunque in condizione di conoscere la situazione della merce in vendita.

LICENZIAMENTO PER VIOLAZIONE DELLOBBLIGO DI FEDELT


Con sentenza n. 19096 del 9 agosto 2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva costituito una societ, con sede contigua a quella aziendale, per lo svolgimento di unattivit in concorrenza con il datore di lavoro. La Corte ha affermato che, al ne di giusticare il comportamento del lavoratore, non ha alcuna rilevanza la circostanza che la societ costituita dal lavoratore medesimo non avesse ancora avviato lattivit produttiva e che lo stesso lavoratore abbia poi ceduto, nelle more del procedimento disciplinare, le quote della societ; afnch il licenziamento sia legittimo non rileva soltanto lattivit concreta o la lesivit attuale della concorrenza, ma anche latteggiamento mentale del lavoratore che denota il venir meno dello spirito di leale collaborazione necessario nel rapporto di lavoro subordinato.

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LE NOSTRE SENTENZE
IL RIGORE PROBATORIO NELLAZIONE DI RIVENDICA E NELLAZIONE DI ACCERTAMENTO DELLA PROPRIET (Corte dAppello di Venezia, sentenza n. 623, 20 marzo 2013) Una Societ, asserendo di essere proprietaria di un terreno, conveniva in giudizio lamministrazione comunale a cui tali terreni risultavano catastalmente intestati, anch il Tribunale dichiarasse la piena ed esclusiva propriet in suo favore dei mappali in contestazione, con la condanna dellamministrazione pubblica a rilasciare liberi da ogni cosa e persona i mappali oggetto di causa. Istruita la causa, il Giudice di prime cure rigettava le pretese di parte attrice, in quanto non riteneva raggiunta la prova che i mappali trasferiti alla Societ attrice, con un procedimento ablativo, fossero quelli oggetto di causa. Avverso la sentenza di primo grado la Societ proponeva appello sostenendo che il Giudice avesse errato nel valutare i fatti di causa e che, inoltre, avesse erroneamente qualicato lazione proposta come azione di rivendica. Lappellante, infatti, sosteneva che lazione proposta fosse di mero accertamento della propriet e che, pertanto, vi fosse un onere della prova meno rigoroso. Nella fattispecie in esame lattrice ha chiesto laccertamento del proprio preteso diritto di propriet sullarea in questione, al ne di ottenerne il rilascio. Pertanto, la Corte dAppello ha correttamente confermato che la predetta Societ avesse formulato una domanda rientrante nella fattispecie ex art. 948 cod. civ. (azione di rivendicazione). Peraltro, la Corte dAppello ha rilevato che, anche qualora lazione fosse stata qualicata come di mero accertamento della propriet, lappellante, non essendo nel possesso dei terreni oggetto di causa, avrebbe comunque avuto lonere di offrire la stessa prova rigorosa per la rivendica. La giurisprudenza, infatti, riconosce unattenuazione del rigore probatorio in caso di accertamento della propriet se lazione proposta da colui che sia nel possesso del bene e alla luce della presunzione di legittimit del possesso. Di conseguenza, lappellante aveva lonere di dimostrare in modo rigoroso che larea in contestazione fosse compresa nel procedimento ablativo per cui alla medesima Societ erano stati trasferiti alcuni terreni. Tuttavia, dalle dichiarazioni testimoniali, dai certicati catastali esaminati dal CTU e dalla documentazione agli atti non emersa la prova rigorosa del dedotto diritto di propriet sullarea in questione e nemmeno che lattrice appellante avesse posseduto il compendio in contestazione per il periodo utile allusucapione. In conclusione, dunque, la Corte dAppello ha confermato la sentenza di primo grado. Causa seguita da Carlo Uccella e Giovanna Vaglio Bianco
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Assicurazioni
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
CIRCOLAZIONE
STRADALE

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Il proprietario del veicolo tenuto a conoscere l'identit dei soggetti ai quali ne afda la conduzione, onde dell'eventuale incapacit di identicare detti soggetti necessariamente risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull'afdamento in modo da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l'identit del conducente. (Cassazione, ordinanza n. 16952, 8 luglio 2013) Nella responsabilit civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, mentre nel caso di rapporto assicurativo con impresa assicuratrice "in bonis" la sussistenza e l'entit del massimale, sia pure nel rispetto dei minimi di legge, dipendono dalla libera volont negoziale delle parti, sicch l'assicuratore stesso che ha l'onere di provare, mediante esibizione delle polizze, quale fosse il limite del massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione all'epoca del sinistro, nella fattispecie disciplinata dagli artt. 19 e 21 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, il diritto del danneggiato al risarcimento nasce, per volont di legge, limitato, e la misura del massimale si presume quindi nota al giudice. (Cassazione, 14 maggio 2013, n. 11552)

ASSICURAZIONE
OBBLIGATORIA MASSIMALE

Tizio agiva in giudizio chiedendo la condanna della Compagnia Alfa e del suo agente (la societ Beta), nonch di Caio, al pagamento della somma pari al valore di riscatto di una polizza vita stipulata da un terzo; somma alla quale egli affermava di avere diritto, asserendo che Caio, ex socio della societ agente Beta, a fronte del versamento di circa 12.000 euro, lo avrebbe TRA LE NOSTRE costituito creditore pignoratizio della suddetta polizza, garantendogli che SENTENZE ci gli avrebbe attribuito la titolarit del diritto di riscatto sulla stessa, pari a (RESPONSABILIT EX circa il doppio dell investimento. Si costituiva in giudizio la Compagnia, ARTT. 2049 C.C. contestando le domande formulate nei suoi confronti. In particolare, Alfa TRIBUNALE DI CUNEO, disconosceva la documentazione prodotta dallattore, in quanto frutto di evidenti manipolazioni; eccepiva che Caio non rivestiva la qualit di agente 11 LUGLIO 2013) (rivestita da Beta, di cui Caio era socio), e che in ogni caso la procura speciale rilasciata ai legali rappresentanti della societ agente non conferiva loro il potere di concludere atti quali la costituzione di pegno con diritto di riscatto della polizza. Pertanto, loperazione posta in essere da Tizio non era ad essa opponibile. La Compagnia eccepiva, inoltre, il concorso dellattore nella produzione del danno, ex art. 1227 c.c..
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Si costituiva in giudizio anche Beta addebitando la esclusiva responsabilit dellillecito alla Compagnia preponente ed eccependo la mancata osservanza delle prescrizioni dellart. 118 Cod. Ass.. Con sentenza del 11 luglio 2013 il Tribunale di Cuneo ha respinto le domande nei confronti della Compagnia e nei confronti della societ agente, dichiarando la responsabilit esclusiva di Caio in relazione allillecito. In particolare, secondo il Tribunale, nel caso di specie non poteva dirsi sussistente il nesso di occasionalit necessaria tra mansioni dellagente e danno, richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimit, presentandosi loperazione del tutto anomala ed evidentemente volta a soddisfare un interesse esclusivamente personale di Caio. Causa seguita da Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano

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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera OCCHIO AGLI OCCHIALI, QUANDO IL 2X1 INGANNEVOLE

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LAutorit Garante della Concorrenza del Mercato (brevemente A.G.C.M.) ha, recentemente, pubblicato il provvedimento n. 24338, con il quale ha inibito ad una nota azienda di prodotti ottici, la prosecuzione delle attivit pubblicitarie e promozionali riguardanti unoerta denominata 2x1 un occhiale in omaggio. La vicenda la seguente. Mediante una serie di spot televisivi e radiofonici erano stati diffusi messaggi pubblicitari diretti ai consumatori; messaggi caratterizzati dalla medesima promessa pubblicitaria: un occhiale in regalo, in aggiunta a quello da vista acquistato. Le diverse tipologie di spot erano incentrate sul claim 2x1, con slogan del tipo quando compri un occhiale da vista ne hai sempre un altro in regalo oppure 2x1 un occhiale in regalo per te o per chi vuoi tu, ecc. In altre parole, si invitavano i consumatori allacquisto di un paio di occhiali da vista con la promessa di un paio di occhiali aggiuntivi gratuiti. A fronte di tale iniziativa, era stata segnalata la scorrettezza della medesima, in quanto ben difforme dalla reale portata della promozione. Infatti, dallesame della documentazione acquisita risultava le seguente prassi. Al consumatore che si recava in uno di detti negozi, a fronte dellacquisto di occhiali da vista presenti tra quelli in esposizione e corredati da lenti antiriesso, era proposto in omaggio un secondo occhiale da vista, del valore di Euro 59,00, da scegliere tuttavia in una specica e limitata tipologia di occhiali monofocali da 1,5, senza neppure trattamento antiriesso. In alternativa, linteressato poteva ottenere un buono sconto, a fronte dellacquisto di un ulteriore occhiale da vista di valore superiore. Il tutto a condizione che il cliente effettuasse loperazione entro 14 giorni dal primo acquisto e presso il medesimo negozio. La comparazione dei contenuti dei messaggi pubblicitari come sopra caratterizzati, con leffettiva portata dellofferta promozionale, ha condotto lAutorit Garante della Concorrenza a ritenere esistente la violazione delle disposizioni degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo. Queste, fra gli altri, vietano le pratiche commerciali cosiddette scorrette, idonee a falsare in misura apprezzabile i comportamenti economici dei consumatori; cos come quelle ingannevoli, che contengono, sostanzialmente, informazioni non rispondenti al vero, anche per quanto concerne la portata dei reali impegni dellAzienda interessata. Nel caso di specie, infatti, la campagna pubblicitaria - per come era stata strutturata - era molto accattivante, inducendo la convinzione (nei potenziali clienti) di poter ottenere - grazie allacquisto di un paio di occhiali da vista - un altro paio di occhiali in omaggio aventi analoga funzione. Ci determinava il soggetto a rivolgersi ad uno dei rivenditori della catena interessata; solo al momento delleffettivo acquisto si aveva consapevolezza dei notevoli limiti qualitativi e temporali della promozione.

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Conseguentemente, i clienti optavano per lo sconto che, per, imponeva un ulteriore acquisto di un prodotto di prezzo superiore e da effettuare entro breve tempo. Tali limitazioni e vincoli erano totalmente omessi nei messaggi pubblicitari e proprio tale omissione ha caratterizzato i medesimi come ingannevoli, anche valutando il prolo e tipologia media del consumatore a cui erano diretti. E ancora, poich al momento dellemissione del provvedimento la campagna pubblicitaria era ancora in corso, l Autorit avvalendosi anche delle disposizioni di cui allart. 27 del Codice del Consumo - ha disposto la sospensione delle pratiche commerciali (e quindi della campagna pubblicitaria), al ne di impedire che potessero ancora essere poste in essere durante il procedimento di merito. Si tratta dunque di un provvedimento cosiddetto inibitorio e durgenza, che certamente impone alle aziende interessate di eettuare corrette valutazioni circa i contenuti delle loro campagne. Dette iniziative - pur potendo essere certamente aggressive e efcacemente persuasive - non debbono tuttavia sfociare in pratiche ingannevoli, omettendo peraltro informazioni assai rilevanti per il consumatore, tanto pi se le pratiche pubblicitarie sono destinate ad avere ampia diffusione attraverso spot televisivi o radiofonici ed a tutela anche delle altre aziende del settore.

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CONVEGNI

Milano, 4 Ottobre 2013 Carlton Hotel Baglioni I controlli sui dipendenti da parte del datore di lavoro Utilizzo del telefono e di altri apparecchi in dotazione: casistica Uso e abuso del telefono aziendale e di altri apparecchi in dotazione (laptop, telepass, etc.): legittimit e limiti del controllo Le pronunce giurisprudenziali sullefcacia probatoria delle registrazioni dei colloqui telefonici Le conseguenze dei controlli difensivi leciti: giurisprudenza e casistica Le conseguenze dei controlli illeciti: giurisprudenza e casistica Relatore: Avv. Claudio Ponari PROGRAMMA

Bergamo, 18 - 19 Ottobre 2013 AGI: Convegno Nazionale. 40 Anni di Processo del Lavoro. Ecienza Versus Tutela. 18 Ottobre: Workshop n. 2 I riti sommari, cautelari e speciali Il procedimento ex art. 28 Statuto dei lavoratori Relatore: Avv. Giacinto Favalli PROGRAMMA

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Rassegna Stampa

Diritto24 Il Sole 24 Ore:02/09/2013 Il tentativo di conciliazione non interrompe la prescrizione dellazione di impugnazione del licenziamento di Marina Olgiati e Francesco Torniamenti Diritto24 Il Sole 24 Ore:02/09/2013 Occhio agli occhiali, quando il 2x1 ingannevole di Vittorio Provera JOB24 Il Sole 24 Ore: 29/08/2013 Il contratto a progetto non valido? Dipende da una e Diritto24 Il Sole 24 Ore:29/08/2013 Anche il dirigente deve impugnare il licenziamento entro 60 giorni di Giampaolo Tagliagambe e Tommaso Targa JOB24 Il Sole 24 Ore: 28/08/2013 VIDEO: Decreto Lavoro. Le novit sui contratti a termine Intervista a Anna Maria Corna Contratti a termine: che cosa cambia con il Decreto lavoro di Anna Maria Corna JOB24 Il Sole 24 Ore: 08/08/2013 VIDEO: Decreto Lavoro. Licenziamento per giusticato motivo: la procedura di conciliazione preventiva Intervista a Tommaso Targa JOB24 Il Sole 24 Ore: 01/08/2013 VIDEO: Decreto Lavoro. Contratto a progetto, lavoro intermittente e accessorio, gli interventi sulla disciplina Intervista a Tommaso Targa JOB24 Il Sole 24 Ore: 25/07/2013 VIDEO: Decreto Lavoro. Gli incentivi allassunzione e le misure di sostegno alla rioccupazione Intervista a Claudio Ponari Decreto lavoro: incentivi alle assunzioni dei giovani e il sostegno alla rioccupazione di Claudio Ponari

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