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Il genio del computer - Parte Seconda

Vi ho parlato qualche giorno fa di quanto sia poco opportuno far capire ai propri conoscenti che vi
intendete di computer, e vi ho descritto un quadro delle possibili conseguenze di tale insana azione.
Non vi ho parlato però di alcune “consulenze telefoniche” di altra natura che mi sono state richieste con
la scusa che “ essendo un genio del computer, sicuramente sei in grado di aiutarmi” e con la pretesa
che, poiché qualsiasi modello di qualsiasi aggeggio o elettrodomestico di qualsiasi marca funziona allo
stesso modo, il “genio del computer” sia in grado di farlo funzionare senza il bisogno del relativo
manuale.
• Telefonata n°1: “Mi hanno regalato il telefonino, ma non saprei quale operatore e quale tariffa
scegliere…”
(ma farti dare degli opuscoli per confrontare le tariffe in base al tuo utilizzo?)
• Telefonata n°2: “Oggi da Auchan c’era in offerta il cordless con segreteria telefonica
incorporata, ma non capisco come si registra il messaggio…”
(ma provare a leggere le istruzioni?)
• Telefonata n°3: “Stasera devo andare al teatro, ma in tv c’è la 752esima puntata di Un posto al
sole e non so come programmare il videoregistratore…”
(fortuna che il mio videoregistratore l’ho distrutto a martellate quando mi sono reso conto che
lo utilizzavo solo per gli altri!)
• Telefonata n°4: “I tasti del telecomando sono diventati incredibilmente duri: per cambiare
canale devo premerli più volte con forza…”
(ma provare a cambiare le batterie?)
Ma la vera chicca è quella di qualche giorno fa, che ti fa capire quanto certa gente abbia la faccia come
il culo:
• Telefonata n°5: “Mi è arrivata la tessera dell’Accendipremi di Enel Gas e nel catalogo c’è
scritto che se il questionario lo compilo su internet anziché spedirlo per posta, mi danno 250
punti di benvenuto invece di 100: peccato che io internet non ce l’ho…”
(peccato davvero! Comunque grazie per la segnalazione! Adesso scusa ma ti lascio: devo
scappare a compilare online il mio questionario… 250 punti, ma ci pensi?)
Per tutti, d’ora in poi, la mia risposta sarà sempre la stessa: “Ma sticazzi?!?”
Il genio del computer
Il fatto che io passi gran parte del mio tempo libero utilizzando un pc non implica che io sia “il genio
del computer”, né autorizza chicchessia a frantumarmi gli zebedei per risolvere problemi che non sono
i miei. Eppure il “tecnoleso medio” crede che poiché coltivo questo tipo di hobby, mi basta avere un
qualsiasi computer davanti per realizzarmi e divertirmi, ed ha l’assurda pretesa di imparare in un’ora
(rubata al mio tempo libero) quello che nessun libro mi ha insegnato, ma ho maturato dopo anni di
passione e di errori commessi sulla mia pelle. Succede sempre così: sei a cena fuori e si parla del più e
del meno, un tuo amico ha un problema col pc ed è più forte di te… gli spieghi come risolverlo. E’
l’inizio della fine. Lui finge di aver capito, ma il giorno dopo, inesorabile, arriva la sua telefonata.
Ovviamente tu sei “in altre faccende affaccendato” e lui nemmeno ti chiede se disturba. Fa niente. Gli
ripeti come risolvere il problema, ma lui è abituato ad eseguire meccanicamente una serie di operazioni
senza nemmeno capire cosa sta facendo, quindi, armato di taaanta pazienza, rimani al telefono e gli
detti passo per passo il da farsi. Il problema è brillantemente risolto, ma ormai il suo computer è
diventato il tuo e d’ora in poi qualsiasi cosa gli succederà saranno cazzi tuoi. Ma non finisce qui. Si
spargerà la voce, inizierà a telefonarti gente sconosciuta, amica del cugino del cognato del nonno
dell’amico col quale durante la famosa cena avresti fatto bene a fingere di non capirci niente di quei
fottutissimi computer. Nella migliore delle ipotesi seguiranno altre telefonate, ma da qui a ritrovarti la
stanza piena di midtower e di portatili da sistemare, il passo sarà breve. Qualcuno andrà addirittura a
riesumare dallo stanzino sottotetto quello scatolone impolverato che aspettava da tempo il fesso di
turno: dentro ci troverai hardware dell’era paleozoica che, se riuscirai a far funzionare, servirà a far
impratichire i figli del tuo amico nella speranza che, crescendo, non diventino tecnolesi e rompicoglioni
come il padre.

Il genio del computer - Parte terza


(le puntate precedenti qui e qui)

• Pronto, ciao, pensavo di farmi un pc, secondo te dove mi conviene comprarlo?


• Guarda, oggi i pc te li butta dietro chiunque, le cose veramente importanti sono la garanzia e
l’assistenza (anche perché poi a casa tua a sistemartelo non ci vengo nemmeno morto). Ormai
con meno di mille euro ti fai un ottimo computer completo di monitor e stampante.
• Meno di mille euro? Fico! Ma ci posso fare internet con un computer del genere? E ci sono
almeno 80 giga di ram?
• Ehm, dunque: su internet puoi navigarci tranquillamente, per gli 80 giga probabilmente ti
riferisci all’hard disk, mentre come ram ormai quasi tutti i computer montano ddr da 512 mega,
anche perché con meno di 512 mega Windows XP è un po’ lento…
• Mi ha detto mio cugggino che Windows XP ha mille problemi: dice che è meglio il Windows
98.
• Se è per questo era meglio l’AmigaOS… Comunque segui il consiglio di tuo cugggino: quando
compri il pc chiedi al negoziante di installarti Windows 98 anziché Windows XP e cronometra
in quanti secondi ti manda a cagare.
• Quindi dici che è meglio Windows XP?
• No, dico che è meglio se fai pace col cervello e decidi prima cosa devi farci con un computer.
Se vuoi giocarci, fatti decisamente una PlayStation 2 o un Xbox che costano meno di quanto
spenderesti per la sola scheda grafica di un pc. Se vuoi scaricare musica e film da internet,
occorre un abbonamento ADSL dal costo mensile di circa 30 euro e poi ciò che scarichi lo paghi
a parte, a meno che tu non voglia utilizzare programmi di file sharing commettendo un reato
penale. Se vuoi utilizzare Word ed Excel, ammesso che tu sappia cosa siano e come si usino,
compra un buon pc usato col quale peraltro puoi anche navigare dignitosamente.
• Ma poi si trova qualche immagine e qualche filmino porno?
• Ecco, qui ti volevo. Si trova qualsiasi cosa, ma il problema è un altro, e cioè: che cazzo di
convenienza può avere un segaiolo a spendere tutti questi soldi solo per visualizzare due cazzi e
due fighe sopra un monitor, quando potrebbe farsi la tessera di una videoteca o direttamente un
giro alla pineta di Pescara?!?

Quello che i colleghi (non) dicono


Chi non ha mai ascoltato la canzone “Mio cuggino” degli Elio e le Storie Tese? Ebbene, io potrei
scriverne una simile dedicata ai colleghi di mia madre, personaggi di cui l’amata procreatrice sembra
fidarsi più di ogni altro esperto mondiale di tuttologia spicciola. Quando ero sbarbatello e vivevo con i
miei genitori, a tavola si era soliti commentare le notizie riportate da quotidiani e telegiornali, dalla
cronaca allo sport, dai gossip alle novità tecnologiche. Ad un certo punto della (fino a quel punto
tranquilla) discussione mia madre esponeva il suo punto di vista, improbabile ed improponibile, di cui
dava ampia dimostrazione mediante la prodigiosa storia di qualche suo collega e delle sue mirabolanti
esperienze di vita.
Col passare del tempo, i miei supereroi preferiti somigliavano sempre meno a Batman, Superman e
Spiderman e prendevano sempre più le sembianze dei colleghi di mia madre. Gente che aveva
viaggiato tanto e visto cose che noi umani non potremmo mai nemmeno lontanamente immaginare
(mica le solite località che prenoti tramite l’agenzia di viaggio), gente che riusciva a comprare a quattro
soldi gli elettrodomestici super tecnologici che non si rompevano mai e gli abiti e le scarpe di marca
che ai negozi per comuni mortali pagavi una cifra (e a noi poveri coglioni questi paesi delle meraviglie
non ce li indicava mai nessuno), gente i cui figli erano quelli che vincevano sempre le borse di studio e
che prima ancora di laurearsi erano già stati assunti come megadirettorigalattici presso qualche azienda
di fama mondiale. Poi sono cresciuto (per la verità non benissimo, in queste condizioni) e per fortuna
ho cominciato ad avere le mie idee e le mie convinzioni sulla base delle mie esperienze. Ma il
fantasma dei colleghi di mia madre continuava a perseguitarmi.
Fu così che mentre attivavo la nuova sim del telefonino, venni a sapere che un collega di mia madre
aveva una tariffa speciale con cui poteva chiamare chiunque gratis, ed ogni dieci telefonate a scrocco
gli davano pure una fettina di culo. Fu così che mentre tentavo per l’ottava volta l’esame di analisi,
venni a sapere che il figlio del collega di mia madre nel frattempo si era laureato con un anno di
anticipo con 110 e lode e relativa pomiciata accademica (che un bacio normale non avrebbe fatto così
figo). E fu così che iniziai a chiedermi se i colleghi di mia madre facessero davvero lo stesso lavoro di
mia madre, e per quale cazzo di disguido.
Bella location
Ogni televisione regionale che si rispetti per riempire il proprio palinsesto offre spazio – oltre a
televendite, lottologi, cartomanti, sensitivi e troie – anche ad alcune imperdibili produzioni che hanno
la pretesa di far credere ai poveri (e del tutto casuali) telespettatori che la regione pullula di figa, di vip
e di dolce vita. La mia preferita è senza ombra di dubbio “Weekend & dintorni”, visibile qui in Abruzzo
e si spera da nessun’altra parte. Da quello che ho capito, per condurre questa “trasmissione” è
sufficiente avere una bella voce (se poi sei un cesso di uomo, non fa niente) e fare il giro dei ristoranti,
dei pub e delle discoteche intervistando i relativi “staff”, meglio se vantandosi di conoscere già tutti e di
essere praticamente di casa. Nel locale visitato, casualmente, c’è sempre un ospite famoso invitato a
pagamento (ora vanno tanto i reduci del Grande Fratello 5, ma non dimentichiamo Costantino
Vitagliano ed i vari Amici di Maria De Filippi, intramontabili) che, controvoglia, è spesso costretto a
rispondere a domande originalissime del tipo “progetti per il futuro?”. Il momento clou del programma
è l’intervista ai gestori dei locali o agli organizzatori delle serate, personaggi esagitati con gli occhi
lucidi il cui cervello è stato probabilmente danneggiato da un virus, ma di quelli cazzuti forte.
Qualunque sia la domanda (che in genere non è una vera e propria domanda ma una formula fissa del
tipo “giornoacaso sera, discoteca nomeacaso, un vero successo… è venuto a trovarvi persino
personaggiovipacaso!”), la risposta è sempre del tipo: “Bella gente, bella situazione, bella location!”.
Ultimamente qualcuno deve aver fatto notare ai “produttori” che, benché l’argomento trattato non
necessiti di intervistatori ed intervistati che siano premi nobel per la letteratura, i contenuti sono un po’
banalotti. Ed in effetti una svolta c’è stata.
• “Discoteca nomeacaso, oggi è giornoacaso sera, il locale è stracolmo. Ma d’altronde ogni
evento organizzato da deejayacaso è garanzia di successo!”
• “Dici bene! Abbiamo scommesso su un prodotto nuovo in una location splendida con uno staff
affiatato. Giudica un po’ tu come la gente ha risposto a questo progetto…”
Mah!!!

Il rosso e il nero
Su questo blog ho sempre cercato di evitare gli argomenti “politici”, quelli cioè che possono essere
visti, raccontati e strumentalizzati attraverso chiavi di lettura diametralmente opposte, senza che una
verità indipendente, provata ed evidente possa chiudere la bocca a chi non perde occasione per tirare
l’acqua al suo mulino. Lo faccio perché il mio punto di vista potrebbe avvicinarmi alle ideologie di
qualche partito col quale, però, non ho (e non voglio avere) nulla a che fare.
Quando ero piccolo, vidi grossi manifesti per la città con un gigantesco “NO” su missili e bombe
atomiche e decisi che da grande sarei stato un comunista. Appena maggiorenne, quando cioè iniziavo a
vedere la politica esattamente come il tifo per una squadra di calcio piuttosto che per un’altra, votai
Alleanza Nazionale, alla quale riconobbi il pregio di portare avanti ideologie di destra pur
distaccandosi nettamente dal fascismo. Ma, più probabilmente, scelsi quel partito perché era fortemente
odiato da chi (per scelta e non per necessità) veniva a scuola con stracci vecchi, magliette rosse col
faccione di Che Guevara (che, a dir la verità, non conoscendone ancora la storia confondevo per uno
stilista fighetto di sinistra), barba incolta e sciarpa da fedayn al collo. Dopo un’iniziale interesse per la
politica, mi resi conto crescendo che non mi sbagliavo: tra la militanza politica ed il tifo calcistico
non c’è nessuna differenza. Ed a volte si arriva ad abbracciare e sostenere un certo schieramento solo
grazie ad influenze esterne e casi fortuiti, ignorandone completamente la storia e le idee.
Ad esempio io iniziai a simpatizzare per la Juventus a sei anni, quando in prima elementare si
cominciava a parlare di calcio, ma solo perché quell’anno la Vecchia Signora vinceva sempre. Mia
sorella cambiava idea in continuazione seguendo chi le stava simpatico: iniziò a tifare Fiorentina
influenzata da mio padre, poi sotto il ricatto dei miei giocattoli la convinsi a tifare Juve, infine
bisticciammo e diventò definitivamente milanista, sapendo che quella squadra mi stava troppo sui
coglioni. Così è la politica. Ho visto gente sputare sul proprio passato e passare inspiegabilmente da
una sponda all’altra con la promessa di incarichi di prestigio, amici andare fuori di testa e cambiare
improvvisamente stile di vita come se fossero stati ipnotizzati da qualche setta satanica, personaggi
faziosi e convinti andare contro gli interessi della propria città pur di mettere i bastoni tra le ruote ai
loro avversari. Per questo declino volentieri l’invito a schierarmi, che qualcuno più volte mi ha rivolto
in questa ed in altre sedi. Per questo mi trovo d’accordo con Gaspar Torriero quando scrive che oggi
occorre “essere all’opposizione sempre, per principio” e che “il ricambio al potere non è la soluzione”,
ma a condizione che opposizione venga intesa come controllo serio, obiettivo ed incondizionato
sull’attività della maggioranza, e non boicottaggio ed ostruzione aprioristica.
Oggi però la politica è un modo come un altro per sistemarsi, la scusa per ottenere giorni di ferie
retribuiti causa campagna elettorale, un metodo facile e veloce per guadagnare un riavvicinamento del
posto di lavoro alla propria località di residenza, una voce in più da aggiungere al curriculum, il mezzo
per saziare i propri istinti di esibizionismo, successo e potere. Se vinci, hai buone possibilità di sederti a
tavola e di mangiare una fetta di torta (ma devi scendere a compromessi coi “burattinai” ed entrare a
far parte di quei giochi di potere difficilmente giustificabili all’elettorato). Se perdi, sei
istituzionalmente costretto a sostenere sempre il contrario delle tesi di chi ha vinto, ostruendolo anche
in quei rari casi in cui si stia decidendo qualcosa di buono per la collettività. A chi mi accusa di
rimanere comodamente seduto nel mezzo, assicuro che la mia non è ipocrisia né falsità, ma più
semplicemente protesta nei confronti di un modo di fare che mi fa schifo e che vedo quotidianamente
mettere in pratica da parte di squallida e variopinta gentaglia locale che ha sempre privilegiato il
pettegolezzo, la diffamazione ed il disfattismo rispetto alla stesura di un programma politico ed
all’impegno concreto per la sua realizzazione. Se poi credete di potermi giudicare ed etichettare come
fascista o comunista a seconda di come io la pensi su guerra e pace, vino e birra, Berlusconi e Prodi,
pizza e pesce, beh, accomodatevi.

Camomillatemi!
Mi innervosisco quando sono vittima di circostanze gravi e spiacevoli, ad esempio se rischio la vita per
colpa di un idiota, magari dotato di macchinone dal costo inversamente proporzionale al proprio
quoziente intellettivo, che non rispetta lo stop o il semaforo rosso e che, non essendo la mia modesta
autovettura dotata di razzi-missile a ricerca calorica, riesce sempre e comunque a farla franca ed a
morire di morte naturale. Ma mi innervosisco anche e soprattutto in situazioni banali e perfettamente
tollerabili. Ad esempio:
• se gli interruttori sparsi per la casa, quando le luci sono spente, non si trovano tutti nello stesso
verso;
• se mio padre mi chiede in prestito la macchina (comprata con i miei soldi dopo dieci anni “a
piedi” in cui nessuno mi ha prestato, né tanto meno regalato, un bel cazzo di niente) piuttosto
che perdere dieci minuti del suo preziosissimo tempo per dare indietro quel rottame e dotarsi di
un’autovettura decente;
• se chi è stato in bagno prima di me ha finito la carta igienica e non ha lasciato un rotolo nuovo o
se, peggio ancora, rimettendo la carta nel porta-rotolo ha rivolto lo strappo verso l’interno
(aaargh!);
• se dopo cena non mangio qualcosa di dolce (uno snack, un gelato, un dessert… in casi estremi
di crisi di astinenza vanno bene anche un biscotto o una caramella);
• se un cliente arriva in studio, fuori orario e senza appuntamento, proprio mentre sto chiudendo
tutto per andare via o se, peggio ancora, mi telefona al numero di casa (appositamente reso
riservato e fornito solo agli amici e ad alcuni parenti);
• se trovo il tubetto del dentifricio tutto schiacciato in punta, con chili di pasta imprigionata in
coda;
• se passo giornate talmente piene e monotone da non avere nemmeno un argomento da trattare
sul blog o se, peggio ancora, un mio post che reputo degno di essere letto riceve pochi
commenti (e meno male che avevo detto di scrivere per me stesso);
• se mia madre spara qualche cazzata raccontatale da una delle sue colleghe tuttologhe e non si
fida della mia precisa ed inattaccabile dimostrazione dell’esatto contrario;
• se prenoto un tavolo per le 21 e nonostante io arrivi in perfetto orario il gestore mi dice “il
primo tavolo che si libera è vostro” (e grazie al cazzo);
• se sto in fila alle poste già da mezz’ora e all’improvviso entra il fregnone che immediatamente
si altera e pretende l’apertura di un altro sportello che altrimenti lui, il fregnone, perde l’autobus
(mentre notoriamente per noi altri gli uffici postali sono località di villeggiatura e la fila è
un’esclusiva attività di svago);
• se dimentico a casa l’orologio o il telefonino o entrambi;
• se facendo zapping subisco per più di due secondi di fila le immagini di Maria De Filippi,
Maurizio Costanzo, Barbara D’Urso, Costantino e Daniele (ho letto da qualche parte che hanno
fatto un film intitolato “Troppo belli”, ma non so come faccia certa gente ad abboccare a pesci
d’aprile così esageratamente assurdi e platealmente falsi), Nanni Moretti, Enrico Rocchi
(sottospecie di giornalista sportivo locale) o, tanto per sparare sulla Croce Rossa, Flavia Vento
ed una qualunque delle sorelle Lecciso.
• (se uno sbalzo di tensione o una ram di merda mi resettano il pc due volte di seguito mentre sto
scrivendo questo fottutissimo post)
E voi?

Camomillatemi! - Parte Seconda


Se le situazioni perfettamente sopportabili che però mi infastidiscono fossero state solo quelle descritte
qui, sarei stato una persona fin troppo tranquilla e tollerante. Ma poiché stilarne una lista completa è
praticamente impossibile dato che sono un brontolone cacacazzo della peggiore specie e che molte cose
banali che mi fanno incazzare, in realtà, devono ancora capitarmi, beccatevi questa “parte seconda” e
mettetevi l’anima in pace perché sicuramente arriverà la terza e magari anche la quarta. Prima o poi. Mi
innervosisco:
• se vedo noti professionisti, anche in circostanze che esigono ben altro tipo di abbigliamento,
indossare le felpe “Baci e Abbracci” in tutti i colori dell’arcobaleno che a me personalmente
fanno cagare, ma che qualcuno ha deciso dovessero diventare l’esclusiva novità modaiola del
2005 (almeno qui in zona, non so da voi);
• se ascolto il nuovo spot radiofonico “Dietorelle” in cui per alcuni interminabili secondi viene
lasciato il microfono ad una malata di mente che dice cose a caso;
• se la vocina della bilancia elettronica, grazie al suo tecnologico rilevatore di movimenti, si
accorge che sono appena entrato in farmacia e mi fulmina col suo “vuoi sapere il tuo peso
ideale?” (lo so già che sono ingrassato, vaffanculo!);
• se il troione di turno mi passa davanti impregnando l’aria con la sua scia di profumo extra dolce
o se, peggio ancora, il troione di turno in realtà è una mia cliente che viene in studio e quando
va via mi costringe a tenere aperte le finestre per due giorni;
• se telefonando al centralino di un ufficio pubblico per parlare con un impiegato le uniche
possibili risposte sono i classici “è fuori stanza” oppure “è in missione” (minchia, è arrivato
James Bond!) oppure “ha l’interno occupato”, e nella migliore delle ipotesi devo sorbirmi il
meglio di Bach o di Beethoven;
• se il rotolo di carta igienica cosiddetto “salva-spazio” non riprende la forma originale anche
dopo ore di “riabilitazione” manuale o se, peggio ancora, la carta igienica acquistata al discount
a prezzo super scontato si rivela essere peggio della carta-vetro;
• se sulla tazzina di caffè rimane il segno del rossetto, a prova di lavastoviglie;
• se l’equivalente di mezzo bicchiere di succo di frutta rimane imprigionato nel “tetrapak” (o
forse era il “combibloc” o il “tetrabrik” o il “combifit”… vabbè sticazzi, l’importante è che ho
reso l’idea) grazie al geniale beccuccio posizionato a cazzo di cane, e non può essere bevuto se
non decapitando con le forbici il povero contenitore in cartone;
• se facendo zapping càpito su “Chi vuol essere milionario” ed alla domanda “Nella frase ‘Lucia
porta il latte alla nonna’ qual è il complemento oggetto?” il concorrente chiede l’aiuto del
pubblico (successo davvero durante la puntata del 23 maggio);
• se il telefono cordless dell’ufficio ha la tastiera coperta da uno strato di fard (ora, se da un lato
capisco che certe donne per evitare di far cadere definitivamente a terra l’uccello dei propri
uomini abbiano bisogno di truccarsi con dosi massicce di stucco che ne mascherino la reale
identità, non capisco invece perché cazzo ci si debba lavare la faccia con un telefono);
• se passeggiando per Chieti la mia traiettoria si incrocia con quella di qualcun altro e, dopo
esserci spostati contemporaneamente sullo stesso lato, poi su quello opposto, si va avanti a
tentativi fino a quando uno dei due prende il telefonino e chiama il notaio per fissare la data del
compromesso.

Memories Backup v2.0


(leggi la v1.o clickando qui) I primi tre manuali delle Giovani Marmotte ed il manuale di Paperinik, la
penna replay con la gomma sul cappuccio che non cancellava un cazzo ma in compenso macchiava
tutto il foglio, il rumore della cicala quando le infilavi un ago di pino nel culo, gli appostamenti per
cercare di sgamare Babbo Natale, la guerra per accaparrarsi una delle dieci copie di Zzap! che venivano
distribuite in maniera casuale nelle edicole della città, il topolino che mi portava 200 lire per ogni
dentino che mi cadeva e che lasciavo sul davanzale, la Bic che veniva svuotata ed utilizzata come
cerbottana per sputare palline di carta masticata, il piccolo chimico e l’allegro chirurgo, i filmini fatti
con la cinepresa che ogni volta per vederli ci voleva minimo mezz’ora solo per sistemare il telo, il
proiettore e le bobine, il poster di Platinì allegato al Guerin Sportivo, l’olandesina e le figurine di Mira
Lanza, il gioco del “torello” durante la ricreazione utilizzando come palla la carta stagnola dei panini, il
dito sempre pronto sul tasto REC del radiolone nero per registrare su audiocassetta i brani preferiti (con
la speranza che lo speaker finisse subito le dediche e non parlasse troppo sopra le canzoni), la racchetta
da tennis Maxima di legno, i colori a spirito Carioca e le inutili penne colorate dai profumi nauseanti, le
sfide incazzate al calcio balilla della “saletta”, i capelli di Cesare Ragazzi, le ore perse a comporre sugli
odiosi telefoni della SIP il numero della trasmissione di Raffaella Carrà per cercare di prendere la linea
e provare ad indovinare il numero dei fagioli nel contenitore, la caccia alle lucertole per dimostrare che
la coda continuava a muoversi anche quando la staccavi, le feste in cui il deejay non esisteva e ognuno
portava qualche disco (anche se alla fine girava a ripetizione sempre e solo la colonna sonora de “Il
tempo delle mele”, mentre qualcuno spegneva le luci ed i genitori facevano finta di non vedere), il
pranzo domenicale dai nonni che si concludeva sempre col vassoio di “pastarelle”, lo schiacciapensieri
che era l’oggetto dei sogni più di quanto lo siano oggi l’iPod e la PSP, l’orologio al quarzo del
marocchino che il settimo giorno non dava più segni di vita (ecco dove si sono ispirati gli autori del
film The Ring!), i poster del “Corriere dei Piccoli” ed i gadget di “Più”, l’armadio del mio amico
Giuseppe che avevo paura ad entrarci perché ti trasportava in un’altra dimensione, la gita a San Marino
ed all’Italia in miniatura, la pista Polistil, le compilation BimboMix, la Grappa Bocchino Sigillo Nero
di Mike Bongiorno ed il Cynar di Ernesto Calindri, il cassetto della cattedra sempre pieno di giochi e
figurine sequestrati dalla maestra, le espadrillas ed i pantaloni alla zuava, l’amico di mio padre che mi
faceva incazzare infilando il suo pollice tra l’indice ed il medio e dicendo di avermi rubato il naso, il
gioco della bottiglia (obbligo o verità?), le sorprese delle merendine del Mulino Bianco, i gelati
Eldorado, le buste sorpresa dell’edicola che per 500 lire ti riempivano di cazzate, le ginocchia
perennemente sbucciate provando acrobazie improbabili con la BMX, il Sapientino ed il Grillo
Parlante, le caramelle Zigulì ed i chewing gum a forma di spinaci di Braccio di ferro, il “carbone”
dentro la calza della Befana che alla fine non te ne fregava un cazzo se eri stato cattivo… (continua?)

Professione: pubblico
Ho letto in giro diversi post scandalizzati per la fila umana, con tanto di numeretti autoprodotti per far
rispettare l’ordine di arrivo, che si è formata davanti al Tribunale di Torino in occasione delle udienze
del processo d’appello ad Anna Maria Franzoni. Un delitto, quello di Cogne, divenuto l’ennesimo
reality show con i suoi casting, le sue code, il suo pubblico idiota che, costi quel che costi, deve
assolutamente entrare nell’inquadratura della telecamera per dare il suo indispensabile contributo: fare
“ciao” con la mano. Ed essendoci di mezzo la morte di un bambino, la vicenda ha assunto toni più
squallidi che mai. Eppure la colpa di tutto questo è solo parzialmente di chi stava in fila, perché sarebbe
bastato non dare risalto mediatico all’episodio. Purtroppo siamo schiavi di un elettrodomestico che
riesce a trasmetterci solo questo tipo di valori e, piuttosto che pensare allo studio, alla cultura, al lavoro
(quello duro) ed alla famiglia, buttiamo soldi nel SuperEnalotto in attesa di un’improbabile “svolta”, ci
trombiamo il tipo con le conoscenze per diventare modelle o veline, e ci piazziamo davanti ai cancelli
di Cinecittà per tentare di assistere a qualche trasmissione televisiva (non conta quale: l’importante è
che vada in onda, ché fa curriculum).
I quotidiani più letti sono quelli sportivi, le riviste più vendute sono quelle di gossip, non abbiamo
accesso ad informazioni di prima mano ma siamo costretti ad ascoltare e leggere notizie che qualcun
altro ha scremato ed interpretato per noi, i telegiornali sono diventati dei contenitori di spot e stronzate:
il grande freddo, le curiosità dal mondo, la prova su strada della nuova Ferrari, il backstage del
culendario 2006 di Elena Santarelli, le sfilate di moda, vip che si accoppiano e si scoppiano tra loro
(videochiamami!), storie e scandali delle varie famiglie reali, il nuovo film di Harry Potter, il calcio e,
immancabile, la marchetta a qualche trasmissione televisiva della stessa rete. Ovvio che poi la massima
aspirazione dell’italiano medio sia quella di passare un pomeriggio dentro gli studi di Buona
Domenica, a caccia dell’autografo di Diego Conte o di Platinette. Ovvio che le puntate più seguite di
“Porta a porta” e “Matrix” siano quelle dedicate a “L’isola dei famosi” ed a “La Talpa”. Ovvio che i
blog più letti siano quelli cosiddetti televisivi. Ovvio che quando qualcuno sostiene di non guardare o
di non possedere affatto la televisione non riesca a convincere nemmeno se stesso. Ci scandalizziamo
per la fila davanti al Tribunale di Torino… ma di quei folli che fanno il “pubblico” durante l’estrazione
dei numeri del Lotto della ruota di Roma, ne vogliamo parlare?!?

Festa della donna al volante


Ribadire ogni anno come la festa della donna sia in realtà solo la festa di fiorai e ristoratori
sinceramente ha stufato. Ed ormai l’ha capito anche la maggior parte delle stesse donne che ignorare il
vero significato di questa ricorrenza festeggiando con mimose e spogliarellisti non sia il massimo della
vita. Ragion per cui, care esponenti del gentil sesso, oggi non vi farò gli auguri (visto che come molte
di voi amano ripetere “la festa della donna è tutti i giorni, non solo l’8 marzo“). Ma sono buono e vi
dedicherò ugualmente un post, perché l’esistenza di un proverbio che recita “donna al volante, pericolo
costante” non può essere un caso. Ed al di là di luoghi comuni e di stupide generalizzazioni (perché
effettivamente esistono donne che sono degli assi, come uomini a cui andrebbe ritirata la patente
direttamente e senza passare dal via), negli ultimi tempi ho statisticamente verificato sulla mia pelle
tale circostanza. Ma esistono degli atteggiamenti e dei modi di fare che permettano di riconoscere e
distinguere la donna al volante alla quale evidentemente la patente è stata rilasciata per sbaglio? Io ne
ho codificati alcuni, poi come al solito passerò la palla a voi per rendere il quadro più completo. Tale
adorabile bastarda:
• quando entra in macchina chiude lo sportello con rabbia;
• quando mette in moto, spesso dimentica di schiacciare la frizione prima di inserire la marcia;
• usa le mani dando la priorità alla sigaretta ed al telefonino piuttosto che al volante ed al cambio;
• quando riconosce ai lati della strada qualche amica suona ripetutamente e fastidiosamente il
clacson per poi sbracciarsi in maniera scomposta, senza rendersi conto che nel frattempo ha
allarmato tutti gli altri conducenti e si è beccata una carriola di vaffanculo;
• ha sempre la precedenza per immettersi nei rondò alla francese;
• non è stata ancora avvisata dell’esistenza delle frecce, né dell’invenzione dei segnali di stop e
delle strisce di demarcazione delle corsie (magari ha appena capito il significato dei colori del
semaforo e non si può pretendere che metabolizzi troppe nozioni tutte insieme);
• quando si immette su una strada principale da una strada secondaria, sbuca all’improvviso senza
guardare, poi si ferma in mezzo alla strada e controlla se per caso sopraggiunga qualcuno;
• in caso di incidente non ha la più pallida idea di cosa fare e, dopo aver offeso gratuitamente gli
incolpevoli conducenti degli altri veicoli coinvolti, finge disperazione e poi tira fuori il cellulare
per chiamare in aiuto il marito;
• quando parcheggia, nella migliore delle ipotesi l’operazione richiede una ventina di manovre
perché, oltre al classico “una botta avanti ed una dietro”, anche dopo anni di esperienza non
riesce a comprendere che conviene iniziare a sterzare prima di muovere la macchina;
• quando parcheggia ma non ha tempo da perdere, ed anche in presenza di posti talmente larghi
da poter essere comodamente occupati da un tir, posiziona la macchina in diagonale e con la
parte posteriore abbondantemente fuori rispetto alle strisce, salvo poi scendere ed allontanarsi
facendo finta di controllare che la sua auto non dia fastidio agli altri veicoli in movimento (se
poi qualcuno la guarda in malo modo, e solo in quel caso, torna verso la macchina ed accende le
quattro frecce per sentirsi a posto con la coscienza);
• prima di uscire dalla macchina spalanca violentemente lo sportello, noncurante delle strade
strette e degli altri automezzi in transito;
• ha “le sue cose” per 30 giorni al mese (persino a febbraio);
• evidentemente non ha conosciuto carnalmente Matteo Bordone.

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