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Vi ho parlato qualche giorno fa di quanto sia poco opportuno far capire ai propri conoscenti che vi
intendete di computer, e vi ho descritto un quadro delle possibili conseguenze di tale insana azione.
Non vi ho parlato però di alcune “consulenze telefoniche” di altra natura che mi sono state richieste con
la scusa che “ essendo un genio del computer, sicuramente sei in grado di aiutarmi” e con la pretesa
che, poiché qualsiasi modello di qualsiasi aggeggio o elettrodomestico di qualsiasi marca funziona allo
stesso modo, il “genio del computer” sia in grado di farlo funzionare senza il bisogno del relativo
manuale.
• Telefonata n°1: “Mi hanno regalato il telefonino, ma non saprei quale operatore e quale tariffa
scegliere…”
(ma farti dare degli opuscoli per confrontare le tariffe in base al tuo utilizzo?)
• Telefonata n°2: “Oggi da Auchan c’era in offerta il cordless con segreteria telefonica
incorporata, ma non capisco come si registra il messaggio…”
(ma provare a leggere le istruzioni?)
• Telefonata n°3: “Stasera devo andare al teatro, ma in tv c’è la 752esima puntata di Un posto al
sole e non so come programmare il videoregistratore…”
(fortuna che il mio videoregistratore l’ho distrutto a martellate quando mi sono reso conto che
lo utilizzavo solo per gli altri!)
• Telefonata n°4: “I tasti del telecomando sono diventati incredibilmente duri: per cambiare
canale devo premerli più volte con forza…”
(ma provare a cambiare le batterie?)
Ma la vera chicca è quella di qualche giorno fa, che ti fa capire quanto certa gente abbia la faccia come
il culo:
• Telefonata n°5: “Mi è arrivata la tessera dell’Accendipremi di Enel Gas e nel catalogo c’è
scritto che se il questionario lo compilo su internet anziché spedirlo per posta, mi danno 250
punti di benvenuto invece di 100: peccato che io internet non ce l’ho…”
(peccato davvero! Comunque grazie per la segnalazione! Adesso scusa ma ti lascio: devo
scappare a compilare online il mio questionario… 250 punti, ma ci pensi?)
Per tutti, d’ora in poi, la mia risposta sarà sempre la stessa: “Ma sticazzi?!?”
Il genio del computer
Il fatto che io passi gran parte del mio tempo libero utilizzando un pc non implica che io sia “il genio
del computer”, né autorizza chicchessia a frantumarmi gli zebedei per risolvere problemi che non sono
i miei. Eppure il “tecnoleso medio” crede che poiché coltivo questo tipo di hobby, mi basta avere un
qualsiasi computer davanti per realizzarmi e divertirmi, ed ha l’assurda pretesa di imparare in un’ora
(rubata al mio tempo libero) quello che nessun libro mi ha insegnato, ma ho maturato dopo anni di
passione e di errori commessi sulla mia pelle. Succede sempre così: sei a cena fuori e si parla del più e
del meno, un tuo amico ha un problema col pc ed è più forte di te… gli spieghi come risolverlo. E’
l’inizio della fine. Lui finge di aver capito, ma il giorno dopo, inesorabile, arriva la sua telefonata.
Ovviamente tu sei “in altre faccende affaccendato” e lui nemmeno ti chiede se disturba. Fa niente. Gli
ripeti come risolvere il problema, ma lui è abituato ad eseguire meccanicamente una serie di operazioni
senza nemmeno capire cosa sta facendo, quindi, armato di taaanta pazienza, rimani al telefono e gli
detti passo per passo il da farsi. Il problema è brillantemente risolto, ma ormai il suo computer è
diventato il tuo e d’ora in poi qualsiasi cosa gli succederà saranno cazzi tuoi. Ma non finisce qui. Si
spargerà la voce, inizierà a telefonarti gente sconosciuta, amica del cugino del cognato del nonno
dell’amico col quale durante la famosa cena avresti fatto bene a fingere di non capirci niente di quei
fottutissimi computer. Nella migliore delle ipotesi seguiranno altre telefonate, ma da qui a ritrovarti la
stanza piena di midtower e di portatili da sistemare, il passo sarà breve. Qualcuno andrà addirittura a
riesumare dallo stanzino sottotetto quello scatolone impolverato che aspettava da tempo il fesso di
turno: dentro ci troverai hardware dell’era paleozoica che, se riuscirai a far funzionare, servirà a far
impratichire i figli del tuo amico nella speranza che, crescendo, non diventino tecnolesi e rompicoglioni
come il padre.
Il rosso e il nero
Su questo blog ho sempre cercato di evitare gli argomenti “politici”, quelli cioè che possono essere
visti, raccontati e strumentalizzati attraverso chiavi di lettura diametralmente opposte, senza che una
verità indipendente, provata ed evidente possa chiudere la bocca a chi non perde occasione per tirare
l’acqua al suo mulino. Lo faccio perché il mio punto di vista potrebbe avvicinarmi alle ideologie di
qualche partito col quale, però, non ho (e non voglio avere) nulla a che fare.
Quando ero piccolo, vidi grossi manifesti per la città con un gigantesco “NO” su missili e bombe
atomiche e decisi che da grande sarei stato un comunista. Appena maggiorenne, quando cioè iniziavo a
vedere la politica esattamente come il tifo per una squadra di calcio piuttosto che per un’altra, votai
Alleanza Nazionale, alla quale riconobbi il pregio di portare avanti ideologie di destra pur
distaccandosi nettamente dal fascismo. Ma, più probabilmente, scelsi quel partito perché era fortemente
odiato da chi (per scelta e non per necessità) veniva a scuola con stracci vecchi, magliette rosse col
faccione di Che Guevara (che, a dir la verità, non conoscendone ancora la storia confondevo per uno
stilista fighetto di sinistra), barba incolta e sciarpa da fedayn al collo. Dopo un’iniziale interesse per la
politica, mi resi conto crescendo che non mi sbagliavo: tra la militanza politica ed il tifo calcistico
non c’è nessuna differenza. Ed a volte si arriva ad abbracciare e sostenere un certo schieramento solo
grazie ad influenze esterne e casi fortuiti, ignorandone completamente la storia e le idee.
Ad esempio io iniziai a simpatizzare per la Juventus a sei anni, quando in prima elementare si
cominciava a parlare di calcio, ma solo perché quell’anno la Vecchia Signora vinceva sempre. Mia
sorella cambiava idea in continuazione seguendo chi le stava simpatico: iniziò a tifare Fiorentina
influenzata da mio padre, poi sotto il ricatto dei miei giocattoli la convinsi a tifare Juve, infine
bisticciammo e diventò definitivamente milanista, sapendo che quella squadra mi stava troppo sui
coglioni. Così è la politica. Ho visto gente sputare sul proprio passato e passare inspiegabilmente da
una sponda all’altra con la promessa di incarichi di prestigio, amici andare fuori di testa e cambiare
improvvisamente stile di vita come se fossero stati ipnotizzati da qualche setta satanica, personaggi
faziosi e convinti andare contro gli interessi della propria città pur di mettere i bastoni tra le ruote ai
loro avversari. Per questo declino volentieri l’invito a schierarmi, che qualcuno più volte mi ha rivolto
in questa ed in altre sedi. Per questo mi trovo d’accordo con Gaspar Torriero quando scrive che oggi
occorre “essere all’opposizione sempre, per principio” e che “il ricambio al potere non è la soluzione”,
ma a condizione che opposizione venga intesa come controllo serio, obiettivo ed incondizionato
sull’attività della maggioranza, e non boicottaggio ed ostruzione aprioristica.
Oggi però la politica è un modo come un altro per sistemarsi, la scusa per ottenere giorni di ferie
retribuiti causa campagna elettorale, un metodo facile e veloce per guadagnare un riavvicinamento del
posto di lavoro alla propria località di residenza, una voce in più da aggiungere al curriculum, il mezzo
per saziare i propri istinti di esibizionismo, successo e potere. Se vinci, hai buone possibilità di sederti a
tavola e di mangiare una fetta di torta (ma devi scendere a compromessi coi “burattinai” ed entrare a
far parte di quei giochi di potere difficilmente giustificabili all’elettorato). Se perdi, sei
istituzionalmente costretto a sostenere sempre il contrario delle tesi di chi ha vinto, ostruendolo anche
in quei rari casi in cui si stia decidendo qualcosa di buono per la collettività. A chi mi accusa di
rimanere comodamente seduto nel mezzo, assicuro che la mia non è ipocrisia né falsità, ma più
semplicemente protesta nei confronti di un modo di fare che mi fa schifo e che vedo quotidianamente
mettere in pratica da parte di squallida e variopinta gentaglia locale che ha sempre privilegiato il
pettegolezzo, la diffamazione ed il disfattismo rispetto alla stesura di un programma politico ed
all’impegno concreto per la sua realizzazione. Se poi credete di potermi giudicare ed etichettare come
fascista o comunista a seconda di come io la pensi su guerra e pace, vino e birra, Berlusconi e Prodi,
pizza e pesce, beh, accomodatevi.
Camomillatemi!
Mi innervosisco quando sono vittima di circostanze gravi e spiacevoli, ad esempio se rischio la vita per
colpa di un idiota, magari dotato di macchinone dal costo inversamente proporzionale al proprio
quoziente intellettivo, che non rispetta lo stop o il semaforo rosso e che, non essendo la mia modesta
autovettura dotata di razzi-missile a ricerca calorica, riesce sempre e comunque a farla franca ed a
morire di morte naturale. Ma mi innervosisco anche e soprattutto in situazioni banali e perfettamente
tollerabili. Ad esempio:
• se gli interruttori sparsi per la casa, quando le luci sono spente, non si trovano tutti nello stesso
verso;
• se mio padre mi chiede in prestito la macchina (comprata con i miei soldi dopo dieci anni “a
piedi” in cui nessuno mi ha prestato, né tanto meno regalato, un bel cazzo di niente) piuttosto
che perdere dieci minuti del suo preziosissimo tempo per dare indietro quel rottame e dotarsi di
un’autovettura decente;
• se chi è stato in bagno prima di me ha finito la carta igienica e non ha lasciato un rotolo nuovo o
se, peggio ancora, rimettendo la carta nel porta-rotolo ha rivolto lo strappo verso l’interno
(aaargh!);
• se dopo cena non mangio qualcosa di dolce (uno snack, un gelato, un dessert… in casi estremi
di crisi di astinenza vanno bene anche un biscotto o una caramella);
• se un cliente arriva in studio, fuori orario e senza appuntamento, proprio mentre sto chiudendo
tutto per andare via o se, peggio ancora, mi telefona al numero di casa (appositamente reso
riservato e fornito solo agli amici e ad alcuni parenti);
• se trovo il tubetto del dentifricio tutto schiacciato in punta, con chili di pasta imprigionata in
coda;
• se passo giornate talmente piene e monotone da non avere nemmeno un argomento da trattare
sul blog o se, peggio ancora, un mio post che reputo degno di essere letto riceve pochi
commenti (e meno male che avevo detto di scrivere per me stesso);
• se mia madre spara qualche cazzata raccontatale da una delle sue colleghe tuttologhe e non si
fida della mia precisa ed inattaccabile dimostrazione dell’esatto contrario;
• se prenoto un tavolo per le 21 e nonostante io arrivi in perfetto orario il gestore mi dice “il
primo tavolo che si libera è vostro” (e grazie al cazzo);
• se sto in fila alle poste già da mezz’ora e all’improvviso entra il fregnone che immediatamente
si altera e pretende l’apertura di un altro sportello che altrimenti lui, il fregnone, perde l’autobus
(mentre notoriamente per noi altri gli uffici postali sono località di villeggiatura e la fila è
un’esclusiva attività di svago);
• se dimentico a casa l’orologio o il telefonino o entrambi;
• se facendo zapping subisco per più di due secondi di fila le immagini di Maria De Filippi,
Maurizio Costanzo, Barbara D’Urso, Costantino e Daniele (ho letto da qualche parte che hanno
fatto un film intitolato “Troppo belli”, ma non so come faccia certa gente ad abboccare a pesci
d’aprile così esageratamente assurdi e platealmente falsi), Nanni Moretti, Enrico Rocchi
(sottospecie di giornalista sportivo locale) o, tanto per sparare sulla Croce Rossa, Flavia Vento
ed una qualunque delle sorelle Lecciso.
• (se uno sbalzo di tensione o una ram di merda mi resettano il pc due volte di seguito mentre sto
scrivendo questo fottutissimo post)
E voi?
Professione: pubblico
Ho letto in giro diversi post scandalizzati per la fila umana, con tanto di numeretti autoprodotti per far
rispettare l’ordine di arrivo, che si è formata davanti al Tribunale di Torino in occasione delle udienze
del processo d’appello ad Anna Maria Franzoni. Un delitto, quello di Cogne, divenuto l’ennesimo
reality show con i suoi casting, le sue code, il suo pubblico idiota che, costi quel che costi, deve
assolutamente entrare nell’inquadratura della telecamera per dare il suo indispensabile contributo: fare
“ciao” con la mano. Ed essendoci di mezzo la morte di un bambino, la vicenda ha assunto toni più
squallidi che mai. Eppure la colpa di tutto questo è solo parzialmente di chi stava in fila, perché sarebbe
bastato non dare risalto mediatico all’episodio. Purtroppo siamo schiavi di un elettrodomestico che
riesce a trasmetterci solo questo tipo di valori e, piuttosto che pensare allo studio, alla cultura, al lavoro
(quello duro) ed alla famiglia, buttiamo soldi nel SuperEnalotto in attesa di un’improbabile “svolta”, ci
trombiamo il tipo con le conoscenze per diventare modelle o veline, e ci piazziamo davanti ai cancelli
di Cinecittà per tentare di assistere a qualche trasmissione televisiva (non conta quale: l’importante è
che vada in onda, ché fa curriculum).
I quotidiani più letti sono quelli sportivi, le riviste più vendute sono quelle di gossip, non abbiamo
accesso ad informazioni di prima mano ma siamo costretti ad ascoltare e leggere notizie che qualcun
altro ha scremato ed interpretato per noi, i telegiornali sono diventati dei contenitori di spot e stronzate:
il grande freddo, le curiosità dal mondo, la prova su strada della nuova Ferrari, il backstage del
culendario 2006 di Elena Santarelli, le sfilate di moda, vip che si accoppiano e si scoppiano tra loro
(videochiamami!), storie e scandali delle varie famiglie reali, il nuovo film di Harry Potter, il calcio e,
immancabile, la marchetta a qualche trasmissione televisiva della stessa rete. Ovvio che poi la massima
aspirazione dell’italiano medio sia quella di passare un pomeriggio dentro gli studi di Buona
Domenica, a caccia dell’autografo di Diego Conte o di Platinette. Ovvio che le puntate più seguite di
“Porta a porta” e “Matrix” siano quelle dedicate a “L’isola dei famosi” ed a “La Talpa”. Ovvio che i
blog più letti siano quelli cosiddetti televisivi. Ovvio che quando qualcuno sostiene di non guardare o
di non possedere affatto la televisione non riesca a convincere nemmeno se stesso. Ci scandalizziamo
per la fila davanti al Tribunale di Torino… ma di quei folli che fanno il “pubblico” durante l’estrazione
dei numeri del Lotto della ruota di Roma, ne vogliamo parlare?!?