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I collezionisti russi a Roma nel Settecento

Una conferenza di Sergei Androsov


di Tatiana Polomoshnykh

Il 2 luglio 2013 al Centro Russo di Scienza e


Cultura a Roma si svolto una interessante conferenza di Sergej Androsov, Capo Dipartimento delle arti figurative occidentali allErmitage, sugli acquisti sistematici di opere darte italiane effettuati a Roma, specie nella seconda met del Settecento, da prestigiosi aristocratici russi per conto degli zar o di collezionisti privati russi. Si tratt di una vera e propria missione, guidata da tre funzionari, diplomatici e collezionisti: il conte Michail Illarionovich Vorontsov (1714-1767), lultimo favorito di Elisabetta I, Ivan Ivanovi uvalov (1727-1797) e il principe Nikolaj Borisovi Jusupov (1750-1831). Oltre ai contatti giusti per ottenere le licenze papali desportazione, questi abili agenti possedevano un gusto infallibile. Cos tra le firme esportate troviamo quelle del mosaicista Alessandro Cocchi (1696-post 1780), dellorafo Luigi Valadier (1726-1785), padre del pi celebre architetto Giuseppe, degli scultori Bartolomeo Cavaceppi (1715/7-1799), Carlo Albacini (1739?-post 1807) e Antonio Canova (1757-1822), presente allErmitage con il Cupido Alato (1793-97) e con la seconda versione di Amore e Psiche (1800-1803). Il racconto dello studioso pietroburghese, intessuto di nomi, date e citazioni in francese dei documenti dellepoca, genera una serie di riflessioni. Come dobbiamo considerare il fatto, che queste opere non siano pi a Roma, come le altre migliaia italiane finite nei musei di tutto il mondo anche come bottino di guerra o trasferimenti illeciti? Quante non debbono la loro sopravvivenza e la loro fruibilit, anche da parte dei cittadini italiani, proprio alla circostanza di essere state sottratte, con lesportazione, alle distruzioni provocate dalla guerra o dallincapacit dellItalia di dare efficace tuitela al proprio patrimonio artistico e culturale? In definitiva la versione dellAmore e Psiche di Canova posseduta dellHermitage, stata esposta in tutto il mondo, e pure in Italia, a Milano e a Roma (Galleria Borghese). Lespatrio delle opere darte, come lemigrazione, non uccide, ma fa vivere e conoscere le culture e le identit. Soprattutto oggi, nellera della realt e dei musei virtuali, la presenza di opere darte italiane nei grandi musei stranieri rende un servizio di enorme importanza allimmagine

dellItalia nel mondo. Anzi, in molti casi queste opere non sarebbero proprio nate senza i committenti stranieri e i loro soldi. Come non sarebbero sorte le opere darchitettura italiana allestero, per esempio, i palazzi di Bartolomeo Rastrelli (1700-1771), costruiti per Caterina II e per lo stesso Vorontsov a Pietroburgo. Invitare gli artisti italiani era la pratica diffusa e solo il caso imped a Canova ad accettare linvito di Jusupov, che agiva per volere di Caterina, a visitare la lontana Russia ed eseguirvi un monumento alla zarina. Un'altra conclusione, che viene spontanea ascoltando il racconto di Androsov, che negli acquisti russi nella Roma di quei tempi si rispecchia larte dellintera Europa. LItalia appare non solo e non tanto come miniera dei diamanti darte made in Italy, quanto come una fucina internazionale desportazione artistica, egemone nel mercato mondiale. A questo fa pensare, per esempio, la storia del ritratto di Elisabetta I, custodito nel Museo Russo di San Pietroburgo. A met degli anni 40 del Settecento il conte Vorontsov conobbe a Roma il famoso conte svedese Nicol Bielke (1706-1765), che nel 1731 aveva abiurato pubblicamente la fede protestante ed era stato insignito del titolo di senatore romano, il quale lo indirizz allo Studio del mosaico della Reverenda Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, in cui era attiva la famiglia Cocchi. Ad Alessandro Cocchi Vorontsov commission un ritratto a mosaico di Elisabetta I, dandogli per modello quello eseguito a Pietroburgo dal pittore francese Louis Caravaque (1684-1752/4) e fatto arrivare da Vorontsov via Vienna. Cocchi termin il ritratto nella primavera del 1750 e la cornice fu eseguita da Luigi Valadier. Negli archivi russi si trova la ricevuta, che attesta il pagamento di 600 scudi a Cocchi e 300 a Valadier Il ritratto fu esposto nel Campidoglio, fu visto dal papa Benedetto XIV e molto valutato dai conoscitori. Il ritratto fu poi spedito in Russia in giugno, affidato al pittore austriaco Anton Joseph von Prenner (1698-1761). Lopera di Caravaque, come anche il mosaico,

commenta Androsov, un capolavoro, perch trasmette la nota innaturalezza del personaggio. La posizione e lespressione del volto conferiscono alla giovane donna un aspetto curioso. Cocchi riesce a rendere la gamma cromatica molto fine e a trasmettere la superficie dei tessuti, il contrasto del pizzo con la luce metallica della corona. Come scrisse in francese Vorontsov a Bielke, il mosaico fece grande impressione in Russia, anche per la somiglianza allimperatrice, la quale ne rimase pienamente soddisfatta. Fu proprio osservando la maestria di Cocchi nel realizzare questo ritratto con la tecnica del mosaico, che Michail Lomonosov (1711-1765), scenziato, fisico, astronomo, chimico, geografo, poeta, uomo universale, decise di ripristinare l'antica arte del mosaico. A tale scopo si dedic alla ricerca sulla creazione dello smalto, il cui segreto era andato perduto. In una lettera del 1754 a Leonhard Euler (1707-1783), Lomonosov scrisse di aver condotto tre anni di esperimenti sugli effetti della chimica dei minerali sul colore. Nel 1763 fond una fabbrica di vetro che fu la prima, fuori dItalia, a produrre mosaici in vetro colorato. A questo atelier sono stati attribuiti 40 mosaici, di cui 24 sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Tra i migliori i ritratti di Pietro il Grande (su quello fattogli da Caravaque) e di Lomonossov stesso e la scena monumentale della battaglia di Poltava con Pietro il Grande a cavallo, che misura 4,8 6,4 metri.

Palazzo Vorontsov a San Pietroburgo

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