Sei sulla pagina 1di 6

Francesco Lamendola

Caratteri ereditari e acquisti nell'enigma antropologico dei ragazzi-lupo


La Lituania, nel XVII secolo, era ancora un Paese remoto e quasi favoloso, di cui ben poco si sapeva nelle citt dell'Europa occidentale. In fondo, il suo fiero popolo si era convertito al cristianesimo appena tre secoli prima, dopo strenue lotte che avevano messo a dura prova dei monaci-guerrieri della tempra dei Cavalieri dell'Ordine Teutonico. Immense foreste popolate di cervi, bisonti, alci, linci, lupi, orsi, ricoprivano gran parte del suo territorio, alternandosi alle paludi. E fu appunto in quelle buie foreste che per ben tre volte, nel corso del 1600, vennero catturati niente di meno che dei ragazzi-orso: ragazzi, cio, che erano stati "adottati" dai possenti plantigradi e che vivevano con loro, si muovevano e si nutrivano come loro; non sapevano parlare n mostravano alcuna attitudine propria della specie umana. Il primo caso avvenne nel 1661; si trattava di un ragazzino di circa 12 anni, che si spostava correndo a quattro zampe, non mostrava il minimo barlume d'intelligenza e, ovviamente, non pronunciava una sola parola, esprimendosi solo con grugniti e suoni inarticolati. Ma la cosa veramente strana fu che, poco pi di una trentina d'anni dopo, nel 1694, venne trovato un secondo ragazzo-orso, dell'et apparente di una decina d'anni. E non era ancora finita, perch un terzo caso venne scoperto pochi anni dopo, sempre nei fitti boschi di quel Paese, tanto da suscitare, alla fine, il vivo interesse del mondo scientifico europeo. Il primo a darne notizia al pubblico fu O'Connor, nel 1698; ma la cosa, sul momento, pass relativamente inosservata. La vera disputa sull'enigma antropologico dei "ragazzi selvaggi" e, in particolare, sui ragazzi-orso della Lituania, ebbe inizio quando se ne occup il filosofo francese Condillac, nel 1746. Il suo interesse, quasi certamente, derivava dal fatto che quei "ragazzi selvaggi" sembravano in grado di dimostrare le tesi centrali del sensismo, ossia che nell'essere umano non esistono idee innate e che egli le viene acquisendo, attraverso l'esperienza, via via che i suoi sensi vengono stimolati dall'educazione e da un ambiente idoneo. Ma, nel caso di quei poveretti, erano venuti loro a mancare sia l'una cosa che l'altra, per cui non erano pi stati in condizione di essere rieducati. Ad ogni modo, la loro semplice esistenza sembrava gi una conferma del fatto che l' uomo naturale, ossia l'uomo allo stato di natura, era una semplice astrazione: lasciato allo stato di natura puro e semplice, l'essere umano non era che un bruto, e nulla sapeva fare se non quello che facevano, guidati dall'istinto, gli animali selvatici con i quali era vissuto e che lo avevano aiutato a sopravvivere. Comunque, una ghiotta pietanza era stata servita sulla tavola dei philosphes dell'et dei Lumi, i quali partivano dall'assioma che il posto eminente raggiunto dall'uomo fra gli esseri viventi non era il frutto di un dono soprannaturale, ma di una opportuna educazione delle facolt sensibili, intellettive e affettive, che agivano sulla sua natura, partendo da una vera e propria tabula rasa. Anche il grande naturalista svedese Carl von Linn, universalmente noto con il nome umanistico di Carlo Linneo e autore della fondamentale classificazione scientifica degli esseri viventi a base binomiale, venne a conoscenza del caso sorprendente dei ragazzi-orso della Lituania e non pot resistere alla tentazione, com'era nella sua mentalit, di fare di quegli sventurati una specie a parte del genere umano, affibbiando loro il nome scientifico di Juvenis Ursinus Lituanus.
1

N bisogna credere che quello dei ragazzi-orso della Lituania fosse un caso eccezionale ed isolato. Anche se sporadici, casi analoghi erano gi stati segnalati, pi raramente prima di quella data; mentre, da quel momento in poi, gli avvistamenti e le catture si moltiplicarono in maniera impressionante. L'unica cosa che variava era il genere di animale presso il quale i "ragazzi selvaggi" vivevano, dopo esserne stati adottati, uniformandosi a tutte le sue abitudini; questo dipendeva dalla distribuzione della fauna dei grossi mammiferi europei, a seconda del clima e delle condizioni locali. Cos, mentre i ragazzi-orso prevalevano nelle sterminate foreste dell'Europa settentrionale, in quella centrale e meridionale si trattava, per lo pi, di ragazzi-lupo; mentre nelle zone aride del Medio Oriente si segnalavano dei ragazzi-gazzella e dei ragazzi-scimmia. Esistevano ancora, in vaste regioni del vecchio continente, delle zone boscose e scarsamente popolate; zone dove la presenza del lupo, ad esempio, era cos frequente, che ogni paese aveva da lamentare i suoi morti, divorati dalle fiere che giungevano, d'inverno, a spingersi fin dentro le stalle e le abitazioni. Non vero, come sostengono oggi alcuni disinformati animalisti, che il lupo non abbia mai costituito una seria minaccia per gli esseri umani, ma solo per le greggi di pecore; la favola di Cappuccetto Rosso non un parto estemporaneo della fantasia di qualche sognatore, ma la realistica trasposizione di una situazione diffusa. Allo stesso tempo, certamente vero che il lupo venne fatto oggetto, per ritorsione, a una caccia spietata e sproporzionata, che fin per portarlo quasi all'estinzione, dopo che la riduzione del suo habitat naturale ne aveva gi seriamente compromesso la sopravvivenza, riducendo i branchi pi numerosi a pochi individui isolati (cfr. Francesco Lamendola, L'uomo e il lupo: la coesistenza (quasi) impossibile ; e La bestia del Gvaudan, enigma irrisolto della criptozoologia, entrambi consultabili sul sito di Arianna Editrice). Vogliamo ora delineare una panoramica dei casi di ritrovamento dei "ragazzi selvaggi", limitandoci a quelli pi significativi; non senza avere ricordato che le condizioni di vita della popolazione rurale erano sovente cos difficili, che il caso di bambini abbandonati, come estrema misura di sopravvivenza delle famiglie minacciate dalla carestia, non era affatto raro (ancora una favola eloquente in proposito: Hansel e Gretel). Del pari, bisogna ricordare che la presenza di una grossa fauna selvatica, che doveva dividere il medesimo spazio con gli esseri umani, creava l'occasione per queste stranissime "adozioni", di cui un ricordo si trova anche - non dimentichiamolo - nella leggenda romana di Romolo e Remo. Nel XIV secolo si ricordano due casi degni di nota: quello del ragazzo-lupo dell'Assia, nel 1344 (riferito da Camerarius nel 1602), e quello del ragazzo-lupo di Wetteravie, dello stesso anno (riferito da Von Schreiber nel 1775). Nel XV secolo, nessun caso; nel XVI, oltre a quelli gi riferiti, vennero trovati un ragazzo-montone, in Irlanda, nel 1672 e un bambino-vitello a Bamberga, verso il 1680. Talvolta i ragazzi "selvaggi" hanno vissuto in completa solitudine, non sono stati allevati, cio, da animali (o, se lo sono stati, hanno finito per distaccarsene). Tali, nel XVIII secolo, i casi della ragazza di Kranenburg, in Olanda, nel 1717; i due bambini dei Pirenei, del 1719; il cosiddetto Peter di Hannover, nel 1724; la fanciulla di Signy, nella Champagne, del 1731; Jean di Liegi, in un anno imprecisato; Romko di Zips, in Ungheria, nel 1767; e il pi celebre di tutti, Victor, di cui ci siamo recentemente occupati nell'articolo Il conflitto tra natura e cultura nel caso del ragazzo selvaggio del'Aveyron, sul sito di Arianna). Sempre al XVIII secolo appartiene il caso della ragazza-orso di Krapfen, in Ungheria, del 1767; mentre al secolo successivo rimanda quello, ben diverso, del famoso Kaspar Hauser, sul quale tanto si almanaccato dopo che il teatro, la letteratura e, ai nostri giorni, il cinema, si sono interessati alla sua misteriosa vicenda. Nell'Ottocento sembra che i casi si moltiplichino, ma vi ogni ragione di credere che ci dipenda dalla migliore documentazione di cui disponiamo e non dal fatto che si registri un aumento effettivo, tanto pi che il teatro dei ritrovamenti comincia a spostarsi dall'Europa all'Asia e all'Africa. Si va dalla ragazza-scrofa di Salzburg (anno imprecisato, segnalata da Horn nel 1831), a una serie di bambini selvaggi catturati in India a partire dal 1843 e fino al Novecento inoltrato. In
2

India, in effetti, vengono segnalati sia bambini-lupo, sia bambini-pantera e perfino bambinileopardo. A partire dalla seconda met dell'Ottocento i casi europei si fanno sempre pi rari; fra essi, il ragazzo-orso di Kronstad, segnalato da Rauber nel 1885. Nel continente africano viene catturato un bambino-babbuino, cui imposto il nome di Peter, in Sudafrica, nel 1904; e il bambino-gazzella di Mauritania, nel 1960. Nel Medio Oriente, la volta del bambino-gazzella di Siria, nel 1946, e del ragazzo-scimmia di Teheran, nel 1961. Perfino nel Nord America si verificano casi di "ragazzi selvaggi": quello di Anna di Pennsylvania, nel 1938, e quello di Edith dell'Ohio, nel 1940. In India i casi sono parecchi. Il pi celebre quello di due bambine, Amala e Kamala, di Midnapore, nel 1920; il pi recente quello di Ramu, ragazzo selvaggio trovato dalla polizia vicino a Lucknow, nel 1954, dell'et apparente di 12 anni, che alla fine del 1961 stato trasferito a New Delhi per venire sottoposto a uno speciale programma di rieducazione. Vale la pena di soffermarsi brevemente sulla vicenda di Amala e Kamala, perch particolarmente istruttiva riguardo alla tipologia degli uomini-lupo. Nel 1920 un missionario indiano, il reverendo J. A. L. Singh, trova in un bosco del Bengala una tana di lupi. La femmina viene uccisa mentre tenta di difendere l'ingresso; all'interno, gli uomini scoprono due lupacchiotti e due bambine, queste pi aggressive e selvagge di quelli. Vengono catturate e trasportate a Midnapore, ove il rev. Singh dirige un orfanotrofio, per un disperato tentativo di restituirle alla condizione umana. Amala molto piccola, non deve avere pi di due anni; Kamala una ragazza alta e forte di circa 8 anni. Non sopportano la luce, se ne stanno tutto il giorno a quattro zampe; ci vogliono tre anni di sforzi per insegnare a Kamala a reggersi in piedi, ma per correre ella riprende subito la posizione a quattro zampe. Apparentemente insensibili al caldo e al freddo, dormono di giorno e vanno a caccia la notte; mangiano con voracit animalesca e apprezzano specialmente la carne cruda; ululano per la smania di fuggire. Amala muore di nefrite nel 1921, all'et di circa due anni e mezzo, dopo un'agonia penosa. Quando vede che la sorellina non si risveglia, Kamala comincia ad agitarsi e, per la prima volta, il suo viso cambia espressione; bisogna allontanarla a viva forza. Seguita amorevolmente, Kamala realizza alcuni modesti progressi nello sviluppo affettivo e intellettuale, e raggiunge l'et di diciassette anni; muore nel 1929, anche lei di nefrite. Possediamo il diario del rev. Singh, in cui il religioso ha registrato le varie fasi del tentativo da lui compiuto di rieducare la ragazza. Una sintesi contenuta nel libro di Lucien Malson, I ragazzi selvaggi (titolo originale: Les enfants sauvages, 1964; traduzione di Pier Vittorio Molinario, Rizzoli, Milano, 1971, pp, 84-86), che qui parzialmente riportiamo. Progressivamente, ma molto lentamente, la maniera di procedere della piccola si umanizzata. Dopo dieci mesi trascorsi all'orfanotrofio, Kamala tende la mano per sollecitare un alimento; dopo sedici mesi, nel febbraio 1922, si drizza sulle ginocchia; in marzo prende a camminare in questa posizione; in maggio capace di tenersi in piedi, appoggiata contro un banco; nell'estate dell'anno successivo eccola, per la prima volta in piedi con le sue sole forze; nel 1926, in gennaio, cammina e negli ultimi due anni della sua vita - bench il suo stile, nella corsa, ricordi ancora quello del lupo - dimostra che la locomozione a quattro zampe dei primi tempi era dovuta solo alla mancanza di una normale educazione. Il carattere di Kamala, di ano in anno, si addolcito, e il suo comportamento modificato. Gesti di pura ebbrezza motoria, come quello di tirare per ore una corda, lasciano il posto ad atti integrati nella vita sociale: la presa e la manipolazione di un bicchiere per bere, la caccia ai corvi che divorano le granaglie nel cortile, le abitudini di pulizia personale e del bagno in presenza dei signori Singh, la sorveglianza dei neonati ospiti dell'orfanotrofio (Kamala segnala i piccoli che piangono, quelli che si trovano in difficolt), la raccolta delle uova nel pollaio, e l'adempimento di numerosi e semplici incarichi. Simultaneamente il carattere di Kamala subisce una profonda trasformazione. La morte di Amala dapprima sembra farla regredire: per la prima volta ha lacrime di dolore, per due giorni rifiuta
3

qualsiasi cibo o bevanda e per una settimana se ne sta rannicchiata in un angolo. Per dieci giorni, poi, va visibilmente alla ricerca della compagna, gettandosi sul minimo odore che questa possa aver lasciato. Al terzo trimestre di soggiorno all'orfanotrofio, dimostra meno diffidenza, accetta un biscotto che le tende la signora Singh, e le si avvicina quando questa distribuisce il latte. Imitando involontariamente Itard [il medico francese che segu la rieducazione del "ragazzo selvaggio" dell'Aveyron, fra il 1801 e il 1806], la moglie del reverendo pratica alla piccola dei massaggi destinati a sciogliere la muscolatura e a snodare le articolazioni. Un giorno di novembre del 1921, Kamala afferra la mano della sua protettrice per sollecitare la frizione. Nello stesso mese, avvicinandosi a due capretti, gli si accuccia acanto, li stringe contro di s e, incomprensibilmente, rivolge loro la parola. Dopo tre anni di vita tra gli uomini, Kamala comincia ad aver timore dell'oscurit, di notte cerca la compagnia di altre persone, diventa triste quando la signora Singh si allontana, e quando questa assente, erra lamentandosi nel giardino; quando invece la signora di ritorno, le si precipita incontro facendo salti di gioia. La sua sensibilit gustativa si affinata nel giro di cinque anni, cos come l'affettivit in generale andata crescendo. Ora apprezza il sale; nel 1926 disdegna le carogne di animali, prende a evitare i cani, piange quando gli altri bambini vanno al mercato senza di lei, si impazientisce quando deve attendere troppo a lungo il suo turno di andare in altalena, manifesta pudore e fierezza rifiutandosi di uscire dal dormitorio se prima non le sono dati i suoi vestiti. Anche l'intelligenza di Kamala andata lentamente liberandosi dal torpore primitivo. Ha dapprima appreso a pronunciare due parole: "ma" per "mamma", usata per rivolgersi alla signora Singh, e "bhoo" per esprimere la fame o la sete. Nel 1923, dice "s" e "no" con un gesto del capo, e "s" ("hoo") con la voce. Nel 1924 nomina e chiede il riso ("Bha"), e per la prima volta compie un atto volontario dicendo: "io voglio" ("am jab").. Nel 1926 Kamala, che sa riconoscere i propri oggetti personali (il suo piatto, il suo bicchiere), dispone di un rudimentale vocabolario composto di una trentina di parole. Capisce perfettamente le istruzioni che le vengono date verbalmente. Quando i termini le mancano, per esprimersi, ricorre a segni.. Con un vocabolario di cinquanta parole,, al termine della sua vita, essa pu parlare abbondantemente, rivolgendosi ai medici che la curano, dei quali peraltro conosce perfettamente i nomi. Si pu dire veramente, con Paul Sivadon, che nulla in lei rivela un idiotismo originario, e che il suo livello di intelligenza, all'et di otto anni, paragonato con quello a cui pervenne in seguito, dimostra evidentemente che la bambina dovete la sua triste condizione solo alla mancanza, durante i primi anni di vita, di una famiglia. Sivadon, accennando alla "storia di Kamala", ricordava che non si possono dissociare i problemi organici da quelli psicologici. E concludeva che l'uomo si distingue dall'animale per il fatto di nascere prematuro. La sua personalit si sviluppa, dopo la nascita, in una serie di matrici culturali che sono altrettanto importanti, per il suo sviluppo, della matrice materna. Sono le relazioni emozionali che il bambino intrattiene con la madre nel corso dei primi due anni di vita, che condizionano tutta la sua vita affettiva. l'apprendimento del linguaggio nel periodo pi appropriato, che condiziona tutta la sua vita intellettuale. Questo per dire che un bambino, normale alla nascita, pu diventare praticamente idiota se le condizioni nelle quali avviene il suo sviluppo sono sfavorevoli. Questa nozione essenziale: la personalit si sviluppa nella mostra in cui l'ambiente, col suo valore educativo, offre al bambino gli elementi culturali necessari al momento opportuno. Silvadon, psichiatra, e Merleau-Ponty, psicologo e filosofo dell'esistenza, si ritrovano. Ci si potrebbe chiedere, arrivati a questo punto, per quale ragione psicologi, scienziati e filosofi attribuiscano una cos grande importanza alle storie dei cosiddetti "ragazzi selvaggi" e ai tentativi di rieducarli a una vita umana "normale". La ragione risiede nel fatto che tali casi consentono di studiare dal vivo, e non solo in termini puramente teorici, l'ambigua linea di demarcazione che separa i caratteri ereditari dell'essere umano da quelli acquisiti, offrendo agli studiosi una miniera di osservazioni, suscettibili di conclusioni generali del pi alto interesse relativamente alla natura stessa della mente umana.

Si tratta di una questione che ha sempre affascinato la curiosit degli uomini: il re di Scozia Giacomo IV (1473-1513), ad esempio, proponeva di allevare un neonato senza fargli mai sentire il suono di una voce umana, per scoprire in quale lingua si sarebbe poi, spontaneamente, espresso. Ebbene, lo studio dei ragazzi selvaggi comporta delle osservazioni che si avvicinano all'idea rozzamente espressa da Giacomo IV Stuart. Per mezzo di essi, infatti, possibile verificare sperimentalmente fino a che punto quei caratteri e quelle funzioni, che noi attribuiamo all'uomo come assolutamente naturali, abbiano bisogno dell'esempio e dell'educazione per potersi manifestare. Su questo argomento apparso un interessante articolo sulla rivista Scienza e vita di Roma, nel numero di maggio del 1962, intitolato Un enigma: i ragazzi-lupi (pp. 81-84), non firmato e da attribuire, forse, alla penna del direttore, Giorgio Camis. L'argomento era di attualit per il fatto che, proprio allora, le agenzie di stampa avevano riportato la notizia che Ramu, il ragazzo-lupo di 16 anni che era stato scoperto, alcuni anni prima, nei pressi di Lucknow, era stato trasferito a New Delhi per ricevere un trattamento pi intenso di rieducazione generale. Un ragazzo lupo in piena era atomica, quando i razzi sovietici e americani avevano gi ingaggiato la gara spaziale per chi sarebbe giunto per primo sulla Luna, recando a bordo un equipaggio umano! Difficile, se non impossibile, immaginare una maggiore divaricazione fra il livello pi animalesco dell'umanit e le conquiste pi spettacolari della tecnologia e della scienza. Scriveva, tra l'altro, l'ignoto estensore dell'articolo: Ci che stupisce forse di pi nelle storie dei ragazzi-lupo non tanto il fatto che abbiano potuto sopravvivere in tali condizioni quanto le difficolt da essi incontrate per ritornare dei veri uomini. Se si ammette che i ragazzi selvaggi non sono tutti dei deficienti congeniti, si pu anche porre il problema su un piano pi generale e domandarsi fino a qual punto il comportamento acquisito nei primi anni della vita, durante i quali si fissano tante nozioni essenziali, possa essere ulteriormente modificato. L'importanza dei due primi anni dell'esistenza nella formazione di un essere umano una delle scoperte di questo secolo. Tutti gli sforzi di coloro che stanno attorno al neonato hanno lo scopo di educarlo a camminare e a parlare. Ora, se i casi di ragazzi selvaggi sono fortunatamente rarissimi, e qualche volta soggetti ad ampie riserve dal punto di vista scientifico, un vasto campo di osservazioni offerto invece dai fanciulli ricoverati negli ospedali sin dalla pi tenera et. Dopo essere riusciti a fare abbassare notevolmente il tasso di mortalit infantile i medici si trovano ora alle prese con un nuovo problema: in questi sventurati fanciulli si sviluppano, col tempo, quasi senza eccezione, disordini di ordine psichico che ne fanno degli asociali, dei delinquenti o dei deboli di mente. Due sono i fattori responsabili dei danni psicologici. In primo luogo l'assenza di stimolo: le istituzioni pi equipaggiate e pi igieniche si rivelano anche le pi nocive; esse non sterilizzano solo l'ambiente., sterilizzano anche la psiche del fanciullo. Persino il focolare pi sprovveduto offre al fanciullo maggiori stimolanti psichici di quanti ne offra un ospedale. Fondamentalmente, la mancanza della madre la cui influenza stimolatrice sar sempre pi intensa di quella del personale infermiere. Paragonando dei fanciulli cresciuti in una casa normale, o nella infermeria di una prigione femminile in cui le madri possono occuparsi dei loro piccoli, a quelli cresciuti in una delle tante istituzioni in cui dispongono di un ottavo di infermiera, si nota che alla loro ammissione nell'orfanotrofio i ragazzi si presentano con un bagaglio ereditario pi pesante di quello dei figli delle minorenni delinquenti. Ma mentre l'orfanotrofio rivela un abbassamento rapido dell'indice di sviluppo, l'infermeria delle carceri mostra al contrario un innalzamento continuo. Le curve si incrociano fra il quarto e il quinto mese; a partire da questo mese, la curva di sviluppo dei fanciulli dell'orfanotrofio s'abbassa con rapidit crescente per non rialzarsi pi. () dunque chiaro che il neonato, pi che di igiene e di nutrimento appropriato, ha bisogno di una "presenza" quasi continua. La parola "madre" usata dai medici e dagli psichiatri nei loro studi
5

deve in effetti essere intesa nella sua accezione pi larga. Oltre che della vera madre pu anche trattarsi di un'altra donna o anche di un uomo. L'essenziale che il fanciullo si senta sicuro e abbia al suo fianco un interlocutore che s'interessi a lui e incoraggi il suo risveglio alla vita. Mancando questo tutore, il ragazzo abbandonato a se stesso non ha pi voglia di svilupparsi. Ci si accorge, allora, che imparare a camminare, imparare a parlare un vero e proprio tirocinio. Il neonato a cui l'ambiente non ispira il bisogno di questo tirocinio, sar portato a rinunciare puramente e semplicemente a un comportamento che, in fin dei conti, non poi cos "naturale" come si amerebbe credere. Prima di concludere, vorremmo velocemente accennare a due riflessioni che, a nostro giudizio, emergono dallo studio dei "ragazzi selvaggi". La prima che la psichiatria di ispirazione sensista e materialista stata un po' precipitosa nel vedere, in questi casi, la prova provata di quanto sempre andata sostenendo circa il fatto che - per dirla col Malson - l'uomo non ha una natura quanto, piuttosto, una storia . Anche se gode oggi di una indubbia maggioranza dei consensi, che va dal behaviorismo al marxismo, dalla psicanalisi al culturalismo, tale indirizzo della psichiatria ha trovato, forse, in quei fenomeni, pi cose di quante ve ne fossero realmente. Itard, ad esempio - l'ammirevole medico che segu il caso di Victor, il "ragazzo selvaggio" dell'Aveyron, era convinto di aver trovato la conferma della fondamentale idea sensista, secondo la quale nessuna idea innata nell'uomo, la cui coscienza una tabula rasa anteriormente all'azione educativa dell'ambiente. Quello che aveva effettivamente dimostrato, invece (e ammesso che Victor, alla nascita, fosse un bambino di capacit psichiche normali), era che senza una educazione specificamente umana nei primi anni di vita, le potenzialit di apprendimento decadono rapidamente, sia sotto il profilo sensoriale, sia sotto quello intellettivo e affettivo. La seconda riflessione riguarda il pericolo che, nella societ post-moderna, sempre pi povera di contenuti e stimoli umani e sempre pi caratterizzata da stimoli artificiali o, addirittura, virtuali (come quelli dell'informatica), il ragazzo rischi oggi una regressione affettiva analoga a quella dei ragazzi-lupo allevati nella foresta dagli animali selvaggi. I casi pi eclatanti sono quelli in cui un adolescente compie delitti efferati, anche nell'ambito familiare (vedi il caso di Erika e Omar a Novi Ligure) senza manifestare, n prima n dopo, particolari emozioni o segni di pentimento , perch non si rende conto della gravit delle azioni commesse. come se dei ragazzi di sedici, diciotto o venti anni mostrassero la maturit affettiva di un bimbo di pochi anni o, peggio, di un ritardato mentale decisamente grave. Gi alcuni psichiatri e psicologi cominciano a lanciare l'allarme: i nostri ragazzi crescono sempre pi in un ambiente affettivamente "freddo" (quello della televisione e del computer, appunto) e manifestano evidenti difficolt a vivere in profondit le proprie emozioni. Per certi aspetti, e pur avendo un'intelligenza normalissima, si comportano come Victor o come Kamala, all'inizio del loro ritorno nella societ umana: non soffrono, non gioiscono, non avvertono o non manifestano emozioni e sentimenti. Vorremmo sbagliarci, ma abbiamo il timore che la civilt ipertecnologica che abbiamo costruito possa far regredire l'essere umano verso livelli sub-umani, e questo proprio nella sfera in cui la persona maggiormente in grado di esprimere la propria ricchezza ed eccellenza: quella dei sentimenti, degli affetti, dell'amore.

Potrebbero piacerti anche