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ORAZIO

ENCICLOPEDIA ORAZINA

ISTITUTO DELLA

ENCICLOPEDIA ITALIANA
FONDATA DA GIOVANNI TRECCANI

ROMA


PROPRIET ARTISTICA E LE1TERARIA RISERVATA COPYRIGHT BY ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA FONDATA DA GIOVANNI TRECCANI S.P.A.

1997

EDIZIONE SPECIALE PER LA COLLANA 0RSA MAGGIORE RILEGATA IN TUTTA PELLE E STAMPATA SU CARTA GARDAMATT ART DELLE CARTIERE GARDA IN TIRATURA LIMITATA A

2499 ESEMPLARI

1997

Stampato in Italia - Prinud in !taly

19892.2- Stabilimenti Tipolitografici E. Ariani c L'Arte della stampa della S.p.a. Armando Paoletti - Firenze

ENCICLOPEDIA ORAZIANA
FONDA TA DA FRANCESCO DELLA CORTE

DIRETTORE
SCEVOLA MARIOTTI

COMITATO DIRETTIVO
UMBERTO COZZOLI , Condirettore - GERARDO BIANCO

REDAZIONE
Coordinamento:
SIMONA BATTAGLIA , CLAUDIA CtANCAGL INI, PAOLO DE PAous MARIO DE NoNNO - CARLO D1 GioVINE -NicOLA PARISE SEBASTIAN O GENTILE,

SALLUsTo SALVATORE MoNDA, AGATA MoRETTI APICELLA, RoBERTO NicOLAI, FILIPPO

Segreteria:

AuRORA CoRVESI

DIPARTIMENTI .TECNICO-ARTISTICI
Coordinamento: Illustrazioni: Impaginazione:
LEONARDO RosATI RoccHETT I RosA CANNONE , ALESSANDR A CAPODIFER RO, ANNA RITA DE NARDIS, LUIGI DOMENICO CAPORILLI

ARCHIVIO ICONOG RAFICO


SusANNA BASILE; MARISA -LETIZIA BENCINI, ANNAMARI A FicHERA, MARIA CRISTINA MoRETTI, MARIA LuiSA MussARI, CARLOTTA NoVA, CARtos VALLEJOS

ENC.ICLOPEDIAORAZIANA
2 volume SETTEMBRE 1997
ETEROCLITI

ro non si conclude nell'ambito del verso e c' enjambement, non di rado il primo dattilo, all'inizio del verso successivo, coincide con finale di parola ed accompagnato da forte pausa di senso (e, pertanto, da segno di interpunzione): questa dieresi artisticamente perseguita dal poeta (p. es. A 34-35 infelix operis summa, quia ponere totum l nesciet). Ma H. evita in ogni modo coincidenza di dieresi e forte pausa di senso dopo il primo piede e, ancor pi dopo il secondo piede, se esso uno spondeo (solo pochi esempi nelle Satire e nelle Epistole: S 2, l, 54; E l, 6, 43; 18, 52). Nell'ambito del quarto piede (se dattilo) le due brevi, nell'e. degli Epodi, appartengono sempre alla stessa parola, alla maniera della metrica greca e come accade in Catullo (tranne 68, 49; 76, l; 84, 5); sia pure di rado si trovano invece in due diverse parole nell'e. lirico delle Odi (C l, 7, 3; 28, l, 23 e 25; 4, 7, 5), nelle Satire e nelle Epistole. Nell'e. oraziano ricorrono circa 1200 elisioni, che si incontrano in qualsiasi sede, anche nella prima arsi e nella sesta sede. La massima presenza di elisioni si ha al centro o comunque nella prima parte del verso: meno frequenti sono le elisioni nel primo piede (se il verso comincia con un monosillabo), rare nel 5 piede e molto rare nel 6 (S l, l, 50 iugera centum an; l, 3, 39 vitia aut etiam ipsa haec; 2, 2, 58; 8, 92; E l, 6, 34; l, 7, 27).
Per lo pi la wcale da elidere breve, solo di rado vocale lunga o dittongo: la vocale sulla quale avviene l'elisione pi spesso lunga. Cos pure non frequente il caso che la vocale da elidere si trovi davanti ad una delle tre cesure fondamentali. Vi sono versi con elisioni multiple; comunque l'elisione in parole giambiche pi frequente di quella in parole anapestiche (Tordeur 1972). Su parole indeclinabili ammessa: nelle Satire i monosillabi sono soggetti ad elisione con molta frequenza, nelle Epistole invece, piuttosto di rado (solo 14 volte). L'elisione avviene pi spesso nell'arsi che nella tesi (specialmente nelle Epistole). Rarissimi gli esempi di iato prosodico: S l, 9, 38 si me amas; S 2, 2, 28 cocto num adest.

l'accento della parola); Id., Harmony an d Clash of Accent and Ictus in the Latin Hexameter, TAPhA 54, 1923, 51-73; K. Bi.ichner, Die Tren-

L'e. oraziano rivela la perfetta conoscenza che il poeta possiede della tecnica della versificazione. Egli in genere cerca di evitare un'eccessiva rigidit nella struttura del verso e si tiene lontano da ogni regola troppo meccanica. Gli esametri di S l, 9, per perfetta corrispondenza della tecnica del verso con l'andamento narrativo e mimico della poesia, e quelli dell'Ars, per la loro fluida e piacevole scorrevolezza, nonostante il contenuto didascalico dell'epistola, sono da considerarsi l'esempio tipico della grande abilit del poeta, anzi della perfezione da lui raggiunta.
BIBL.-

nung von Adjektiv und Substantiv durch die Versgrenze in Horazens Satiren, Hermes 71, 1936, 409-20; G. De Kolovrat, Sur /es hexamtres de l'Art potique, Nice 1936; F. Peeters, La structure de l'hexamtre dans l'Art potique d'Horace, in tudes horatiennes. Recuei/ publi en /'honneur du bimillnaire d'Horace, Bruxelles 1937, 161-87; F. Cupaiuolo, L'epistola di Orazio ai Pisoni, Napoli 1941; L. Nougaret, Les /ins d'hexamtre et /'accent, REL 24, 1946, 261-71 (sulla conformazione prosodica delle parole della chiusa dell'e.); J. Perret, Sur le problme de la csure entre -que et le mot d'appui, ivi 26, 1948, 39-40; A. La Penna, Augusto e la questione del teatro latino, ASNP 19, 1950, 143-54 (=La Penna 1963, 148-62); N. O. Nilsson, Metrische Sti/differenzen in den Satiren des Horaz, Uppsala 1952; L. Brunner, Zur Elision /anger Vokale im lateinischen Vers, MH 13, 1956, 185-92; O. A. W. Dilke, When Was the Ars poetica Written?, BICS 5, 1958, 49-57; F. Cupaiuolo, Un capitolo sull'esametro latino. Parole e finali dattiliche o spondaiche, Napoli 1963 (con ampia nota bibliografica, 141-53); J. Hellegouarc'h, Le monoryllabe dans l'hexamtre latin. Essai de mtrique verbale, Paris 1964; F. Cupaiuolo, Parole giambiche nell'esametro latino, RSC 13, 1965, 31-43; G. E. Duckworth,- Horace's Hexameters and the Date of the Ars poetica, TAPhA 96, 1965, 73-95; J. Soubiran, L'lision dans la posie latine, Paris 1966; E. D. Kollmann, Remarks on the Structure o/ the Latin Hexameter, Glotta 46, 1968, 293-316; J. Soubiran, Sur !es mots de type armentaque dans l'hexamtre latin, Pallas 15, 1968, 57-101; G. E. Duckworth, Vergil and Classica! Hexameter Poetry, Ann Arbor 1969, 63-70; J. Soubiran, Pauses de sens et cohsion mtrique entre les pieds mdians de l'hexamtre latin, Pallas 16, 1969, 107 -51; Id., Les hexamtres spondafques quadriryllabe finale, GIF 21, 1969, 329-49; K. M. Thomas, Evolution of the Horatian Hexameter, CB 45, 1969, 81-82 e 96; F. Cupaiuolo, Sul ricornell'esametro latino di parole con la /orma prosodica di pirrichio, BStudLat l, 1971, 240-50; P. Tordeur, Elisions de mots iambiques et anapestiques dans l'hexamtre latin, Latomus 31, 1972, 105-22; ]. Collart, Sentences et /ormules monostiques chez Virgile et Horace. Quelques remarques de mtrique, in Mlanges de philosophie, de littrature et d'histoire ancienne offerts P. Boyanc, Rome 1974, 205-12; L. De Neubourg, Mots longs aprs !es dirses mdianes de l'hexamtre latin, Pallas 24, 1977, 45-79; E. D. Kollmann, Zum enjambement in der lateinischen Hexameter, RhM 125, 1982, 117-34; L. De Neubourg, La localisation des bacches dans l'hexamtre latin, Latomus 42, 1983, 31-57; F. Cupaiuolo, Alcune osservazioni sull'esametro delle Georgiche di Virgilio, BStudLat 15, 1985, 3-17; P. Tordeur, Le pyrrhique dans l'hexamtre latin. Une premire approche, Revue informatique et statistique dans !es Sciences humaines 23, 1987, 167-69;}. Veremans, Le mot pyrrhique au biforme III de l'hexamtre latin. Essai de mtrique verbale, in Filologia e forme letterarie. Studi offerti a F. Della Corte IV, Urbino 1987, 365-88; L. De Neubourg, L'hexamtre latin bacche au 4' pied. Structure verbale du 2' hmistiche, Latomus 48, 1989, 45-62.
FABIO CuPAIUOLO

Th. Franzen, Ueber den Unterschied des Hexameters bei Vergi/ und Horaz, Krefeld 1881; A. Waltz, Des variations de la /angue et de la mtrique d'Horace, Paris 1881; C. Ehart, Horatii hexameter, Wien 1889; G. Eskuche, Die E/isionen in den 2 /etzten Fiissen des lateinischen Hexameters, von Ennius bis W: Strabo, RhM 45, 1890, 236-64 e 385488; O. Braum, De monory/labis ante caesuras hexametri latini collocatis, Diss. Marburg 1906; H. Mirgel, De ryna/oephis et caesuris in versu hexametro latino, Diss. Gi:ittingen 1910; E. H. Sturtevant, The Coincidence o/ Accent and Ictus in the Roman Dactylic Poets, CPh
14, 1919, 373-85 ( voluta la coincidenza negli ultimi due piedi dell'e.); Id., Word-Ends and Pauses in the Hexameter, A]Ph 42, 1921, 289-308 (sul contrasto ictus - accento nei primi quattro piedi e loro accordo negli ultimi due piedi); Id., The Ictus o/Classica/ Verse, ivi 44, 1923,319-38 O'ictus era un accento d'intensit e presentava un elemento comune con

eterocliti. - Con il termine e. si designano, secondo la terminologia tradizionale, i nomi le cui forme non rientrano nella norma, cio che presentano forme la cui morfologia non si accorda con il paradigma regolare o consueto: p. es., rispetto al sostantivo /ames, is della m declinazione, l'abl. fame (la quantit della -e comprovata dalle occorrenze poetiche), con la desinenza tipica dell'ablativo sing. della v declinazione, classificata come.forma eteroclita (cf. Leumann 1977, 448; vd. anche Ernout-Meillet 1959, s.v.). L'eteroclisia una condizione fisiologica delle lingue flessive: possibile ricostruire e. indoeuropei, ad es. i temi nominali in -rln- (cf. lat. iecur, iecinoris o iocineris; skr. yakrt, yaknas, gr.

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con -cx'to < *rtos: cf. Szemernyi 1985, 209); tuttavia, dal punto di vista sincronico della grammatica normativa, gli e. vengono considerati errori o eccezioni, e l'impiego di un'etichetta apparentemente univoca come il termine e. pu ingenerare l'impressione inesatta che con esso si alluda a un insieme di fenomeni omogenei.
Se valutiamo il lessico latirio nel suo complesso e nel suo sviluppo diacronico, risulta evidente che gli e. non sono eccezioni, n errori, ma possono essere distinti in residui di paradigmi flessionali pi antichi alternanti con forme normalizzate successivamente (d. il genitivo del citato fames, la cui forma 'normale' /amis, alternate con il pi arcaico /ami, attestato in Catone e in Lucilio; vd. Th. l. L. VI 228, 61 ss.); neoformazioni analogiche rifatte di solito sul nominativo (ma talora anche sull'accusativo, cf. nom. dies costruito su diem ecc.); contaminazioni; forme di nominativo che si sostituiscono a quelle arcaiche per livellamento paradigmatico (p. es. honiir rispetto al pi arcaico honos); autoschediasmi o creazioni estemporanee (questo probabilmente anche il caso dell'abl./ami attestato in Aviano); prestiti 'ripetuti', entrati in latila prima volta per via orale e popolare, la seconda volta per via dotta, basati su forme paradigmatiche diverse del modello e variamente integrati (p. es. il femm. cratera, ae fatto sull'accusativo del modello greco e il doppione dotto crater, eris, masch., preso in prestito dal nominativo; elephantus, i, formato sul genitivo del modello greco e la variante dotta elephas, antis; cf. Gusmani 1986, 48 e vd. GRECISMI). Sempre la limitazione al piano sincronico, tipica dei grammatici e . adottata ancora - non sempre legittimamente - in tempi moderni, reTesta di 'Penelope', v sec. a. C. Copenaghen, Ny Carlsberg sponsabile anche dell'artificiosa distinzione, spesso invocata dai maGlyptotek. nuali, tra e. stricto sensu, cio i nomi le cui forme seguono ora l'una (jot. Museo) ora l'altra declinazione (p. es. il neutro iugerum, i, che al singolare si declina secondo la 11 declinazione, al plurale secondo la m), e i cosiddetti nomina abundantia (cf. Neue-Wagener 1901, 761 ss.), ossia i noes., Helenen (C l, 15, 2) di contro a Helenam (S l, 3, mi che conservano forme di due declinazioni differenti. La distinzione, 107) e Penelopen (C l, 17, 20) rispetto a Penelopam (S in realt, in molti casi difficile da stabilire: spesso ritenere che, tra due 5, 76). Vd. anche GRECISMI. 2, possibili forme, una abbia completamente sostituito I'altra (p. es. il gegli stessi motivi H. impiega ora l'una ora l'altra forPer nitivo di iecur, *iecinis, una forma non attestata, ma la sua esistenza dei temi in -r- della m declinazione, p. nominativo di ma da presupporre in base all'analisi comparativa; vd. supra), o invece si quali la prima arcaica e la secondelle arbor, e arbos es. come magari lungo, meno sia affiancata ad essa per un periodo pi o da l'esito di un livellamento paradigmatico per analogia variante marcata (cf. ancora il rapporto tra cratera e crater), dipende soltanto dallo stato della nostra documentazione, o dal momento specifico con le altre forme rotacizzate della declinazione, con il in cui ci dato di osservare il fenomeno; ma chiaro che, normalmensuccessivo e regolare abbreviamento della vocale in sillate,la sostituzione completa di una forma con un'altra sempre preceba fmale chiusa uscente in consonante diversa da -s (il feduta da una fase di convivenza tra le due forme in questione. nomeno non ancora compiuto all'epoca di Plauto; nei Nella lingua letteraria e, soprattutto, poetica, gli e. - nel caso in cui monosillabi posteriore a Plauto; cf. Pisani 1984, 91). Si I'autore classico li impieghi operando scelte consapevoli tra due o pi trova arbos in C 2, 13, 3, ma arbor in C l, 12, 45; 22, 18; forme possibili - si configurano per lo pi come opzioni stilistiche tra 12,20 (arborio fine di verso ancora in C 3, 4, 27; S 2, 3, la o pi forme tra solito (di connotativo forme non equivalenti sul piano 73 ); honos per motivi metrici in E l, 18, 102; A 69; Cs 57 meno arcaiche o di registro pi o meno elevato) oppure sul piano pro(var.lect. honor), e con tono solenne in S l, 6, 83, di consedico (la comodit metrica ha ovviamente molto peso nelle scelte dei poeti, come vedremo subito per quanto concerne H.). Molto materiale, tro a honor in S 2, 2, 28; A 400; E l, 16, 39 e, in fine di seppure di difficile valutazione, riguardo agli e. nella letteratura latina verso, in C 2, 11, 9 e la 17, 18 (cf. Bo 1960, 287). arcaica si trova nellib. VIII del De compendiosa doctrina di Nonio MarUn'altra alternanza comune nel latino classico quelcello; cf. Egli 1954; Ernout 1954, 151 ss.; Leumann 1977,447 ss.; Barla dei nomi femminili (in particolare i nomi di piante) il talucci 1985).

Riguardo alla poesia oraziana, considereremo soltanto alcuni gruppi di e. particolarmente significativi (per gli elenchi, cf. Bo 1960, 368-71 e Klingner 1970, 328-29). La compresenza di ragioni stilistiche e metriche rilevabile soprattutto nella scelta delle desinenze dei nomi propri greci, per i quali H. ha a disposizione le forme con morfologia latina o greca. poeta usa le forme declinate alla greca soltanto nei casi nominativo, accusativo e vocativo, e per lo pi nelle Odi, in contesti stilisticamente molto elevati. Doppioni significativi son, ad

cui tema in -o/e-, i quali tendono a diventare maschili, e in tal caso seguono la n declinazione dei temi in -o-, oppure a confluire nella IV declinazione, dove i femminili sono pi frequenti (cf. Ernout 1953, 25 e 1954, 171).

In H. troviamo cupressi (nom. plur.) in C l, 9, 11 e cupressos (ace. plur. femm.: invisas cupressos) in C 2, 14, 23, ma in la 5, 18 cupressos /unebris, ampiamente rappresentata nella tradizione la variante cupressus; l'ahi. sing. lauro in C 3, 4, 19; 30, 16, ma lauru in C2, 7, 19 (cf. Verg. Bue. 3, 63; 10, 13 lauri, ma laurus in Aen. 3, 91, inteso in genere come nom. plur.: d. Bartalucci 1985);l'abl. myrto in C 1,4, 9;25, 18; 38, 5; 2, 7, 25; 3,4,19; 23,16, ma il nom. plur. myrtusin C2, 15, 6; l'ahi. pinu in

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C2, 11, 14 (cf. le forme della II declinazione in Enn.Ann. 490 V. 2 =511 Sk. e Verg. Bue. 8, 22 ecc.; pinus un antico tema in -u-: cf. gr. 1tL"tU).

Tra i nomi che oscillano tra la n e la IV declinazione meritano attenzione domus e fastus. Secondo i dati di Bo 1960,370, nell'opera di H. nel suo complesso domus seguirebbe la n declinazione 27 volte, contro 7 occorrenze con le desinenze della IV, e 37 occorrenze incerte. Tra i casi interessanti, vd. E l, 10, 13 ponendaeque domo quaerenda est area primum (dove domo dativo), che riecheggia antiche formule religiose (cf. Cato De agr. 134, 2). Se si considerano i dati offerti dalla comparazione indoeuropea, le due flessioni di domus sembrano corrispondere ad antiche differenze di tema, uno in -u- e uno in -o-, ma in latino il tema in -o- sembra il pi antico ed l'unico attestato in fase arcaica (cf. Ernout-Meillet 1959, s.v.). Per quanto riguarda/astus, si tratta in origine di un aggettivo che, nella lingua arcaica, qualifica certi giorni in opposizione ad altri detti nefasti (per i dies fasti e nefasti e la celebre connessione etimologica con/as,/ari cf. Varro De l. L. 6, 29-30). Il sostantivo masch. plur. /asti, orum 'Fasti, annali', secondo le forme della II declinazione. Le forme plurali della IV, che compaiono gi in Varrone (fr. 230 Funaioli), sono secondarie; Leumann 1977, 450, avanza l'ipotesi che il passaggio del plurale alla forme della IV declinazione possa essere avvenuto sul modello di statu- accanto a stati dies. H. usa le forme della II declinazione in S l, 3, 112 /astos e in C 4, 13, 15 fastis (abl. plur.), le forme della IV in C 3, 17, 4 per memores ... fastus (var.lect./astos; la duplex scriptura attestata gi da Prisciano, Inst. GL II 256, 16-17) e 4, 14, 4 per ... memores ... fastus (si noti la medesima iunctura). Nelle occorrenze di ablativo singolare della m declinazione il latino classico presenta l'oscillazione tra forme in -e e in -f. La prima desinenza in origine tipica dei sostantivi con tema in consonante, la seconda anticamente era propria dei temi in -i- (per i quali era stata creata una desinenza -fd per analogia con -od, -ad: cf. Leumann 1977, 435-36), ma successivamente fu estesa a tutti gli aggettivi, sia con tema in -i- che con tema in consonante, eai neutri come mar, anima!, calcar. Nei participi, la desinenza in -e era preferita in epoca classica quando era prevalente la funzione verbale, la desinenza in -f quando il valore era aggettivale. H. usa, per l'ablativo dei participi con valore aggettivale, entrambe le desinenze: cf. la 5, 11 frementi ... ore, e C 2, 16, 1-2 patenti ... Aegaeo, di contro a C 3, 2, 24 fugiente pinna, eS l, 6, 23 fulgente ... curru e.cc. Nei sostantivi, notevole l'alternanza tra amni (S l, 10, 62; unica attestazione in H., ma frequente in Virgilio, cf. Georg. l, 203; 3, 447) di contro ad amne (C 4, 6, 26; vd. Bo 1960, 97; Leumann 1977, 435-36; per la distribuzione degli ablativi amnfe amne, vd. Th. l. L. I 1942, 57 ss.).
Attestato solo in H., invece, il genitivo plurale eteroclito anciliorum (C 3, 5, lO; cf. il regolare anci/ium in Tac. Hist. l, 89), che per va confrontato con una serie di genitivi plurali arcaici, attestati epigraficamente o registmti dai grommatici antichi, come i nomi di festivit Bacchana/iorum, Satumaliorum, Agona/iorum (cf. Macr. Sat. l, 4, 516); e ancom parentaliorum, navaliorum ecc. (vd. Leumann 1977, 451).

declinazione si osserva l'oscillazione tra le desinenze -um e -orum. La prima quella originaria, attestata in testi epigrafici arcaici e in giunture formulari, come

liberum quaerendum causa; prae/ectus fabrum; pro deum /idem (cf. Leumann 1977, 428); la seconda, quella 'normale', stata costruita per analogia con -arum dei temi in -a-. I poeti classici, soprattutto avvalendosi del precedente offerto dalle forme in -um

impiegate da Flauto ed Ennio (cf. Ann. 246 V. 2 = 281-82 Sk. verbum paucum ecc.), hanno riutilizzato il genitivo plurale in -um per la sua connotazione di arcaismo poetico e per comodit metrica. Nelle composizioni esametriche di epoca classica, p. es., deorum sempre in clausola, con la sola eccezione di H., E 2, l, 6 post ingentia/acta deorum in tempia recepti; deum compare in H. soltanto due volte, in S 2, 2, 104 e 6, 65 (dove il contesto parodico).
Per la posizione di Cicerone, che invoca la consuetudo contro i rigori di anomalisti ed analogisti riguardo ai genitivi in -um della II declinazione, cf. Or. 155-56; vd. anche Leumann 1977, 428, e si ricordi il doppio arcaismo di Verg. Aen. 9, 26 dives equom, dives pictai vestis et auri, dove forse si imita un verso arcaico.

Tra gli e. derivati dal greco, si pu segnalare l'abl.

gausape (S 2, 8, 11; cf. Lucil. 568 M.); lo stesso termine, che designa un panno di lana, occorre in Petronio 28, 4 nella forma di abl. gausapa (cf.l'abl. gausapo in Cass. Sev. ap. Char. GLI 104, 11); Ovidio lo declina secondo la flessione dei neutri della n declinazione (Ars 2, 300) e Persio (4, 37) come gausape, is. In questo caso, anche l'eteroclisia sembra derivata dal greco: Strabone (5, l, 12, p. 218) ha -ycxUO!X1to, ma la flessione jcru007t'l}, -ou testimoniata da Varrone, inPriscianolnst. GL II 333, 14), e la molteplicit delle possibilit flessionali connessa al fatto che anche per il greco il termine un prestito di carattere popolare (cf. Ernout-Meillet 1959, s. v.; Bo 1960, 97 e 369).
Altri sostantivi che oscillano tra pi declinazioni sono: iuventus, utis (al nominativo in C l, 2, 24; 4, 19; 3, 4, 50; S 2, 2, 52 ecc.), che alterna con iuventa, ae (genitivo in C 3, 2, 15; dativo in Cs 45; ablativo in C l, 16, 23; 3, 14, 27; A 115) e con iuventas, atis (C l, 30, 7; 2, 11, 6; 4, 4, 5; la 17, 21); senectus (al nominativo in C2, 16, 30; la 8, 4; 13,5 ecc.), che alterna con senecta, ae (genitivo in C 2, 6, 6; dativo in C 2, 14, 3; accusativo in C l, 31, 19; ablativo in E 2, 2, 211); epulum, i (S 2, 3, 86), che affianca con pi specifico ambito semantico il plumle epulae, arum (C l, 36, 15; 3, 8, 6; 4, 8, 30; la 2, 61 ecc.). La normale variabilit tm i suffissi -ia e -ies dei sostantivi astmtti si osserva spesso in H.: cf. materia (A 38) e materies (C 3, 24, 49); mollitia (la 11, 24) e mol/ities (S 2, 2, 87); nequitia (S 2, 3, 244) e nequities (S 2, 2, 131) ecc.

Anche tra gli aggettivi si hanno in H. alcuni casi di eteroclisia: p. es., a fronte di imberbes di E 2, l, 85, per imberbis di A 161 attestata una variante imberbus (cf. Lucil. 1058 M.); inoltre violens (C 3, 30, 10; E l, 10, 37; cf. Pers. 5, 171) e violentus (S 2, l, 39; cf. Lucr. 2, 621 e 5, 1231; delle due, questa la forma pi antica, cf. Leumann 1977, 452 e vd. Bo 1960, 127). Per quanto concerne il sistema verbale, il fenomeno della compresenza o della sostituzione di coniugazioni di-

Sempre per il genitivo plurale, nei sostantivi della n 832

ETIMOLOGIA

verse per uno stesso verbo designato piuttosto con il termine 'metaplasmo'; poeti come Virgilio e H . non introducono in quest'ambito innovazioni, ma si limitano ad utilizzare per comodit metrica forme allotropiche gi esistenti. I casi di doppia coniugazione (p. es. /ulgo e /ulgeo;/ervo e /erveo) sono il risultato di tendenze normalizzatrici proprie della lingua latina nel suo complesso (cf. Ernout 1954, 170; Leumann 1977, 544); storicamente, delle due coniugazioni possibili, l'una pi arcaica dell'altra.
P. es. l'opposizione tra lavare e /avere risale in origine alla compresenza di due verbi distinti derivanti dalla stessa radice, uno con tema in -ii- indicante lo stato e con valore riflessivo, l'altro con vocale tematica -le- impiegato transitivamente e designante l'azione. Dei due verbi, lavare si poi generalizzato e lovere si conservato soltanto in poesia (Emout-Meillet 1959, s. v.). Forme di entrambe le coniugazioni si trovano in Virgilio (Bartalucci 1985) e in H., p. es. C 3, 12,2 lovere; S l, 3., 137 lavatum; l, 4, 75 lavanles; E l, 6, 61 lavemur ecc. Per l'alternanza tra le vocali tematiche -e- ed -e-, che d origine ai doppioni del tipofulgol/ulgeo (cf. Th.l. L. VI157, 63 ss.) e/ervol/erveo (cf. Quint. Inst. l , 6, 7) noto che le forme della 111 coniugazione sono le pi antiche, attestate in epoca classica soprattutto in poesia, mentre le forme della n sono quelle che si sono in seguito generalizzate (cf. Ernout 1954, 170; Ernout-Meillet 1959, s. vv.; Leumann 1977, 544). Virgilio impiega, per questi verbi, forme di entrambe le coniugazioni (Bartalucci 1985), mentre H . tende ad usare soltanto le forme, pi diffuse, della n coniugazione: cf. C 4, 2, 7 fervei (ma va r. lect. /ero il); S 2, 4, 62/ervent; e i presenti fu/geni (C 2, 16, 3),/ulget (3, 2, 18),/ulges (4, 11, 5) ecc. Elenchi in Bo 1960, 386. BIBL. -F. Neue- C. Wagener, Formenlehre der lateinischen Sprache 1, Leipzig 190P ,.spec. 761-859; A. Ernout,Morphologie hislonquedu latin, Paris 195Jl;J. Egli, Heteroklisie im Griechischen, Diss. Ziirich 1954; A. Ernout, Aspects du vocabulaire latin, Paris 1954; M. Leumann, !Ateinische !Aut- und Formenlehre, Miinchen 1977; V. Pisani, Glottologia indeuropea, Torino 19844; A. Bartalucci, s.v. eteroclisia, EV 11 (1985), 399-400; O. Szemernyi, Introduzione alla linguistica indoeuropea, trad. it., Milano 1985; R Gusmani, Saggi sull'interferenza linguistica, Firenze 19862 (1981 1) .
CLAUDIA

che ricerca la vis originaria della parola, a riprova della 'giustezza' del termine adoperato. Ci spiega l'importanza della prassi etimologizzante nella tradizione tecnica e giuridica latina, ma soprattutto d ragione della sua presenza nella tradizione letteraria e poetica. Nella poesia oraziana la parola non ha peso in s e per s, ma le risonanze affettive del linguaggio nascono dalle immagini che un termine capace di evocare in unione con altri (Cupaiuolo 1976, 11). La lingua di H. non 'devia' da quella quotidiana, ma ne sfrutta pQeticamente le profonde risorse: il Venosino 'motiva' il suo linguaggio poetico ricorrendo a tutto un insieme di procedimenti e artifici; parlare di e. in H. vuoi dire appunto studiare uno di questi procedimenti.
Molti sono gli indizi di un interesse etimologico in H .: il poeta talora usa alcune parole sfruttandone l'accezione etimologica (p. es. S l, 9, 64 nulans [da *nuo] ='far cenni muovendo la testa'; A 407 M usa lyrae sollers [da ars] ='che conosce l'arte della lira'); talora accosta dei termini esaltandone il legame et.imologico (p. es. S 2, 6, 31 memori .. :-mente; C 2, 3, 1-2 memento ... mentem; E l, 17,41-42 virtus ... virecc.); talora gioca con le parole collegandole a un aggettivo o ad altro termine che ne metta in luce l'etimo (p. es. C l, 21,6 gelido ... Algido o C l, 4, 9-10 caput impedire myrto l aut flore, /errae quem /erunl solutae, dove risalta il contrasto tra solutae terrae ['scioltesi dal ghiaccio'] e l'uso etimologico del verbo impedire = 'impacciare' i capelli, 'tenerli a freno') . E si possono anche citare gli accostamenti in ossimoro di aggettivi e nomi propri, che esaltano l'etimo di questi ultimi: p. es. C l, 33, 2 immitis Glycerae o S 2, 3, 142 pauper Opimius.

A. CIANCAGLINI

etimologia. - Mentre la moderna scienza etimologica studia l'origine delle parole storicizzando i rapporti formali e semantici che legano un termine ad un altro, la speculazione etimologica greca e latina non assurge mai al ruolo di scienza e, conformemente alla sua genesi in ambito filosofico, mira piuttosto a spiegare la natura delle cose mediante l'interpretazione del linguaggio. Per i Greci il linguaggio riflette concettualmente il mondo esterno: la ricerca dell'origine della parola si identifica perci con il tentativo di recuperare l'originaria connessione tra 'nome' e 'cosa' e con l'aspirazione a rivelare le verit religiose, morali e metafisiche nascoste negli etimi (il termine e. del resto, coniato - sembra - dagli Stoici, vuoi dire appunto 'ricerca del vero'). Questa attitudine interpretativa, in cui l'elemento magico-religioso si affianca a quello p rettamente filosofico, viene ereditata dalla latinit tramite Varrone, il pi noto esponente della dottrina grammaticale ed etimologica a Roma. Qui l'interesse verso l'e., ormai parte organica della grammatica e dotata di un proprio apparato teorico, resta di tipo prevalentemente pratico. L'e. si identifica per lo pi con una prassi linguistica
l3 - Enciclopedia Oraziana wl. U

Gli interessi etimologici di H. si fanno pi percettibili nel campo dell'espressivit fonica: in poesia la ricerca del significato, il recupero della 'giustezza' delle parole coincidono spesso con la ricerca dei suoni, con il recupero del loro valore naturale ed evocativo. H., che ha saputo sfruttare al massimo le risorse foniche del latino, a volte crea un legame di parentela semantica tra due parole sulla base dell'equivalenza dei loro significanti e, ricorrendo a quel tipo di e. che Jakobson 1966 definisce 'poetica' (ma di cui aveva gi posto le basi la dottrina etimologica stoica), 'rimotiva' le parole, riscoprendo in esse un significato connesso con l'articolazione dei suoni (cf., per portare solo un esempio tra i tanti, E 2, l, 202 Garganum mugire putes nemus aut mare Tuscum, dove il significato di mugire esaltato dal legame istituito con le altre parole del contesto dal ripetersi della littera mugiens, la m, affiancata al suono sordo della u), oppure sfruttando le possibili associazioni di suono e di senso che le parole evocano nel contesto poetico: anche in questo caso il parallelismo fonico-semantico crea una corrente semantica sotterranea, come se il legame interno tra suono e significato tendesse a mostrare la giustezza della denominazione.
<)li ci limitiamo a ricordare il gioco creato, p. es., dalle figure etimologiche (C 3, 16, 28 magnas inler opes inops; E l, 12, 19 concordia discors; S l, 3, 132-33 operis ... opi/ex; C 4, 14, 3-5 aevum ... aeternet; C2, 8, l iuris ... peierali, ecc.), dalle allitterazioni (C 2, l, 34-36 quod mare Daunia e l non decoloravere caedes? l Quae care/ ora cruore nostro?; C2, l, 17 minaci murmure cornuum, ecc.), dalle paronomasie (C 2, 8, 22-23 nuper l virgines nuptae o C 2, 3, 18 flavos ... Tiberis lavit, ecc.).

In questi ultimi esempi nessun vero rapporto etimolo-

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