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Obiettivo dello studio è proprio quello di comprendere se nel videogaming si attivi o meno lo stesso
interruttore. Uno degli ultimi test sembrerebbe aver confermato questa teoria. Grüsser e il suo collega Ralf
Thalemann hanno selezionato 15 ventenni che hanno ammesso di avere una dipendenza da videogioco,
ovvero hanno confermato che la loro passione ha ridimensionato per importanza altri aspetti del quotidiano
come il lavoro e la socializzazione. Poi hanno scelto altri 15 ventenni appassionati, ma con una vita
assolutamente normale. Mostrando ad entrambi i gruppi delle immagini simboliche e chiedendo quali fossero
le sensazioni conseguenti, i ricercatori hanno riscontrato reazioni assolutamente nella norma. Con la
proiezione di immagini di videogiochi, il primo gruppo ha iniziato a dare segni di desiderio, dichiarando di
sentire il bisogno di giocare, e esprimendo la convinzione che se gli fosse stato permesso si sarebbero
sentiti meglio.
In un altro test, dove sono stati utilizzati dispositivi in grado di misurare la risposta dei muscoli dell'occhio, si
è riscontrato che di fronte ad immagini di videogiochi il primo gruppo non mostrava mai reazioni incontrollate.
Insomma, i ricercatori hanno potuto confermare che gli “hard-core gamer” con assuefazione sono meno
impressionabili, o comunque meno sensibili a visioni inattese. “È come se l'attivazione del sistema che fa
entrare in circolo la dopamina fosse legata solo ad alcuni particolari stimoli, come avviene in tutte le
dipendenze”, ha aggiunto Grüsser.
Maressa Hecht Orzack, fondatrice del servizio assistenza “dipendenze da computer” del McLean Hospital di
Boston, concorda che si tratti di una assuefazione simile alle altre più comuni. “Il problema è che non ci si
può semplicemente astenere dall'utilizzo dei computer, ormai sono parte integrante della nostra vita. Bisogna
affrontare il problema come i disordini nell'alimentazione”, ha spiegato Orzaci. Sebbene la convinzione
comune è che i videogiochi non creino dipendenza come le droghe o il gioco d'azzardo, numerose
organizzazioni come Online Gamers Anonymous e EverQuest Widows hanno iniziato da tempo a porsi il
problema, creando forum per almeno discutere della questione.
Nel settembre scorso, in Oriente sono esplosi casi estremi di dipendenza da videogioco che hanno
sconcertato l'opinione pubblica (nella Corea del Sud, un ragazzo di 28 anni è deceduto per attacco cardiaco
dopo aver giocato incessantemente per 50 ore a StarCraft, un videogioco strategico-spaziale di grande
successo, limitandosi a lasciare la postazione di gioco solo per qualche sonnellino e il bagno). Tanto da far
decidere ai Governi di Giappone, Corea e Taiwan - e alcune aziende locali - di rispondere con specifiche
iniziative volte al contenimento del fenomeno.
Ma non stupisce gli osservatori che siano i più giovani ad essere tendenzialmente vittima di una qualche
forma di dipendenza videoludica. “Il problema - sostiene un portavoce di Online Gamers Anonymous - è che
in giovane età il controllo di queste passioni può risultare particolarmente difficile, con spiacevoli effetti
collaterali sul quotidiano. Non è certamente il caso di fare dell'allarmismo, ma certamente esiste il problema,
o forse bisognerebbe dire il rischio, che il piacere di abbandonarsi ad una lunga sessione di videogioco si
possa trasformare in dipendenza”.
OLG-Anon
La questione della video-dipendenza continua nel frattempo ad essere molto dibattuta. Negli ultimi anni, le
cronache orientali hanno riportato diversi casi di videogiocatori deceduti dopo lunghe sessioni di gioco, in
genere a causa di problemi circolatori o di scarso nutrimento. Eventi verificatisi perlopiù in paesi con elevata
penetrazione dei giochi di ruolo online, come Giappone, Cina e Corea del Sud.
Le case di produzione, invece, che fanno soldi a palate, ovviamente, sostengono che in nessun caso è stata
dimostrata l'effettiva capacità dei videogiochi di creare dipendenza, quantomeno nell'accezione clinica del
termine.
Secondo l'indagine “Video Gaming: General and Pathological Use”, segnalata da BusinessWeek, uno su
dieci, fra i quasi 1200 ragazzi intervistati da Harris Interactive, sembra trascurare la scuola, mostra deficit
nelle capacità di attenzione, si rivela scontroso con i genitori e particolarmente aggressivo con i compagni,
soffre di sovrappeso. Tutti sintomi di video-dipendenza, dipendenza da videogiochi.
Un terzo dei ragazzi intervistati si dichiara assuefatto dai videogame, anche se ad esserlo, in realtà, è l'8,5%
di loro, almeno secondo le linee guida dettate dal manuale diagnostico americano che definisce le malattie
psichiatriche. “Una dipendenza è ben più che il fare ripetutamente o ininterrottamente una cosa. Significa
farla in modo che condizioni la vita”, spiega il dottor Douglas Gentile, a capo dell'indagine e luminare nel
campo, nonché direttore della ricerca per l'Istituto Americano per i Media e la Famiglia.
Essere dipendenti significa, ad esempio, rubare per comprarsi il videogame a cui si sta incollati mediamente
per 24,5 ore settimanali - magari nell'isolamento della propria cameretta, al sicuro dal controllo dei familiari -
e, contemporaneamente, essere spinti a trascurare le piccole incombenze quotidiane. Nei video-
dipendenti,di solito, cresce la necessità di intensificare e prolungare la sessione di gioco per trarne
soddisfazione.
Nonostante i media abbiano ripreso vicende sensazionali come quelle di decessi causati da un abuso di
videogiochi (un videogiocatore sud-coreano, dopo aver videogiocato per 86 ore, è stato trovato morto nei
bagni dell'internet café della città Kwangju, nella quale ha avuto luogo la sua incredibile performance: per 86
ore, non aveva né dormito né mangiato, ndr), l'apprensione delle famiglie si rivolge soprattutto al tipo di
gioco con cui i ragazzi si intrattengono: i genitori si basano spesso sul sistema di classificazione
Entertainment Software Rating Board (ESRB).
Due ragazzi su cinque, invece, sembrano avere genitori non spaventati dal comune sentire, dalle indagini e
dalle crociate politiche che imputano ai videogiochi una influenza negativa che incide sui comportamenti
violenti delle nuove generazioni. Alcuni genitori, invece, benché i figli abbiano ammesso di essere influenzati
dagli stessi contenuti dei giochi, hanno dichiarato di regalare loro dei prodotti che l'associazione che stila
l'ESRB ha destinato ad un pubblico adulto.
LINKS
Video game addicts concern South Korean government USA Today 10 giugno 2005