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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2006

KARL POLANYI FRA MARX, KEYNES E HAYEK: VISIONE E ANALISI


GIANDOMENICA BECCHIO*

Premessa Il contributo teorico e critico alla scienza economica di Karl Polanyi offre lopportunit di riflettere sul significato di alcune categorie economiche quali mercato, merce, lavoro, e di altre di carattere filosofico, quali individuo e libert, alle prime strettamente connesse. La letteratura secondaria ha spesso enfatizzato, da un lato, la critica serrata di Polanyi nei confronti di Hayek e, dallaltro, linfluenza di Marx e Keynes sulla genesi della riflessione polanyiana, attribuendo a Polanyi una visione marxiana entro un apparato analitico keynesiano, molto distante dal pensiero economico austriaco. In realt tanto la lettura di Marx e Keynes da parte di Polanyi, quanto il rapporto fra Polanyi e scuola austriaca sono assai complessi. Polanyi si pone in una posizione piuttosto distante dalla teoria economica e dalla sociologia marxiana. Anche la presunta comunanza fra la cassetta di strumenti keynesiani e polanyiani discutibile: allindubbia ammirazione di Polanyi per leconomista cantabrigense non segue una piena aderenza teorica da un punto di vista strettamente analitico. Infine, se si considera lopera originale di Polanyi, questa mostra come egli fosse profondamente intriso della forma mentis austriaca. Egli tenta di ricollocare leconomia nella prospettiva etico-politica entro il cui confine era rimasta fino allavvento del marginalismo, proponendo lutopica realizzazione di uneconomia regolata da istituzioni non economiche in grado di garantire giustizia sociale e libert. Il saggio strutturato come segue. Il primo paragrafo ha per oggetto le differenze analitiche fra Polanyi e Keynes, di contro ad uninterpretazione generale che tende ad accomunarli in maniera piuttosto acritica. Il secondo paragrafo incentrato sulle divergenze di carattere filosofico fra Polanyi ed Hayek, che vertono sul rapporto individuo e libert nel sistema di mercato capitalistico, ma non sulla natura del mercato stesso. Il terzo paragrafo incentrato sulla lettura di Marx da parte di Polanyi il quale, pur mediando dal filosofo tedesco il concetto di mercificazione del lavoro (lalienazione dei Manoscritti), introduce nel socialismo una componente cristiana inconciliabile con il marxismo originale, che lo porta a criticare non tanto il sistema capitalistico, quanto lidea di mercato autoregolato.
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Universit di Torino.

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1. Polanyi e la controversa lettura di Keynes Molti studiosi di Polanyi tendono ad enfatizzare le affinit tra il suo pensiero economico e quello di Keynes (Polanyi-Levitt - Mendell 1997). Questa tesi non sembra convincere del tutto, soprattutto dopo unattenta lettura delle rispettive interpretazioni sulla Grande Crisi e sullinflazione negli anni Venti. indubbio che Polanyi abbia assimilato la lezione de Le conseguenze economiche della pace (1919; Keynes 1983) e del Monetary Reform (1923; Keynes 1975). In generale, si pu affermare che Polanyi concordi con Keynes nel ritenere irreversibile il processo di distruzione delle certezze economiche e sociali del periodo precedente la guerra. Egli utilizza quel Keynes quando in qualit di giornalista economico per il settimanale viennese Der sterreichische Volkswirth descrive gli effetti economici delle scelte monetarie nella societ inglese nel corso degli anni Venti. Inoltre Polanyi persuaso insieme al Keynes de La fine del laissez-faire (1926; Keynes 1991), del fatto che il sistema capitalistico, finalizzato al profitto, non sia in grado di autoregolarsi: questa tesi diventer centrale ne La grande trasformazione, lopera principale di Polanyi (1944; Polanyi 1974). Questa impossibilit di un risanamento spontaneo della crisi economica del dopoguerra si radica per entrambi nellincertezza causata dallinstabilit monetaria1. Ancora comune la convinzione che la rivalutazione della sterlina attuata da Churchill nel 1925 sia un intervento pericoloso da un punto di vista sociale (in quanto provoca un processo deflattivo che abbassa i salari reali, danneggiando le classi lavoratrici) dettato solo dalla velleit politica di rinnovare il prestigio internazionale dellInghilterra2. Tuttavia a questa comune visione non fa riscontro un altrettanto comune apparato analitico. A partire dalla fine degli anni Venti, Polanyi comincia ad allontanarsi dal pensiero di Keynes. Il dissenso maggiore fra Polanyi e Keynes evidente nellinterpretazione economica della Grande Crisi; Polanyi inoltre non cela un forte scetticismo nei confronti delle misure inflattive per il risanamento proposte da Keynes allinizio degli anni Trenta; infine non si pu non considerare il fatto che Polanyi ignori tanto il Trattato sulla moneta quanto la Teoria generale: egli semplicemente non se ne occupa (basti considerare che ne La grande trasformazione Keynes non mai citato ed nominato una volta sola a proposito del rapporto fra liberismo economico e liberalismo politico). Polanyi interpreta la Grande Crisi come conseguenza degli squilibri scaturiti dalla Prima guerra mondiale causati alle tensioni sociali e dai problemi economici accumulati nel corso degli anni Venti. Scrive nel 1931 dalle colon1 Scrive Polanyi nel 1931: dalla politica, alleconomia, alle finanze si ripercuote unincertezza, che imprime su ogni cosa il segno della provvisoriet. La patria, il focolare di questincertezza, stata la moneta (Polanyi 1993, p. 74). 2 Scrive ancora Polanyi: La rivalutazione della sterlina non poteva non soverchiare le forze economiche dellInghilterra (...) Il senso di questo modo di procedere va cercato nella politica, non nelleconomia (Polanyi 1993, p. 84).

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ne del settimanale viennese: la crisi dei primi anni del dopoguerra non mai stata veramente superata, ma solo localmente e temporaneamente trasferita. L equilibrio sul piano locale era stato prodotto soltanto dal fatto che ogni volta altri settori economici si assumevano consapevolmente o inconsapevolmente il compito di sopportare il deficit delleconomia squilibrata (Polanyi 1993, p. 75). Ci che per Polanyi ha permesso un rinvio della crisi fino al 29 stata la politica monetaria adottata dai paesi europei e dagli USA: il sistema di credito internazionale ha innescato un processo per cui il debito dei paesi dellEst europeo veniva coperto indebitandosi coi paesi vincitori dellEuropa occidentale, i quali a loro volta si appoggiavano al credito americano. Secondo Polanyi, la politica economica postbellica ha permesso un rinvio della crisi, attraverso tre misure: il trasferimento del reddito interno a favore delle classi privilegiate, il consumo di capitale interno (reso possibile dal meccanismo inflattivo) e lindebitamento estero (gravante sugli Stati Uniti) che garantiscono un alto tenore di vita fino al 1925-263. Nel frattempo negli Stati Uniti una inflazione latente (cripto-inflazione) manteneva bassi i tassi dinteresse. Da un punto di vista sociale, il livello di vita europeo e americano risultava troppo alto rispetto alla situazione di equilibrio: linnalzamento simultaneo del tasso dinteresse in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (dovuto al processo deflattivo, effetto del ripristino della parit aurea) da un lato provoca il panico nel mercato borstico del 29 e causa la fine del credito statunitense sia interno che estero, e dallaltro lato causa il crollo della domanda nel mercato delle merci4. La mancanza di liquidit che si viene a creare porta al panico bancario, fonte di tutta la nota serie di fallimenti a catena, sia di imprese che di privati, che determinano lo strangolamento delleconomia. Nello stesso anno (1931) Keynes, in occasione di una serie di conferenze tenute a Chicago (dove riassume il suo Trattato per il pubblico americano), precisa che lorigine della crisi da ricercarsi nellerrata politica finanziaria postbellica volta al ripristino del Gold Standard, che ha provocato, da un lato, una corsa allindebitamento ad un alto saggio di interesse e, dallaltro lato, una sovraccapacit produttiva in molte industrie. Evidenziando il ruolo della domanda aggregata nella determinazione delle fluttuazioni cicliche, Keynes sostiene che lunico modo per uscire dalla crisi mettere in moto il meccanismo dello sviluppo economico attraverso una mirata politica per gli investimenti da parte del governo e una politica del credito diretta ad influenzare i tassi dinteresse.
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L dove erano privilegiati soltanto gli operai e i contadini [secondo Polanyi, nei paesi vinti] questo trasferimento avvenne a scapito del patrimonio della classe media e del capitale aziendale dellindustria, in entrambi i casi attraverso limposta sul patrimonio, ma soprattutto attraverso il tipo dimposta pi ingiusta e inesorabile: la svalutazione del denaro. Il sovraconsumo agrario era reso possibile attraverso dazi e altri metodi di espropriazione protezionistica a scapito della popolazione cittadina (Polanyi 1987, p. 78). 4 Quando a met del 29 America e Francia si trovano a possedere il 58% delle riserve monetarie auree mondiali, gli Stati Uniti interrompono il credito e ai paesi debitori non rimane che pagare in merci, forzando le esportazioni. Il mercato mondiale si riempie di merci e ci causa la generale caduta di prezzi del 1929.

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Nonostante lapparente accordo fra Keynes e Polanyi sullorigine della crisi, essi divergono a proposito del peso avuto dal processo inflattivo nel corso della crisi, che per Keynes non determinante come per Polanyi. Secondo Keynes infatti: il ruolo giocato dallinflazione fu sorprendentemente modesto e i risparmi tennero in modo rimarchevole il passo degli investimenti (...) Probabilmente in certi luoghi ed in alcuni momenti linflazione fu certamente presente. Ma credo che ci siano prove che mostrino come i risparmi fossero in effetti disponibili in abbondanza ed adeguati a finanziare una quota assai larga degli investimenti che si stavano realizzando (Keynes 1983, p. 38). Secondo Keynes, la spiegazione della crisi sta non nellelevato livello di investimenti iniziale, bens nel successivo declino degli stessi dovuto ad un eccessivo tasso dinteresse; allopposto, Polanyi considera gli eccessivi investimenti come il fattore scatenante della crisi: con laiuto di una politica monetaria inflazionistica, furono intrapresi investimenti smisurati per garantire i quali sul piano della produttivit si dovette ricorrere a elevate tariffe doganali protezionistiche (Polanyi 1987, p. 68). Questo attacco alle politiche inflattive conduce Polanyi molto lontano da Keynes. Egli sembra piuttosto influenzato dalle tesi di Hayek (anchesse esposte nel 1931). Questi, richiamandosi alla teoria monetaria di Wicksell, sostiene che le cause strutturali della crisi sono da ricercarsi in una politica di investimenti sbagliati da parte di imprenditori indotti a comportamenti errati a causa di un sistema creditizio distorto. Secondo Hayek, un eccessivo aumento di domanda dei beni di consumo stata la causa immediata della crisi che si configura come sovraconsumistica. Questa crisi pu essere arginata solo con un riaggiustamento dei prezzi relativi astenendosi dal dilazionare la liquidazione degli investimenti compiuti durante la fase ascendente del ciclo5. Anche la politica monetaria proposta da Keynes dopo la Grande Crisi oggetto di forti perplessit da parte di Polanyi, che particolarmente critico nei confronti degli articoli che Keynes pubblica nel marzo del 1933 su The Times (in occasione della riunione preliminare a Washington
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Secondo il modello hayekiano, nella fase alta del ciclo pu verificarsi una divergenza fra i due saggi dinteresse, monetario e naturale, che pu superare il primo. In questo caso gli imprenditori possono chiedere prestiti ad un saggio monetario inferiore a quello naturale, al fine di modificare le tecniche produttive. Pertanto la domanda di beni capitali aumenta e si verifica una diversione di risorse dai settori dei beni di consumo a quelli di investimento e intermedi. A questo punto si modificano i prezzi e cresce il potere dacquisto dei salari, ma laumento dei redditi provoca una crescita della domanda dei beni di consumo, il cui prezzo quindi torner a salire, ristabilendo il vecchio equilibrio. Le cause della crisi stanno perci nel processo di accumulazione troppo ambizioso, che ha generato una politica di investimenti sbagliata, favorita da un sistema creditizio che non ha interrotto lofferta di moneta. Una volta entrati in crisi, si pu soltanto cercare di riaggiustare i prezzi relativi astenendosi da ulteriori investimenti. La vera arma per combattere la crisi quindi preventiva e consiste nellimpedire, attraverso adeguate misure di autoregolamentazione dellattivit del sistema bancario, che lelasticit del credito possa causare distorsioni della struttura produttiva.

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fra Roosvelt e Mac Donald in previsione della conferenza monetaria ed economica mondiale di Londra nel giugno successivo) e che poi pubblicher nello stesso anno sotto forma di pamphlet col titolo The Means to Prosperity (Keynes 1983). In un commento a questi articoli, Polanyi critica Keynes, che si era pronunciato a favore di una politica volta allaumento dei prezzi delle materie prime attraverso lemissione di certificati aurei6. Secondo Polanyi, questa strategia non solo non riequilibra il sistema (poich ciascun governo non obbligato a considerare quei certificati effettivamente equivalenti alloro), ma provoca anche un aumento generale dei prezzi senza diminuzione del valore esterno della moneta (Polanyi 1993, p. 95). Anche per quanto riguarda il giudizio sul New Deal la differenza fra Keynes e Polanyi profonda. Sebbene entrambi favorevoli allesperimento americano, lo sono per motivi differenti. Keynes approva i provvedimenti volti allaumento della spesa pubblica grazie ai quali fare fronte alla disoccupazione crescente; Polanyi arriva piuttosto ad entusiasmarsi per i primi tentativi di pianificazione economica in una democrazia occidentale (primo fra tutti la formazione della TVA, la Tennessee Valley Authority, preposta alla regolamentazione idrica ed economica del bacino del fiume Tennessee7). A questo punto sembra potersi affermare che le affinit fra Polanyi e Keynes non sono affatto scontate. Da un punto di vista analitico Polanyi non sembra utilizzare la stessa cassetta di strumenti di Keynes. Come gi detto, ci che accomuna Polanyi a Keynes lidea che una societ capitalistica in grado di autoregolarsi sia definitivamente crollata: la guerra ha dimostrato che la societ occidentale non riuscita a risolvere i suoi problemi e le sue contraddizioni politiche, se non con la forza delle armi; la Grande Crisi ha dimostrato che lostinato riproporre le condizioni economiche prebelliche non ha favorito sviluppo e ripresa, ma ha solo posticipato una crisi scoppiata con maggiore violenza. Keynes e Polanyi concordano sulla fine del laissez-faire e sulla necessit di sostituire il paradigma dellinfallibilit del mercato con un modello nel quale la decisione politica deve assumere un peso rilevante anche in ambito economico. Questa idea, seppur forte, non tuttavia suff iciente ad accomunare Polanyi e Keynes in un unica visione . Secondo Polanyi, il mercato obbedisce a una propria logica interna costituita dalle fallaci leggi delleconomia neoclassica. Keynes ha una concezione pi pragmatica: egli critica la teoria neoclassica e propone una nuova politica economica, in grado di risolvere le crisi dallinterno

6 Questi, infatti, provocherebbero uninflazione di oro che avrebbe come conseguenza la tanto attesa svalutazione di questultimo, causa principale dellelevato tasso dinteresse da cui dipende il livello degli investimenti. 7 Scrive Polanyi: alla TVA affidato anche il compito, finora impensabile negli stati capitalistici, dellorganizzazione industriale, agricola, forestale, demografica e culturale di un territorio pi esteso dellintera Austria (Polanyi 1993, p. 207).

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del mercato stesso8. Secondo Keynes il mercato non unistituzione intesa come ideal-typus rispetto al quale giudicare il mondo reale: il mercato non esiste, esistono i mercati, che realisticamente non possono che essere imperfetti. Leconomia non una scienza pura dedotta da princpi neutri quali lutilit marginale, ma piuttosto una disciplina pratica che deve risolvere i problemi che si presentano diversi di volta in volta, nella maniera pi razionale possibile, tenendo conto anche di variabili esogene. La visione di Keynes permeata del tipico english common sense , che da Hume e Smith discende f ino a Moore e Marshall. Polanyi ha invece una forma mentis continentale, profondamente austriaca: il mercato unistituzione perfetta da un punto di vista analitico, capace di obbedire a leggi rigorosamente dedotte da princpi che regolano la sfera economica separabile dal resto della societ. 2. Polanyi versus Hayek: il ruolo dellindividuo nel mercato Data questa visione austriaca del mercato di Polanyi, bisogna cercare di ridefinire le differenze fra questi e gli esponenti della scuola austriaca (in particolare Hayek), differenze che non sono tanto di natura analitica (basti pensare allinterpretazione della Grande Crisi), quanto piuttosto filosofiche. Mi riferisco in particolare alla concezione della libert individuale in rapporto al mercato, che si rispecchia poi nel giudizio sulle cause dellavvento del fascismo. La premessa dalla quale non si pu prescindere che Polanyi come gli altri esponenti della scuola austriaca non condivide alcuna filosofia aprioristica tipica della tradizione tedesca; tuttavia, a differenza degli economisti viennesi della scuola di Mises, fa suo (come ribadito in numerosi suoi scritti) il paradigma neoempirista che stava alla base di una filosofia positiva della scienza (Mendell 1997; Becchio 2005). Gli esponenti della scuola austriaca (in particolare Mises e Hayek) si occupano del problema della conoscenza individuale in rapporto al funzionamento del mercato, inteso come istituzione sorta spontaneamente e in grado di autoregolamentarsi, nella quale lindividuo, grazie al meccanismo dei prezzi, pu ottenere le conoscenze necessarie per soddisfare i propri bisogni e vedere riconosciuta pienamente la propria libert. Il problema del rapporto fra libert individuale e mercato una costante nel pensiero e nellopera di Polanyi. Gi in un inedito del 1941, egli definisce il dilemma morale del liberalismo economico come il sacrificio dellindividuo nei confronti dellautoregolamentazione del sistema. Secondo Polanyi, lindividuo nel mercato una pedina, uno strumento al quale viene tolta la sua stessa dignit attraverso la mercifi-

8 Si veda T. Raffaelli (1999) che a proposito del rapporto fra Polanyi e Keynes dimostra la fondamentale estraneit delle loro rispettive visioni del processo economico e della natura del mercato.

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cazione del suo lavoro. I valori individuali sono sacrificati in nome del funzionamento automatico del sistema economico, sul quale si fonda lutopia del laissez-faire. Il principio di autoregolamentazione del mercato pertanto una forzatura per lindividuo, costretto, suo malgrado, ad ubbidire alle leggi del capitalismo che, lungi dal procurare benessere per tutti, creano forti scompensi sociali. Queste concezioni sono antitetiche: secondo Hayek, solo nel mercato autoregolato lindividuo esprime liberamente le proprie preferenze e la libert individuale esaltata; secondo Polanyi, necessaria una riforma del sistema di mercato capitalistico, che deve essere sostituito da una forma di organizzazione politica e sociale in grado di rispettare e valorizzare le individualit (la proposta di Polanyi quella di realizzare un socialismo democratico di stampo cristiano9). Con Polanyi lindividualismo diventa il paradigma filosofico condiviso tanto dai liberali, quanto dai socialisti: mentre lindividualismo di Hayek si presenta come lerede di quella invisible hand che regolava automaticamente le azioni degli individui capaci di lottare per il proprio successo, lindividualismo di Polanyi non pu prescindere dal valore delluguaglianza10. Il punto centrale della discussione intorno a queste due forme di individualismo consiste nel comprendere le effettive capacit del mercato di garantire la migliore allocazione delle risorse. Polanyi ritiene necessaria una forma di democrazia in grado di consentire agli individui la massima consapevolezza e il massimo controllo, e alla societ di definire opportunamente i propri scopi; gli individui sono liberi in quanto possono esercitare un reale controllo delle proprie condizioni di esistenza, cosa che il mercato non consente. In tal senso la posizione di Polanyi si avvicina a quella degli istituzionalisti americani dellepoca, che dubitavano delleffettiva capacit del mercato di soddisfare nel modo migliore i bisogni degli individui, in quanto nel sistema capitalistico il mercato pone vincoli di scelta negando sistematicamente che certe informazioni siano recepite, e in questo modo non solo non favorisce la massimizzazione dellutilit dei consumatori, ma addirittura pu pervertire i bisogni individuali. Connesso al problema del rapporto fra mercato e libert individuale anche quello dellorigine del fascismo (Polanyi-Levitt 1990; Becchio 1997). Per Polanyi il fascismo sorge proprio dalle ceneri del fallimento del mercato autoregolato; secondo Hayek, invece, il fascismo emerge dalli-

9 La possibilit di un socialismo cristiano che garantisca ad un tempo libert individuale e uguaglianza era stata criticata da Mises molti anni prima (Mises 1922), come una forma particolare di antiliberismo. Secondo Mises, il liberalismo e non il cristianesimo aveva portato il mondo e la societ verso gli ideali di uguaglianza e di libert, che il socialismo non sarebbe mai in grado di garantire. 10 A questo proposito vale la pena di ricordare linterpretazione di Andr Tiran (1998), secondo cui Polanyi cerca di conciliare lolismo della societ rousseauiana (che si mostra nella sopravvivenza del concetto di comunit) e lindividualismo della concezione tedesca emersa nella Riforma, che lascia unassoluta libert interiore allindividuo.

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nadempienza dei princpi liberali del XIX sec., i soli in grado di garantire la libert autentica11. Il problema dellindividualismo in rapporto al mercato e alleconomia nellopera di Polanyi dunque abbastanza complesso: acerrimo avversario dellidea di mercato autoregolato e propugnatore di uneconomia socialista, Polanyi mise comunque sempre al centro della propria indagine sulla societ lindividuo e la sua libert. A proposito di questo, convincente la tesi secondo cui Polanyi difese sempre strenuamente lindividualismo contro ogni forma di collettivismo sociale, nonostante egli fosse allo stesso tempo un critico feroce di quella forma di liberalismo che presupponendo lindividuo, cio considerandolo gi costituito e non invece prodotto di un processo di costituzione, finisce per svuotare lindividuo di ogni significato: riducendolo ad -tomon appunto in-dividuum lo estrapola da quei nessi, quei legami, quei processi costitutivi che soli possono costituirlo in quanto individuo (...) A Polanyi la sorte dellindividuo interessa moltissimo, al punto da non volerlo vedere impoverito a pura astrazione o a marionetta acquisitiva. La valorizzazione dellindividuo non per lui cosa diversa dalla ricchezza delle determinazioni sociali che esso in grado di esprimere (Marramao 1997, p. 41). Hayek, invece, ritiene che il sistema liberale garantisca perfettamente la libert dellindividuo grazie ad una democrazia intesa come libera competizione elettorale ed individua nella spontaneit del mercato la garanzia di funzionamento delle regole sociali, che governano non solo i rapporti esterni fra gli individui ma lo stesso comportamento umano. Il mercato per Hayek un organismo, al contrario per Polanyi esso ha origine storica e lidea di mercato autoregolato e di mercificazione del lavoro, della moneta e della terra (le cosiddette merci fittizie) si manifestata solo dopo la rivoluzione industriale, quando il sistema economico viene incentrato sulla produzione industriale e al mercato viene affidato il meccanismo distributivo12. Polanyi media questo concetto di mercificazione delle merci fittizie, centrale ne La Grande Trasformazione, dalla sua lettura di Marx. 3. Polanyi e la lettura cristiana di Marx Contestualmente allattivit giornalistica, Polanyi si dedica allo studio degli

Il libro di von Hayek Road to Serfdom (1944) definito dallautore un ammonimento ad americani e inglesi a non cadere negli errori nei quali erano caduti gli altri paesi europei nel periodo compreso fra i due conflitti mondiali. 12 Questo sistema liberale provoca nellOttocento la rottura definitiva dellunit della societ in due sfere separate, quella politica e quella economica: le istituzioni chiamate a garantire ordine e sicurezza esterna vengono separate da quelle adibite alla produzione e alla distribuzione, che seguono leggi economiche proprie ed autonome. La sfera economica, resasi autonoma (disembedded) dal resto della societ, assume un carattere peculiare, lautoregolamentazione (un concetto che Polanyi vide messo in luce per la prima volta nellordre naturel dei fisiocratici), ovvero in un meccanismo economico considerato intrinseco alla natura umana che, lasciato libero dagire, riesce a realizzare i fini per i quali

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economisti classici e in particolare del primo libro del Capitale di Marx. Inoltre la lettura dei Manoscritti (editi per la prima volta nel 1932) lo conduce ad una riflessione sul pensiero marxiano che egli rielabora in maniera del tutto personale nel corso degli anni Trenta. Durante quel periodo Polanyi si trova in Inghilterra, dove la pubblicazione dei Manoscritti suscita un ampio e vivace dibattito soprattutto fra i socialisti cristiani, nelle cui fila milita Polanyi. Questi, lontano dal determinismo materialistico, tenta di conciliare marxismo e socialismo cristiano. Numerosi sono gli scritti composti su questo tentativo di conciliazione a partire dal 1936 fino alla met degli anni Quaranta (Polanyi 1997). Polanyi ritiene fondamentale la distinzione nei Manoscritti del processo economico in processo fra uomo e natura (come fenomeno generale volto alla soddisfazione dei bisogni umani) e processo fra uomo e uomo (come fenomeno storico in cui concretamente si organizza la societ). In questo passaggio gli elementi naturali delleconomia (lavoro, materie prime, bisogni etc.) si trasformano in salario, capitale, domanda etc. Da ci deriva lesistenza distinta di fenomeni economici generali (lavoro, necessit e bisogni umani, materie prime e beni lavorati, macchine e capitale) e di categorie storiche caratteristiche dellattuale sistema economico capitalistico (soddisfazione della domanda, potere dacquisto, ricavi, denaro, salari, profitti, interesse, rendita, Capitale con la c maiuscola). Secondo Polanyi, il merito di Marx consiste proprio nellaver compreso la natura alienante del capitalismo, ove le categorie storiche, in quanto merci, assumono un carattere feticistico, ossia in esse prevale il valore di scambio rispetto al valore duso. Scrive Polanyi: il carattere di mercificazione dei beni nel nostro attuale sistema economico solo un altro risultato dellopera di quel sottile processo per il quale Marx ha coniato il termine di feticismo (Polanyi 1997, p. 95). Ci che appare come laspetto oggettivo delle merci, ossia il valore di scambio, non altro che il riflesso della relazione reciproca degli esseri umani impegnati nella produzione di quei beni. Quando la produzione per il mercato diviene la regola, le merci assumono inevitabilmente un carattere feticista. Qui sta la critica marxiana alla definizione formale delleconomia: il feticismo consiste infatti nellattribuire alle qualit delle cose o della mente umana ci che invece inerente alla forma delle relazioni sociali (Polanyi 1997, p. 96).

stato predisposto: il raggiungimento della ricchezza nazionale. Con Adam Smith il liberalismo economico assume il carattere di una vera e propria teoria: attraverso la dottrina della invisible hand, tutte le attivit industriali e commerciali vengono regolate spontaneamente grazie al meccanismo dei prezzi inserito nel sistema di mercato. L industria si sviluppa in una sfera autonoma regolata dalla concorrenza, mentre le funzioni governative vengono ristrette al minimo e il potere politico si limita a salvaguardare la propriet privata, mentre leconomia di mercato assume la forma di un sistema istituzionale, che presuppone la trasformazione artificiale di tutti i fattori produttivi in merci (non solo dei beni materiali, quindi, ma anche della terra, del lavoro e del capitale, ognuno dei quali necessita di un proprio mercato). La societ, per, comincia a reagire contro i pericoli inerenti al liberalismo economico attraverso una serie di lotte, che alla fine del XIX secolo portano alla promulgazione della legislazione sociale e alla fondazione dei sindacati.

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Polanyi concentra la sua analisi sul capitale, che assume un doppio significato: da un punto di vista generale, il capitale (con la c minuscola) designa i macchinari e tutte le risorse che sono pre-condizioni per la produzione di quasi ogni bene (in questo senso il capitale una categoria naturale e senza tempo delleconomia); da un punto di vista storico, il Capitale (con la c maiuscola) va inteso come fondo monetario di propriet di coloro che beneficiano dei ricavi ed un fenomeno storico proprio del capitalismo. Scrive Polanyi: il capitale come mezzo di produzione una categoria economica; il Capitale come risorsa di introiti parte di un ordine economico transitorio ed una categoria storica. Ma precisamente come categoria storica che il capitale assume la dignit che non gli compete, quella di un originale fattore della produzione accanto alluomo e alla Natura (Polanyi 1997, p. 97). Secondo Polanyi, Marx ha spiegato come, sotto lattuale sistema economico, il Capitale sia il fattore dominante nella vita economica, in quanto determina le condizioni della creazione di ricchezza. Il lavoro senza laiuto del Capitale non pu produrre quasi niente e solo la propriet di capitali in grado di regolare la produzione. Da qui deriva il concetto di produttivit del capitale. Non solo il lavoro, ma la stessa natura sembrano sterili senza il Capitale. la scarsit di Capitale che frena paesi potenzialmente ricchi dallo sviluppo della loro ricchezza naturale nonostante la loro grande disponibilit di manodopera13. Il feticismo marxiano delle merci sar utilizzato da Polanyi nella formulazione del concetto di mercificazione del lavoro, della terra e della moneta, che egli designer ne La grande trasformazione come merci fittizie. Secondo Polanyi, proprio nel feticismo del capitale si possono riscontrare le affinit tra marxismo e cristianesimo: anche dal punto di vista cristiano, la nozione di pari dignit fra Capitale e lavoro una credenza fantastica, in quanto identifica lumanit con un feticcio. Il lavoro umano e personale, mentre il Capitale lavoro alienato. Il lavoro rappresenta un aggregato di esseri umani, il Capitale , meramente, la loro riflessione distorta. La loro esistenza separata unimmagine che deriva
13 Secondo Polanyi, lidea che il Capitale sia il fattore primario della produzione di primaria importanza. La propriet privata dei mezzi di produzione implica che il lavoro venga svolto con laiuto delle macchine. Non i lavoratori, ma le macchine, sembrano essere i creatori della ricchezza prodotta. Inoltre la loro capacit produttiva attribuita ai proprietari, il cui diritto di propriet gli assicura loro la partecipazione alla produzione. Il ricavo derivato dalla sola propriet dei mezzi di produzione pu cos essere spiegato (e giustificato) come il risultato della funzione produttiva della propriet. Da qui basta un solo passo per arrivare a considerare produttivo anche il denaro. Tutto questo il risultato di una falsa prospettiva creata dalla distorsione dei fenomeni economici propria di una societ dove i mezzi di produzione sono in mano ai privati. questa falsa prospettiva che fa considerare comune il concetto feticista del Capitale sotto lattuale sistema economico. Tra le conclusioni pratiche che derivano da questo concetto di Capitale la pi importante riguarda la soluzione della questione sociale della cooperazione fra lavoro e Capitale. Una tale cooperazione li rende quasi necessari componenti della legge naturale che li unisce nel compito produttivo.

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dal sistema di propriet privata. Dove i mezzi di produzione non sono in mano ai privati e dove il Capitale non opposto al lavoro, la sola distinzione valida tra lavoro in atto e lavoro svolto, lavoro speso nei beni dei consumatori e lavoro speso nei beni dei produttori. Lequazione di lavoro e Capitale secondo i pensatori cristiani peggiore di una incomprensione, la prova della mancanza di ogni serio sforzo di misurare la natura spirituale delleconomia moderna. Una societ socialista e cristiana elimina il carattere di mercificazione degli elementi naturali proprio di una societ capitalistica: gli uomini si sbarazzerebbero cos delle fittizie realt che vincolano attualmente la loro vita ed entrerebbero in uno stato di libert, nel quale i loro rapporti reciproci non sarebbero pi contraffatti da elementi illusori (Polanyi 1997, p. 94). Questo stato di libert prevede il superamento del capitalismo non in una nuova societ ma in una nuova comunit, intesa come lunica forma associativa dove non sussista alienazione e dove sia garantita la libert individuale. Il vizio della filosofia della storia marxiana secondo Polanyi che essa non dice nulla della nuova forma storica successiva al capitalismo; una filosofia della storia negativa. Polanyi ritiene necessario introdurre il cristianesimo entro i confini del socialismo, in modo tale da garantire ad un tempo democrazia economica e libert individuale, poich egli ritiene che il socialismo cristiano superi la posizione materialistica marxiana in una visione comunitaria capace di oltrepassare la divisione in classi. Giunti a questo punto non tutte le tesi che hanno dato un peso preponderante alla continuit fra il pensiero di Polanyi e quello di Marx appaiono convincenti. Queste si basano su un doppio corretto presupposto (Cangiani 1997; 1998). Da un lato Polanyi media da Marx il carattere feticistico delle categorie economiche nella societ capitalistica e dallaltro lato entrambi ritengono che leconomia capitalistica sia da intendersi come un processo storicamente determinato, cos come i concetti di valore e lavoro astratto non vanno circoscritti, quanto al loro significato, entro lanalisi economica dei prezzi di equilibrio in un sistema concorrenziale di mercato: essi determinano, invece, una particolare struttura sociale (Cangiani 1997, p. 9). Altre interpretazioni, per, si spingono oltre e ritengono che lantropologia sostantivista elaborata da Polanyi affondi in pieno le sue radici nel marxismo e che Polanyi abbia in un certo senso mascherato il suo marxismo in una terminologia non marxista. Secondo Harpelin (1984), Marx e Polanyi condividono un modello di organizzazione economica che mette in primo piano le relazioni sociali ed enfatizza le differenti possibilit di organizzare la produzione, la distribuzione e il consumo; entrambi considerano leconomia come un processo per garantirsi materialmente la sussistenza, tanto che la definizione di Polanyi delleconomia come processo di interazione tra uomo e ambiente per soddisfare i bisogni materiali non sarebbe che un sinonimo del marxiano materialismo storico (termine che tuttavia Polanyi non adoper mai); infine Polanyi adotta implicitamente tutte le fondamentali categorie marxiane. Polanyi, quindi, avrebbe nascosto il suo marxismo solo per con151

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venienza: in quanto residente e docente universitario negli Stati Uniti durante gli anni del maccartismo, egli evita di utilizzare termini quali capitalista, precapitalista e non capitalista e sostituisce la parola mercato a capitalismo; alieno dallammettere alcuna forma di evoluzionismo nella sua analisi delle economie precapitalistiche, molto abilmente sposta linteresse dallanalisi delle strutture economiche al dibattito fra formalisti e sostantivisti. Questa interpretazione del Polanyi pi marxista di Marx lascia un po perplessi. Se vero che Polanyi adotta implicitamente tutte le fondamentali categorie marxiane (lavoro alienato, feticismo delle merci, sfruttamento del lavoratore), egli non manca di interpretarle in modo del tutto originale, adattandole alle proprie esigenze teoriche. Pi verosimile sembra la posizione di chi ritiene che, data la particolare visione cristiana del socialismo, Polanyi non abbia mai abbracciato fino in fondo, almeno da un punto di vista politico e morale, il marxismo, e che questo gli sia servito soprattutto come strumento di analisi economica da cui partire per giungere ad una propria formulazione originale. 4. Considerazioni conclusive La formazione culturale mitteleuropea di Polanyi, basata sul paradigma neoempirista viennese, fondamentale per comprendere i suoi contributi pi importanti di teoria economica, che rimangono quelli composti nel ventennio fra le due guerre, tra Vienna e Londra. Da essi si evince la sua forma mentis tipicamente austriaca, tanto rispetto agli strumenti analitici quanto alla visione generale che permea la sua idea del funzionamento dei meccanismi di mercato, fondati sul rifiuto incondizionato di ogni filosofia aprioristica di stampo tedesco. Debitore pi nei confronti degli austriaci che di Keynes, media dai primi pur criticandola lidea di un mercato inteso come sistema autonomo in grado di obbedire a leggi interne e, col secondo, si limita a condividere lidea della fine del sistema autoregolato e lineludibilit del legame fra la teoria economica e le conseguenze sociali che derivano dalle scelte di politica monetaria. Non si pu infatti dimenticare che Polanyi non si occupa in alcuno scritto del Keynes del Trattato e della Teoria Generale. Polanyi come abbiamo visto fu anche influenzato da Marx. Tuttavia, sebbene Polanyi medi dal giovane Marx la centralit del concetto di feticismo delle merci, vi sono non trascurabili differenze nella visione che essi hanno del processo economico. Nonostante entrambi considerino leconomia come un processo per garantirsi materialmente la sussistenza, tuttavia la definizione di Polanyi delleconomia come processo di interazione tra uomo e ambiente per soddisfare i bisogni materiali non pu essere intesa come un sinonimo del marxiano materialismo storico. Inoltre essi non concordano sullorigine e sul futuro del capitalismo. Com noto, Marx considera lavvento delleconomia borghese come uno stadio necessario della storia dellumanit, al quale far seguito laltrettanto necessaria e inevitabile epoca del comunismo: il passaggio dalleconomia feudale a quella borghese, stori152

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camente necessario per Marx, interpretato da Polanyi come il deliberato inizio dellinganno liberale, fondato sulla presunta capacit del mercato di autoregolarsi. Al comunismo Polanyi contrappone il socialismo cristiano, contraddistinto da un forte afflato etico che orienta la sua critica verso listituzione mercato; al contrario, il bersaglio del Marx scienziato sociale (che liquida la questione religiosa come utile palliativo, rimedio momentaneo per le ingiustizie sociali) il capitalismo. In questo senso la critica di Polanyi al liberismo si configura in un senso spiritualista14, mentre quella marxiana fu decisamente materialista15. La visione che ha Polanyi del processo economico dunque molto complessa e si colloca fra la scuola austriaca e il Keynes dellinizio degli anni Venti; dal quale per non media affatto la cassetta di strumenti per lanalisi dei fenomeni economici. A questo intreccio non sempre facilmente districabile si aggiunga la particolare lettura di Marx da parte di Polanyi, il quale utilizza le categorie economiche dei Manoscritti senza iscriverle in una filosofia della storia materialista, sostituita da una forma religiosa di socialismo democratico, incompatibile col marxismo originario. Il risultato di tutta questa mescolanza fra visione e analisi allontana Polanyi tanto dal keynesismo quanto dalla scuola austriaca, cos come dallaustromarxismo. Se proprio gli si vuole trovare una collocazione, egli forse il pi eterodosso (e solitario) tra gli economisti socialisti austriaci.

14 A questo proposito si veda la seguente interpretazione: mentre per Marx il soggetto antagonista al capitalismo era una formazione storica ben precisa, una classe, il soggetto che secondo Karl Polanyi si erge contro il mercato luomo generico, in nome di un altrettanto vago umanesimo (Eramo 1997, p. 69). 15 Cos si esprime Marguerite Mendell (1997, p. 92): il feticismo della merce il punto di partenza che consente a Marx di spiegare lorigine dello sfruttamento allinterno della produzione capitalistica. Polanyi si differenzia da Marx perch concentra invece la sua critica del capitalismo sullo scambio mercantile.

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