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Elvino Politi

L'archetipo femminile di Athena e Afrodite nei rinvenimenti messapici di Campi Salentina

possibili testimonianze arcaiche sulle antiche tratte del pellegrinaggio medievale

Campi Salentina 2011

Lungo la costa sudorientale italiana, sin dalla preistoria, si trovavano distribuite, accanto alle popolazioni propriamente italiche, altre genti. Tra queste, quella dei "Messapi", stirpe giunta in Italia agli inizi della "Et del ferro". Non sappiamo i motivi che hanno portato questo popolo a spingersi sulle coste italiane. Probabilmente lo fece per sfuggire ad incursioni nemiche, o perch vi trov propizi spazi di insediamento. Il termine antico "Messapia", "terra di mezzo", sta ad indicare l'area occupata da questa popolazione, situata tra il territorio degli Itali e il mondo ellenico, individuabile nella penisola salentina. Tuttavia sin d'ora importante considerare come non esista una valenza territoriale unitaria di tipo moderno, ma delle citt stato, tra loro interagenti, che costituiscono degli schemi protourbani. Le fonti letterarie affermano che questo territorio vantava la presenza di altre due etnie: i "Sallentini", che occupavano la fascia ionica della regione, e i "Calabri", abitanti della zona centroorientale adriatica. Di qui l'appellativo "Sallentia" dato alla penisola. Sulle radici di questo lignaggio vi sono molti dubbi e differenti interpretazioni. Erodoto assegn loro tutta la zona che si estendeva da Taranto a Brindisi e poi gi, fino a Santa Maria di Leuca, e le confer un'origine cretese-micenea, anche se altre fonti la vedono come mescolanza di illirici e di cretesi o le riconoscono una provenienza balcanica. I Messapi crearono una civilt complessa e fondarono, nel corso dei primi tre secoli del millennio a.C., numerose citt, tra le quali Vaste, Alezio, Rocavecchia e Hyria (l'odierna Vereto, presso Pat) Cavallino, Ugento, Manduria... Il lento processo di urbanizzazione, dicevamo, si era rinsaldato tra il 7 e il 3 secolo a.C. Le vecchie societ indigene avevano accettato il passaggio dallo stato tribale dei primi gruppi preistorici alla situazione "protourbana" del periodo miceneo avanzato, fino a conquistare una pi stabile condizione di vita, tutelata dalle mura presenti intorno ai centri urbani. Ogni area di stanziamenti vicini rappresentava un microcosmo autosufficiente, consolidato da divinit comuni. Queste deit simboleggiavano l'unione tra i vari casati, che si preoccupavano di mantenere acceso il "fuoco sacro pubblico", mentre i nuclei familiari incrementavano la "fiamma domestica", segno che legava tutti i consanguinei, guidati dal capo patriarcale. Il dio "Taotor Andirao" la dea "Bama", che rappresentavano rispettivamente le divinit maschili e femminili, avevano la loro dimora di culto a Rocavecchia, nella "Grotta della Poesia". Il dio "Batas", sovrano della folgore e della luce, era adorato nella "Grotta della Porcinara", e concerneva il sito di Leuca, assieme alla dea Ana. Un altro elemento importante per delineare la fisionomia della popolazione la relazione che essa stabiliva con i propri defunti. Nel Salento, ancora oggi, si possono visitare alcune delle tante necropoli esistenti nel passato. Scavate nel terreno come sarcofagi rettangolari, erano realizzate in diverse dimensioni, secondo il numero dei morti che dovevano contenere. Oltre ai resti umani, conservavano cospicui corredi in vasellame di bronzo e di ceramica, talora armamenti e monete d'argento. Questi oggetti indicavano il desiderio, da parte dell'estinto, di portare con s, nel mondo ultraterreno, le cose pi care usate in vita. La "trozzella" era lo strumento domestico pi amato dalle donne e maggiormente presente nelle loro tombe, mentre le armi non potevano mancare nell'ipogeo maschile del prode di guerra. Sebbene non sussistano prove concrete, si tende a ipotizzare che all'inizio del V secolo a.C., i Messapi si raccolsero in una "Sacra Lega" sullo stile della simmachia greca, per salvaguardare i propri interessi e per preservare l'autonomia politica ed economica dell'intera regione. La "Dodecapoli Messapica", o Confederazione delle dodici citt principali, si sarebbe fondata su un solenne giuramento che stabiliva la fratellanza fra i suoi clan. Tale istituzione avrebbe rinsaldato il legame, fino allora precario, tra le varie etnie presenti nella zona. Di certo, fra queste trib, le quali,

in passato, avevano spesso usato le armi per risolvere dei contrasti interni, s'instaur un'unione pi forte, garantita da un nuovo spirito di cooperazione e da una politica accentrata che puntava a preservare i diritti di ciascuno contro ogni sopraffazione e s'impegnava a combattere eventuali usurpazioni, interne ed esterne, che potevano ledere ogni singolo individuo o la collettivit. La Messapia, pur mantenendo una certa indipendenza rispetto alle influenze straniere, sub il fascino, culturale e politico, che l'Ellade esercitava su molti paesi che si affacciavano sul Mediterraneo centro-orientale. Sebbene spesso i rapporti tra mondo greco e l'area salentina siano stati all'insegna delle lotte, tuttavia nel settore dell'arte e soprattutto della religione le due civilt toccarono notevoli punti d'incontro e di sincretismo. Un esempio importante ci dato dai rinvenimenti recenti di Castro, con la scoperta del bronzetto della dea Athena. La statuetta raffigura l'Athena Iliaca (proveniente da Ilio) e viene cos denominata poich si discosta dai tipi classici di Minerva. Non compare l'armatura, sostituita dal peplo, e invece che lo scudo regge nella mano destra un phiale per le libagioni, mentre la sinistra posata su una lancia. Invece dell'elmo ha un copricapo, che richiama la sua provenienza, appunto, dalla Frigia. E' probabilmente questa la raffigurazione che Ulisse, Diomede, Ettore, Enea , Paride, Priamo avevano del Palladio, la statua di Athena che proteggeva la citt di Troia. Il pregevole pezzo, in bronzo pieno, probabilmente di fattura tarentina e si rif ad uno stile presente nella citt di Sparta di cui Taranto era colonia. Ma la vicinanza si applica anche in campo militare con l'acerrima nemica di Sparta: Atene. Lo storico greco Tucidide, in una sua opera, "La Guerra del Peloponneso", rifer di un'alleanza messapicoateniese, basata anche su appoggi militari. Svariate loro abitudini sono venute alla luce analizzando alcuni disegni impressi sui vasi rinvenuti all'interno degli ipogei tombali. Tale vasellame suddiviso in due categorie: quello pi antico ("geometrico-ipigio"), che abbraccia l'arco di secoli che va dall'epoca micenea al 7 secolo a.C.; e quello dalle figurazioni pi avanzate e leggibili ("messapico-greco"), che continu ad essere realizzato dagli artigiani salentini sino alla venuta dei Romani. Le diversit si riscontrano nei motivi, nei modelli e nelle figure. Riguardo alla lingua dei Messapi, accertato che si tratti di un idioma di difficile decifrazione, si sono ottenuti notevoli risultati, sebbene non ancora sufficienti a palesarne l'evoluzione. Negli anni Sessanta e Settanta, alcuni ricercatori hanno scoperto varie epigrafi a Lecce, a Vaste, ad Oria, a Manduria, ad Ugento e in altre localit. L'influsso della civilt greca facilmente individuabile anche in questo campo. Infatti, i messapi utilizzavano per le loro iscrizioni un alfabeto greco, pi propriamente laconico, certamente importato dai vicini greci di Taranto. Tra le caratteristiche di questo alfabeto si registra la totale assenza della vocale "u" e la presenza del segno del tridente che "indica il suono di passaggio (non fonema) fricativo tra la vocale e lo jod successivo". Vediamo alcune caratteristiche fonetiche del linguaggio possono essere considerate quasi certe: il cambio del Proto-Indo-Europeo o breve in a breve(come nell'ultima sillaba del genitivo kalatoras) il cambio del finale -m in -n (come in aran) il cambio di -ni- in -nn- (come nel nome messapico Dazohonnes verso l'illirico Dazonius; il genitivo Messapico Dazohonnihi verso il genitivo illirico Dasonii, etc.) il cambio di -ti- in -tth- (come nel nome messapico Dazetthes verso l'illirico Dazetius; il genitivo Messapico Dazetthihi verso il genitivo illirico Dazetii; da una radice comune Dazet- sia in Illirico che in Messapico) il cambio di -si- in -ss- (come nel Messapico Vallasso invece di Vallasio, derivato dal nome breve Valla) la perdita della finale d (come in tepise), e probabilmente del finale t (come in -des, che forse significa "mettere", dal Proto Indo Europeo *dhe-, "mettere")

il cambio delle aspirate in Proto Indo Europeo nelle consonanti: PIE *dh- o*-dh- in d- o -de *bh-o*-bh-in b- o-b-(messapico beran *bher-, "tenere") -au- prima (di alcune) consonanti diventa--: Bsta, da Bausta la forma penkaheh deriva dal Proto-Indo-Europeo numerico*penkwe-, "cinque". Queste brevi notizie servono ad introdurci al rinvenimento della lapide messapica nelle vicinanze della collina della Madonna dell'Alto, conosciuta col codice IM33.1.1 La lastra, probabilmente parte di una copertura tombale misura cm 85 di lunghezza, 39 di altezza con uno spessore di cm8. Sono leggibili le lettere che formano la frase Millanoas Tabaroas Aproditiouas L'iscrizione ci rimanda pertanto ad una persona vissuta intorno al IV sec. a.C dedita al culto della dea AnaAfrodite. E' interessante notare per lo studio paleografico la conformazione della lettera A che presenta il taglio trasversale spezzato e ribassato. Iscrizioni simili sono state rinvenute in Ceglie e Oria e ci permette di pensare non solo alla diffusione pi o meno ampia del culto della dea Afrodite, ma l'esistenza in Campi Salentina di un luogo di culto, che, stando alle testimonianze del prof. Alfredo Calabrese, sarebbe dovuto sorgere nell'area della Madonna dell'Alto. L'area, infatti, ha restituito oltre alla lastra, anche numerosi frammenti architettonici, alcuni dei quali inseriti in riutilizzo, oltre che la famosa testa marmorea del IV sec che potrebbe raffigurare proprio la dea. N possono apparire semplici casualit poich l'area di Bagnara insiste a pochi chilometri dalla via messapica -romana rinvenuta e catalogata nel 1987che si dirige verso S. Donaci, per poi scendere verso sud dirigendosi verso Otranto Badisco Leuca ed quindi probabile la presenza di un luogo di culto minore sull'asse viario, oltre che le testimonianze di presenze dell'et del ferro rese dai menhir Candido e Sperti. Pertanto, alla luce di quanto in nostro possesso, nostro compito chiederci come le genti Messapiche abbiano traslato nella religiosit autoctona i culti mediterranei, e che rapporto hanno con i popoli dell'intera area del mare nostrum In particolare, dobbiamo chiederci cosa lega nell'area mediterranea il culto delle due divinit femminili. E' possibile intravedere nella teogenesi di Ana (Afrodite) e Bama (Athena) lo sdoppiamento delle due caratteristiche femminili che , per, possono essere riconducibili ad un'unica entit? Nelle terre della Lidia - raccontano Erodoto e Plutarco - i cui abitanti provenivano da Creta, si praticava un regime matriarcale dove i figli prendevano il nome della madre e non quello del padre, e se nascevano da madre libera e da padre schiavo erano considerati di nobile nascita, ci non valeva nel caso contrario. Alla donna veniva riconosciuto uno stretto legame con la divinit perch si considerava dotata di una superiore comprensione del potere divino. Per questo essa poteva far riconoscere leggi come ad esempio il diritto di successione a favore delle figlie. Limportanza della donna era attestata da molti altri fattori. Ad esempio la denominazione di Terra-Patria, comune a molte regioni del mondo antico, a Creta era traslata in Terra-Madre in rappresentanza della DeaMadre primigenia, la Mater Matuta dei romani, alla quale si faceva risalire ogni cosa e di cui le donne mortali erano immagine. Nel Menesseno Platone scriveNon la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra.per questo motivo verosimile che la prima nascita sia stata portata a termine, attraverso i poteri del Creatore, dalla terra senza che fossero necessari quegli organi che la natura deve produrre negli esseri che procreano .. Dunque la prima nascita avvenne nel grembo materno della Terra, le successive con la riproduzione nel grembo della donna. Si pu dire che il matriarcato appartenne ad un periodo dellumanit e ad una religione che hanno inteso la terra quale sede del materiale, il patriarcato,invece, a quel periodo dellumanit in cui alla materia stato affiancato l'idea (v. Plutarco) rappresentato dalluomo creatore di pensieri che la donna trasforma in realt viventi. Nelle religioni mediterranee larchetipo del femminile rappresentato da Minerva-Atena e da Venere-Afrodite, simboleggianti la Saggezza e la Bellezza.

Atena per i Greci, Minerva per i Romani considerata dea della Sapienza, delle Scienze e delle Arti, ma anche della guerra intesa in modo diverso dalla nostra accezione moderna. E una dea guerriera che combatte la forza bruta e impulsiva, rappresentata da Marte-Ares, per proteggere, con le competenze che le sono state assegnate, i mortali a lei devoti dai loro avversi destini o per sconfiggere i loro avversari. Simbolo dellintelligenza e come tale non disgiunta dallo spirito di iniziativa e dal coraggio, essa contemporaneamente protettrice delle citt, amministratrice della giustizia, ispiratrice del pensiero filosofico, fautrice del lavoro operoso (fu lei a presiedere i lavori per la costruzione dellArgo, la pi grande nave dellantichit), e delle attivit femminili connesse alla filatura, alla tessitura e al ricamo(Ginette Paris, La grazia pagana, Moretti e Vitali Ed., Bergamo, 2002), sostituendosi ad Aracne che trasform in ragno perch os sfidarla. La combattivit di Atena non essendo rivolta contro il mondo maschile assicura alla donna un posto di primo piano nel mondo degli uomini ed a sua volta essenziale per la partecipazione delle donne al potere(op.cit.G.Paris). Laltro simbolo archetipale del femminile posto rappresentato da Venere-Afrodite, dea della Bellezza e dellAmore, ma con unaccezione diversa da come vengono modernamente considerati i due attributi. Il culto di Venere ha poco a che fare con i canoni di bellezza cos come li concepisce la nostra cultura dellimmagine. La bellezza afroditica approssimabile pi a uno stato di grazia, in cui si fondono fascino e audacia, che a una adesione a un canone stabilito (Ginette Paris, La rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali Ed., Bergamo, 1997). La sessualit afroditica va letta come arte di amare e come esperienza estatica riferibile ad un percorso di conoscenza interiore di s e dellaltro che il desiderio ci pone accanto, in perfetto allineamento con la civilt matriarcale che considerava lamplesso un rito sacrificale di donazione di s, una forma di preghiera, come attestato dalla prostituzione sacra di cui rimangono testimonianze a Pirgi. Nellantica Neapolis, secondo gli studi di W. Schubert (1897 1940), in una grotta misterica vicina al Tempio di Priapo di Lampsaco si favorivano gli accoppiamenti in promiscuit e totalmente al buio per soggettivare latto del dono. . Come Minerva anche Venere era vergine prima che il mito di Eros, gerarchizzando la relazione uomo-donna, la trasformasse in sposa di Efeso, lo storpio che compensava la sua bellezza con i pi bei gioielli di tutto lOlimpo. A quei tempi il significato di vergine non si riferiva a colei che non conosce uomo, ma a colei che appartiene a s stessa nel senso di inafferrabilit (J.Evola, Metafisica del sesso, Ed. Mediterranee, Roma, 1988) Indicava, cio, il principio materno. Lultima Virgo Mater che domin la civilt antica del vicino oriente fu Lilith, la personificazione della Luna Nuova che genera s stessa ( Roberto Secuteri, Astrologia e Mito, Ed.Astrolabio, Roma,1978) In seguito tutte le vergini madri di tipo pagano demetriaco e quelle asiatiche, molte delle quali raffigurate con il volto nero, furono fuse dal Cristianesimo in un unico personaggio: la Madonna, anche in versione di Madonna nera, o di Vergine Allattante. Proprio come riportato sull'affresco della chiesa della Madonna dell'Alto. Col culto di Athena e di Afrodite i Messapi ci hanno tramandato il loro legame tra le genti che popolavano il Mediterraneo. Che attraverso lo studio della loro storia possiamo noi riscoprire pienamente le radici della nostra cultura per conoscere il grande patrimonio che unisce le sponde del Mare Nostro, molto pi importante e cospicuo di ci che le divide.

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