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Nellambito del diritto internazionale del mare, si andato affermando listituto della zona di pesca che si riferisce a quelle

e aree marine, situate oltre il mare territoriale, sulle quali non sono esercitati ad altro titolo, da parte degli Stati, diritti di sfruttamento o di protezione. Il tradizionale dualismo tra mare territoriale e mare libero ha comportato una coincidenza tra lo status degli spazi marittimi e il regime giuridico applicabile alle attivit di pesca. Mentre nellalto mare si applicato il regime di libert di pesca, in termini di libert di accesso, e le attivit di pesca erano sottoposte solo alla giurisdizione dello Stato della bandiera, nel mare territoriale prevalso il sistema della riserva di pesca a favore dei nazionali. La libert di pesca era sostenuta sulla base del postulato del carattere inesauribile delle risorse del mare. Nellambito della conferenza di Ginevra del 1958 sul diritto del mare, il dibattito fu incentrato soprattutto sui diritti preferenziali degli stati costieri nelle zone dalto mare adiacenti al mare territoriale. Nella seconda conferenza sul diritto del mare il cui obiettivo era fissare lestensione del mare territoriale e della zona di pesca adiacente, non fu adottata per un solo voto, la proposta congiunta Canada-Stati Uniti di fissare il limite del mare territoriale a 6 miglia e di istituire una zona fino a 12 miglia. Oltre il limite di 12 miglia la Corte riconosce allo stato costiero soltanto diritti preferenziali, cio riguardanti una parte preferenziale delle risorse, da definire in cooperazione con gli stati le cui navi espletano attivit di pesca nelle suddette acque. Appare chiaro che i diritti che lo Stato esercita in queste zone sono differenti: nel mare territoriale lo Stato esercita piena sovranit, nella zona di pesca entro le 12 miglia lo Stato costiero esercita diritti esclusivi in materia di gestione dellattivit di pesca e impone un regime particolare, oltre le 12 miglia allo Stato costiero sono riconosciuti, a determinate condizioni, diritti preferenziali di pesca. Con la generalizzazione della larghezza di 12 miglia del mare territoriale si registrata, poi, la tendenza a istituire limiti di pesca superiori alle 12 miglia in via unilaterale o mediante la stipula di accordi. E apparso evidente che non era pi possibile considerare le zone di pesca come semplici zone contigue in materia di pesca. E cosi riemersa la profonda differenza tra zona contigua e zona di pesca. La zona contigua, infatti, una zona in cui lo Stato rivierasco dispone di semplici poteri di controllo per prevenire e reprimere le violazioni della sua legislazione. La zona di pesca esclusiva, invece, una zona in cui lo Stato costiero acquisisce il diritto di sfruttare il potenziale economico della zona. A partire dallinizio del secolo scorso si assiste alla nascita di un numero sempre pi ampio di organismi, indicati con nomi diversi che si occupano delle tematiche connesse allo sfruttamento delle risorse alieutiche. Le cd ORP, organizzazioni regionali di pesca. E possibile tracciare linee generali in riferimento agli aspetti strutturali delle ORP, in particolare in riferimento alle loro origini, alla membership, alle funzioni e alla struttura interna. Molte ORP si caratterizzano per la loro appartenenza allambito FAO. Lo Statuto della FAO, infatti prevede due disposizioni, lart. VI e lart. XIV in base alle quali possono essere istituite le ORP. Le ORP nate al di fuori dellambito FAO includevano stati con comuni interessi di pesca. Col tempo la chiusura delle ORP si andata attenuando in una sempre pi consapevole importanza di estendere la cooperazione al maggior numero possibile di stati. Nelle ORP che appartengono al gruppo FAO si assiste ad un atteggiamento di massima apertura verso gli stati membri FAO e ad una certa rigidit nei confronti degli stati non membri FAO. Tra le ORP che non appartengono al gruppo FAO si distinguono quelle aperte, che consentono agli stati o ad altri soggetti di divenire membri automaticamente su richiesta, e quelle chiuse in cui ladesione subordinata al soddisfacimento di alcune condizioni quali lappartenenza geografica o lammontare di pesca realizzato in passato. Le funzioni delle ORP sono molto varie e sono state oggetto di ampia evoluzione nel tempo. Le ORP nate allinizio del secolo scorso avevano essenzialmente la funzione di armonizzare le misure adottate dagli stati costieri negli spazi sottoposti alla propria sovranit o di garantire la parit di accesso alle risorse in alto mare. Il ruolo delle ORP ha subito unimportante evoluzione nella convenzione di Montego Bay e negli accordi successivi relativi alla pesca. Lart. 10 dellaccordo di New York fornisce un elenco preciso delle funzioni che le ORP devono acquisire. Il quadro istituzionale delle ORP si

compone in genere di un organo decisionale e di un segretariato. Seguono poi una serie di gruppi di lavoro che variano a seconda delle funzioni delle ORP. Le ORP si connotano per tre caratteri essenziali: settorialit, cio mirata focalizzazione sui temi relativi alla pesca di una determinata specie o di una determinata area; funzionalit, cio concentrazione sugli obiettivi e le funzioni che gli stati hanno conferito allorganizzazione allatto dellistituzione; selettivit, cio apertura nei confronti dei soli soggetti che sono disposti a perseguire gli obiettivi settoriali definiti nellorganizzazione. La maggior delle ORP non dotata di potere normativo, potendo adottare solo raccomandazioni, talvolta decisioni non dotate di carattere vincolante. La pesca illegale non dichiarata non regolamentata costituisce una delle minacce pi gravi ad una gestione sostenibile delle risorse ittiche ed un rischio per lambiente marino. Essa consiste in una pesca senza autorizzazione. Per pesca illegale sono da considerare tutte le attivit di pesca: condotte da navi nazionali o straniere nelle acque sotto la giurisdizione di uno stato senza lautorizzazione dello stesso; condotte da navi battenti la bandiera di stati che sono parti di unorganizzazione regionale di gestione della pesca e che operano in violazione di misure di conservazione e di misure di gestione adottate dallorganizzazione stessa; in violazione di leggi nazionali o di obblighi internazionali. Per pesca non dichiarata, invece, da intendersi ogni attivit di pesca: non dichiarata o dichiarata erroneamente allautorit nazionale competente; praticata nella zona di giurisdizione di unorganizzazione regionale di gestione della pesca ma non dichiarata o dichiarata in maniera errata. La pesca non regolamentata, infine, designa le attivit di pesca: che sono condotte nelle zone di competenza di unorganizzazione regionale di gestione della pesca da parte di navi senza nazionalit, o battenti bandiera di uno stato non membro di tale organizzazione; che sono condotte in zone o su stock ittici per i quali non vi sono specifiche misure di conservazione o di gestione, ma in violazione delle norme internazionali in tema di conservazione delle risorse biologiche marine. Il fenomeno non nuovo, la pesca illegale stata dapprima praticata come pesca di frodo per poi assumere le proporzioni di un fenomeno mondiale che si progressivamente sviluppato a partire dalla met degli anni novanta. La pesca illegale non solo quella effettuata con tecniche e dispositivi specifici, anche se un problema particolarmente grave lutilizzo di reti ormai vietate che non solo depauperano la fauna ittica ma provocano anche gravi danni allambiente marino. La pesca illegale praticata da un numero considerevole di navi di cui molte sono navi fantasma, navi cio che operano senza bandiera, n immatricolazione e lavorano come navi pirata. I pescherecci dediti alla pesca illegale passano periodicamente da una bandiera allaltra per beneficiare del regime meno restrittivo e rendere pi difficile ai servizi dispezione e di controllo di seguire le loro tracce. Lo sviluppo della pesca illegale determinato da una serie di cause. La capacit eccedentaria della flotta mondiale, la sovra capacit delle flotte. Non esiste un controllo appropriato, tale problema riguarda in particolare gli stati in via di sviluppo che non hanno sufficienti risorse da destinare ai controlli. Inoltre non esiste un sistema di sanzioni tali da costituire un reale deterrente che induca gli operatori illegali a desistere da tali attivit. Per le proporzioni assunte dal fenomeno, la lotta alla pesca INN appare una necessit. Chi pratica la pesca INN non si preoccupa della conservazione e della gestione delle risorse, anzi ne incrementa il sovra sfruttamento. La cattura dei pesci di piccolo taglio, soprattutto del cd novellame, cio di pesci appena noti o molto giovani, pregiudica il rinnovamento degli stock ittici interessati. La pesca con reti vietate pu dare luogo ad unelevata proporzione di catture accidentali di mammiferi marini che poi vengono rigettati in mare. La pesca nelle zone protette pu anche essere la causa diretta di danni irreversibili agli habitat marini vulnerabili, come le barriere coralline. Coloro che sono dediti alla pesca illegale preferiscono indirizzare la loro attivit verso la cattura di specie pi richieste dal mercato e pi remunerative quali il tonno o il pesce spada. Emblematico il caso dellaustromeluzzo delloceano australe, oggetto di una cattura illegale di dimensioni vastissime tanto da ridurlo ad una razza in via di estinzione. Lunione europea particolarmente interessata a combattere la pesca INN essendo la terza potenza di pesca nel mondo. Una strategia comunitaria contro la

pesca INN stata messa a punto con il regolamento n. 1005/2008 in vigore dal 1 Gennaio 2010. Il piano comunitario prevede in particolare quattro azioni: il controllo dello stato sui propri cittadini; la definizione delle procedure per lattuazione delle disposizioni concordate a livello internazionale in materia di sostenibilit delle risorse della pesca; il controllo delle attivit associate alla pesca INN; la sensibilizzazione della filiera della pesca , dei consumatori e del grande pubblico in generale sulla necessit di lottare contro la pesca INN. Nonostante i suoi sforzi lunione europea ha dovuto confrontarsi con laggravarsi del fenomeno. E stata perci decisa una revisione della strategia di lotta contro la pesca illegale. La commissione ha lanciato nel 2007 una consultazione pubblica ed ha presentato una proposta di regolamento che ha poi portato alladozione del regolamento 1005/2008. Il regolamento introduce un sistema di certificazione delle catture per migliorare la tracciabilit di tutti i prodotti di pesca marittima venduti nella comunit a prescindere dai mezzi di trasporto. In base al regolamento si presume che un peschereccio sia impegnato nella pesca INN se risulta che: ha pescato senza essere in possesso di un permesso in corso di validit, ha pescato in una zona di divieto, ha praticato la pesca di specie non autorizzate, ha utilizzato attrezzi da pesca non conformi, ha falsificato o occultato la sua identit, ha imbarcato o sbarcato pesci di taglia inferiore alla taglia minima prevista dalla normativa. La commissione redige due liste nere. La prima include i pescherecci dediti alla pesca INN e la seconda lelenco degli stati compiacenti nei loro confronti. Gli stati membri applicano sanzioni effettive nei confronti di persone fisiche o giuridiche legate alle attivit di pesca INN. Il 4 novembre 2009 stato raggiunto un accordo tra Slovenia e Croazia sulle modalit per risolvere il contenzioso relativo al confine marittimo nel Nord Adriatico. La questione, che verte principalmente sulla delimitazione della Baia di Pirano e sulla pretesa slovena ad un diritto di accesso diretto alle acque internazionali delladriatico, vede le due repubbliche fronteggiarsi da oltre 18 anni. Nel mare adriatico le questioni di delimitazione degli spazi marini si presentano particolarmente complesse. Ci dovuto a fattori diversi, in primis alla sua estensione limitata rispetto al numero di stati che si affacciano su di esso. Il mare adriatico infatti, bagna sei stati: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Italia e Albania. Tutti gli stati bagnati dalladriatico sono parti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay nel 1982 la quale si occupa del mare chiuso e semi-chiuso allart. 122 definendolo come un golfo, un bacino o un mare circondato da due o pi stati e comunicante con un altro mare o con un oceano per mezzo di un passaggio stretto, o costituito, interamente o principalmente, dai mari territoriali e dalle zone economiche esclusive di due o pi stati costieri. La controversia riguarda, essenzialmente tre punti fondamentali: la delimitazione della Baia di Pirano, lestensione del mare territoriale della Slovenia nel golfo di Trieste e le creazioni di un cd corridoio per raggiungere lalto mare, lesistenza e lestensione di altre zone marittime con caratteristiche in parte simili a quelle della zona economica esclusiva. Uno dei punti di scontro tra le due repubbliche ha riguardato anche la scelta del metodo di risoluzione del conflitto: diplomatico o giudiziario. Le parti si sono concordate affinch le controversie di confine non abbiano pi ripercussioni giuridiche sul processo di adesione della Croazia allUe. Laccordo si compone di 11 articoli. I primi due, in particolare, si riferiscono alla formazione e composizione del tribunale ad hoc. I cinque arbitri avranno il compito di determinare la linea di confine marittima e terrestre tra le due repubbliche. E statuito inoltre che gli arbitri risolvano i problemi di confine sulla base delle regole e dei principi di diritto internazionale. Lart. 9 contiene chiaramente i term ini del compromesso tra le parti: la repubblica slovena dovr eliminare le sue riserve relative allingresso della Croazia nellUE, entrambe le parti dovranno, inoltre, evitare qualsiasi tipo di azione che possa influenzare negativamente i negoziati sulladesione. Il diritto di uso e sfruttamento di un territorio ricomprende anche un diritto sulle risorse naturali, cio su ogni materia fisica non prodotta dalluomo in grado di generale utilit economica e tra queste le risorse

biologiche del mare. A tal riguardo si parla di diritto di accesso e sfruttamento di risorse biologiche del mare e del diritto dimpiego di tecniche tradizionali di pesca. Tali diritti sono stati riconosciuti prima negli ordinamenti di alcuni stati in cui pi numerose sono le comunit indigene costiere, quali Australia ed il Canada, poi in ambito internazionale. Fin quando i popoli indigeni venivano considerati popoli sottosviluppati a cui si poteva solo concedere di sopravvivere ma in condizione di emarginazione, veniva loro concesso di utilizzare i sistemi di caccia e pesca con tecniche ormai superate e vietate agli altri pescatori. In un primo momento sono state concesse delle deroghe a favore di popoli indigeni dediti alla pesca artigianale per consentire loro lo svolgimento di attivit tradizionali. A tal riguardo si possono ricordare alcuni casi giurisprudenziali esaminati dalla Corte suprema del Canada, in particolare le sentenze Sparrow, Van der Peer, Smokehouse e Gladstone. Il caso Sparrow riguardava un pescatore membro della trib indiana Musqueam della Columbia Britannica, che era stato accusato di utilizzare una rete di lunghezza superiore a quanto previsto dalla normativa federale. Il convenuto non contestava i fatti ma sosteneva di aver esercitato un diritto ancestrale di pesca, diritto protetto dallart. 35 della Cost. La Corte accolse la tesi del convenuto precisando che il riconoscimento dei diritti aborigeni non escludeva una disciplina federale o provinciale sulle stesse materie, tuttavia nella fattispecie era necessario che lo stato considerasse la necessit per gli Indiani di procurarsi il cibo nei modi in cui tradizionalmente era soliti farlo. Successivamente nella sentenza Van der Peet, che riguardava un membro della comunit Sto:lo accusato di aver illegalmente venduto del pesce pescato in base ad un permesso di pesca concesso agli indiani, la Corte a maggioranza ha confermato la condanna inflitta al convenuto in quanto i diritti ancestrali dei Sto:lo di pescare a fini alimentari e rituali non comprende il diritto a vendere il pescato. Nel caso Smokehouse unimpresa di trasformazione di alimenti stata dichiarata colpevole di aver comprato e venduto pesce senza avere un permesso di pesca commerciale. La Corte a maggioranza applic il criterio gi annunciato nel caso Van Der Peet secondo il quale lo scambio di pesce contro denaro o altri beni, su scala commerciale, pu essere ammesso solo se si prova che esso fa parte integrante della cultura specifica del popolo indigeno in questione. Infine nella sentenza Gladstone la Corte ha, a maggioranza, riconosciuto e confermato le conclusioni del giudice di prima istanza secondo il quale gli scambi commerciali di aringhe facevano parte della cultura specifica degli Heiltsuk prima del contatto con gli europei.

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