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GIOVANI SCRITTORI IULM

GIOVANI SCRITTORI Iulm

Lei non ci creder, ma sto aspettando il tram


AntologiA di rAcconti

a cura di

AlessANdRO BONgIORNI, gIudITTA dAlleRBA, MARCO FeRRARINI, FedeRICA geRARdI


Prefazione di

edOARdO ZuCCATO
Postfazione di

VANIA BAROZZI

Milano 2013

Volume realizzato con il contributo dellUniversit IULM di Milano.

Per la presente edizione 2013 Arcipelago edizioni Via G.B. Pergolesi, 12 20090 Trezzano sul Naviglio (Milano) info@arcipelagoedizioni.com www.arcipelagoedizioni.com

Prima edizione, aprile 2013 ISBN 978-88-7695-493-1 Ha collaborato alla cura editoriale Fabio Ferrarini

Finito di stampare nel mese di aprile 2013 presso Digital Print Service s.r.l. Via E. Torricelli, 9 20090 Segrate Milano

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vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Lei non ci creder, ma sto aspettando il tram

Prefazione di Edoardo Zuccato . . . . . . . . . . . . .

FrancEsco PiccinElli casagrandE Mario Pinzauti, scrittore fallito di nonno chiantigiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 daniEl cristian tEga Lavventura di una folle miliardaria americana sposatissima . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 ElEna sabattini Layla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 tina PrEgara Il resto del resto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 giuditta dallErba Alibi per mariti fedifraghi . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 chiara allEgrini Crimini a San Francisco . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 rachElE rEbughini Piante da orto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 alEssio amato Il fiore nel cemento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Fabio rodighiEro Il riflesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 stEFano gianoni Una mattinata storta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 chiara di santE 20 minuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

FrancEsco Priano Ave CHI ara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143 robErto Procaccini Lo sa la polvere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 Virginia dara La mossa del geco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 anonimo Answers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187 maria Paola rossEtti Lattesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189 mattia conti GianGiulio sulla luna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201 JacoPo trotta Ridicolo di notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 arturo chEllEr Jack e neve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217 mattEo cadEddu Allo stesso prezzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

danilo sErgio Ti guardi intorno, hai fame ma rammenti che cenerai a casa . . . . . . . . . . . 241 Paola cantElla Numero 23457 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245 VEronica rossi Lultimo tram . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 ElEonora gaVaZ Una seconda possibilit . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 Postfazione di Vania baroZZi . . . . . . . . . . . . . . . 279

Prefazione

Unantologia di esordienti un buon punto di osservazione per formulare qualche pensiero sullo stato della narrativa italiana contemporanea. In fase di formazione, gli scrittori assorbono inevitabilmente sia dalla scuola, sia da ci che trovano attorno a s. Salvo eccezioni, solo in seguito andranno a cercare modi narrativi pi insoliti, lontani nel tempo o nello spazio, nel caso che quanto abbiano trovato sottomano gli appaia angusto e insufficiente. Per quanto concerne questa antologia, prima di affrontare qualsiasi discorso stilistico va preso in considerazione il punto di partenza obbligato, ovvero il tema enunciato dal titolo del libro. Aspettare il tram ha costretto gli autori a racconti di ambientazione urbana, limitata, almeno per lItalia, alle poche grandi citt dove questo mezzo di trasporto presente. Per allargare un argomento abbastanza restrittivo, gli autori hanno giocato, pur con gradazioni diverse, sui significati letterale e metaforico dellaspettare il tram. Pochi sono i racconti in cui il tram viene utilizzato solo in senso metaforico, per lo pi per indicare di aver mancato unoccasione importante piuttosto di averla colta al momento giusto. Un racconto emblematico a riguardo Piante da orto di Rachele Rebughini, composto da una serie di brevi paragrafi, come aiuole di un orto immaginario in cui i protagonisti coltivano velleitari progetti di evasione. Lo stile a met strada fra il cata7

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logo di agenzia turistica e la pagina economica di un quotidiano sui paesi emergenti, nella sua secchezza, serve a mettere in luce lavvilente incapacit di prendere uno dei tanti tram che permetterebbero di uscire dal pantano italiano in cui i protagonisti finiscono per rimanere, caldi e protetti come ratti in una fogna. Ancora pi straniante nelluso metaforico del tema del volume Numero 23457 di Paola Cantella, i cui protagonisti sono due impulsi neuronali di un individuo che, rivela man mano il testo, sta per suicidarsi. Questi impulsi sono descritti come persone a una fermata del tram in attesa del momento di entrare in azione, mentre discutono di libero arbitrio e senso dellesistenza. Ma questi due esempi sono eccezioni. La via scelta nella maggioranza dei casi unaltra, ovvero una serie di eventi essenzialmente realistici che, tuttavia, finiscono sempre per rivelare dei tratti surreali o irreali. Molti racconti narrano di incontri alla fermata del tram, o di viaggi sul tram da parte di impiegati, studenti e immigrati, e perfino di una top model trasformata in tranviera. Su questo banale quadro di fondo, labilit dellautore stata di sorprendere il lettore o attraverso complicazioni psicologiche o, soprattutto, tramite il concatenarsi di accadimenti inattesi. Fiore nel cemento di Alessio Amato presenta un personaggio ricorrente in questi testi, cio uno studente impacciato verso le donne e la vita, ma riesce a creare unefficace tensione narrativa grazie a una vicenda imprevedibile (non vi anticipo di cosa si tratta per non rovinare il piacere della lettura). Non sugli eventi ma sulla psiche del protagonista, una figura dominata dal desiderio di autocontrollo, si incentra invece Il riflesso di Fabio Rodighiero, in cui gli elementi naturalistici, come il fiume o il vecchio alla fermata del tram, si caricano di coloriture simboliche. Un ottimo esempio di realistico-surreale 20 minuti di Chiara Di Sante, interamente ambientato a una fermata
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del tram dove un barbone resta per ventanni finch, grazie a tre strani viaggiatori, si decide a salire a bordo, per scoprire per che si tratta di una vettura diretta in deposito. Non peraltro il solo caso di ironia sulle grandi decisioni della vita lasciate a lungo in sospeso ma rivelatesi un flop una volta attuate. Il tram come luogo di incontri sorprendenti riappare in altri racconti, come il convincente Lattesa di Maria Paola Rossetti, storia di studentessa fiorentina arrivata distrattamente a Milano per studiare giurisprudenza. A causa di uno sciopero dei tram, alla fermata conosce un vecchietto con una storia drammatica alle spalle che la spinge a non prendere il primo tram che passa, ma piuttosto a riflettere su cosa si vuole davvero nella vita. Il vecchietto muore la notte seguente, ma tanto basta a lei per imprimere una nuova direzione alla propria esistenza. In Allo stesso prezzo di Matteo Cadeddu seguiamo invece un impiegato immobiliarista che vive osservando gli altri e ripetendo ogni giorno lo stesso percorso verso lufficio. Qui lincontro perturbante quello con un bambino petulante, che per lo spinge a riflettere e a cambiare percorso. Lo stile del racconto adeguato allintroversione nevrotica del protagonista. Due storie drammatiche legate alla genitorialit sono invece Layla di Elena Sabatini, storia di una coppia che ha abbandonato una figlia, che un giorno incrociano sul tram senza rendersene conto, e La mossa del geco di Virginia Dara, incentrata su una coppia stabile senza figli, in apparenza solida. Tuttavia, lui si trova coinvolto in una relazione omosessuale con un vecchio compagno di scuola che incontra per caso in tram, mentre la moglie, dopo innumerevoli tentativi, riesce a rimanere incinta ma abortisce, portando la loro vita di coppia al collasso. interessante rilevare come la galleria dei protagonisti includa quasi solo individui in crisi, che cercano a fatica una loro strada, o falliti in una parola, antieroi, e que9

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sta forse leredit pi vistosa ricevuta dal Novecento (anche se non va enfatizzata: il romanzo moderno nasce nel Settecento come epopea delluomo qualunque, quindi strutturalmente antieroico). Il volume, del resto, si apre su una di queste figure. Mario Pinzauti scrittore fallito di nonno chiantigiano di Francesco Piccinelli Casagrande contiene un protagonista alla Bianciardi, un intellettuale toscano immigrato nella Milano del terzo millennio, non pi traduttore ma, per far quadrare i conti, scrittore commerciale di satira, sport e raccontini. Blandamente metaletterario, questo antieroe si esprime con un linguaggio venato di manierata gergalit. In Lultimo tram Veronica Rossi descrive un giovane uomo fallito, schiacciato dal padre intraprendente, che ha pure sprecato lunica occasione sentimentale della sua vita. Un ulteriore fallito il protagonista di Ave CHI ara di Francesco Priano, che con gusto un po surreale narra le vicende di un indeciso, a cui fa visita una donna misteriosa che poi sparisce, portandolo per, finalmente, sulla soglia di una decisione. Qui appaiono anche dei fugaci riferimenti letterari (a Philip Roth, per dire che segue degli schemi prevedibili). Sul registro del tragicomico fa esplicitamente leva, con buon ritmo narrativo, Jack e neve di Arturo Cheller, dedicato a un avvocato quarantenne divorziato appena giunto a Milano. Bloccato in periferia a causa di una nevicata, costretto a ripararsi per tre volte in un bar dopo aver perso il tram, compresa lultima corsa a causa di una rapina. Un linguaggio lirico-ironico, meno lineare degli altri, stato usato da Jacopo Trotta (Ridicolo di notte) per la storia dello hangover di un giovane rockettaro alla fermata del tram, dove un mezzo fallito gli scrocca da mangiare mentre lui gli racconta della penosa serata precedente. A cazzotti va invece a finire la gelosia del protagonista di Lo sa la polvere di Roberto Procaccini, che, abbandonato dalla fidanzata, la ritrova per caso
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infierendo sul suo nuovo uomo, e finendo cos in questura. Se al fondo di tutti questi racconti chiaro lelemento autobiografico, dato che per lo pi si tratta di storie di giovani che si affacciano alla vita adulta o di adulti in crisi (si immagina, vicende di genitori, fratelli o conoscenti degli autori), non mancano neppure escursioni (anti-realistiche o a-realistiche) nella narrativa di genere in senso stretto. Lavventura di una folle miliardaria americana sposatissima di Daniel Cristian Tega sembra il copione di un film americano degli anni Sessanta, misto di gossip e giallo che con una scrittura piana racconta come un adolescente venga casualmente coinvolto nelle avventure di una riccona americana incontrata in tram. Non poteva mancare il giallo in senso stretto, genere notoriamente in gran spolvero da una quindicina di anni, come in Crimini a San Francisco di Chiara Allegrini, un thriller da serie poliziesca americana, scritto con ritmo rapido e linguaggio scorrevole, e Una mattinata storta di Stefano Gianoni, poliziesco allitaliana con flashback. Un po meno prevedibile in unantologia di narrativa seria il racconto rosa Una seconda possibilit di Eleonora Gavaz, storia di una top model parigina anni 50 che perde tutto a causa del colpo di fulmine per un uomo conosciuto a Roma. La protagonista finisce a fare la tranviera; poi, come ovvio, quindici anni dopo i due innamorati si ritrovano (lui un famoso scrittore e professore). Il manierismo di forma, tono e contenuti di questi racconti non un incidente, ma costitutivo del genere letterario. Vale la pena di notare, in tutti questi testi, lo spostamento in luoghi o tempi esotici ma non troppo (una California da telefilm, gli anni 50 e 60 da gossip). Un versante molto lontano dalla fiction di genere, non fosse altro che per lesplicito fine commerciale di questultima, la narrativa di impegno sociale o politi 11

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co, la quale appare in modo esplicito solo nel racconto Il resto del resto di Tina Pregara. Si tratta della storia di un vu cumpr somalo, clandestino a Milano, che si decide a entrare in un giro losco (di spacciatori, si intuisce) dopo essere riuscito a prendere un tram per il centro citt, la cui opulenza fa cadere le sue resistenze contro il malaffare. In tutti gli altri racconti la critica sociale non unottica da cui osservare la vita, ma solo unimplicazione che il lettore estrae secondariamente da eventi di carattere privato. Per questi giovani autori, la grande storia e la politica sono decisamente attori di secondo se non terzo piano. Unaltra assenza significativa, sul versante questa volta formale, lo sperimentalismo. Fra i pochissimi casi espliciti troviamo GianGiulio sulla luna di Mattia Conti, che narra di un bambino balbuziente attraverso una scrittura che ne riproduce i problemi affettivo-linguistici senza generare (qui sta la bravura) alcun effetto comico. A questo filone potremmo ricondurre, almeno in parte, anche Ti guardi intorno, hai fame ma rammenti che cenerai a casa di Danilo Sergio, storia di un feticista disperatamente solo che osserva i piedi di due donne sul tram fantasticando, con un linguaggio pieno di ripetizioni martellanti a suggerire la patologia psichica. Answers di *** invece un brevissimo racconto costruito in stile da forum in Rete attorno a una ragazza che vede un fantasma, il quale sembra poi rivelarsi come lallucinazione di una figura maschile da cui ossessionata. A prescindere da giudizi di valore, i problemi che hanno tormentato molti dei nomi consacrati della narrativa novecentesca sembrano semplicemente usciti dallorizzonte di questi racconti. In ogni caso, non rappresentano pi il quadro in cui i giovani autori hanno agito, ma sono diventati parte di una pi lontana tradizione storica. Questi esordienti volevano raccontare delle sto 12

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rie e le hanno raccontate, senza farsi troppe domande metanarrative, sulla consistenza epistemologica dellio narrante, la natura del linguaggio o la funzione dei personaggi. interessante che gli unici tre racconti che in parte si spingono in questa direzione siano dedicati a individui con handicap fisici o psichici. Meno scontata risulta, invece, la scarsa presenza di modalit espressive legate alle tecnologie digitali, che i critici di et ritengono naturali per i digital natives. In questa antologia troverete poche tracce dello stile da sms, chat e social network. Per questi autori i modi narrativi formativi sono stati da un lato il romanzo della tradizione recente, di consumo e di genere prima che alta, dallaltro il cinema e la televisione. Il resto fa contorno o semplicemente non c, almeno per il momento. Il che non significa che ci sia ingenuit formale o pressapochismo, ma che le modalit narrative un tempo innovative sono diventate tecniche a cui si pu liberamente attingere per i propri scopi, come mostra, ad esempio, labile intreccio di vicende parallele messo in atto da Giuditta Dallerba in Alibi per mariti fedifraghi. Guidando, il protagonista sente alla radio lintervento di un uomo il cui mestiere inventare alibi per mariti infedeli. Leffetto telescopico, del protagonista che ascolta i commentatori della trasmissione discutere con luomo al telefono, collassa nel finale, in cui il protagonista, dopo aver rimarcato pi volte lassurdit della trasmissione, una volta giunto a casa scopre la moglie in compagnia di un amante. I tre piani stilistici, fra cui la logorrea da trasmissione radiofonica, sono resi con abilit e precisione. Come si vede, la complessit strutturale presente, ma solo come strumento per raggiungere un fine, non come oggetto primario dellattenzione dellautrice. Per la verit, una delle cose che pi mi hanno colpito in questa antologia la buona competenza tecnica di fondo degli autori, non inferiore a quella di molta narra 13

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tiva che gli editor incubano alacremente nelle uova alchemiche delle case editrici, anche importanti. Certo, la strada per arrivare da queste prove desordio alla maturit espressiva e, magari, alloriginalit assoluta ancora lunga. Ma gli strumenti di base ci sono, anche se la tecnica e le lettura vanno costantemente alimentate. Buona fortuna e buon lavoro a tutti. Edoardo Zuccato

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Mattia Conti

GianGiulio sulla luna

Savvicinano le stelle. Pi su pi gi pi in alto e scivolano via. Savvicinano la notte e con il dito, s, il dito destro dritto, le indico dal vetro. Il buio rotola dietro, dietro le mie unghie. Non le taglio me le strappo. Lunica cosa buona, s, buona, che so fare con la bo bo bocca. Anche i gatti sopra i tetti si trascinan come matti. Questa la so bene, schiocco di gola e strappo con la lingua. Mi hanno detto delle feste che hanno fatto sulla Luna. Ci hanno portato uomini bianchi sopra le astro, sopra le astronavi. Li hanno fatti salte, salti, saltellare, canguri in bianco e nero. Sulla Luna ci sarei voluto andare. Avrei grattato dentro i crateri frugando lo scuro delle profondit. Ci avrei provato. Sarebbe stato bello. Il papap ha detto che tra trentratrentanni faranno i tram e sulla Luna ci andremo tutti quanti. Lei non ci creder ma sto aspettando il tram. Trm con laccento, anche quello per la Luna. Ci fosse stato, io ci sarei salito. Mi sarei lasciato sollevare senza ombra, senza ombra di dubbio. Ci sono di sicuro dei bambini sallu sullu sulla Luna. Bimbi bianchi, biondi, biotti, ch fa caldo sulla Luna. Fanno castelli, case, costruzioni con la calce, che sulla Luna tanta, come dice il papap. Mi chiamo GianGiulio e sono nato il venti luglio, il venti luglio del sessanta. Mi chiamo GianGiulio e non lo riesco a dire.
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La maestra ci ha insegnato che i dinosauri cerano nella preistoria e poi c stato luomo ma era peggio del dino, dinosauro, era una scimmia pelosa, curiosa, che trascinava lascia e lasciava la scia. Questa la so bene: soffio con lingua che schiaccia sul palato. Ci ha insegnato, ci ha spiegato, che poi luomo si retto, eretto, e stretto in pellicce di animali. Quando la scimmia ha cacciato col coltello diventata umana. Nel buio del cinema ho visto il mese scorso le scimmie della maestra e erano tante tante e facevano paura e poi cos, non un coltello ma un osso come arma e poi lo spiazzo, lo spazio infinito. Quando mi aveva chiesto delle scimmie non avevo potuto rispondere. E non avevo voluto perch se il primo uomo una bestia e il primo uomo Adamo allora Adamo una bestia e nella Bibbia non c scritto cos. La mamma ha detto di non credere a quello che dice la maestra. E cos le scisciscimmie non mi sono scisciscivolate fuori dalla bocca. Per la maestra sa come sono fatto e ha detto non fa niente. Balbuba balbu balbuziente che solo a dirlo ti scappa di mente. Diana aveva riso con tutti quanti i denti anche quelli lasciati sotto il cuscino, quelli da latte, custoditi nelle latte di lattine da buttare, come fa la mamma. Mamma lo so dire bene. Anche Diana. Mamma lo so dire perch ma dita nei capelli, doppia emme per lodore di pulito del grembiule, a finale perch non ride quando sbaglio le parole. Diana di come dino, dinosauro, a di crudelt e na di nata il venti luglio come me. I capelli di Diana sono giallo paglierino, Rino come il nonno che sputa sullasfalto, e gli occhi lesti, celesti, non le sfugge nulla. lei che mi ha chiesto della culla quando abbiamo festeggiato tutti insieme e me lo ha ripetuto ancora, ancora e ora non lo so come glielho detto, ma mi uscito: la sorellina andata sulla Luna.
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Diana ride sempre quando sbaglio le parole, con lei tutta la classe, io per non piango mai. Certe volte la mattina mi alzo presto e mi tolgo il pigiama, lo getto per terra, lo pesto, calpesto, e poi vado allo specchio. l che provo a muovere la bocca: specchio-coperchio-copertaaperta-Roberta, le parole me le gioco come posso, osso di seppia per il canarino canta tutto il giorno se gli fai bere il vino, mi ha detto la dotto dottoressa di provare con le fila filastrocche. Per la di e la ti lingua allinterno dei denti davanti, elle un colpo veloce sul palato, ci lingua pi fiato. Chi parla lento va sano e va contento, metti qualche ah, ehm, e pensa alla parola poi non pensarci pi e sputala fuori. Con me non funziona, mi esce uno sputupacchio, uno spupuputacchio e tutti quanti si fanno una risata. Quando tutti ridono mi agito e sbaglio un po di pi. Mi chiamo GianGiulio ma mi chiamano Dufour, lhanno visto al Carosello e lho vista anchio la pubblicit. Voglio la caramella che mi piace tanto e che fa du du du du Dufour. Anche Diana mi chiama Dufour e lei la pi cattiva di du di tutti. La cosa strana che quando canto con loro non ne sbaglio una soltanto, di parola, tanto che tutti applaudono alla fine. Papap dice passer, come quando scrivevo con la s s sinistra, me lhanno legata e ora scrivo con la destra. La maestra dice che non passer, come quando scrivevo con la sinistra, me lhanno legata e ancora oggi non scrivo bene con la d d destra. La doddodottoressa dice che passer ma che ci vuole tempo e esercizio e che se dico tante filastrocche pian pianino poi guarisco. La mamma non dice niente da quando la sorellsorellsorellina andata sulla Luna. Mi aveva detto che dovevo imparare a dirlo bene, ma sorelsorelsorellina non mi usciva dalla bocca neanche se cercavo di dire meno elle. Mi rimboccava al mento le co 203

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perte mentre in tiv finiva Carosello e mi diceva prova e io provavo e una volta lavevo detto giusto: sorellina. Si chiama Eva, la mia soresorellina lha deciso la mamma perch cos la posso chiamare anchio. Eva lo dico bene e poi mi viene da ridere come quando ti fanno il solletico. Eva un nome per me, un regalo, cos avr sempre qualcuno da chiamare senza errori. Lavevo sentita nella pancia e dava calci come quando cerco di dire bene le parole con la ti. Tum tum come un canguro, come una lepre che scalpita, tum tum dentro la pancia, avevo detto Eva e lei aveva sentito. Eravamo andati insieme, io e la mamma, a comprare i vestitini e avevano le scarpe piccolissime per piedi piccolissimi con stringhe sottilissime per dita precisissime. A allacciallacciarmi le stringhe mi ha insegnato nonno Rino a cinque anni. A Eva lo insegner io quando torna dalla Luna. Abbiamo comperato al mercato le scarpine e i vestitini che sembravano quelli per i cani che si vedono nei film. Il sonaglio azzurro lho pagato io con le mance delle feste, quando scende dalla Luna la faccio ridere un po. Non le ho spese tutte quante, le mie mance, ma ho preso un bel sonaglio. Ne ho guadagnati tanti di dindi a Natale e al cococompleanno perch quando recito le fila filastrocche parlo bene e le zzie erano contente. La notte di Natale nato un bel bambino bianco rosso tutto ricciolino, dieci lire in tasca, rifiuta due volte poi accetta, cos si fa, s. La pancia della mamma si era gonfiata tutta, sembrava esplodere anche lombe lombelico. Diana diceva che era diventata una ciccicciona e io le tiravo i capelli ma solo dopo scuola, che se ci vede la maestra siamo fritti. Raccontava a tutti che la mia mamma si mangiava i babambini e io raccontavo che la sua la aiutava a cucinarli e poi piangevamo da soli tutti e due per quel peso sulla gola che il nonno chiama mamagone. Lombra della mamma che scende dalle scale con quellanguria in pancia, che un frutto che mi piace se
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sputo tutti i semi. Un amico del nonno non aveva sputato un bel niente e li ha mandati gi come bottoni. Di notte ha sentito la pancia tremolare e in un mese la pianta gli cresciuta tutta dentro. Ora ha unangu unanguria nella pancia. La sera mi metteva a letto sempre un po pi tardi, riuscivo a finire di vedere il Carosello. Diceva devi voler bene a Eva e insegnarle tutto tu! E lo diceva cos bene e senza intoppi che pareva una sirena. Una mattina avevo aperto gli occhi nel lelletto del nonnonno e mi ero spaventato. Stiamo preparando colazione e poi andiamo dalla mamma e dalla sorellina. Mamma dice che andata su, nel cielo e il posto pi vicino dentro il cielo sulla Luna. Ho detto a tutti a scuola che aspetto che lo facciano, quel tram che porta sulla Luna. La maestra ha riso tanto. Diana dice sulla Luna non c niente c il deserto ma io le dico che l ben pieno di bambini bianchi, biondi e biotti. Eva non biotta, ha addosso le scarpine con le stringhine, la cuffia e aspetta il mio sonaglio. Parla bene Eva, esse affilate come coltelli, elle che schioccano, non ripete mai due volte la stessa lettera. Come la mamma, come il papap. Io sono come la scimmia del film che non ha ancora il coltello e usa losso per fare a fe fe fette le parole. Me lo dice anche Diana sei una scimmia e ha ragione ma un po sto miglio migliorando. Alcune parole riesco a dirle bene e tutte intere. Luna, per esempio, grande e tutta bianca, come in tiv con quei canguri umani. A dire Luna cammino fra i crateri, crepita la superficie sotto gli scarponi candidi da astro da astronauta. Non tolgo il casco per poter respirare e lo ripeto Luna! Luna! Eva, che un nome tutto mio. Lo dico bene e senza strascicare. La cerco, Eva, scavando tra la calce lulunare,
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caccio i bimbi bio bio biondi, li faccio andare via. Se dico Eva nessuno ride pi, lo dico bene come il papap, la mamma, la maestra. Se dico Eva tutti stanno zitti perche riesco a dire le parole. Eva nel cielo, Eva sulla Luna, se mi guardi dal vetro diste diste disteso sul mio letto, Eva dal cielo, Eva sulla Luna, guardami bene, ti indico col dito, destro, dritto. Guarda la bocca mentre te lo dico, non sinceppa, non ripete le parole, ci provo ancora e ancora e se mi sforzo tanto ce la faccio, la lingua va da sola: sei la mia sorellina. E tuttuttutto il resto che non ti riesco a dire, tuttuttutto quello che ti vorrei dire, nella mano sisinistra che non scrive pi, quella che non sa suonare, l, stretto forte, te lo spiega, tremando, il sossonaglio azzurro che ho comprato per te.

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Postfazione di Vania Barozzi

Solitamente le postfazioni hanno il compito di fare il cosiddetto punto della situazione; e per questo, prima di entrare nel vivo di questantologia, voglio aprire una lunga parentesi sugli immediati antecedenti della stessa. Le passate due edizioni avevano come temi Da qui non vedo e Troppo buio per gridare. Si pu dire che entrambi fossero legati a una condizione (anche e soprattutto mentale, come accennava Tim Parks nella prefazione della scorsa edizione) di oscuramento, di un impedimento cognitivo o sensoriale che pu implicare una certa frustrazione, se non addirittura disperazione. Chiaramente con ci non si vuole affermare che i racconti fossero un revival di quelli scritti durante il periodo della Scapigliatura, ma da notare il taglio decisamente pi comico del titolo attuale che non si vedeva dai tempi del gioco di parole di Perso in tempo (seconda edizione) e che deriva da una barzelletta-sketch di antica memoria, proposta dal compianto Walter Chiari. Questo titolo ha favorito racconti di contenuto pi umoristico, anche se ci avviene solo a sprazzi, e anzi spesso manca del tutto lagognato lieto fine (torner su questo punto nel corso della trattazione). Poco tempo fa mi sono ricordata di come Vittorio De Sica concludeva il suo Miracolo a Milano, usando la celeberrima frase: Verso un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno, scolpita nellimmaginario collettivo degli italiani. Seppur questantologia provenga

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dallambiente IULM, come potete leggere sopra non sono il suo rinomato professore Gianni Canova e non voglio parlarvi di film anche perch da storica dellarte ci mi riuscirebbe un po difficile, e soprattutto il vero Canova potrebbe, a ragion veduta, linciarmi allistante. Questa frase, dicevo, mi ha immediatamente fatto pensare a gran parte dei racconti contenuti in questa raccolta per un motivo molto semplice. Datemi un paio di paragrafi e arrivo al punto. Contrariamente a quanto notava il gi ricordato Tim Parks nella scorsa edizione dellantologia ([...] curioso quanti di questi racconti siano ambientati allestero [...], scriveva), questanno si pu notare come la stragrande maggioranza delle storie non solo si svolga in Italia, ma in particolare a Milano o nelle immediate vicinanze, il cosiddetto hinterland, come piace tanto dire ad alcuni. Bisogna a questo punto ricordare che ogni scrittore elabora la propria storia in completa autonomia (talvolta gli autori selezionati nemmeno si conoscono fra loro): non ci sono quindi trend prestabiliti di anno in anno, ma solo accidentali coincidenze come questa. Nella sua sagace ma un po intellettualistica prefazione non si tratta di una critica, solo di una constatazione Zuccato parla di ambientazione urbana e di autobiografismo. Il suo errore, se cos lo vogliamo chiamare, stato lapplicazione del concetto di autobiografismo solo alla natura dei fatti narrati e dei personaggi (va da s che la constatazione dellappartenenza di questi alla categoria degli antieroi non si applica ai loro creatori), ma non alla loro collocazione geografica in senso stretto. Per la propria natura di studenti che vivono a Milano, infatti, molti giovani scrittori hanno scelto di ambientare le loro storie nella citt che loro pi familiare e in cui hanno intravisto un chiaro stimolo per collocare i loro intrecci.

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Tornando al punto che qualche paragrafo fa ho promesso di sviluppare, la Milano tratteggiata nellantologia pare non essere lontana se non cronologicamente da quella di De Sica e Zavattini, principalmente per il suo cinismo e la scarsa predisposizione allaccoglienza vera e non solo formale Tina Pregara docet. Con il suo Il resto del resto, infatti, Pregara d un colpo al cerchio e uno alla botte, descrivendo da un lato con sagacia la situazione di un ambulante che verr sempre guardato non per ci che ma per quello che offre, e dallaltro i suoi valori umani solo apparenti, basati su un fraintendimento di fondo legato alla sua figura paterna svelato solo nel finale. Dallambulante che nonostante tutto decide di restare, si passa alla descrizione del capoluogo ai piedi della Madonnina come luogo da cui fuggire se si vuole cercare un po di umanit, altrimenti si resta attorniati dallindifferenza e oppressi nel grigiore eh s, Elena Sabattini, il sole pare non esistere e s, Alessio Amato, il suo cielo grigio da settembre ad aprile. Una metropoli in cui esiste della gente giusta a cui devi piacere e lunico modo per farlo, per dirla con le parole del nostro giovane autore Francesco Piccinelli Casagrande, di buttare tutto in vacca, apparire cinico, materialista e disinteressato. Uno sfondo che allapparenza non mai troppo invadente, un semplice portatore di quel colore plumbeo e quella nebbia pi simili a dati di fatto fugacemente citati che a condizioni atmosferiche in grado di determinare sorti e umore delle persone. Pu quindi sorprendere che ci che pare connotarsi come mero background meneghino non sia in realt poi tale, poich influenza eventi e vite dei personaggi in maniera pi consapevole di quanto ci si aspetti. Il fatto che poi questo sia una voluta forzatura di un esistente stereotipo puramente strumentale. Ne Lattesa di Maria Paola Rossetti la condizione della studentessa Annina in balia
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dello sciopero dei mezzi, diventa il fattore scatenante della sua repulsione per una citt lontana dallessere quella delle sue origini, nei ritmi di vita (traffico costante) e nelle abitudini (luniversit va iniziata superando lhandicap della burocrazia e dellassenza di amici). Il ritmo della giungla metropolitana appare anche ne La mossa del geco di Virginia Dara, ma al negativo: un tram semivuoto e strade perlopi deserte che meravigliano Marco Azzali, il protagonista, fanno incontrare a questultimo un vecchio compagno di liceo con cui verr trascinato in un vero e proprio amarcord (e non solo). Le cattive condizioni atmosferiche di un gelido inverno milanese cambiano le sorti di Meyer in Jack e neve di Arturo Cheller, dove quella citt del c***o, piena di colleghi musoni e strafottenti che offre solo negativit, viene rivalutata dal protagonista dopo un incidente rivelatore. Rivelatore di cosa, lo possiamo dire: davvero una citt del c***o o lo spirito con cui la si affronta a determinarlo? Molti racconti si imperniano proprio su questo concetto. La realt da vivere come una prigione da cui evadere o un costante promemoria della nostra ineludibile presenza su questo mondo? Quanto contano le persone e gli avvenimenti nella nostra percezione della realt e nel nostro giudizio su di essa? La Milano di questi scrittori la Milano dello stereotipo. Il quale non detto che non sia vero, ma come un po tutti gli stereotipi parte da una base di realt che poi modificata e spesso ingigantita con il tempo, allontanandosi dal dato reale. Ma allora perch i nostri scrittori sembra vi si accaniscano? In realt non accanimento, bens ci che ogni scrittore (anche non alle prime armi, sottolineerei) deve fare per rendere la realt pi riconoscibile (attenzione: non vera, ma verosimile) agli occhi di coloro che non la vivono quotidianamente. Si strizza in questo modo locchio a chi le cose le conosce in prima persona,
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e si alimenta la leggenda, lo stereotipo. Sono storie, e pertanto devono appartenere pi al mito che al vero, senza contare che in qualche modo il mito pu essere vero. Se sono riuscita a confondere molti di voi, me ne scuso. Come detto qualche paragrafo sopra, Milano s simboleggiata dal grigiore e dallindifferenza, ma, cosa pi importante e centrale visto il titolo della nostra antologia, anche dal tram, mezzo che decisamente d pi colore (no, non solo perch spesso di un arancione fotonico) dei due tristi aggettivi sopraccitati. Per intenderci: il tram un mezzo che ha pi colore non solo perch qualche linea utilizza ancora quelli con i caldi interni in legno degli anni Trenta, ma perch pi aperto agli incontri inaspettati, alle chiacchiere, ai ricongiungimenti, di quella metropolitana piena di automi che fissano a vuoto i finestrini. Certo, lo si pu aspettare per una vita (e non solo in senso figurato, purtroppo) come dimostrato dai racconti di Veronica Rossi e Rachele Rebughini, ma quando lo si prende la vita pare assumere una piega diversa. Beh, anche se la dimensione della piega pari allorecchia fatta a un libro, si pur sempre assistito a un cambiamento. Anche quando lo si perde (realmente o in senso figurato), il concetto rimane lo stesso, essendo la fermata luogo di incontri e di svolte. Milano anche sede di molte radio (e qui ci asteniamo dal fare pubblicit occulta), e il racconto di Giuditta Dallerba proprio imperniato attorno a un famoso programma di una di esse. Qui il tono della narrazione, oltre a contenere un vocabolario un tantino colorito, fa sfoggio di quellironia che il nostro titolo celava. A parte laver menzionato nelle sue battute iniziali lo sketch ispiratore del titolo, Alibi per mariti fedifraghi ne segue alla lettera lo spirito, ritraendo una vicenda che ha tutta laria di essere surreale ma si muove sulla falsariga del sembrer
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paradossale ma cos. In un contesto che lautrice non ha bisogno di rendere ridicolo essendolo gi di suo, la vicenda si snoda sullassurdit di alcuni avvenimenti reali e su come si possa essere smentiti dalla realt a ogni minuto (sebbene gli argomenti trattati dai media ci paiano lontani dal vivere comune e, talvolta, irrimediabilmente idioti). Allinizio di questa postfazione accennavo al fatto che non tutti gli scrittori hanno interpretato il titolo nella sua accezione ironica, dando vita a vicende dal finale dolceamaro (due su tutte: Il riflesso di Fabio Rodighero e 20 minuti di Chiara Di Sante). Come tale, questo dato di fatto non deve apparire un fraintendimento, ma un fattore positivo, in quanto la libert di interpretazione dei titoli scelti di anno in anno ha favorito quella variet di storie che rinnova la nostra voglia di proseguire questavventura con una nuova proposta ogni dodici mesi. Zuccato lamenta, anche se non in maniera polemica, lassenza di stili e di sperimentalismo delle storie proposte, etichettando il tutto come normale in quanto si tratta di autori esordienti. Mi sento di dissentire, perch questa quasi totale assenza di sperimentalismo non qualcosa di negativo, n costituisce la semplice conseguenza dellessere in erba. Nella postfazione di un paio di edizioni fa, Paolo Giovannetti scriveva: [...] la pluralit ma anche lo scarso spessore degli stili qualcosa che colpisce ma pu anche disturbare. [...] Ma io dico: bene, evviva. Pi avanti sottolineava come la conseguenza di quanto citato fosse la creazione di una nuova convenzione letteraria dalle forme pi semplici, e qui mi unisco ai suoi evviva. Evviva per la bella intuizione e per averlo messo per iscritto. Chi scrive su questantologia, infatti (e qui porto anche la mia esperienza), non lo fa per trovare nuovi stili ma per cimentarsi ogni volta con la sfida di trovare una storia per il personaggio che bussa alla porta della sua
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fantasia: una collocazione migliore insomma, che renda lospite in grado di dialogare con altre storie e, perch no, popolare nuove fantasie. Come il GianGiulio di Mattia Conti (racconto peraltro magistralmente scritto di cui mi pento di non aver trattato pi approfonditamente) possiamo balbettare quando utilizziamo impropriamente stili letterari a cui non siamo sicuri di dovere o voler fare riferimento, ma, come lui in grado di dire sei la mia sorellina alla piccola Eva, noi sappiamo dire al pubblico: ecco i nostri personaggi, recuperategli una casa nel vostro immaginario. Di certo si troveranno meglio che nella nebbia milanese.

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Collana Giovani scrittori IULM

Glenda Manzi, Michele Marcon, Hulda Federica Orr, Danilo Potenza, Paola Tonetti, Dimitri Squaccio, Marcello Ubertone, Giusepppe Carrieri Linafferrabile
a cura di

Giuseppe Carrieri e Michele Marcon


Postfazione di

Paolo Giovannetti

Michele Marcon, Hulda Federica Orr, Linda Avolio, Massimo Pignat, Ludovica Isidori, Danilo Potenza, Anna Cuomo, Nicholas Di Valerio/Salinoch, Rachele Casato, Riccardo Fantoni, Glenda Manzi, Stefano Plebani, Giulio Tellarini, Francesco DUva Perso in tempo Michele Marcon e Giulio Tellarini Andrea G. Pinketts
Postfazione di Prefazione di a cura di

Paolo Giovannetti

Andrea Sesta, Michele Danesi, MDS, Salinoch, Mattia Conti, Monica Ferrazzi, Danilo Potenza, Chiara Daffini, Diego Dotari, Valentina Neri, Linda Avolio, Giulio Tellarini, Daniel Cristian Tega, Giuseppe Marazzotta, Marco Romani. Quello che resta Michele Danesi e Andrea Sesta di Antonio Scurati Paolo Giovannetti
Postfazione di Prefazione a cura di

Marcello Ubertone, Elena Sabattini, Mattia Conti, Fabio Rodighiero, Michele Danesi, Silvia Tramatzu, Valentina Neri, Domenico Ferrara, Andrea Sesta, Diego Dotari, Stefano Gianoni, Marco Ferrarini, Salinoch, Jacopo DAndrea, Chiara Daffini, Francesco Priano, Vania Barozzi, Filippo Rizzi, Federica Gerardi, Giovanni Fiorina, Valentina Colmi, Laura Banchero, Beatrice Lorenzini. Da qui non vedo Valentina Neri, Alice Alfiedi, Michele Danesi, Andrea Sesta Prefazione di Giorgio Falco Postfazione di Paolo Giovannetti Giuditta Dallerba, Chiara Di Sante, Francesca Giordano, Marco Ferrarini, Danilo Sergio, Alessandro Parotti, Federica Gerardi, Elena Castellini, Beatrice Lorenzini, Elena Murgolo, Mattia Conti, Chiara Castelli, Serena Di Vito, Stefano Plebani, Rachele Rebughini, Riccardo Dujany, Alfonso Casalini, Leonardo Angelini, Ilaria Padovan, Glenda Giussani, Vania Barozzi. Troppo buio per gridare
a cura di a cura di

Alessandro Bongiorni, Laura Conti e Marco Ferrarini


Prefazione di

Tim Parks

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