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La Chiesa, il totalitarismo, la democrazia tra storia e presente


La Chiesa e il totalitarismo In un recente volume curato da Vincenzo Ferrone che presenta gli Atti di un Convegno della Fondazione Firpo, si analizza il modo in cui la Chiesa si misurata con quello che pu definirsi il problema fondamentale del XX secolo, linsieme dei totalitarismi che, con diverse origini culturali e ideologiche, ma con modalit assai simili nellesercizio del potere e nella messa a punto di strategie prevaricanti i pi elementari diritti della persona, si sono espresse in diversi Paesi dEuropa. (1). un tema importante, pensando al quale si pu affermare che, davanti ad una storia tanto irta e difficile, la Chiesa si sia posta coraggiosamente, non rifiutando talora il contatto e il confronto, ma rifuggendo dalla contaminazione, riuscendo a mantenere alto un messaggio di dignit rivelatosi alla lunga vincente. Il volume curato da Ferrone esamina il tema con grande ricchezza di contributi scientifici, garantita del resto dalla qualit degli interventi, non numerosi ma articolati e riconducibili ad alcuni nuclei fondamentali. Il primo consiste nella definizione e nellindicazione della fortuna storiografica della categoria del totalitarismo, un concetto che, peraltro, fu materia di riflessione anche nel vivo delle esperienze cui si riferisce. Io stesso, recensendo un volume di Guido Manacorda, esposi, nel 1939, le differenze tra situazioni contraddistinte scrivevo da rivoluzioni in cui la ragione sociale si era risolta con governo diretto di capo e popolo: lURSS, in cui la dittatura marxisticamente proletaria era teoricamente provvisoria, la Germania, in cui razza, popolo e tradizione avevano individuato una sintesi mitica nel capo e lItalia, in cui lo stato fascista-corporativo si era dato una veste tipicamente romana. (2).
(1)kVINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, Atti del Convegno, Torino, 25-26 ottobre 2001, Firenze, Olschki, 2004, pp. VI-213. (2)kCfr. G. VEDOVATO, Il Bolscevismo, recensione a G. MANACORDA, Il Bolscevismo, Firenze, Sansoni, 1940, in Rivista di Studi Politici Internazionali, VI (1939), 3-4, luglio-dicembre, pp. 378-383.

632 Nel volume curato da Ferrone, Bruno Bongiovanni concorre alla definizione del totalitarismo con lesegesi storica di un termine nato in Italia, proprio nel vivo della prima affermazione fascista, quando si andava mettendo a punto il meccanismo elettorale maggioritario che doveva consentire a Mussolini il consolidamento del potere ma che lo condusse prima al duro confronto sulla vicenda Matteotti.(3). Dalla definizione di Giovanni Amendola, il termine totalitarismo doveva conoscere una diffusione nel linguaggio dellantifascismo, assumendo intanto quella duplice connotazione di riferimento al fascismo e al bolscevismo che ne avrebbe accompagnato il messaggio fino ai nostri giorni. Ripreso anche da Sturzo e sostanziato anche del negativo significato di divinizzazione dello Stato, il concetto avrebbe avuto per anche una lettura interna alla cultura fascista, specialmente ad opera di Giovanni Gentile. Ci induce a riflettere sullintento di una parte almeno del fascismo di accelerare i tempi del processo totalitario di identificazione dello Stato nazionale con le strutture e lideologia del partito fascista gi dal 1925, che andava oltre la pi prudente intenzione di deputati come Gioacchino Volpe, come si vide nella discussione di quellanno sulle associazioni segrete. (4). Con questi riferimenti, lanalisi di Bongiovanni riconosce prevalente alla lunga la prima accezione semantica, prima di scandagliare le moderne interpretazioni del termine, legate anche alla connotazione di imperfetto che, sulla scia dellanalisi di Hannah Arendt, sarebbe risultata decisiva nella definizione di una cifra originale del fascismo rispetto al nazismo, su cui continua a svilupparsi il dibattito. importante nella definizione del tema anche larticolo di Vincenzo Ferrone, spostato invece sul tema dei diritti delluomo, che del totalitarismo in sostanza lopposto, e sulla concezione in merito della Chiesa. (5). Se le premesse conducono alla genesi del concetto di diritti nelluomo, da collocare nello spirito illuminista settecentesco, ci che ne derivato, si espresso anche in una deriva in cui il socialismo e la cultura laica hanno finito per perdere la rotta, finendo per smarrirsi nelle logiche del mercato, del consumo, dellesasperato individualismo. Ferrone riconosce cos il valore alternativo delle encicli-

(3)kCfr. B. BONGIOVANNI, Il totalitarismo: la parola e la cosa, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 27-44. (4)kCfr. B. CARUSO, Preludio a una dittatura. La legge fascista del 26 novembre 1925. Atti, documenti, testimonianze, Roma, Aracne, 2003, p. 35 e pp. 106113. (5)kCfr. V. FERRONE, Riflessioni introduttive in merito al problema della Chiesa, i diritti delluomo e il totalitarismo, in ID. (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 27-41.

633 che e dei documenti papali della contemporaneit fondati sulla dignit e sulla centralit delluomo, pur ripercorrendo storicamente il lungo cammino di contestazione dellidea moderna e illuministica di libert. in questo senso che il confronto della Chiesa con il totalitarismo assume un valore fondante, in maniera indiretta, accelerando, a partire dagli orrori di quel periodo, un processo di riconoscimento che implicava il superamento del modello assolutistico tridentino e lapprodo, per quanto lento, faticato e contraddittorio, allidea di democrazia, grazie anche alla spinta culturale del cristianesimo di Maritain. Appare invece discutibile la valutazione che lAutore fa dellopera di Giovanni Paolo II attraverso unottica di lettura che, limitandosi a specifici aspetti, non tiene conto dello straordinario apporto alla svolta dei Paesi dellEst verso la democrazia. Lintervento di Guido Verucci invece volto a cogliere i fondamenti culturali delle destre cattoliche in Europa, con un interessantissimo quadro storico che muove dal periodo della Restaurazione per unanalisi del laicato cattolico come soggetto scaturito in funzione delle tensioni tra la Chiesa e gli Stati postisi sulla strada delle istituzioni liberali.(6). Lesperienza del partito cattolico belga, conseguente alla rivoluzione del 1830, apre la via ad unesperienza che si sviluppa anche in Germania, dove il Zentrum assume un importantissimo ruolo parlamentare ed esprime una intensa dialettica interna tra lelemento conservatore e quello pi disponibile alla scelta liberale. Definendo partito lOpera dei Congressi, Verucci colloca lo sviluppo italiano a partire dagli anni seguenti Porta Pia, delineando la contrapposizione tra il clerico-moderatismo, sempre pi inserito nello Stato, e la minoranza democratico-cristiana. Nel loro complesso, le diverse componenti della cultura cattolica danno vita ad un filone assai articolato della coscienza politica europea, che incontra una svolta con la prima guerra mondiale. A partire da l, il confronto tra la Chiesa e lo Stato si svolgeva su nuove basi, complicando anche il rapporto tra episcopato, mondo cattolico e Santa Sede. Le vicende tedesca, italiana e spagnola dovevano mostrare lesistenza di filoni del movimento cattolico e della Chiesa orientati a raccogliere le tendenze antidemocratiche e conservatrici. Nella ricostruzione di Verucci, quellorientamento non si sarebbe perduto, pur riconoscendo il carattere di svolta del radiomessaggio del Natale 1944 verso lopzione democratica, destinata ad affermarsi pi compiutamente con gli anni sessanta. Fonte anchesso di una possibile discussione per la possibilit di approfondimento dellapporto attivo del

CENZO

(6)kCfr. G. VERUCCI, Le destre cattoliche in Europa tra 800 e 900, in VINFERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 59-78.

634 mondo cattolico e della Chiesa nel consolidarsi nella democrazia in Europa, larticolo offre una sintesi interessante che si lega alle pi generali analisi sugli atteggiamenti e sulle modalit con cui la Chiesa e il mondo cattolico hanno interpretato nel loro tempo i fenomeni totalitari, di destra e di sinistra. Cos, Giovanni Miccoli muove dalla sottolineatura della estrema contrapposizione tra la Chiesa cattolica e lo Stato totalitario, compiuta anche attraverso una messa a punto del concetto di totalitarismo in relazione alla storia. (7). Fermamente contrapposta al totalitarismo sovietico, la posizione della Chiesa verso i regimi fascisti europei si orientava verso laccordo, comera specialmente nel caso italiano, che Miccoli considera pi attentamente. Tuttavia quellaccordo non era acritico, svolgendosi nellottica della Chiesa a partire dalla difesa irrinunciabile di unidentit cattolica nei confronti dello Stato che, se favoriva il dialogo su certi piani, doveva proporre anche intense dialettiche con un modello di Stato che non si esitava a definire criticamente anche in documenti ufficiali. La duplicit, pur nellesistenza di concezioni condivise dellordine sociale e di comuni avversari sul piano dei valori, doveva mantenersi e svilupparsi poi alla luce degli sviluppi indotti dai rapporti dei due soggetti con il nazismo. Il rapporto della Chiesa con il regime hitleriano si complicava per lapprofondirsi, attorno a ci che pareva condivisibile come la battaglia contro il comunismo, di una condizione che mutava le condizioni del compromesso in presenza di un chiaro progetto di annientamento da parte del nazismo verso lidentit cattolica. Cos, lavvicinamento tra Italia e Germania poneva le nuove coordinate di un quadro complessivo, in cui secondo Miccoli mentre si produceva il graduale distacco tra la Chiesa e il fascismo, non si perdevano quegli elementi che avevano favorito laccordo e che sarebbero scomparsi nellet conciliare. Sullaltro versante, Lutz Klinkhammer esamina i tratti del fascismo come religione politica e liturgia, analizzandone rituali e simboli ed il ruolo sacerdotale di Mussolini, per dedurne per la mancanza di un effettivo sconfinamento che lo rendesse incompatibile, alla maniera tedesca, con la Chiesa cattolica. (8). La tesi funzionale alla dimostrazione di una contiguit che non tiene conto della grande articolazione del mondo cattolico che emerge invece in altri contributi. Come si vede, il tema proposto dal volume denso di spunti e di possibili motivi di discussione, come accade, del resto per altri saggi

(7)kCfr. G. MICCOLI, Chiesa cattolica e totalitarismi, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 1-26. (8)kCfr. L. KLINKHAMMER, Il fascismo italiano tra religione di Stato e liturgia politica, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 185-204.

635 come quello di Luisa Mangoni, dedicato ai Patti lateranensi e alla cultura cattolica. (9). Articolato e complesso, il percorso concordatario si sviluppa con aperture reciproche e momenti di forte contrapposizione, in cui la Chiesa utilizzava a fondo gli strumenti di controllo culturale mai deposti, come lIndice dei libri proibiti, usato poi ancora ampiamente tanto sul versante liberale, verso un autore come Croce, che su quello degli scrittori nazisti e fascisti, a cominciare da Gentile. Questultimo caso seguito con particolare attenzione, come quello che meglio sintetizza, per lautrice, un atteggiamento di fastidio verso ci che poteva far da ostacolo alla compenetrazione tra cultura cattolica e fascismo, nel senso di una garanzia di contenimento dei valori anticristiani ed anzi di un ulteriore allargamento nel corpo della Nazione. Sul piano del rapporto con il nazismo, Wolfgang Schieder riprende temi toccati da Miccoli. (10). In questo caso emerge la conflittualit, pur nellunit culturale, tra Chiesa e partito del Zentrum, esaminata in relazione al contesto della rapida resa nei confronti di Hitler nel 1933. Lanalisi del Zentrum mostra il mutamento intercorso nellorganizzazione negli anni di Weimar, con una deriva conservatrice che doveva contare nella fase finale del sistema democratico. Emerge altres lostilit iniziale al nazismo della maggioranza di cattolici e laici tedeschi, che ne avvertivano la minaccia politica anche attraverso le opere di autori come Rosemberg e Stark. Diversa sarebbe stata la situazione nellevolvere della vicenda politica, con un avvicinamento al nazismo dipendente anche dal maturare del Concordato che pure non avrebbe salvato lautonomia della Chiesa cattolica. Diverso naturalmente era il confronto con il comunismo e con lURSS, come dimostra Andrea Riccardi.(11). Lorientamento della Chiesa davanti alla rivoluzione dottobre, per quanto non vi fosse alcun rimpianto per lepoca degli zar che si chiudeva, non rivelava unimmediata e totale chiusura al regime di Lenin, almeno sul piano diplomatico, fino alla svolta del 1927, in cui le scelte del governo sovietico costringevano i cattolici alla clandestinit. Si apriva il tempo della crociata spirituale e della contrapposizione pi decisa, fino a definire lo scenario dello scontro di civilt che doveva coinvolgere

(9)kCfr. L. MANGONI, I Patti lateranensi e la cultura cattolica, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 93-106. (10)kCfr. W. SCHIEDER, Il cattolicesimo tedesco e lavvento al potere del nazionalsocialismo, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 107-122. (11)kCfr. A. RICCARDI, La Chiesa cattolica, il comunismo e lUnione Sovietica, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 79-92.

636 uno schieramento mondiale ancor pi ampio di quello cattolico. N poteva attenuarsi dopo la guerra con la politica sovietica allinterno del blocco orientale, fatta di persecuzione e controllo e segnata dal tentativo di impedire il rapporto tra le Chiese locali e Roma, nellesaltazione della Chiesa del silenzio e del sacrificio di un cardinale come Mindszenty. La ferma posizione della Chiesa non sarebbe venuta meno, nonostante le caute aperture degli anni sessanta e limpegno al dialogo che ne scaturiva, trovando nuovi toni nella lezione e nellopera di Giovanni Paolo II, decisiva nel superamento del sistema che aveva mirato alla scristianizzazione, ma attenta nellanalisi storica del male necessario. La particolare attenzione di Giovanni Turbanti al dibattito nel Concilio Vaticano II mette in rilievo il peso dominante di un tema che derivava dalla forza raggiunta dal sistema sovietico e dalla minaccia che rappresentava per la Chiesa.(12). Tuttavia rileva lemergere di posizioni pi variegate di alcuni settori del cattolicesimo, mosse dallattenzione ai ceti sociali pi poveri e tali da alimentare una discussione conciliare assai articolata. Per chi ha vissuto quegli anni, possibile comprendere come fosse assai difficile accogliere lidea di un mutamento del comunismo nella sua essenza di ideologia materialista e pratica di governo ostile alla libert di coscienza religiosa. Tuttavia, vero che, nel Vaticano II, vi fu discussione, e che riflessioni come quella dei vescovi polacchi, tra i quali spiccava Wojtyla, fecero da argine a interpretazioni discutibili sul possibile umanesimo dellateismo marxista. Nel definirsi di una Chiesa non contrapposta al mondo moderno, non poteva aprire la via ad una contraddizione troppo forte, di cui nessuno meglio dei vescovi dei Paesi dellEst poteva conoscere lentit. Il saggio di Giorgio Petracchi sui Gesuiti e il comunismo tra le due guerre completa efficacemente questo quadro, identificando nel passaggio conciliare una cesura nelle posizioni dellOrdine. (13). Anche in questo caso lexcursus storico aiuta a comprendere terminologia e ragioni di un confronto che muove dallOttocento, da una radicata condanna del comunismo fino dai primi albori, parte di una pi generale messa allindice degli errori del secolo. I Gesuiti e il loro giornale, la Civilt Cattolica appaiono acuti e costanti osservatori della situazione russa, prudenti nellesprimere la condanna delle politiche re-

(12)kCfr. G. TURBANTI, Le riflessioni sul comunismo nel Concilio Vaticano II, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 153-184. (13)kCfr. G. PETRACCHI, I Gesuiti e il comunismo tra le due guerre, in VINCENZO FERRONE (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, op. cit., pp. 123-152.

637 pressive zariste, pronti a cogliere le contraddizioni di fondo della rivoluzione dottobre, attenti nel seguirne gli sviluppi, tanto sul piano storico-religioso, quanto su quello sociale ed economico. Laccurata ricostruzione di Petracchi indaga a fondo sulla metodologia di studio della Chiesa e dei Gesuiti, sullaprirsi della stagione indicata della Crociata di preghiere, sulla percezione della forza di un nemico sentito come tale e combattuto ideologicamente e culturalmente, ma sempre osservato e studiato con grande cura. Come si vede, il volume denso di temi e di spunti relativi alle posizioni e alle dottrine della Chiesa, intorno ad una questione del totalitarismo che ne induce unaltra strettamente collegata: la posizione della Chiesa sulla democrazia che, adombrata in alcuni dei saggi, ha visto successivamente interessanti approfondimenti. il caso degli Atti recentemente pubblicati di un seminario internazionale su don Luigi Sturzo e la democrazia, curati da Eugenio Guccione. (14). Si tratta di un insieme di riflessioni che, come spiega la Presentazione, mette complessivamente in luce, anche attraverso una documentazione originale, il contributo del sacerdote di Caltagirone allo sviluppo della democrazia occidentale, il ruolo di coscienza critica di processi entrati in profonda crisi nel corso del Novecento. (15). Tutti i saggi guardano al nodale rapporto tra il pensiero e lazione di don Sturzo in relazione al tema della democrazia, ma, in particolare, agli effetti dellargomento di cui si tratta qui, merita attenzione il contributo di mile Poulat, su Chiesa, politica e democrazia. (16). Il saggio periodizza le modalit della teologia politica della Chiesa cattolica, nellequilibrio tra ecclesiologia e diritto internazionale, dapprima e a lungo sviluppato secondo un criterio di raccordo con le monarchie cattoliche che, attraverso i concordati aveva al fondo il primato della dimensione spirituale su quella temporale, poi destinato a ridisegnarsi nel tramonto di quei regimi e dallaffermarsi irreversibile della sovranit democratica popolare. In un quadro di penetrazione del pluralismo religioso, la Chiesa ha cercato la via, da una parte perseguendo la conferma delle sue posizioni e la riconquista, dallaltra accettando fin dallinizio la sfida. Dalla rivoluzione francese in poi, ci avrebbe comportato diverse fasi, in una sorta di sperimentazione dei rapporti con il potere statale, da quelli compiuti nellet na-

(14)kE. GUCCIONE (a cura di), Luigi Sturzo e la democrazia nella prospettiva del Terzo millennio, Atti del Seminario Internazionale Erice, 7-11 ottobre 2000, 2 voll., Firenze, Olschki, 2004. (15)kCfr. E. GUCCIONE, Presentazione, in E. GUCCIONE (a cura di), Luigi Sturzo e la democrazia ecc. cit., I, p. V. (16)kCfr. . POULAT, Crux politica. glise, politique et democratie, ivi, I, pp. 399-408.

638 poleonica, con un regime che affermava il riconoscimento di altri culti ed apriva una dialettica interna alla Chiesa stessa, tra adattamento e rifiuto del cambiamento, al passaggio avviato dal 1870, in Italia e in Francia, con il forte affermarsi del laicismo e dellanticlericalismo, in cui Leone XIII avrebbe dato vita a un coraggioso progetto di ricattolicizzazione in cui poterono svilupparsi lidea della giustizia sociale e della democrazia cristiana, anche qui, per, con la conseguenza di un acuto conflitto interno al mondo cattolico. Il centro della dialettica consiste per lAutore nel vero significato dei termini cristianesimo e democrazia. Il primo termine riflette una dialettica storica di grandi divisioni tra le varie fedi, diversamente intese alla democrazia; il secondo termine egualmente coniugabile, dal modello ateniese, a quello medievale, ai successivi. Due complessit configurate nel presente secondo modelli contemporanei, monarchici o repubblicani, avvicinati dallessere contrapposti ai regimi totalitari e dittatoriali, il medesimo fattore che ha favorito il raccordo con la Chiesa, ma non ha sciolto tutti i nodi di principio presenti nelluniverso cattolico. Lorigine divina o meno del potere, la sovranit popolare, la legge del numero, la laicit dello Stato, hanno continuato a costituire questioni controverse su cui si sono misurati lindifferentismo religioso delle societ moderne e una sorta dindifferentismo politico della Chiesa, intesa ad affermare i princpi fondamentali, cos che il problema essenziale non risultato tanto la legittimit della democrazia, quanto il rapporto tra la moderna secolarizzazione e la compatibilit dei valori. Il richiamo dellAutore alla svolta di Leone XIII serve ancora a sottolineare questo punto, a mettere in evidenza la scelta strategica di un confronto destinato a dividere lo stesso mondo cattolico, come ha illustrato il caso francese, con i vari Maurras, Sangnier, con lAction Franaise. Sul tema della societ moderna, si sviluppata la dicotomia anche in Germania e in Italia. Qui, lo scontro si svolse in modo assai pregnante intorno alla prima democrazia cristiana e, in fondo, anche allo stesso partito popolare di don Sturzo. La tesi immerge il progetto della Chiesa, politico e sociale, in un contesto dialettico che pure doveva finire per generare un cammino aperto, segnato dal grande sviluppo del Novecento e dalle tensioni confluite nel Concilio Vaticano II, pur nella tenuta di un pensiero politico tradizionale mai definitivamente scomparso. in quei processi che lAutore individua la genesi e lo sviluppo dellaventure exceptionelle de la dmocratie chrtienne, e insieme la sfida politica e culturale per la Chiesa che la Pacem in terris, la Populorum progressio, i diversi messaggi di Giovanni Paolo II non hanno certamente lasciato cadere. Nei due volumi degli Atti il tema dei cattolici di fronte alla democrazia reso tangibile dal riferimento a don Sturzo. Lo confermano

639 gli interventi specificamente dedicati di Mario DAddio, che sottolinea il contributo di pensiero per lorganizzazione sovranazionale. (17), di Claudio Vasale, che identifica il nesso tra democrazia e concezione del partito. (18), di Francesco Traniello, che ricostruisce punti fondamentali della fortuna goduta dallopera di Sturzo.(19), di Jean-Marie Mayeur, che dimostra il grado di conoscenza del caso francese del sacerdote. (20), di Manlio Corselli, che ne descrive la battaglia contro la statolatria del Leviatano.(21), di Giovacchino Lavanco e Loredana Varveri, sui risvolti attinenti allintreccio tra psicologia politica ed etica sociale come nucleo della cittadinanza.(22). Jos Andrs-Gallego contribuisce con lanalisi del significativo caso . dei democristiani spagnoli. (23), arricchita poi dalla ricostruzione del contributo di pensiero sturziano a quella elaborazione politico-sociale, offerta da Jess Martn Tejedor. (24). La discussione su Sturzo, capace di illustrare la solidit delle radici del movimento politico e sociale cattolico italiano ed europeo contemporaneo, assai feconda per i moltissimi altri contributi, pi mirati specificamente sulla figura del fondatore del partito popolare, serve a mettere ulteriormente a fuoco il tema del rapporto tra la Chiesa e la democrazia, sul quale conviene soffermarsi ulteriormente approfondendo alcuni passaggi fondamentali in chiave storica di un percorso talora sofferto, ma certamente ricco di contenuti. La Chiesa e la visione storica della democrazia Se il cammino di accettazione della democrazia da parte della Chiesa, per la lunga fase della storia europea seguita alla creazione dei nuovi grandi Stati nazionali, ed in particolare dellItalia e della Germania, fino ai primi decenni del Novecento, era stato prudente e incline a preferirgli un rapporto con le forme di governo monarchica e aristocratica, ci si doveva, come notava un importante editoriale di la Civilt Cattolica nel 1988, alle modalit spirituali con cui la de-

(17)kM. DADDIO, Democrazia e comunit internazionale in Luigi Sturzo, ivi, pp. 1-25. (18)kC. VASALE, La democrazia organica di Luigi Sturzo, ivi, pp. 27-54. (19)kF. TRANIELLO, Sturzo e il problema storico della democrazia in Italia, ivi, I, pp. 55-62. (20)kJ. M. MAYEUR, Sturzo et la dmocratie franaise, ivi, I, pp. 145-151. (21)kM. CORSELLI, Le illusioni dello Stato e lo spirito della libert, ivi, pp. 419427. (22)kG. LAVANCO - L. VARVERI, Partecipazione e bene comune, ivi, pp. 429-457. (23)kJ. ANDRS-GALLEGO, La democracia cristiana en Espaa: resumen histrico, ivi, I, pp. 153-161. (24)kJ. MARTN TEJEDOR, La presenza di don Sturzo nel cattolicesimo politicosociale spagnolo: Severino de Aznar, ivi, I, pp. 385-399.

640 mocrazia veniva proposta. (25). Se vero che il problema cardine della teoria cristiana dello Stato sin dal tempo della Riforma, il rapporto con lautorit. (26), linsieme dei problemi che si lega a quella dialettica molto antico. Storicamente legato alla definizione di popolo, il termine democrazia, aveva sviluppato la sua accezione moderna con le intuizioni medievali, di Marsilio da Padova in particolare, sulla sovranit popolare e sulla divisione dei poteri esecutivo e legislativo, riprese poi e portate a piena definizione con Locke, Montesquieu, Rousseau, trovando in questultimo il teorico del regime democratico come regime della sovranit popolare.(27). Se su questa definizione, Maritain avrebbe appuntato la sua critica, individuandovi lambiguit di una distinzione tra popolo sovrano e popolo non governante, il rapporto della Gerarchia con i concetti che ne scaturivano, sarebbe stato come si accennato di diffidenza. Pio IX, nel Sillabo, condannava la sovranit posta nel numero e nella forza e non in Dio, preludio ad un orientamento materialista della societ; Leone XIII ribadiva pi volte lorigine divina del potere civile, pur non escludendo la funzione dellelezione popolare in funzione amministrativa e distinguendo tra regime democratico, non negato in radice, e concezione illuministica della sovranit popolare, disapprovata perch priva del riferimento a Dio. (28). Per questo non nascondeva la diffidenza verso quel termine democrazia cristiana che poi Pio X combatt decisamente perch vi individuava, nonostante il riferimento allautorit proveniente da Dio, la collocazione nel popolo del potere. Pi distaccati dal problema Benedetto XV e Pio XI, il quale doveva farvi soltanto pochi cenni, sarebbe stato Pio XII ad innovare profondamente latteggiamento della Chiesa. (29). Fino alla guerra, Pio XII non risparmi sforzi per la pace e denunci per quanto possibile la deriva del nazismo. (30). Con la guerra, si pose a interprete del dramma storico vissuto dallUmanit. Nel radiomessaggio del Natale del 1941 ribadiva lattualit della Chiesa davanti alla scristianizzazione e indicava i presupposti della ricostruzio-

(25)kCristianesimo e democrazia, Quaderno 3301 (2 gennaio 1988), cit., pp. 3-16. (26)kCfr. R. GLEI, Stato/scienza politica, in A. T. KHOURY (a cura di), Dizionario delle religioni monoteistiche. Ebraismo; cristianesimo, Islam, Casale Monferrato, Piemme, 2004, pp. 705-706. (27)kCristianesimo e democrazia, Quaderno 3301 (2 gennaio 1988), cit., pp. 3-16. (28)kIbidem. (29)kCristianesimo e democrazia, cit., pp. 10 e segg. (30)kCfr. G. SALE, Dittatura senza ma o se, Jesus, XXVI (2004), gennaio, 1, pp. 88-91.

641 ne morale e sociale: il rispetto della libert, integrit e sicurezza delle Nazioni; la denuncia delloppressione verso le minoranze nazionali; legoismo degli Stati nella gestione delle risorse la condanna della guerra; linviolabilit della religione e della Chiesa dalle persecuzioni. (31). Negli anni in cui si proponevano audaci accostamenti tra il fascismo nazionalistico e la democrazia universalistica.(32), lanalisi del pontefice sindirizzava su un deciso riconoscimento del secondo termine, tracciando le coordinate di un domani in cui la democrazia, se retta da un ferreo impianto cristiano, avrebbe aperto scenari di speranza allumanit. Ci accadde specialmente quando fu pi forte la crisi italiana. Le scelte del fascismo avevano da tempo allontanato il consenso cattolico. (33). Il fascismo, non soltanto aveva imboccato scriteriatamente la via della guerra, ma con le scelte razziali aveva imboccato una strada assolutamente divergente con la Chiesa. Aveva garantito, nel 1933, il suo impegno a dissuadere Hitler dallantisemitismo, per poi optare anchegli invece per la persecuzione; sera dimostrato incapace di svolgere un ruolo di composizione tra la Chiesa e la Germania, per poi giungere alla massima adesione con le logiche naziste. Il tramonto del totalitarismo era evidente anche per quella via. Parlando al mondo attraverso la radio, per il Natale del 1944, mentre era al culmine il conflitto mondiale, con lavanzata russa attraverso Polonia e Romania, il progredire del cammino degli angloamericani dopo lo sbarco in Normandia, la crescente difficolt della difesa tedesca, e quando era ormai avviata la riflessione sul futuro dellEuropa, il Papa porgeva una parola illuminante. (34). Era il sesto Natale di guerra, e la condizione dellumanit era di estrema desolazione, ma non poteva mancare la speranza ed essa si fondava sulla possibilit di fare del grande dramma loccasione per avviare unera novella per il rinnovamento profondo, la riordinazione totale del mondo. (35). Che fossero gi avviati i colloqui e le conferenze per il nuovo assetto mondiale, nella prospettiva anche di costituire una co-

(31)kIl radiomessaggio natalizio ai popoli del mondo intero, in Discorsi e radiomessaggi di Sua Santit Pio XII. Sesto anno di pontificato 2 marzo 1944 - 1 marzo 1945, Milano, Vita e Pensiero, 1945, pp. 235-251. (32)kCfr. G. VEDOVATO, Pio XII: ricerca della pace e nazismo, Rivista di Studi Politici Internazionali, LX (1993), n. 239, pp. 365-378. (33)kCfr. C. CAVALLERI, Natale 1941: il radiomessaggio di Pio XII, Avvenire, 22 dicembre 2004. (34)kCfr. R. CAILLOIS, La comunione dei forti. Studi di sociologia contemporanea, Torino, Bollati Boringhieri, 2005. (35)kIl radiomessaggio natalizio ai popoli del mondo intero, cit., p. 236.

642 munanza tra gli Stati e garantire una pace solida e durevole, dava a quella speranza un carattere di sostanza. In questo, Pio XII, con grande sagacit politica, coglieva il fondamentale dato culturale dei tempi, levidenza dei limiti dimostrata dai totalitarismi ed il bisogno di un sistema di governo che sia pi compatibile con la dignit e la libert dei cittadini. (36). Era evidente come ormai la tendenza democratica investisse i popoli ed ottenesse un crescente consenso. Nel sottolinearlo, Pio XII richiamava latteggiamento della Chiesa non negativo, quando fosse riconosciuta lorigine divina del potere pubblico e quando fosse perseguito il bene comune. Era dunque diritto e dovere della Chiesa affrontare il tema, soprattutto occupandosene in funzione, non delle specifiche forme nazionali della democrazia, o del quadro istituzionale, monarchico o repubblicano, ma della centralit delluomo come fine e fondamento della politica organizzata. Il primo problema consisteva nella definizione della cittadinanza. La democrazia sarebbe stata sana e equilibrata se vi fosse stata armonia tra cittadini e il Governo, con il diritto dei primi ad esprimersi sui doveri e sacrifici loro imposti ed al loro ascolto prima dellimposizione di ubbidienza, in altri termini alla piena possibilit di espressione dellopinione personale e di influenza sulla realizzazione del bene comune. Ci conteneva una precisa definizione di popolo e di rapporto con lo Stato. Vi era differenza tra popolo e massa. Il popolo, entit attiva e consapevole, comunit di individui, era un insieme responsabile da cui prendeva forza il bene comune; la massa era entit passiva e amorfa, oggettivamente nemica della vera democrazia e degli ideali di libert ed eguaglianza. Pio XII spiegava la prospettiva democratica alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Nel popolo consisteva la coscienza della cittadinanza, un concetto cui si legava lo spirito di comunit e di fratellanza e cui non contrastavano le ineguaglianze culturali, economiche e sociali, temperate comunque da giustizia e mutua carit:
Esse, lungi dal ledere in alcun modo leguaglianza civile, le conferiscono il suo legittimo significato, che, cio, di fronte allo Stato, ciascuno ha il diritto di vivere onoratamente la propria vita personale, nel posto e nelle condizioni in cui i disegni e le disposizioni della provvidenza lhanno col(37). locato.

Di ben diversa qualit era lidea di democrazia associata alla massa, confusamente rivoluzionaria e sovvertitrice, fonte darbitrio e di

(36)kIvi, p. 237. (37)kIvi, p. 240.

643 pretensione tirannica e inconsulta, orientata al livellamento meccanico, gi sperimentata laddove quel tipo di democrazia aveva esercitato un fascino apparente e favorito linteresse personale dei demagoghi. Una volta definita lidentit della cittadinanza, legata a quel concetto di popolo si poneva il secondo problema, quello del Governo. Lautorit doveva essere vera ed effettiva, essendo lo Stato societ necessaria e fondamento della dignit e libert negli ordinati termini indicati sopra. Lorigine divina del potere ne determinava unimpronta corrispondente di dignit per luomo impegnato nel potere pubblico. Ne derivavano un dovere imprescindibile ed un obbligo di coerenza che escludeva legoismo del dominio e degli interessi. Tutti i poteri legati agli ordini costituivi la democrazia, il legislativo, il giudiziario, lesecutivo, dovevano ispirarsi a quel fine di corrispondenza con la dignit del Creatore. In particolare, il potere legislativo, centro di gravit di una democrazia normalmente costituita, doveva esprimere, al di l delle parti politiche, elevatezza morale, idoneit pratica, capacit intellettuale, essere dunque sede di una schiera eletta di uomini eminenti e di fermo carattere che fossero i rappresentanti del popolo e non della massa:
Una eletta schiera di uomini di solida convinzione cristiana, di giudizio giusto e sicuro, di senso pratico ed equo, coerente con se stesso in tutte le circostanze; uomini di dottrina chiara e sana, di propositi saldi e rettilinei, uomini soprattutto capaci, in virt dellautorit che emana dalla loro pura coscienza e largamente si irradia intorno ad essi, di essere guide e capi specialmente nei tempi in cui le incalzanti necessit sovreccitano limpressionabilit del popolo, e lo rendono facile ad essere traviato e a smarrirsi; uomini che nei periodi di transizione, generalmente travagliati e lacerati dalle passioni, dalle divergenze di opinioni e dalle opposizioni dei programmi, si sentano doppiamente in dovere di far circolare nelle vene del popolo e dello stato, arse da mille febbri, lantidoto spirituale delle vedute chiare, della bont premurosa, della giustizia egualmente favorevole a tutti, e la tendenza della volont verso lunione e la concordia nazionale in uno spirito di (38). sincera fratellanza.

Cos guarnita, la democrazia, fondata sui princpi della legge naturale e delle verit rivelate, si sarebbe difesa anche dalla possibile deriva assolutistica originata da una concezione dellautorit dello Stato come illimitata e prevaricante la legge positiva, distante dal presupposto della conformit con lordine assoluto di Dio che restava il cardine di una giusta concezione del potere. Da una simile concezione della societ democratica sarebbero scaturite le coordinate necessarie ad una vera organizzazione della pace mondiale, il superamento del-

(38)kIvi, p. 242.

644 la guerra come soluzione delle controversie internazionali, uno statuto coerente per la nuova Societ delle Nazioni che si pensava di costruire. La Chiesa avrebbe saputo proporsi come tutrice della vera dignit e libert umana, ormai intrinsecamente impegnata nella definizione di un avvenire che apparteneva alla democrazia, testimone e artefice del messaggio che metteva al centro la dignit delluomo e la vocazione alla figliolanza di Dio che nella ricorrenza della nascita di Cristo si confermava, protagonista della Crociata di Carit che la guerra aveva suscitato. La svolta rappresentata dal radiomessaggio di Natale del 1944 di Pio XII, che segnava laccettazione storica della democrazia nel magistero della Chiesa, dimostrava che la conoscenza approfondita del tempo del totalitarismo era per la Chiesa fonte di grande riflessione. Non vi era nellimportante discorso il rifiuto della lezione di Leone XIII, richiamato anzi per la sua disponibilit ad accogliere la pluralit delle forme di governo quando fosse saldo linsegnamento della dottrina cattolica sulla fonte divina dellautorit. (39). Era sottolineato il diritto del cittadino ad esprimere le sue idee sui doveri e diritti proposti dal potere politico ed a non prestare obbedienza senza il necessario ascolto da parte dellautorit. (40). Si stabiliva cos la saldatura tra democrazia e bene comune, sempre alla luce del fondamentale principio per cui il potere pubblico riceveva la sua autorevolezza dal mandato divino. Vi era in questo lesplicito riferimento ai doveri etici dei deputati del popolo, nella convinzione che non si dovesse perseguire una democrazia apparente, ma una democrazia vera in quanto fondata sui princpi della legge naturale e delle verit rivelate. (41). Il radiomessaggio era la messa a punto di un dibattito gi avviato da tempo nella Chiesa, i cui termini fondamentali, specialmente dopo la caduta del fascismo era stato possibile avvertire. Di quale fosse linteresse suscitato dalle posizioni di Pio XII nellopinione pubblica mondiale, e della forza della sua analisi sulle prospettive del nuovo ordine degli Stati, ebbi ad occuparmi in una recensione dellepoca. (42). Il libro in oggetto metteva a fuoco il problema religioso comera andato definendosi in quella fase storica, proponendo lipotesi di una crisi della civilt dovuta al suo distacco dal Cristianesimo e individuando anche nei progetti di sistemazione futura il persistere di quel pericoloso allontanamento. Nel recensirlo, sottolineavo i tratti

(39)kCristianesimo e democrazia, cit., pp. 3-16. (40)kIbidem. (41)kIbidem. (42)kRecensione a LUIGI MIETTA, Il Cristianesimo in crisi?, Milano, Vita e Pensiero, 1943, in Rivista di Studi Politici Internazionali, XI, 1, gennaio-marzo 1944, pp. 102-106.

645 fondamentali della presenza storica cristiana esposti dal libro, garanzia, nella fedelt ai princpi divini, di una missione universale e autonoma dalle Nazioni e dagli Stati. Era quello che conferiva al Magistero lautorevolezza che Pio XII aveva mostrato, esponendo un concetto di profondo realismo politico. Nella svolta illustrata da Pio XII, si collocava la ripresa dellattivit politica dei cattolici, pienamente orientata alla democrazia cui alludeva in un suo saggio lo storico Pietro Scoppola. Linterazione tra la religione, letica e la politica dei cattolici in Italia, alla luce dellidea di democrazia, e del ruolo svolto dalla Chiesa, fin dagli ultimi anni di guerra, tanto in termini di vicinanza alle popolazioni sofferenti, quanto di proposta utile al superamento della crisi didentit nazionale, in modo tale da contribuire con forza alle basi morali della democrazia che si avviava alla costruzione, un processo che si realizzava attraverso loriginalit del partito democristiano e della sua opera per lunit politica dei cattolici. (43). Ed era intorno al pericolo del totalitarismo comunista che si costruiva la sintesi pi efficace tra il mandato della gerarchia e lelaborazione autonoma del partito di De Gasperi, continuando ad esprimersi per tutto il lungo periodo in cui quella minaccia pot ancora considerarsi tale, via via sviluppando intanto la centralit democristiana nel sistema politico italiano. (44). Si realizzava cos per Scoppola la condizione voluta da Pio XII di una posizione dei cattolici, fermamente contrapposta al totalitarismo e, nello stesso tempo, non omologabile completamente ed anzi critica verso i valori occidentali, in una sottile dialettica con quella parte della dirigenza di partito pi incline allaconfessionalit. (45). La scelta intrapresa nel 1944 da Pio XII era ormai irreversibile e consolidata, come avrebbero dimostrato i suoi successori. (46). Ci che seguiva dopo Pio XII, avveniva alla luce della profonda trasformazione della Chiesa, nella continuit dei suoi princpi. Come notava ancora il citato articolo di la Civilt Cattolica, laccettazione della democrazia da parte della Chiesa era ormai un dato consolidato.(47). Occorreva per che lintero tessuto sociale rimanesse ancorato ai fondamenti tradizionali della Chiesa, a cominciare dalla famiglia, un elemento che i tempi cominciavano a sottoporre alla forte pressione di una trasformazione che, da economica e sociale, poteva assumere ca-

(43)kCfr. P. SCOPPOLA, Limpegno politico dei cattolici tra passato e presente, in Religioni e societ, V, luglio-dicembre 1990, 10, pp. 79-99. (44)kIbidem. (45)kIbidem. (46)kCristianesimo e democrazia, cit., pp. 3-16. (47)kIbidem.

646 ratteri travolgenti e incontrollabili sul piano etico. Occupandosene in una lettera alle Semaines sociales de France, nel luglio del 1957, Monsignor Angelo DellAcqua ne faceva un tema centrale, come unit di misura della certezza dei diritti e dei doveri nella comunit statale, divenuta storicamente, da societ istituita da Dio per i suoi fini propri a priorit dei diritti in rapporto alla societ civile. (48). Lequilibrio tra individuo, famiglia, istituzioni pubbliche doveva misurarsi alla luce delle diverse articolazioni del mondo laico e religioso. Sviluppando il concetto, in un articolo del 1958, il gesuita padre Salvatore Lener denunciava lannidarsi di germi totalitari nel regime democratico, in genere e specialmente nel caso italiano. (49). Distingueva, infatti, nel campo laico tra laicismo teoretico e laicismo come ideologia politica, mentre individuava nellambito cattolico tra dottrina cattolica e ideologia politica dei partiti cos orientati. Il confronto tra i primi due termini rispettivi non interessava allo Stato democratico, caratterizzato dal riconoscimento pieno della libert dopinione. Il problema si poneva nel confronto tra gli altri due termini, cio sul terreno della politica concreta, ed era nei fatti che lepoca moderna, segnata dalla grande partecipazione popolare, vedeva limpossibilit di unire e omologare le diverse ideologie e ci prefigurava, da parte di alcuni soggetti tendenti a escluderne altri, la dimensione totalitaria. Se ci valeva specialmente per i comunisti, ispirati a un totalitarismo di tipo assoluto, si verificava anche per ci che lautore definiva il totalitarismo relativo di quel mondo laico che combatteva a fondo la religione e la Chiesa. Era una forte contraddizione che finiva per riverberarsi sullintera democrazia, limitandone lo sviluppo istituzionale. In una lettera dellEpiscopato lombardo (primo firmatario il Cardinale Giovanni Battista Montini, Arcivescovo di Milano) al clero e ai fedeli Su la fedelt alla Santa Chiesa di Dio di fronte ai pericoli di moderne correnti ideologiche e pratiche, nella festivit dellAssunzione del 1959, leggesi: Il mondo moderno, che aspira potentemente alla sua unificazione e la realizza su piani salienti dalla tecnica alla politica, in cerca di concordia e di pace, , nello stesso tempo, continuamente disintegrato da certi suoi infermi principii ideali. In genere, pessimista, scettico; , anche nellesaltazione della socialit, individualista. Manca di idee sicure, manca di fede. E dellidea, di cui si

(48)kCfr. Mons. A. DELLACQUA, Lettre du Vatican M. Charles Flory, Prsident des Semaines Sociales de France, Citt del Vaticano, 9 luglio 1957. (49)kCfr. S. LENER S.J., I partiti italiani e lodierna esorbitante polemica sui rapporti tra stato e Chiesa, La Civilt Cattolica, 8 marzo 1958, vol. I, quad. 2586, pp. 561-575.

647 alimentato nel dopoguerra, lidea di democrazia, non sa ancora servirsi come di forza che faccia liberamente cospirare un popolo intero in ferma unit di coscienza, di amore, di istituzioni; ma la rende pi spesso un fermento dissolvente, che dissocia i cittadini e le istituzioni fra di loro, e autorizza tutti gli sbandamenti. (50). Il passaggio dal pontificato di Pio XII al successivo, che avveniva in un momento di grande trasformazione della societ europea e italiana, avrebbe comportato significative messe a punto senza derogare dallaffermazione della derivazione divina del potere politico. Infatti, nella Pacem in terris di Giovanni XXIII, non si perdeva il richiamo alla derivazione divina dellautorit, ma si metteva a fuoco la libert di scelta politica del cittadino in un quadro di regimi genuinamente democratici. Giovanni XXIII il Papa della pace offriva alla comunit dei popoli una dottrina di pacifica convivenza che, muovendo dalla condanna dei mali del tempo, a cominciare dal nazionalismo, dal razzismo, dal classismo, dallo spirito di fazione, tracciava lo sfondo in cui collocare la costruzione di una democrazia sostanziale perch sostenuta dallamore, dalla famiglia, dalla religione, da un ordine sociale retto sulla disciplina degli impulsi egoistici e sulla fratemit concorde e rispettosa del diritto di ognuno. (51). Nellelaborazione del Concilio, la democrazia si definiva ormai come un regime civilmente necessario, anche attraverso lormai ben provata contrapposizione al totalitarismo, quando specialmente si potesse parlare di democrazia senza infingimenti, di piena espressione cio dei diritti naturali dellindividuo e nella vita pubblica. (52). Era ormai il tempo illustrato da Giovanni Spadolini, e del giudizio storico secondo cui, il Tevere diveniva pi allargato. (53), cio pi distante dalla politica italiana, eppure in qualche modo pi stretto, nella tenuta del regime concordatario, a contrassegnare, nel suo insieme, un equilibrio delicato e insieme stabile del rapporto tra lo Stato e la Chiesa, secondo la preoccupazione che il politico aveva per la tenuta dellinsieme democratico complessivo in cui si collocava il rapporto tra il laicato e il mondo cattolico. Era in fondo il tema dominante che la Chiesa avvertiva pienamente. Lo stesso Paolo VI espose ai dirigenti del Comitato civico qua-

(50)kIn Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Archivio Vedovato, Carteggi in sistemazione. (51)kCfr. G. VEDOVATO, Il Papa della pace, Discorso pronunciato il 3 giugno 1967 a Firenze, per la cerimonia commemorativa del quarto anniversario della morte di Papa Giovanni XXIII, in G. VEDOVATO, Per il bene comune nella libert, nella giustizia, nella pace, vol. III (1963-1968), Firenze, Le Monnier, 1968, pp. 402-407. (52)kCristianesimo e democrazia, cit., pp. 12 e segg. (53)kCfr. G. SPADOLINI, Il Tevere pi largo, Napoli, Morano, 1967.

648 le dovesse essere il rapporto tra i cristiani e la vita pubblica, in un discorso del gennaio 1965, informato al riconoscimento della diversit tra la Chiesa e la comunit civile, ma, nello stesso tempo al dovere della Chiesa di interessarsi allanimazione ideologica, morale e spirituale della vita pubblica, di cui lesercizio della democrazia era elemento fondante e meritevole di guida illuminata perch le coscienze potessero porsi adeguatamente di fronte ai bisogni della politica. (54). In quellambito lEpiscopato italiano approfondiva il tema e indicava il compito della Chiesa nella comunit civile come segno e salvaguardia del carattere trascendente della persona umana, garante della promozione dei valori dordine spirituale, religioso e morale indispensabili per la civilt. (55). Quel ruolo era indicato anche nel messaggio consegnato personalmente da Paolo VI alle Nazioni Unite, nellottobre del 1965, che metteva la pace al centro dellideale dellumanit e la collegava alla solidariet come speranza migliore del mondo, cos che, mentre evocava il messaggio di John Kennedy, richiamava la grande lezione del suo predecessore Giovanni XXIII.(56). E non era certamente senza significato il discorso che Paolo VI rivolse ai rappresentanti dellUnione Interparlamentare Mondiale, Andrea Chandernagor (Presidente di quellorganismo), Giuseppe Vedovato (Membro della Presidenza dellUnione stessa e dellAssemblea Consultiva del Consiglio dEuropa), Pio Carlo Terenzio (Segretario dellUnione), nel settembre del 1972.(57). Il Papa volle sottolineare il ruolo e i compiti della democrazia rappresentativa, a livello nazionale ed europeo, specialmente nel senso dellimpegno per il superamento delle sperequazioni economiche, sociali e culturali tra gli uomini e i popoli. Davanti alle nuove modalit e imponenza con cui le questioni si proponevano quotidianamente alla politica, i parlamenti risultavano lenti e incapaci di risposte rapide, ma il Parlamento manteneva intatto il suo ruolo fondamentale di equilibrio nei confronti dei poteri dellesecutivo ed avrebbe costituito ancora il miglior strumento della democrazia se avesse saputo dotarsi di strumenti efficienti. Es-

(54)kCfr. Discorso di S.S. Paolo VI, 30 gennaio 1965, in Comitato Civico Zonale di Torino, Dichiarazione dellEpiscopato italiano: i cristiani e la vita pubblica, marzo 1968. (55)kComitato Civico Zonale di Torino, Dichiarazione dellEpiscopato italiano ecc., cit. (56)kCfr. La visita di Paolo VI alle Nazioni Unite, Libreria editrice vaticana, 1966, p. 57 e segg. Ero presente alla celebrazione dellevento. Cfr. anche G. VEDOVATO, Il Papa della pace, cit., p. 402. (57)kCfr. La funzione insostituibile del Parlamento nella vita della societ democratica, LOsservatore Romano, 24 settembre 1972.

649 so era il solo luogo dove i conflitti dei gruppi potevano comporsi e trovare legittimamente e con giustizia soluzione, ma soprattutto avrebbe interpretato al meglio il suo compito riconoscendo il suo obbiettivo principale nel bene comune. La democrazia rimaneva il problema politico centrale per la promozione umana in una fase come quella che, tra la fine degli anni sessanta e gli anni settanta, vedeva emergere la crisi e lusura della sua definizione. In quel periodo, intellettuali laici di spicco, come Arturo Colombo, avevano denunciato labuso del termine di democrazia e il sostanziale svuotarsi dei valori che lo connotavano invece nella sostanza civile e storica. Della crisi in atto nei sistemi sociali e delle difficolt che i Paesi occidentali attraversavano a fronte delle imponenti tensioni sociali e dei conflitti ideologici che operavano trasversalmente in Europa, in America, in Asia, si discuteva sottolineando le contraddizioni vissute dalle istituzioni liberali. (58). Anche i giovani Stati africani emersi dalla decolonizzazione vivevano un tempo di intensa aspettativa sul tema della democrazia, dagli esiti incerti, di cui ebbi a definire gli scenari possibili e le inquietudini in pi occasioni. Nel 1963, alla XXXIII sessione di studi dellInstitut International des Civilisations Diffrentes, indicai le differenze, in quella luce, tra democrazia liberale di tipo classico, democrazia costituzionale, democrazia dei tempi di crisi, sottolineando la specificit del dato culturale originale su cui doveva instaurarsi un progressivo rapporto tra individuo e Stato e senza trascurare la gravit dei problemi da superare in relazione alle tante diversit di situazione. (59). Lanno seguente, in un discorso per il Centro italiano di Studi per la Conciliazione Internazionale, tornavo sul tema, analizzando il senso storico del mutamento e il desiderio degli africani di costruire in modo originale il proprio avvenire, conquistando prestigio e vitalit politica in un percorso difficile in cui la cooperazione risultava comunque il fattore determinante. (60).

(58)kCfr. J. BACHELER, Ordre et desordre dans le systmes pluralistes, in Studi sassaresi, III, Autonomia e diritto di resistenza, Milano, Giuffr, 1973, pp. 157168. (59)kCfr. G. VEDOVATO, Les perspectives de la dmocratie dans les tats qui ont accd depuis peu lindipendence, Rapporto generale alla XXXIII Sessione di studi dellInstitut International des Civilisations Diffrentes, Palermo, 23-27 settembre 1963, sul tema: Le costituzioni e le istituzioni amministrative degli Stati di recente indipendenza, Bruxelles, 1965, pp. 1-9. Cfr. anche G. VEDOVATO, La democrazia negli Stati nuovi dAfrica, in G. VEDOVATO, Studi africani e asiatici, vol. II, Firenze, 1964, pp. 317-332. (60)kCfr. G. VEDOVATO, La democrazia negli Stati nuovi dAfrica. Discorso pronunciato a Roma, l11 marzo 1964, nella sede del Banco di Roma, sotto gli auspici del Centro italiano di Studi per la Conciliazione Internazionale, Roma, a cura del Banco di Roma, s.d., pp. 13-31.

650 Nella prolusione ad una serie di dibattiti su La crisi delle istituzioni organizzata dal G.O.S.E.S. nel 1972, io stesso richiamai una serie di problemi che incombevano sullequilibrio dei rapporti tra governanti e governati e sullequilibrio dei poteri costituzionali. (61). In quello stesso anno, in quanto presidente del Gruppo interparlamentare italiano, ebbi lonore di pronunciare il discorso inaugurale alla Conferenza interparlamentare del 23 settembre 1972, in cui Paolo VI svolse unimportante conferenza sul tema centrale della salvaguardia dei diritti e dei doveri umani, richiamando la Pacem in terris, cogliendo i limiti della democrazia rappresentativa senza la soluzione di quel tema. (62). La decolonizzazione, in Africa, ma anche in Asia aveva proposto un nuovo protagonismo per quelle popolazioni, ma, nelle stesso tempo, si erano intrecciate visioni nazionalistiche e talora tribali, cos che, insieme al razzismo vecchio e nuovo, si creava un contesto complesso e difficile che lenciclica Populorum progressio aveva saputo cogliere e definire, offrendo una prospettiva di speranza che si reggeva sulla cooperazione internazionale nel rispetto delle identit. (63). Le conclusioni cui giungeva la conferenza INCIDI del 1963, mettevano a fuoco i problemi fondamentali di quei giovani paesi, per la difficolt di realizzare la democrazia dove avevano tanto spazio i partiti unici e dove la figura del capo dello Stato non era in equilibrio con gli altri poteri. Da relatore generale, sottolineavo come, nella variet dei modelli e dei sistemi che prevalevano, il dato unificante fosse linfluenza del processo di sviluppo economico verso il quale tutti questi paesi sono febbrilmente impegnati. (64). Come dicevo nella prolusione al G.O.S.E.S., si trattava di dare nuova concretezza alla definizione di democrazia attraverso lanalisi storica. Si doveva allora sottolineare la contraddizione di fascismo e nazismo, definitisi popolari avendo invece stabilito un assetto gerarchico e illiberale, e lantinomia del marxismo, definitosi, al potere, democrazia popolare, nellannullamento della libert politica. Storica-

(61)kCfr. G. VEDOVATO, I problemi della democrazia nei regimi parlamentari doggi. Prolusione a una serie di dibattiti su La crisi delle istituzioni promossi dal G.O.S.E.S., Firenze, 1 dicembre 1972. (62)kCfr. Discorso di Sua Santit Paolo VI ai partecipanti alla 60 Conferenza Interparlamentare, 23 settembre 1972, Citt del Vaticano, in Rivista di Studi Politici Internazionali, 1972, pp. 599-604. (63)kCfr. G. VEDOVATO, Nazionalismo e razzismo (testo di una conversazione alla Radio vaticana), in G. VEDOVATO, Per il bene comune ecc., cit., col. III, pp. 396-401. (64)kCfr. Conclusions provisoires e Sintesi della premessa del relatore generale, Giuseppe Vedovato, in Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Archivio Vedovato, carteggi in sistemazione.

651 mente, lequilibrio dei poteri aveva avuto applicazione e positiva evoluzione nel mondo anglo-sassone e statunitense e, in genere, dove la borghesia aveva avuto riconoscimento e svolto un ruolo propositivo. La democrazia, naturale sede del confronto tra governanti e governati, doveva rinnovarsi e ritrovare efficienza, ricostituendo un reale equilibrio dei poteri, selezionando al meglio il personale politico, ricomponendo equamente il rapporto tra lo Stato, i partiti, i sindacati, le concentrazioni economiche:
La democrazia non la condizione naturale della societ umana, ma piuttosto una faticosa conquista che, per trasformarsi in una concreta condizione umana, ha bisogno dello sforzo e della collaborazione di ogni uomo senza (65). discriminazioni n ostracismi.

Il Novecento aveva dimostrato la precariet dellequilibrio e lemergere di pericoli per la centralit della rappresentanza ben visibili anche nel secondo dopoguerra. Se si proponevano delicate questioni istituzionali, il vero nodo consisteva nella qualit del personale politico, e nellattualit dellanalisi di Pio XII:
Il concetto di democrazia non significa poter eleggere al potere chiunque, anche quelli che non hanno capacit. Il concetto di democrazia non implica necessariamente che tutti siano capaci di potere, anche se in teoria questo lobbiettivo del processo di sviluppo democratico, ma implica soltanto il concetto che nella comunit debbano esistere obiettivamente le possibilit di designare al potere i cittadini che sono maturi per esercitarlo, a qualsiasi ceto appartengano, senza che alcuna prevenzione di casta pesi nel processo popolare di candidatura e di elezione. chiaro per che una societ altamente democratica mira a far s che nessuno dei suoi cittadini sia incapace po(66). tenzialmente di essere chiamato alla responsabilit politica.

Il rischio, allora incombente, di distacco tra i cittadini e lo Stato era il rischio che implicava la sclerosi del secondo e limporsi della massa rispetto al popolo ed il parlamentare doveva essere allaltezza del compito culturalmente e per preparazione. Il Parlamento restava il luogo fondamentale per la soluzione dei conflitti, e il suo ruolo doveva, per tutti i Paesi liberi, nutrirsi di effettivo esercizio della vita democratica:

(65)kManoscritto relativo alla Prolusione ai Dibattiti su La crisi delle istituzioni promossi dal G.O.S.E.S., Firenze, 1 dicembre 1972, in Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Archivio Vedovato, carteggi in sistemazione. (66)kG. VEDOVATO, I problemi della democrazia nei regimi parlamentari doggi ecc., cit., p. 18.

652
tempo di operare le auspicate riforme al fine di salvaguardare i valori fondamentali della democrazia. Solo quando nei vari Parlamenti del mondo si sar sempre pi diffusa la consapevolezza della necessit di una superiore ispirazione ideale nellimpegno politico di ogni giorno, i parlamentari sentiranno allora di corrispondere sempre pi fedelmente allideale della democrazia, che resta quello di un governo del popolo, sul popolo e per il popolo [...]. Come ha ripetuto Jean Marie Domenach, la democrazia indica una direzione: lurtare continuamente nellinsufficienza umana, costituisce la (67). sua grandezza e la sua tragedia.

Come si vede, i temi sollevati erano pienamente coerenti con quelli che, indicati a suo tempo da Pio XII, andavano al cuore della democrazia come questione politica, etica e sociale e su cui si stava impegnando da sempre la riflessione cattolica. Fu cos anche in occasione del XLI Corso di aggiornamento promosso dallUniversit Cattolica nel settembre del 1974, che analizz a fondo questi rapporti, alla luce della Mater et Magistra. Il Rettore, Giuseppe Lazzati, apriva i lavori parlando del ruolo ricoperto dallinsegnamento sociale della Chiesa nei confronti della societ italiana, e si chiedeva:
Abbiamo lavorato e lavoriamo [noi cattolici italiani] sul piano dellelaborazione culturale [...] in modo tale da fornire agli operatori politici [...] indicazioni criticamente fondate valide ad impostare, con coerente lucidit e adeguato senso storico, le soluzioni di gravissimi problemi che il Paese deve (68). affrontare? La mia risposta negativa.

E intendeva discutere criticamente posizioni emerse recentemente nel mondo cattolico, orientate a realizzare lunit dialettica tra marxismo e cristianesimo, richiamando Maritain, prendendo le distanze dallintegralismo. Il riferimento fondamentale era alla crisi politica e culturale del paese, ed anche nelle conclusioni del Convegno appariva fondamentale il riferimento allenciclica ricordata, come fonte di un rilancio della presenza cattolica nel dialogo per un senso nuovo del rapporto persona-societ, delle libert civili, della laicit dello Stato e delle sue funzioni, ma insieme fedele alle scelte radicali del vangelo e alle indicazioni sapienziali [del] magistero della Chiesa. (69). Ci significava la concretezza di una proposta utile al funzio-

(67)kIvi, p. 31. (68)kProlusione del prof. Giuseppe Lazzati, rettore, al XLI Corso di aggiornamento culturale Impegni per il progresso della societ italiana nella prospettiva dellinsegnamento sociale della Chiesa, Lucca, 22-27 settembre 1974. (69)kMozione conclusiva del XLI Corso di aggiornamento culturale Impegni per il progresso ecc., cit.

653 namento di unequilibrata e giusta democrazia, nel solco della lezione avviata nel 1944 e sviluppata alla luce della trasformazione conciliare. Il problema era dunque pi che maturo nella considerazione cattolica, allavvento al soglio pontificio di Giovanni Paolo II, destinato a guidare la Chiesa in un periodo di grandi rivolgimenti in cui la definizione della democrazia sarebbe stata ancora fondamentale e bisognosa di definizione dinamica. Giovanni Paolo II fu esposto in prima persona specialmente nella difesa delle libert, prima tra tutte la libert religiosa, e dei pieni diritti, riaffermati in sedi prestigiose come lAssemblea dellONU nel 1979, e lUnione Interparlamentare nel 1982, incontro, questultimo, cui ebbi lonore di essere presente. (70). Se si guarda ai discorsi tenuti ai rappresentanti dei diversi Paesi negli annuali incontri con il Corpo Diplomatico, si vede come il continuo richiamo alla dignit della persona umana, in diversi modi e argomentazioni, fosse costante e incalzante, come fu nel 1980, quando il Papa, riflettendo sulla crisi derivante dallAfghanistan, la definiva superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. (71). E ancora, lanno seguente, il concetto di dignit si allargava quando parlava di sovranit nazionale della societ che si manifesta nella cultura della nazione [...] attraverso la quale, allo stesso tempo, luomo supremamente sovrano. (72). Dignit e diritti delluomo erano intrecciati indissolubilmente e la Chiesa nel messaggio di Giovanni Paolo II, se ne faceva mallevadrice, come traspar sempre in quei messaggi. Era soprattutto fondamentale, e specialmente evidente nel caso italiano, la capacit di Papa Wojtyla di sviluppare, alla luce del programma di evangelizzazione dei successori di Pio XII, il contributo al rinnovamento della democrazia nellaprirsi, nel tempo di scenari innovativi dal punto di vista sociale ma nello stesso tempo di grande crisi istituzionale e soprattutto di grande crisi dei valori espressi dalla democrazia, finendo per proporre la presenza dei cattolici, al di l della forma partito, su scenari pi impegnativi e diffusi nel tessuto civile, a cominciare dalla partecipazione al volontariato. (73). Il complicarsi del confronto istituzionale su scenari planetari, con contraddizioni rilevanti quale quella che vede diffondersi sempre pi il concetto di libert culturale come carattere distintivo dello sviluppo umano, mentre ne appare assai difficile la composizione con tante realt na-

(70)kCristianesimo e democrazia, cit., pp. 13-14. (71)kCfr. Giovanni Paolo II e la famiglia dei popoli. Il Santo Padre al Corpo Diplomatico (1978-2002), Citt del Vaticano, 2002, p. 53. (72)kIvi, p. 61. (73)kCfr. P. SCOPPOLA, Limpegno politico dei cattolici ecc., cit., 10, pp. 79-99.

654 zionali. (74), ha finito per approfondire la riflessione della Chiesa. Il fatto che la stretta connessione tra rafforzamento della democrazia e protezione dei diritti umani abbia trovato ulteriore riconoscimento anche in sedi prestigiose come lOrganizzazione degli Stati Americani, in sede di definizione della Carta Democratica Interamericana, ribadisce un concetto fondante per la dottrina della Chiesa e ne fa uno strumento di rinnovamento dellidentit politica specialmente in America latina. (75). In questo senso va considerata anche listituzione della UA, lUnione Africaine, che ha sostituito nel 2002 lOUA, Organizzazione dellUnit Africana, per rafforzare lunit politica dei Paesi membri. Lultimo libro di Giovanni Paolo II, Memoria e identit. (76), dedica un importante capitolo alla democrazia, che definisce appropriatamente Democrazia: possibilit e rischi. I ragionamenti dei capitoli precedenti sul bene e sul male, sulla libert e sulla responsabilit, sui concetti di patria e nazione, sul rapporto tra la Chiesa e lo Stato nel contesto dellEuropa, sono una lunga premessa a quelle considerazioni. Guardando alla storia, ed in particolare alla vicenda polacca, in cui si sono succedute le fondamentali forme del potere, monarchica, aristocratica, democratica, il Papa indica il rischio che anche il sistema democratico possa non esaurire in s, a priori, lesigenza etico-sociale essenziale per il conseguimento del bene comune. Nella fase storica in cui si afferma la visione della democrazia di alcuni cosiddetti neo conservatori americani come di un dato caratterizzante la natura umana che si impone per la forza delle idee, un sistema aperto particolarmente insito nei tratti originari del sistema americano che si colloca criticamente nei confronti della visione sociale dello Stato. (77), lapproccio sicuramente diverso. Tramontate le ideologie del XX secolo, e caduto il comunismo, cosa dovrebbe essere una democrazia? Se convinzione di tutti che con la democrazia si realizza il vero Stato di diritto, la storia dIsraele mostra come Mos, conducendo la sua gente fuori dallEgitto, realizzasse uno Stato di diritto, nel senso biblico del termine, in quanto destinato da Dio a costruire le basi giuridico-religiose dellesistenza del suo popolo, sulla base del patto dalleanza con Dio stabilito sul monte Sinai con la consegna del Decalogo.

(74)kCfr. G. SALVINI, Libert culturale e democrazia, La Civilt Cattolica, 2005, I, pp. 41-53. (75)kCfr. Organizzazione degli Stati Americani. Democrazia, diritti umani, sicurezza: lattivit dellOSA nel 2003/2004, La Comuni Internazionale, fasc. 4, 2004, pp. 771-783. (76)kGIOVANNI PAOLO II, Memoria e identit. Conversazioni a cavallo dei millenni, Milano, Rizzoli, 2005. (77)kCfr. F. FELICE, Capitalismo, democrazia, valori nel mondo unipolare, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005, pp. 275-279.

655 I comandamenti, volti ognuno a difendere un bene fondamentale della vita e della convivenza umana, confermati da Cristo come fondamenti della morale cristiana, restano i pilastri di ogni legislazione umana in qualsiasi sistema e, in particolare, del sistema democratico. Sono cos il confine ed il metro di misura della coerenza delle leggi. La storia del Reichstag, dapprima consenziente alla chiamata di Hitler al potere, poi alla delega dei pieni poteri che lo liberarono sulla via della guerra e della persecuzione razziale, lo dimostra. Non dunque sufficiente il funzionamento delle istituzioni senza la conferma della derivazione del potere politico da Dio e della corrispondenza tra la dignit delluomo e la dignit di Dio che Pio XII aveva tratteggiato. Tanto pi oggi lassunto appare giustificato in quanto si avverte il bisogno di un saldo riferimento etico in un tempo storico in cui il linguaggio dei diritti umani sta subendo un abuso demagogico ed in cui la definizione di democrazia malata trova riconoscimento ufficiale negli atti di enti come lEURISPES. (78). Il vero nemico indicato da Giovanni Paolo II il possibile inquinamento della democrazia da parte del relativismo etico, una possibilit individuata in pi occasioni durante il lungo Pontificato e sottolineata anche nella Veritatis splendor del 1993. (79). In tal senso pare contrassegnata lopera di un Papato interpretato sul piano dellecumenismo e del pi grande sforzo di dialogo con il mondo che mai sia stato svolto. (80). Il possibile relativismo del termine democrazia, ormai insufficiente da solo a connotare di per s la garanzia di un corretto rapporto tra governanti e governati, costituisce un tema attuale di confronto. (81). Anche da parte laica si indicato alla democrazia la necessit di rinnovarsi tenendo conto della globalizzazione e del necessario sviluppo dei diritti umani che vi si collega. (82). La democrazia ha bisogno di forza per affrontare quel complesso insieme di problemi che la Chiesa riconduce alla conversione come soluzione dei grandi problemi della societ globalizzata, dal razzismo, al bisogno di fraternit uni-

(78)kCfr. F. DI BLASI, Democrazia, crisi dellautorit e legge naturale, in Pluralismo contro relativismo, a cura di R. Di Ceglie, Milano, Ares, 2004, pp. 191-212 e Un ritratto del Paese che fa discutere, La Civilt Cattolica, 5 marzo 2005, I, Quaderno 3713, pp. 496-505. (79)kCfr. R. DI CEGLIE, Il pluralismo ovvero uno e molti fra filosofia e rivelazione cristiana, in Pluralismo contro relativismo, cit., pp. 24-25. (80)kCfr. G. VEDOVATO, La diplomazia dei valori. Il ruolo internazionale della Santa Sede, Rivista di Studi Politici Internazionali, LXVIII (2001), 270, pp. 163-195. (81)kCfr. S. SILIANI, Democrazia nel mondo: (solo) una questione di elezioni?, Testimonianze, 48-49, 2005, pp. 8-9. (82)kCfr. E. BONINO, Ora globalizziamo la democrazia, Il Giornale, 25 aprile 2005.

656 versale, alla riconciliazione, alla crescita culturale e sociale di tutte le popolazioni.(83). Il relativismo anche loggetto dellopera dedicata allEuropa dal cardinale Ratzinger. (84), scritta prima della nomina al soglio pontificio con il nome di Benedetto XVI e costituisce anzi il riconoscimento di unimportante continuit di pensiero con il Papa appena scomparso. Per quanto indirizzato al riconoscimento delle radici cristiane dellEuropa, il fondamento etico che in quel dato si riconosce, costituisce un elemento di fondo. Le ragioni etiche costringono la politica a misurarsi con le sue contraddizioni fondamentali e ad affrontare le ragioni della conservazione e del cambiamento nei significati originari. Si tratta di un nucleo fondamentale del pensiero dellattuale Pontefice, espresso ancora alla vigilia dellelezione, quando lallora Cardinale confrontava il livello di potenza raggiunto dalluomo con le armi, con la biologia, e linadeguatezza di sviluppo della forza morale nel crescente bisogno di soluzione ai problemi della disuguaglianza, dellimpoverimento, delle malattie, della fame, dello scontro di culture. (85). Il richiamo di Benedetto XVI alla dialettica dei termini storicamente riferiti a Cristo, Conservator e Salvator, pone il lettore davanti alle grandi questioni del rapporto tra visione politica e prassi politica, attualizzando nel presente radicate antinomie. Da una parte la politica come ragione, intesa per come morale che chiarisce ci che serve alla giustizia e alla pace; dallaltra lo spirito di parte che produce miti falsificanti. In questo senso, la riflessione di Benedetto XVI, esposta con nitida chiarezza in una lettera al presidente del Senato italiano, Marcello Pera, in un recente libro a due mani, si soffermata specialmente sullEuropa, denunciando il rischio di una democrazia allontanatasi dai fondamenti cristiani.(86). Al laico che parlava di religione cristiana non confessionale, o di religione civile cristiana, come di una necessit per sanare il divario tra velocit delle conquiste scientifiche e lentezza di adeguamento degli standard morali.(87), il religioso rispondeva chiamando in causa Alexis de Tocqueville ed il suo giudizio sulla forza data dalle convinzioni religiose e morali di ispirazione cristiana alla democrazia, per dedurne il

(83)kCfr. LEglise face au racisme pour une socit plus fraternelle, Cit du Vatican, Conseil Pontifical Justice et paix, 2001. (84)kCfr. J. RATZINGER, Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 2004. (85)kCfr. J. RATZINGER, La mia vita, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2005, pp. 131-132. (86)kCfr. M. PERA - J. RATZINGER, Senza radici. Europa, Relativismo, Cristianesimo, Islam, Milano, Mondadori, 2004, (87)kIvi, pp. 93-95.

657 vero vulnus riguardante lEuropa attuale, in rotta di collisione con la propria storia e per questo a rischio di debolezza per la democrazia. (88). Se ci ben visibile nella vicenda della grandi ideologie cadute nel secolo XX, permea ancora la realt attuale attraverso i miti miticamente unilateralizzati del progresso, della scienza, della libert. Validi in s, sono termini che una inadeguata mitizzazione distorce, per cui occorre restituire spazio alla ragione morale mentre si affronta la crisi della ragione politica. Scaturisce da qui il lavoro della politica rettamente intesa, nella definizione dei termini giusti per la pace, la giustizia, la protezione della creazione, per valori come lopposizione al razzismo, la parit dei sessi, la libert di pensiero e fede, linviolabilit della vita umana, il senso del sacro. Ed questo un contributo importante al rilancio di una discussione sulla democrazia che torni a verificarne i contenuti, ed in cui il contributo della riflessione religiosa possa servire al franco rinnovamento delle istituzioni civili allombra di un Magistero verificato davanti alla storia:
Ci che la fede pu fare per una buona politica: essa non sostituisce la ragione, ma pu contribuire allevidenza dei valori essenziali. Attraverso la concretezza della vita nella fede conferisce ad essi una credibilit che poi illumina e risana anche la ragione. Nel secolo trascorso come in tutti i secoli proprio la testimonianza dei martiri ha posto dei limiti agli eccessi del potere ed ha cos contribuito in modo decisivo al risanamento della ragione.(89).

GIUSEPPE VEDOVATO

Abstracts
GIUSEPPE VEDOVATO, La Chiesa, il totalitarismo, la democrazia tra storia e presente.
En partant par un livre sur lEglise et le totalitarisme, que lauteur analyse minutieusement dans les diffrentes interventions et quil discute, larticle examine la perspective historique des relations entre lglise, ltat et la dmocratie. Donnant ainsi loccasion de faire un excursus dans les prmisses mdivales et celles suivant la Rforme pour identifier ensuite les tournants principaux chez llaboration vaticane aprs lUnit dItalie.

(88)kIvi, pp. 98-116. (89)kCfr. J. RATZINGER, Europa. I suoi fondamenti ecc. cit, p. 59.

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Particulirement intressante est la dialectique avec le fascisme et le totalitarisme, une relation complexe et difficile en particulier aprs la prise du pouvoir par Hitler. Les messages la radio de Pie XII, en particulier celui du Nol 1944, reprsentrent des tournants majeurs et misent en vidence une attention la dmocratie qui, tout en prservant la caractristique fondamentale de lorigine divine du pouvoir, orientait le Magistre vers les thmes de la dmocratie moderne et de la participation pleine des catholiques la vie politique. La vision prudente du phnomne de la dmocratie chez Pie XII, nattnuait pas la valeur de renouvellement du message, par la suite de plus en plus dvelopp par les successeurs. Avec la Pacem in terris de Jean XXIII et en particulier avec le Concile la considration du terme dmocratie incluait entirement la relation entre lglise et les laques en mouvement travers le dveloppement de nouveaux conditions conomiques et sociales. Paul VI reprenait le thme en le tendant de plus en plus la confrontation entre le peuples, ainsi la dmocratie restait le problme fondamentale pour la vie sociale et pour la promotion humaine. Tmoin direct de ces phases lAuteur se prsente ensuite sur les derniers Pontifes, Jean-Paul II, interprte dun grand tmoignage et dun grand engagement pour la dignit de la personne, et sur Benot XVI, dont les uvres, mme avant llection au Pontificat, avaient indiqu une grande attention au terme dmocratie, entre tradition catholique et attention pour lavenir. Starting from a book on the Catholic Church and totalitarianism, the article which examines the text in different interventions and argues about it examines the relations between the State, the Church and democracy in an historical perspective. In so doing it gives the possibility to make an excursus from medieval premises to those following the Reform and then arriving to the Vatican elaboration after the Italian Unification. The dialectics with fascism and totalitarianism is particularly significant, a complex relation which became difficult especially after the coming to power of Hitler. Pius XII radio-messages and especially the one of Christmas 1944, represented a epoch-making change and put into light the attention given to democracy that, without loosing the fundamental characteristic of the divine origin of power, projected the Magister towards the themes of modern democracy and entire participation of Catholics to political life. The prudent vision of the democracy phenomenon in Pius XII, did not attenuate the value of renovation of the message, further devoloped by successors. With Pacem in terris of John XXIII and in particular with the Council the consideration of the term democracy entirely included the relation between the Church and laics moving through the development of new economic and social conditions. Paul VI dealt with the theme enlarging it to the confrontation between populations so that democracy remained the fundamental problem for society sud human promotion. Being a direct witness of these phases the Author dwells upon the last Popes, John Paul II, actor of a big testimony and of a big engagement for the promotion of human dignity and Benedict XVI, whose works, even before his election to the Pontificate, indicated a big attention to the term democracy, between catholic tradition and attention for the future.

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