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Dallestinzione dei Dinosauri allevento di Tunguska: minacciati dallo Spazio?

Giuseppe Russo

Dallestinzione dei Dinosauri allevento di Tunguska: minacciati dallo Spazio?

ettili di dimensioni inconsuete brucano su praterie sterminate, inconsapevoli di sguardi affamati. Tra le fronde di una rada boscaglia, un predatore attende di sferrare lattacco, ma viene interrotto improvvisamente. Accecato da unattanagliante luminosit, assordato da un grave rombo; infine, viene inghiottito da una tempesta di calore. Ci che potrebbe sembrare la fine di un banale romanzo di fantascienza, invece il termine di una rivoluzionaria era geologica, quella del Mesozoico, era dei pi grandi dominatori della Terra. I giganti del Mesozoico, i Dinosauri, calpestarono per oltre 160 milioni di anni il nostro pianeta, donando al precedente stadio evolutivo della Vita, i loro cugini rettili, grandi successi e innovazioni biologiche. Ma per adesso mettiamo un punto al Passato e torniamo al Presente. La risposta nel suolo. Negli Appennini umbri, nei pressi di Gubbio, molte strade corrono in strette gole dalle ripide pareti rocciose. In alcune localit, semplicemente scendendo dallautomobile si possono osservare agevolmente degli strati di roccia calcarea obliqui e sovrapposti, la cui origine si perde nel tempo. Nel periodo fra 185 e 30 milioni di anni fa, il materiale che form queste rocce (per lo pi gusci di foraminiferi) si deposit su un profondo fondale, saldandosi con la crescente pressione degli strati sovrastanti. Poi, alcuni milioni di anni fa, nel corso della formazione degli Appennini, le rocce furono sollevate e piegate. Oggi, attraverso il loro studio, si pu risalire a quellantico ambiente marino. Giunti alla fascia di rocce appartenente agli sgoccioli del Cretaceo (ultimo periodo del Mesozoico), ovvero intorno ai 65 milioni di anni fa, si nota unanomalia, consistente nella totale estinzione di molte specie, e nella loro rapida sostituzione. Tale crisi ecologica non fu di

Figura 1. Louis Alvarez e suo figlio Walter presso il sito di Gola del Bottaccione (Gubbio, Italia) dove nel 1978 hanno rilevato quantit elevate di iridio in uno straterello argilloso coincidente col limite K-T.

dimensioni locali, ma si estese allintero pianeta, colpendo sia il regno animale sia quello vegetale, tanto nelle acque quanto sulla terraferma. Tuttavia, la catastrofe pi devastante tocc ai pi evoluti, i dinosauri. Solo piccoli rettili e mammiferi scamparono a tal sorte. Ma quale fu la causa di questo immane sconvolgimento biologico? Il mistero della catastrofe che segna temporalmente il confine tra il Cretaceo e il Paleogene (primo periodo del Terziario) affascina da molto tempo i ricercatori, suscitando diverse ipotesi. Negli ultimi decenni, ha preso piede unipotesi, per la prima volta supportata da precise evidenze sperimentali. Un gruppo di fisici e geologi di Berkeley (California), diretto da Louis Alvarez, analizz la composizione chimica del sottile strato di argilla che nelle gole vicino a Gubbio marca il confine denominato K-T (Cretaceo-Terziario) [F Figura 1]. Lestrema maggioranza degli elementi riscontrati risult coerente a quelli presenti negli strati di rocce confinanti: ma si present unanomalia, unabbondanza di iridio. Tale elemento, infatti, essendo quasi
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assente nella crosta terrestre fa supporre la sua presenza alla caduta di un grande meteorite, che insieme a tutti i corpi minori del Sistema Solare, rappresentato da significative percentuali di iridio. Inoltre, tale anomalia venne riscontrata anche in altre regioni sparse

Figura 2. Carta delle anomalie gravimetriche della penisola dello Yucatan. In bianco la linea di costa.

sul pianeta. Lestinzione di massa che avvenne circa 65 milioni di anni fa, pu, perci, essere collegata allipotesi di un impatto asteroidale. Tale evento ebbe conseguenze sconvolgenti, che condussero, infine, allo sterminio dellintera biosfera. Si suppone che lasteroide caduto debba aver avuto dimensioni dellordine di 10 km. Unincognita sarebbe, in realt, se lasteroide colp gli oceani o la terraferma. Nel primo caso, il corpo penetrerebbe profondamente nel fondale oceanico, vaporizzando e innalzando immense quantit dacqua. I vapori confluirebbero poi in piogge acide torrenziali, mentre si avrebbero onde anomale su tutte le acque. Nel caso di impatto con la terraferma, si avrebbero risultati altrettanto catastrofici. Lesplosione causata dallurto provocherebbe un cratere del diametro compreso fra i 100 e i 200 km, portando nella stratosfera una quantit di polveri pari a 20-100 volte la

massa del meteorite stesso; tali polveri, disperdendosi rapidamente in tutto il globo, oscurerebbero per diversi mesi la luce solare, ricadendo poi al suolo per formare lo strato di argilla ricco di iridio. Rimane ancora una prova da svelare: il cratere di impatto. Una potenziale risposta a questa domanda costituita dal Cratere di Chicxulub, sepolto nella penisola nord dello Yucatan, che sembra avere tutte le caratteristiche per annoverarsi tale. Rilevato da anni di attente ricerche geologiche e di misure gravimetriche, il cratere del Golfo del Messico si trova per met in mare e il suo diametro di 230 km [F Figura 2]. Let di 65 milioni di anni stata attribuita anche ad altri due crateri pi piccoli, ma di diametro non trascurabile: uno di 35 km nel Minnesota, laltro di 100 km nella Siberia settentrionale. Potrebbero essere stati formati insieme col primo (e forse con altri pi piccoli di cui si sono perdute le tracce) come sarebbe successo con i frammenti di una cometa mandata in frantumi dalle intense forze di marea a cui sarebbe stata sottoposta avvicinandosi al nostro pianeta. Proprio come la Shoemaker-Levy 9 caduta su Giove nel 1994, sottoforma di 21 frammenti, i cui crateri sono stati visibili dalla Terra per diversi mesi, prima di essere riassorbiti dallatmosfera di Giove. Moltissimi furono quegli impatti che causarono altre estinzioni, addirittura pi catastrofiche, come quella che precedette levento K-T e che avvenne tra la fine del Permiano (ultimo periodo del Paleozoico) e linizio del Triassico (primo periodo del Mesozoico). Altrettanti furono, ovviamente, anche gli impatti che seguirono allestinzione dei dinosauri, finch non arriviamo agli ultimi cento anni, a cui risale lEvento di Tunguska. Una luce dal cielo. Il 30 giugno 1908, nel bacino del fiume Tunguska, in Siberia, successe un fatto straordinario. In un momento il cielo divent una vampa accecante e subito, come quando una possente tromba daria si abbatte sulle cose, un vento impetuoso si avvent sui villaggi sperduti della regione, scoperchi i tetti delle baracche, divelse porte e finestre, stracci, sollev e fece volar via le tende dei nomadi. Il suolo
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trem e fu sentito un forte boato fino a 700 km da dove un abbagliante oggetto infuocato era stato visto attraversare il cielo con una grande scia di fumo. Barografi e sismografi situati a Jena e a Washington registrarono unonda di pressione e unonda sismica. Una strana luminosit del cielo notturno fu osservata per qualche tempo, nel mese di Luglio, sia nellEuropa nordoccidentale che in Asia. Sul momento, al fenomeno stesso non fu dato tanto peso. Solo dopo 17 anni, nel 1927, lAccademia delle scienze organizz una spedizione sul luogo. Lo spettacolo era apocalittico. Entro una zona di 30 km di raggio dal luogo in cui era accaduto il fenomeno, la taiga, la foresta siberiana di conifere, era stata distrutta [F Figura 3]: un cimitero di alberi; migliaia e migliaia di piante bruciate e abbattute secondo la direzione radiale con le radici rivolte verso il centro del fenomeno, dove era una palude. Entro unarea di 1000 km tutti gli animali erano stati uccisi dalle onde di pressione e di calore. Tutto faceva pensare ad una meteorite esplosa in aria, ma di questa nella palude non fu trovato alcun pezzo. Inoltre, lenergia sviluppata dalloggetto misterioso per distruggere la foresta e provocare londa sismica doveva essere stata compresa tra 3 e 30 miliardi di kilowattora. Con la velocit di impatto di 12 km/s si ottiene una massa compresa tra 100 000 e 1 milione di tonnellate. Una massa di questa grandezza cre il Meteor Crater (in Arizona) [F Figura 4]. Una meteorite cos, infatti, non vaporizza, non si disintegra n scompare nel nulla; arriva a terra e fa un cratere. Ma questo non era stato trovato. Allora furono avanzati dubbi sulla bont dellipotesi. Di conseguenza, nel 1930 fu proposta una diversa soluzione. Si era trattato del nucleo di una piccola cometa del diametro di 50-100 metri. Il nucleo di una cometa non un oggetto cos compatto come una meteorite rocciosa e avrebbe potuto disintegrarsi in aria. Molti anni dopo, nel 1961, nella zona dellevento furono trovati aghi di ferro meteoritico e sferule di composizione chimica simile a quella delle condriti carbonacee e di sicura origine extraterrestre data la percentuale di iridio.

Figura 3. Fotografia scattata nel 1927 dalla spedizione organizzata per la visita al luogo di impatto dellevento di Tunguska.

Figura 4. Immagine aerea del Meteor Crater in Arizona.

Seguirono altre spedizioni. In un convegno tenutosi nel 1996 a Bologna, si affrontarono le scuole americana e russa. Esse raggiunsero conclusioni differenti. Per il primo gruppo il corpo celeste che arriv sulla taiga fu un meteorite di tipo asteroidale, per il secondo un frammento di cometa. Il primo bas la sua convinzione sullanalisi dei campioni raccolti sul luogo, i quali indicano la presenza di elementi caratteristici dei meteoriti asteroidali. Il secondo tiene particolarmente conto, invece, degli effetti che levento ebbe sullambiente, sia a terra che nellatmosfera, e delle testimonianze raccolte sul luogo. Dalla traiettoria del frammento nellatmosfera (che arriv da sud-est) si pot risalire ad una possibile cometa madre, trovando una coincidenza con lorbita dello sciame delle Tauridi, associate alla cometa di Encke. Le perturbazioni potrebbero aver alterato la traiettoria del frammento in modo tale da farlo arrivare sulla Terra. Probabilmente una risposta sicura non ci sar mai e non sar
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certo lunico fenomeno a restare privo di esauriente spiegazione. Qualche cosa caduta sulla taiga siberiana, sono stati distrutti molti alberi e sono morte tante renne, ma fortunatamente il proiettile di Tunguska non cadde su una regione altamente popolata. Ma questo fu solo un caso. Bisogna aver paura di questi corpi minori? Ora, la Terra ben protetta dallatmosfera. Un asteroide finch ha un diametro inferiore a una decina di metri non arriva quasi mai al suolo. Svanisce in aria con una grande scia di luce. Gli asteroidi metallici hanno maggiore possibilit di superare la barriera atmosferica. Ma se loggetto ha diametro maggiore di 100 metri, di qualunque tipo sia arriva a terra certamente. Di corpi cos ve ne sono pi di 100 mila. Ma anche gli asteroidi di dimensioni ragguardevoli, 5001000 metri di diametro, non sono pochi. Sono circa 3000 e lintervallo medio di caduta si aggira attorno ai 200 mila anni. Durante lesistenza della Terra ne sono arrivati almeno 15 mila: il pericolo consistente. Infine, vi sono gli asteroidi come quello legato allevento K-T: sono una decina. Fanno molta paura anche se la probabilit dellarrivo di un oggetto di queste dimensioni minima. Il rischio c, reale, e la probabilit che ci avvenga certezza sui tempi lunghi. Tali corpi pericolosi sono denominati Near Earth Objects (NEOs) [F Figura 5]. Ma si potrebbe fare qualcosa per monitorare questi Oggetti Vicini alla Terra? I primi movimenti cominciano negli anni Settanta, allosservatorio di Monte Palomar, dove si scandaglia il cielo con delle semplici pose fotografiche di mezzora alla ricerca di qualche strisciata inconsueta. Nel 1981 anche alcuni ricercatori dellUniversit dellArizona si interessarono del problema. Poich stimarono necessari pi di centanni per scovare e seguire col solito metodo tutti gli asteroidi di diametro maggiore di 1 km, introdussero lutilizzo di rivelatori elettronici e calcolatori veloci. Nacque cos, a Tucson, il programma Spacewatch dedicato allo studio e asteroidi. Nel 1990 la NASA fu incaricata dal

Figura 5. Lasteroide 433 Eros, del diametro di circa 40 km, un potenziale pericolo per la Terra, oltre a dimostrarsi un tipico esempio di NEO.

Congresso americano di studiare il problema in entrambe le prospettive: puramente scientifica e di difesa. Nel 1992 furono presentati i rapporti dei due gruppi di lavoro. Nel 1993 il Congresso riesamin largomento e nel 1994 prese le sue decisioni. A Eugene Shoemaker fu data la responsabilit di un gruppo di lavoro per la realizzazione di un sistema di sorveglianza capace di scoprire e catalogare, entro dieci anni, tutti i NEOs pericolosi. Purtroppo occorrerebbero almeno trentanni per scoprire e seguire i soli NEOs pi grandi di un 1 km avendo a disposizione la rete di osservazione stabile e distribuita su tutta la Terra prevista dal rapporto presentato dalla NASA al Congresso e chiamato Spaceguard Survey. Tale sistema prevede una collaborazione internazionale e nei primi anni la si cominci con linstallazione di una decina di telescopi di 2-3 metri di diametro. Inoltre si potrebbe utilizzare la ricerca spaziale per rivelare lesistenza di corpi troppo piccoli o oscuri. Stabilita la rete internazionale di guardia del cielo, che cosa si potrebbe fare per impedire uno scontro della Terra con un NEO? In primo luogo sarebbe necessaria una perfetta conoscenza del nemico, conoscerne le mosse, sapere per tempo dove e quando colpirebbe. Una volta in possesso di queste informazioni, si potrebbe
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cambiare la traiettoria di un asteroide delle dimensioni di una montagna. Per fargli proseguire la corsa da tuttaltra parte, in molti casi sarebbero sufficienti piccoli ritocchi alla velocit delloggetto e solo nei casi pi incombenti di scoperta del pericolo troppo vicina allevento catastrofico, si impiegherebbero ordigni nucleari. Altri rischi e pericoli scaturiscono, per, da tale scelta, e bene devono essere valutati. Se il materiale dellasteroide fosse friabile, unesplosione potrebbe mandarlo in frantumi e questi raggiungerebbero ugualmente la Terra con conseguenze anche peggiori. Inoltre, bisognerebbe colpire loggetto entro determinate coordinate, evitando cos la possibilit di invertire semplicemente la sua rotazione. Per fare questo si deve conoscere il

suo baricentro, oltre a traiettoria, forma, massa e composizione. Ci implicherebbe lo studio ravvicinato di questi oggetti attraverso sonde spaziali. E che la Vita sia venuta proprio dalle comete? Daltronde su di esse troviamo acqua, carbonio e semplici complessi molecolari organici. Nessuno potrebbe dare per certa tal ipotesi, quanto nessuno potrebbe definirla utopica. Chi lo sa? Magari, cos come labbiamo conquistata, lasceremo la Terra proprio con loro, tornando alla nostra prima ed effettiva dimora. Giuseppe Russo

Nella figura sottostante, si ammiri la cometa McNaught (2010) lungo il profilo delle montagne; sullo sfondo la Via Lattea del cielo australe, accompagnata, sulla destra, dalle due nano galassie satellite: le Nubi di Magellano.

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