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2. LETTERATURA
La letteratura, nella nostra ricerca, assume una valida forma ausiliaria in quanto
l’elaborazione teorica e la ricerca empirica procedono di pari passo.
Come riferimenti bibliografici ci siamo avvalsi principalmente dei brani seguenti:
a) “ERP systems and the university as a unique Organisation” di Neil Pollock e James
Cornford (pp. 31-52);
b) “Software and Organizations: The Biography of the Enterprise-Wide System Or
How SAP Conquered the World” di Neil Pollock and Robin Williams (pp. 74-82).
Secondo Pollock e Cornford, i sistemi informativi ERP sono utilizzati dalle imprese di tutto
il mondo e, recentemente, anche le università si sono avvicinate a questo sistema per la
gestione e amministrazione (gli autori si riferiscono nel loro articolo ad una ricerca svolta
su università britanniche e sono state confrontate con altri tipi di organizzazioni per
scoprire eventuali similitudini o differenze; questa ricerca si è basata sull'osservazione
partecipante ed è durata 3 anni).
Le università rientrano tra le più antiche istituzioni del mondo e nonostante nel corso dei
secoli si siano modernizzate, mantengono ancora molte affinità con gli arbori.
Si è cercato di vedere l'istituzione università come “qualcosa di diverso”, cioè come
un’organizzazione unica nel suo genere all'interno del mondo moderno.
Balderston (1995), per esempio, descrive come, storicamente, le università siano cresciute
come istituzioni “distintive” rispetto alle altre organizzazioni sebbene abbiano con queste
notevoli somiglianze (problemi di coordinamento e con le risorse, controllo dei costi,
rapporti tra il personale, ecc. – Loockwood).
Dal momento in cui anche le università incontrano gli stessi problemi tipici di ogni
organizzazione, si può azzardare l'idea che anche esse possano adottare più o meno
comodamente sistemi ERP.
L'acquisizione all'interno delle università, e non solo, dei sistemi informativi aziendali è
cosa ormai comune. Le imprese e le organizzazioni si stanno adattando per conformare
questi pacchetti ai loro specifici contesti.
I generici software “preconfezionati”, come gli ERP, possono portare ad una notevole
riduzione dei costi nonché, a trovare le migliori soluzioni definite come “best practices”
cioè “pratiche migliori”.
Ci si affida ad un sistema ERP in primo luogo per cercare di coordinare l'intera gamma
delle funzioni organizzative e, in secondo luogo, perchè i sistemi ERP sono costruiti
tenendo in considerazione gli “utenti generici”.
I fornitori cercano di riconoscere e accogliere la varietà organizzativa attraverso la
continua aggiunta di nuovi moduli anche per specifici settori. Se, tuttavia, ci dovessero
essere incompatibilità tra sistema e organizzazione, il fornitore procede con una
“personalizzazione”, visti anche i design modulari e flessibili. Dalla ricerca di Pollock
emerge che nonostante le varie personalizzazioni, l'attenzione va in realtà a cadere sulle
caratteristiche incorporate all'interno di un determinato sistema, che è appunto quello che
gli autori chiamano “power of default” cioè “potere predefinito”.
Questi progetti di progettazione e applicazione coinvolgono un vasto numero di soggetti,
tra cui:
• l'università e l'amministrazione centrale
• il fornitore del software stesso (SAP)
• società di consulenze
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Si giunse così ad una standardizzazione di pratiche di lavoro e ruoli che coinvolgono tutta
l'università.
Con l’introduzione del sistema ERP nelle università inglesi ci si rese subito conto che ciò
implicava dei forti cambiamenti. Più specificatamente si notò come il personale della
università cercò di assimilare il nuovo sistema: ci furono persone che lo accettarono senza
particolari difficoltà ed altre invece che non lo introdussero con piacere nelle proprie
pratiche lavorative di ogni giorno, vedendolo come un sistema laborioso ed inadeguato.
L’introduzione dell’ERP comportò anche l’inserimento nelle università di molte persone di
appoggio e di consulenza del sistema, modificando così la struttura del personale
universitario.
Importante, in questi casi, è il ruolo di mediazione intrapreso dal personale
amministrativo che lavora all’interfaccia tra il vecchio ed il nuovo modo di lavorare
nell’università in modo da limitare i conflitti.
Molto spesso, però, le università sono costrette a convivere con gli “errori” e le versioni
base dei pacchetti sia per mancanza di fondi, sia per l’incapacità di gestire politiche
gestionali sul medio-lungo periodo.
Affinchè gli studenti e il personale diventino da oggetti passivi dell’amministrazione a
“utenti attivi”, occorrebbe che ogni attore potesse esprimersi e far capire quali sono le sue
reali esigenze e obiettivi anche se quest’operazione risulta essere di difficile attuazione.
Secondo gli studiosi Kumar (2003) Alves e Finkelstein (2002) l’introduzione del sistema
SAP è complessa e di difficile applicazione, Cunningham e altri menzionano il potenziale
dell’ERP per la riformazione degli aspetti organizzativi, ma non presentano la prova
empirica per illustrare o convalidare tali pretese. Heiskanen ed altri (2000), al contrario,
hanno intrapreso studi dettagliati sull'uso dei pacchetti di programmi ma concludono che
tali sistemi tipici dello standard industriale sono inadeguati poiché le università e le
organizzazioni sono uniche, specialmente in termini dei loro processi decisionali:
L’università tradizionale intesa come istituzione, spesso sembra essere presente solo
virtualmente.
Ciò che ci si prefigge di governare, gestire e amministrare è chiaramente là nei
dipartimenti, nei laboratori e nei centri di ricerca ma è anche nelle persone che formano
l’organizzazione università. La soluzione di come definire l'università non è pertanto quello
di tentare una definizione generale accettabile per tutti, ma piuttosto di accettare i
complessi e molteplici significati del termine.
Con la teoria dell’actor-network divengono importanti le reti sociali e relazioni che ogni
attore è in grado di tessere nell’organizzazione e il successivo scambio di risorse e
informazioni.
Possiamo anche aggiungere il concetto di "biografia"-“storia accumulata”, ovvero
analizzare un’organizzazione in base agli artefatti prodotti nel tempo, anche con
riferimento alle modifiche tecnologiche e informatiche che ci dimostrano le scelte adottate
dall’università (ad esempio l’utilizzo di un nuovo sistema informativo aziendale, una
personalizzazione di un determinato modulo, una socializzazione differente con la
tecnologia che muta, ecc…).
Riprendiamo anche il concetto di attante, ovvero della sinergia tra esseri viventi e non
viventi (robot, macchine); l’approccio dell’“actor network” ha suggerito che non solo gli
esseri umani ma anche le “cose” possono impegnarsi al lavoro richiesto della traduzione
dell’interesse necessario a costruire e mantenere una determinata realtà organizzativa
(Callon, 1986).
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In base al concetto di biografia di Appadurai (1992) e Kopytoff's (1992) si cerca di
evidenziare la "storia accumulata" di un sistema ERP e come questo continua a influenzare
le strutture e le pratiche dei seguenti adottatori.
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3. TEORIA
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4. METODOLOGIA
Per quanto concerne la metodologia, nel nostro lavoro, ci siamo avvalsi di tecniche
qualitative quali l’intervista semi-strutturata, l’analisi dei documenti e l’osservazione
partecipante ossia non una semplice osservazione ma con un coinvolgimento diretto del
ricercatore con l’oggetto studiato (“il ricercatore osserva la vita e partecipa alla vita dei
soggetti studiati”). Come Pollock e Cornford, anche noi faremo una sorta di analisi
etnografica e adotteremo un approccio naturalistico; proprio attraverso l’osservazione
partecipante (Malinowski, 1922, Argonauti del Pacifico Occidentale) cercheremo di
studiare il gruppo che lavora nell’ufficio risorse umane dell’Ateneo di Trento senza
interferenze e manipolazioni, nel corso del suo naturale svolgersi.
Attraverso questa metodologia di ricerca vogliamo comprendere la “vita organizzativa”
dell’ufficio risorse umane vedendola il più possibile con gli occhi di chi ci lavora sulla base
di familiarità, di immersione e distacco. Cercheremo di assumere un’immedesimazione
empatica e creeremo un’interazione con i soggetti studiati stando però attenti a rimanere
neutrali al fine di non inquinare con “gli occhiali dei soggetti di ricerca” la realtà che stiamo
analizzando.
Dobbiamo quindi astenerci dal pregiudizio ed evitare che i nostri riferimenti valoriali, le
nostre idee preconcette diventino l’unico metro di analisi. Infine, come fece M.S. Jankowki
nel suo brillante esempio di osservazione empirica: “Islands in the Street” (1991),
cercheremo di dare un ruolo attivo al soggetto studiato per farlo sentire più partecipe,
quindi più collaborativo nella ricerca. Con l’osservazione partecipante “scenderemo sul
campo”, ossia entreremo nell’ufficio delle risorse umane dell’ateneo, “vivremo” come e con
i “dipendenti” di questo ufficio, ne condivideremo la quotidianità, li interrogheremo
cercando di scoprire le loro motivazioni al fine di sviluppare quella che viene definita “una
visione dal di dentro” che è il presupposto basilare per la comprensione.
La raccolta dei dati, come è di norma nel caso dell’osservazione partecipante, avverrà
mediante la registrazione di appunti su un taccuino nel corso dell’osservazione alla quale
aggiungeremo sintesi e riflessioni che ci verranno “in mente” durante il lavoro.
Se ci sarà permesso utilizzeremo anche la videocamera per registrare le conversazioni che
avvengono tra i “dipendenti” dell’ufficio. Inoltre, non dobbiamo mai dimenticare che
l’osservazione non riguarda solo fatti ed eventi visibili ma anche “guardare oltre”.
Secondo noi la tecnica dell’osservazione partecipante è molto importante perché come
affermava Lindeman (1924): “se volete sapere cosa una persona fa realmente, statela ad
osservare, non fatele [solo] domande”.
Altra tecnica che utilizzeremo sarà quella dell’intervista semi-strutturata, ossia una
conversazione informale flessibile e allo stesso tempo pianificata tra gli intervistatori e gli
intervistati (dipendenti dell’ufficio scelti in base ai loro ruoli di key-user e/o responsabili e
che siano in ogni caso in grado di fornirci risposte attendibili - user testing). In sintesi,
possiamo dire che l’intervista semi-strutturata permette di raccogliere dati precisi e
approfonditi rispetto ad un elenco predefinito di argomenti, permette di adeguare le
domande ai singoli intervistati e di cambiare la loro formulazione nel caso in cui non
vengano correttamente comprese da esso.
Dove sarà possibile registreremo le interviste, in modo tale che potremmo concentrarci
meglio sull’interazione con l’intervistato senza, ad esempio, dover abbassare gli occhi per
prendere appunti. Registrate l’interviste, le sbobineremo immediatamente per non
incorrere nella difficoltà di ricostruzioni dovute al passare del tempo e per non avere la
necessità di chiedere ulteriori spiegazioni.
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