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I Il tentativo di autocritica

Il corso di questanno dedicato alla filosofia di Nietzsche nel periodo che va, allincirca, dal 1870 (quando tiene a Basilea le due conferenze sul dramma musicale greco e su Socrate e la tragedia, e scrive il saggio sulla visione dionisiaca del mondo) al 1876 (quando esce la quarta considerazione inattuale su Richard Wagner a Bayreuth). Si tratta, dunque, di un periodo giovanile della produzione di Nietzsche, il quale, nato nel 1844 (a Rcken, una cittadina della Sassonia), aveva allora tra i 26 e i 32 anni di et. Dopo gli studi di filologia classica a Lipsia, tra il 1865 e il 1868 (il periodo in cui legge Schopenhauer, dal 1865, e conosce Wagner, nel 1868), solo nel 1869 ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca presso lUniversit di Basilea (cesser dallinsegnamento nel 1879 per il peggiorare delle condizioni di salute). Si tratta, dunque, di un periodo giovanile, piuttosto limitato, nel quale non compaiono ancora le grandi categorie della filosofia pi matura di Nietzsche: la trasvalutazione dei valori, la volont di potenza, leterno ritorno. Tuttavia si tratta di una fase fondamentale, anche per comprendere tutto quello che verr dopo. Al centro di questi primi lavori vi un libro, Die Geburt der Tragdie, La nascita della tragedia: uno dei libri pi complessi, articolati, ricchi, e anche tra i pi difficili, che Nietzsche abbia mai scritto. Vorrei iniziare queste conversazioni cercando di chiarire quale posto, negli anni della maturit, Nietzsche ritenne di assegnare alla sua produzione di questo periodo. In effetti, negli anni della maturit (quelli successivi allo Zarathustra), Nietzsche torn pi volte sulla Nascita della tragedia, con una insistenza e con unintensit autobiografiche del tutto peculiari. Nel Tentativo di autocritica, scritto quattordici anni dopo per la nuova edizione dellopera (nel 1886, dopo la stesura della quarta parte dello Zarathustra, lo stesso anno della pubblicazione di Al di l del bene e del male), Nietzsche definisce La nascita della tragedia un libro problematico (NT, p. 3), o addirittura impossibile, spiacevole, estraneo:
scritto male, pesante, tormentoso, pieno di immagini smaniose e confuse, sentimentale, qua e l sdolcinato sino al femmineo, disuguale nel ritmo, senza volont di pulizia logica, molto convinto e perci dispensato dal dimostrare, diffidente verso la stessa convenienza del dimostrare, come libro per iniziati (NT, p. 6).

Nonostante il tono di palinodia che pervade lo scritto, Nietzsche chiarisce con precisione quelli che ora gli appaiono i meriti e i demeriti del libro. Il merito consiste nella determinazione dello spirito dionisiaco, che implica una conseguenza non ancora tratta nel 1872, ossia la tendenza antimorale (ivi, p. 10), lidea che la morale (a partire dalla morale cristiana) sia inganno e menzogna, ostilit alla vita. Se il dionisiaco indica una pienezza di vita, e se, daltronde, la morale volont di negazione della vita (ivi, p. 11), allora vi era gi, nella prima scoperta del dionisiaco, unistanza antimorale, che solo in seguito sarebbe emersa. Scrive Nietzsche:

L'odio contro il mondo, la maledizione delle passioni, la paura della bellezza e della sensualit, un al di l inventato per meglio calunniare l'al di qua, in fondo un'aspirazione al nulla, alla fine, al riposo, fino al sabato dei sabati - tutto ci, come pure l'assoluta volont del cristianesimo di far valere soltanto valori morali, mi parve sempre la forma pi pericolosa e sinistra di tutte le forme possibili di una volont di morte, o almeno un segno di profondissima malattia, stanchezza, di malessere, esaurimento, impoverimento di vita; giacch di fronte alla morale (soprattutto cristiana, cio alla morale assoluta) la vita deve avere costantemente e inevitabilmente torto, dato che la vita qualcosa di essenzialmente immorale e la vita deve infine, schiacciata sotto il peso del disprezzo e dell'eterno no, essere sentita come indegna di essere desiderata, come priva di valore in s. La morale stessa, ebbene, la morale non sarebbe una volont di negazione della vita, un segreto istinto di distruzione, un principio di decadenza, di discredito, di calunnia, un inizio della fine? E, conseguentemente, il pericolo dei pericoli? Contro la morale si volse dunque allora, con questo libro problematico, il mio istinto, come un istinto che parla in favore della vita, e invent una sistematica controdottrina e controvalutazione della vita, una valutazione puramente artistica, una valutazione anticristiana. Come chiamarla? Da filologo e da uomo delle parole la battezzai, non senza una certa libert giacch chi saprebbe l'esatto nome dell'Anticristo? con il nome di un dio greco: la chiamai la valutazione dionisiaca (ivi, pp. 10-11).

Al fondo della Nascita della tragedia, era dunque gi depositata lidea di un contrasto fondamentale tra affermazione e negazione della vita, e quindi tra valore della vita e istanza morale. Il difetto del libro individuato con altrettanta precisione. Questo difetto riceve due nomi propri: Schopenhauer e Wagner. Nietzsche vuole dire che, con la scoperta del dionisiaco, aveva visto una cosa nuova, il principio stesso della sua filosofia; ma che, clto quel principio, lo aveva poi espresso in un linguaggio inadeguato, quel linguaggio che gli proveniva dalla frequentazione dei testi di Schopenhauer e delle opere musicali (e non solo musicali) di Wagner. Quanto al primo aspetto, enuncia subito il punto fondamentale di dissidio con Schopenhauer: mentre per il filosofo del Mondo come volont e rappresentazione la filosofia concludeva alla rassegnazione, cio alla volont di negazione della vita, per lui essa giungeva, attraverso limmagine di Dioniso, allaffermazione della vita, superando di fatto, per la via del tragico, il nichilismo. Scrive Nietzsche:
Quanto mi rammarico oggi del fatto che allora non avessi ancora il coraggio (o l'immodestia?) di permettermi in ogni rispetto, per vedute e ardimenti cos personali, anche un linguaggio proprio, che cercassi faticosamente di esprimere con formule schopenhaueriane e kantiane valutazioni estranee e nuove, le quali contrastavano radicalmente con lo spirito di Kant e di Schopenhauer sulla tragedia, e altrettanto con il loro gusto. Come pensava infatti Schopenhauer sulla tragedia? Ci che d alla visione tragica il particolare slancio di elevazione egli dice, Mondo come volont e rappresentazione II, p. 495 il farsi strada della conoscenza che il mondo, la vita non possono dare nessuna vera soddisfazione, e che per conseguenza non meritano il nostro attaccamento: in questo consiste lo spirito tragico esso conduce dunque alla rassegnazione. Oh, quanto diversamente parlava Dioniso a me! Oh, quanto lontano mi era allora proprio tutto questo rassegnazionismo! (ivi, pp. 11-12)

Il secondo aspetto riguarda, come si diceva, Wagner. Come vedremo in seguito, il contrasto con Wagner toccher il modo stesso di concepire la musica, ma qui Nietzsche insiste sul fatto che Wagner gli aveva dato lillusione che lo spirito tedesco, o addirittura la natura tedesca, avesse il pregio di ricondurre lumanit alla cultura tragica dei greci. Negli scritti

successivi, come vedremo, Nietzsche diventer un inflessibile castigatore dello spirito tedesco. Ora scrive:
Ma c' nel libro qualcosa di peggio, di cui mi rammarico oggi ancor pi che di aver oscurato e guastato con formule schopenhaueriane intuizioni dionisiache: il fatto cio di essermi guastato in genere, col mescolarvi le cose pi moderne, il grandioso problema greco che mi si era rivelato! Di aver riposto speranze l dove non c'era nulla da sperare, dove tutto indicava troppo chiaramente una fine! Di aver cominciato, in base allultima musica tedesca, a favoleggiare della natura tedesca, come se essa fosse proprio sul punto di scoprire e di ritrovare se stessa - e questo in un tempo in cui lo spirito tedesco, che non molto tempo prima aveva avuto ancora la volont di dominare l'Europa, la forza di guidare l'Europa, abdicava appunto per ultima volont e definitivamente e, sotto il pomposo pretesto della fondazione di un impero, si rivolgeva alla mediocrit, alla democrazia e alle idee moderne! In realt imparai frattanto a pensare senza speranze e spietatamente di questa natura tedesca, e ugualmente della musica tedesca odierna, che in tutto e per tutto romantica e la meno greca di tutte le forme d'arte possibili; e inoltre una corruttrice di nervi di prim'ordine - doppiamente pericolosa in un popolo che ama il bere e onora l'oscurit come virt - vale a dire nella sua doppia qualit di narcotico inebriante e insieme annebbiante. - Prescindendo comunque da tutte le speranze precipitose e le applicazioni erronee a quanto pi attuale, con cui guastai allora il mio primo libro, il grande interrogativo dionisiaco, come in esso posto, continua sempre a sussistere anche riguardo alla musica: come dovrebbe, essere fatta una musica che non fosse pi di origine romantica, come la tedesca, - bens dionisiaca? (ivi, pp. 12-13)

Nel 1888, Nietzsche torna per almeno due volte sul significato del suo libro giovanile. La prima volta in uno scritto, Quel che devo agli antichi, che si legge nel Crepuscolo degli idoli. La seconda volta in quella singolare autobiografia che sintitola Ecce homo. un Nietzsche autocritico, a volte spietato, quello che torna a leggere le sue prime prove filosofiche; ma anche un Nietzsche che sente, verso quel primo libro, un forte debito, quasi una tenera gratitudine: la Nascita della tragedia conclude in Quel che devo agli antichi stata la mia prima trasvalutazione di tutti i valori:
Il dire s alla vita persino nei suoi problemi pi oscuri e pi gravi, la volont di vivere che, nel sacrificio dei suoi tipi pi elevati, si allieta della propria inesauribilit - questo io chiamai dionisiaco, questo io divinai come il ponte verso la psicologia del poeta tragico. Non per affrancarsi dal terrore e dalla compassione, non per purificarsi da una pericolosa passione mediante un veemente scaricarsi della medesima - come pensava Aristotele-: bens per essere noi stessi, al di l del terrore e della compassione, leterno piacere del divenire - quel piacere che comprende in s anche il piacere dell' annientamento. E cos io torno a toccare il punto da cui una volta presi le mosse la Nascita della tragedia stata la mia prima trasvalutazione di tutti i valori: cos io torno a collocarmi ancora una volta sul terreno da ccui cresce il mio volere, il mio potere io, lultimo discepolo del filosofo Dioniso io, il maestro delleterno ritorno (CI, pp. 137-138)

In Ecce homo, Nietzsche aggiunge qualcosa alla sua valutazione retrospettiva della Nascita della tragedia. Si tratta spiega di essere giusti con quella vecchia opera, anche al prezzo di dimenticare alcune cose (EH, p. 67). Ancora una volta, limportanza del libro riconosciuta nella scoperta del dionisiaco (avevo capito per primo il meraviglioso fenomeno del dionisiaco: ivi, p. 69), che portava in s, implicito, il superamento del nichilismo, della dcadence, del cristianesimo e, in generale, della morale: nel dionisiaco spiega era gi iscritto il senso della volont di potenza, del dire s senza riserve alla vita:

Ero il primo a vedere il vero contrasto: - da una parte l'istinto degenerante, che si rivolta contro la vita con rancore sotterraneo (- il cristianesimo, la filosofia di Schopenhauer, in un certo senso gi la filosofia di Platone, tutto l'idealismo ne sono forme tipiche -), e dallaltra una formula della affermazione suprema, nata dalla pienezza, dalla sovrabbondanza, un dire s senza riserve, al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ci che l'esistenza ha di problematico e di ignoto ... Quest'ultimo, gioiosissimo, straripante-arrogantissimo s alla vita non solo la visione suprema, ma anche la pi profonda, confermata e sostenuta col massimo rigore dalla verit e dalla scienza. Non c' nulla da togliere da ci che , nulla trascurabile - gli aspetti dellesistenza rifiutati dai cristiani e altri nichilisti appartengono addirittura a un ordine infinitamente superiore, nella gerarchia dei valori, a tutto ci che l'istinto della dcadence approva, cio prende per buono.(EH, p. 69)

per questo che Nietzsche si definisce il primo filosofo tragico (ivi, p. 70). Si presti attenzione al significato di questa espressione. Nietzsche non vuole dire di considerarsi il primo filosofo tragico in generale, perch sa bene che almeno Schopenhauer lo aveva preceduto in ci, ma vuole dire di considerarsi il primo filosofo tragico nel senso autentico, cio colui che ha separato lo spirito tragico dal nichilismo, e ha fatto del tragico la via daccesso non al nulla e alla rassegnazione, ma, al contrario, alla pienezza della vita. Questo , come si sa, lorizzonte della volont di potenza:
In questo senso io ho il diritto di considerarmi il primo filosofo tragico - e cio l'estrema antitesi e lantipodo di un filosofo pessimista. Prima di me non esisteva questa trasposizione dellelemento dionisiaco in pathos filosofico: mancava la saggezza tragica - ne ho cercato invano un qualche segno perfino nei grandi Greci della filosofia, quelli dei due secoli prima di Socrate. (ivi, pp. 70-71)

Tali dunque, assai in breve, i termini della successiva autocritica. Come si vede, al centro di questa autocritica vi il rapporto, che si annuncia subito cruciale e difficile, con la filosofia di Schopenhauer. Un rapporto che non si scioglie con la lettura della terza inattuale, ma che deve essere indagato nelle pieghe della Nascita della tragedia.

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