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GUSTAVO OLIVIERI INIZIATIVA ECONOMICA E MERCATO NEL PENSIERO DI GIORGIO OPPO

SOMMARIO: 1. Concorrenza e autonomia privata come chiave di lettura per esaminare in una prospettiva diacronica levoluzione dei rapporti tra impresa e mercato 2. Iniziativa economica e mercato nello Stato liberale 3. Il fondamento costituzionale del diritto antitrust 4. Utilit sociale e bilanciamento dinteressi nellapplicazione della disciplina antitrust 5. I rapporti tra AGCM e Giudice Ordinario 6. Regole di concorrenza e contratti 7. Verso un nuovo statuto concorrenziale del mercato 8. Modernizzazione e applicazione del diritto antitrust comunitario 9. Private enforcement e risarcimento del danno antitrust - 10. Conseguenze dellillecito antitrust sui contratti a valle conclusi con i consumatori 11. Illecito antitrust e illecito contrattuale: il ruolo delle clausole generali di correttezza e buona fede 12. Conclusioni -

1. Impresa e mercato tema adatto pi ad un intero convegno che ad una singola relazione. Cos esordiva Giorgio Oppo nella sua relazione sui rapporti tra Impresa e mercato al Convegno di Catania in memoria di Giuseppe Auletta1 esprimendo una considerazione che appare valida anche oggi, ed a pi forte ragione, se riferita ad un universo ancor pi vasto ed eterogeneo di problemi come quello evocato dal binomio concettuale nel quale si compendia il titolo della mia relazione, dedicata ai rapporti tra Iniziativa economica e mercato. In una nozione volutamente ampia diniziativa economica quale indubbiamente quella accolta nella nostra Costituzione rientrano, infatti, non solo le realt qualificabili come imprese nellaccezione accolta dal legislatore nazionale (diversa essendo, come noto, la nozione accolta in sede comunitaria), ma anche tutte quelle iniziative che producono risultati oggettivamente economici e che non sono qualificabili come imprese o per volont di legge o per difetto di alcuno
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Pubblicata con lo stesso titolo in Riv. dir. civ. 2001, I, 421 ss.

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dei caratteri che si riassumono nel metodo economico 2, come ad esempio le professioni intellettuali e le varie forme di economia sociale (ONLUS, organizzazioni di volontariato, ecc.). Dal canto suo il mercato, secondo Oppo, non solo un luogo fisico dove lhomo oeconomicus naturalmente sincontra con altri per scambiare beni o servizi, ma anche luogo di produzione e di lavoro nel quale sintesse la fitta rete di rapporti, interni ed esterni alle imprese, di cui si compone il tessuto sociale e fra i quali il mercato chiamato a mediare. Coerente con tale impostazione si profila, dunque, lattribuzione allo Stato di un insopprimibile ruolo attivo nel regolare il mercato e gli istituti che ne assicurano il buon funzionamento - tra i quali spicca, per rilevanza sistematica e impatto applicativo, il diritto della concorrenza in assonanza forse non casuale con i dettami del pensiero ordo-liberale della Scuola di Friburgo3 . Cos rispettivamente intesi, iniziativa economica e mercato costituiscono lAlfa e lOmega di una riflessione giuridica alla quale il Maestro che oggi siamo chiamati ad onorare ha dedicato buona parte della sua vita di studioso e che mal si presta, con tutta evidenza, ad essere riassunta in una relazione e forsanche in un intero convegno. Di conseguenza, mi parso inevitabile selezionare, allinterno di un campo tematico cos vasto e per certi versi eterogeneo - che va dal diritto della concorrenza e dei consumatori al diritto delle societ e dei mercati finanziari - un filo conduttore che consentisse, da un lato, di esaminare in una prospettiva diacronica levoluzione dei rapporti tra iniziativa economica e mercato nel nostro ordinamento; dallaltro, di apprezzare il contributo di idee, di soluzioni interpretative e di proposte ricostruttive fornito su questi temi da Giorgio Oppo.

OPPO, Principi, nel Trattato di diritto commerciale diretto da V. Buonocore, sez. I, t. 1, Torino, 2001, 42. 3 Secondo LIBERTINI, voce Concorrenza in corso di pubblicazione nell Enc.dir., che ho avuto modo di consultare in anteprima grazie alla cortesia dellAutore, nella visione ordoliberale lordine concorrenziale del mercato non appare pi come un ordine spontaneo, bens come un ordine costruito, di cui lo Stato deve garantire la sopravvivenza e il buon funzionamento. Il mercato da mero luogo deputato allo svolgimento dellattivit economica di scambio, diventato una istituzione, con finalit e mezzi propri (un locus artificialis). Pi di recente, in Italia, una visione per certi versi analoga del mercato come luogo artificiale stata espressa, in dottrina, da IRTI, Lordine giuridico del mercato, Laterza, Bari-Roma, 1998.
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Tra i diversi possibili spunti da utilizzare a tal fine, ho scelto di concentrare lattenzione sui rapporti tra regole di concorrenza (qui intesa come diritto antitrust) e autonomia privata nella convinzione che questo argomento anchesso indubbiamente vasto ma, spero, sufficientemente definito - consenta di apprezzare in vitro la dialettica tra interessi individuali e interessi collettivi alla quale il titolo della mia relazione indirettamente allude. Le ragioni del convincimento appena espresso sono molteplici e ritengo utile esplicitarle in apertura di discorso anche per chiarire senso, direzione e limiti della riflessione che mi accingo a svolgere. La prima ragione la fornisce lo stesso Oppo quando sottolinea a pi riprese, nei suoi scritti, la rilevanza centrale della normativa antitrust nel (e per il) diritto dellimpresa 4. Ed sempre Oppo, nella gi citata relazione al Convegno di Catania, ad indicare nel contratto e nei suoi rapporti con la (tutela della) concorrenza una delle pi promettenti chiavi di lettura per interpretare la dinamica dei rapporti tra impresa e mercato5. La seconda ragione che, agli inizi del nuovo millennio, il diritto antitrust (nazionale e comunitario) stato interessato da importanti riforme che appaiono destinate, in prospettiva, ad accentuare la sua naturale attitudine ad interferire con il diritto comune dei contratti. A ci si aggiunga che linfluenza del diritto antitrust sulla teoria del contratto si pone oggi al centro del dibattito dottrinale e dinteressanti arresti giurisprudenziali che aprono prospettive nuove, e per certi versi inedite, nellapplicazione di tali istituti. Di esse prover a dare conto, compatibilmente con il rispetto dintuibili esigenze di economia espositiva, nella seconda parte del mio intervento.

Cfr. in tal senso OPPO, Diritto dellimpresa e morale sociale, in Scritti Giuridici, vol. VI, 279, dove l A. colloca la nuova disciplina al vertice del diritto dellimpresa definendo di imponente rilievo giuridico lintroduzione nellordinamento italiano di regole antimonopolistiche; ID., Costituzione e diritto privato nella <tutela della concorrenza> , in Riv. dir. civ. 1993, II, 543; ID., Principi, loc. cit., 44. 5 OPPO, Impresa e mercato, loc. cit., 423, ove lA., richiamandosi al pensiero di Auletta e di M. Bianca, individua nel contratto il punto dincontro tra impresa e mercato. In senso analogo, pi di recente, ZOPPINI, Autonomia contrattuale, regolazione del mercato, diritto della concorrenza, in AA.VV., Contratto e antitrust, a cura di G. Olivieri e A. Zoppini, Bari, 2008, 3, il quale sottolinea il rapporto circolare che si determina, gi sul piano semantico e poi normativo, tra il contratto, liniziativa economica, il mercato, la concorrenza.
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Infine, credo non sia senza rilievo la circostanza che questanno la legge antitrust italiana (l. n. 287/1990) compie ventanni: un arco di tempo sufficientemente ampio per tracciare un bilancio dei risultati ottenuti grazie alla sua applicazione e del molto che, invece, rimane ancora da fare per dare ad essa compiuta attuazione6. Lelenco di motivazioni appena dette, ancorch di per s sufficiente, sarebbe tuttavia incompleto se non ne menzionassi anche unaltra, questa volta di carattere personale, che certamente ha svolto un ruolo non marginale nella scelta del taglio da dare a questa relazione. Di contratto e antitrust ho avuto infatti il privilegio di parlare a pi riprese con Oppo. Trattarne oggi in questa sede tradisce il desiderio, neppure tanto recondito, di continuare idealmente il dialogo a suo tempo interrotto con il Maestro. 2. Per svolgere il programma dindagine appena delineato possiamo prendere le mosse dalla constatazione, generalmente condivisa, che nel modello di Stato liberale affermatosi in Europa nei decenni a cavallo del XX secolo non vi era spazio per una normativa antimonopolistica a tutela della concorrenza. Per realizzare le finalit di quel modello istituzionale in campo economico, infatti, si riteneva sufficiente, da un lato, garantire il libero dispiegarsi delliniziativa economica individuale conseguente allabolizione delle corporazioni; dallaltro, attribuire forza di legge al contratto ed allaccordo delle parti che in esso sinvera. In tale contesto non vi era dunque ragione di regolare il funzionamento del mercato, inteso come luogo naturale dove domanda ed offerta sono destinate ad incontrarsi spontaneamente e a soddisfare i bisogni degli individui che in esso convergono7. Solo in una fase pi avanzata e matura della rivoluzione industriale, per mitigare i rigori di una concorrenza divenuta - o comunque avvertita dagli stessi imprenditori come - troppo aggressiva e
Un bilancio dei primi dieci anni della legge antitrust italiana esposto da LIBERTINI, Caratteristiche della normativa antitrust e sistema giuridico italiano. Un bilancio dei primi dieci anni di applicazione della Legge 287, in Riv. dir. comm. 2000, I, 491 ss. 7 ZOPPINI, Autonomia contrattuale, loc. cit, 8, osserva che Il sistema liberale predica, dunque, la coerenza necessaria tra il contratto, legittimamente concluso e le regole del mercato in cui liniziativa economica si svolge, il che postula e ideologicamente presuppone un assetto di mercato perfettamente concorrenziale
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spregiudicata, il legislatore interviene per vietare taluni comportamenti ritenuti non conformi ai principi della correttezza professionale attraverso la disciplina della concorrenza sleale. Cos, mentre negli Stati Uniti dAmerica si varava (nel 1890) lo Sherman Act - se non la prima, certo la pi importante legislazione antimonopolistica a tutela della concorrenza ; in Europa, nello stesso periodo, nasce e si afferma un istituto che annovera sin dallorigine tra le sue finalit (rivelatasi storicamente prevalente almeno nellesperienza giurisprudenziale) quella di tutelare gli imprenditori dalla concorrenza di altri imprenditori8. Non si tratta, tuttavia, di un esempio destinato a rimanere isolato. Allincontro, con il passaggio dallo Stato liberale al modello di Stato autarchico e dirigista, sia in Italia che in Europa aumenta progressivamente la tendenza a dettare regole volte a favorire, quando non addirittura ad imporre, limitazioni della concorrenza tra imprese funzionali al perseguimento dinteressi pubblici superiori. Cartelli e consorzi trovano dunque, in quel contesto, humus fertile ed esplicita legittimazione causale nelle norme del Codice civile del 1942 ad essi rispettivamente dedicate; un favore destinato a protrarsi ben oltre labolizione dellordinamento corporativo nel quale le stesse erano state originariamente inscritte. La situazione non muta nel dopoguerra con ladozione della Costituzione repubblicana n, quasi un decennio pi tardi, con ladesione dellItalia ai Trattati istitutivi delle Comunit Europee (Ceca, Cee ed Euratom). La nostra Carta fondamentale, come noto, non si discosta sul punto dai principi gi accolti nel Codice civile unificato, di cui ampiamente tributaria. Infatti, da un lato, essa si limita a ribadire, nel solco della tradizione liberale ottocentesca, che liniziativa economica libera (art. 41) sancendo un principio di libert nel quale - secondo
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Sul punto v. LIBERTINI, voce Concorrenza, cit., 76 ss., il quale, pur negando lesistenza e comunque lattualit di una dicotomia funzionale tra i due istituti, dei quali propone anzi una ricostruzione unitaria, rileva come la concorrenza sleale abbia anche storicamente preso la piega di una disciplina volta a limitare gli eccessi di aggressivit concorrenziale ed a risolvere conflitti interindividuali, con la finalit di garantire a ciascuno il godimento dei frutti del proprio lavoro. Mentre laltro versante della disciplina generale di concorrenza, quello rivolto a trattare cartelli e monopoli, appariva naturalmente connesso alla tutela di interessi generali delleconomia nazionale.

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lopinione prevalente - appare arduo rintracciare il fondamento e la legittimit costituzionale di una normativa antimonopolistica. Dallaltro, allart. 43, consente di costituire e mantenere monopoli legali per ragioni di pubblica utilit; una norma che, nei decenni successivi, sarebbe stata ampiamente utilizzata per legittimare la presenza dello Stato imprenditore nei pi diversi settori della vita economica in contrasto, talora stridente, con quanto disposto a livello comunitario dallart. 86 del Trattato CE. Il giudizio sopra riportato condiviso senza riserve anche da Oppo, l dove afferma che un principio antimonopolistico come sopra inteso non ricavabile dalla stessa libert di iniziativa economica aggiungendo, subito dopo, che lo stesso monopolio non condannato in assoluto neanche a livello costituzionale9. Discorso in parte diverso vale, evidentemente, per le disposizioni a tutela della concorrenza introdotte nel nostro ordinamento sul finire degli anni 50 per effetto delladesione dell Italia ai Trattati istitutivi delle Comunit Europee e, in particolare, per quelle originariamente contenute negli articoli 81 e 82 del Trattato CEE ( oggi trasfuse negli articoli 101 e 102 del TFUE). In questo caso, infatti, non si pu seriamente dubitare della chiara finalit antimonopolistica delle norme comunitarie che - sia pure con caratteristiche parzialmente diverse da quelle che caratterizzano il modello antitrust nordamericano - vietano le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di posizione dominante; n del rango Del pari indiscussa appare sia la valenza sovraordinato di tali disposizioni rispetto a quelle dettate dalla Carta costituzionale. immediatamente precettiva di quelle norme allinterno dei singoli Stati, sia la loro diretta giustiziabilit da parte dei Giudici nazionali. Le ragioni della scarsa attenzione riservata in Italia al diritto antitrust comunitario da parte della giurisprudenza teorica e pratica sono dunque da ricercarsi altrove e, segnatamente, nella sostanziale mancanza di effettivit di tale normativa nel nostro ordinamento, a sua volta ascrivibile ad un duplice ordine di ragioni.

OPPO, Liniziativa economica, in Riv. dir. civ. 1988, I, 309 e in Scritti Giuridici, vol. I, 42, dal quale sono tratte le citazioni riportate nel testo.
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Il primo riguarda lambito di applicazione del diritto antitrust comunitario il quale, come noto, comprende solo le pratiche anticoncorrenziali che siano in grado di arrecare pregiudizio al commercio tra Stati membri. In un primo tempo, le Autorit comunitarie hanno interpretato tale requisito in senso stretto, escludendone la ricorrenza ogni qual volta il comportamento restrittivo esaurisse i suoi effetti allinterno di un singolo mercato nazionale o in una parte sostanziale di esso. E solo in tempi relativamente recenti, anche a seguito di alcune pronunce della Corte di Giustizia e dei chiarimenti forniti dalla stessa Commissione, che questultima ha ritenuto di poter ravvisare il requisito in esame anche in relazione a comportamenti posti in essere allinterno di un solo Stato membro, purch idonei ad ostacolare il potenziale ingresso di nuovi concorrenti provenienti da altri Paesi, consentendo in tal modo alle Autorit ed ai Giudici nazionali di applicare direttamente il diritto antitrust comunitario. La seconda ragione da ricercare nel peculiare meccanismo di esenzione dal divieto delle intese restrittive della concorrenza utilizzato prima della entrata in vigore del regolamento Ce n. 1/2003. Per lungo tempo, infatti, la verifica delle condizioni di esenzione elencate dal par. 3 dellart. 101 TFUE e ladozione dei relativi provvedimenti stata riservata in via esclusiva alla Commissione Ce. Ad essa le imprese erano pertanto tenute a notificare preventivamente lintesa potenzialmente lesiva della concorrenza per poter usufruire della sospensione da eventuali sanzioni concessa medio tempore dal regolamento n. 17/62. La comunicazione con annessa richiesta di esenzione individuale produceva tuttavia, come ulteriore effetto, quello dimpedire laccertamento delleventuale illecito concorrenziale da parte dei Giudici nazionali in attesa che la Commissione si pronunciasse. Il che, in molti casi, poteva richiedere anni di attesa. Le considerazioni che precedono spiegano dunque, almeno in parte, perch il diritto antitrust, pur potendo contare su un solido ancoraggio nellordinamento comunitario almeno a partire dagli anni 60, abbia avuto scarsa applicazione e sia rimasto sostanzialmente ai margini della cultura giuridica ed economica del nostro Paese - con

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poche, lodevoli eccezioni - fino alla entrata in vigore della legge n. 287/1990. 3. Giorgio Oppo intuisce subito la rilevanza della nuova disciplina intitolata alla tutela della concorrenza e del mercato, che egli colloca al vertice del diritto dellimpresa definendo di imponente rilievo giuridico lintroduzione nellordinamento italiano di regole antimonopolistiche. Nello stesso tempo, egli coglie, con la consueta lucidit, la contraddizione (ideo)logica insita nelleconomia di mercato e nellapproccio normativo che pretenderebbe di dare attuazione alla libert diniziativa economica limitando lautonomia dei privati e restringendo il novero dei comportamenti astrattamente utilizzabili dalle imprese per raggiungere il loro obiettivo, che rimane quello di massimizzare produttivit e profitti. Da qui laccusa di strabismo costituzionale che egli rivolge alla legge n. 287 del 1990, la quale, allart. 1, si (auto)qualifica come normativa di attuazione dellart. 41 Cost. a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica10. In realt, avverte Oppo, la tutela della concorrenza ed i divieti che essa pone sanzionando come illeciti comportamenti conformi a previsioni tipiche del diritto comune non possono considerarsi espressione, n tanto meno attuazione, della libert diniziativa economica sancita dalla Costituzione. Libert diniziativa secondo l A. significa libert di accesso al mercato, libert di partecipare alla gara concorrenziale e possibilit di vincerla (o di perderla) con mezzi tipicamente leciti. Il diritto antitrust, invece, lungi dal garantire queste libert, le comprime appieno i frutti11. La giustificazione e il fondamento costituzionale della disciplina antitrust vanno dunque ricercati altrove, nella disciplina dei limiti esterni che possono essere imposti alliniziativa economica dei privati in nome e le priva di senso nella misura in cui impedisce al vincitore della gara di goderne

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Cos OPPO, Costituzione e diritto privato, loc. cit., 88 ss. OPPO, Principi, loc. cit., 44.

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di un superiore interesse generale e segnatamente nel concetto di utilit sociale richiamato nel secondo comma dellart. 41 Cost. In questo concetto-guida, che ricorre costantemente e occupa un ruolo centrale nella riflessione di Oppo sullargomento, l A. trova non solo laggancio per collocare il diritto della concorrenza nel sistema dei valori costituzionalmente garantiti che orientano lattivit economica dei privati, ma anche il metro per valutare contenuto e limiti della nuova normativa, il punto di equilibrio e di sintesi fra interessi individuali e interessi collettivi. Sotto il primo profilo, significativo che si qualifichi come di utilit sociale il libero gioco della concorrenza e le norme volte a tutelarlo. Si chiarisce in tal modo che il diritto antitrust, come del resto lo stesso mercato, non costituisce il fine ma un mezzo ( uno dei mezzi) per realizzare lutilit sociale in concorso con altri principi e valori costituzionalmente garantiti dallordinamento sia a livello nazionale che comunitario. Come tutte le clausole generali dotate di una elevata capacit di assorbimento del reale, anche quella di cui si discute richiede inoltre di essere apprezzata in concreto e ci vale massimamente quando il giudizio debba tener conto di una pluralit di esigenze o <valori> che occorre conciliare o tra i quali da stabilire un ordine di prevalenza 12. E il caso del diritto antitrust, al quale lA. affida il delicato compito di coordinare mercato e societ civile rifiutando a priori lipotesi che la concorrenza possa essere protetta isolandola dagli altri interessi della collettivit13. Emblematico delle ricadute che discendono da questa impostazione di vertice lapproccio al tema della posizione dominante ed alle ragioni che inducono il diritto antitrust a valutarla diversamente a seconda che la stessa sia acquisita per meriti propri - nel qual caso essa lecita e se ne reprimono solamente gli eventuali abusi; ovvero attraverso operazioni di concentrazione (o, come dicono gli economisti, attingendo ad economie di terzi), ipotesi nella quale invece lacquisto o anche il semplice rafforzamento di una posizione dominante sono, come noto, vietati per se.
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OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 90. OPPO, Principi, cit., 84.

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Una volta escluso che una cos evidente asimmetria normativa possa trovare fondamento e giustificazione in argomenti di natura economica, linterrogativo che l A. si pone : Pu la differenza tra i modi di acquisto della posizione dominante assumere rilievo sotto un profilo diverso ? La risposta, secondo l A., devessere ricercata in un pi ampio spettro di valori sociali, tra i quali egli annovera la libert di iniziativa economica intesa non solo come valore meramente economico, ma anche come un valore della persona . In questa prospettiva, dunque, accettabile e compatibile con il principio di uguaglianza che la concorrenza non sia difesa contro laffermazione naturale di chi opera nellimpresa e per limpresa, non sia difesa contro la creativit dellimprenditore, essa stessa di utilit sociale, e dunque contro il suo successo sul mercato; e sia invece difesa contro comportamenti diversi .. che tolgono spazio alla creativit altrui14. Un altro esempio, a mio avviso significativo, di come Oppo intenda il bilanciamento dinteressi basato sulla nozione di utilit sociale nel contesto di cui si discute il giudizio apertamente negativo che egli esprime circa lapplicabilit della normativa antitrust alle professioni intellettuali: un banco di prova, che egli definisce come forse il pi significativo, della necessit di non isolare il trattamento di un rapporto concorrenziale dalla tutela di altri valori15. La scelta di diritto interno di regolare diversamente professioni intellettuali e impresa infatti giustificata e giustificabile, secondo Oppo, dalla tutela di valori che eccedono da quelli delle attivit produttive e che vincolano le condizioni e la disciplina dellesercizio . Da qui la condanna senza appello dei tentativi di estendere a tali attivit aspetti anche permissivi della libera concorrenza come, ad esempio, la pubblicit comparativa, che minaccerebbe credito e prestigio delle professioni. Non oso pensare a come il Maestro avrebbe potuto giudicare il recente caso di uno studio legale che offriva i propri servizi in un negozio aperto al pubblico con tanto di vetrine sulla strada recanti linsegna Negozio Giuridico e, soprattutto, la decisione dell AGCM di
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OPPO, Principi, cit., 85 ss.; ID., Diritto dellimpresa e morale sociale, cit., 284 ss. OPPO, Principi, cit., 88 ss.; ID. Professioni intellettuali e diritto antitrust, loc. cit.

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avviare unistruttoria per presunta violazione della normativa antitrust nei confronti del Consiglio dellOrdine che quei professionisti intendeva sanzionare16. Gli sia di conforto sapere, per, che i pi recenti sviluppi della giurisprudenza comunitaria in materia di tariffe forensi 17 e di limiti legali allesercizio dellattivit di farmacista18 sembrerebbero effettivamente segnalare una rinnovata disponibilit del diritto comunitario a farsi carico della ricerca di un giusto equilibrio tra esigenze del mercato ed altri valori socialmente meritevoli di tutela (salute, sicurezza, giustizia, ambiente), confermando anche sotto questo profilo la modernit dellapproccio conoscitivo da lui suggerito quando preconizzava, pi di ventanni fa, che siamo sulla via di rendere <comunitari> anche i limiti e le sollecitazioni delliniziativa economica giustificati dallutilit sociale19. Infine, sempre lutilit sociale dovrebbe suggerire secondo l A. prudenza e flessibilit nellapplicazione delle norme a tutela della concorrenza in periodi di congiuntura economica non favorevole quali erano, in effetti, quelli in cui la legge venne emanata e quali sono, purtroppo, anche quelli che stiamo attualmente vivendo20. 4. Non meno rilevante, nella costruzione sistematica di Oppo, la funzione di bilanciamento che il principio di utilit sociale svolge allinterno della normativa antitrust al fine di orientarne lapplicazione pratica. L A. ben consapevole, infatti, che in questo campo, pi che in altri, lutilit sociale vada apprezzata in concreto e costituisca il faro per
Si tratta del provvedimento AGCM n. 19966 del 18/6/2009, caso Ordine degli Avvocati di Brescia, pubblicato in Boll. AGCM n. 24/2009. 17 V. la sentenza della Corte di Giustizia CE 5 dicembre 2006 nei procedimenti riuniti C-94/04 e C-202/04, aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dellart. 234 CE, dalla Corte dappello di Torino e dal Tribunale di Roma con decisioni 4 febbraio 2004 e 5 maggio 2004, da un lato, e 7 aprile 2004 nelle cause Federico Cipolla (C-94/04) contro Rosaria Portolese in Fazari. 18 V. la sentenza della Corte di Giustizia CE 19 maggio 2009 nella causa C-531/06,avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dellart. 226 CE, proposto il 22 dicembre 2006, Commissione delle Comunit europee contro Repubblica italiana. 19 OPPO, Liniziativa economica, in Riv. Dir. Civ. 1988, I, 309 ss. 20 OPPO, Liniziativa economica, cit., 46. Sul tema dei rapporti tra la recente crisi economica che ha investito i mercati e le regole antitrust v. da ultimo OLIVIERIPEZZOLI, Lantitrust e le sirene della crisi, in AGE 1/2009, 115 ss.
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orientare linterprete nellambito di un pluralit di valori che occorre conciliare o tra i quali da stabilire un ordine di prevalenza21. Nella cennata prospettiva occorre dunque prendere atto che, per il diritto della concorrenza, esistono intese buone e intese cattive, concentrazioni buone e concentrazioni cattive, usi e abusi del potere di mercato esercitato dalle imprese. A riprova di tale assunto, Oppo cita sia la norma che consente di esentare temporaneamente le intese restrittive della concorrenza dal divieto sancito nellart. 2 della legge antitrust nazionale laddove ricorrano le condizioni previste dal successivo art. 4; sia la disciplina sulla valutazione delle concentrazioni. La prima prevede che il sacrificio della concorrenza imposto dallintesa possa essere compensato da miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato i quali abbiano effetti tali da comportare un sostanziale beneficio per i consumatori (art. 4). La seconda anche a prescindere dal potere del Governo dintervenire ai sensi dellart. 25 per rilevanti interessi generali delleconomia nazionale indica una serie di criteri di valutazione che consentono allAutorit di apprezzare gli effetti derivanti da una operazione di concentrazione anche alla luce dei guadagni di efficienza produttiva che da essa potrebbero derivare (art. 6). Ed appunto a tali benefici che Oppo intende riferirsi parlando di utilit sociale come canone da tener presente anche nella tutela della concorrenza e pi in generale nel governo del mercato22. Ne discende, secondo l A., che il discrimine tra liceit ed illiceit di quelle condotte sotto il profilo antitrust pu essere tracciato solo allesito di una valutazione e di un bilanciamento, caso per caso, tra i sacrifici che esse comportano per la concorrenza, da un lato, e gli eventuali benefici di ordine economico e sociale che da tali condotte talvolta derivano, dallaltro. Un compito assai delicato, dunque, e gravido di responsabilit nel quale insito un innegabile momento dispositivo che va al di l del mero esercizio di una sia pur ampia discrezionalit tecnica e che non a caso il nostro ordinamento ha scelto di affidare ad un Autorit
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OPPO, Costituzione e diritto privato nella <tutela della concorrenza>, loc. cit., 90 ss. OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 91.

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amministrativa indipendente, l Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). A questa Autorit spetta infatti, in via esclusiva, di effettuare il bilanciamento tra le diverse esigenze indicate come rilevanti dal legislatore e di valutare il saldo, in termini di utilit sociale, che da tale giudizio inevitabilmente consegue. Ad un grande potere corrisponde, tuttavia, una grande responsabilit e, sotto questo profilo, Oppo non risparmia critiche alloperato delle Autorit antitrust (nazionali e comunitarie), le quali devono essere sempre consapevoli che i loro interventi non difendono, ma comprimono la libert diniziativa economica e devono perci essere attentamente calibrati in funzione degli interessi da tutelare. Pertanto non pu giustificarsi, secondo lA., che si reprima come abuso di posizione dominante la crescita spontanea dellimpresa e la sua espansione territoriale (come ha ritenuto la Banca dItalia nel provvedimento n. 21/1998 adottato nei confronti del Banco di Sardegna); n linterpretazione, giudicata troppo restrittiva, della nozione di mercato rilevante accolta dalla Commissione Ce in uno dei primi casi di concentrazione vietata ai sensi del regolamento Ce n. 4064/89 (caso Alenia/De Havilland); n la condanna di una pratica concertata di cui non si stata fornita adeguata prova; n, infine, la sanzione inflitta per il mero tentativo di restringere la concorrenza laddove lintesa non sia stata portata ad effetto. 5. Naturale corollario della costruzione sistematica proposta da Oppo lattribuzione al Giudice Ordinario di un ruolo circoscritto e sostanzialmente ancillare nellapplicazione del diritto della concorrenza. Infatti, la sua competenza - oltre ad essere limitata alle azioni indicate nel secondo comma dellart. 33, l. n. 287/1990 (nullit, risarcimento del danno e adozione dei provvedimenti cautelari connessi) - potrebbe radicarsi solo a valle di un provvedimento dellAutorit amministrativa che, allesito del bilanciamento dinteressi sopra descritto, accerti lincompatibilit di un determinato comportamento con i precetti contenuti nella disciplina antitrust. Ci vale, in primo luogo, per le intese restrittive della concorrenza, le quali potranno essere dichiarate nulle dal Giudice solo se giudicate

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lesive della concorrenza dallAutorit garante nel rispetto dei criteri posti dalla legge23. Lintervento dell Autorit dunque necessario ad integrare il presupposto della nullit nel senso che nulla loperazione giudicata lesiva della concorrenza dallAutorit nel rispetto dei criteri posti dalla legge, anche se la declaratoria del vizio non compete a questultima ma riservata al Giudice ordinario. Discorso analogo vale, secondo Oppo, per le operazioni di concentrazione, le quali, pur in mancanza di una esplicita previsione in tal senso, potranno essere dichiarate nulle dal Giudice solo ove intervenga un divieto dell Autorit antitrust che ne sancisca la contrariet allutilit sociale. In parte diverso, ma non meno originale, lapproccio seguito dallA. in relazione agli abusi di posizione dominante, che egli distingue tra nominati e innominati a seconda che i comportamenti vietati rientrino o meno in una delle categorie tipizzate dal legislatore. Per i primi, linterprete sarebbe esonerato dalla prova della dominanza da parte dellimpresa che li pone in essere per avere il legislatore ipotizzato che quei comportamenti non possano essere <imposti> se non da chi di quel dominio gi investito 24; con la conseguenza, di non poco momento, che essi potranno essere valutati direttamente dal giudice sotto il profilo del vizio e del danno senza necessit di valutazioni preventive da parte dellAutorit antitrust. Per i secondi, invece, permane lesigenza di un controllo a monte dell Autorit, non delegabile ad altri, che accerti la posizione dominante dellimpresa e qualifichi conseguentemente come abusivi i comportamenti innominati da essa tenuti sul mercato. 6. Muovendo da tali premesse vediamo dunque quali sono, per Oppo, le conseguenze sul piano privatistico dei comportamenti vietati dal diritto antitrust e quali, in particolare, i condizionamenti imposti dal diritto dei contratti. Prima di rispondere a questi interrogativi, pu essere utile ricordare come il legislatore comunitario prima e quello nazionale poi abbiano lasciato al diritto comune il compito di disciplinare le
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OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 92 ss. OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 98

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conseguenze prodotte dagli illeciti concorrenziali sui rapporti negoziali incisi da tali comportamenti. Da qui la necessit, per linterprete, di attingere alla disciplina ed ai principi generali dettati dal nostro ordinamento in materia di obbligazioni. E inoltre osservazione ampiamente condivisa che lambito delle possibili interferenze tra regole antitrust e diritto dei contratti non sia limitato alla fattispecie delle intese, ma riguardi anche sia pure sotto profili e con conseguenze parzialmente diversi gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni tra imprese. A ciascuna di tali fattispecie Oppo dedica pagine dense di spunti e di suggestioni, sulle quali conviene dunque brevemente soffermarsi. Per quanto concerne le intese, ribadito che il divieto antitrust riguarda solamente le intese cattive (tali essendo quelle giudicate contrarie allutilit sociale a seguito di un giudizio riservato all Autorit antitrust), l A. rileva come la previsione che ne commina la nullit di pieno diritto, al di l della sua dubbia applicabilit a comportamenti privi di contenuto negoziale - come ad esempio le pratiche concordate sia in realt indicativa che della di volont del e legislatore di di negare al anche comportamento ogni valore anche tra le parti sia in termini di adempimento affidamento responsabilit precontrattuale25 La sanzione civilistica non dipende, tuttavia, dalla causa astratta di per s lecita e talora addirittura tipica dellaccordo, bens dalla illiceit della causa in concreto, ovvero dallintento comune delle parti, a sua volta misurabile nella quantit di effetto anticoncorrenziale prodotto dallintesa sul mercato rilevante. Del resto, osserva Oppo, non questo lunico caso in cui la nullit si colloca al di l della oggettivit del negozio (si pensi alla frode alla legge e alla illiceit del motivo comune)26. Lessenziale limite privatistico allapplicazione di tale sanzione rappresentato, in ogni caso, dalla intangibilit dei diritti dei terzi e dei rapporti gi instaurati con terzi. Ne consegue, da una parte, che la repressione e la eliminazione della infrazione non possono coinvolgere i rapporti contrattuali nei quali si sia gi svolta lintesa ; dallaltra, che in
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OPPO, Diritto dellimpresa e morale sociale, cit., 277. OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 92.

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presenza di tali rapporti, attuativi dellintesa vietata, sar la controparte a dover assumere liniziativa dinvestirli allegando lilliceit dellaccordo, fermo restando che della ammissibilit e dellesito di una simile iniziativa si dovr giudicare, in coordinamento con la normativa antitrust, secondo il diritto dei contratti27. Discorso sostanzialmente analogo vale per le operazioni di concentrazione vietate dallAutorit antitrust. Pur essendo consapevole che in questo caso manca una espressa previsione di nullit del negozio, l A. preferisce guardare alla sostanza del fenomeno rilevando come anche qui il giudizio dell Autorit significa condanna del comportamento e dei suoi effetti perch contrari allutilit sociale ; il che significa e comporta concreta illiceit della causa o comune concreto e dunque invalidit anche inter partes28. Quanto alla fattispecie dellabuso di posizione dominante, preso atto che anchessa pu concretarsi in un comportamento negoziale a danno della controparte, Oppo esclude che laddove ci si verifichi il rimedio possa essere attinto alle categorie (ed alla disciplina) della nullit o dellannullabilit. Sul piano concettuale, perch situazioni di eccessiva sproporzione tra prestazioni e in genere di squilibrio causale non sono ignote al diritto dei contratti, che tuttavia non le configura come cause dinvalidit del contratto. Sul piano pratico, perch spesso mettere nel nulla il rapporto pu essere rimedio peggiore del male. Per questo, secondo l A., la via pi attendibile per reagire allabuso come comportamento condannato dallordine giuridico quella del risarcimento del danno, peraltro testualmente prevista dall art. 33 l. 287/1990, salvo poi distinguere a seconda della veste in cui il danneggiato agisca. Se se la lazione viene intentata di un direttamente dalla controparte non importi contrattuale dellimpresa dominante, vi da chiedersi avverte Oppo configurazione illecito contrattuale legittimazione dellaltra parte a pretendere leliminazione del solo illecito e per tal via una reduction ad aequitatem . Se, viceversa, il risarcimento invocato da un concorrente o da un terzo in veste di consumatore, si applicheranno le regole generali dellillecito aquiliano.
27 28

dellintento

OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 95. OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 97.

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7. Siamo cos giunti alla terza e ultima parte di questo percorso, quella per intenderci che riguarda le evoluzioni pi recenti ed i possibili sviluppi dei rapporti tra autonomia privata e diritto antitrust. Nellaffrontarla, inevitabile domandarsi se, e in che misura, il contributo di Giorgio Oppo sul tema che occupa sia ancora attuale; se, e in che misura, ad esso si possa continuare utilmente ad attingere per avviare a soluzione le questioni interpretative che su questo terreno si agitano. La risposta, a mio avviso, devessere positiva sotto entrambi i profili appena menzionati nonostante i rilevanti cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni nel quadro normativo e giurisprudenziale che regola la materia. Ci vale, in primo luogo, per la nozione di utilit sociale che lA. pone a fondamento della tutela costituzionale del diritto antitrust e per la funzione di bilanciamento fra contrapposti interessi che egli assegna a tale disciplina. Certo, lattribuzione allo Stato della competenza esclusiva a dettare norme per la tutela della concorrenza introdotta nellart. 117 Cost. e la definitiva conferma del diritto antitrust tra i principi generali che regolano il funzionamento dellUnione Europea non possono considerarsi senza rilievo ai fini che qui interessano. In particolare, i cambiamenti intervenuti al vertice delle fonti nazionali e comunitarie segnalano che la concorrenza, intesa come forma di mercato costituzionalmente protetta, rappresenta ormai, al tempo stesso, un valore da preservare e un obiettivo da raggiungere. In questa mutata prospettiva, la normativa antimonopolistica non pu pi essere considerata come un limite estrinseco alla libert diniziativa economica giustificato e giustificabile anche a livello costituzionale esclusivamente in chiave di utilit sociale, ma diviene essa stessa parte integrante di un vero e proprio statuto concorrenziale del mercato al quale le imprese sono tenute ad uniformarsi anche laddove ci comporti un parziale sacrificio della loro autonomia negoziale29.
Conf. LIBERTINI, voce Concorrenza, cit., il quale ricomprende nel medesimo set di norme anche la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, la concorrenza sleale,
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Di conseguenza, anche il rapporto tra contratto e antitrust sarebbe destinato, secondo alcuni, a mutare, se non addirittura a capovolgersi: il primo diviene infatti funzionale alla realizzazione degli obiettivi del secondo recependo allinterno del regolamento negoziale, anche in mancanza di una esplicita previsione dei paciscenti in tal senso, i limiti necessari a garantire il corretto funzionamento del mercato sotto il profilo concorrenziale30. E tuttavia, lidea che la concorrenza non sia un valore in s che prevale su ogni altro, ma uno strumento da utilizzare per scopi di utilit e di progresso sociale rimane valida, al pari della necessit fortemente avvertita da Oppo di bilanciare le ragioni del mercato con altri valori, di rango pari o superiore, tutelati dallordinamento. Giova peraltro rilevare a questo riguardo che come l A. aveva gi a suo tempo intuito - tanto la selezione dei valori alternativi da tutelare quanto il loro bilanciamento con le ragioni della concorrenza sono ormai in gran parte sottratti agli Stati nazionali e sottoposti al vaglio delle Autorit comunitarie sulla base di criteri ampiamente consolidati sia in dottrina che in giurisprudenza. E sufficiente qui ricordare, per il rilievo e lautorevolezza della fonte, il principio, stabilito dalla Corte di Giustizia nel noto caso del Consorzio Italiano Fiammiferi (CIF), a mente del quale i giudici e le autorit (non solo di concorrenza) di uno Stato membro hanno lobbligo di disapplicare una normativa nazionale che favorisca o addirittura imponga comportamenti anticoncorrenziali da parte delle imprese31. A ci si aggiunga che, quandanche la normativa interna che limita la concorrenza fosse volta a tutelare altri valori riconosciuti dallordinamento comunitario (come ad esempio il diritto alla salute o il diritto di difesa), essa non potrebbe in ogni caso trovare applicazione nello Stato membro laddove la restrizione non risultasse: (a) funzionale e (b) proporzionale alla tutela di quel valore 32; un esame che molte
nonch le norme a tutela della propriet industriale e intellettuale. 30 Cos ZOPPINI, Autonomia contrattuale, regolazione del mercato, diritto della concorrenza, in AA.VV. Contratto e antitrust, a cura di G. Olivieri e A. Zoppini, Bari, 2008, 21. 31 Corte di Giustizia CE 9 settembre 2003 caso Consorzio Italiano Fiammiferi (CIF) c. Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato, in Racc. 2003, I-08055. 32 Cfr., fra le molte pronunce della Corte di Giustizia Ce in tal senso, quella resa nel caso Arduino (causa C-35/99, in Racc., p. I-1529) in merito alla compatibilit con il diritto comunitario del sistema italiano che regola le tariffe degli avvocati..

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norme tuttora vigenti nel nostro ordinamento - da quelle che regolano a livello locale lapertura e lattivit degli esercizi commerciali a quelle che disciplinano la prestazione dei servizi pubblici locali - stenterebbero non poco a superare con esito positivo33. 8. Anche la necessit segnalata da Oppo di attuare un

bilanciamento allinterno della normativa antitrust tra benefici della concorrenza e benefici della produttivit alla luce dei criteri da essa stabiliti - rispondenti a loro volta a principi di utilit sociale - risulta non solo confermata, ma addirittura ampliata dai recenti sviluppi del diritto antitrust comunitario. E noto, infatti, come il processo di modernizzazione culminato con ladozione del regolamento Ce n. 1/2003 abbia radicalmente modificato lapplicazione degli artt. 101 e 102 TFUE ed i compiti spettanti alle Autorit di concorrenza. Per quanto concerne le intese restrittive della concorrenza, il nuovo regolamento, da un lato, ha eliminato il monopolio sin qui riconosciuto alla Commissione nella valutazione dei presupposti per la esenzione dal divieto ai sensi dellart. 101, par. 3, aprendo cos la strada allapplicazione integrale della norma da parte dei Giudici e delle Autorit nazionali. Dallaltro, ha trasformato quei requisiti da condizioni per ottenere una esenzione ex ante dal divieto in altrettante scriminanti da eccepire in giudizio nei confronti di chi alleghi il carattere restrittivo e la conseguente illiceit dellintesa34. Se il convenuto sar in grado di dimostrare che i benefici attesi in termini di benessere per i consumatori sono in grado di compensare le restrizioni della concorrenza derivanti dallaccordo - la cui prova a carico dellattore -, lintesa dovr essere dichiarata compatibile con il diritto della concorrenza e lazione volta ad accertarne lilliceit rigettata. Qualora invece il saldo di questa analisi costi/benefici risulti negativo o le limitazioni imposte siano giudicate comunque troppo
Per unapplicazione di tali principi al settore dei servizi professionali v. i saggi raccolti nel volume di AGE n. 1/2005, Le professioni intellettuali tra decoro e mercato, a cura di L. Mansani, G. Olivieri e V. Meli. 34 Sugli effetti prodotti dal processo di modernizzazione avviato con il reg. Ce n. 1/2003 v. MANGINI-OLIVIERI, Diritto antitrust, 3 ed., Torino, 2009, 17 ss. ss.; L. F. PACE, I fondamenti del diritto antitrust europeo, Milano, 2005, 253 ss.; TOSATO-BELLODI, Il nuovo diritto europeo della concorrenza, Milano, 2004, 25 ss.
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onerose per la concorrenza, laccordo dovr considerarsi vietato e conseguentemente affetto da nullit insanabile ai sensi della normativa in esame. Il nuovo sistema di enforcement del diritto antitrust comunitario introdotto dal regolamento n. 1/2003 appare destinato ad incidere sotto diversi profili ed in misura non trascurabile sulla problematica di cui si discute. Infatti, per un verso, esso accresce sensibilmente il ruolo del Giudice ordinario, al quale riconosce una cognizione piena ed autonoma della fattispecie descritta nellart. 101 TFUE che non postula (n presuppone) necessariamente una valutazione tecnica preventiva dellintesa da parte di un Autorit di concorrenza. che lesame relativo alla liceit dellaccordo E ben possibile, sotto il profilo

dunque, ed anzi espressamente previsto dal regolamento comunitario, concorrenziale si svolga interamente (ed esclusivamente) innanzi all Autorit Giudiziaria Ordinaria secondo le regole di rito vigenti nei singoli Stati membri, ferma restando la possibilit per la Commissione dintervenire e di presentare memorie in qualit di amicus curiae. Per altro verso, proprio la scelta di attribuire al Giudice il compito di stilare un bilancio concorrenziale completo dellintesa che tenga conto sia dei vantaggi sia degli svantaggi ad essa correlati accresce la necessit di definire in modo rigoroso la portata precettiva delle esimenti da prendere in considerazione a tal fine e di restringere, per quanto possibile, i margini di discrezionalit insiti nel bilanciamento dinteressi al quale la norma inevitabilmente rinvia35. Un compito certo non agevole, ma neppure impossibile da assolvere, al quale la migliore dottrina sta gi attendendo nella consapevolezza che solo una corretta applicazione del metodo giuridico ed un prudente impiego delle teorie economiche potranno consentire allinterprete di pervenire a risultati applicativi equilibrati sia in relazione alla fattispecie descritta nellart. 101 TFUE, ove tale esigenza da
Lesigenza segnalata nel testo appare condivisa, in dottrina, da LIBERTINI, op. loc. cit., il quale segnala come peraltro non sia questo lunico caso in cui la norma lascia ampi margini di discrezionalit allinterprete citando in proposito la disciplina della concorrenza sleale; nonch da SPADA, Introduzione, il quale appare tuttavia scettico circa la possibilit di ricondurre il diritto antitrust entro gli schemi tipici del ragionamento giuridico basato sul rapporto fattispecie-disciplina.
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21 di posizione

tempo

avvertita;

sia

nella

valutazione

degli

abusi

dominante posti in essere a danno dei concorrenti, come prefigurato nelle linee guida sullapplicazione dellart. 102 TFUE recentemente pubblicate dalla Commissione Ce 9. Un altro impulso
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. dei principi antitrust

allapplicazione

nellambito dei rapporti contrattuali che consentono al mercato di svolgere la sua indispensabile funzione di stimolo alla crescita degli investimenti, dellinnovazione e del benessere dei consumatori rappresentato dallaccresciuta consapevolezza che la tutela pubblicistica affidata alle Autorit di concorrenza non basta, da sola, a garantire il rispetto di quei principi. Per quanto elevate possano essere le sanzioni pecuniarie inflitte, aspra e senza quartiere la lotta ai cartelli segreti, sempre pi sofisticate le tecniche dinvestigazione, leffettivit del diritto della concorrenza e la sua capacit di conformare i comportamenti (anche negoziali) delle imprese non possono prescindere da un efficace sistema di enforcement privato. Lo dimostra il confronto con lesperienza di altri ordinamenti, come quello nordamericano, dove pure gli illeciti concorrenziali pi gravi sono assistiti addirittura da sanzione penale. Lo confermano, altres, gli studi e le indagini condotti dalle Autorit comunitarie sulle azioni di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle norme antitrust nei diversi Stati membri. E interesse degli ordinamenti nazionali, dunque, consentire e favorire la tutela delle regole di concorrenza da parte dei privati attraverso strumenti efficaci di accertamento e di repressione degli illeciti antitrust. Tuttavia, in attesa che le indicazioni contenute nel recente Libro Bianco della Commissione CE si traducano in prescrizioni normative, il compito di sviluppare questo nuovo, promettente capitolo

Si veda in proposito la Comunicazione della Commissione CE sulle pratiche escludenti del febbraio 2008, cui adde in dottrina TOFFOLETTI, op. cit., 120 ss. il quale utilizza il metodo di bilanciamento indicato dallart. 101 TFUE anche per valutare i possibili effetti redimenti derivanti da comportamenti rientranti nelle altre due fattispecie tipiche del diritto antitrust, vale a dire abusi di posizione dominante e concentrazioni.
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del diritto antitrust spetta principalmente alla giurisprudenza teorica e pratica. Sotto questo profilo un primo dato, a mio avviso significativo, che nei ventanni trascorsi dalla entrata in vigore della normativa antitrust nazionale (che diventano oltre cinquanta se si guarda allesperienza comunitaria), a fronte della scoperta di centinai di cartelli segreti da parte delle Autorit di concorrenza 37, i repertori quasi non rechino traccia di azioni volte ad accertare la nullit di unintesa restrittiva della concorrenza ai sensi dellart. 2, l. n. 287/1990 o dellart. 101 TFUE. La principale sanzione privata comminata dallordinamento nei confronti degli accordi che limitano la concorrenza si rivelata, alla prova dei fatti, inadeguata e inefficace anche a volerla intendere con Oppo nel suo significato politico di formula indicativa della volont del legislatore di negare al comportamento ogni valore anche tra le parti sia La in termini di di adempimento sostanziale che di affidamento risiede, e di come responsabilit anche precontrattuale38. ragione questo fallimento osservato da Spada, nel fatto che manca, nella specie, linteresse dei paciscenti a far valere in giudizio linvalidit sancita dal legislatore, la quale non riesce da sola in mancanza di altri incentivi di carattere economico e/o giuridico - ad incidere negativamente sulla stabilit del cartello. La coraggiosa sentenza con la quale la Corte di Giustizia ha riconosciuto (nel caso Courage) il diritto al risarcimento del danno alla parte di unintesa (verticale) vietata e dunque invalida - va appunto in questa direzione, anche a costo di forzare i principi generali in materia di obbligazioni39.
Si vedano al riguardo i dati recentemente pubblicati dalla Commissione Ce sul proprio sito in materia di sanzioni inflitte ai cartelli. 38 OPPO, Diritto dellimpresa e morale sociale, cit., 277. 39 In dottrina la sentenza stata molto criticata da quanti hanno sottolineato la sua dubbia compatibilit con i principi generali in materia di contratto. Fra questi, PALMIERI-PARDOLESI, Intesa illecita e risarcimento del danno in favore di una parte: <chi causa del suo mal.. si lagni e chieda i danni>, in Foro it., 2002, IV, 76. Dallopinione prevalente si dissocia tuttavia A. GENOVESE, Disciplina del contratto obbligatorio e regole di concorrenza, in AA.VV., Contratto e antitrust, a cura di G. Olivieri e A. Zoppini, Roma-Bari, 2008, 146, la quale osserva come la sentenza, oltre ad applicare i principi generali in materia di contratti di durata, abbia anche lo scopo dincentivare il contraente danneggiato a promuovere lazione anche quando il patto (bench illecito e nullo) sia gi stato in tutto o in parte eseguito e le prestazioni non siano ripetibili.
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10. Discorso a parte merita il tentativo, elaborato da una parte della dottrina e della giurisprudenza, di fare leva sulla nullit dellintesa restrittiva della concorrenza per argomentare la invalidit dei contratti a valle stipulati dalle imprese con la rispettiva clientela40. Se infatti la nullit dellintesa a monte si propalasse a cascata su tutti i contratti attraverso i quali le imprese hanno dato ad essa attuazione sul mercato e se, di conseguenza, i singoli consumatori, come controparti di quei rapporti, fossero legittimati a farne valere in giudizio la invalidit ed a richiedere il risarcimento dei danni subiti, leffetto deterrente che ne deriverebbe sarebbe davvero notevole esponendo le imprese ad un rischio difficilmente calcolabile ex ante. Per Oppo, al quale non era certo sfuggita la rilevanza del tema, della ammissibilit e dellesito di una simile iniziativa sia pure in presenza di un accertato comportamento anticoncorrenziale a giudicarsi, in coordinamento con la normativa antitrust, secondo il diritto dei contratti41. Non certo questa la sede per accogliere linvito del Maestro e per prendere partito su una questione cos delicata e controversa sulla quale si sono autorevolmente pronunciate, insieme alla migliore dottrina, anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Mi limiter pertanto ad osservare come proprio la lettura in filigrana del noto arresto del 2005 con il quale i Giudici di legittimit hanno riconosciuto per la prima volta ai consumatori la legittimazione attiva ed il diritto al risarcimento dei danni subiti a causa di un cartello fra imprese La citata concorrenti sentenza offra spunti di riflessione che non presuppongono necessariamente ladesione alla tesi sopra riportata 42. muove dal principio, di grande rilievo sistematico, secondo cui ogni comportamento di mercato che riduce la competitivit fra imprese deve ritenersi illecito. La legge antitrust,
In argomento oltre alla recente monografia di LONGOBUCCO, Violazione di norme antitrust e disciplina dei rimedi nella contrattazione a valle, Napoli, 2009, 21 ss., cfr. VETTORI, Contratto e concorrenza, in AA.VV., Contratto e mercato, a cura di A. Azzaro, Torino, 2004, 133 ss. 41 OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 95. 42 Cass. S. U. 4 febbraio 2005 n. 2207 pubblicata, fra laltro, in Foro it., 2005, I, 1014. Nella specie si trattava di un cartello fra le principali imprese di assicurazione che operavano nel settore RC auto e che aveva formato oggetto di un procedimento davanti all AGCM.
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infatti, non la legge degli imprenditori soltanto, ma la legge dei soggetti del mercato, ovvero alla di chiunque abbia del suo interesse, carattere processualmente rilevante, conservazione

competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere. Tra i soggetti legittimati a far valere in giudizio le violazioni della legge antitrust vi sono certamente (anche) i consumatori, i quali rappresentano lultimo anello della filiera produttiva ed al tempo stesso le vittime predestinate di un comportamento illecito (lintesa a monte) volto a sostituire il loro diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. Il cosiddetto contratto a valle costituisce, dunque, lo sbocco naturale ed anzi necessario dellintesa anticompetitiva a monte, in quanto consente di portarne a compimento gli effetti restrittivi sul mercato. A tale strumento non si pu dunque attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacch il suo collegamento funzionale con la volont anticompetitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile. Daltra parte, osserva la Corte, la previsione del risarcimento del danno sarebbe meramente retorica se si dovesse ignorare, considerandolo circostanza negoziale distinta dalla <cospirazione anticompetitiva> e come tale estranea al carattere illecito di questa proprio lo strumento attraverso il quale i partecipi alla intesa realizzano il vantaggio che la legge intende inibire Pertanto, conclude la sentenza in esame, il consumatore che subisce un danno da una contrattazione che non ammette alternative per leffetto di una collusione a monte, ancorch non sia partecipe ad un rapporto di concorrenza con gli autori della collusione, ha a propria disposizione lazione di cui allart. 33 della legge n. 287 del 1990. Lobiettivo della norma, dunque, sembrerebbe chiaro: impedire il conseguimento del frutto della intesa consentendo anche nella prospettiva risarcitoria la eliminazione dei suoi effetti . Altrettanto intuibile, anche se appena accennato e forse non del tutto convincente, il riferimento della Corte allistituto del collegamento negoziale come strumento per realizzare quellobiettivo.

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25 invece, le dal

Meno domanda

lineari di nullit

rispetto

alle

premesse

risultano,

conseguenze che si vorrebbero far discendere dallaccoglimento della e di risarcimento del danno promossa consumatore nei confronti dellimpresa che ha stipulato il contratto a valle e che la Corte sembrerebbe individuare nella eliminazione del sovraprezzo pagato dallattore a causa del cartello. Se infatti il contratto a valle affetto anchesso da nullit insanabile al pari, ed anzi a causa, dellintesa a monte, sembra difficile escludere a priori che la invalidit, una volta acclarata, finisca per travolgere il rapporto nel suo complesso determinando in capo allimpresa lobbligo di restituire al consumatore non solo il surplus, ma lintero corrispettivo ricevuto senza titolo 43. Non meno gravi potrebbero risultare, poi, le conseguenze che linvalidit del contratto a valle rischierebbe di produrre in capo al consumatore e che potrebbero rivelarsi tali da annullare, in alcuni casi, i vantaggi derivanti dal risarcimento del danno subito44. Ancora una volta, dunque, mettere nel nulla il rapporto potrebbe rivelarsi rimedio peggiore del male, come Oppo aveva lucidamente avvertito trattando dei vizi derivanti dagli abusi di posizione dominante realizzati attraverso il contratto45. Da qui linsoddisfazione manifestata da una parte della dottrina nei confronti della giurisprudenza sopra richiamata e lesigenza, a mio avviso condivisibile, di fondare il diritto del consumatore al risarcimento del danno antitrust su altre e pi solide basi da ricercare, anche in questo caso, allinterno del diritto comune dei contratti.

Analoghe perplessit sono espresse in dottrina da M.R. MAUGERI, Invalidit del contratto e disciplina imperativa del mercato, in AA.VV., Contratto e antitrust, a cura di G. Olivieri e A. Zoppini, Roma-Bari, 2008, 180. 44 Non si tratta peraltro di una conseguenza necessaria. Infatti, come osserva A. GENOVESE, Disciplina del rapporto obbligatorio e regole di concorrenza, loc. cit., 143 ss., la nullit potrebbe anche colpire singole clausole non essenziali del contratto limitando gli effetti caducatori della sanzione. Nei contratti di durata, poi, linvalidit farebbe comunque salve le prestazioni gi effettuate, le quali risulterebbero di conseguenza irripetibili. 45 Dubbi peraltro confermati dalla giurisprudenza formatasi, ad esempio, in tema di contratti per lo sfruttamento dei diritti televisivi spettanti alle squadre di calcio. In quel contesto, accertato il carattere abusivo delle clausole relative alla durata e ritenuta altres la loro essenzialit ai fini dellaccordo, i Giudici hanno concluso per la nullit dellintero contratto: cos Trib. Milano, ordinanze 4.8200 e 5.9.2000, in I contratti, 2001, 127; App. Roma 16.1.2001, in Danno e responsabilit, 2001, 292.
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Sono infatti dellavviso che il vivace dibattito sviluppatosi intorno al tema della nullit dei contratti stipulati in attuazione dintese anticoncorrenziali vietate abbia finito per lasciare nellombra spunti argomentativi che, se adeguatamente sviluppati, avrebbero forse consentito di giungere ai medesimi risultati applicativi senza passare necessariamente attraverso ladozione di rimedi di tipo caducatorio che, oltre ad essere difficilmente argomentabile in base ai principi generali, non sembra idonea a garantire al consumatore unadeguata tutela nei confronti di questo tipo dillecito concorrenziale. Tra le ragioni di un siffatto convincimento menzionerei, in primo luogo, quella ricavabile da unosservazione di Oppo il quale, dopo aver ravvisato nel risarcimento del danno il rimedio pi adatto a sanzionare labuso del potere di mercato da parte di unimpresa dominante, si chiede se la configurazione di un illecito allinterno del comportamento contrattuale non importi legittimazione dellaltra parte a pretendere leliminazione del solo illecito e per tale via una reductio ad aequitatem del rapporto46. A prescindere dalla risposta che sintenda fornire allo specifico interrogativo, degno di nota e denso di suggestioni appare linvito dell A. a ricercare la soluzione allinterno del contratto e dei principi generali che ne governano possibile ladempimento. con i rimedi Lillecito a tal concorrenziale fine apprestati assumerebbe, cos inteso, la veste di un illecito contrattuale al quale sarebbe reagire dallordinamento, ivi incluso il risarcimento del danno, senza mettere a repentaglio la stabilit complessiva del rapporto o delle sue singole clausole. E questa, dunque, la prospettiva di analisi che a me pare pi consona al fenomeno da regolare e sulla quale conviene indagare, alla ricerca di criteri interpretativi che consentano di collocare lillecito antitrust allinterno dei principi generali in materia di adempimento del contratto. 11. In alcuni casi il compito dellinterprete risulta agevolato

dallesplicito rinvio che le parti fanno, nel testo o nelle premesse del
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OPPO, Costituzione e diritto privato, cit., 100.

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contratto, alle norme ed ai principi dettati a tutela della concorrenza i quali, per tale via, diventano anchessi fonte e misura degli obblighi nascenti dallaccordo. Si pensi ai contratti conclusi nellambito di settori soggetti a regolamentazione ex ante o che traggono origine e danno attuazione a provvedimenti della stessa Autorit antitrust. Tuttavia, ove ci non si verifichi, un ruolo determinante potrebbe essere svolto dalle clausole generali che impongono ai paciscenti conclusione del contratto. Queste clausole, se adeguatamente valorizzate, potrebbero infatti costituire il ponte concettuale che consente alle regole antitrust di penetrare allinterno del contratto e dintegrare il regolamento negoziale voluto dalle parti con precetti la cui violazione potr essere apprezzata dal giudice come inadempimento agli obblighi scaturenti dal contratto. Si tratta di un approccio da non confondere con la suggestiva tesi, recentemente avanzata in dottrina, che propone di ricostruire le regole concorrenziali in termini di clausole generali del diritto civile destinate al completamento delle discipline contrattuali tradizionali muovendo dallassunto che tra i due sistemi vi sia una totale convergenza di valori e di obiettivi47. Infatti, a me sembra che il filtro delle clausole generali di correttezza e buona fede si renda necessario proprio per coordinare due sistemi normativi fra loro autonomi e per calare allinterno del contratto valori - come quelli che ispirano la tutela della concorrenza e del mercato ad esso tradizionalmente estranei. Di ci si trae conferma anche leggendo la recente, pregevole pronuncia della Corte di Cassazione in tema di recesso ad nutum e abuso del diritto48. La decisione afferma che, in tema di contratti, il principio della buona fede oggettiva costituisce, per le parti, un autonomo dovere giuridico che deve presiedere allesecuzione del contratto cos come alla sua formazione e alla sua interpretazione e, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase . Per il giudice, esso rappresenta invece uno strumento atto a controllare, anche in senso
OSTI, Lobbligo a contrarre: il divieto concorrenziale tra comunicazione privata e comunicazione pubblica, in AA.VV., Contratto e antitrust, a cura di G. Olivieri e A. Zoppini, Roma-Bari, 2008, 36. 48 Cass. 18.9.2009, n. 20106, in Foro it., 2010, I, 85.
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di

comportarsi secondo correttezza e buona fede prima, durante e dopo la

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modificativo od integrativo, lo statuto negoziale in funzione del giusto equilibrio degli opposti interessi. Pertanto, disporre di un potere non condizione sufficiente di un suo legittimo esercizio, come dimostra il caso dellabuso del diritto. Tale figura, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, delinea lutilizzazione alterata dello schema formale del diritto finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore. Una funzione che, a ben vedere, si attaglia anche alluso del contratto per imporre la propria forza di mercato alla controparte, come dimostra il caso deciso dalla sentenza in esame. In questa prospettiva, anche il diritto di recesso, per quanto esercitabile ad nutum ai sensi di contratto, pu assumere connotati abusivi allorch attuato con modalit e per perseguire fini diversi ed ulteriori rispetto a quelli consentiti. Sar quindi compito del giudice procedere al controllo ed allinterpretazione dellatto di autonomia privata al fine di valutare se posizioni di supremazia di una di esse e di eventuale dipendenza, anche economica dellaltra siano stati forieri di comportamenti abusivi posti in essere per raggiungere i fini che la parte si prefissata. E nel far ci, egli dovr valutare se ciascuna delle parti abbia agito nellottica di un bilanciamento degli interessi vicendevoli, a prescindere dallesistenza di specifici obblighi contrattuali o di norme specifiche attraverso il metro della proporzionalit del mezzi usati rispetto al fine da raggiungere. La violazione del principio di buona fede oggettiva, conclude la Corte, costituisce di per s inadempimento e pu comportare lobbligo di risarcire il danno che ne sia derivato. Nella prospettiva qui accolta, merita dunque di essere valutata con favore sia lopinione di chi sostiene che il sindacato sulla correttezza della condotta del debitore e del creditore possa riguardare anche comportamenti attuativi di obblighi derivanti dalla posizione di ciascun contraente nel mercato49; sia la proposta di valorizzare le clausole generali di correttezza e buona fede per ricavare da esse ulteriori obblighi di protezione filoconcorrenziali in grado dincidere sul
Cos A. GENOVESE, op. cit., 137 riferendosi adesivamente alla tesi espressa da MACARIO, Autorit indipendenti,regolazione del mercato, controllo di vessatoriet, in AA.VV., Lautonomia privata e le Autorit Indipendenti, a cura di G. Gitti, Bologna, 2006, 206 ss.
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29 indebita una

sinallagma

contrattuale;

sia

di

qualificare

come

prestazione che, pur essendo prevista dal contratto, sia stata resa o pretesa in condizione di deficit di concorrenza 50. Lutilit conoscitiva di questa diversa impostazione, che fa leva sullutilizzo delle clausole generali di correttezza e buona fede per impedire un utilizzo del contratto a fini anticoncorrenziali, si lascia apprezzare anche in sede dinterpretazione delle clausole in esso contenute. Sotto questo profilo - come ho gi avuto modo in altra occasione di osservare e come la sentenza da ultimo richiamata sembrerebbe immediata selezionare, controparte confermare valenza il principio in che impone alle parti di dinterpretare il contratto secondo buona fede riveste una evidente ed pro-concorrenziale quanto consente fra due o pi letture astrattamente compatibili con il e quindi, di riflesso, per la concorrenza e per i

dettato della previsione negoziale, quella che risulti meno gravosa per la consumatori51. 12. La conclusione alla quale si perviene in materia di abusi di posizione dominante realizzati attraverso clausole contrattuali valorizzando la funzione delle clausole generali di correttezza e buona fede pu essere ritenuta valida anche se riferita agli accordi stipulati in attuazione dintese restrittive della concorrenza. Infatti, in entrambi i casi limpresa utilizza il contratto per trasferire sul mercato gli effetti del suo comportamento anticoncorrenziale e per raccoglierne i frutti. Ci che cambia solo il modo di atteggiarsi dellillecito anticoncorrenziale a monte: in un caso, la clausola impone al contraente una scelta apparente frutto di una concertazione con altre imprese; nellaltro, limposizione si realizza sfruttando (abusivamente) la propria posizione dominante. Il che spiega anche perch le condotte illecite tipizzate nelle due fattispecie risultino sostanzialmente coincidenti, cos come Oppo non aveva mancato di rilevare Muovendo da tali premesse, si pu allora arrivare a sostenere che il comportamento dellimpresa che utilizzi il contratto per dare
50 51

A. GENOVESE, op. loc. cit. OLIVIERI, Interpretazione del contratto e tutela della concorrenza, cit., 83.

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esecuzione sul mercato a pratiche anticoncorrenziali vietate configura, laddove ricorrano le condizioni indicate dalla giurisprudenza, un abuso del diritto e comunque una violazione dellobbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede sancito dallart. 1376 c.c.. Cos facendo, infatti, essa si rende inadempiente nei confronti del cliente/consumatore il quale, oltre a richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento illecito di controparte, potr recedere dal contratto Lungo ovvero pretenderne che ladempimento di aver secondo contribuito concorrenza in base alle regole generali in materia di obbligazioni. questa strada, spero sommariamente a tracciare, concorrenza e contratto potrebbero allora finalmente incontrarsi e collaborare sinergicamente per realizzare quel bilanciamento tra valori individuali e valori collettivi, tra iniziativa economica e mercato, che per Oppo costituisce lessenza stessa della morale sociale e che tanta parte ha avuto nella vita e nelle opere del nostro amato Maestro.

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