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I DODICI SENSI

in relazione alla pedagogia




Pietro Archiati

Roma, 21 25 Giugno 1994





Cari amici, in questi giorni vogliamo approfondire alcuni aspetti della pedagogia, del modo in cui
noi ci rapportiamo ai bambini piccoli, perch certamente ricordate che Steiner insiste sempre di nuovo
sullimportanza dellatteggiamento interiore delladulto, sia in quanto insegnante sia in quanto genitore. Se
si leggono i volumi 293, 294 e 295 dellOpera Omnia (Arte delleducazione I: Antropologia; Arte
delleducazione II: Didattica; Arte delleducazione III: Conversazioni di tirocinio e conferenze sul piano di
studi), emerge chiarissimamente limportanza della qualit interiore del maestro, della qualit interiore
delladulto, e non insisteremo mai abbastanza sul fatto che, in effetti, noi comunichiamo al bambino piccolo
molto di pi quello che siamo che non quello che riusciamo a mettere in opera in fatto di strumenti, di
espedienti didattici.
Quindi, il lavoro su se stessi molto importante, ma c anche una parte ben specifica di
metodologia didattica, ci sono delle cose da imparare per evitare di fare certi errori: per questo abbiamo
lAntropologia e la Didattica, sotto forma di due volumi, che raccolgono le conferenze che Steiner teneva,
rispettivamente, nella prima e nella seconda parte della mattinata. Deve esserci un equilibrio fra questi due
aspetti pedagogici, fra ci che il maestro dentro di s, da un lato, e, dallaltro, ci che il maestro deve
imparare in fatto di cose concrete, di tecniche pedagogiche, se vogliamo, per evitare di fare certi errori
specifici in campo di formazione, di educazione.
Se riflettiamo su questo equilibrio fra la qualit interiore del maestro, delladulto, e le capacit
metodiche e tecniche che egli deve acquisire, ci rendiamo conto che proprio questo equilibrio formativo, e
proprio in questo equilibrio Steiner formava i formatori, perch dava loro i presupposti per evitare i due
estremi: lestremo di puntare unicamente sulla qualit interiore del maestro illudendosi che non c nulla da
imparare a livello specificamente metodico-didattico, e lestremo, che conosciamo bene in quanto nel
nostro tempo di materialismo dominante, di illudersi che la formazione sia questione di espedienti tecnici
da imparare.
Steiner, in fondo, ci dice che maestri si nasce, e si diventa anche. Dire soltanto che artisti si nasce ,
infatti, una grande unilateralit, perch si disattende tutto ci che va imparato in chiave di tecnica, di
rapporto specifico con gli strumenti dellartista; se si pittori, per esempio, si disattende tutto ci che si
deve imparare nel maneggiare i pennelli, i colori, i vari materiali di cui sono fatti i colori, a seconda che
siano o meno colori vegetali. Se, al contrario, diciamo che pittori si diventa, trascuriamo la realt
profondissima, che per unartista ancora pi fondamentale, di ci che portiamo con noi dal mondo
spirituale, come risultato della nostra evoluzione precedente. Questo ci fa capire sempre meglio che la
pedagogia unarte, non una tecnica: unarte, e bisogna essere artisti. Si pu dire che il maestro lartista
per eccellenza, perch nelleducare c un concerto, una sinfonia di tutte le arti.
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Nelleducare bisogna rapportarsi fisicamente a tutte le forme di arte, per dare al bambino la
possibilit di rafforzare la propria umanit confrontandosi con esse. Tutto in chiave di arte: arte del parlare,
arte della pittura, arte del calcolare, arte dello scrivere. Leducazione tutta in chiave di arte, perch
lelemento artistico ci pone nel centro, ci pone il compito di ricostruire sempre lequilibrio tra ci che siamo
gi divenuti, ci che portiamo con noi, e ci che dobbiamo acquisire, ci che dobbiamo imparare. Quindi
maestri si nasce, ma si diventa anche.
Se diciamo che maestri si nasce, sorge allora la domanda: pu essere che qualcuno non ha portato
con s, questa volta, valicando la soglia della nascita, i presupposti per essere un maestro? Ci sono persone
che non sono in grado di essere maestri, nonostante che facciano di tutto per acquisire gli elementi didattici,
gli elementi della tecnica ecc.? A me pare che la risposta sia affermativa, che larte del maestro non per
tutti. Infatti il karma ci dimostra che non per tutti. Non previsto che tutti siano maestri. Se lo fosse, ogni
essere umano che entra nellesistenza porterebbe con s questa specifica capacit artistica di accompagnare
altri esseri umani nel loro processo incarnatorio; perch leducatore ha il compito di accompagnare gli
esseri umani che si incarnano dopo di lui nel loro processo incarnatorio: questo un compito ben specifico,
e non di tutti. Io penso che riflettendo sul fatto che questo compito non di tutti e non per tutti, il
maestro si rende conto di avere a che fare con una missione particolare, che non data a tutti e che , come
sapete, di immensa responsabilit morale, in quanto il bambino non ha ancora la possibilit di porsi con
autonomia nei confronti delladulto, ma costretto, soprattutto nei primi sette anni, dove vige il principio
dellimitazione, ad assumere dentro il proprio essere quello che gli sta intorno, quindi a strutturarsi ad
immagine delle persone che lo circondano. Gi da questo solo risulta una responsabilit morale indicibile.
Limitazione, la dedizione assoluta del bambino allambiente che lo circonda e che lo forma dal di
fuori, lelemento specificamente religioso delleducazione. Una forma pi attutita , invece, il principio
dellautorit che, come sapete, vale dai sette ai quattordici anni, quando il bambino vive lesperienza del
maestro ed anche dei genitori come autorit che non si possono mettere in discussione, perch se si
potessero mettere in discussione non sarebbero pi delle autorit. Principio dellautorit significa che ci
che vero per il maestro lo anche per il bambino, ci che bello per il maestro lo anche per il bambino:
il bambino lo sente come bello, non lo giudica bello con lintelletto. E ci che il maestro vive come buono,
anche il bambino dai sette ai quattordici anni lo vive come buono, spontaneamente.
In questi giorni si tratter di vedere un pochino quali sono i vostri desideri reali, a che punto siamo
in fatto di pedagogia: forse la cosa migliore sar che io, di volta in volta, introduca un argomento, proponga
alcuni contenuti, soprattutto sulla falsariga delle conferenze che avete indicato.
Oggi partiamo dalla ottava conferenza di Antropologia, quella sui sensi, e poi vedremo... E
importante che da tutti noi vengano gli spunti, magari le richieste di approfondimento: non dobbiamo aver
paura di ripetere, perch la ripetizione fa parte del principio del ritmo, il problema c solo quando una
ripetizione avviene esattamente come la prima volta. Se lessere umano in evoluzione, ripete, ma ad un
altro gradino: i contenuti rimangono gli stessi, ma lui in grado di vederli con occhi nuovi. Se io rileggo
per la terza, quarta o quinta volta un libro di Steiner, il problema non nel fatto che io rileggo le stesse
cose, il problema che io sia cambiato, perch se sono cambiato, le stesse cose mi parleranno in modo
diverso. Quindi, un bravo maestro non ha mai paura della ripetizione, perch sa far scaturire dal proprio
essere ed evocare nei bambini la capacit di rivivere le stesse cose in un modo sempre diverso. E per il
bambino una gioia poter vivere dentro questa grande polarit dellesistenza, questa polarit fra il sempre
nuovo, e il costante sempre diverso (il ritmo).
Per quanto riguarda i sensi, io ho pensato di proporvi un paio di pensieri. Parto da unaffermazione
che forse vi sorprender, ed che quando diciamo che un animale percepisce qualcosa, ad esempio quando
diciamo che percepisce un colore o un tavolo, noi diciamo degli antropomorfismi: queste affermazioni sono
sbagliate, perch lanimale non capace di percezione, questa laffermazione che vorrei mettere alla base
delle nostre riflessioni sui sensi, perch la realt dei dodici sensi presuppone che noi ci facciamo un
concetto di ci che la percezione. Ogni senso una porta di percezione del mondo esterno. Poi li vedremo
tutti e dodici. Adesso ritengo importante riflettere su cosa avviene quando percepiamo qualcosa, che poi
percepiamo con locchio o con lorecchio o con il naso, che sia una percezione uditiva, gustativa, olfattiva o
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visiva, queste sono variazioni importanti, ma perch le chiamiamo tutte percezioni sensibili o sensorie? E
perch chiamiamo i dodici sensi tutti sensi? Perch hanno qualcosa in comune: hanno in comune la
percezione sensibile o sensoria. Che cosa specifico della percezione sensibile o sensoria? Il fatto che si
tratta di un fenomeno specificamente umano, che non riguarda affatto gli animali. Quindi gli animali non
sono in grado di percepire le cose, e dire che un gatto percepisce un colore un grave errore di pensiero,
unapprossimazione alla quale ci siamo abituati, ma, in chiave di scienza dello spirito, importante che noi
correggiamo queste approssimazioni, che procediamo con maggiore rigore scientifico.
Vi ricorderete che Steiner, nel corso della conferenza, accenna al fatto che la scienza dello spirito
molto pi rigorosa della scienza ufficiale, la quale, non avendo altri presupposti pi specifici, fa delle
grandi approssimazioni, spesso commettendo gravi errori.
Diciamo, quindi, che lanimale sente il colore, (fg. 1 )



Prendiamo un gatto o un toro che guarda una superficie rossa. Questo sentire il polo
corrispondente alloperare (qui un po difficile trovare le parole giuste, perch il linguaggio non ancora
arrivato al punto di distinguere con chiarezza questi fenomeni) (fig. 2)



Prendiamo questo esempio del toro di fronte al rosso: che cos il rosso? Siccome noi siamo dotati
di percezione, pensiamo che il rosso sia sulla superficie di un panno, ma unastrazione pensare che il
rosso sia appiccicato alla superficie di un panno, unastrazione che ci permettiamo unicamente in base al
fatto che siamo capaci di pensare, ma il rosso, ci che noi chiamiamo il rosso di quel panno, un operare di
forze astrali in tutto lo spazio in cui opera questo rosso. Quindi, ci che noi chiamiamo il rosso non una
superficie, ma linsieme di forze astrali che vigono nellambito di uno spazio astrale; e dove sia, poi, la
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sorgente dellastralit che chiamiamo di tipo rosso, un problema molto pi complesso, dovremmo andare
proprio nei mondo astrale, l sono le sorgenti dellesperienza astrale che tutti gli esseri, dentro al mondo
fisico, fanno di fronte ad una superficie rossa. Le cose si complicherebbero molto: per ora possiamo
lasciarle a questo livello, che ci dice che c un operare reale dellastralit di questo colore rosso dentro a
tutto lorganismo del toro. Ma questo operare non percezione: il toro non percepisce il colore, lanimale
vive il colore. In altre parole, il colore in quanto realt astrale, opera dentro a tutto lorganismo, a tutta la
compagine dellanimale. Quindi lanimale non ha la possibilit di tirarsi fuori da questo lavorare del colore
dentro di lui. Noi proiettiamo il colore sulla superficie degli oggetti: questo un carattere specifico della
percezione umana. Il colore rosso opera in noi tanto quanto nellanimale, per nellessere umano sorge
unaltra dimensione, la dimensione dellIo, che fa s che oltre a questo operare nel mio corpo astrale
dellastralit del rosso, ci sia anche la capacit del mio Io di portare questa polarit ad un estremo pi
ampio, mentre nellanimale questo non pu avvenire. La presenza dellIo fa s che le cose si rapportino a
noi in modo diverso. (fig. 3).





Abbiamo qui il sentire, e qui il percepire. Lessere umano, oltre a sentire loperare del rosso, lo
percepisce, e proprio perch la percezione, soprattutto negli ultimi secoli, stata posta sempre di pi in
primo piano, lessere umano si rende conto sempre di meno di quello che sente. Quindi, ogni volta che
percepiamo qualcosa, avviene in noi tutto ci che avviene nellanimale, per enormemente attutito dal fatto
che c la percezione, che la nostra attenzione viene rivolta al fatto che percepiamo. Il fatto che noi
percepiamo lo esprimiamo dicendo che il rosso sulla superficie di un oggetto. Il rosso non sulla
superficie: il rosso sulla superficie soltanto per un essere capace di percezione. Sono due realt ben
diverse. Se poi pensiamo, per esempio, al modo in cui le api vivono le qualit della luce, le qualit del
calore ecc., si pu dire che si tratta di percezione? No, un operare diretto, in tutte le sfumature di maggiore
o di minor luce, di luce o di tenebra, di luce radiante o di luce spegnentesi, un operare diretto dentro la
fisiologia, dentro la realt dellape, senza che questultima abbia la capacit di percepire queste qualit della
luce.
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Se gli animali fossero capaci di percepire, avrebbero la capacit del polo corrispondente al
percepire. Il polo corrispondente al percepire il polo del pensare, il polo del concetto (fig. 4).





Noi ci rendiamo conto che un essere capace di percezione dal fatto che capace di pensiero.
Vedremo poi la cosa partendo dal senso dellIo, che quello a cui Rudolf Steiner, in questa ottava
conferenza, dedica pi spazio che a tutti gli altri. Sapete che ci sono diverse conferenze di Steiner sui sensi.
Il capitolo sui sensi uno tra i pi difficili, tra i pi complessi che ci siano nella scienza dello spirito.
Allora, noi ci rendiamo conto che un essere umano capace di percezione perch capace di pensare. Il
pensare produce concetti: perci dove c percezione, ci devono essere anche concetti. Se lanimale, nel suo
rapporto con la cosa si ferma al sentire, quindi si ferma alloperare della realt astrale dentro di lui, quale
il passo successivo che deve compiere lessere umano? Ci deve essere una dimensione dellessere umano
nella quale le cose cessano di operare.

C un lato oggettivo e un lato soggettivo del fenomeno (fig. 5)




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Per lanimale, nel lato oggettivo, c loperare delle cose dentro di lui e, nel lato soggettivo, c il
sentire. Lanimale capace di sentire; quando la luce troppo forte gli fa male, quando gli manca il cibo
soffre. Il gradino successivo consiste nel fatto che ci deve essere una regione dentro di noi (a sinistra nella
figura), dove le cose cessano di operare dentro di noi: e questa la percezione. La percezione la capacit
di portare loperativit delle cose dentro di noi al punto nullo. Quindi la percezione si pu descrivere
soltanto negativamente. Se qualcuno di voi ha studiato i testi di teoria della conoscenza di Steiner (La
filosofia della libert e anche gli scritti sulle opere di Goethe), si sar reso conto che ogni volta Steiner tenta
di rispondere alla domanda: che cos la percezione? Come possiamo arrivare alla percezione? Togliendo
tutto ci che noi siamo abituati ad aggiungere con il pensiero.
Quando noi togliamo tutto ci che siamo abituati ad aggiungere tramite il pensare, che cosa resta?
Nulla. In altre parole, non si pu dire che cos la percezione, perch noi diciamo cos la percezione con il
pensiero. Quando io dico: Questa una rosa, ho gi oltrepassato la percezione, sono gi nel pensiero. Con
il pensiero dico che questa cosa qui una rosa. Che cosa avevo quando ero nella pura percezione? Niente!
Quindi la percezione un addormentarsi per lessere umano in quanto essere pensante, e, daltra parte,
soltanto un essere pensante, capace di pensiero, capace di addormentarsi nel pensiero.


Se vi sembra difficile capire quello che sto dicendo, trasponetevi in quel momento in cui noi guardiamo una
cosa e ci chiediamo: Che cos? (fg. 6).





Cosa avviene in quel momento? Vedo qualcosa di nero a distanza, poi, pian piano si avvicina e vedo
che si tratta di uno sciame di mosche: quando vedo a distanza, e sto l a scrutare, quella la percezione.
Quindi la pura percezione assenza di pensiero. La percezione provocazione a pensare, e solo lessere
umano capace di percezione, perch solo lessere umano capace di pensare.
Partiamo dalla percezione dellIo, dal senso dellIo. Il senso dellIo serve a percepire lIo altrui. Il
senso dellIo non il sentimento dellIo. Con il sentimento dellIo, io sento il mio Io, il senso dellIo,
invece, percepisce lIo altrui. Il mio Io non lo posso percepire, lo posso solo vivere, quindi vedete che, in un
certo senso, non possiamo mai avere, nei confronti del nostro Io, quella distanza assoluta che, ci consente la
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percezione. Non possiamo mai staccarci dal nostro Io, ecco perch non possiamo percepirlo. Ma lIo di un
altro lo posso percepire. Proprio perch non posso mai uscire da me stesso, il mio Io non pu mai diventare
percezione, perch nella percezione io devo perdere del tutto lessere. La percezione il punto in cui perdo
del tutto lessere, e perdo del tutto lessere nella percezione affinch mi sia data la possibilit di
riconquistarmi lessere nel pensiero. Il mio Io non lo posso mai perdere, quindi non lo posso mai percepire.
Il mio Io non lo posso mai pensare in senso stretto. Le cose si complicano se mettiamo in rapporto lIo
ordinario con lIo superiore: siccome il mio Io ordinario non il mio Io superiore, allora posso anche
parlare di percezione dellIo superiore, ma bisogna prima distinguere fra lIo ordinario e lIo superiore. In
questo contesto, per, limitiamoci alla distinzione tra il nostro Io come lo viviamo normalmente, e lIo
dellaltro, cos come lo percepiamo in base ad un senso ben specifico, che lavora come tutti gli altri sensi, il
senso dellIo appunto.
Nelle nuove edizioni di La filosofia della libert, soprattutto nelle aggiunte del 1918, Steiner
descrive che cosa avviene quando parliamo fra di noi, quando due persone, chiamiamole A e B, parlano
insieme. Come fa A a capire quello che dice B, e come fa B a capire quello che dice A? Io non posso
diventare laltro: quindi non unenorme illusione, non unenorme presunzione quella di dire che ho
capito laltro? Lo , perch io posso recepire dentro di me soltanto quello che consono al mio essere; e se
quello che consono al mio essere non avesse nulla a che fare con quello che laltro ? Come faccio a dire
che lho capito? C comunicabilit fra gli esseri umani o no? Questa domanda molto importante, ed ha
svariati risvolti psicologici, pedagogici e filosofici. La risposta a questa domanda, in fondo, finora
nellumanit lha data soltanto la scienza dello spirito, perch soltanto la scienza dello spirito in grado di
analizzare il fenomeno della percezione. Nella misura in cui, invece, la scienza moderna ha paragonato,
sempre di pi, luomo allanimale, ha perso la possibilit di comprendere i fenomeni sia della percezione
sia del pensare, e per essa rimane senza risposta la domanda su come avvenga linterazione fra due esseri
umani se nessuno dei due pu uscire da se stesso. A resta in A e B resta in B, perch ognuno dei due si
illude di aver capito laltro, ma questa comprensione soltanto un prolungare il proprio essere nellaltro, un
attribuire ci che si ha dentro di s allaltro: questo non significa aver capito laltro. Se noi facciamo con A
e B lo stesso procedimento di prima ed attribuiamo ad entrambi, in quanto esseri umani, sia la capacit di
percezione che di pensiero, che cosa avviene? Avviene che A ha la capacit di percepire B in base al senso
dellIo, e B, ugualmente, ha la capacit di percepire A in base al senso dellIo. Ora analizziamo soltanto A.
Cosa fa A quando ascolta B? Quando A ascolta B nella percezione di B. Cosa significa che A percepisce
B col senso dellIo? Significa che A sospende per un momento il sentimento del proprio Io e si addormenta
in B: velocemente, perch quando due persone si parlano ci si addormenta e ci si sveglia in un attimo. I
fenomeni spirituali hanno una velocit che non minimamente paragonabile con la lentezza, la pesantezza
del mondo della gravita. Il mondo spirituale il mondo della levit. Luomo doggi, abituato a considerare
reale solo il materiale, la pesantezza, la lentezza della materia, ha difficolt ad immaginarsi un fenomeno
come quello che si svolge spiritualmente fra due persone che parlano, dove, in un secondo, c la possibilit
di addormentarsi cinque volte, e di risvegliarsi altrettanto alla svelta. Basta un pochino di ginnastica
spirituale. Basta capire che nel mondo dello spirito i fenomeni non soggiacciono alla gravita, quindi
possono essere molto veloci. Quando A percepisce B perch si pu parlare di percezione? Perch la
percezione nulla, solo col concetto A o B dice: Ah, qui ho a che fare con un Io umano.


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Quindi, quando A si risveglia nel pensiero e trova il concetto, che concetto trova? Il concetto dellIo (fig. 7)




Ho a che fare con un Io!. Adesso dov A? Nel suo pensiero, e col suo pensiero dice: io ho a che
fare con un Io. Prima di risvegliarsi nel suo pensiero, quale era la percezione? Quella di addormentarsi in
un Io. Cos come prima aveva, mettiamo, percepito una rosa, ora percepisce un Io, e si risveglia nella sua
attivit pensante col concetto di rosa e col concetto di lo. Mentre era nella percezione della rosa cosa era
avvenuto? Un addormentarsi nella rosa. Quindi la percezione della rosa un addormentarsi nella rosa: a che
scopo? Affinch ci si risvegli al processo pensante col concetto di rosa. Quando io percepisco un altro io
umano, mi addormento nellaltro io umano. A che scopo? Questo esercizio che laltro mi faccia
addormentare dentro il suo Io quando faccio lesperienza della percezione dellIo altrui, ha lo scopo di
farmi risvegliare dentro al mio Io e di farmi dire: E un Io!. Come faccio a sapere che laltro un io?
Perch mi rendo conto che lelemento nel quale mi sono addormentato della stessa natura dellelemento
nel quale mi sveglio, cio il pensare. Infatti il senso dellIo viene dopo il senso del pensiero, perch soltanto
un essere capace di pensiero un essere capace di Io, dellesperienza dellIo. Quindi la successione dei
sensi molto importante.
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Al senso dellIo segue il senso del pensiero, o della rappresentazione, un senso estremamente
complesso. Dopo segue il senso del linguaggio, del suono articolato, quindi viene il senso delludito, del
suono non linguistico, del suono, non del rumore, perch il senso delludito non il senso del rumore. Il
senso delludito il senso del suono, e per avere la percezione di un suono in quanto suono, devo percepire
attorno a questo suono tutti i suoni armonici che lo accompagnerebbero se di un suono facessimo una
melodia o unarmonia. Se volete facciamo una scala dei sensi (fig. 8).




Nellantropologia tradizionale, ludito viene riferito sia al senso delludito sia a quello del
linguaggio, mentre qui si distingue tra un senso che percepisce la parola e un senso che percepisce il suono,
il suono non prodotto dallessere umano che parla. Poi vengono il senso del calore, il senso del colore o
vista, il senso del gusto, il senso dellolfatto. Quindi abbiamo il quaternario dei sensi attraverso i quali noi
percepiamo la nostra interiorit: il senso dellequilibrio, attraverso il quale noi percepiamo lo stato di
equilibrio o di squilibrio del nostro organismo, quindi il senso del movimento, del movimento interno
dellorganismo, per esempio quando parliamo con qualcuno possiamo avere la percezione dei movimenti
della laringe o degli umori dentro di noi. Abbiamo quindi il senso della vita, cio la percezione del
benessere e del malessere dellinsieme della nostra corporeit: per esempio se ci si sente stanchi, in che
modo si percepisce il senso della stanchezza? Attraverso il senso della vita. Oppure come si percepisce la
forza, la vitalit quando ci si sveglia al mattino dopo un buon sonno? Se non ci fosse il senso della vita, non
potremmo sentirci cos pieni di energia. Lultimo il senso del tatto.
I quattro sensi dellIo, del pensiero, della parola e del suono, ci permettono di percepire linteriorit
di altri esseri, soprattutto di esseri umani. Il calore, la vista, il gusto e lolfatto, servono a percepire il mondo
circostante. Quindi abbiamo un modo quadruplice in cui lessere umano percepisce un altro essere umano,
un modo quadruplice in cui lessere umano percepisce il mondo e, infine, un modo quadruplice in cui
lessere umano percepisce se stesso attraverso il senso dellequilibrio, del movimento, della vita e del tatto.
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Per vedete che dove io divento percezione per me stesso, non percepisco il mio Io, non percepisco i miei
pensieri, perch i miei pensieri li devo pensare, non percepire, mentre posso percepire i pensieri di un altro
essere umano. Quali sono gli aspetti di me che io percepisco? Quelli corporei. Riguardo a me stesso dov
che mi divento percepibile? Nella mia realt corporea. Invece dove si tratta di condurre pensieri, dove si
tratta di architettare le parole e dove si tratta di far prorompere dei suoni da strumenti musicali, tutta questa
realt che deve promanare da me non la posso percepire, posso solo attivamente produrla. Devo creare lIo,
perch il mio Io non mi viene mai dato con la percezione, lo devo sempre creare, devo creare pensieri,
perch se non li penso non li posso percepire, non ci sono.
Soffermiamoci con Steiner sul mistero dellIo, e prendiamo, da questa ottava conferenza,
laffermazione che dice che dove io vivo il mio Io si tratta di un processo di volont, mentre la percezione
dellio altrui un processo di conoscenza. Cosa significa che io sperimento lIo altrui in chiave di
conoscenza, e che sperimento il mio Io in chiave di volont? Che tipo di polarit questa fra conoscenza e
volont? La polarit conoscenza-volont sottesa a tutte queste conferenze (fig. 9)



Che tipo di polarit ? Nella conoscenza io ho la possibilit di star fuori dalle cose. Come mi tiro
fuori dalle cose? Mi tiro fuori dalle cose se lascio dentro di me soltanto unimmagine di specchio. Nella
conoscenza noi perdiamo la realt in quanto operante e tratteniamo della realt solo unimmagine speculare.
Nella volont, invece, ci inseriamo nella realt attraverso il nostro operare vivente. Se ora ci chiediamo a
che serve questa capacit che noi chiamiamo il pensiero, la conoscenza, la capacit di esperire il mondo in
chiave conoscitiva, se ci chiediamo a che serve avere dentro di noi soltanto le immagini delle cose, la
risposta : serve alla libert.
La possibilit che noi abbiamo di ridurre le cose, che fuori di noi sono reali, alla loro immagine
morta, speculare, fa s che queste cose non ci costringano in nessun modo, non ci determinino. Quindi la
conoscenza ordinaria, che una conoscenza di immagine speculare, il presupposto necessario della
libert. Questa conoscenza laltro lato della percezione. Che cosa ho nella percezione? Il nulla della cosa!
E nel pensiero ordinario che cosa ho della cosa? Solo unimmagine. Ed entrambi a cosa servono? Alla
libert.
Quindi, la percezione ci rende possibile la rappresentazione, il pensiero e il concetto. Il concetto ci
rende liberi.
In altre parole, nel polo della conoscenza lessere umano si tira fuori dalla realt e si rende libero. Il
polo della conoscenza il polo di individuazione, di separazione dal reale. Perci bisogna stare attenti con
il bambino a non diventare unilaterali nella conoscenza, perch lo si tirerebbe fuori dal reale, mentre il
bambino vive una fase in cui dentro al reale, e si pu cominciare a tirarlo fuori soltanto intorno al
quattordicesimo anno, quando il ragazzo comincia ad essere capace di concetti veri e propri, grazie ai quali
si pone oggettivamente di fronte al reale.
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Quindi, in che modo ho lIo altrui? Ce lho in chiave di percezione e in chiave di rappresentazione
concettuale. In altre parole, che cosa ho io dellaltro? Niente, ho dellaltro ci che mi lascia libero, e perci
un altro e non io. Invece il mio Io lo devo esperire in chiave volitiva, perch il mio Io una realt; non
posso avere del mio Io soltanto limmagine speculare, perch sono io. Riassumendo: dove sono in chiave di
conoscenza mi tiro fuori dalla realt, quindi la conoscenza un processo di individuazione, dindipendenza,
di rendersi autonomi, perch l lascio le cose, le lascio totalmente nella percezione. Invece nel polo della
volont sono dentro alle cose, l agisco, l si tratta di un dinamismo dove gli esseri sono gli uni dentro agli
altri. E, in fondo, tutta larte educativa unarte di sano ritmo, di sana alternanza tra questi due poli.
Prendiamo un esempio, lesempio del linguaggio, in quanto il linguaggio presenta entrambi i fenomeni, sia
quelli conoscitivi che quelli volitivi. A livello grammaticale (il bambino non lo deve sapere, ma il maestro
deve sapere in che modo il bambino vive lelemento grammaticale della conoscenza e lelemento
grammaticale della volont) qual lelemento specifico della conoscenza? Il sostantivo. E qual lelemento
grammaticale specifico della volont? Il verbo (fg. 10)



Ogni volta che il maestro pronuncia un verbo, il bambino vive nella realt dellinserirsi nellazione,
perch ogni verbo un fare, un operare. Nelloperare io sono in interazione con il cosmo; quando invece
ho un concetto, che si esprime nel sostantivo, sto contemplando il cosmo. Si potrebbero fare esercizi per
vedere che differenza c tra il raccontare una fiaba in chiave di sostantivo e il raccontare una fiaba in
chiave di verbo. Gli aggettivi sono elementi del sentimento, i sostantivi sono elementi del pensiero e i verbi
sono elementi della volont.
Quali bambini vivono, grazie al loro temperamento, nellelemento del verbo? I collerici.
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Quale temperamento vive di pi nellelemento del sostantivo? Il malinconico, che si tira fuori del
mondo, osserva il mondo in modo contemplativo (fig. 11).
E quale temperamento vive di pi nellelemento dellaggettivo? Sono due, uno che tende pi verso
il sostantivo e un altro che tende di pi verso il verbo: flemmatico e sanguinico.




Nella misura in cui il maestro ha questa consapevolezza, diventa veramente unartista. In chiave di
letteratura, ad esempio, cosa abbiamo nel verbo? Lelemento drammatico. Nel sostantivo abbiamo lepica, e
nellaggettivo abbiamo lelemento lirico.

SOSTANTIVO EPICA PENSARE
AGGETTIVO LIRICA SENTIRE
VERBO DRAMMATICA VOLERE

Sono tre sfumature completamente diverse: quando io declamo qualcosa in chiave di epica, devo
mettere laccento sui sostantivi; se, invece, presento qualcosa in chiave drammatica, devo stare attento ai
verbi. E quando recito in chiave lirica, lelemento importante sono gli aggettivi. Se prendiamo i vangeli per
esempio, il Vangelo di Marco il vangelo della volont, e perci pi breve, perch a Marco non interessa
tutto quello che il Cristo ha spiegato, gli interessa ci che il Cristo ha fatto. Il Vangelo di Giovanni il
vangelo dei sostantivi, il vangelo del pensiero. Il Vangelo di Luca, il vangelo del cuore, il vangelo delle
sfumature, veramente il vangelo del sentimento, dove lelemento portante sono gli aggettivi, le qualit
animiche che essi esprimono.

Prendiamo adesso la fiaba di BIANCANEVE E ROSAROSSA: legger la fiaba in chiave di verbi,
sottolineandoli e, poi, in chiave di aggettivi.


LETTURA FABIA (riportata in Appendice)

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Se si attenti si sentono anche le mancanze che spesso si trovano nelle traduzioni. Facendo un
confronto con il testo originario, in tedesco, si scopre una cosa molto interessante, e cio che il sostantivo e
il verbo hanno, nellinsieme della lingua tedesca, un ruolo molto pi importante che non nella lingua
italiana, dove prevalgono gli aggettivi. Nel testo italiano evidente la diluizione del verbo. Il testo italiano,
per esempio dice: Erano cos buone che al mondo non se n mai viste... mentre il testo tedesco dice:
...che al mondo non ne erano mai sorte. Vedete la differenza? In italiano il verbo meno forte. Nel
tedesco, quindi, il bambino acquisisce un rapporto molto pi intenso con il verbo, con lazione. Lelemento
volitivo, del resto, quello nel quale il bambino vive gi in partenza, mentre con il passare del tempo
laccento si sposta sullaltro polo, quello del sentire e, pi tardi ancora, su quello della conoscenza. Ancora,
il testo italiano dice: cogliere farfalle. Vi sembra giusta questa espressione? Le farfalle si colgono o si
prendono? I fiori si colgono, le farfalle si prendono! I verbi non si possono mettere a caso. Vedete come
importante trovare una forma, una chiave di lettura per una fiaba, perch il bambino vive nelloggettivit
del linguaggio, vive nelloggettivit di ci che un verbo suscita dentro di lui come esperienza operante. Se
dico prendere fiori e cogliere farfalle, non va bene. Il bambino deve sentire: cogliere fiori e prendere
farfalle.
Continuiamo la lettura adesso troviamo nel testo italiano: Biancaneve se ne stava con la mamma...
Non sarebbe meglio stava ? Con quel se ne il verbo non risulta un po annacquato?
Adesso poniamo un altro problema: Biancaneve chi ? E Rosarossa chi ? Biancaneve il bianco-
niveo della conoscenza (la neve la realt del bianco in forma pura), Rosarossa il rosso-roseo degli
impulsi volitivi (la rosa la realt del rosso in forma pura): in questa fiaba abbiamo a che fare con queste
polarit dellessere umano, quindi tutto ci che in chiave conoscitiva lo deve compiere Biancaneve, e tutto
ci che in chiave volitiva lo deve compiere Rosarossa. Si pu anche leggere il titolo italiano sottolineando
di pi neve in Biancaneve e rossa in Rosarossa: infatti, nella conoscenza viene prima il sostantivo e poi
laggettivo, nella volont viene prima laggettivo e poi il sostantivo: Nevebianca e Rossarosa.

Intervento: E nella lingua inglese, dove laggettivo viene sempre prima del sostantivo?

Archiati: il rapporto tra aggettivo e sostantivo molto importante. In italiano si possono avere tutte e due le
possibilit, per un buon ragazzo non un ragazzo buono, un buon uomo non un uomo buono: buoni
uomini ce ne sono tanti, uomini buoni molto meno. Gli inglesi non hanno questa possibilit di invertire
laggettivo e il sostantivo che noi abbiamo e che, tra laltro, usiamo troppo poco perch stiamo
impoverendo il linguaggio in modo pauroso. Questa possibilit di invertire laggettivo e il sostantivo, ci
permette di esprimere le sfumature: una piccola cosa non una cosa piccola. Non so se sapete che in
tedesco c un solo elemento grammaticale che viene scritto sempre in maiuscolo, ed il sostantivo. Cosa
vuol dire questo? Questo fatto indica il pericolo di una grossa unilateralit, il pericolo di intellettualizzare,
di arroccarsi troppo sul lato del pensiero. Per, bisogna aggiungere a questa unaltra osservazione, e cio
che quando un polo viene esasperato, laltro reagisce a sua volta, e qual laltro? Quello della volont.
Oggi prendiamo la settima conferenza di Arte delleducazione II: Didattica. Ci interessa in
particolare il modo in cui Steiner descrive il famoso Rubicone, cio la difficile soglia dei nove anni: si
tratta di una soglia perch fino ai nove anni il bambino non si percepisce, non si esperisce come diverso dal
mondo, e, per questo, prima dei nove anni, ogni storia, ogni fiaba, dovrebbe dargli il senso della propria
distinzione dal mondo, perch il bambino non ce lha, il bambino una cosa sola con il mondo. Intorno al
nono anno, nel giro di poche settimane, di cinque o sei settimane al massimo, il bambino comincia ad avere
un primo, chiaro sentimento del proprio Io, comincia a percepire la dualit fra s e il mondo, e Steiner dice
che un bravo maestro dovrebbe avere locchio per accorgersi che il bambino sta vivendo questo fenomeno.
La parola Io il bambino la comincia a dire verso i tre, quattro anni, ma si tratta solo della parola;
ora, verso il nono anno, il bambino comincia ad osservare il mondo, e un aspetto importantissimo di questo
mondo proprio il suo maestro, mentre fino a questo momento il bambino non era capace di prendere
posizione interiore di fronte al maestro, che era per lui unautorit indiscutibile. In queste settimane sorge,
non a livello conscio ma a livello di sentimento, la domanda: Ma il maestro dove le prende tutte queste
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cose?. Quindi non ancora un mettere in discussione, bens un porre una domanda e un vivere in una lotta
interiore per poter risolvere questa domanda, che non viene formulata in maniera cosciente. E Steiner dice
che, dal punto di vista pedagogico, estremamente importante che il maestro trovi, in questi giorni, tempo
per il bambino che sta vivendo questo momento, e che possa parlare il pi possibile con lui, in modo che,
da un rapporto pi personale e stretto con il maestro, il bambino arrivi a convincersi che la fiducia che,
finora aveva riposto in lui era ben fondata. Al contrario, se questa soglia non viene superata in modo
positivo, si crea un abisso tra lanima del bambino e il maestro. Infatti, se non c pi la fiducia verso il
maestro, e questi cessa di essere unautorit, cessa anche di essere la forza che sostiene il bambino. Un altro
aspetto di questa presa di posizione di fronte al mondo, di questo primo inizio di scissione tra lIo e il
mondo, il fatto che il bambino comincia a porsi la domanda: Chi sono io?, naturalmente senza poterla
formulare in modo cosciente.
Un aiuto per il maestro, in questo momento, linizio delle lezioni sulle scienze naturali: grazie alla
descrizione del mondo che esse consentono, il bambino, per la prima volta, prende posizione nei confronti
del mondo, prende coscienza di esso, non a livello concettuale, ma vivendolo.
E Steiner ci dice che sarebbe un errore cominciare dai minerali o dalle piante, perch lelemento pi vicino
allessere umano lanimale, ed ogni cosa che noi portiamo al bambino deve essere sempre posta in
rapporto con lessere umano, sia il topo che la seppia che il cavallo, e non in modo astratto. In altre parole,
il bambino pu capire il mondo soltanto attraverso se stesso, e pu capire se stesso soltanto attraverso il
mondo. Perci: conoscenza del mondo conoscenza di s, e conoscenza di s conoscenza del mondo.
E molto importante che il maestro abbia chiara dentro di s la differenza abissale che c tra il
parlare di una pianta a scuola e il trovarsi nella natura vivendo questa pianta. Secondo Steiner bisogna dare
le spiegazioni in classe e non quando si fuori, nella natura, perch se si porta la spiegazione sulla pianta l
dove il bambino esposto alla pianta reale, si perde di vista la differenza abissale tra conoscere e vivere
qualcosa. Per il bambino questi due campi sono opposti: luno il polo della conoscenza e laltro quello
della volont, e quando nella natura la esperisce in chiave volitiva; sarebbe, perci, assurdo fargli
prendere latteggiamento di tirarsi fuori dalla natura per contemplarla, perch lo educheremmo ad essere un
individuo astratto, togliendogli le forze per vivere realmente, con tutto il suo essere, dentro la realt.
Oggi siamo diventati tutti astratti e abbiamo perso la capacit di vivere con le cose: quanti di noi
esperiscono la rosa, quando nel vaso, in tuttaltro modo che quando nella terra? Non riusciamo pi a
cogliere la differenza, perch abbiamo con la rosa un rapporto puramente concettuale. Oggi si vive
unicamente nei concetti astratti, e se si vive nello stesso modo con il bambino, si uccide in lui la capacit,
che egli porta dai mondi spirituali, di vivere nella realt concreta della natura. Perci bisogna creare in noi il
senso profondo di questa polarit fra il parlare conoscitivamente delle cose e il viverci dentro con tutti gli
impulsi astrali, con tutti gli impulsi eterici e volitivi.
Fatte queste premesse, sorge ora il quesito: come si pu presentare al bambino il mondo degli animali?
Vi ricorderete che Steiner ne parla molto minuziosamente, e porta lesempio della seppia, del topo,
dellagnello e del cavallo. Si parte dagli animali inferiori e si arriva, alla fine, ai cosiddetti animali
superiori. Perch si deve fare cos? Perch non si pu fare lopposto?

Intervento: Perch la seppia rappresenta la sfera del pensare.

Archiati: E perch la seppia la sfera del pensare?

Intervento: Perch solo testa e mancano il tronco e gli arti.

Archiati: Stai cercando di ricordare la settima conferenza di Antropologia, ma manca ancora un punto
fondamentale. Noi nella testa abbiamo il massimo degli organi di percezione, perci la testa un grande
osservatore, ed anche molto pigra, Steiner dice che si fa portare in carrozza dal resto del corpo. Anche la
seppia molto sensibile, ricettiva a tutto ci che accade intorno a lei, alle pressioni dellacqua, alle
variazioni della luce, ai sapori ecc., e al minimo movimento butta fuori linchiostro. Si parte dagli animali
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inferiori perch essi hanno principalmente sviluppato il sistema neuro-sensoriale, e al minimo gli altri due
sistemi, quello ritmico-metabolico e quello degli arti.
Man mano che andiamo avanti (topo, agnello, cavallo), vediamo prevalere sempre di pi lelemento
del tronco. Nellagnello, per esempio, la parte pi importante il tronco, mentre la testa solo
unappendice che serve per nutrire il tronco, e le zampe servono a sostenere il tronco. Nel tronco troviamo
tutta la digestione, che ancora non metabolismo vero e proprio, diventa metabolismo dove subentra
lelemento dellazione, quindi senza una vera funzione degli arti la digestione rimane dentro al sistema del
tronco. Dove noi vediamo che il tronco comincia a non avere pi tanta importanza? L dove dei quattro arti
due vengono liberati dal servizio del tronco, e questo avviene soltanto nelluomo. C il problema della
scimmia: la scimmia ha morfologicamente quattro arti, ed un grave errore distinguerli in due inferiori e in
due superiori. Qual , infatti, la funzione biologica degli arti superiori, delle cosiddette mani della
scimmia? E una funzione al cento per cento al servizio del tronco. Qui non troviamo un termine di
paragone con le mani umane. Le mani umane non sono al servizio del tronco, ma mettono luomo in
rapporto con il mondo tramite il lavoro.

Intervento: Perch la scimmia pu anche prendere degli oggetti?

Archiati: E allora luccello che pu costruire un utensile cos complesso come un nido? E una questione di
pensiero, e dobbiamo essere cauti nel formulare delle conclusioni. E chiaro che si possono dire tante cose
dellessere umano paragonandolo con gli animali, e viceversa. Per la domanda : che cosa conosco
dellessere umano quando trovo ci che lessere umano ha in comune con la scimmia? Lanimalit e non
lumanit!
Prendiamo laltro esempio portato da Steiner, lesempio della sensitivit. Gli animali sono sensibili,
hanno dolori, bruciori ecc. Le piante, invece, reagiscono ad uno stimolo esterno. Che differenza c fra il
reagire ad uno stimolo esterno e lavere una sensazione? Se la sensazione la riduciamo al fatto di reagire ad
uno stimolo esterno, allora ce lha anche la pianta. Torniamo alle mani della scimmia e alle mani
delluomo: se le guardiamo esteriormente sembrano uguali, la scimmia con queste mani fa qualcosa,
luomo con queste mani fa qualcosa. Ma questo solo in apparenza. E come voler paragonare lanimale che
reagisce ad uno stimolo esterno con la trappola, che pure reagisce ad uno stimolo esterno: ma che cosa
prendo per paragonare i due fenomeni? Solo lesteriorit di essi. Quindi non stiamo negando che il
fenomeno mano della scimmia ed il fenomeno mano delluomo abbiano degli elementi esteriori
superficiali in comune, ci sono, ma sono elementi superficiali. Nellessenza i due fenomeni sono del tutto
diversi, perch la cosiddetta mano della scimmia essenzialmente in funzione di ci che deve avvenire
dentro al tronco; la mano delluomo, invece, essenzialmente in funzione del rapporto tra luomo e il
mondo, di ci che luomo deve compiere nel mondo esterno, di ci che da dentro, dallinterno dellessere
umano, promana verso lesterno. Perci soltanto lessere umano ha la posizione eretta: acquisire la
posizione eretta significa che dei quattro arti, che in tutti gli altri animali, inclusa la scimmia, sono al
servizio del tronco, due, grazie appunto alla posizione eretta, vengono liberati dal dover essere al servizio
del tronco. I piedi portano il tronco dove il karma ci chiama, le mani servono allessere umano per compiere
la sua missione cosmica. Quindi, specificamente umana non la testa, che luomo ha in comune con tutti
gli altri animali, e nemmeno il tronco: specificamente umani sono gli arti. Gli arti esprimono lelemento
volitivo, lelemento morale, lelemento di responsabilit karmica, lelemento di missione da compiere. Da
un punto di vista morfologico la testa ci che di pi animale c nellessere umano, il tronco met
animale e met umano, gli arti sono specificamente, interamente umani.

Intervento: Su cosa possiamo fondare laffermazione della scienza dello spirito che la pianta non ha
sensibilit?

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Archiati: Sul fatto che non in grado di esprimerla. Se rimaniamo ai fenomeni che si possono osservare,
noi non osserviamo la sensazione della pianta. Lanimale ha un corpo astrale, la pianta non ha niente di
astrale. La sensazione un fenomeno astrale, quindi si pu trovare soltanto dove c un corpo astrale.

Intervento: E le piante velenose?

Archiati: La pianta velenosa lelemento di eccezione che conferma la regola, dove lastralit, che
normalmente aleggia intorno alla pianta, entra dentro la pianta. Lanimale ha il corpo astrale dentro, la
pianta ha al suo interno le correnti eteriche e lastralit intorno. Il fenomeno del fiore in che cosa consiste?
La pianta perde il colore verde e diventa colorata nella corolla e nel frutto, dove letericit si incontra con
lastralit che fuori: ma dove lastralit comincia a compenetrare letericit fin nellinterno (cfr. la
Belladonna il cui frutto ha laspetto di una ciliegia nascosta, per, nel calice spinta verso il basso),
lelemento fisico diventa velenoso per lessere umano. Senza la scienza dello spirito non possiamo
spiegarci i fenomeni in modo giusto. Noi abbiamo una scienza ufficiale che descrive, ma non spiega, e
perci ci siamo abituati a non chiederci pi il perch dei fenomeni.

Intervento: Quando abbiamo una terra secca e piove, ci si sente sollevati per questa pioggia, come se
respirassimo insieme al terreno. E unimpressione solo soggettiva o la terra realmente respira?

Archiati: Lessere umano deve stare molto attento rispetto ai suoi sentimenti. Perch non possiamo fidarci
al cento per cento dei sentimenti? Per il fenomeno evolutivo macrocosmico dellegoismo. Tutti i nostri
sentimenti sono in chiave egoistica. Lessere umano si innamorato del fisico distanziandosi dallo
spirituale, e vorrebbe che tutto ci che fisico si perpetuasse. La scienza dello spirito, invece, ci dice che la
terra in fase di disgregazione, e laugurio che noi possiamo fare alla terra quello di polverizzarsi. Questo
significa che dobbiamo capire che tutte le cose buone, positive, che ci sono a livello fisico-percettivo,
spariranno. Se noi avremo sempre pi esseri umani che, in chiave di pensiero, arriveranno a pensare la
realt sovrasensibile della rosa, avremo sempre pi esseri umani che renderanno superfluo alla rosa questo
sacrificio immenso di esistere a livello fisico, dove la rosa perde il suo essere, perch il suo essere nel
mondo eterico: a livello fisico deve accettare tali e tanti compromessi, a seconda che la luce sia di un certo
tipo, lacqua, il terreno, i sali ecc. Quindi la rosa, nella sua natura, nella sua legge immanente pura, io non
ce lho mai a livello fisico-sensibile: il livello fisico-sensibile esiste come provocazione al pensiero in modo
che io, nel pensiero, produca la rosa vera, quella eterica. Nella misura in cui lumanit fa questo, la rosa
finisce di essere costretta a questo incantesimo, fra laltro la maggior parte delle fiabe incentrata
sullincantesimo, e come si risolve la fiaba? Con il risolvere lincantesimo. Anche in Biancaneve e
Rosarossa troviamo lorso, e dietro lorso c il mistero delloro. Chi la prima ad accorgersene?
Biancaneve, la conoscenza.
Tutto ci che sensibile destinato a morire. Un sentimento umano che desidera leternit del
visibile un risultato del peccato originale. Questo sentimento non corrisponde alle leggi evolutive. La
redenzione della natura levoluzione del pensiero, e laspirazione della rosa di umanizzarsi dentro
allessere umano; in quanto stato lessere umano ad espellere da s la rosa, la rosa una dimensione
dellessere umano, e lessere umano la riassume dentro di s se la redime attraverso il pensiero.
Steiner dice che un maestro che non ha la consapevolezza del fatto che la responsabilit morale
lessenziale dellessere umano e che convinto che ci che pi bello, pi umano nellessere umano la
testa, far dei suoi alunni, per tutta la vita, dei fannulloni e dei parassiti, perch la testa un parassita.

Intervento: La nostra aspirazione, dunque, dovrebbe essere che la rosa fisica scompaia?

Archiati: Non che scompaia, ma che risorga nel pensiero. Nella religione si parla di resurrezione della
carne.

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Ritornando alla conferenza, Steiner ci dice che occorre destare nel bambino il sentimento di ci che
fa delluomo un essere pi perfetto nella forma esteriore, rispetto alla seppia, al topo, al cavallo, alla
scimmia ecc. In questi animali gli arti anteriori non sono molto differenziati rispetto a quelli posteriori. La
differenziazione degli arti appare soltanto nelluomo. Perci il maestro si deve soffermare sulla descrizione
delle braccia e delle mani, deve descrivere come le mani afferrano gli oggetti per eseguire un lavoro, come
possono prendere il gesso per scrivere, come possono unirsi in un gesto di preghiera ecc. Luomo pu
anche non usare le braccia e le mani, lanimale no, lanimale non pu essere pigro, perch le sue mani
non sono in funzione del lavoro.
Anche il linguaggio esprime questa verit quando diciamo rimboccarsi le maniche. Le mani, dice
Steiner, sono il simbolo pi bello della libert umana: questo deve essere fatto sentire al bambino. Se, al
contrario, si comunica al bambino lidea che lessere umano pi perfetto degli animali in base alla testa,
gli si fa credere che lessere umano pi perfetto perch pigro, e questo convincimento gi prevalso
nella societ, che crede che il mondo sia dei furbi. Il furbo non lessere umano che si chiede che cosa
pu fare per lumanit grazie alle sue mani e alle sue braccia; il furbo la testa astuta, sagace, che si chiede
come pu sfruttare gli altri. Il bambino sa che la testa pigra, ed molto felice quando pu fare qualcosa,
perch sente che venuto al mondo per fare qualcosa.
Potremmo riassumere tutto questo dicendo che lessere umano viene al mondo per compiere una
missione, e la sua missione non si esaurisce nel dato biologico, il dato biologico solo il sostrato. In che
cosa consiste questa missione? Non una missione verso gli altri, lo soltanto indirettamente, perch se
diciamo che lessere umano viene sulla terra per fare qualcosa per gli altri, in fondo siamo ancora in chiave
di moralismo; per convincere qualcuno a compiere questa missione verso gli altri, dobbiamo dirgli che deve
farlo, ma se lui non vuole, non siamo ancora in chiave di libert. In che modo gli mostriamo che viene a
fare qualcosa che vuole lui stesso? Se lo riferiamo non agli altri ma al suo essere. In altre parole, ognuno di
noi scende sulla terra con lintento di fare un grosso passo avanti nella propria evoluzione e tutto il resto
strumento per questo.
Ognuno di noi si incarna con lintento specificamente umano, che poi la quintessenza della libert,
di acquisire, in chiave prioritaria, una dimensione specifica dellessere umano, perch ha capito che gli
manca ancora, che non lha ancora coltivata in modo cos deciso, al punto da metterla al centro della vita:
questa lessenza della libert. Invece, oggi, abbiamo un mondo pieno di persone che, in fondo, non sanno
cosa vogliono, questo il grande problema anche del vivere insieme, magari sanno cosa devono, sanno cosa
dicono i comandamenti, sanno quali sono le aspettative della societ, le aspettative del maestro, ma si
diventa liberi soltanto nella misura in cui si sa ci che si vuole. Non dico ci che si desidera, non parlo dei
desideri, delle brame, ma parlo della volont, della volont pura dellIo superiore, e scoprire ci che lIo
superiore vuole non cos semplice, perch bisogna acquisire una certa misura di pacatezza nei confronti
delle proprie aspirazioni e delle pretese che ci vengono incontro dal mondo circostante, dalla famiglia, dal
lavoro ecc. Quindi, prima di tutto, bisogna comprendere che le pretese del mondo che ci circonda non sono
ancora la volont dellIo superiore.
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Poi, un altro travaglio quello con se stessi, cio con il proprio io inferiore, con una serie di voglie,
di istinti; pensate alla quarta conferenza di Antropologia, dove ci sono questi nove gradini:


Uomo-spirito risoluzione
Spirito vitale proposito
S spirituale anelito


Anima cosciente
Anima razionale anelito
Anima senziente


Corpo senziente brama
Corpo eterico inclinazione
Corpo fisico istinto


Questi gradini sono sostrati, dimensioni dellessere, dove si tratta, per ciascuno, di vedere fino a che
punto ci che si desidera, ci che si brama, sono le voglie dellIo inferiore o, invece, ci che lIo superiore
veramente vuole. Io direi che lintento che portiamo dentro di noi quello di scoprire, in fondo, ci che il
nostro Io superiore veramente vuole, e quando qualcuno trova ci che vuole, le cose cambiano, perch
dietro alla volont dellIo superiore, c una forza armonica, una forza che scende dai mondi spirituali e si
impone, perch la volont pura dellIo superiore, la forza stessa della libert, per cui anche le persone
circostanti, prima o poi, sono costrette a dire: S, questo corrisponde al suo essere, si vede che venuto
sulla terra proprio per compiere questa missione, per essere un pittore di questo tipo, per essere un maestro
geniale di questo tipo, per essere un lavoratore di questo tipo, proprio nel suo elemento, si vede!. E
quando noi abbiamo la percezione che un essere umano nel suo elemento, non ci sono pi problemi.
Perci si tratta, in fondo, di costruire questa fiducia assoluta nellIo umano, con la convinzione che
ogni essere umano un Io: lo , non che lo deve diventare. E non soltanto un Io, ma un Io con la forza
primigenia della libert, che sceso sulla terra con uno scopo, con degli intenti ben precisi. La parola stessa
e-ducazione da e-ducere, condurre fuori, dice di che cosa si tratta: se non ci fosse niente dentro, non si
potrebbe tirarlo fuori. Si tratta di fare come il giardiniere. Abbiamo un piccolo seme di rosa: o c, in questo
piccolo seme, tutta la forza eterica per far saltar fuori una rosa, o non c; il giardiniere non pu cambiare
niente di questa realt. Lo stesso vale per il bambino: qui, anche se a livello fisico piccolo, come il seme
piccolo, spiritualmente, sovrasensibilmente, ci sono tutte le forze, le potenzialit di unindividualit che sa
quello che vuole, e porta gi dai mondi spirituali tutti i presupposti per esprimersi interamente. La scienza
dello spirito ci dice che proprio cos, cos per ogni essere umano, non per uno al cento per cento e per un
altro solo al novanta per cento, ma per tutti al cento per cento. Abbiamo sempre a che fare con lIo che
viene sulla terra con un intento ben preciso.
Un altro compito quello del giardiniere: se il giardiniere fa mancare lacqua, la terra, la
temperatura giusta ecc., cambia la natura del seme di rosa? No, non cambia la sua natura, per non gli si da
la possibilit di acquisire la dimensione della manifestazione fisica, non si permette alla rosa soprasensibile
di manifestarsi fisicamente. Il paragone calza fino in fondo: Steiner lo ha usato spesso per farci capire qual
il modo migliore di agire con il bambino, ma anche gli uni con gli altri, perch tutto questo vale anche nel
rapporto tra grandi. E molto importante portare in s la convinzione che ogni essere umano, soprattutto
lessere umano che si sta incarnando, soprasensibilmente non incipiente, ma gi compiuto, e il processo
non quello di far venire allessere, ma quello di far incarnare: un processo di incarnazione. Il nostro
compito quello di creare le condizioni, lambiente che favorisca il pi possibile il manifestarsi di quello
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che c e che non decidiamo noi, cos come il giardiniere non decide lui se da questo seme verr fuori una
rosa, da questaltro un giacinto e da questaltro ancora un tulipano. Il giardiniere conosce la legge
immanente che costruisce le foglie di tulipano? Neanche per sogno. La legge immanente che costruisce
delle foglie di rosa del tutto diverse da quelle del tulipano, una cosa che gestisce il giardiniere? Neanche
minimamente. Cos, il maestro non decide ci che questo bambino diventer, questo lo deve sapere il
bambino, anzi lo sa, per, stando al paragone, il suolo che gli si mette a disposizione, laria, lacqua che
sono di enorme importanza, perch se mancano le condizioni ci che potrebbe avvenire, non avviene.
Rifacciamo la distinzione fra la condizione e la causa. Supponiamo che le condizioni ci siano tutte,
lacqua c, il suolo va benissimo, il calore quello giusto ecc., ma se manca il seme? Non succede nulla.
Quindi le condizioni da sole non producono nulla. LIo superiore viene gi con la volont di compiere una
missione, ma se lIo inferiore non mette a disposizione le condizioni necessarie, non pu venir fuori nulla.
Adesso supponiamo che ci siano tutte le condizioni necessarie, per manchi lIo superiore con la sua
volont: cosa avviene? Niente. Ecco perch importante capire il rapporto tra condizioni necessarie e
cause. La causa sempre lIo superiore.

Intervento: Si pu dire che gli arti sono le condizioni e la testa la causa?

Archiati: No, non la testa, lIo. Anche la testa condizione.

Intervento: Abbiamo detto che il giardiniere una delle condizioni per far fiorire la rosa, per se non c il
giardiniere la rosa pu fiorire ugualmente.

Archiati: Noi non abbiamo ancora deciso se il giardiniere una conditio sine qua non, perch bisognerebbe
procedere ancora pi minutamente, con ulteriori distinzioni, per sapere quali condizioni sono necessarie e
quali condizioni sono non-necessarie. Diciamo che il suolo necessario, perch la pianta non pu crescere
senza il suolo. Il giardiniere una condizione non-necessaria, accessoria, per pu anche darsi che il
giardiniere, in un certo senso, sia colui che pone le condizioni necessarie.
Riassumiamo, adesso, tutto il discorso: il bambino, che sta crescendo, vive nellelemento volitivo e
nellelemento del sentimento, non ancora capace di vivere direttamente nella testa. Steiner ci ha detto ieri
che se noi, verso i nove, dieci anni, quando cominciamo a dare al bambino i primi elementi di scienza
naturale, descrivendo lessere umano, mettiamo al primo posto la testa, psicologicamente portiamo il
bambino ad avere un rapporto con i suoi arti tale da non apprezzarli, ed avremo, nel giro di pochi mesi, un
bambino a cui abbiamo tolto la gioia di usare le proprie mani e i propri piedi. Daremmo, cio, un grosso
impulso per far saltar fuori una persona intellettuale, una persona che tenta di contemplare il mondo, a cui
manca il dinamismo che vuole trasformare il mondo, mentre lIo si realizza trasformando il mondo, non si
realizza per aria, perch se lIo potesse realizzarsi senza incarnarsi, si realizzerebbe nei mondi spirituali.
Perch scende sulla terra? Scende sulla terra perch sa che pu fare un enorme passo avanti nella
propria evoluzione unicamente nellinterazione con lelemento della terra, nellinter-azione, quindi usando
gli arti, le braccia soprattutto: i piedi lo portano dove deve lavorare, e le braccia e le mani gli servono per
lavorare.
NellApocalisse, che conoscete forse quasi tutti, c unimmagine, che nellumanit sorta sempre
di nuovo, che presenta un elemento femminile solare, la donna vestita di sole, con in grembo un bambino, il
figlio delluomo, cio ci che il cammino della libert umana genera. In questa immagine un elemento
importantissimo il fatto che la donna ha la luna sotto i piedi: ci indica che linterazione con lelemento
terrestre, con lelemento della materia, diciamo con lelemento delle pietre, delle piante e degli animali,
essenziale al cammino di generazione dellIo. Due settimane fa ero a Chartres, e dicevo ai partecipanti al
seminario che, in fondo, abbiamo tante bellissime raffigurazioni della madonna con il bambino, quindi di
questo essere solare ammantato di sole col bimbo in grembo, nelle quali manca, per, la luna sotto i piedi. E
io ponevo la domanda: Come mai la luna sotto i piedi non c pi?. In tutte le raffigurazioni c sempre la
madonna con il bambino, magari ci sono i dodici impulsi dei segni zodiacali, ma manca la luna sotto i
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piedi: i piedi sono gli arti, quindi manca linterazione operativa con il mondo circostante, linterazione tra
lessere umano e il sostrato di natura. La luna che lelemento morto, minerale nel cosmo, rappresenta il
sostrato di natura.
Perch sparita la luna sotto i piedi? Perch abbiamo un cristianesimo che non ha nessun problema
a raffigurare questa immaginazione primigenia degli iniziati (anche gli egizi hanno Iside con il figlioletto
Horus) senza la luna sotto i piedi? Perch? Perch il cristianesimo ha perso la dimensione della
reincarnazione, nel cristianesimo sorta, come tappa evolutiva necessaria dellumanit, una mentalit che
ha perso la prospettiva della reincarnazione. Lumanit occidentale ha cominciato a pensare che si vive una
volta sola e poi, per fortuna, si entra in paradiso, cio si cominciato a pensare che levoluzione eterna
dellessere umano in cielo, nel mondo spirituale, lasciando indietro la terra. Limmaginazione di
Giovanni dellApocalisse, invece, ci presenta questa donna che non scappa via, che non si tira fuori dal
mondo dellincarnazione, ma, al contrario, poggia sulla luna, cio ci dice che il fondamento
dellevoluzione dellIo sono gli arti, che levoluzione dellIo si pu compiere non lasciando indietro
linterazione con il mondo della natura, bens vivendoci dentro, quindi ritornando sempre di nuovo sulla
terra.
Il bambino al quale si comunica lentusiasmo per questo elemento specifico dellessere umano che
sono gli arti, comincia a sentire dentro di s il dinamismo operativo dellIo superiore, che venuto sulla
terra proprio per acquisire gli arti; il bambino sa, nel suo profondo, che non venuto gi sulla terra per
cercarsi una testa che pensa, perch nel mondo spirituale pensava molto meglio di adesso, nel mondo
spirituale gli mancavano gli arti, soprattutto le mani, per imprimere nel cosmo visibile questi bellissimi
pensieri che lui ha gi pensato, per conseguire quei passi evolutivi, che si possono conseguire unicamente
compiendo questi gesti di trasformazione dellelemento terrestre. Quando diventer pi grande, capir che
questi arti, questi piedi e queste braccia, si possono muovere nel mondo umano solo nella misura in cui c
una testa che li conduce, per lessenziale che si muovano, perch se si fosse venuti sulla terra soltanto
per pensare e non combinare mai nulla, sarebbe stato meglio rimanere nel mondo spirituale! Ecco perch
Steiner ci conduce ad apprezzare lelemento della volont, lelemento della responsabilit morale nei
confronti della propria evoluzione e, indirettamente, nei confronti dellevoluzione del cosmo.
Quindi, lintenzione incarnatoria lintenzione di darsi strumenti di esecuzione dellimpulso
volitivo, perch gli impulsi volitivi ci sono gi, i pensieri anche, in un certo senso si pu anche dire che
nella testa di un essere umano, nello stato di veglia, avvengono di per s tantissime cose, tantissimi pensieri:
il pensiero ordinario automatico. Ci che non automatico la volont, ecco perch la volont
lelemento della libert. In altre parole, nessuno di noi pu essere libero al livello del pensiero ordinario;
invece esercitiamo la nostra libert nel far scendere impulsi di conquista, in chiave di evoluzione, dentro
agli arti, in modo che compiamo qualcosa, e, infatti, ci sentiamo poveri, sentiamo una diminuzione del
nostro essere quando ci rendiamo conto che vorremmo fare tante cose, per questa volont non arriva agli
arti, non arriva fino alle mani. E qui che lessere umano fa maggiormente lesperienza della vanificazione
del proprio essere, della povert della propria vita, perch, in fondo, avverte che se tutto avviene soltanto
nella sua testa, non ha nessun merito, perch avviene da s. In altre parole, noi non abbiamo nel pensare
ordinario la libert, la libert labbiamo l dove qualcosa non avviene se io, positivamente, di volta in volta,
non decido che ci sia. Poniamoci la domanda: allora perch La filosofia della libert fa consistere lessenza
dellesperienza della libert nel pensiero? E semplicissimo: noi cominciamo a diventare liberi nel pensiero
quando cominciamo a mettere nel pensiero la volont; finch nel pensiero c lautomatismo dove io non ci
metto la volont precisa del mio Io, il mio pensare avviene da s, senza che sia io a volere ci che avviene
nel mio pensiero, saltano fuori i pensieri da soli, automaticamente, cio non c dentro la mia volont. Io
comincio ad essere libero nel pensare nella misura in cui mi esercito ad immettere in questa corrente del
mio pensiero la mia stessa volont, dove sono io a decidere volitivamente quali pensieri vengono pensati,
con quale lunghezza, con quale variazione ecc. ecc. Quindi, il pensare diventa libero nella misura in cui
diventa un volere, nella misura in cui io faccio rifluire dentro al pensare limpulso degli arti, limpulso della
volont, quindi della libert. E molto importante farlo comprendere al bambino, anzi non che dobbiamo
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farglielo comprendere, perch lui lo sa, dobbiamo solo confermargli che il mistero della libert quello
della volont, non del pensiero, che si liberi nel pensiero nella misura in cui nel pensiero c la volont.
Perch il bambino lo sa? Perch sa che quando lui a prendere in mano il gesso e a scrivere alla
lavagna, quella parola che lui ha scritto non ci sarebbe senza di lui. E chiarissimo che il bambino esperisce
il mistero della libert dal lato del volere, della volont. Il bambino avverte in modo armonioso il fatto che
gli facciamo vedere che tutti gli animali, i pi perfetti, hanno tutti e quattro gli arti al servizio del tronco, e
non hanno nessun arto al servizio della volont libera, mentre a lui, che un essere umano, per trasportare
tutto il tronco bastano un paio di arti, e con laltro paio pu scrivere, pu dipingere ecc. Ecco il mistero
della libert negli arti, nella volont. Naturalmente importante che, dietro le azioni, ci sia la testa, ma
questo il bambino lo capir pi tardi, adesso si tratta di confermare nel modo pi profondo il dinamismo
che il bambino sente dentro di s, perch egli non ancora in grado di fare tanti bei pensieri, ma in grado
di muovere le gambe e i piedi. Se noi non confermiamo la gioia che lui prova nel muovere le mani e i piedi
e gli diciamo, da adulti, che la testa pi importante, lo scoraggiamo, perch lui la testa non sa ancora
usarla, mentre la sua manina la sa usare, l sente questa forza prorompente dellIo, ed su questo elemento
che va fondata la consapevolezza che lessere umano diverso da tutti gli altri animali in base agli arti, in
base agli strumenti della volont, in base a questa capacit di operare liberamente nel cosmo.
Supponiamo che stiamo facendo plasmare a un bambino un pezzo di creta: attraverso le mani lui fa
lesperienza plasmante della libert, dellindividualit, perch sicuramente il lavoro di un bambino non sar
uguale a quello di un altro, e saltano fuori lavori tutti diversi, perch le individualit sono diverse. Se il
maestro, cosa terribile, comincia a dire che un bambino ha fatto meglio di un altro, si uccide lesperienza
dellindividualit, e sorge il pensiero astratto di una statuina, di una statua perfetta, e di un essere umano
che in funzione della statua, anzich essere la statua in funzione dellessere umano. Esiste un Io ideale?
Non esiste un Io ideale. Sorge, perci, il problema dei santi, perch i santi non vanno imitati. Nella storia ci
sono fenomeni che vanno superati, perch dietro al mito dei santi, che poi un mito cattolico, che cosa c?
C uno stadio evolutivo che non ha ancora sufficiente consapevolezza dellindividualit irripetibile
dellessere umano, ed ho gi espresso pi volte il pensiero che se oggi avessimo delle persone che trovano
Francesco dAssisi tanto meraviglioso da volerlo imitare, si porrebbero proprio in antitesi alla caratteristica
fondamentale di Francesco dAssisi, perch quale era la caratteristica fondamentale di Francesco dAssisi?
Che non ha imitato nessuno, che era originale. Era originale, e lo si desume dalla storia, i suoi frati erano
disperati perch aveva lestro dellamore e non era prevedibile: con qualcuno era tutto buono e con qualcun
altro no, non seguiva regole. La caratteristica fondamentale di Francesco dAssisi era loriginalit: si pu
imitarlo soltanto non imitandolo. Ecco il paradosso.

Intervento: Cristo pu essere considerato un Io ideale?

Archiati: No, perch Cristo linsieme di tutti gli Io umani, non un Io singolo accanto ad altri Io. LIo
scende sulla terra in chiave incarnatoria per compiere sulla terra qualcosa che soltanto lui pu compiervi,
non scende sulla terra per imitare, scende sulla terra in chiave di irripetibilit, di originalit. In fondo,
quando noi ci paragoniamo agli altri siamo nella non-libert, perch una caratteristica fondamentale dellIo
di non essere paragonabile, se io prendo come metro di misura per questo Io un altro Io che cosa
combino? Voglio dire ci che in base a ci che non . LIo umano non paragonabile, non posso mai
prendere un Io umano come metro di paragone per un altro Io umano, e, nella misura in cui noi viviamo in
questa paragonabilit, siamo ancora non-liberi, non abbiamo il coraggio, non abbiamo la forza interiore di
porre nel mondo qualcosa che soltanto noi siamo chiamati a porvi, e che non possiamo pretendere da
nessun altro, anzi non si riesce pi a sopportare che ci sia qualcun altro uguale a noi, perch una cosa
terribile, vuol dire che non si ancora divenuti se stessi, o laltro non divenuto se stesso, o tutti e due. E
non si concede a nessun altro il diritto di giudicarci in chiave di paragone, perch tutti gli altri esseri umani
sono in grado di dire chi sono loro, ma nessun altro in grado di dire chi sono io, questo possiamo dirlo
soltanto noi. C qualche argomentazione contraria a tutto questo?

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Intervento: C anche luniversale umano, ci sono delle qualit che ci accomunano, quella di pensare per
esempio...

Archiati: Diciamo che le cosiddette qualit comuni sono le condizioni, le condizioni sono comuni. Il
linguaggio, per esempio, una condizione comune, ma non una qualit, una condizione tramite la quale
ogni essere umano realizza qualcosa di assolutamente individuale. Le condizioni sono strumenti comuni,
ma ci che ognuno ne fa del tutto individuale. Certo, finora nellumanit c stata molto maggiore
consapevolezza degli strumenti comuni, perch sono automatici, ci sono di per s, e molta meno
consapevolezza di ci che non automatico. Che cosa non automatico? La realizzazione dellIo unico.
Perch non automatico? Perch il mistero della libert, pu esserci o pu venir omessa. Proprio perch
la comunanza, luniversale, c di per s, lumanit tende a metterlo in primo piano al punto che dimentica
ci che pu anche non esserci; siccome lelemento universale (ereditariet, il linguaggio, il respirare ecc.)
non libero, si tende a sopravvalutarlo, nel senso che c sempre la possibilit di disattendere o di ignorare
ci che, invece, pu anche venir omesso, che la realizzazione della libert individuale, cio la
realizzazione dellindividualit. In altre parole, se lessere umano omette la realizzazione dellindividualit,
cosa resta di lui? Resta ci che comune, pensa con i pensieri del linguaggio, anzich generare dei pensieri
per forza volitiva individuale, abbandonandosi ad automatismi di linguaggio. Spesso Steiner ha detto che
sono pochissimi gli esseri umani che hanno pensieri, la maggior parte degli esseri umani ha delle
rappresentazioni che sorgono automaticamente, grazie allautomatismo del linguaggio: si sente una parola,
segue un certo pensiero.
Quindi, nellessere umano ci sono due dimensioni fondamentali: 1) ci che universale e 2) ci che
individuale. Le cose, poi, si complicano perch c un fenomeno mediano tra lindividuale e luniversale,
e cio il gruppo, che comune a diversi, ma non a tutti. Per esempio, il linguaggio era un fenomeno
universale, ai primordi dellevoluzione, quando esisteva un unico linguaggio nellumanit; ma al nostro
stadio evolutivo, il linguaggio non pi un fenomeno universale, bens di gruppo, comune, cio, a tante
persone, ma non a tutti. Adesso, per facilitare le cose, prendiamo uno schema (fg. 12)




Prendiamo A e B come fenomeni di comunanza e C come fenomeno di individualit; A come comunanza
assoluta e B come comunanza limitata, a livello di gruppo. La mia affermazione fondamentale che ci che
universale, non conquista di libert individuale, ma un dato di natura, quindi automatico, rappresenta
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le condizioni che vengono date per sviluppare ci che individuale, quindi la base, ma la differenza
abissale fra la base di natura e ci che io sviluppo individualmente, sta nel fatto che la base di natura non
libera, automatica e, quindi, non pu mancare, mentre ci che individuale pu venire omesso se io non
lavoro decisamente e coscientemente a costruirlo. Laltra riflessione che lumanit ha marcato, ha
sottolineato, molto di pi questa sfera a sinistra che non questa a destra, per due ragioni: una ragione che
questa sfera a sinistra c mentre questa a destra bisogna crearla, e laltra la paura della libert, nel senso
che finch c soltanto questa dimensione qui a sinistra le cose vanno bene, vanno secondo il gruppo, il
fenomeno del gregge, quando, invece, una delle cento pecorelle si stacca dalle altre novantanove, le cose
non sono pi cos semplici, cos facili.

Intervento: Ci pu essere un gruppo in cui le persone sono individui?

Archiati: Io non sto dicendo che quando sorge questa dimensione qui a destra, quella a sinistra sparisce, no,
perch questa a sinistra la condizione, il fondamento; in altre parole, C non ci pu essere senza A, mentre
A pu esistere senza C, questa la grande differenza. Ed chiaro che chi vuole avere lumanit sotto
controllo, vuole A senza C, perch quando salta fuori C, allora il controllare non pi cos semplice.
Questo processo rientra, naturalmente, nelle leggi evolutive dellumanit, perch il senso globale
dellevoluzione lindividuazione: allinizio cera una universalit cos assoluta che non cera nessuna
distinzione ne in gruppi ne in popoli. La parola ADAM in ebraico significa Adamo, ma indica tutta
lumanit, una sostanza animica di gruppo, unitaria, dove non cera nessuna distinzione, la distinzione
cominci pi tardi, la prima grande distinzione fu la separazione dei sessi, si ebbero i primi due grandi
gruppi, i maschi e le femmine.
La libert sempre liberazione, quindi se ci viene a mancare il gruppo da cui ci si libera, si termina
di potersi liberare, non c pi libert. La libert non qualcosa di astratto, sempre un liberarsi da
meccanismi automatici. Perci lespressione dellindividualit possibile unicamente nel contesto del
gruppo, perch senza il gruppo non siamo individualit, siamo nulla, soltanto nel paragone siamo
individualit. Se si perde il paragone con gli altri esseri umani in quanto altri, non si pu esperire la propria
alterit rispetto agli altri e, quindi, la propria unicit. Come si fa ad essere unici se non c nessun altro? A
pu avere due funzioni: quando A subissa C e lo rende impossibile, allora A ha un certo tipo di carattere,
quando invece A diventa lo strumento di C per lindividuazione, la natura di A cambia profondamente, cio
il sostrato di natura viene trasformato, la resurrezione della carne. Quando il sostrato di natura diventa
corporeit di libert individuale, ha un carattere di resurrezione che gli conferisce una qualit del tutto
diversa, una trasformazione reale del sostrato di natura. Perci io ho parlato dellevoluzione reale della
rosa, perch la rosa, rappresentante del sostrato di natura, non resta tale e quale col sorgere di questa
seconda dimensione, il sorgere di questa seconda dimensione consiste nella trasformazione del sostrato di
natura, che prima impediva il sorgere di questa nuova dimensione ed ora, invece, ne lo strumento.

Intervento: Noi abbiamo parlato del gruppo come di qualcosa che si oppone allindividualit libera, per
pu esserci un gruppo, come la Societ Antroposofica, che viene scelto liberamente dallindividuo.

Archiati: Il problema sta nel fatto che noi usiamo la stessa parola per indicare due cose opposte: usiamo la
parola gruppo dove il gruppo impedisce il sorgere dellindividualit libera, e usiamo la parola gruppo
dove ogni persona di questo gruppo non soltanto lha scelto liberamente, ma concede anche, dona libert
sempre maggiore a ciascuno, e dovremmo usare unaltra parola, altrimenti il linguaggio diventa talmente
astratto che non ci capiamo pi. Questo il problema.

Intervento: Potremmo usare la parola comunit?

Archiati: Comunit non una parola meno problematica di gruppo. Io direi che la parola non esiste
ancora, ecco perch importante disabituarsi dallusare concetti e definizioni, al posto di descrizioni reali
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dei fenomeni: nella nona conferenza di Antropologia, per due o tre pagine, Steiner descrive la differenza tra
caratterizzare qualcosa e metterci sopra una parola, un concetto. Se qualcuno mi da il concetto di gruppo
non mi serve a niente, perch il concetto di gruppo pu significare mille cose diverse, tra laltro anche
opposte; se invece, descriviamo la dinamica di ci che avviene, allora scopriamo che in un cosiddetto
gruppo, dove ci si nega a vicenda la libert individuale, i fenomeni che avvengono, la dinamica di
interazione di tuttaltra natura rispetto al tipo di rapporto che si instaura nel cosiddetto gruppo -di
nuovo, se non troviamo unaltra parola-, dove avviene il contrario. Ecco la differenza tra il definire e il
caratterizzare, il descrivere. Alla fine della nona conferenza, Steiner parla di concetti viventi: concetti
viventi nel senso che anche se noi usiamo la parola gruppo, questa parola non viene mai dogmatizzata,
ma viene usata vivacemente, dinamicamente in contesti sempre diversi, in modo che il bambino cresce col
senso di poter descrivere i fenomeni. Quando immettiamo nel bambino dei concetti morti? Ogni volta che
gli diamo delle definizioni, come, per esempio, gruppo significa..., gruppo non significa niente, gruppo
significa mille cose. O un leone ..., e glielo si fa imparare a memoria sperando che questo bambino
quando sar un uomo di trentanni, sar in grado di ripetere esattamente la stessa definizione che gli
abbiamo dato noi: cos il mondo non va avanti.
Gli aspetti di ogni fenomeno sono molto diversi, per cui per una persona il gruppo sar una cosa, per
unaltra magari tutto lopposto, e poi si entra anche nel dialogo, per cui nessuno pu dire: Gente, le cose
qui stanno cos!. Ecco perch Steiner dice che, in chiave di pedagogia, bisogna sempre partire da ci che
ununit organica e solo dopo andare a vedere gli aspetti particolari.

Intervento: Nelladolescenza c un grande bisogno di essere riconosciuti dal gruppo.

Archiati: Se noi riprendiamo lo schema, possiamo distinguere, grosso modo, in chiave evolutiva tre stadi,
A, B e C, che possiamo paragonare allevoluzione dellarco di una vita, allora dobbiamo dire: A lo stadio
dellinfanzia, B lo stadio delladolescenza e C lo stadio della maturit. In altre parole, un essere umano
maturo nella misura in cui individuale e libero; finch non individuale e non libero, non cresciuto per
niente, cio trova la sua identit non nellindividualit ma nel gruppo. Per gli schemi non sono fatti per
sostituire il nostro pensiero, sono solo indicazioni di pensieri infiniti da fare.
Il bambino piccolo soltanto un fenomeno di gruppo? No, un fenomeno universalmente umano, ci
sono tutti gli elementi universalmente umani, tanto vero che il primo fenomeno di gruppo fondamentale
che il linguaggio, non c ancora. Per, si potrebbe dire che gi un fenomeno di gruppo nel senso in cui
ci sono le razze, quindi come biologia, come realt corporea, non universalmente umano, ma ha gi un
carattere di gruppo. Tuttavia il fenomeno vero di gruppo salta fuori dopo, il bambino appena nato non
capace di gruppo, mentre il ragazzo di quattordici anni vive pienamente nellelemento del gruppo, e a
trentanni si spera che cominci ad apprezzare lelemento individuale, dove non ha pi bisogno che gli altri
gli diano ragione, che facciano come lui ecc.

Intervento: Quindi un ragazzo che non riesce ad inserirsi nel gruppo gi maturo?

Archiati: Oppure ancora nello stadio infantile. Bisogna osservare i fenomeni, le definizioni non vanno
bene: per un quattordicenne pu trattarsi di un ritardo nellevoluzione, per cui non ancora capace di
gruppo, per un altro pu trattarsi di una precoce evoluzione, per cui gi molto pi capace di individualit
che non gli altri coetanei. E molto importante per linsegnante osservare i fenomeni, perch,
pedagogicamente, con il primo ragazzo bisogner agire in tuttaltro modo che con il secondo, per il
secondo non incapace di inserirsi nel gruppo, perch noi abbiamo detto che dove c C c anche A,
quindi se non capace di inserirsi nel gruppo vuol dire che C non c ancora. In altre parole, una persona
che veramente capace di individualit, sa apprezzare pienamente ci che elemento di gruppo, perch ci
che elemento di gruppo va vissuto come elemento di gruppo. Se io adesso volessi mettermi in testa che,
siccome voglio essere unindividualit, voglio fare un linguaggio mio, va bene? No, il linguaggio un
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fenomeno comune, quindi se non sono capace di vivere il fenomeno di gruppo dimostro che questa
dimensione universale ancora non c in me.
Prendendo il fenomeno da un altro lato, possiamo dire che il dato di natura la realt corporea, il
gruppo la realt animica e lindividualit la realt spirituale, ma nellindividualit libera ci sono tutti e
tre gli elementi.
Affrontiamo adesso il problema degli errori pedagogici, perch Steiner ci mette in guardia rispetto
al credere che si possa riparare tutto. Se il maestro, ad esempio, ha fatto sentire al bambino che certi colori
insieme sono pi armonici di altri, lo sono per natura, oggettivamente, che il giallo accanto al blu pi
bello che non il giallo accanto al verde, il bambino impara per tutta la vita che il giallo accanto al blu pi
bello, impara, non a livello di testa ma a livello di sentimento, che un certo modo di comporre i colori pi
bello, e un altro meno bello. Inoltre il bambino, che non ha ancora capacit di sintesi, vive meglio la
bellezza dei colori fondamentali, semplici, giallo, blu e rosso, che non i colori composti, verde, arancio e
viola. Il problema sorge quando un bambino ci dice che bello quello che non lo , allora ci troviamo di
fronte ad un enorme errore pedagogico: e a quel punto l non crediate che tutto si possa riparare. Pu
capitare che come maestri ci si trovi di fronte ad una tragedia, rispetto alla quale si pu riparare soltanto in
modo limitato, perch un bambino, di un disegno oggettivamente brutto, mi sta dicendo che bello: questa
una tragedia, tanto pi profonda in quanto riguarda il livello del sentimento e non del pensiero, perch il
senso del bello gli stato distrutto.

Intervento: Nella natura, invece, si trova benissimo il giallo accanto al verde, e addirittura accanto al rosso,
basta pensare ad un prato di margherite!

Archiati: Questo ci dimostra quanto siamo diventati astratti, perch un prato di margherite non il verde
accanto al giallo, ma il giallo dentro al verde. Sono due fenomeni del tutto diversi. E, comunque, Steiner
non dice che il giallo accanto al verde brutto, dice che il giallo accanto al blu pi bello, ma chiaro
che tutti i colori sono belli, cos come nella musica non ci sono solo le consonanze, ma anche le dissonanze,
e senza le dissonanze non si potrebbero apprezzare le consonanze. Per un conto , musicalmente, avere la
capacit di vivere artisticamente la dissonanza, e un altro vivere la dissonanza come consonanza, perch
se si vive una settima allo stesso modo in cui si vive una terzina, si finisce di vivere la musica.
In questa ora e un quarto vorrei fare ancora alcune considerazioni di carattere generale sui sensi, in
modo che potrete rendervi conto di come il capitolo sui sensi sia uno dei pi complessi della scienza dello
spirito, che richiederebbe uno studio approfondito, altrimenti si entra nellastratto.

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Rifacciamo la gamma dei dodici sensi (fig. 13).





Partiamo da qui, da questa cesura fra il tatto e il senso dellIo. Il senso dellIo mi da la percezione
dellIo altrui, il senso del tatto, invece, la percezione della mia corporeit nella sua globalit. La percezione
dellIo la percezione della spiritualit di un altro Essere umano, il tatto la percezione della mia
corporeit: qui c un Rubicone, proprio una cesura, e vedremo poi il significato di questa cesura. Dopo la
percezione dellIo altrui, abbiamo il senso del pensiero, quindi c il senso del linguaggio e poi il senso del
suono, che noi chiamiamo usualmente udito. Nel senso del linguaggio abbiamo la percezione del suono
linguistico articolato, nel senso del suono abbiamo, invece, la percezione di un suono musicale.

Intervento: E il rumore dov, nel linguaggio?

Archiati: Per il rumore non c un senso specifico. Se volete entriamo subito nel merito di questa
problematica: dunque abbiamo il suono e il rumore. Qual per esempio, la differenza fra la percezione del
suono musicale e la percezione del suono linguistico? E in che modo si passa poi al senso successivo?
Perch tra tutti i sensi c una continuit, un trapasso dalluno allaltro, tranne che tra lIo e il tatto. Adesso
li caratterizziamo un po meglio, quello del pensiero, quello del linguaggio, quello del suono e quello del
rumore, e vedrete come i fenomeni diventano molto difficili, e se non ci si accompagna con le forze
pensanti, si comincia a navigare nellastratto... Quelli di voi che erano a Collalbo forse si ricorderanno le
cose che ho detto in quelloccasione. Dunque, il fenomeno specifico quando noi percepiamo un rumore,
che il rumore viene sentito, viene percepito senza conpercezione di suoni accompagnanti, che vengono
chiamati suoni armonici. Quindi, io ho la percezione del rumore quando il contenuto di ci che
percepisco non viene accompagnato da nulla di concomitante. Quando, invece, sento, percepisco un suono
musicale, il fenomeno specifico che, oltre al suono che io percepisco direttamente, in concomitanza
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percepisco gli armonici che appartengono a questo suono. Insieme al suono musicale vengono percepiti
inconsciamente anche i suoni armonici complementari, altrimenti non si saprebbe che si tratta di un suono
musicale. In altre parole, non si pu percepire un suono musicale senza sapere, non a livello consapevole
ma a livello di percezione, che un do, ad esempio. Se sentiamo un do, sentiamo anche i suoni
accompagnanti. Questa la differenza chiara tra la percezione di un suono musicale e la percezione del
rumore.

Intervento: Ma esiste una percezione inconsapevole?

Archiati: Certo, a livello del sentimento. La percezione inconsapevole , ad esempio, quella dellanimale.
Perch noi siamo in grado di percepire una melodia e non soltanto dei suoni staccati? Perch a livello
inconscio li mettiamo insieme, li percepiamo contemporaneamente, anche se, a livello di percezione
conscia, li sentiamo gli uni dopo gli altri. Questo il fenomeno musicale: un fenomeno di uno dopo laltro a
livello di percezione conscia, un fenomeno di contemporaneit a livello di percezione inconscia. Altrimenti
non unesperienza musicale. Il senso del benessere e del malessere collegato alla percezione del suono e
del rumore, dipende dal fatto che quando si percepisce un suono si percepisce unarmonia di rapporti,
invece quando si percepisce un rumore, si percepisce un elemento senza contesto; in altre parole, quando si
sente un suono si sa che cos, quando si sente un rumore, nessuno sa che cos. Il rumore disturba, il suono
no, perch? Perch il suono porta con s la sua spiegazione, il rumore no, la si deve cercare.

Intervento: Nella percezione del suono la parte inconscia riguarda solo la percezione delle note limitrofe o
di tutte le note?

Archiati: Dipende dalla complessit della sensibilit artistica dei sensi. Una persona poco musicale,
percepisce inconsciamente le note armoniche pi elementari che ci siano (do, mi, sol), in un musicista,
invece, la percezione inconscia diventa molto pi complessa, un musicista capace di percepire, a livello
inconscio, anche le dissonanze. Cosa significa che una persona capace di percepire soltanto i suoni
fondamentali? Significa che vive in una razza la cui musica rumore, o in una societ, in un ambiente
culturale in cui non c distinzione tra suono e rumore. Dove finisce il suono e dove comincia il rumore?

Intervento: Siccome lorgano di senso per la percezione sia delluno che dellaltro comunque lorecchio,
non si potrebbe dire che in queste persone pi che non esserci la percezione del suono, non c la capacit
di distinguere fra le proprie percezioni, a livello di concetto, di conoscenza, o proprio un problema di
percezione?

Archiati: Il fenomeno un po complesso, fra laltro bisogna osservare che Steiner, in tedesco, non parla
del senso delludito, ma del senso del suono, Tonsinn. Come mai non parla del senso del rumore? Perch
una persona che percepisce il rumore ma non sa percepire i suoni, ha il senso delludito meno evoluto.

Intervento: E questo influenza il senso del linguaggio e il senso del pensiero?

Archiati: Le conseguenze le vedremo adesso, cio vedremo che dove questa distinzione non cos chiara
sorgono nel linguaggio fenomeni di rumore, abbiamo consonanti che sono rumori, non suoni articolati.

Intervento: Il linguaggio che si usa con i bambini piccoli pu essere visto come un fenomeno di
educazione alla percezione degli armonici?

Archiati: Nella cantilena la percezione del suono pura. Adesso andiamo al senso del linguaggio. In che
modo noi distinguiamo, a livello di percezione, tra un suono musicale e un suono linguistico? Steiner dice
che si passa dalla percezione del suono musicale a quella del suono linguistico, quando si termina di
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conpercepire i suoni armonici accompagnanti a livello inconscio e c soltanto il fenomeno percettivo
conscio. E come se la percezione musicale fosse pi ampia, perch il suono che si percepisce
accompagnato dalla percezione inconscia dei suoni concomitanti, mentre nella percezione della parola i
suoni concomitanti spariscono nel loro carattere di accompagnamento sognante e diventa tutto e solo
conscio, cio si percepiscono unicamente i suoni linguistici. La formulazione usata da Steiner che nel
suono linguistico si disattende il suono fondamentale e si percepiscono consciamente soltanto i suoni
armonici. Se io adesso dico la parola PA-RO-LA, se riuscite a concentrarvi sul fatto percettivo, se restate al
puro fatto di quello che vi sembra di percepire, quando si sente PA non si ha ancora la PA-RO-LA, quando
si sente RO si perso il PA, e quando si sente il LA, si perso il PA e il RO, quindi dove si percepisce la
parola PA-RO-LA ? Se si atomizza il processo non si percepisce mai la parola PA-RO-LA, quindi se vero,
ed vero, che si percepisce la parola parola, vuol dire che non si mai nellatomizzazione, vuol dire che
si gi in partenza in tutta la parola parola. Se fossimo ancora al livello dellatomizzare, se leggessimo
atomo per atomo, saremmo ancora in prima elementare, dove si leggeva lettera per lettera, poi consonante
per consonante ecc. Se fossimo ancora a quel livello, sapremmo leggere? No. Come si legge quando si
conosce la lingua? Non soltanto parola per parola, ma con un colpo docchio gruppi di parole insieme. Non
vero che si passa atomisticamente da una lettera allaltra, si fanno delle sintesi. Se avete fatto lesperienza
di imparare una lingua straniera, conoscete quello stadio ben specifico in cui non si ancora in grado di
leggere contemporaneamente due o tre parole, e si costretti a concentrarsi su ogni parola: a quel punto l si
sa che ci si deve perfezionare, perch non si pu leggere in quel modo, si comincia a leggere quando
locchio abbraccia almeno tre o quattro parole. Fra laltro, fa parte dellessere maestri il non essere costretti
a fissare il testo continuamente, quando si legge: questo un esercizio di percezione.
Il senso del suono e il senso del linguaggio non sono lo stesso senso. Ora: cosa avviene quando si
percepisce il pensiero? Nel rumore si percepisce il rumore senza suoni armonici accompagnanti; si
percepisce un suono musicale quando, accompagnanti il suono si percepiscono, incoscientemente, i suoni
armonici concomitanti; c la percezione del suono linguistico articolato quando viene disatteso ci che
prima, nel suono musicale, si sentiva direttamente, e si percepiscono soltanto i suoni armonici. In altre
parole la percezione del linguaggio una percezione sintetica per eccellenza. Quando percepiamo il
pensiero di unaltra persona, disattendiamo anche gli armonici, tutto ci che sonoro. Quando si percepisce
il significato, non si pi nel linguaggio, perch il significato lo stesso, sia che si parli in tedesco, sia che
si parli in italiano; perci si percepisce quello che laltro vuole dire, non il linguaggio attraverso il quale lo
sta dicendo. Quindi, quando percepiamo il significato, noi respingiamo, disattendiamo anche i suoni
armonici, e facciamo attenzione solo al senso.

Intervento: Nellascolto di una poesia quanti sensi sono coinvolti? Tre?

Archiati: Dodici! Si percepisce una poesia necessariamente in dodici chiavi del tutto diverse, perch
quando si sente una poesia, a seconda di come risuonano i suoni articolati, tutto lessere vibra, quindi entra
in gioco il senso del movimento, il senso vitale chiamato ad agire in modo fortissimo ecc., solo che non
ne siamo consapevoli. Inoltre, quando si sente una poesia, si ha una percezione dellIo dellaltro, si ha una
percezione del pensiero, una percezione del linguaggio ecc. fino alla percezione del tatto, dellequilibrio
ecc.

Intervento: Significa che se non si ha equilibrio non si pu sentire una poesia?

Archiati: La si sentir in modo del tutto diverso.

Intervento: Ma io credo che ognuno di noi sente comunque in modo diverso.

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Archiati: Diversamente a seconda di che cosa? Di come funzionano i dodici sensi. Si sente forse una poesia
nello stesso modo se si riposati e se si stanchi? Il fatto che noi non siamo abituati a considerare questi
fenomeni nella loro realt.

Intervento: Perch lorgano di percezione del linguaggio non lorgano di senso del linguaggio, cio
lorgano che produce il linguaggio, ma un altro organo, cio lorecchio?

Archiati: La complicazione proviene dal fatto che bisogna distinguere ulteriormente fra organo di senso e
senso. Perch un conto lorgano di percezione del suono, e un altro la percezione del suono. Lorgano di
percezione del linguaggio, poi, lintera corporeit, per in una sua ben precisa funzione, che quella di
paralizzare il movimento interno, per esempio i movimenti che riguardano la digestione; ma qui le cose si
complicano e si rischia di diventare astratti. A me interessava fare delle considerazioni generali, non entrare
nella complessit dei fenomeni, perch in questi dodici sensi noi abbiamo un precipitato di tutto il cosmo,
un concentrato di tutte le qualit dei dodici impulsi cosmici, quindi non c fine agli aspetti che noi
potremmo scoprire; cos come nei sette processi vitali c il precipitato di tutto il sistema planetario.
Abbiamo a che fare con il microcosmo essere umano che veramente il riassunto di tutto il macrocosmo:
i sensi in chiave di dodici, quindi in chiave di stelle fisse, i processi vitali, invece, in chiave del settenario
del sistema planetario. Se noi aggiungiamo poi i dodici arti del corpo umano, che non sono i dodici sensi,
abbiamo un altro mistero del dodici.

Intervento: Gli arti corrispondenti allo zodiaco?

Archiati: S, i piedi corrispondono ai pesci, le gambe allacquario, le ginocchia al capricorno, il femore e le
cosce al sagittario, lapparato genitale allo scorpione, i lombi alla bilancia, laddome alla vergine, il cuore al
leone, il torace al cancro, le braccia e le mani ai gemelli, il collo al toro, il capo allariete. Nei vangeli
trovate questo mistero dove c la cosiddetta moltiplicazione dei pani, che non nessuna moltiplicazione
dei pani, le dodici ceste sono gli impulsi celesti, che scendono gi e costituiscono lessere umano: questa
lesperienza che fanno gli apostoli, i dodici apostoli.

Intervento: E Giuda chi ?

Archiati: E il segno dellaquila che si cambia in scorpione. Nellottava conferenza di Antropologia,
Steiner dice che lIo sintetizza gli organi di senso e le percezioni nei modi pi svariati, e ci da un esempio di
una sintesi importantissima di due percezioni: la percezione della forma e la percezione del colore. Adesso
vi faccio vedere un colore, per attenti a non mentire. Vi faccio vedere un colore, e poi mi direte che colore
era. Che colore era?

Risposta corale: Verde.

Archiati: E la forma?

Risposta corale: Rettangolare.

Archiati: S, era semplice perch avete visto tutti che era un libro. Ma se avessimo preso una forma un p
inconsueta, sarebbe venuto fuori che un numero molto maggiore di maschi avrebbe saputo quale era la
forma. Perch? Adesso capirete subito di che cosa si tratta. Dunque abbiamo il calore, la vista, il gusto, poi
lolfatto: questi quattro qui sono i sensi del sentimento. Il tatto, la vita, il movimento e lequilibrio formano
i sensi della volont. Infine lIo, il pensiero, il linguaggio e il suono sono i sensi conoscitivi. I sensi della
volont sono tali in quanto sono fondati sulla realt corporea, che lo strumento per espletare gli impulsi
volitivi, si potrebbe anche dire che sono i sensi corporei. Il senso dellIo, il senso del pensiero, il senso del
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linguaggio e il senso del suono sono i quattro sensi spirituali, dello spirituale, e gli altri quattro, il senso del
calore, il senso del colore, il senso del gusto e il senso dellolfatto, sono sensi che hanno il compito
specifico di farci sentire qualcosa, quindi unesperienza di interiorit animica, qualcosa che si sente
dentro di s, dentro nella propria anima, non dentro nella corporeit.
Ora, quando percepiamo un colore, percepiamo con la vista la forma del colore? No, e questo molto
importante. Noi percepiamo con la vista il colore, ma non la sua forma, per percepire la forma dobbiamo
attivare il senso del movimento, cio si sente, senza esserne coscienti, un movimento di tutto il proprio
essere, che percorre i contorni di questa superficie colorata e, proprio perch si fa questo movimento, si
diventa noi stessi questo movimento, si ha la percezione della forma. Ora, trattandosi di una percezione
maggiormente volitiva, una percezione di carattere attivo, invece la percezione del colore maggiormente
passiva: questultima animica, mentre laltra pi corporea; per questo la percezione del colore ha un
carattere maggiormente femminile, mentre la percezione della forma ha un carattere maggiormente
maschile.
Se fate questo esperimento con dei bambini di dodici-tredici anni, dopo il secondo Rubicone, potete
star sicuri che un numero molto pi grande di maschietti ricorder la forma, e un numero molto pi piccolo
delle bambine ricorder la forma, per quasi tutte le bambine ricorderanno il colore, mentre tra i maschietti
ci sar qualcuno che non sapr dirvi di che colore si trattava. Sono naturalmente generalizzazioni da
prendere cum grano salis, parliamo genericamente del maschile e del femminile, senza parlare di uomini e
di donne. Il femminile molto pi ancorato al livello animico, il maschile, invece, al livello volitivo.

Intervento: Io ho notato che i bambini, tornando a distanza di anni in un luogo, magari un lago, dicono che
se lo ricordavano molto pi grande, e di solito si spiega loro che questo avviene perch allora erano piccoli.
Invece, trovo interessante il fatto che, essendo molto attivi nei bambini piccoli questi sensi corporei, e in
particolare il senso del movimento, come se il bambino accompagnasse la forma che ha davanti con
unattivit assai pi articolata, che richiede un tempo molto pi lungo di quanto non occorra al colpo
docchio delladulto. Il lago effettivamente pi grande per il bambino. Inoltre, unosservazione che
faccio spesso: i biscotti rotti hanno un altro sapore, una realt. I biscotti interi sono pi buoni. Sono cose
che nei bambini vanno prese molto seriamente.

Archiati: Certo, molto seriamente. Per, tu ci hai dato soltanto una possibilit, una possibilit di maggiore
rapporto, di pi diretto e profondo rapporto del bambino con il mistero del movimento. Io proporrei che noi
lasciamo aperte entrambe le possibilit: laltra possibilit, e secondo me si tratta del mistero della diversit
enorme tra individuo ed individuo, laltra possibilit il fenomeno polarmente opposto, e cio che il
bambino viene talmente abbacinato dallelemento del colore, che questo elemento del colore si amplia
allinfinito e le forme non ci sono pi, perci lui si ricorda che laltra volta era pi grande, perch il colore
era ampliato allinfinito.
Vorrei fare riferimento ad una dimensione fondamentale della nona conferenza di Antropologia, dove
Steiner parla della triade del sillogismo, del giudizio e del concetto. Dunque abbiamo:

Sillogismo
Giudizio
Concetto

Nella traduzione italiana al posto di sillogismo c conclusione, ma la conclusione lultima di
tre proposizioni, che insieme fanno il sillogismo, io credo che sia utile cercare di chiarire un po le cose,
perch se Steiner dedica quasi tutta una conferenza a questo mistero qui, vuol dire che ha la sua importanza.
Laffermazione fondamentale di Steiner che noi partiamo dal sillogismo e poi, per via di atomizzazione,
da questa unit complessa che il sillogismo tiriamo fuori il giudizio, e dal giudizio, per via di ulteriore
atomizzazione, tiriamo fuori il concetto. In altre parole, Steiner dice che lessere umano procede, anche qui,
con metodo sintetico, cio la prima esperienza quella unitaria, e lesperienza del dividere, del
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sottodividere, viene dopo, cos come luno non il numero pi piccolo, ma il numero pi grande che ci
sia, e tutti gli altri numeri sono una parte delluno. Sapete che in tutti i campi, non soltanto nellaritmetica,
Steiner ci fa vedere che lessere umano fa lesperienza di s come essere umano in quanto sintesi di tutto il
cosmo quando, in tutti i campi dellesperienza, si rende conto di partire dalla sintesi, e che ogni aspetto
particolare derivato. Quindi, non mai vero che si parte da un aspetto e poi si arriva alla sintesi: la prima
esperienza sempre la sintesi, poi, per processo di individuazione, per processo di analisi, si arriva
allatomo, e poi dallatomo, se si vuole, si ricostruisce una sintesi, ma la sintesi che si costruisce dopo
aver atomizzato di tuttaltra natura rispetto a quella iniziale.
Il famoso sillogismo classico, che ha reso immortale il bravo Caio, perch Caio stato reso immortale
dalla logica di Aristotele, formato da una proposizione maggiore (M), da una proposizione minore (m) e
da una conseguenza (c):


M : Ogni uomo mortale
m : Caio un uomo
c : Caio mortale

Questa conclusione cos? E un giudizio. La conclusione non tutto il sillogismo, solo lultima
parte del sillogismo, lultima proposizione, la terza, perci la conclusione la terza proposizione del
sillogismo. Quando noi siamo nella conclusione, abbiamo gi lasciato il campo di esperienza primigenio,
originario, in cui il bambino sempre , abbiamo lasciato il campo del sillogismo, e siamo gi arrivati al
secondo gradino, quello del giudizio. Vedremo poi che Steiner dice che la sfera del sillogismo, che quella
della vita reale, non va mai lasciata precipitare nei sottostrati dellanimico e del corporeo, dove acquisisce
una forma costante, e quindi perde la capacit di metamorfosarsi in chiave vivente: soltanto ai concetti
possiamo permettere di scendere in questa sfera, perch, di fatti, la fisionomia di un bambino, la fisionomia
di un adulto stata, in buona parte, anche costruita da tutta la somma dei concetti che il maestro o la
maestra gli ha fatto, diciamo, elaborare, e che sono scesi, non soltanto nellanimico, ma anche nel corporeo.
Quindi, pi un bambino ricco di concetti e meglio , perch scendono fin nel corporeo, e restano l.
Invece, i giudizi formano le abitudini, non la fisionomia costante, ma il livello della gesticolazione, perci
arrivano solo fino allanimico. Infine, i sillogismi devono restare unicamente in questo movimento attuale,
vivente, sempre in cangiante metamorfosi, non devono mai acquisire una dimensione di durata. La prima
dimensione di durata bisogna conferirla al giudizio, ma non pi di tanto, e una dimensione di durata
assoluta concessa soltanto al concetto. Questa una piccola anticipazione, senza pretendere che abbiate
capito tutto, perch ci ritorneremo.

Intervento: Una proposizione un giudizio?

Archiati: Certo.

Intervento: Quindi un sillogismo composto da tre giudizi?

Archiati: S, esatto. Ed la prima cosa che noi viviamo, cio quando abbiamo a che fare gli uni con gli altri
siamo sempre nellambito semantico del sillogismo, mentre una interpretazione del tutto astratta dei
processi mentali, vorrebbe dirci che noi procediamo a ritroso, vorrebbe dirci che noi partiamo dai concetti
atomizzati, li mettiamo insieme tramite una proposizione, un giudizio, una frase e poi mettiamo insieme
delle frasi per formare un sillogismo. Non vero, cos come non vero che lessere umano si costruisce a
guisa dellhomunculus, cio a partire dagli elementi dispersi, disgregati, che meccanicamente vengono
messi insieme come in una macchina. Lessere umano parte dalla sintesi.

Intervento: Dov il concetto in quelle tre frasi?
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Archiati: Il Caio mortale: questo un concetto, non un giudizio, perch il giudizio c quando si dice ,
per esempio ogni uomo mortale. O quando si dice fa. In generale quando si introduce un verbo -
Caio corre - questo un giudizio. Quando si toglie il verbo, resta il concetto, diventa pi astratto.

Intervento: Quindi, il giudizio legato al linguaggio, il concetto, invece, va oltre il linguaggio?

Archiati: Il concetto va in direzione del pensiero, sulla base della successione dei sensi, che abbiamo visto
ieri sera. Il giudizio a livello del linguaggio, un giudizio lo posso esprimere soltanto con una frase del
linguaggio, mentre il concetto va oltre il linguaggio, va verso il senso del pensiero.

Intervento: Conclusione e concetto sono la stessa cosa?

Archiati: No; prendiamo lesempio classico che Steiner ci da in Arte delleducazione II: Didattica,
allinizio della nona conferenza, neanche a farlo apposta, perch le lezioni sono state tenute lo stesso
giorno, dunque nella Didattica Steiner prende lesempio del piovere, della pioggia. Piove un
sillogismo? Steiner dice che si tratta di un sillogismo. Perch? Perch unenorme sintesi, unesperienza
sintetica di massima estensione, significa che con questa parola, piove, come con tutti i verbi senza
soggetto, i famosi verbi impersonali, si dice un carattere fondamentale del mondo circostante, e il modo in
cui questo mondo circostante ha un effetto sugli esseri umani; perch piove significa che se esco e non
voglio bagnarmi, devo portarmi lombrello, questo compreso o non compreso? E compreso, altrimenti
non direi che piove.

Lacqua scende dal cielo.
Lacqua che scende dal cielo bagna.
Se io esco fuori, lacqua che scende dal cielo mi bagna.

Questo che io, adesso, ho formulato in un modo un po zoppicante, unesplicazione del sillogismo
implicito nellaffermazione piove. Quindi, quando noi diciamo piove, siamo in un contesto semantico
di massima vastit, di massima sintesi: il passo successivo quello di restringere il campo, in che modo?
Analizzando. In che modo restringiamo il campo analizzando? Andando in cerca di un soggetto, perch qui,
in piove, tutti i soggetti sono compresi: piove per la tartaruga, piove per la pianta, piove per gli uccelli,
piove per gli esseri umani. Piove per tutti: ecco perch massimamente sintetico. Andando in cerca di un
soggetto, quale esempio porta Steiner? Osserva che noi diciamo piove ma non diciamo verdeggia,
perch? Perch pi ristretto dire il prato verdeggia, in quanto il verdeggiare riguarda, appunto, solo il
prato, e non verdeggia sui tetti, invece il piovere riguarda tutto, quando piove, piove dappertutto. Vedete la
differenza? Quando piove, piove dappertutto, non qui e in Siberia, ma dappertutto nel mondo in cui io sono:
ecco che ci si rende conto dellesperienza sintetica, vasta, di questo piovere. Se si sente, invece,
verdeggia, subito ci si chiede che cosa e dove. Il prato verdeggia: cosa che noi, in italiano, possiamo dire
pi difficilmente che non in tedesco, ma una generazione italiana passata usava queste parole molto di pi.
Un segno di impoverimento della lingua che noi usiamo sempre di meno questo tipo di
espressioni; il toscano di oggi, per esempio, molto pi copioso nellusare questo tipo di espressioni, parla
della nuvole che veleggiano nel cielo, una bellissima immagine. Quindi il prato verde, per meglio
dire, il prato verdeggia: un sillogismo o un giudizio? E un giudizio. Che cosa successo? Che
passaggio abbiamo fatto qui? Abbiamo messo il soggetto e abbiamo fatto unaffermazione su questo
soggetto, prima invece non abbiamo fatto affermazioni su nessun soggetto. Adesso, facciamo un altro
piccolo passo in direzione del concetto e diciamo, invece che il prato verdeggia (osservate la vitalit, la
vivacit, di questo verdeggiare), diciamo: il prato verde. Cosa successo? E diventato pi statico. Ora,
il prato verde la forma classica del giudizio: si giudica il modo di essere del prato e si dice che il prato
verde. E giusto questo giudizio? S e no. Ecco il mistero del giudizio: che ogni giudizio vero sotto un
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certo punto di vista, ed sempre non vero da un altro punto di vista. Ecco perch il giudizio qui, a met
fra il carattere preciso del concetto e il carattere aperto del sillogismo: il sillogismo in quanto tale sempre
aperto a tutte le caratterizzazioni, quando io dico piove, questo piove lo posso caratterizzare in mille
modi, posso descrivere il modo in cui la pioggia in interazione col tetto, posso descrivere il falco che vola
mentre piove ecc. C un limite alle metamorfosi che io posso usare per descrivere questo fenomeno del
piovere? No, non c nessun limite. In mezzo tra questa inesauribilit di caratterizzazioni del fenomeno del
sillogismo e la totale precisione ed univocit del concetto, c il giudizio, che oscilla fra variabilit ed
univocit. Ora, prendiamo questo giudizio, il prato verde: non possiamo dire che un giudizio
sbagliato, perch il prato quando prato, in quanto prato, verde, e quando il prato bianco, dinverno,
ancora un prato? No, la neve bianca, ma il prato rimane verde: vedete che il giudizio sbagliato? Se si
dice il prato bianco, dinverno, sappiamo tutti che cosa vuol dire, per il giudizio sbagliato, perch
non il prato ad essere bianco, la neve ad essere bianca. Le altre cose le potete pensare voi, per bisogna
rendersi conto che il giudizio proprio a met strada tra il concetto e linesauribilit delle caratterizzazioni
del sillogismo, e per il sillogismo non va mai fatto imparare a memoria al bambino, non bisogna mai fare
imparare a memoria al bambino delle cose che sono in chiave di sillogismo, cio in chiave di sintesi
universale.
Con le frasi bisogna fare attenzione, cio il maestro deve sapere se le frasi sono giuste o no, se lo
sono allora va bene che il bambino le impari a memoria, perch se giusto oggi che il prato verde, lo sar
sempre; ma il maestro deve sapere che quando si dice il prato bianco, questo giudizio meno giusto,
quindi non dovrebbe essere imparato a memoria, il bambino non dovrebbe mai mettersi in testa che il prato
bianco, mentre va bene che si metta in testa che il prato verde. E quando il prato bruno, quando il prato
marrone? Non prato, terra, la terra marrone, non il prato, il bambino lo sa, il maestro a volte fa questi
sbagli, e dice che siccome autunno il prato marrone, ma il bambino, anche se non a livello cosciente,
sente che non vero, che il prato non c, se non verde il prato non c, c la terra, ma non il prato.
Perci, quando noi esprimiamo frasi, in chiave di giudizio, dobbiamo stare attenti a che i giudizi
siano giusti, e, nella misura in cui sono giusti, bene che precipitino a livello della memoria, che si
imprimano a livello del corpo in modo da diventare abitudini del bambino, in modo, cio, che il bambino si
abitui a dire il prato verde. Se, invece, diamo giudizi errati, nel senso che i fatti non sono giusti perch
sono imprecisi, come il prato bianco o il prato marrone, dobbiamo guardarci bene dal farli
imparare a memoria al bambino. Il prato si pu chiamare bianco o marrone soltanto in via di eccezione,
perch il prato, quando prato, verde, e se non verde, terra o neve. Si pu dire sul prato c la
neve, un giudizio, ma un giudizio temporale, adesso, quindi non indichiamo una caratteristica
permanente del prato, ma una qualit del tutto esterna ad esso. Invece con il dire il prato verde si indica
lessenza del prato, e quando il giudizio esprime lessenza giusto, allora noi avvertiamo che bene che il
bambino lo impari e se ne ricordi, che lo imprima nei livelli pi profondi del suo essere, da dove sar
sempre in grado di riportarlo su, perch sempre vero. Il prato verde sempre vero. Il prato
marrone non vero.
Terzo passo: abbiamo il concetto. Il concetto dice il prato verde o il verde prato: il verbo non
c, non c la proposizione, non c la frase. Il prato verde un concetto, cosa significa che un
concetto? E una cosa che esiste! E una cosa che esiste nella realt, e che io ho afferrato nel mio pensare in
chiave di concetto. A questo livello qui, pi concetti un bambino si forma, e meglio , perch pi ricco
diventa. Steiner dice che una delle grandi tragedie del nostro tempo la povert di concetti delluomo
doggi, cio che luomo doggi, anche grazie ai maestri, si fa troppi pochi concetti. Il concetto, se un vero
concetto, corrisponde a qualcosa che c, quindi ha un diritto assoluto ad imprimersi fino in fondo, fino al
livello corporeo, perch esiste nella realt, quindi la somma dei concetti di un essere umano, di un bambino,
la somma di tutto ci che lui ha esperito e che esiste nella realt. I concetti formano, nella corporeit,
diciamo la dimensione della fisionomia, che costante; mentre la somma dei giudizi contribuisce ad un
carattere fondamentale della gesticolazione, del modo di gesticolare, quindi di quei movimenti che non
sono diventati forma fissa, ma sono forme motili, ancora capaci di metamorfosi, molto di pi che non la
fisionomia, diventata ormai statica. Fare imparare a memoria un sillogismo, quindi voler dare un carattere
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definitivo, un carattere di assolutezza al sillogismo, significa stravolgere totalmente ci che in chiave di
assoluta metamorfosi, ci che in chiave di assoluta inesauribilit, che potrebbe venir caratterizzato sempre
da nuovi lati; questa caratterizzazione assolutizzata come un processo di ossificazione, grazie alla quale
contribuiamo a rendere il bambino prematuramente sclerotico, perch gli portiamo via la capacit di
metamorfosi, la capacit di caratterizzare le cose da lati sempre nuovi, e facciamo, in chiave di sillogismo,
ci che lecito fare soltanto in chiave di concetto: cominciamo a definire.
Soltanto i concetti si possono definire, in chiave di sillogismo dobbiamo sempre descrivere i
fenomeni. Qualcuno di voi vuole definire piove? Qualcuno vuol provare a definire il fenomeno piove?
Vedete che assurdit? Invece, il concetto definito, altrimenti non un concetto. Il prato verde definito.

Intervento: Non basta dire soltanto prato?

Archiati: Prato concetto, per se io, adesso, ti chiedo che cosa fa parte della definizione di prato, qual
lessenza del prato, e tu mi lasci fuori il verde, tutti qui ti diranno che non hai parlato del prato. Cos il
prato?

Intervento: Il prato un campo dove cresce dellerba.

Archiati: Erba blu?

Intervento: No, lerba verde.

Archiati: Vedi che il verde ci vuole?

Intervento: Volevo dire che, in fondo, quando parliamo del prato non c bisogno di specificare che il
prato verde, perch tutti lo sanno che il prato verde.

Archiati: Diciamo che il prato verde esprime il concetto in un modo pi completo. Quando si dice
prato, si esprime il concetto solo in modo incipiente, perch se si dice solo prato si astrae da ci che
essenziale al prato. Adesso prova ad immaginare che un bambino senta dire prato, senza che la
rappresentazione del verde ci sia: c il prato? No, il prato non c. In altre parole, Steiner ci sta dicendo che
quando noi siamo in interazione col bambino, siamo sempre in un campo semantico infinito, vivente, mai
ristretto, e se noi facciamo precipitare questo livello cos motile della caratterizzazione nella univocit di un
giudizio, restringiamo il campo enormemente. Dovremmo avvertire il salto mortale che si fa dal sillogismo
al giudizio, e poi laltro salto mortale, dove si sospende il giudizio e si prende il concetto. Il concetto deve
essere tutto definito, altrimenti non un concetto, il prato prato, non met prato e met bosco. I concetti
sono univoci: un concetto equivoco non un concetto, come il sillogismo ha un carattere di universalit,
cos il concetto ha un carattere di univocit. Il giudizio oscilla fra lequivoco e lunivoco, perci il giudizio
una sfera dove bisogna fare molta attenzione, perch si possono commettere molti sbagli. Tutta la scienza,
oggi, dice che lessere umano parte dal concetto, formula un giudizio e, infine, arriva al sillogismo, mentre
si parte dallinesauribilit dellesperienza dentro la quale siamo, nella quale anche il bambino , si parte da
essa e poi si restringe il campo sempre di pi. Steiner ci mette in guardia dal restringere il campo al livello
del sillogismo, perch dove noi siamo in interazione vivente con il bambino, il campo sempre aperto in
tutte le direzioni, e dove lo si restringe, bisogna stare attenti: se dico il prato bianco, se sono un buon
maestro, dovrei avvertire che un giudizio sbagliato, perch il prato non bianco, se bianco non un
prato, neve, non prato.

Intervento: Si pu cadere in questo errore quando, per esempio, si risponde alle domande del bambino?

Archiati: Cosa pu domandare il bambino?
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Intervento: Per esempio da dove nato, quando il bambino chiede: Da dove vengo?, ed in pieno
sillogismo in quel momento, per cui o restringiamo il campo o gli diamo un giudizio.

Archiati: Restringendo la sfera del sillogismo, cadiamo nel concetto e, normalmente, la risposta che diamo
sbagliata. Avete voglia di fare un

piccolo esercizio? Qualcuno provi, da maestro o da maestra, a dare una
risposta a questa domanda: Da dove sono venuto?

Intervento: Dal mondo spirituale.

Intervento: Da mamma!

Archiati: Ecco, siamo caduti subito nella sfera del giudizio Steiner ci dice, in questa nona conferenza che,
finora, abbiamo avuto risposte chiarissimamente a questo livello del concetto, ma se si d un risposta in
chiave di giudizio, si perde il livello del bambino. Non esiste unaffermazione in chiave di giudizio che
possa dire come siamo nati, perch come siamo nati un cosmo, un universo, e lo si pu unicamente
raccontare, lo si pu soltanto descrivere da aspetti sempre nuovi, sempre diversi. Per esempio posso dire:
Cera una volta...

Intervento: Sarebbe interessante vedere che cosa causano nellanima del bambino queste risposte in chiave
di giudizio, che incidenza hanno, per esempio sulle famose crisi adolescenziali.

Archiati: Credo di avervi raccontato una volta un fatto che veramente successo: io ho una sorella, che
adesso, fra laltro, maestra, che mi ha raccontato che, una volta, quando aveva sette anni, aveva ricevuto
dei doni per natale ed aveva chiesto a nostro zio chi glieli aveva portati, da dove venivano, e lo zio, che si
credeva emancipato, le aveva risposto: Tu credi ancora in santa Lucia, quanto sei sciocchina! Vengono dai
tuoi genitori, te li hanno portati loro questi doni., e lei andata immediatamente nella sua stanza e li ha
rotti tutti, non ne voleva pi sapere niente, perch? Perch sapeva che dietro quei doni cera un cosmo,
cera un cosmo di esseri spirituali, cera una cosa che non finiva pi. Adesso io vi pongo la domanda:
secondo voi, da dove vengono quei doni? Se mi dite che vengono dai genitori, vi dico che vi sbagliate,
perch se non ci fossero tutti gli angeli del cielo, gli arcangeli ecc., se non ci fosse il padre eterno, il Cristo
ecc., che, per esempio, fa crescere le piante, dove prenderebbero i genitori le mele, le pere e le arance da
dare ai bambini? Vedete quanti giudizi falsi, realmente falsi abbiamo in testa? E ci crediamo pi sapienti
del bambino! Il bambino la pensa giusta, perch le arance vengono dal cielo, il padre del bambino che fa
crescere le arance? Capite che enormit noi diciamo, quanti giudizi falsi noi facciamo? Questo molto
importante in chiave di pedagogia. Quindi, quando si dice o si pensa di dire al bambino che i doni vengono
da Ges bambino, per si convinti che vengono dai genitori, si distruggono forze reali nel bambino,
perch sono giudizi falsi, si stanno pensando e dicendo menzogne, non-verit. Ecco il salto mortale tra il
restare in un campo semantico che aperto in tutte le direzioni, e il precipitare in un giudizio che lo chiude
e lo fa andare su un binario unico, in senso equivoco, perch la maggior parte dei giudizi che noi facciamo
equivoca, sono giudizi un po giusti e un po sbagliati, perci vi ho sottolineato la differenza enorme fra il
giudizio che dice il prato verde, con la percezione interiore che questo giudizio giusto, e laltro
giudizio che dice il prato bianco, che un giudizio sbagliato. Voi direte: come si fa ad essere cos svegli
da percepire sempre e fino a che punto un giudizio giusto o sbagliato, o pi o meno giusto? Si tratta anche
di esercizio. Abbiamo detto che maestri si nasce, perch questione di karma, di reincarnazione ecc., per
anche che larte va imparata.

Intervento: Il pregiudizio un sillogismo?

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Archiati: Prendiamo il caso classico: -Tutti i cretesi sono bugiardi, dice un cretese-, un pregiudizio? E
giusto o non giusto? In altre parole, questo lesempio classico, e andiamo a cinquecento anni prima di
Cristo, dove ci viene dato questo strumento di pensiero per capire, diciamo, il carattere immanente di
equivocit di ogni giudizio. Ogni giudizio esposto al carattere di equivocit: proprio per questo si deve
generare unattenzione maggiore ogni volta che si formula un giudizio, perch si sa, gi in partenza, che
laltro pu anche dire: S, vero, ma, da questaltro punto di vista, diverso.... Quindi, ogni giudizio
vero ed falso. Torniamo di nuovo allesempio iniziale: il prato verde, giusto questo giudizio? S e
no, perch quando il prato non pi verde, non si pu dire in assoluto che non pi prato, in potenza resta
verde, perch la prossima primavera ridiventer verde. Quindi, quando si nel giudizio, si nel lato della
criticabilit assoluta, e bisogna stare attenti con il bambino.

Intervento: Anche per la non oggettivit?

Archiati: Lequivocit non non-obiettivit, una parzialit. Nel giudizio c il mistero della parzialit,
perch si dice una parte e si lascia fuori tutto il resto. Se rispondo al bambino che domanda da dove
venuto con un giudizio, come reagisce lanima del bambino? Si chiude dicendo: Di cento cose che mi
dovrebbe dire, me ne dice una sola, e le altre?. Cos reagisce lanima, perch lanima sa che ogni giudizio
parziale, se non addirittura sbagliato, perch la parzialit, quando afferra un aspetto importante meno
sbagliata, ma quando la parzialit talmente parziale che afferra un aspetto totalmente marginale e
lessenziale lo lascia fuori, allora diventa sbagliata: ecco i problemi, le aporie del giudizio. Quindi, in
fondo, in pedagogia bisognerebbe essere molto parsimoniosi col giudizio. Come si fa ad essere
parsimoniosi col giudizio? Appena si fa unaffermazione, bisogna subito aggiungerne unaltra che la varia,
e poi unaltra ancora ecc.

Intervento: Se i ragazzi sono gi pi grandi?

Archiati: Se sono pi grandi, non tutto si pu riparare, per nella misura in cui il maestro sovrano in
questo modo di muoversi, pu riparare molto. Vogliamo fare un esempio?

Intervento: Se mi trovo davanti un ragazzo che mi dice: Bisogna tagliare le mani a tutti i ladri, i ladri
vanno puniti con il taglio delle mani.

Archiati: Questo non soltanto un giudizio, la situazione molto pi difficile. Devo cercare di uscire dalla
sfera del giudizio e tornare nel campo delle caratterizzazioni e delle descrizioni, senza dare un giudizio.

Intervento: A me viene in mente il Cristo che, quando la gente poneva domande di questo tipo, non dava
giudizi, ma rispondeva con delle parabole.

Archiati: Prova ad immaginare di parlare con questo ragazzo, cosa gli diresti?

Intervento: Io gli racconterei cosa fanno le mani, come anche a quel ladro sono servite per cucinare il cibo
per i suoi amici ladroni, e poi gli sono servite per sollevare il compagno che era caduto a terra ecc.

Archiati: E come arrivano queste stesse mani, che sono capaci di aiutare gli altri, che sono capaci di stare
sullautobus, a rubare?

Intervento: Gli si pu dire che queste mani si sono ribellate al loro compito?

Archiati: Sei ricaduta di nuovo nella sfera del giudizio, bisogna restare nel campo delle descrizioni.
Siccome si parte dal presupposto che tagliare le mani una cosa sbagliata, bisogna cercare di descrivere in
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chiave positiva tutte le cose che le mani fanno, e lanimo del ragazzo avvertir che queste mani fanno tante
belle cose, anche positive, e non vorr pi che vengano tagliate. Poi faremo tutta una serie di riflessioni per
capire come queste mani arrivano a rubare: arrivano a rubare quando quel poverello l non ha pi da
mangiare, non ha un lavoro ecc. Cercheremo di descrivere perch le mani non vanno tagliate, bisogner far
vedere che ci sono tante persone che sono costrette a rubare, che se una persona ruba vuol dire che la
societ, in cui tutti siamo, lo ha costretto a farlo ecc. ecc. Ecco larea semantica infinita, e alla fine di tutta
la descrizione, di tutta la fiaba, salta fuori che se noi avessimo un altro tipo di umanit, se noi stessi fossimo
diversi, queste mani qui non ruberebbero pi. Perch, detto fra adulti, se noi costringiamo gli altri a rubare,
i veri ladri siamo noi. Questo tipo di giudizio, il maestro lo deve avere in s per trovare la creativit delle
cose che dice e che descrive, e se i giudizi che lui ha sono giusti, saranno cos creativi, avranno una tale
creativit da risultare molto convincenti.

Intervento: Se gli si propone, come gioco, di non usare per unora le mani?

Archiati: Il vizio intrinseco di ci che tu proponi la sua negativit, cio tu proponi una via puramente in
chiave negativa, nel senso di non fare qualcosa, invece, in campo pedagogico, costruttivo soltanto ci
che fa vedere sempre la positivit delle cose. Se tu impedisci ad un ragazzo di fare qualcosa, lui sperimenta
soltanto la rabbia, e la rabbia non fa capire niente.

Intervento: Per difficile passare dalla sfera del giudizio a quella del sillogismo, perch noi stessi siamo
talmente imbevuti di giudizi.

Archiati: Quando Steiner ci dice che per tutte le cose che dobbiamo fare, non soltanto per essere dei
maestri, la meditazione quotidiana uno strumento importantissimo, lui non sta facendo come la chiesa che
dice che si dovrebbe meditare, no, per, oggettivamente mostra che, per tutte le cose, un quarto dora di
meditazione al giorno d una inesauribilit interiore che altrimenti non si pu avere. Quindi, la scienza dello
spirito ci dice che se si lavora sistematicamente, ogni giorno, su se stessi, ci si trasforma interiormente in
modo tale che questa sfera del sillogismo si apre, mentre se non si lavora su se stessi, non si trova! Ecco
limportanza della meditazione: e non si tratta di un comandamento, ma una verit oggettiva, si sa che per
cominciare a muoversi con una certa libert sovrana in quel campo del sillogismo, bisogna coltivare la
propria interiorit, giorno per giorno, un altro modo non c. Se il ragazzo si fatto il giudizio che bisogna
tagliare le mani ai ladri, lo avr sentito dagli adulti e, quindi, si sar sempre pi confermato nella sua idea,
perci la soluzione non quella di rimanere nella sfera del giudizio, ma quella di uscirne fuori, di spostare
il campo semantico. Bisogna capire in partenza che, qui, una risposta di tipo giudiziale non serve a nulla,
che si deve aprire un campo semantico del tutto nuovo, molto pi vasto.
Veniamo al significato etimologico della parola sillogismo. Sillogismo deriva da ouv-oo (sun-
logos), sono elementi del oo (logos) in sintesi: dove io dischiudo il significato di una cosa facendone
vedere, in chiave di sintesi, tanti aspetti diversi, in questo cammino di sun-logicit, c una fine? No, non
c una fine. Il polo opposto quello di un oo che non ha nessun sun, che da solo, che ben definito:
il concetto. Steiner dice, nella nona conferenza di Antropologia, che cos come dobbiamo stare attenti al
giudizio, come non dobbiamo mai fare scendere nella memoria che sclerotizza questa area semantica, che
deve sempre essere tenuta in un movimento di vivente metamorfosi, cos, allopposto, importante che noi
diamo al bambino un numero, il pi grande possibile, di concetti, perch questa la ricchezza esperienziale
delle cose ben precise, che lui vuole. Vi porto un esempio: nel Laos, io insegnavo francese, inglese e
matematica a dei bambini dalla prima elementare fino alla maturit, e, una volta, ci siamo trovati di fronte
al problema di creare il concetto di ascensore, perch avevano dei libri francesi nei quali si parlava di
ascensore, per loro, che vivevano in case di bamb, non avevano mai visto non solo un ascensore, ma
nemmeno una scala. Allora ho chiesto: Ma voi sapete cos una scala? Lescalier?. Oui, oui, oui, per
nessuno mi sapeva dire cos una scala: li ho portati alla cittadina pi vicina, dove cerano due o tre
costruzioni di cemento, e ci siamo fermati davanti ad una casa che aveva una scala che andava su e poi, per
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andare al primo piano, girava. Io ho detto alla scolaresca: Adesso vedete come fatta una scala. Una
risata sonora, per farmi capire che avevano ragione loro, che non possibile andare su con una scala,
perch anche quella che vedevamo arrivava soltanto a met. Siamo saliti tutti insieme fino al punto dove la
scala girava... un silenzio, immaginate lumiliazione di questi bambini! Non lavevano mai vista, dove lo
prendevano il concetto di scala? Chi di noi capace di farsi concetti senza il sostegno della
rappresentazione? Invece importante che lessere umano, incarnato sulla terra, abbia molte percezioni che
gli diano la possibilit di formarsi dei concetti delle cose, insieme alle quali abita sulla terra. Quindi, pi un
maestro comunica concetti ai suoi bambini, e pi questi bambini sono ricchi come esseri umani. Ma i
concetti non sono giudizi: io non faccio un giudizio sullascensore, non faccio un giudizio sulla scala, ma
aiuto il bambino a farsi un concetto dellascensore. Come si fa ad avere il concetto dellascensore senza
laiuto della rappresentazione? Bisogna esperirne almeno quattro o cinque, perch allora si coglie ci che
comune, e si lascia fuori ci che, invece, marginale, in altre parole, il concetto va sempre allessenza della
cosa, altrimenti non concetto. Il concetto del prato qual ? Che il verde ci vuole, altrimenti non un prato.
Se si porta via il verde, si porta via il prato. Invece, altri aspetti, che non sono essenziali al prato, non fanno
parte del concetto di prato. Ecco perch importante avere un ricco bagaglio di concetti, e la ricchezza dei
concetti anche il mistero della vastit dellesperienza: un maestro che ha unesperienza molto vasta del
mondo e dellumanit, porta incontro al bambino una ricchezza ben diversa che non un maestro di
esperienze ristrette, anche se lesperienza, in quanto vastit di percezione, non sostituisce il concetto. Ci
vogliono entrambe le cose: la vastit della percezione, ma anche la capacit di pensarci sopra. La capacit
di pensarci sopra, da sola, non basta, perch a forza di pensare non si pu tirare fuori il concetto
dellascensore, se non lo si mai visto, e la vastit delle percezioni da sola non basta, perch si devono
aggiungere i pensieri. Queste due realt insieme, la vastit della percezione e la profondit del pensiero,
fanno la somma dellesperienza di un maestro, che gli consente di comunicare al bambino una ricchezza
sempre maggiore di concetti, ed bene che il bambino se li imprima nella memoria e li faccia scendere non
soltanto nellanimico, ma anche nel corporeo, perch il concetto di prato sempre lo stesso. Se il concetto
giusto, il bambino lo pu portare per tutta la vita cos come , perch sar sempre giusto.
Il concetto di prato era diverso cinquecento anni fa? No, il prato sempre stato prato. Quindi, come
nel sillogismo c il mondo della variabilit assoluta, dellinfinit, dellinesauribilit, cos nel concetto c il
mondo della univocit assoluta, e qui dobbiamo essere generosi con il bambino, per esempio tutte le letture,
le fiabe, i brani vari, tutto quello che facciamo in chimica, in fisica ecc., a cosa serve? Tra tutte le altre cose,
serve a dare al bambino una ricchezza sempre maggiore di concetti, e pi il bambino ricco di concetti e
pi si porr di fronte ad ogni nuova esperienza con una ricchezza interiore che gli consentir di prendere
posizione in modo, da un lato, inesauribile e, dallaltro, preciso, perch tutte e due le dimensioni vanno
bene, sia la ricchezza inesauribile, sia la precisione. Il carattere di precisione noi lo prendiamo dal lato del
concetto, e il carattere di inesauribilit dal lato del sillogismo.

Intervento: Quindi, per dare ai bambini molti concetti, bisogna dare loro molte percezioni. Quando il
bambino chiede :Cos questo?, bisogna farglielo vedere?

Archiati: Il bambino cerca una rappresentazione, e la rappresentazione non si pu trasmettere senza la
percezione. Il concetto si pu trasmettere, per dove Steiner parla di concetti per il bambino, intende
concetti sempre nel senso di concetti uniti a rappresentazioni. Il bambino non ancora capace di concetti
senza rappresentazioni: ci vuole la percezione, e perci fa parte assoluta della scuola Waldorf che il
bambino vada a vedere le cose.

Riprendiamo i sensi. Ieri sera abbiamo fatto alcune considerazioni sul fatto che il modo in cui noi
sentiamo il nostro Io, non il modo in cui percepiamo lIo di un altro, ma il modo in cui noi sentiamo e
viviamo il nostro Io, sono, in realt, dodici modi diversi; in altre parole, il nostro Io si vive a partire da
dodici ambiti di percezione diversi. Abbiamo detto che, di fronte ad una superficie colorata, lIo fa una
sintesi, che poi una sintesi di giudizio, o, se volete, una sintesi di sillogismo; lIo fa la sintesi di ci che
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percepisce il senso del movimento, e di ci che percepisce il senso della vista o del colore, cos facendo si
percepisce una superficie colorata che ha una forma: se non si avesse il senso del movimento, non si
percepirebbe la forma, si percepirebbe soltanto il colore, e non si saprebbe dire che forma ha questa
superficie colorata. Quindi se noi avessimo, per assurdo, un essere umano che ha il senso della vista, ma
non il senso del movimento, ci direbbe che percepisce il giallo ma che non in grado di dire dove termina
la superficie di questo giallo, perch per tirare i contorni che delimitano questa superficie gialla, bisogna
che il senso del movimento, vitalmente, in un modo analogo al senso della vita, percorra in chiave dinamica
questa superficie. Quindi il tatto, la vita, il movimento e lequilibrio sono i sensi dinamici; il calore, la vista,
il gusto e lolfatto sono i sensi animici. Infine Io, pensiero, linguaggio e suono, sono i sensi dello spirito.
(fig. 14)






Lesperienza del giallo, di una superficie gialla, unesperienza animica, quindi unesperienza di
sentimento; invece, la percezione, quindi lesperienza della forma, non una percezione animica, ma una
percezione corporea, che una cosa molto diversa.

Intervento: Per per percepire la forma entra in gioco anche la vista. Se noi fossimo ciechi, non ci
basterebbe il senso del movimento per percepire la forma.

Archiati: Un cieco sa cos un quadrato, come lo sa se non lha mai visto?

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Intervento: Percezione del movimento vuol dire che quel movimento bisogna compierlo con il corpo?

Archiati: Interamente. In altre parole, supponiamo di avere un rettangolo, tramite la vista si percorre
dinamicamente questa superficie, il che significa che locchio insieme con il movimento fa tutta questa
strada, significa che se fosse un triangolo ci si stancherebbe di meno. Ecco la differenza: non una cosa
astratta, perch a livello vitale, reale, anche se non conscio, qui, nel rettangolo, si vive un dinamismo pi
costante, perch bisogna arrivare fino in fondo, invece qui, nel triangolo, si arriva prima. Spieghiamoci in
un modo pi semplice: se non lo si percorso tutto, come si fa a sapere che un rettangolo? Quindi, oltre
allocchio, interviene anche il movimento, che non pi di natura animica, ma di natura corporea. Luomo
doggi diventato astratto perch mette in primo piano lesperienza animica (il vedere unesperienza
animica), e non si rende conto che qui, in questa superficie rettangolare, si deve durare di pi per arrivare
sino in fondo.

Intervento: Rispetto agli animali, il discorso dei sensi diverso? Quanti sensi hanno gli animali?

Archiati: Nessuno, perch gli animali non hanno percezione. Lanimale vive il colore, ma non lo
percepisce, altrimenti ne parlerebbe anche; abbiamo detto allinizio che un enorme antropomorfismo, che
dobbiamo correggere, quello di attribuire la percezione, cos come specificamente umana, allanimale,
perch se lanimale fosse, come noi, capace di percezione, sarebbe capace del polo corrispondente alla
percezione, che il concetto.

Intervento: Quindi, quello che il materialismo dice delluomo, vale precisamente per lanimale.

Archiati: S, cio il materialismo descrive dellessere umano ci che vale per lanimale, e non di pi, e ci
che specificamente umano lo lascia fuori. Questo, naturalmente, complica il discorso, perch ci tocca
riferire allanimale tutto ci che stato detto sulluomo, e poi dire sulluomo tutto quello che mai stato
detto, che specifico dellessere umano, con il problema della terminologia, perch la percezione, che
andrebbe riferita soltanto allessere umano, stata usata per lanimale, quindi ci troviamo ad usare la stessa
parola per indicare due cose del tutto diverse. Lanimale non percepisce, ma vive il colore, il colore opera
nellanimale, perci lanimale non ha la possibilit di porsi di fronte al colore in modo da poter prendere
posizione in chiave di concetto, in chiave di pensiero.
In queste conferenze che stiamo trattando, Steiner dice che i quattro sensi del tatto, della vita, del
movimento e dellequilibrio, sono i sensi specificamente corporei, attraverso i quali noi percepiamo la
nostra propria realt interiore corporea. I quattro sensi dellolfatto, del gusto, della vista e del calore, sono i
quattro sensi specificamente animici, quindi sono i sensi del sentimento. I primi quattro sono i sensi della
volont, perch la volont si esprime attraverso la realt corporea, e gli altri quattro sono i sensi del
sentimento, cio quando si analizza il contenuto della percezione di questi sensi, lolfatto, il gusto, il colore
e il calore, si ha sempre un contenuto di sentimento; i primi quattro, invece, indicano sempre qualcosa che
viene voluto attraverso la volont, in chiave di operativit, in chiave di fare qualcosa. Il tatto, per esempio,
il modo operativo di impingere contro il mondo circostante. Anche quando noi diciamo di non sentire
nessun contatto, in realt noi esercitiamo sempre il senso del tatto perch urtiamo contro laria; se nel
mondo in cui viviamo non ci fosse laria, cambierebbe subito notevolmente il nostro modo di sentire il
tatto, perch non avremmo questa resistenza, che usualmente non avvertiamo pi, perch vi siamo abituati,
ma c, per cui quando si muove la mano, si sente di muoverla, dove lo si sente? In base a che cosa lo si
sente? Perch c laria, quindi unesperienza vera e propria del senso del tatto, oltre che della vita, oltre
che del movimento, oltre che dellequilibrio. C il senso dellequilibrio, perch se la mia mano si sposta da
qui a qui, tutta la compagine di equilibrio del mio corpo cambia. Quindi non soltanto lelemento solido
che noi percepiamo con il senso del tatto, ma anche laria, tanto vero che quando, dinverno, si sente che
fa freddo, soltanto il senso del calore a sentirlo? E il senso del calore insieme al senso del tatto. Sono
sempre uniti pi sensi, perch non esiste quasi mai una percezione di un senso solo; ora, se noi entrassimo
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nel merito delle combinazioni possibili, le cose diventerebbero pi complesse, gi abbiamo difficolt ad
individuarli nelle loro caratteristiche specifiche, immaginate poi a combinarli! Abbiamo fatto un esempio,
quello che fa Steiner, del modo di operare concomitante del senso della vista, che ci d la percezione del
colore, e del senso del movimento, che ci d la percezione della forma: devono lavorare insieme, colore e
movimento, per questo non significa che lavorano soltanto quei due l. In ultima analisi, c sempre
almeno una minima compresenza di tutti e dodici i sensi, e questo ci dice che abbiamo sempre a che fare
con lessere umano nella sua sintesi totale.
Prendiamo adesso le tre affermazioni che Steiner fa, alla fine della nona conferenza: 1) il mondo
morale; 2) il mondo bello e 3) il mondo vero.
Steiner dice che il bambino da uno a sette anni vive nel mistero dellimitazione, perch? Perch
ancorato, in un modo del tutto particolare, in questi quattro sensi corporei, in quanto sensi del dinamismo e
della volont, e con questi quattro sensi, che sono quelli che danno la base incarnatoria pi profonda, il
bambino si propone di imitare, nella strutturazione tattile, nella strutturazione vitale, nella strutturazione di
movimento, nella strutturazione di equilibrio del suo essere, si propone di imitare tutto il mondo circostante.
Il bambino, come individualit, scende dal mondo spirituale, abituato ad avere una fiducia illimitata negli
esseri delle gerarchie spirituali che lo accompagnano, che lo hanno amorevolmente aiutato a costruire il
karma, a costruire le basi incarnatorie del suo corpo, cio tutte le forze di dinamismo degli eventi che gli
verranno incontro: come prolungamento di questo gesto di fiducia, di comunione con gli esseri spirituali,
sulla terra il bambino imita tutti gli esseri che lo circondano per costruire il corpo fisico, fondamento delle
opere del karma. Perci, la convinzione fondamentale inconscia del bambino, che in chiave imitativa, di
dedizione assoluta al pap, alla mamma, al maestro ecc., la convinzione inconscia che il mondo buono,
il mondo morale, e quindi vale la pena di dare una fiducia religiosa a questo mondo, e lasciare, permettere
a questo mondo di strutturarlo, di decidere quale base corporea avr per tutta la vita. Quando il bambino
entra a scuola, dai sette ai quattordici anni, interviene un fattore di tuttaltro registro evolutivo: mentre fino
ai sette anni il bambino vive pi direttamente in questi quattro sensi del dinamismo corporeo, dai sette anni
in poi, comincia a vivere particolarmente i sensi animici, quindi a vivere dentro alle esperienze olfattive,
dentro alle esperienze gustative, dentro alle esperienze dei colori e dentro alle esperienze caloriche. A quel
punto, il bambino trasforma karmicamente il gesto religioso-morale di imitazione, in un gesto artistico di
autorit, dove il maestro diventa unautorit indiscussa, e ponendo alla base esperienziale questi quattro
sensi, che danno sentimenti animici, laffermazione fondamentale, quindi la convinzione inconscia
fondamentale del bambino dai sette ai quattordici anni : il mondo bello. Non pi il mondo buono, ma
il mondo bello, e perci, in questo arco di tempo, bisogna presentare tutto al bambino sotto laspetto
artistico, in chiave del bello; se, invece, ci rifacciamo al buono e al vero dobbiamo fare affermazioni in
chiave di giudizio, e siamo fuori, perch dobbiamo fare affermazioni soltanto in chiave di bello. Come sono
le affermazioni in chiave di bello? Sono le sfumature, la capacit di sfumare sempre di pi i fenomeni: c
questa sfumatura, questaltra sfumatura del descrivere, poi unaltra sfumatura, e unaltra ancora. Ecco
lelemento artistico che va di sfumatura in sfumatura; la verit, invece, ben precisa, nella verit c la
realt oggettiva, e la religione assoluta, nella religione c la dedizione assoluta.
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Quindi nel vero c loggettivit, nel buono c lassolutezza di donazione e nel mezzo c il bello:
c lelemento della leggerezza, ci sono le sfumature, c lelemento della motilit, della metamorfosi, della
trasformazione infinita, c lelemento del gioco. (fig. 15)



Lelemento del gioco trova uno sbocco in chiave di verit chiara oppure di dedizione assoluta? No,
il gioco resta sempre in un equilibrio labile, che si ricostruisce sempre di nuovo, sempre in nuovi modi. Pu
essere vero il gioco? No. Pu essere buono il gioco? No, il gioco deve essere bello. Ecco il godimento
estetico. Steiner ci dice, quindi, che tutto quello che noi facciamo dai sette ai quattordici anni, tutto,
qualsiasi tipo di materia, sia la storia che la scienza naturale che la musica, tutto deve essere portato al
bambino in chiave artistica.
Dopo aver fatto queste due grandi esperienze che il mondo morale e che il mondo bello, quando,
dopo i quattordici-quindici anni, si risveglia, sempre di pi, la capacit di un giudizio proprio, in questa
epoca della vita, dal quattordicesimo al ventunesimo anno, si pu osare di pi con i giudizi, per curando
che siano giusti. Quando, nel ragazzo, si risveglia la capacit di giudizio, propria della persona che cresce
sempre di pi, la qualit del mondo che diventa pi importante che il mondo vero. La sete di verit, il
voler venire a capo delle cose per sapere come vero, se cos o cos, inutile che noi la cerchiamo nel
bambino dai sette ai quattordici anni; e quando il bambino viene con delle domande di questo tipo: Ma
vero? E cos e cos?, si tratta sempre di domande che ha preso da altri, non sono sue. Allora tocca a noi
cambiare subito il registro, se gli diciamo: Adesso lascia da parte quello che gli altri ti hanno detto,
ritorniamo a te, il bambino si sente di nuovo nel suo elemento, si sente di nuovo avvolto dallautorit, e
trova una risposta in chiave di bellezza.

Per il bambino dai sette ai quattordici anni vero soltanto ci che bello, ed buono soltanto ci che
bello: il vero vero in quanto bello. Ed il buono buono in quanto bello. Quindi, se noi ci adoperiamo
(e questi sbagli li facciamo continuamente) a far capire al bambino che qualcosa vero, non
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preoccupandoci di quanto pu esperire dal lato del bello, perdiamo il contatto con il bambino, fatica
sprecata cercare di far capire che qualcosa vera ignorando il bello. E lo stesso vale per il buono. Se
vogliamo far capire al bambino che qualcosa buono, che qualcosa morale, che bene fare cos, abbiamo
perso di vista il bello ed abbiamo perso il bambino, perch per il bambino, dai sette ai quattordici anni,
vero soltanto ci che bello, ed buono soltanto ci che bello, proprio per il fatto che bello.
Dopo limitazione e lautorit, nel terzo settennio cosa abbiamo? Steiner non ha consacrato una terza
parola. Vogliamo trovarla in italiano? Secondo me la stima, basata sulla competenza. La competenza
indica la qualit dellinsegnante, ma la forza che fonda il rapporto fra linsegnante e lallievo la stima. E il
principio della stima dove inizia? Il primo inizio del principio della stima dove lo troviamo? Gi a nove
anni, labbiamo visto, quando questa assolutezza indiscussa dellautorit del maestro trova una cesura,
quando nel bambino, a livello inconscio ma reale, sorge la domanda: Ma il maestro da dove le prende tutte
queste cose? Devo proprio avere fiducia in lui? Sar proprio cos indiscutibile la sua autorit?. Quindi c
qui, a nove anni, il primo inizio di ci che succeder poi nel terzo settennio. Un liceale con che occhi
guarda i suoi professori? Vuole un rapporto di stima, e se il professore o la professoressa vuole imporsi con
il principio dellautorit, si sente trattato da dodicenne, e non ci sta, non vuole un rapporto dautorit, che
dai quattordici anni in poi diventa un rapporto autoritario: dai sette ai quattordici anni autorevole, dai
quattordici anni in poi autoritario. Quindi, o c la competenza, c la stima, oppure, se il maestro vuol
vivere di rendita e perpetuare il rapporto di autorevolezza che cera prima, trova una resistenza, un
respingere molto forte. Lo stesso maestro che dai sette ai quattordici anni era autorevole, se continua a
comportarsi nello stesso modo, quando il ragazzo ha quindici o sedici anni, diventa autoritario. Il maestro
non cambiato, cambiato il bambino, lessere umano che cresce, ed cambiato profondamente, perch
questo, diciamo, spartiacque dei quattordici anni un Rubicone ancora pi forte che non quello dei nove
anni.
Non dimentichiamo che qui avviene tutto il rivolgimento corporeo della maturit sessuale, per cui
lessere umano che ha passato questa soglia del tutto diverso. A sette anni c la dentizione: ci si accorge
di meno di questo rivolgimento? Lo vediamo in chiave pi graduale. In un certo senso, questa soglia dei
sette anni, anche s meno visibile, molto pi immane che non questa dei quattordici anni, della maturit
sessuale. I denti che sorgono a sette anni sono gli ultimi, mentre quelli ricevuti alla nascita sono i denti di
eredit. I denti che vengono formati dallinsieme dellorganismo a sette anni rimangono per tutta la vita. Il
fatto che qui, a quattordici anni, ci sono fenomeni astrali, che si palesano maggiormente e che, perci,
notiamo di pi. Invece, questo Rubicone dei sette anni, di natura organica, quindi fisico-eterica: notiamo
di pi la prima metamorfosi, ma, di fatti, questultima , ad altri livelli, molto pi fondamentale. Perci,
dovremmo fare pi attenzione a questo Rubicone: per esempio al fatto di fare andare i bambini a scuola a
sei anni, prima di aver passato questa soglia; e non succede che, qualche volta, vengono mandati a scuola
ancora prima dei sei anni? Non si pu trattare un bambino di sei anni come un bambino che ne ha sette e
mezzo.

Intervento: Per dentizione si intende linizio del cambiamento dei denti?

Archiati: Fondamentale la fine, la conclusione della dentizione, verso i sette anni, i sette anni e mezzo,
varia da bambino a bambino.

Intervento: In alcuni bambini anche ad otto anni, per che si fa, non li si manda a scuola?

Archiati: Va considerato caso per caso, gli esseri umani sono individualit, quindi pu darsi che il genitore,
proprio nel travaglio di trovare la decisione, cresca lui stesso.

Intervento: Ci sono, comunque, anche altri parametri: come il bambino si muove, ad esempio, che cosa
dice, che cosa fa.

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Archiati: S, ma Steiner ci sottolinea il fatto che la dentizione un fenomeno di enorme importanza,
bisognerebbe anche studiare le conferenze nelle quali descrive, fisiologicamente, come avviene la
dentizione, per rendersi conto di quale rivoluzione si verifica in tutto lorganismo. Quando ancora, per il
resto della vita, lorganismo umano produce una sostanza cos dura come i denti? Mai pi, per tutta la vita
non avviene mai pi. Veniamo, quindi, richiamati a non sopravvalutare soltanto gli elementi animici che ci
saltano agli occhi, ma a prendere sul serio i fenomeni corporei, i fenomeni organici. Laffermazione
fondamentale di Steiner riguarda il fatto che noi tendiamo, oggi, nella nostra cultura, ad essere veloci, a
bruciare le tappe, e facciamo tanti sbagli bruciando le tappe. Questo vale per linizio della scuola, vale per
lo scrivere, vale per il leggere, nel senso che noi tendiamo oggi ad insegnare ai bambini a leggere prima che
abbiano mosso le mani, tendiamo ad essere precoci in tutto, pensiamo che pi presto il bambino impara e
meglio , e uccidiamo tutta questa sfera, che si deve sviluppare sotto il principio dellimitazione,
dellimitazione organica. In altre parole, un pap collerico, con la sua realt collerica, struttura, a livello di
tatto, a livello di vita ecc., la corporeit del figlio; certo, non c soltanto il padre, per il padre contribuisce
a strutturare il cervello nei minimi particolari, e poi queste strutturazioni sottilissime del cervello sono
determinanti per il modo di pensare, per la capacit di pensare di un individuo.
Quindi, spero che sia chiaro che limitazione non consiste solo nel fatto che il bambino imita
esteriormente, nel senso che se il bambino ha visto che la mamma va a prendere la lana da un cassetto, per
imitazione anche lui va a prendere la lana da quel cassetto: questo il lato esteriore dellimitazione; laltro
lato, molto pi importante, che la corporeit si struttura secondo limitazione del modo in cui si configura
la realt animico-spirituale delle persone che circondano il bambino.

Intervento: Il fatto che oggi accade molto spesso che i bambini stiano con persone che non sono i genitori,
implica che questa strutturazione avvenga per imitazione di altre persone che non sono i genitori del
bambino?

Archiati: Certo. In altre parole, quando una persona si arrabbia nelle vicinanze di un bambino, le correnti
astrali della collera avvolgono e permeano, compenetrano tutta la realt corporea del bambino, e sono la
causa strutturante della sua corporeit. Queste non sono metafore, sono realt assolute, e rendersene conto
molto importante. Steiner dice che con il bambino piccolo non si pu mentire, perch lui non ha nessuna
possibilit, n animica n spirituale, di prendere posizione. Un pap che pensa un pensiero sbagliato rovina,
anche se in minima parte, il corpo del bambino. Non ha bisogno di esprimere il pensiero, basta che lo pensi,
pensando un pensiero sbagliato pone, nel mondo eterico, una corrente che distrugge la verit
corrispondente: queste forze eteriche distruttive si comunicano al bambino, e tolgono alla corporeit del
bambino le forze eteriche, che dovrebbero costruire il suo organismo vitale, il suo organismo di vita, di
movimento e di equilibrio, e, perci, verr fuori una corporeit che sar meno sana di quanto sarebbe stata
se quel pap, in quel momento, avesse pensato il pensiero giusto. Quindi, il mondo circostante nella sua
realt, sia spirituale, sia animica, sia corporea, struttura, in chiave di imitazione, la corporeit globale del
bambino: unaffermazione di questo tipo non si trova fuori della scienza dello spirito, non c.

Intervento: Possiamo fare degli esempi concreti. Se, per esempio, due genitori hanno dei contrasti, questo
si riflette sulla corporeit del bambino?

Archiati: Supponiamo che questo sia un piccolo tratto, piccolissimo, di una circonvoluzione del cervello,
perch le circonvoluzioni del cervello sono una cosa molto delicata, molto fine. La domanda : come
vengono formate? Perch, prima che il bambino nasca, la corporeit non c. Chi struttura, come struttura,
come si orienta? Adesso, diciamo che questo bambino ha un anno e sei mesi o, meglio, sei mesi, e a due
metri da questo bambino ci sono il pap e la mamma, e il pap sta dicendo una bugia dopo laltra alla
mamma, o la mamma al pap. Cosa avviene nel mondo eterico con queste menzogne? Avviene che queste
pieghe qui, che avevano gi la tendenza ad essere armoniche, prendono un altra forma, una piccola piega
diversa.
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Intervento: E se il pap e la mamma del bambino sono lontani?

Archiati: In Teosofia Steiner parla dellaura, e dice che ogni essere umano avvolto da unaura, unaura
infinita? No, limitata. I confini dellaura sono complessi, per non vanno da qui a New-York: se le cose
vengono dette nelle vicinanze del bambino, con quali sensi questi le sente? Anche con lorecchio, e se i
genitori sono lontani, il bambino non le pu sentire. Quindi, il fenomeno cambia. La scienza dello spirito
non fa teorie, la scienza dello spirito ci mostra delle realt, che vanno conosciute nella loro oggettivit: i
fenomeni vanno osservati e bisogna anche avere la modestia, dove non ci sono affermazioni di Steiner, di
dire che non si hanno in mano gli elementi per dare delle risposte sicure. Spesso, perci, io mi accontento,
lo avrete notato, di insistere sugli orientamenti di fondo.

Intervento: Se si ha davanti un bambino che ha vissuto il periodo fino ai sette anni in una famiglia che
sappiamo che non va, cosa si pu fare?

Archiati: A livello corporeo c poco da riparare, perch il corpo ormai ha acquisito la sua strutturazione
fondamentale.

Intervento: Probabilmente lui non ha imparato che il mondo buono.

Archiati: In chiave de il mondo bello ci sono delle cose che si possono recuperare, per non ci si pu
illudere di fare, dai sette ai quattordici anni, ci che andava fatto prima, nel primo settennio. La cosa
molto seria, perch ci rendiamo conto che quando questa prima fase della vita si conclusa, si conclusa
per sempre, adesso la costituzione definita nei suoi tratti fondamentali, e dai sette anni in poi ci sono solo
delle piccole variazioni.
Torniamo al fatto, importantissimo, della vicinanza e della lontananza: vorrei fare un paio di
riflessioni su questo fenomeno per farvi vedere che cosa Steiner vuol dire quando ci ricorda,
continuamente, come siamo diventati astratti, perch il mondo doggi diventato talmente astratto che
astrae dalla realt e vive in un mondo di pensieri, in un mondo costruito dalla sua mente, che con la realt
non ha niente a che fare. Adesso pongo la domanda: un essere umano che io vedo davanti a me, ad un
metro di distanza, realmente pi piccolo se lo vedo a duecento metri di distanza? E pi piccolo realmente
o soltanto unillusione ottica? No, non unillusione ottica, pi piccolo realmente. La scienza, invece, ci
dice il contrario. Perch la scienza ci dice che unillusione?

Intervento: Per gi Einstein ci parla dellimportanza del soggetto nella considerazione dei fenomeni
spaziali.

Archiati: Il problema un altro. Dire che un essere umano, che a duecento metri da me, grande quanto
un essere umano che qui davanti a me, un giudizio, anzi un pre-giudizio, mentre dire che pi piccolo
la realt. Soltanto nellastrazione dellirreale, del surreale, sono ugualmente grandi, perch di una persona
che a duecento metri di distanza non si percepisce n lIo, n il corpo astrale, n il corpo eterico, ma si
percepisce soltanto un rimpicciolimento del corpo fisico; in altre parole, una persona che a duecento metri
di distanza da me, non fa parte del mio karma, perch non sento neanche la sua voce, non facendo parte del
mio karma, realmente, spiritualmente pi piccola di una persona che sta qui davanti a me, e che magari
sento parlare. Queste sono realt, non astrazioni, e sono importantissime, perch se non capiamo
oggettivamente il fenomeno dellastrazione, in questi esempi reali, leggeremo in Steiner e diremo
continuamente che luomo doggi astratto, lo ripeteremo come un dogma, senza aver mai capito quale
realt c dietro: ma vero che siamo astratti, che siamo fuori dalla realt, quando diciamo che un essere
umano, che spazialmente lontano da noi, grande quanto un essere umano che qui davanti a noi. Si pu
dire che lastrazione il fenomeno che prende lillusione ottica come unico parametro di realt, ma
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lillusione ottica unillusione ottica! E unillusione ottica il fatto di trasportare una persona che a
duecento metri di distanza qui, perch non qui, l, molto pi piccola: in altre parole, si realmente
solo nelle situazioni in cui si presenti.

Intervento: Per una persona cara che sta lontano, se la si vive nel ricordo, nel sentimento ecc., c!

Archiati: Io non ho detto che non c, ho detto che molto pi piccola.

Intervento: Per pu anche essere pi grande!

Archiati: Ad altri livelli, ma il fatto che con questo processo di astrazione che ci sposta in tutti i luoghi
del mondo, senza esserci realmente, ci si comincia a sentire responsabili, ad esempio, di tutto ci che
avviene in Jugoslavia, ci si sente un eroe ecc., ma sapete, in effetti, che cosa avviene? Avviene che ci si
gode tutta questa bella astrazione, in modo da scappar via dal posto in cui si veramente, dagli esseri umani
che sono belli grossi per noi, mentre gli esseri umani che sono in Jugoslavia sono molto pi piccoli.
Lastrazione ci fa andare fuori dal mondo, e una volta che si fuori dal mondo tutto permesso!

Intervento: Ma unidea che non si ancora incarnata, materializzata, pu agire nel mondo concreto?

Archiati: Prendiamo lesempio dellessere umano che vuole conseguire un fine, che vuole raggiungere
qualcosa, diciamo che vuole fare una vacanza: per raggiungere questa vacanza sono necessari diversi
strumenti. Lessere umano in questione si fa la rappresentazione della vacanza, e allora la rappresentazione
opera dentro di lui, dentro alle sue scelte, perch la rappresentazione una realt animico-astrale che opera
realmente. Lessere umano lunico essere ad agire in questo modo, perch se la divinit avesse bisogno di
raggiungere qualcosa attraverso qualcosa daltro, non sarebbe libera, e dovrebbe vivere nel tempo,
dovrebbe fare qualcosa in vista di qualcosaltro. Dio non fa una cosa in vista di unaltra, Dio fa ci che fa.

Intervento: Nel prologo di Giovanni si dice che diventano figli di Dio coloro che sono saldi nel suo Nome,
e nella prima invocazione del Padre Nostro anche compare il mistero del Nome: questo Nome ha lo stesso
senso di quel nome, minuscolo o maiuscolo, che incontriamo in grammatica?

Archiati: Il Nome, in senso storico-classico antico, tuttaltra cosa che il sostantivo. Noi, nel linguaggio
italiano doggi, praticamente usiamo la parola nome e la parola sostantivo come sinonimi, e questo crea
enormi problemi, perch se andiamo indietro di duemila, tremila anni, basta tornare ai vangeli, il Nome
esprime sempre lessenza, anzi lessere pi che lessenza, perch lessenza sarebbe ancora unastrazione:
quando un essere umano, nella sua totalit di essere umano, tramite liniziazione per esempio, muta
profondamente, deve cambiare anche il nome, ecco perch il nome esprime lessere.
Facciamo un piccolo esercizio di cammino storico del divenire dellumanit, e vedrete che sono
delle cose interessantissime, e sono proprio quelle che Steiner faceva con gli educatori, con lintento di dare
loro uno sguardo sovrano sui fenomeni umani della storia. Ma questo lo sapete gi, sapete che, in chiave di
formazione degli educatori, non si tratta mai di dire come e cosa si deve fare con il bambino, ma di dare
degli orientamenti didattici. Molto pi importante che non dire al formatore che cosa deve fare con il
bambino, di aiutarlo a fare un cammino che gli consenta di acquisire una umanit abbastanza vasta, che
poi gli permetter, nella situazione concreta, di trovare autonomamente ci che andr fatto di volta in volta.
Quindi, il cardine, lelemento portante della formazione dei formatori, la formazione umana, e adesso che
faremo questa piccola sintesi storica, non la faremo in chiave di imparare qualcosa, ma sempre in chiave di
che cosa possiamo fare adesso, in chiave di libert, per recuperare elementi che dovevamo perdere, perch
ci erano stati dati per grazia, automaticamente.
Se il Nome esprime lessere, che cosa avviene quando invece del nome si usa una parola, una parola
qualsiasi? Una parola esprime lessere? No. Che cosa successo semanticamente nel corso dellevoluzione
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dellumanit? C stato uno stadio del linguaggio in cui ogni parola esprimeva lessere? S, c stato, ed
stato proprio lo stadio iniziale del linguaggio, dove ogni parola, non importa se sostantivo, verbo o
aggettivo, ogni parola stata creata imitando lessere, come imitazione dellessere. Quindi abbiamo un
primo stadio del cammino dellumanit, dove ogni parola, attraverso lesperienza che si faceva nei suoni
che venivano pronunciati, era una imitazione, unesperienza interiore oggettiva, che ci faceva fare
lesperienza oggettiva della cosa. C stato un secondo stadio dellumanit in cui i nomi delle cose,
soprattutto i nomi degli esseri umani, e anche i nomi degli Angeli e degli Arcangeli, i nomi degli esseri
spirituali, esprimevano lessere, e perci questi nomi mantenevano una certa variabilit, nel senso che
quando lessere cambiava, cambiava anche il nome: perci, in questo secondo stadio del cammino
dellumanit, la congiunzione tra lessere e la realt, era soltanto nel nome, non pi in ogni parola, perch le
parole ormai avevano acquisito una certa tradizione, e il linguaggio non era pi cos motile da creare
sempre nuove parole. Infine, nel terzo stadio dellevoluzione dellumanit, adesso, non riusciamo pi a
vivere il rapporto tra la parola che diciamo e lessere reale, perci non c pi alcuna corrispondenza tra i
nomi e lessere delle cose.
Invece, in Sia santificato il tuo nome, questo nome non ha nulla a che fare con un sostantivo,
lessere del Padre, che nei cieli, a parte il fatto che sia santificato una traduzione inesatta, con tutto il
peso animico della tradizione di duemila anni di cattolicesimo. In greco non c n il sia santificato n il
nome, in greco c qualcosa che dice: Lessenza, il tuo essere, tu che sei il padre (e anche la parola
padre diventata problematica) dei cieli, non venga dimenticato dagli esseri umani. Se il Nome
rappresenta lessere, allora il nome lopposto del sostantivo, perch lessere non lessere in quanto lo si
conosce, ma esprime il modo di essere, il modus essendi, il modo di esplicarsi, per via essente, di un essere;
allopposto, il sostantivo indica la conoscenza, cio limmagine che, nella conoscenza, compare di un
essere. Nella quarta conferenza della Didattica, labbiamo gi accennato, che cosa dice Steiner sul verbo e
sul sostantivo? Dice che il sostantivo di natura conoscitiva, mentre il verbo di natura volitiva. Il
cosiddetto Nome, allora, indicava il verbo, aveva qualit di verbo, perch indicava il modo di esplicarsi, se
volete il modo di far promanare dal proprio essere la propria operativit, il modo di porsi dentro al cosmo e
il modo di suscitare tutta una serie di conseguenze, tutta una serie di effetti, essendo una sorgente di cause
causanti, di attivit: ogni essere un operare, il modo di essere un operare, unafficeret, un suscitare
effetti in tutto il mondo circostante. Quindi il Nome era proprio lopposto di ci che avviene, in chiave
conoscitiva, quando noi, di tutto questo che un mistero di volont, di attivit, di operativit, ci creiamo
unimmagine speculare facendone un sostantivo. Da dove vediamo il processo, sempre crescente, di
astrattizzazione dellumanit? Lo vediamo dal fatto che di ci che era, per natura sua, volitivo, per natura
sua dinamico, abbiamo fatto un sostantivo, un elemento di conoscenza, ununit conoscitiva. Quindi per
noi, nella lingua italiana di oggi, il Nome ununit di conoscenza, mentre duemila anni fa il Nome era
lopposto, indicava loperativit, lesplicazione operante, dinamica, vivente, dellessere nelle sue qualit
volitive e nel suo modo di originare karma.
Questo era il Nome: il Nome diceva proprio il mistero della volont, il mistero dellazione, il mistero del
karma.
Il Nome del Cristo oo (logos): in base alle considerazioni fatte, questo oo un sostantivo o
un verbo? E un verbo, un modo di operare, infatti in latino c Verbum... Il oo il principio
immanente di vibrazione del cosmo, che d una struttura immanente a tutte le cose, lattivit creatrice per
eccellenza. Questa attivit creatrice che dischiude significato, perch crea rapporti, crea armonie di esseri
fra di loro, non pu essere ridotta alla parola, bisogna tradurre Verbo: In principio era il Verbo.
Abbiamo visto in questa conferenza la differenza fondamentale tra ci che avviene in noi quando
pronunciamo un verbo e quando pronunciamo un sostantivo: la differenza sta nel fatto che quando si
pronuncia un verbo, lesperienza che si fa, anche se normalmente subconscia, di partecipazione attiva, in
altre parole, quando il linguaggio dice un verbo non ci possibile tirarci fuori dallattivit che il verbo
indica, ma ci tocca entrarci dentro. Se dico questuomo scrive, allora non solo mi unisco con questo
essere del quale dico che sta compiendo questattivit dello scrivere, ma partecipo alla sua attivit, non mi
concesso di star fuori dal processo di cui parlo. Se questo vero per gli adulti, lo ancora di pi per il
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bambino, e per il maestro, che ha a che fare con il bambino, importantissimo sapere che c una differenza
abissale fra lesperienza che il bambino fa quando sente un verbo, che unesperienza di partecipazione
dinamica, attiva, e lesperienza che il bambino fa quando noi pronunciamo dei sostantivi, perch allora
sorge nel bambino latteggiamento di tirarsi fuori dallessere per contemplarlo, e per questo bisogna stare
attenti a non pronunciare troppi sostantivi quando il bambino piccolo, perch significherebbe porsi in
chiave conoscitiva. Laggettivo a met strada tra il verbo e il sostantivo, proprio una lemniscata (fig.
16).


Qui abbiamo il verbo (piena partecipazione), qui c il sostantivo (piena distanza, contemplazione
dal di fuori), e qui, nel mezzo laggettivo, che un trapasso dalluno allaltro, tanto vero che laggettivo lo
possiamo attribuire sia al verbo (diciamo scrive bene), sia al sostantivo (diciamo un uomo buono). Se si
dice un uomo buono, si usa laggettivo per tornare in chiave contemplante, se, invece, si dice scrive
bene, questo bene, che ha qualit di aggettivo, anche se avverbio, fa tornare in chiave di
partecipazione; e se si dice scrive male, bisogna partecipare comunque: in altre parole in scrive bene
c la simpatia al partecipare, al venire coinvolti in questa attivit, in scrive male c unantipatia, ma
partecipare si deve comunque.

Intervento: In una frase in cui c il verbo entra in gioco il senso del movimento di cui abbiamo parlato
ieri?

Archiati: Quando siamo in chiave di verbo, di partecipazione, si muove tutto lessere, si muove il senso
vitale, si muove il senso del movimento, si muove tutto, una partecipazione totale. Quando, invece, siamo
in chiave di sostantivo, viene momentaneamente sospesa questa partecipazione organica, tanto vero che
un essere umano che usasse sempre e solo sostantivi, cosa farebbe? Consumerebbe in breve tempo tutto il
suo corpo fisico, perch pensare, esplicare processi conoscitivi, significa uccidere lorganismo, invece
essere nel verbo significa entrare dentro allelemento vitale che ricostruisce lorganismo: un po come
essere svegli e dormire: nello stato di veglia distruggiamo forze vitali, che ricostruiamo dormendo, e perci
il bambino, che un essere ancora addormentato, si sente molto di pi nel suo elemento quando nel verbo,
e dobbiamo stare attenti a non farlo svegliare troppo presto. Quindi, in un certo senso, se il maestro fosse un
vero artista, sarebbe capace di quellarte ( una vera e propria arte) che consiste nel trasformare il pi gran
numero possibile di sostantivi in chiave di verbo, o almeno in chiave di aggettivo. Per esempio, con cosa si
potrebbe sostituire la parola struttura? Immaginate un bambino di sette anni che sente la struttura di un
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discorso dipende... Al posto di struttura cosa si pu dire?

Intervento: L insieme...

Intervento: Landamento...

Archiati: S, landamento, i passi che si compiono dallinizio alla fine delle cose che si raccontano...

Intervento: Il cammino? Il procedere?

Archiati: Anche. Il cammino pure un sostantivo, ma capite che di tuttaltra natura che non la
struttura. Chi di voi ha fatto pedagogia per diversi anni sa che Steiner ci invita continuamente a
recuperare il contenuto di immagine di tante parole che noi usiamo: nel processo, ad esempio, c
limmagine del pro-cedere e cedere da dove viene? In-cedere, pro-cedere, de-cedere? Da cedere, che
significa cadere, e pro-cedere significa cadere avanti: unimmagine bellissima. Steiner dice che se
linsegnante, quando pronuncia la parola procedere, ha davanti a s, coscientemente, questimmagine,
questa sua astralit opera sul bambino, e il suo linguaggio ha, quindi, sul bambino un effetto del tutto
diverso da quello che ha il linguaggio di un maestro, che, quando dice la parola procedere, non ha davanti a
s limmagine: questo molto importante, e bisognerebbe fare continuamente esercizi per vedere, ad
esempio, su cento parole quante ci sono astratte, nel senso che non le accompagniamo con nessuna
rappresentazione. Rappresentazione che parola ? Avete fatto la rappresentazione della rappresentazione?
Rap-presentare, Repraesentatio, un render presente, per, quasi sicuramente, quando io ho detto la parola
rappresentazione, voi non avete pensato allimmagine. Questo esercizio di recuperare, il pi possibile, il
contenuto di immagine del linguaggio, importantissimo, tra laltro, per larte, perch larte senza
immagine non arte. Qualcuno ha qualche esempio di parole che sono immagini, anche se ce ne siamo
dimenticati?

Intervento: Signore.

Archiati: Signore che immagine ?

Intervento: E formato da due parole: il segno e le cose, signum e reso

Archiati: In greco signore si dice kupio (kurios), in latino si dice dominus, quale parola viene da dominus
in italiano? Donna, domina. Invece, il donno non ce labbiamo pi, c il don, che rimasto solo ai
preti. Don un abbreviazione di dominus. Da dove saltato fuori signore?

Intervento: E il Logos, il segno nelle cose.

Archiati: Io non ho fatto ricerche al riguardo, ma di sicuro si tratta di un immagine. Apriamo una piccola
parentesi: la storia delle parole una delle cose pi complesse che ci siano, e bisogna stare attenti a non
essere troppo fantasiosi, perch la storia delle parole va studiata, non si pu inventare, storia, quindi
bisogna studiarla. Facciamo insieme un piccolo esempio di storia di una parola, che ci fa capire la storia
dellumanit, perch se riusciamo ad individuare la storia di una parola, vediamo che questa storia si evolve
insieme allumanit. La parola che voglio prendere in considerazione : apuu (pras), che sta nelle
Beatitudini: Beati i mansueti. Negli anni giovanili io avevo una passione semimorbosa per le lingue,
passavo ore intere a studiarle. Da apuu viene il latino pravus, vedete che la stessa radice, poi vengono i
bravi dei Promessi sposi, e il bravo! allOpera o nello stadio, viene linglese brave (coraggioso), il
francese brave (sois brave!:sta buono, sta tranquillo, quieto, non ti muovere), ed infine il tedesco brav
(tranquillo).
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E chiarissimo che, nel corso dellevoluzione, questa parola greca ha fatto saltar fuori, a seconda dei
linguaggi, due significati opposti.

Intervento: Ma che voleva dire?

Archiati: Questo quello che dobbiamo scoprire. In italiano state buoni significa state tranquilli,
invece, in inglese, brave significa tuttaltra cosa, significa coraggioso. In francese significa di nuovo
tranquillo e il tedesco brav ancora pi mansueto, tranquillo, cheto, zitto zitto. La storia dellumanit
che salta fuori questa: apuu nella terza Beatitudine, e mansueto , in fondo, una traduzione sfacciata,
perch la parola greca non significa mansueto, la parola greca significa la forza interiore di prendere sul
serio la purificazione interiore, quindi il cosiddetto mansueto colui che lavora sul corpo astrale. La
prima Beatitudine riguarda il corpo fisico (Beati coloro che sono poveri perch sono piombati, fino in
fondo, nel mondo fisico, hanno perso tutti i tesori del mondo spirituale e se li devono riconquistare).
Beati coloro che soffrono: la beatitudine del corpo eterico. La Beatitudine del corpo astrale vuol dire
che conseguono la beatitudine, conseguono la pienezza dellessere coloro che si adoperano a purificare la
propria astralit. Colui che battagliero verso se stesso, combatte la battaglia interiore, non ha bisogno di
essere aggressivo allesterno, proprio perch sa che la vera battaglia si compie nel proprio corpo astrale;
perci, o si sa che la grande battaglia va combattuta allinterno, oppure si disattende questa vera battaglia, e
allora si diventa aggressivi verso lesterno, ma perch si diventa aggressivi? Perch lastralit non
purificata. Se, al contrario, si purifica lastralit, non si pi aggressivi, per per purificare lastralit ci
vuole una combattivit, unattivit, una forza molto maggiore di quella che occorre per attaccare un altro.
Cosa significa che mansueto chi cos spietato nei confronti di se stesso?
Significa che chi dichiara una guerra senza quartiere a tutto ci che disordine dentro. di lui,
costruisce rapporti armoniosi con il mondo esterno, quindi esperito dal di fuori, dagli altri, risulta
mansueto, ma dentro di s un guerriero. Quindi la parola greca mette laccento sulla battaglia interiore,
e se, invece, si tralascia la battaglia interiore, salta fuori quella esteriore, quindi laggressivit, il contrario
della mansuetudine, il contrario della mitezza. La legge fondamentale che questa parola esprime che pi
una persona spietata con se stessa, e pi paziente verso gli altri. Andiamo avanti ed arriviamo ai romani:
il romano lesperto della guerra fuori, il conquistatore per eccellenza, e per il romano chi non aggressivo
allesterno perch, povero picchiato, vuole lavorare dentro, un pravus; quindi la stessa parola, adesso,
significa lopposto. Perci, in questo passaggio dal greco al latino, abbiamo due significati fondamentali
opposti, a seconda che noi apprezziamo, come valore, limporsi esterno, bellicoso, guerresco, aggressivo, o
che, al contrario, poniamo come valore positivo il lavorare su se stessi. C poi una linea di continuit fra il
romano conquistatore e linglese colonizzatore, imperialista, perch brave significa coraggioso
allesterno. Il francese e il tedesco sono pi fedeli alla parola greca, e fanno riferimento alla pace interiore,
allequanimit, alla calma, e litaliano usa la stessa parola in entrambi i significati: si pu essere bravi nel
cammino interiore, e si pu essere bravi quando si vince una gara.
Questo un piccolo esempio di cammino dellumanit: chiaro che i bambini piccoli non sono
ancora in grado di apprezzare osservazioni di questo tipo, ma dopo i dodici anni, e dopo i quattordici ancora
di pi, queste cose fanno innamorare i ragazzi, ci provano un gusto enorme, e, sulla base di cose cos belle,
imparano, ad esempio, la storia molto pi alla svelta, e non la dimenticano pi, perch una volta che il
ragazzo o la ragazza ha capito che il romano chiama pravus colui che lavora su se stesso, mentre la terza
Beatitudine chiama apuu colui che mansueto al di fuori, perch sa lottare nella propria interiorit per
mettervi ordine, non se lo dimentica pi, se lo ricorda, ed ha il beneficio di imparare le lingue, perch sa, si
ricorder che deve stare attento quando dice brave in inglese, perch significa tuttaltra cosa che bravo
in italiano.

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