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L’ANCSA, Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici, di cui fanno parte

numerosi comuni italiani, non è solita intervenire nell’attualità del dibattito su


scelte che le istituzioni, ai diversi livelli, ritengono di fare. Ha sempre scelto
l’esame critico di condizioni generali incidenti sul patrimonio costituito dai
nostri Centri Storici e dal nostro patrimonio storico - territoriale: la denuncia,
cioè, di situazioni strutturali e non locali.

Il provvedimento che il Governo sta varando e che passa sotto il nome di


“Piano Casa” riguarda precisamente una misura di carattere generale che ha
incidenza sul patrimonio storico, artistico, ambientale e paesaggistico del
nostro Paese.

I problemi che l’ANCSA ritiene di denunciare all’opinione pubblica ed delle forze


politiche che derivano dai provvedimenti in corso di definizione sono – tenuto
conto del livello di informazione di cui si dispone – i seguenti:

• in primo luogo, si ritiene incostituzionale un provvedimento generale in


materie che sono di competenza delle Regioni;
• in secondo luogo, si ritiene illegittimo un provvedimento che, prevedendo
aumenti di cubatura in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ed
adottati prevarica l’autonomia dei Comuni. Si rammenta che gli strumenti
urbanistici siano il risultato di attente valutazioni condivise e votate da
Consigli Comunali cui è demandato il potere decisionale in materia ed
ancora che tali scelte sono il risultato di ampia partecipazione dei
cittadini. Provvedimenti del Governo o del Parlamento in materie che
riguardano l’uso del suolo possono avere funzioni di tutela, e perseguire
scelte infrastrutturali di interesse nazionale, ma non possono incidere su
scelte che hanno a che vedere con l’uso dei suoli, che riguardano
esclusivamente i Comuni.

Se questi sono i profili istituzionali che fanno ritenere i provvedimenti


governativi del tutto illegittimi e gravemente lesivi delle autonomie locali,
altrettanto gravi sono le conseguenze territoriali che possono derivare da tali
provvedimenti, che non sono state valutate, ignorando del tutto la realtà
territoriale del nostro Paese.

1. Si dà per scontato che il provvedimento degli aumenti di cubatura non


riguarda le aree di tutela e neppure i Centri Storici. Sarebbe bene peraltro
ben precisare cosa si intenda per aree di tutela: se, ad esempio, le aree
tutelate dai Piani Paesistici, Piani Territoriali, Piani Regolatori devono
essere intese come incluse. Si ricorda peraltro che secondo la
Convenzione Europea del Paesaggio è del tutto superata l’idea che vi
siano paesaggi da tutelare e paesaggi da non tutelare. Il nostro Paese, in
particolare, è, nel suo insieme, un territorio storico, dotato in ogni sua
parte di valori ambientali e paesaggistici.

Da queste considerazioni emerge che ogni modificazione è soggetta a


valutazione, e sono appunto gli strumenti urbanistici che identificano con
precisione i modi di tale modificazione, avendoli valutati sul terreno,
situazione per situazione.
2. Quali sono dunque i rischi insiti nella errata generalità del provvedimento
governativo? L’ignoranza della specificità del nostro territorio e dei
processi che gli strumenti urbanistici tentano di innescare è una
caratteristica del provvedimento. Gli strumenti urbanistici prescrivono
regole per le altezze e per le distanze da osservare nella edificazione.
Derogare da tali regole vuol dire avere quale solo riferimento il codice
civile. Le conseguenze, solo sotto questo aspetto, sono catastrofiche. I
piani regolatori stabiliscono poi un rapporto, in forza di legge, fra quantità
dell’edificato e servizi collettivi. Se la consistenza di un’area viene
forzosamente aumentata del 20%, non si vede come i Comuni possano
contemporaneamente aumentare la consistenza dei servizi collettivi non
solo per la paventata esenzione dagli oneri di urbanizzazione, ma anche
perché in molte situazioni possono non esservi aree da destinare a
pubblici servizi.
3. Si ritiene che il provvedimento inciderà soprattutto sul patrimonio edilizio
costituto da case uni/bifamiliari, ville e villini sparsi sul territorio. Quando
potesse incidere anche sugli immobili plurifamigliari, le conseguenze
estetiche sono inimmaginabili.

L’ANCSA intende sottolineare come la componente estetica sia sempre


del tutto assente a livello istituzionale, come se l’economia stessa del
nostro paese potesse farne a meno. Proponiamo un richiamo forte di
contenuti al riguardo, contro ogni rischio di degrado estetico.

Se ci si sofferma sulle tipologie che potranno al meglio fruire del


provvedimento, anche qui l’ignoranza delle reali situazioni è evidente.

I danni più gravi al nostro territorio derivano da quei fenomeni di


dispersione urbana che in varie aree territoriali si sono verificati nel corso
degli ultimi decenni. Nati spesso da abusivismo, o da interpretazioni assai
lasche di leggi e di regolamenti, tali insediamenti hanno divorato territori
agricoli di pregio, mancanti in genere di opere di urbanizzazione: strade
adeguate, fognature, acquedotti, ecc. Tali insediamenti hanno
determinato un alto livello di mobilità individuale, per non parlare dei
fenomeni “asociali” che ne derivano. Compito dei piani urbanistici è
frenare e riorganizzare questi insediamenti privi di servizi. Premi di
cubatura sarebbero ammissibili solo a condizione di porre riparo al
disastro urbanizzativo, al contrario, si ritiene di concederli per aggravare
tale disastro. Il governo dovrebbe ben al contrario, in tali situazioni,
aiutare i Comuni per intervenire in tali aree a favore della collettività.

Un secondo disastro annunciato dal provvedimento è quello che riguarda


i capannoni industriali, commerciali e di deposito. Se anche questa
tipologia insediativa venisse premiata, i danni urbanistici ed ambientali
che ne deriverebbero sono facilmente constatabili.

Un terzo disastro annunciato sono i danni all’ambiente che deriverebbero


in modo indiretto da una promozione dl settore edilizio di grandi
dimensioni.
Per ultimo l’ANCSA vuole ricordare a chi prende le decisioni che non è più
vero che “si le bâtiment va, tout va”. Questo è stato vero ai tempi del
barone Haussmann, ma non è più vero oggi, per i grandi cambiamenti
strutturali che l’economia ha avuto.

L’ANCSA intende promuovere ogni azione atta ad impedire il disastro che i


provvedimenti governativi preannunciano chiedendo a Regioni, Comuni e
cittadini di reagire con i mezzi che il nostro sistema democratico garantisce e
rivolge appello al Presidente della Repubblica che ne è il custode.

Il consiglio direttivo dell’ancsa, nella sua seduta del giorno 13 marzo 2009, in Firenze.

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