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Appunti di Fisica Moderna






Ingegneria Elettronica, Ingegneria dei Modelli e dei Sistemi ed
Ingegneria delle Telecomunicazioni


G. Balestrino
2

1 RICHIAMI SULLE ONDE .............................................................................................................. 3
1.1 Generalit............................................................................................................................. 3
1.2 Onde trasversali e longitudinali ........................................................................................... 4
1.3 Lequazione donda.............................................................................................................. 5
1.4 Onde sinusoidali................................................................................................................... 6
1.5 Onde sinusoidali tramite esponenziali di argomento immaginario...................................... 9
1.6 Velocit di fase e velocit di gruppo.................................................................................. 12
1.7 Esercizi............................................................................................................................... 14
2 CENNI DI MECCANICA QUANTISTICA............................................................................. 16
2.1 Aspetti quantistici delle onde elettromagnetiche ............................................................... 16
2.2 Aspetti ondulatori delle particelle dotate di massa ............................................................ 23
2.3 La meccanica ondulatoria: lequazione di Schrdinger..................................................... 26
2.4 Significato fisico della funzione donda, il principio di indeterminazione........................ 28
2.5 Equazione di Schrdinger indipendente dal tempo: stati stazionari ed evoluzione
temporale........................................................................................................................................ 31
2.6 Alcuni esempi di soluzione dellequazione di Schrdinger indipendente dal tempo. ....... 33
2.6.1 Particella libera (caso unidimensionale) .................................................................... 33
2.6.2 Buca di potenziale a pareti infinite ............................................................................ 35
2.6.3 Buca di potenziale a pareti finite................................................................................ 38
2.6.4 L'effetto tunnel ........................................................................................................... 40
2.6.5 Oscillatore armonico unidimensionale....................................................................... 43
2.6.6 Latomo di idrogeno................................................................................................... 45
2.7 Lo spin; bosoni e fermioni; il principio di esclusione di Pauli. ......................................... 47
2.8 Metalli, isolanti, semiconduttori ........................................................................................ 49
2.9 Esercizi............................................................................................................................... 53
3 TERMODINAMICA STATISTICA......................................................................................... 57
3.1 Stati di un sistema termodinamico..................................................................................... 57
3.2 Temperatura ed entropia .................................................................................................... 61
3.3 Legge dellaumento dellentropia ...................................................................................... 63
3.4 Il fattore di Boltzman......................................................................................................... 65
3.5 Energia libera di Helmotz .................................................................................................. 68
3.6 Funzione di distribuzione di Planck................................................................................... 70
3.7 Potenziale chimico e distribuzione di Gibbs...................................................................... 71
3.8 Potenziale chimico del gas perfetto ................................................................................... 72
3.9 Somma di Gibbs................................................................................................................. 74
3.10 Distribuzioni di Fermi-Dirac e Bose-Eistein ..................................................................... 77
3.11 Esercizi............................................................................................................................... 79

3
1 RICHIAMI SULLE ONDE

1.1 Generalit

La propagazione ondulatoria uno tra i fenomeni pi diffusi in fisica: si pensi alle onde sulla
superficie di un liquido, oppure alle onde acustiche, oppure alle onde elettromagnetiche o anche alla
rappresentazione ondulatoria delle particelle microscopiche come gli elettroni. Pur essendo la natura
dei fenomeni ondulatori cos varia, essi sono descritti con lo stesso formalismo matematico. In
questa sezione introdurremo alcuni concetti fondamentali inerenti la propagazione per onde che
potranno poi di volta in volta essere applicati a casi particolari.
In tutti i casi londa caratterizzata da una perturbazione . La perturbazione rappresenta lo
spostamento di una certa grandezza fisica rispetto al suo valore di equilibrio. La natura fisica della
perturbazione varia a secondo del particolare tipo donda considerato: ad esempio, nel caso di un
onda che si propaghi lungo un filo teso, la perturbazione rappresenta lo spostamento di un elemento
di lunghezza dl del filo rispetto alla condizione di equilibrio (filo teso orizzontale), nel caso di
unonda acustica che si propaghi nellaria la perturbazione rappresenta la variazione della densit
locale dellaria rispetto al suo valore allequilibrio, nel caso di unonda elettromagnetica
rappresenta la variazione del campo elettromagnetico rispetto al suo valore di equilibrio. Si
potrebbe continuare ancora a lungo con gli esempi. In ogni caso vero sempre che la perturbazione
, che rappresenta unonda in movimento nello spazio, funzione sia del vettore posizione r che
del tempo t: ( ) t r, . Nel caso in cui londa si propaghi in una precisa direzione individuata dallasse
x, il vettore posizione va sostituito con lascissa x. La funzione pu assumere le forme pi
svariate (vedi ad esempio Figura 1.1-1).
c
X

(
x
,
t
)

Figura 1.1-1
Nel caso indicato in figura la perturbazione si sposta, ad istanti successivi, verso destra con
velocit c.
Abbiamo ora due possibilit:
la forma della perturbazione rimane immutata al variare del tempo e quindi londa trasla
rigidamente verso destra mantenendo immutata la sua forma;
la traslazione accompagnata da una distorsione della forma donda
In generale sono possibili entrambi i casi a seconda del particolare problema di propagazione per
onde considerato. Nel caso in cui sia verificata la prima alternativa diremo che londa si sta
propagando in un mezzo non dispersivo, mentre nel secondo caso diremo che londa si propaga in
4
un mezzo dispersivo. Lorigine del termine
dispersivo, riferito al mezzo di propagazione,
sar chiarito pi avanti.
Supponiamo ora che londa si propaghi in un
mezzo non dispersivo e che quindi la forma
donda non cambi nel tempo (fig.1.1-2)
In Figura 1.1-2 rappresentata una
perturbazione progressiva (che si muove nel
verso positivo dellasse x) in due istanti
successivi t
o
e t
o
+t. la forma della
perturbazione non cambia: essa
semplicemente traslata di ct dove c
rappresenta la velocit di propagazione
dellonda. Consideriamo ora, accanto al
sistema di riferimento fisso x,y un sistema x,
y in movimento con la stessa velocit
dellonda c. Se il mezzo non dispersivo la
perturbazione apparir congelata nel sistema di riferimento mobile: la forma della perturbazione
non si modifica al passare del tempo. In queste condizioni la sar esclusivamente funzione
dellascissa x e non dipender dal tempo ((x)). Daltro canto, la legge di trasformazione delle
coordinate, quando si passa dal sistema di riferimento fisso (x,y) al sistema mobile (x,y) (avendo
ipotizzato che allistante iniziale t
o
=0 le origini dei due sistemi di riferimento coincidano) x=x+ct,
da cui si ricava x=x-ct. Poich la forma donda nel sistema di riferimento fisso ed in quello mobile
coincidono ((x,t)(x)), possiamo esprimere la funzione nel sistema fisso come (x-ct),
avendo sostituto x con x-ct. Nel caso in cui londa si propaghi nel verso negativo dellasse x (onda
regressiva), si otterr, analogamente (x+ct). Tutto ci si pu riassumere dicendo che una generica
perturbazione che si propaghi in un mezzo non dispersivo deve essere funzione della
combinazione lineare della variabile posizione e del tempo (xct) dove c rappresenta la velocit di
propagazione dellonda mentre il segno meno e pi si riferiscono, rispettivamente, ad onde
progressive e regressive. Queste semplici considerazioni ci consentono di concludere che una
generica funzione della posizione e del tempo f(x,t), pu rappresentare unonda soltanto se le
variabili x e t appaiono in combinazione
lineare. Ad esempio, quindi, la funzione
f(x,t)=A(x-ct)
2
atta a rappresentare unonda
mentre non lo la funzione f(x,t)=A(x
2
-ct
2
).


1.2 Onde trasversali e longitudinali

Una prima classificazione delle onde
pu essere fatta in base allangolo che la
direzione della perturbazione e la direzione
di propagazione dellonda formano tra di
loro. Nel caso in cui queste due direzioni
siano parallele le onde vengono dette
longitudinali, mentre nel caso esse siano
mutuamente perpendicolari le onde vengono
dette trasversali. Un esempio di onda
trasversale rappresentato da una
perturbazione che si propaga lungo un filo
teso: ogni elemento del filo si sposta nella
a


c



ct
t
0
+t
t
0
x=x'
P
e
r
t
u
r
b
a
z
i
o
n
e
Figura 1.1-2 Perturbazione in due istanti successivi in
un mezzo non dispersivo
y y

Figura 1.2-1
5
direzione perpendicolare al filo stesso mentre londa si propaga nella direzione del filo. Un esempio
di onda longitudinale rappresentato dalle onde acustiche nei gas: in questo caso la perturbazione
(variazione della densit del gas rispetto al valore di equilibrio) diretta parallelamente alla
direzione in cui si propaga londa. La differenza tra onde trasversali e longitudinali illustrata in
Fig.1.2-1 considerando il caso di una fila di punti materiali di massa m separati, in condizioni di
equilibrio, da una distanza a e legati alla posizione di equilibrio da forze di tipo elastico. Nella
figura in alto le masse sono ferme nella posizione di equilibrio; nella figura intermedia le masse
sono investite da una perturbazione che si propaga lungo la catena spostando le masse stesse
parallelamente alla direzione di propagazione; infine, in basso, rappresentata una perturbazione
tale che lo spostamento perpendicolare alla direzione di propagazione dellonda stessa.

1.3 Lequazione donda

In un gran numero di sistemi non dispersivi, caratterizzati da un preciso valore allequilibrio della
grandezza fisica rilevante (ad esempio la densit in gas oppure la posizione di un elemento di
lunghezza dl in un filo teso) si osserva che, nel caso in cui il sistema venga perturbato, la
perturbazione, ovverosia lo spostamento () della grandezza fisica rilevante dal suo valore in
condizioni di equilibrio soddisfa la seguente equazione alle derivate parziali:
2
2
2 2
2
1
t c x


Eq. 1.3-1
questequazione prende il nome di equazione donda. In questa forma essa valida nel caso di
propagazione in una dimensione (asse x). Si pu verificare a posteriori che unonda viaggiante
qualsiasi, rappresentata da un generica funzione ( ) ct x , soluzione dellequazione donda. Per
provarlo sostituiamo la funzione allinterno dellequazione donda. A questo scopo necessario
calcolare preventivamente le derivate parziali della rispetto alla posizione x ed al tempo t.
Indicando con

) la derivata prima (seconda) della funzione rispetto al suo argomento,


abbiamo per la regola di derivazione di funzione di funzione:
( )
' '

ct x
x x
e ' '
2
2

x


( ) ( ) c ct x
t t
=

' '

e
' ' 2
2
2

c
t
=


Queste espressioni, sostituite nellequazione donda 1.3-1, la rendono soddisfatta.



Ricaviamo ora lequazione donda per un caso particolare. Consideriamo il problema di masse puntiformi m disposte
lungo una retta. Inizialmente le masse sono in equilibrio distanziate di a (vedi Figura 1.3-1 ). Supponiamo che le masse
siano collegate tra di loro da molle ideali tutte uguali, di constante elastica K e lunghezza a riposo a. Inizialmente ogni
punto materiale in equilibrio. Ad un certo istante uno dei punti viene spostato dalla condizione di equilibrio
avvicinandolo, per esempio, al punto alla sua destra. Lo spostamento dar luogo ad una perturbazione che si propagher
i-2 i-1 i i+1 i+2

i-1

i+1


Figura 1.3-1 Perturbazione in una catena datomi investita da unonda longitudinale.

6
lungo la catena. Se indichiamo con
s
lo spostamento del generico punto dalla posizione di equilibrio, la forza che
agisce sul punto iesimo potr essere espressa come
) ( ) (
1 1 +
=
i i i i
K K F
per il secondo principio della dinamica

) 2 (
1 1
2
2
i i i
K
t
m ma

+ =

=
+
Eq. 1.3-2
Laccelerazione stata espressa tramite una derivata parziale rispetto al tempo poich la perturbazione anche
funzione della posizione. Supponiamo ora che la lunghezza donda della perturbazione sia molto maggiore della
separazione spaziale tra i punti (>>a). In questo caso, detto limite del continuo, si considera la variabile posizione
come una variabile continua. Si potr quindi esprimere la perturbazione nel modo seguente:
( ) ( ) ( ) a x a x x
i i i
+ = = =
+

1 1
, , Eq. 1.3-2
Inoltre, poich la lunghezza donda molto maggiore di a, la perturbazione varier di poco quando ci si sposta di a. In
queste condizioni la perturbazione potr essere sviluppata in serie di Taylor nellintorno di x conservando soltanto i
termini pi importanti dello sviluppo:
( )
( ) ......
2
) (
......
2
) (
2
2 2
2
2 2
+

+ = +
+

=
x
a
x
a x a x
x
a
x
a x a x




Eq. 1.3-4

Sostituendo le espressioni 1.3-3 e 1.3-4 nellequazione 1.3-2 otteniamo
2
2
2 2
2
t Ka
m
x



per confronto con lespressione 1.3-1, che rappresenta lequazione di propagazione delle onde, verifichiamo facilmente
che la velocit di propagazione delle perturbazioni lungo la catena
m
K
a c =


1.4 Onde sinusoidali


Le onde possono assumere le forme pi svariate. Un caso particolarmente importante, per motivi
che saranno chiari successivamente, quello delle onde che hanno forma sinusoidale. In questo
caso la perturbazione si riscrive come ( ) ( ) [ ] ct x k A ct x = sin . La costante k (detta numero
donda), deve essere misurata in rad/m in modo tale che largomento del seno risulti un angolo
misurato in radianti.. Nel caso di unonda sinusoidale vengono definiti la lunghezza donda ed il
periodo T. Queste due grandezze sono legate dalla relazione
T
c

= , dove c prende il nome di
velocit di fase. Per preservare la periodicit spaziale in della perturbazione necessario che la
costante k sia definita come

2
= k . La pulsazione dellonda viene definita come
T

2
= . Si
definisce ora il vettore donda k come il vettore che ha modulo

2
(numero donda), direzione
parallela e verso concorde alla direzione di propagazione dellonda. La velocit di fase c pu essere
7
anche espressa come
k
c

= . Con le convenzioni esposte sopra la perturbazione pu essere scritta
come
( ) t kx A t
T
kx A ct kx A

= |
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
= sin
2
sin
2
sin Eq. 1.4-1
dove viene detta pulsazione. kxt rappresenta la fase dellonda sinusoidale ed A la sua
ampiezza. Il segno + si riferisce ad onde sinusoidali regressive, mentre il segno a quelle
progressive.
Londa sinusoidale scritta come ( ) t kx A sin implica che allistante iniziale (t=0), la
nellorigine (x=0) sia necessariamente nulla. Ovviamente questa circostanza non sempre
verificata. Per non perdere di generalit nellespressione dellonda sinusoidale si aggiunge un
angolo
o
, che rappresenta la fase iniziale (t=0, x=0), allargomento della funzione seno:

( )
0
sin + = t kx A Eq. 1.4-2

-6 -4 -2 0 2 4 6 8 10
ct



Le onde sinusoidali si prestano bene per studiare gli effetti di interferenza. Osserviamo infatti che,
essendo lequazione differenziale delle onde lineare, se due funzioni f(x,t) e g(x,t) sono
separatamente soluzioni dellequazione, anche la loro combinazione lineare lo . Questa circostanza
viene espressa nel cosiddetto principio di sovrapposizione che afferma che se due onde
attraversano la stessa regione di spazio la perturbazione totale risultante costituita dalla somma
delle perturbazioni individuali:
2 1
+ =
Nel caso delle onde sinusoidali questa circostanza permette alcune interessanti considerazioni.
Supponiamo inizialmente che due onde sinusoidali aventi lo stesso vettore donda, la stessa
pulsazione e la stessa ampiezza A ma fase iniziale diversa, si propaghino entrambe nel verso
positivo dellasse x. La perturbazione totale sar allora espressa come:

Figura 1.4-1 Rappresentazione di un onda sinusoidale di velocit c in due istanti successivi
8
( ) ( )
2 1 2 1
sin sin + + + = + = t kx A t kx A Eq. 1.4-3
Grazie allidentit trigonometrica

|
.
|

\
|
|
.
|

\
| +
= +
2
cos
2
sin 2 sin sin
B A B A
B A Eq. 1.4-4
lEq. 1.4-5 potr essere riscritta come |
.
|

\
| +
+ |
.
|

\
|
=
2
sin
2
cos 2
2 1 2 1


t kx A .
Questespressione rappresenta ancora unonda viaggiante con lo stesso vettore donda k e la stessa
pulsazione , ma con fase iniziale pari a
2
2 1
+
ed ampiezza |
.
|

\
|
2
cos 2
2 1

A . In particolare
osserviamo che se la differenza tra
1
e
2
pari a 2n, con n numero intero qualsiasi, allora
lampiezza dellonda sar pari a 2A (onde in fase), mentre invece, se la differenza di fase
(2n+1), allora lampiezza nulla (onde in controfase).
Un altro caso interessante quello in cui interferiscano due onde sinusoidali di uguale ampiezza, di
uguale vettore donda ed uguale pulsazione che si propaghino lungo lasse x in versi opposti. In
questo caso la perturbazione totale potr essere espressa come:

( ) ( )
2 1 2 1
sin sin + + + + = + = t kx A t kx A

Utilizzando la stessa identit trigonometrica 1.4-3 otterremo questa volta

|
.
|

\
|
+ |
.
|

\
| +
+ =
2
cos
2
sin 2
1 2 2 1


t kx A Eq. 1.4-6
La perturbazione riportata in figura 1.4-2 a diversi istanti successivi, nellipotesi che entrambe le
fasi iniziali siano nulle. La perturbazione cos ottenuta non rappresenta pi unonda viaggiante,
infatti le variabili posizione e tempo non compaiono in combinazione lineare ma sono
separatamente argomento delle funzioni sin e cos. La definita nellequazione viene detta onda
stazionaria.
Dallanalisi dellequazione 1.4-7 si osserva
che lampiezza dellonda stazionaria evolve
nel tempo come indicato in figura 1.4-2.
Allistante iniziale lampiezza massima.
Decresce diventando nulla a un quarto di
periodo e diventa massima negativa a met
periodo. Successivamente la perturbazione
evolve ciclicamente con periodo T. I punti
nei quali lampiezza delle oscillazioni
sempre nulla vengono detti nodi, i punti in
cui lampiezza delloscillazione massima
ventri. I nodi rimangono fermi nel tempo e
questa circostanza implica che non vi sia
propagazione di energia collegata con le
onde stazionarie.
Unulteriore classificazione delle onde pu essere effettuata in base alla forma del fronte donda. Il
fronte donda definito da tutti quei punti nello spazio che, ad un certo istante, hanno la stessa fase.
Per esempio se si getta un sasso in uno specchio dacqua tranquillo si generano dei fronti donda
circolari (onde circolari). In fig.1.4-3 sono rappresentate due onde particolarmente rilevanti: onde
sferiche (generate da una sorgente puntiforme) ed onde piane (generate da una sorgente molto
lontana). In entrambi i casi la lunghezza donda corrisponde alla distanza tra due fronti donda
x

t=0

t=T/8
t=(1/4)T

t=(3/8)T

t=T/2
nodi
ventri
Figura 1.4-2 Evoluzione di unonda stazionaria
in funzione del tempo
9
consecutivi. La direzione di
propagazione, individuata dal
vettore donda k definita
univocamente nel caso di onde
piane, mentre varia da punto a
punto ed sempre diretta
radialmente nel caso di onde
sferiche.





1.5 Onde sinusoidali tramite esponenziali di argomento immaginario

A volte pu essere particolarmente comodo rappresentare le onde sinusoidali tramite esponenziali di
argomento immaginario. A questo proposito richiamiamo le equazioni di Eulero:
2
) cos( ,
2
) (

i i i i
e e
x
i
e e
sen

+
=

= Eq. 1.5-1
combinando le due equazioni insieme si ottiene
) ( ) cos( ), ( ) cos(

isen e isen e
i i
= + =


Lesponenziale di argomento immaginario quindi un numero complesso la cui parte reale
rappresentata dalla funzione cos( ) e la parte immaginaria dalla funzione sen( ). Il suo modulo


In Fig. 1.5-1 viene rappresentata la funzione e
i
nel piano complesso. Lesponenziale di argomento
immaginario rappresentato da un vettore di modulo unitario che forma un angolo con lasse Re.
Al variare di tra zero e 2 lapice del vettore percorre una traiettoria circolare.
La perturbazione sinusoidale sar quindi espressa come
( )
( )
0
,

+
=
t kx i
Ae t x Eq. 1.5-2
dove
0
rappresenta leventuale fase iniziale.
Lampiezza dellonda sinusoidale sar quindi rappresentata
dalla parte reale (o dalla parte immaginaria) dellesponenziale
e
i
. La rappresentazione tramite esponenziali di argomento
immaginario risulta particolarmente vantaggioso in riferimento
ai pacchetti donda. Le perturbazioni reali che si propagano nei
mezzi fisici non sono mai rappresentate da onde sinusoidali
ideali. In pratica i mezzi di propagazione reali hanno
necessariamente dimensioni fisiche finite. In queste condizioni
non possibile immaginare al suo interno la propagazione di
unonda sinusoidale ideale. Nella realt le perturbazioni hanno
unestensione limitata nello spazio come, ad esempio, quella
indicata in fig.1.1-1. Le perturbazioni reali prendono il nome di
pacchetto donda. Il perch del termine pacchetto donda sar
chiaro pi avanti. Limportanza delle onde sinusoidali deriva
dalla circostanza che le perturbazioni reali possono essere considerate come la sovrapposizione di
un certo numero di onde sinusoidali aventi opportuna ampiezza.
( ) ( ) 1 cos
2 2
= + =

sen e
i
Re
Im

Figura 1.5-1 Parte reale ed
immaginaria dellesponenziale di
argomento immaginario

k
k
Figura 1.4-3 Fronti donda sferici e piani
10
Consideriamo infatti una funzione periodica f(x) con periodo , quale ad esempio quella
rappresentata in Fig. 1.5-2 .
Se sono soddisfatte le condizioni di Dirichelet allora questa funzione potr essere sviluppata in serie
di Fourier

=
|
.
|

\
|

=
n
n
x n
i c x f
2
exp ) ( , con n numero intero.
Ovvero, avendo definito

=
n
k
n
2
,
( )

=
=
n
n n
x ik c x f exp ) ( Eq. 1.5-3

Lequazione 1.5-3 esprime la circostanza che una perturbazione periodica con periodo pu essere
espressa come la sovrapposizione di un numero elevato (idealmente infinito) di onde sinusoidali,
con numero donda multiplo intero di

2
, ed ampiezza c
n
(componenti di Fourier).
Spesso per soltanto un numero limitato di componenti contribuiscono effettivamente, le
altre avendo unampiezza c
n
trascurabile.
Moltiplichiamo ora lequazione 1.5-3, primo e secondo membro, per ( ) x ik
n
'
exp , con n numero
intero ed integriamo lespressione risultante tra -/2 e /2. Otteniamo cos

( ) ( ) ( ) ( )
} }

=
=
2
2
'
2
2
'
exp exp dx x k k i c dx x f x ik
n n
n
n n

Eq. 1.5-4


con ( )
'
2
'
n n k k
n
n

=

m

=
2
, con m a sua volta numero intero.
ora facile mostrare che lintegrale
}

|
.
|

\
|

2
2
2
exp dx mx i

pari a se m=0 (n=n) ed nullo se m0
(nn

). Infatti, se m=0 lesponenziale pari a 1 e lintegrale = |


.
|

\
|

=
}

2 2
2
2
dx . Invece, se
m0, dal calcolo dellintegrale si ottiene
( ) ( )
0
2
1 1
2
exp exp
2
2
exp
2
2
=

|
.
|

\
|

m i m i
m i m i
m i
mx i

. In base a questa propriet, nella somma a


secondo membro nellequazione 1.5-4 rimane
solo il termine n

, tutti gli altri essendo nulli:



( ) ( )
}

=
2
2
' '
exp
n n
c dx x f x ik
A questo punto non pi necessario
mantenere lapice al numero intero n.

x
f
(
x
)

Figura 1.5-2 Perturbazione periodica con periodo
11
Potremo quindi esprimere i coefficienti c
n
come:

( ) ( )
}

=
2
2
exp
1
dx x f x ik c
n n

E possibile ora sostituire questespressione dei coefficienti c
n
nellequazione 1.5-3

( ) ( ) ( ) ( ) x ik dx x f x ik x f
n
n
n
exp exp
1
2
2

(
(

= Eq. 1.5-5
Ora, poich

=
n
k
n
2
, segue che

= =
+
2
1 n n
k k k
Lequazione 1.5-5 si potr riscrivere nel modo seguente:


( ) ( ) ( ) ( ) k x ik dx x f x ik x f
n
n
n

(
(

=

}

exp exp
2
1
2
2


supponiamo ora che il periodo della funzione f(x) diventi molto grande , in queste
circostanze dk k , k potr essere considerata una variabile continua e la somma potr essere
sostituita con un integrale:
( ) ( ) ( )
}


= dk ikx k g x f exp
dove
( ) ( ) ( )
}


= dx ikx x f k g exp
2
1


La f(x) e la g(k) prendono il nome rispettivamente di integrale di Fourier e trasformata di Fourier
Spesso si ridefinisce la trasformata di Fourier ( ) ( ) ( ) k g k G
2
1
2 = ottenendo infine:
( ) ( ) ( )
}


= dk ikx k G x F exp
2
1

Eq. 1.5-5
integrale di Fourier
e
( ) ( ) ( )
}


= dx ikx x F k G exp
2
1

Eq.1.5-6
trasformata di Fourier.
La rappresentazione dei pacchetti donde tramite lintegrale di Fourier diviene trasparente se si
moltiplica la F(x) per il fattore di dipendenza temporale exp(-it). In questo caso otteniamo:
G(k) k
o
k
Figura 1.5-3 Trasformata di Fourier a gradino di semilarghezza k a k
0
k
12
( ) ( ) ( ) [ ]
}


= dk t kx i k G t x

exp
2
1
, Eq. 1.5-7
In pratica lespressione 1.5-7 rappresenta la sovrapposizione di onde sinusoidali con k diverso. Il
peso relativo delle componenti di diverso k dato dalla trasformata di Fourier G(k). Si pu vedere
facilmente che pi stretta la funzione G(k) nello spazio dei k, meno localizzata, nello spazio
reale, la perturbazione . In particolare assumiamo che la funzione G(k) sia definita nel modo
seguente:

G(k)=0 per k < k
o
-k e k > k
o
+k
G(k)=A per k
o
-k < k < k
o
+k

In questo caso la (x) potr essere rappresentata da
( ) ( )
}
+

=
k k
k k
dk ikx A x
0
0
exp
In figura 1.5-4 viene rappresentata la perturbazione per due diversi valori di k, semilarghezza in k
del pacchetto donda, nel rapporto 2 a 1: k nel caso della perturbazione a) il doppio di quella
relativa alla perturbazione b) . Si pu osservare come la funzione G(k) pi estesa nello spazio k
corrisponda al pacchetto donda pi localizzato nello spazio reale (Fig.1.5-4 a).

1.6 Velocit di fase e velocit di gruppo

Abbiamo visto come la velocit con la quale si muove una perturbazione sinusoidale di pulsazione
e numero donda k, sia pari a
k
c

= . Questa velocit prende il nome di velocit di fase. In alcuni
casi la velocit di fase dipende dalla lunghezza donda della perturbazione. Se questo avviene si
dice che il mezzo di propagazione dispersivo. Il rapporto tra pulsazione e numero donda non
pi costante, ovvero la dipendenza tra pulsazione e numero donda non pi espresso tramite una
semplice legge lineare. In caso di propagazione in mezzi dispersivi sar necessario esprimere
come una generica funzione di k, (k). La relazione che lega la pulsazione al numero donda prende
il nome di relazione di dispersione. La forma esplicita della relazione di dispersione dipender dal
particolare caso considerato. Esempi di propagazione non dispersiva sono la propagazione della
radiazione elettromagnetica nel vuoto e del suono nellaria. Un esempio di propagazione dispersiva
rappresentato dalle onde elastiche nei solidi.
-1
-0.5
0
0.5
1
-15 -10 -5 5 10 15
-1
-0.5
0
0.5
1
-15 -10 -5 5 10 15

Figura 1.5-4 Due pacchetti donda nello spazio reale corrispondenti a due valori di k. La funzione G(k) quella
indicata in Fig. 1.5-3. Nel caso del pacchetto donda a) k il doppio del valore di b).
a)
b)
13
In Fig. 1.6-1 a) viene rappresentata la relazione di dispersione per un mezzo non dispersivo, mentre
in Fig. 1.6-1 b) viene rappresentata la relazione di dispersione per un mezzo dispersivo. Nel primo
caso la velocit di fase costante ed uguale alla pendenza delle semirette. Nel caso in cui si abbia
propagazione di un pacchetto donde in un mezzo dispersivo, le diverse componenti di Fourier del
pacchetto avranno velocit di fase diversa. In queste condizioni le componenti pi veloci del
pacchetto sopravanzeranno quelle pi lente ed il pacchetto si allargher deformandosi durante il
moto. Quindi nel caso di una perturbazione in movimento in un mezzo dispersivo la velocit di fase
non rappresenter pi la velocit della perturbazione. In questo caso si introdurr una nuova
grandezza, detta velocit di gruppo v
g
, che misura la velocit del massimo del pacchetto donde. Si
pu dimostrare che, per pacchetti donda la cui trasformata di Fourier sufficientemente stretta
intorno ad un valore medio k
o
del vettore donda, la velocit di gruppo pari alla derivata delle
pulsazione rispetto al vettore donda calcolata per k
o
:
k
g
dk
d
v

= .

Nella figura 1.6-2 mostrata levoluzione temporale di un pacchetto donda. Nel caso di
propagazione in un mezzo non dispersivo il pacchetto donde si muove senza cambiare la sua forma
con una velocit di gruppo che coincide con la velocit di fase c delle sue componenti di Fourier.
Nel caso di propagazione in un mezzo dispersivo, le diverse componenti di Fourier si muovono con
Figura 1.6-1 Due diverse curve di dispersione: a) mezzo non dispersivo, b) mezzo dispersivo


k k
(a) (b)

-2
0
2
4
6
8
10
-5 5 10 15
x
-2
0
2
4
6
8
10
-5 5 10 15
x

-2
0
2
4
6
8
10
-5 5 10 15
x

Figura 1.6-2 perturbazione a t=0 Perturbazione a t=t Perturbazione a t=t
Mezzo non dispersivo Mezzo dispersivo

14
velocit di fase diversa. La perturbazione si muove con velocit di gruppo pari a
0
k
dk
d
deformandosi.

Diamo ora un argomento qualitativo per spiegare perch la velocit del pacchetto donde sia pari a
0
k
dk
d
. La forma spaziale del pacchetto donde causato dallinterferenza delle onde con diverso k.
Le diverse componenti sono arrangiate in modo tale che esse interferiscano in modo distruttivo
ovunque nello spazio eccetto che nella posizione x(t ) del pacchetto, ove linterferenza costruttiva.
Poich linterferenza deve mantenersi costruttiva nel punto di coordinate x(t) che individua la
posizione del pacchetto, la fase ( ( ) ( )t k kx k = ) delle diverse componenti di Fourier in tale
punto non potr dipendere dal vettore donda k:
( ) t
dk
d
t x
dk
d
= = 0
da cui segue ( ) t v t
dk
d
t x
g
= =

.

1.7 Esercizi

Esercizio 1
La relazione di dispersione delle onde elastiche lungo una catena di atomi pu essere espressa,
nellintervallo
a
K
a

< < , dalla relazione
|
.
|

\
|
=
2
sin
4 Ka
M
C
, dove K rappresenta il vettore
donda, a la distanza tra gli atomi, M la massa di ciascun atomo e C la costante elastica di
interazione tra due atomi vicini. Si calcoli la velocit di gruppo e la velocit di fase delle onde nel
caso in cui sia molto maggiore di a.
Nel limite >>a abbiamo Ka<<1. La funzione sin pu essere espressa tramite lo sviluppo in serie di
Taylor come
2
Ka
.
Quindi K
M
Ca
2
= .
La velocit di fase
K

e la velocit di gruppo
dK
d
coincidono e sono entrambe uguali a
M
Ca
2
.

Esercizio 2
La relazione di dispersione approssimata per le onde in acqua profonda data da
3 2
k
T
gk

+ =
dove g laccelerazione di gravit, la densit dellacqua e T la tensione superficiale dellacqua
(7.2 10
-4
N). Si calcoli per quale valore della lunghezza donda la velocit di fase e la velocit di
gruppo sono coincidenti.
La velocit di gruppo delle onde pari a
15


2
3
2
1
k
T
g
dk
d
+
= .
Perch la velocit di gruppo sia uguale alla velocit di fase necessario che
k dk
d
=
Questa condizione verificata se
k
k
T
g
2
2
3
2
1

=
|
|
.
|

\
|
+
Daltro canto sappiamo che
3 2
k
T
gk

+ =
Dal confronto di queste due equazioni otteniamo
cm
g
T
T
g
k 7 . 1 2 = =


Esercizio 3
Quali tra queste funzioni possono rappresentare unonda che si propaga in un mezzo non
dispersivo?
( ) ( )
( )
( )
( )
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
| +
=
=
+ =
L
ct
B
L
x
A t x f
L
ct x
Atg t x f
ct x t x f
ct x t x f
cos sin ,
,
,
,
2
3


Esercizio 4
Per molte applicazioni tecnologiche necessario depositare uno strato
sottile (detto film) su un supporto fisico avente propriet differenti
(detto substrato). Una tecnica per misurare lo spessore del film
consiste nellinviare un fascio di radiazione elettromagnetica,
collineare e monocromatica, ad un angolo di incidenza rispetto alla
superficie del film. Parte della radiazione sar riflessa dalla superficie
del film e parte dallinterfaccia. Aumentando langolo di incidenza si avranno fenomeni di
interferenza che daranno luogo a modulazioni dellintensit della radiazione riflessa. Supponendo
che la lunghezza donda della radiazione incidente sia pari a 0.5m e che il primo massimo
dellintensit riflessa si osservi per
M
=10, si calcoli lo spessore d del film (si supponga il
coefficiente di rifrazione n del film pari a 1).

La differenza di cammino ottico tra il raggio riflesso dalla superficie del film e quello riflesso dal
substrato
) sin( 2 l dove l rappresenta lo spessore del film. Il primo massimo dellintensit diffratta si otterr
quando tale differenza di cammino ottico sar pari alla lunghezza donda della radiazione:
( )
m l

44 . 1
sin 2
= =

film
substrato
16
2 CENNI DI MECCANICA QUANTISTICA
Niels Bohr:
"Anyone who is not shocked by quantum theory has
not understood it.
Richard Feynman:
". I think I can safely say that nobody understands
quantum mechanics.

2.1 Aspetti quantistici delle onde elettromagnetiche

Le equazioni di Maxwell, al loro apparire alla fine del secolo scorso, sembravano costituire
una teoria coerente e completa dei fenomeni elettromagnetici, teoria oggi denominata
elettromagnetismo classico". Come si visto nel Corso di Fisica II, da tale teoria si
ottiene una descrizione della luce in termini di onde costituite da un campo elettrico E ed
un campo di induzione magnetica B, che obbediscono alla stessa equazione ricavata da
DAlambert per le corde vibranti:

( )
2
2
2
2
1
, ,
t
E
c
z y x E

= ; ( )
2
2
2
2
1
, ,
t
B
c
z y x B

= Eq 2.1-1

Le onde elettromagnetiche (e.m) hanno la peculiarit di essere solo trasversali (sia E che B
sempre perpendicolari alla direzione di propagazione), hanno E sempre perpendicolare a B,
e velocit c molto pi elevata delle onde elastiche:
1 8
0 0
10 3
1

= = ms c

. La teoria di
Maxwell non pone limiti n superiori n inferiori alle frequenze (o alle lunghezze d'onda
=c/) ammissibili: sono rilevabili onde em. da ~10 Hz (cio 10
7
m, p. es. quelle
emesse dalle comuni linee elettriche) a ~10
20
Hz (cio ~10
-12
m, p. es. i raggi emessi da
alcuni nuclei). La luce visibile al nostro occhio corrisponde al ristretto intervallo ~0.4-0.7
m.
E" noto che ogni onda e.m. trasporta energia, con densit volumica data (nel vuoto) da
2
0
2
0
2
1
2
1
B E W

+ = Eq. 2.1-2
e che incidendo ortogonalmente su una superficie piana vi proietta un'energia per unit di
tempo e di area (cio unintensit J) pari a
2
0
cE J =
Sperimentalmente, la natura ondosa della luce pienamente confermata dalle esperienze di
interferenza e diffrazione, le cui modalit risultano in perfetto accordo con la teoria dell'
elettromagnetismo classico. Ben presto tuttavia ci si rese conto che alcuni importanti
17
fenomeni, soprattutto legati a oggetti microscopici, come elettroni, atomi,
molecole, etc., non erano spiegabili in base alle sole equazioni di
Maxwell. Illustriamo brevemente tre esempi emblematici: a) lo spettro di
emissione del corpo nero, b) leffetto fotoelettrico esterno, c) gli spettri
atomici.



a) Lo spettro di emissione, del corpo nero.

In fisica viene detto . "corpo nero" un corpo capace di assorbire totalmente onde e.m. di qualunque
frequenza (e di conseguenza, come si dimostra, anche di emetterle), Sperimentalmente, un corpo
nero viene realizzato praticando una piccola apertura in una grande cavit: unonda e.m. che entri
nell'apertura molto difficilmente pu riemergerne, per cui appunto dall'esterno l'apertura appare
nera (per questo se guardiamo un palazzo le sue finestre ci appaiono scure, tanto pi quanto pi
sono piccole, e quanto pi grande la stanza dietro di esse).

Sperimentalmente, si trova che un corpo nero tenuto a temperatura T emette onde e.m. con
uno "spettro" (cio una distribuzione di intensit in funzione della lunghezza d'onda)
continuo dalla caratteristica forma "a campana", di ampiezza crescente con T. Rayleigh e
Jeans elaborarono una elegante teoria di "termodinamica della radiazione" basata
sullelettromagnetismo classico, che per motivi di spazio rinunciamo ad esporre (il lettore
interessato pu consultare per esempio il Mencuccini-Silvestrini, "Fisica II, ediz. Liguori,
pagg. 498-502). Tuttavia, lo spettro previsto da tale teoria si avvicinava alla curva
sperimentale solo per molto lunghe, e per 0 addirittura divergeva; quest'ultimo
risultato, fisicamente assurdo, venne detto "catastrofe ultravioletta".

Fu Planck, nel 1900, a notare che la teoria di Rayleigh e Jeans poteva essere portata in
ottimo accordo con lesperienza, a patto di inserire in essa due ipotesi aggiuntive:
1) che nella cavit lo scambio di energia tra le pareti e le onde e.m. contenute avvenisse
non in modo continuo, bens in quantit discrete, multiple di una energia elementare detta
"quanto" di energia E
o

2)che per ogni onda e.m. il quanto di energia fosse proporzionale alla frequenza: Eo = h,
con h=6.63 10
-34
Js (costante di Planck).
E da sottolineare che le ipotesi 1) e 2) sono del tutto estranee all'e.m. classico (che non
assegna alla frequenza delle onde e.m. alcun ruolo importante negli scambi di energia), ma
non in contraddizione con esso, almeno nel senso che per la densit di energia e lintensit
globali dell'onda restano valide le.formule 2.1-1 e 2.1-2. Il fatto nuovo di considerare
l'energia dellonda come una quantit "granulare" anzich continua. Lentit dei "grani",
cio dei quanti, dipende dalla frequenza ma comunque molto piccola: per esempio, per la
luce gialla, di 0.5 m, il quanto vale J
c
h h E
19
0
10 4

= =

ed ragionevole che una


"granularit" cos minuta sia generalmente inosservabile nei fenomeni macroscopici, in cui
vengono scambiate quantit di energie enormemente maggiori di hv.
In definitiva possibile descrivere il fenomeno della propagazione dellenergia
elettromagnetica sia tramite un approccio ondulatorio che tramite un approccio
corpuscolare. Lelettromagnetismo descrive il fenomeno tramite onde, mentre la meccanica
quantistica utilizza la descrizione corpuscolare. Entrambi questi approcci sono corretti e
vanno utilizzati a secondo del particolare problema da affrontare. Nellapproccio
corpuscolare si introduce una particella collegata alla radiazione elettromagnetica che
prende il nome di fotone. Questa particella viene indicata dal simbolo indicato in figura
Fig. 2.1-1
18
2.1-1. Questo simbolo richiama lo stretto legame tra i fotoni e le onde elettromagnetiche. I
fotoni hanno le seguenti propriet:
Il loro numero non si conserva, possono essere generati o distrutti;
posseggono unenergia pari ad h;
posseggono un impulso pari a k dove
2
h
= e k rappresenta il vettore donda
sono privi di massa e si muovono con velocit pari alla velocit della luce.

In figura 2.1-2 viene mostrato un fascio di radiazione elettromagnetica nelle due
rappresentazioni ondulatoria e corpuscolare. Nello scenario ondulatorio la radiazione
rappresentata da unonda (approssimativamente sinusoidale). Un aumento dellintensit del
fascio corrisponde ad un aumento dellampiezza dellonda. Nello scenario corpuscolare la
radiazione rappresentata da un fascio di fotoni, ciascuno di energia h. Un aumento
dellintensit del fascio corrisponde ad un aumento del numero di fotoni. Lenergia totale
del fascio pari a nh.


b) L'effetto fotoelettrico esterno

Lo studio dell'elettrostatica e dei fenomeni di conduzione elettrica ha mostrato che allinterno dei
metalli esistono elettroni sostanzialmente liberi di muoversi. Poich gli elettroni non fuoriescono
spontaneamente, naturale supporre che la loro energia potenziale dentro il metallo sia minore che
nel vuoto (v. Fig. 2.I-3) di una quantit , detta "potenziale di estrazione ("work function" in
inglese). Se questo vero, ogni onda e.m. inviata contro la superficie del metallo dovrebbe col suo
campo elettrico far oscillare gli elettroni, cedendo loro energia, sino a far loro superare la barriera
di potenziale che li separa dallesterno. In base all'elettromagnetismo classico, la frequenza delle
onde e.m. utilizzata irrilevante, purch la loro intensit sia abbastanza grande.

Il fenomeno sopra descritto, detto effetto fotoelettrico esterno, si verifica realmente, ma

x

Figura 2.1-3 Elettroni in un metallo.
rappresenta il potenziale di estrazione






Un aumento dellintensit del fascio
implica:

Aumenta lampiezza dellonda
(Descrizione ondulatoria)



Aumenta il numero di n fotoni
Energia totale nh
(Descrizione corpuscolare)
Figura 2.1-2 Rappresentazione ondulatoria (sopra) e corpuscolare (sotto) della radiazione elettromagnetica
19
con altre modalit, assolutamente non comprensibili in base alla teoria classica.
Sperimentalmente si trova infatti che, per ogni metallo, esiste una frequenza minima
s

(frequenza di soglia) per l'onda e.m. incidente. per <
s
, londa e.m. non riesce ad estrarre
elettroni per quanto grande sia la sua intensit. Invece, per >
s
, londa estrae comunque
elettroni; l'energia cinetica degli elettroni estratti proporzionale a (-
s
), e il loro numero
proporzionale all'intensit dell'onda.

Questo problema venne risolto da Einstein nel 1905, applicando all'effetto fotoelettrico
lipotesi di Planck, supponendo cio che ronda e.m. possa cedere a ciascun elettrone del
metallo non quantit arbitrarie di energia, ma solo un quanto h alla volta. E' chiaro allora
che:
1) tra la frequenza di soglia e il
potenziale di estrazione esiste la
relazione h
s
=;
2) se h<, nessun elettrone pu
acquisire energia sufficiente per
superare la barriera
3) se h>, tutti gli elettroni che
assorbono un quanto escono dal metallo,
con energia cinetica T data da:
( )
s
v v h h T = =
4) a parit di frequenza, aumentando
lintensit dell'onda, si aumenta il
numero dei quanti che investe il metallo,
e quindi il numero degli elettroni emessi.
Il fenomeno descritto in figura 2.1-4
Viene quindi confermato che, almeno agli effetti dell'interazione con la materia, le onde
e.m. possono essere descritte, oltre che come onde, anche come fasci di "fotoni.

c) Gli spettri atomici

Il primo modello atomico quantitativo (J. Thomson, 1899) schematizzava latomo come
una "goccia di carica positiva, all'interno della quale gli elettroni erano disposti in modo
da minimizzare lenergia elettrostatica (v. Fig. 2.1-5)
Tale modello non resistette al vaglio degli esperimenti. Rutherford, studiando le
traiettorie di particelle lanciate contro lamine metalliche e deflesse per interazione
coulombiana dagli atomi del metallo, stabil senza ambiguit che nell'atomo tutta la carica
positiva era concentrata in un nucleo di dimensioni dell'ordine di 1 Fermi = 10
-15
m, cio
~10
5
volte pi piccolo dellatomo stesso. Prese quindi corpo il cosiddetto "modello
planetario", secondo cui nellatomo gli elettroni orbitano attorno al nucleo come pianeti
attorno al sole.

Tuttavia, secondo lelettromagnetismo classico, un atomo cos fatto non potrebbe essere
stabile. Si visto infatti, nel Corso di Fisica II, che una carica elettrica sottoposta ad una
accelerazione a irraggia onde e.m., perdendo per unit di tempo unenergia pari a
c
a e
P

6
2 2
0
=
Secondo il modello planetario, perch si abbia equilibrio meccanico, l'accelerazione
centripeta dell'elettrone, dovuta all'attrazione coulombiana col nucleo, dovrebbe essere
molto intensa, data la corta distanza (~1 A=10
-10
m) tra i due. Di conseguenza l'elettrone

x


Figura 2.1-4 Rappresentazione schematica
delleffetto fotoelettrico
20
dovrebbe perdere rapidamente la sua energia per
irraggiamento, precipitando sul nucleo in tempi
brevissimi.
Anche accettando la stabilit dell'atomo come
dovuta a fattori incogniti, resterebbe la difficolt
che gli elettroni dovrebbero essere in grado di
assorbire e riemettere allo stesso modo onde e.m.
di qualunque frequenza. Invece, ben noto che
gli spettri atomici presentano picchi
estremamente netti di assorbimento e di
emissione per certe frequenze ben precise (righe
spettrali"), caratteristiche di ogni elemento.
Rydberg e Ritz osservarono che tali righe
spettrali presentavano notevoli regolarit, e che
in particolare le corrispondenti frequenze obbedivano alla relazione empirica

|
.
|

\
|
=
2 2
1 1
N M
R h Eq. 2.1-3

dove M ed N sono numeri interi (N>M), h la costante di Planck e R (costante di Rydberg)
pressoch la stessa per tutte le righe e per tutti gli atomi ed approssimativamente uguale a
13.6 eV.
Ancora una volta, l'ipotesi dei quanti consent una spiegazione del problema, almeno nei
seguenti termini fenomenologici (N. Bohr, 1913). Consideriamo l'atomo pi semplice,
cio quello di idrogeno, e supponiamo che le orbite elettroniche siano circolare
Supponiamo che (per motivi per ora non chiari) il momento angolare (o momento della
quantit di moto) dellelettrone attorno al nucleo possa assumere solo valori discreti b
N
,
multipli della costante di Planck h divisa per 2 (di seguito indicata in breve come ).
N r m b
N N N
= =
2
Eq. 2.1-4
dove r
N
il raggio dell'orbita,
N
la velocit angolare di rotazione. Ne segue che:
2
N
N
mr
N
= Eq. 2.1-5
Poich la forza centripeta agente sullelettrone data dall'attrazione colombiana elettrone-
nucleo, deve essere inoltre:
2
2
0
2
4
1
N
N N
r
e
r m

= Eq. 2.1-6

Sostituendo lequazione 2.1-6 nella 2.1-5 si trova:
( )
3 3
4
2
0
2
2
2
0
4
1
,
4
N
me
N
me
r
N N

= =
Eq. 2.1-7
Quindi, come conseguenza dell'ipotesi espressa dallequazione 2.1-1, sia la frequenza di
rotazione sia il raggio delle orbite possono assumere solo valori discret. Lo stesso si
verifica per l'energia totale dell'elettrone:






Figura 2.1-5
Modello dellatomo di Thomson: la goccia
di carica positiva rappresentata in grigio,
gli elettroni dai puntini neri

21
( )
N
N N
N
potenziale cinetica tot
r
e r m
r
e mv
E E E
2
0
2
2
0
2
4
1
2 4
1
2

= = + =
utilizzando lequazione 2.1-6, si ottiene infine
( )
2 2 2
0
4 2
0
2
0
2
0
cos 1
4
2
1
4
1
2
1
4
1
8
1
N
t
N
me
r
e
r
e
r
e
E
N N N
tot
= = = =


Eq. 2.1-8
dove cost~2.18*10
-18
J (13.6 eV) e coincide con la costante di Rydberg degli spettri
atomici.

A questo punto, il modello atomico di Bohr in grado di spiegare quantitativamente
lesistenza delle righe spettrali, al seguente modo. Normalmente, l'elettrone risiede nello
"stato fondamentale", cio sullorbita di minima energia (N=1), la pi vicina al nucleo, di
raggio
53 . 0 10 53 . 0
4
10
2
2
0
1
= =

m
me
r

(raggio di Bohr)
Il raggio di Bohr da unidea delle dimensioni dellatomo di idrogeno. Lenergia dello stato
fondamentale E
0 (N=1) E
0
=-cost=-2.18*10
-18
J (oppure -13.6 eV). A seguito di
irraggiamento con radiazione elettromagnetica, lelettrone pu assorbire un fotone
portandosi su un'orbita pi esterna o, come si dice, compiendo una transizione verso uno
"stato eccitato". Si intende come primo stato eccitato lo stato caratterizzato N=2, secondo
stato eccitato quello caratterizzato da N=3 e cos via. Nel caso lelettrone si trovi
inizialmente nello stato fondamentale (N=1), vi sar assorbimento solo per le onde e.m.
aventi frequenze
N
tali che
|
.
|

\
|
= =
2
1 1
1
1 cos
N
t E E h
N N

lelettrone pu poi tornare (decadere) allo stato fondamentale, riemettendo un fotone di
frequenza
N
oppure compiere unaltra transizione verso uno stato ancora pi esterno M,
assorbendo un altro fotone di energia
|
.
|

\
|
= =
2 2
1 1
cos
M N
t E E h
N M NM


Eq. 2.1-9

in accordo con la relazione sperimentale empirica trovata da Rydberg e Ritz.
Lelettrone pu infine decadere verso lo stato fondamentale, eventualmente passando per
orbite intermedie: i fotoni emessi hanno comunque frequenze date dalla 2.1-9.
Sempre accettando l'ipotesi di Bohr, una volta nello stato fondamentale lelettrone non
cadrebbe sul nucleo irraggiando la sua energia, semplicemente perch non avrebbe a
disposizione orbite pi basse su cui portarsi: ci significa che una transizione per avvenire
necessita di uno "stato finale" disponibile.
22
In definitiva possiamo riassumere la situazione nel modo seguente. Normalmente
lelettrone nellatomo di idrogeno risiede sul livello di energia pi bassa N=1 (stato
fondamentale). Supponiamo che latomo di idrogeno sia investito da radiazione
monocromatica (una sola frequenza e quindi una sola energia). Se lenergia dei fotoni
incidenti coincide con quella di una transizione tra il livello fondamentale ed uno dei livelli

Figura 2.1-6 Livelli energetici dellatomo di idrogeno
Figura 2.1-7 Rappresentazione schematica dellatomo di Bohr con le sue principali transizioni
23
eccitati dellidrogeno, allora il fotone potr essere assorbito e di conseguenza lelettrone
potr transire ad uno stato eccitato (
0
E E h
N fot
= ). Diversamente il fotone non potr
essere assorbito. Se lenergia del fotone maggiore di E
0
(energia di ionizzazione) il
fotone potr essere assorbito e lelettrone potr allontanarsi indefinitamente dal nucleo
positivo. Questo fenomeno prende il nome di ionizzazione dellatomo di idrogeno. Per la
conservazione dellenergia lenergia cinetica finale dellelettrone sar pari a
0
E h T
fot
+ = ( si ricordi che E
0
unenergia di legame e quindi definita negativa).

In conclusione, in questo capitolo abbiamo visto come diversi fenomeni indichino
che lenergia delle onde elettromagnetiche quantizzata in fotoni di entit h. Alla stessa
conclusione porta lo studio della trasmissione di altri tipi di energia, come quella termica.
Ad esempio landamento con la temperatura del calore specifico a volume costante dei gas
perfetti a molecola biatomica e poliatomica devia sostanzialmente dalla teoria classica di
Doulong e Petit. Tale difficolt si risolve ammettendo che lenergia rotazionale e quella
vibrazionale delle molecole siano entrambe quantizzate. Nel Corso di Fisica dello Stato
Solido si mostrer che la quantizzazione delle vibrazioni dei reticoli cristallini (modelli di
Einstein e di Debye) rende ragione del fatto che il calore specifico dei solidi svanisce per
T0.
In generale, la quantizzazione dellenergia emerge dai fenomeni riguardanti scambi
energetici tra o con oggetti microscopici (atomi, elettroni molecole, etc.). Dato il piccolo
valore della costante di Planck (h~10
-18
J.s), generalmente impossibile osservare tale
quantizzazione nei fenomeni macroscopici: essi possono essere descritti assumendo h=0.
Di conseguenza, un requisito di ogni corretta teoria quantistica di condurre a formule che.
si riducano a quelle corrispondenti della fisica classica facendone il limite per h0.

2.2 Aspetti ondulatori delle particelle dotate di massa

Nella prima parte del corso sono stati illustrati alcuni fenomeni di interferenza tra onde. La
trattazione matematica svolta indipendente dalla natura della perturbazione
(compressione di volume, deformazione di taglio, campo elettrico e magnetico). Il motivo
che l'interferenza e la diffrazione, che esamineremo in questo capitolo, sono
intrinsecamente legate al tipo di dipendenza funzionale che una grandezza ha dalle variabili
posizione e tempo; il verificarsi di tali fenomeni costituisce pertanto un'indicazione
inoppugnabile della natura ondosa della propagazione.
Perch si verifichino interferenza e diffrazione, occorre che le onde (di qualunque natura
siano) interagiscano con strutture geometriche aventi dimensioni caratteristiche
paragonabili alla lunghezza d'onda . Ad esempio, si pu facilmente vedere che la luce
visibile diffratta da reticoli aventi passo dell'ordine del micron, molto vicina alla
lunghezza donda della radiazione visibile. Allo stesso modo, i raggi X (onde e.m. aventi
1) sono diffratti da strutture cristalline aventi parametro reticolare ~1-10 .
24
Consideriamo un cristallo, sul quale viene inviato un fascio di raggi X "monocromatici,
cio aventi tutti la stessa lunghezza donda (v. Fig. 2.2-1 ). Ci che accade
completamente spiegabile con lelettromagnetismo classico. Londa e.m. investe tutti gli
atomi del cristallo, i cui elettroni entrano istantaneamente in vibrazione come delle
minuscole antenne, riemettendo in tutte le direzioni ondine aventi la stessa . Nel semplice
modello di Bragg si suppone che ogni piano atomico, vedi Figura 2.2-1, si comporti come
un piano semiriflettente: riflette una parte della radiazione e lascia passare il resto. In
questo modo ci sar interferenza tra le onde riflesse da ciascuno dei piani atomici.
Linterferenza sar costruttiva solo se la differenza di fase tra le onde pari a 2N (con N
intero), cio se la differenza di cammino tra le onde riflesse da ogni piano atomico e da
quello sottostante pari ad un numero intero di lunghezze donda. Dalla figura si vede che
tale differenza di cammino pari alla somma delle lunghezze dei segmenti BD e DC,
ovvero 2BD. Se definiamo d e , rispettivamente, la distanza interplanare e langolo di
incidenza (angolo che il fascio di raggi X forma con il piano cristallografico), allora
semplice verificare che 2BD pari a 2dsin(). In definitiva avremo condizioni di
interferenza costruttiva (diffrazione intensa dai piani cristallografici) quando:

( ) sin 2d N = Eq. 2.2-1

Questa formula rappresenta la legge di Bragg e, pur essendo stata ricavata nellambito di
un modello fisico estremamente semplice, verificata nella pratica con grande precisione.
Nel Corso di Fisica dello Stato Solido verr mostrato come la diffrazione dei raggi X costituisca
una tecnica potentissima per ricavare importanti e dettagliate informazioni sui solidi, come la
dimensione e la struttura della cella unitaria, la disposizione degli elettroni nel legame chimico, la
qualit strutturale dei monocristalli, etc. Qui ci interessa invece evidenziare un fatto sperimentale, a
prima vista sorprendente: ripetendo lesperienza descritta in Fig. 2.2-1, ma inviando sul cristallo,
anzich un'onda elettromagnetica, avente lunghezza donda confrontabile con la distanza
interatomica, un fascio monoenergetico di elettroni (come fecero Davidson e Germer nel 1927), o
di neutroni, o di protoni, o di qualunque altro tipo di particelle dotate di massa (purch
sufficientemente minuscole), il fenomeno della diffrazione si presenta sostanzialmente con le stesse
modalit (pur di scegliere per ogni tipo di particelle lenergia cinetica opportuna, come si
comprender in seguito). Come conseguenza immediata di questo risultato sperimentale, si
costretti ad ammettere che anche alle particelle dotate di massa come l'elettrone, il neutrone, il
protone etc., in qualche modo associata un'onda. La natura di questonda risulta a tutta prima
alquanto misteriosa. Possiamo per, effettuando esperimenti di diffrazione con un cristallo avente
distanza interplanare d nota e utilizzando la legge di Bragg (eq. 2.2-1) determinarne la ., e cercare
uneventuale correlazione con altri parametri delle particelle usate, p. es. lenergia, la velocit, la
massa. Sperimentalnente, si trova che tale correlazione esiste ed esprimibile con la seguente
semplice formula, detta "relazione di De Broglie"
d
Piani
atomici

Fascio di
raggi X

A

B C

D

Figura 2.2-1 Diffrazione alla Bragg da un reticolo cristallino
25
p
h
=

Eq. 2.2-2
dove p la quantit di moto delle particelle (p=mv) e h la costante di Planck. La presenza
della costante di Planck nella relazione di De Broglie indica che esistono strettissime
relazioni con la quantizzazione delle onde e.m. illustrata precedentemente. Dalla relazione di
De Broglie segue che la relazione tra l'energia E delle particelle dotate di massa e la lunghezza
donda associata ad esse molto diversa da quella che vale per i fotoni. Per questi ultimi infatti

hc
E =

Eq. 2.2-3
mentre per una particella di massa m, utilizzando la relazione di De Broglie , si ha
m
k
m
h
m
p
E
2 2 2
2 2
2
2 2

= = =


Eq. 2.2-4
Di conseguenza, la condizione ~1 A, necessaria per avere effetti di diffrazione,
corrisponde a energie ben diverse per particelle di massa diversa. Per gli elettroni (di
massa m
e
~10
-30
Kg, abbiamo
eV J
m
h
E
e
e
100 10
2
17
2
2
=


per i neutroni e i protoni, di massa M ~ 2000 volte maggiore, si ha

eV J E
n
1 . 0 10
20




mentre i fotoni "appropriati (cio i raggi X, aventi 1 A) hanno energia
eV J
hc
E
f
4 15
10 10 =


Raggi X, elettroni e neutroni sono quindi tre sonde diverse utilizzabili per le indagini
diffrattometriche sul solidi Ognuna ha vantaggi, svantaggi e peculiarit per le quali
rimandiamo al Corso di Fisica dello Stato Solido.

La relazione di De Broglie p=h/ conferisce un significato fisico molto chiaro alla
condizione 2.1-4 arbitrariamente posta da Bohr alla base del suo modello atomico.

Figura 2.2-2 Elettroni nellatomo di Bohr visualizzati come onde sinusoidali di opportuna lunghezza donda
26
Riscrivendo infatti la relazione di De Broglie in termini della quantit di moto posseduta
dall'elettrone sulla sua orbita circolare, si ha:
N N
r p
h
N =
2

cio, per la relazione di De Broglie posto p
N
=h/, si ottiene

h
r
h
N
N
=
2

ovvero
N
r N 2 =
In altre parole, la condizione postulata da Bohr su basi puramente intuitive corrisponde al
fatto che la dell'onda associata allelettrone sia contenuta un numero intero N di volte
nell'orbita dell'elettrone stesso (Fig. 2.2-2): questa condizione assicura che londa associata
allelettrone non autointerferisca in modo distruttivo, il che ben si accorda con lesistenza
di uno stato stabile.


Poich a tutti gli elettroni associata un'onda, anche gli elettroni appartenenti a un
solido e liberi di muoversi dentro di esso (come avviene nei metalli) possono subire effetti
di diffrazione da parte dei reticolo cristallino.
Se per esempio un elettrone libero viaggia in direzione ortogonale a un insieme di piani
reticolari spaziati di d, la relazione di Bragg, scritta per =/2 ci dice che lelettrone sar
diffratto allindietro (cio a un angolo =) se la sua onda associata ha una lunghezza
d'onda pari a
N
d
N
2
= (con N intero)
cio se lenergia cinetica dell'elettrone vale
2
2 2
2
2 2
8 2
1
2 md
h N h
m m
p
E
N
= = =



Ma l'onda diffratta all'indietro verr nuovamente diffratta in avanti dallo stesso insieme di
piani reticolari, e cos via: ne risulta un'onda stazionaria. Ci significa che gli elettroni di
tale energia non riescono a muoversi, neanche se applichiamo dallesterno un campo
elettrico. Torneremo su questo argomento pi avanti quando verr descritta la differenza tra
metalli, isolanti e semiconduttori.

2.3 La meccanica ondulatoria: lequazione di Schrdinger

Dopo il successo del modello atomico di Bohr nello spiegare le righe spettrali
dell'idrogeno e degli elementi pi "semplici", Sommerfeld e altri cercarono di proseguire
sulla stessa strada, introducendo la possibilit di orbite ellittiche, generalizzando la
condizione di quantizzazione 2.1-4, etc. Nonostante gli sforzi compiuti, non si and molto
lontano. Per costruire una teoria che spiegasse in dettaglio il comportamento della materia
a livello microscopico, era necessario un salto qualitativo nella comprensione della natura
dell'onda associata alle particelle dotate di massa e, sperabilmente, lindividuazione di una
equazione differenziale del tipo di quelle di Maxwell, la cui soluzione fornisse la
dipendenza spazio-temporale dell'onda stessa.
Questo traguardo fu raggiunto nel 1925 da Schrdinger, con un procedimento altamente
immaginativo, basato su un profondo intuito fisico. La teoria costruita sull'eq. di
Schrdinger detta "meccanica ondulatoria, proprio perch permette di ricavare
27
l'espressione dell'onda associata alle particelle, detta "funzione d'onda". Nello stesso anno
venne sviluppata da Heisenberg una formulazione alternativa della meccanica dei quanti,
basata su un formalismo matematico matriciale. Ben presto si dimostr in modo rigoroso
che le due teorie, bench matematicamente diversissime, erano assolutamente equivalenti
dal punto di vista fisico, in quanto conducevano agli identici risultati. La meccanica
ondulatoria di Schrdinger ha avuto tuttavia utilizzazione assai pi vasta rispetto alla
"meccanica delle matrici di Heisenberg proprio perch, fornendo le funzioni d'onda,
permette una visualizzazione assai pi intuitiva dei risultati dei calcoli. Il nucleo della
meccanica quantistica costituito dalla celebre equazione di Schrdinger. Di questa
equazione si possono dare argomenti di ragionevolezza, essa comunque non pu essere
dedotta in modo rigoroso in base ad un ragionamento fisico. In altri termini si pu dire che
lequazione di Schrdinger rappresenta un principio della fisica (come ad esempio il
secondo principio della dinamica di Newton). La correttezza dellapparato della meccanica
ondulatoria, e quindi dellequazione di Schrdinger, si basa sulla circostanza che i
comportamenti da essa dedotti risultano essere in perfetto accordo con gli esperimenti.
Lequazione di Schrdinger unequazione lineare alle derivate parziali che, nella forma
pi generale viene scritta nel modo seguente:

( ) ( ) ( ) ( ) t z y x
t
i t z y x z y x V T , , , , , , , ,

= +

Eq. 2.3-1
dove
m
p
T
2
2
= rappresenta lenergia cinetica della particella quantistica, V(x,y,z) lenergia
potenziale delle eventuali forze conservative applicate alla particella e (x,y,z,t) la
funzione donda che rappresenta il comportamento quantistico della particella. Il
significato fisico della funzione donda verr chiarito pi avanti. Osserviamo qui che
essa sar, in generale una grandezza complessa. In meccanica quantistica la quantit di
moto rappresentata da un operatore differenziale. Per ciascuna delle componenti vale:
z
i p
y
i p
x
i p
z y x

= , ,
ovvero
= i p
In definitiva lequazione di Schrdinger si pu scrivere nel modo seguente:
( ) ( ) ( ) ( ) t z y x
t
i t z y x z y x V t z y x
m
, , , , , , , , , , ,
2
2
2

= +


Eq. 2.3-2
Nel caso di un problema ad una sola dimensione lequazione si riscrive pi semplicemente
come
( )
( ) ( ) ( ) t x
t
i t x x V
x
t x
m
, ,
,
2
2
2 2

= +


Eq. 2.3-3
Lequazione di Schrdinger nella meccanica quantistica ha lo stesso ruolo centrale che
nella meccanica classica svolge il secondo principio della dinamica
2
2
dt
r d
m F = .Nella
meccanica classica conoscendo le forze applicate al punto materiale (o, il che
equivalente, lenergia potenziale del punto materiale) e le condizioni iniziali del moto
possibile risolvere (almeno in linea di principio) lequazione del moto per calcolare in
modo completamente deterministico la traiettoria (la funzione ( ) t r del punto materiale). In
modo analogo lequazione differenziale di Schrdinger, noto il potenziale delle forze
applicate al punto materiale e, come vedremo, le condizioni al contorno, consente di
calcolare (in linea di principio, cio a parte le eventuali difficolt di calcolo) la funzione
28
donda. Essa d accesso a tutte le informazioni possibili su un sistema quantistico. Pi
avanti risolveremo lequazione di Schrdinger in alcuni casi semplici, e apparir chiaro che
essa comporta calcoli molto pi complessi rispetto ai corrispondenti problemi trattati in
meccanica classica. E quindi assolutamente impensabile (anche se in astratto corretto)
sostituire alla meccanica classica quella ondulatoria, per trattare problemi relativi al mondo
macroscopico.

2.4 Significato fisico della funzione donda, il principio di indeterminazione

Storicamente, si sono avute lunghe discussioni e polemiche su quale fosse lesatto
significato fisico della funzione d'onda (x,y,z,t). Il significato fisico ormai accettato che
il modulo quadro della (che in generale una funzione complessa, e della quale
indichiamo con * la complessa coniugata) rappresenti la "densit di presenza" d(x,y,z,t)
della particella nel punto (x,y,z) al tempo t:

( ) ( ) ( ) ( ) t z y x d t z y x t z y x t z y x , , , , , , , , , , , ,
2
= =


Eq. 2.4-1


in termini matematici, la probabilit dP che la particella al tempo t si trovi in un intorno di
volune dV (=dxdydz) del punto di coordinate x,y e z pari a:

( ) ( )dxdydz t z y x t z y x dP , , , , , ,

= Eq. 2.4-2
La ricavata risolvendo lequazione di Schrdinger chiaramente definita a meno di una
costante moltiplicativa. Tale costante viene scelta in modo da "normalizzare" la , cio in
modo che sia
( ) ( ) 1 , , , , , , =
}

spazio lo tutto
dxdydz t z y x t z y x

Eq. 2.4-3
in accordo col fatto che la probabilit di trovare la particella cercandola in tutto lo spazio
deve essere l.
Concettualmente, da sottolineare il fatto che la particella non "diluita" in tutta la regione
di spazio in cui non nulla: in un certo volume V pu esservi una probabilit molto
piccola di trovare la particella; ma se la si trova l, la si trova tutta. Molte volte, tuttavia,
nei problemi in cui si ha un gran numero di particelle, confondere la loro densit di
presenza con (p. es.) la densit di carica da esse portata corretto, in quanto per grandi
numeri la frequenza tende alla probabilit.
Questo aspetto "probabilistico" della meccanica quantistica costituisce forse la maggiore
novit (abbastanza sconcertante, agli inizi) rispetto alla fisica classica. Come apparir
chiaro dagli esempi che saranno svolti pi avanti, nella meccanica quantistica, si rinuncia a
descrivere le traiettorie esatte delle particelle, e a trarre da una equazione del moto, a
partire da condizioni iniziali note, deduzioni certe sulla situazione futura. Lequazione di
Schrdinger fornisce solo informazioni circa la probabilit con cui possono verificarsi le
possibili situazioni future.
Cos, della generica variabile dinamica (p. es. la velocit, o il momento angolare della
particella, etc.), in generale non dato di conoscere il valore preciso, ma solo il "valore
aspettato" < >, definito come una specie di "media pesata" su tutto lo spazio fatta
utilizzando la seguente formula:

}

=
spazio
dV
29
La meccanica quantistica dice che, effettuando un gran numero di misure della grandezza
, la media di tali misure coincider certamente col "valore aspettato"; ma non per questo
ci d modo di prevedere con certezza il valore che dar la singola prossima misura. Cos
come le leggi della probabilit ci dicono che, gettando un dado sei milioni volte, otterremo
(con ottima approssimazione) ognuno dei sei numeri un milione di volte: ma ci non ci
aiuta affatto a conoscere il risultato del prossimo lancio.

Rispetto alla fisica classica, un'altra rilevante novit costituita dal principio di
indeterminazione di Heisenberg. Esso stabilisce che esistono alcune coppie di grandezze di
un sistema quantistico (in particolare, le coordinate posizionali e le componenti della
quantit di moto di una particella; lenergia e la "durata" di un suo stato) i cui valori, per
legge di natura, non possono essere determinati contemporaneamente in modo esatto. Il
prodotto delle incertezze "intrinseche" sui loro valori dell'ordine della costante di Planck
diviso 2 cio di

:




t E
p z p y p x
z y x
, ,
Eq. 2.4-4

Queste relazioni di indeterminazione non hanno nulla a che fare con gli errori di misura
della fisica classica. Esse sono indipendenti dalla precisione degli strumenti di misura e
rappresentano ancora un principio della meccanica quantistica. In pratica ogni tentativo di
ridurre per esempio lincertezza p sulla quantit di moto si traduce in un aumento
dell'incertezza r sulla posizione. Naturalmente, lindeterminazione di una misura reale
sar non inferiore all'indeterminazione "intrinseca", per cui le relazioni di indeterminazione
vanno scritte




t E
p z p y p x
z y x
, ,

Eq. 2.4-5

Il principio di indeterminazione svanisce, assieme al concetto di quanto di energia h,
per h 0, cio nel limite in cui la meccanica quantistica tende alla fisica classica.

Il principio di indeterminazione sopra illustrato lascia perplessi se si visualizzano le
particelle come punti materiali, ma appare abbastanza naturale se si pensa che alle
particelle associata un'onda. Per esempio, consideriamo il caso in cui la abbia la forma
di un'onda piana sinusoidale di numero donda k che si propaga lungo l'asse x (vedremo in
seguito sotto quale condizioni si verifica questo caso particolare)

( ) [ ]
(

|
.
|

\
|
= = t x
p
i A t kx i A
x

exp exp

In questo caso, essendo noto in modo esatto il numero donda, la quantit di moto p
x
della
particella , a sua volta, perfettamente nota ( 0 p ). Se calcoliamo ora la densit di
presenza della particella utilizzando lEq. 2.4-1 troviamo che essa indipendente dalla
posizione
( ) ( ) [ ] ( ) [ ]
2
exp exp A t kx i A t kx i A x d = = =


La probabilit di trovare la particella costante in qualunque punto dello spazio; quindi, in
questo caso l'indeterminazione x sulla posizione totale ( x ), in accordo con il
30
principio di indeterminazione di Heisenberg che afferma che il prodotto delle due
indeterminazioni deve comunque essere maggiore o uguale di una quantit finita
( ) x p .

Pi in generale, una particella avente
un'indeterminazione finita x sulla
sua localizzazione rappresentata da
un gruppo (o "pacchetto", secondo
un inglesismo ormai diffuso) d'onde
avente larghezza x. In questo caso,
per illustrare in pratica la relazione
di indeterminazione che lega la
posizione di una particella
quantistica alla sua quantit di moto
( ) x p , consideriamo un
pacchetto donda caratterizzato da una trasformata di Fourier G(k) espressa dalla seguente
relazione:
G(k)=A per k
0
-k<k<k
0
+k, G(k)=0 altrimenti (figura 2.4-2).
La quantit di moto della particella sar quindi uguale a
0
k con una indeterminazione pari
ad k . Nello spazio reale il pacchetto donda sar espresso dallintegrale di Fourier
( ) ( ) ( )dk t kx i A t x
k k
k k
}
+

=
0
0
exp ,
La densit di probabilit di trovare la particella quantistica data da ( )
2
, t x . Tale densit
si pu calcolare senza particolari difficolt ed rappresentata allistante t=0 nella figura
2.4-1. La densit di probabilit
*
ha un
massimo per x=0 e si annulla per la prima
volta nei punti di ascissa
k


e
k

. La
figura 2.4-2 mostra come la probabilit di
trovare la particella sia sostanzialmente
diversa da zero soltanto in questo
intervallo di ampiezza
k
2
. Questo
risultato in accordo con il principio di
indeterminazione ( x p ). Infatti, nel
nostro caso, sostituendo otteniamo


k
k

. Si osservi come,
aumentando la larghezza della funzione
G(k) nello spazio k (e quindi
lindeterminazione sullimpulso p), la larghezza della distribuzione di probabilit nello
spazio reale si riduca in modo da soddisfare sempre il principio di indeterminazione

Il principio di indeterminazione, e in generale lassenza di un vero determinismo nella
meccanica quantistica, sono stati oggetto di numerose critiche e lunghe polemiche. E' noto
che Einstein, che dette importanti contributi alla nascita di teorie di tipo quantistico, non
condivise mai linterpretazione probabilistica della funzione d'onda; famosa la sua
affermazione "non posso credere che Dio giochi a dadi con luniverso". Einstein non

*
x
k


Figura 2.4-2 rappresentazione di una particella
quantistica come un pacchetto donda la G(k) data
in Fig. 2.4-1
k k
0
k
G/k)
Fig. 2.4-1 Trasformata di Fourier a forma rettangolare di
semilarghezza k
31
metteva in dubbio che la meccanica quantistica desse risultati in accordo con l'esperienza,
ma continu a credere sino allultimo che essa fosse una specie di "approssimazione
statistico-fenomenologica, e che al di l di essa esistessero "variabili nascoste" soggette a
equazioni del moto di tipo classico, tali da permettere previsioni certe sulle situazioni
future a partire dalle condizioni iniziali, salvando cos il principio di causalit. E
interessante vedere nel suo epistolario con Born (A. Einstein, M. Born, "Scienza e vita:
lettere 1916-1955", ediz. Einaudi 1973) con quanta pertinacia Einstein cercasse di
costruire paradossi che mettessero in crisi il principio di indeterminazione; paradossi che il
suo corrispondente risolveva amichevolmente ma implacabilmente ad uno ad uno,
riconducendoli nellambito della meccanica quantistica canonica.
Einstein non riusc mai a tradurre queste sue idee (o "pregiudizi, secondo Born) in una
teoria coerente che facesse da alternativa alla meccanica quantistica, n hanno avuto
successo gli altri che hanno provato dopo di lui. Per quanto neppure oggi la questione
possa dirsi del tutto chiusa, Limportante ai fini pratici che innumerevoli confronti con
l'esperienza abbiano mostrato che i risultati offerti dalla meccanica quantistica sono, come
si gi detto, del tutto affidabili.

2.5 Equazione di Schrdinger indipendente dal tempo: stati stazionari ed evoluzione
temporale

Consideriamo un problema ad una sola dimensione (1D) e supponiamo che la funzione
d'onda ( ) t x, sia separabile nel prodotto di due funzioni, rispettivamente della sola
posizione x e del solo tempo t:

( ) ( ) ( ) t u x t x = ,

Eq. 2.5-1

Sostituendo questa espressione nellequazione di Schrdinger si ha:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) t u
dt
d
x i t u x x V x
dx
d
t u
m

= +
2
2 2
2


dividendo per (x)u (t)

( )
( ) ( )
( )
( ) t u
dt
d
t u
i x V x
dx
d
x m
1 1
2
2
2 2

= +



lidentit tra il primo membro (funzione solo di x) ed il secondo (funzione solo di t) pu
sussistere solo se entrambi sono uguali alla stessa costante che, come facile verificare
deve avere le dimensioni di una energia. Si ottengono quindi due equazioni differenziali:

( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) t u t u
dt
d
i
x x x V x
dx
d
m


=
= +

2
2 2
2

Eq. 2.5-2

La seconda immediatamente integrabile, e d
( ) ( ) t i t t u = exp cos
avendo posto =
32
La prima detta equazione di Schrdinger indipendente dal tempo, e le sue soluzioni
dipenderanno dall'espressione dell'energia potenziale V(x). In generale, la soluzione
dellequazione di Schrdinger dipendente dal tempo (eq. 2.3-3 ) potr essere espressa come
il prodotto della soluzione dellequazione indipendente dal tempo per il fattore di
evoluzione temporale ( ) t i t exp cos :
( ) ( )
t i
e x t x


= ,

Eq. 2.5-3

Lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo pu essere riscritta come:

( ) ( ) x x H =

Eq. 2.5-4

dove H loperatore hamiltoniano. Esso non altro che l'hamiltoniana classica del sistema
(cio, cfr. il Corso di Meccanica Razionale, lenergia del sistema espressa in termini delle
coordinate generalizzate e dei loro momenti coniugati) nella quale alle variabili dinamiche
classiche sono stati sostituiti i corrispondenti operatori quantistici: p. es, alla quantit di
moto viene sostituito l'operatore
x
i p

.
La 2.5-4 una "equazione agli autovalori', cio in generale ammette soluzioni solo per
alcuni valori di , detti "autovalori dell'energia", che saranno indicati con
n
. In
corrispondenza al generico autovalore
n
, esistono una o pi funzioni d'onda (x)
n,i
, dette
"autofunzioni. Se le autofunzioni sono pi di una (cio se i=1,2,3,...,m) si dice che "il
livello energetico
n
, m volte degenere". Gli indici come n ed i, che identificano (o, come
si dice, "etichettano") una certa autofunzione, si dicono numeri quantici. In generale, essi
indicano il valore di quantit dinamiche che caratterizzano lo stato rappresentato dalla
n,i
:
per esempio, n legato appunto al valore dell'energia dello stato.
Ognuna delle autofunzioni
n,i
rappresenta uno stato stazionario del sistema; infatti nulla
levoluzione temporale della corrispondente ((x,t)(
2
, che la quantit osservabile. Per
le 2.4-1 e 2.5-3 si ha infatti:
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
2
2
,
2
, ,
, ,
2
cos exp exp cos
, , ,
t x t i t i t x x
t u x t u x t x t x t x
i n i n i n
i n i n


= =
= = =



dove la dipendenza da t svanita. Notare che la stazionariet di tali autostati in
accordo col principio di indeterminazione espresso dalla seconda delle eq. 2.4-5: infatti
lenergia del generico autostato
n,i
(x)
n
, perfettamente definita e lautostato stesso
"eterno", cio lindeterminazione sulla sua "et totale.
Nel prossimo capitolo illustrata la soluzione dell'equazione di Schrdinger
indipendente dal tempo in alcuni casi semplici ma notevoli Attraverso tali esempi, si
pu acquisire il procedimento standard che va seguito per risolvere i problemi di
meccanica quantistica.
Lo stato pi generale della particella invece costituito da una "sovrapposizione
di autostati", rappresentata da una funzione d'onda del tipo

( ) ( )


=
i n
t i
i n i n
n
e x a t x
,
, ,
,

Eq. 2.5-5

cio da una combinazione lineare a coefficienti costanti a
n,i
delle autofunzioni
n,i
,
ciascuna moltiplicata per il suo fattore di evoluzione temporale
t i
n
e

con

n
n

= .
33
E facile verificare che la (x,t) non soddisfa lequazione di Schrdinger indipendente
dal tempo:
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) t x t e x a t e x a
e x V
x m
a e x a V
x m
t x H
i n i n
t i
i n i n
t i
i n n i n
i n
t i
i n i n
i n
t i
i n i n
n n
n n
, cos cos
2 2
,
, ,
, , , ,
,
,
2
2 2
,
,
, ,
2
2 2
= =
=
|
|
.
|

\
|
+

=
|
|
.
|

\
|
+

=










Tale funzione non rappresenta quindi uno stato stazionario del nostro sistema, ma bens
uno stato il cui la densit di probabilit
*
varia nel tempo. Daltra parte poich la
(x,t) rappresenta comunque uno stato consentito del sistema, essa sar, come facile
verificare, soluzione dellequazione dipendente dal tempo:
( ) ( ) ( ) ( )
( ) t x H
e x a e i i x a e
t
i x a t x
t
i
i n
t i
n i n i n
i n
t i
n
i n i n
i n
t i
i n i n
n n n
,
,
,
, ,
,
, ,
,
, ,
=
= = |
.
|

\
|
=



Effettuando una misura dellenergia della particella in uno stato non stazionario si potr
trovare uno qualunque dei valori
n
. La probabilit di trovare (e la frequenza con cui,
ripetendo un gran numero di volte la misura, effettivamente si trova) un certo
n

certamente proporzionale a

i
i n
a
2
,
, cio alla somma dei moduli quadri dei
coefficienti che moltiplicano le autofunzioni stazionarie corrispondenti a
n
. Tuttavia
nulla di certo dato di sapere sul risultato della singola misura ancora da effettuare.

2.6 Alcuni esempi di soluzione dellequazione di Schrdinger indipendente dal
tempo.


2.6.1 Particella libera (caso unidimensionale)

Per una particella libera, cio non soggetta a forze, l'energia potenziale V nulla, e lequazione
di Schrdinger indipendente dal tempo si riduce, nel caso unidimensionale, a:
( ) ( ) x x
dx
d
m
=
2
2 2
2


Eq. 2.6-1
che ha come soluzione generale (cfr. i Corsi di Analisi Matematica)

( )
ikx ikx
e C e C x

+ =
2 1


Eq. 2.6-2

avendo posto
2
2

m
k =

Eq. 2.6-3
ed essendo C
1
e C
2
costanti arbitrarie. Ricordando la 2.5-3, la dipendenza spazio-
temporale della funzione d'onda "completa" (x, t)

( ) ( ) ( )
( ) ( ) t kx i t kx i
e C e C t u x t x

+
+ = =
2 1
,

Eq. 2.6-4

La (x, t) pi generale dunque formata dalla sovrapposizione di due onde piane, una
34
progressiva e una regressiva di uguale numero donda k
|
|
.
|

\
|
=
2
2

m
ed uguale
pulsazione
|
.
|

\
|
=

.
Se la particella libera su tutto lasse X, qualunque valore di (e quindi di k)
consentito, cio la particella pu avere qualunque energia. Notare inoltre che, in tal
caso, la funzione donda non normalizzabile: infatti,
}
+

dx diverge, e non pu
essere posto uguale ad 1, a meno di non far tendere a zero C
1
e C
2
, cio la stessa. Ci
dipende dalla circostanza che stiamo considerando il caso ideale non fisico del moto di
una particella libera in uno spazio ideale illimitato. Normalmente, se consideriamo una
singola particella in movimento nel verso positivo (o negativo) dellasse x, la soluzione
dellequazione di Schrdinger sar correttamente rappresentata solo dallonda
progressiva (o quella regressiva). In questo caso sar
( ) ( )
2
2 2 2
C e C e C
t kx i t kx i
= =
+
indipendente da x: in altre parole, si ha uguale
probabilit di trovare la particelle in qualunque punto lungo lasse x. Nel caso generale,
l'onda progressiva e quella regressiva interferiscono, e la
*
avr dei massimi e dei
minimi; in particolare, se C
1
=C
2
, si ha un'onda stazionaria, con ventri e nodi nei punti
rispettivamente di massima e minima probabilit di presenza della particella.

In figura 2.6-1 rappresentato landamento della pulsazione
m
k
2
2

= =

in funzione del
numero donda k (relazione di dispersione). Tale relazione quadratica, di conseguenza, la
velocit di fase c
k

= dellonda non costante ma dipende da k secondo la legge


m
k
c
2

= .
Supponiamo ora che la particella quantistica sia rappresentata da un pacchetto donde centrato
intorno ad un valore k
o
. In questo caso la velocit con cui si muove il massimo del pacchetto
donda (velocit di gruppo), che lequivalente della velocit classica della particella, sar data
da
m
k
dk
d
v
k
g

=
|
.
|

\
|
=
0

, diversa, come atteso, dalla velocit di fase c. In base a quanto detto si


capisce bene che un pacchetto donde non potr essere una soluzione dellequazione di
Schrdinger indipendente dal tempo per la particella libera. Infatti le diverse componenti, con
k


Figura 2.6-1 Relazione di dispersione (k) di una particella
libera
35
diverso numero donda, avrebbero velocit di fase diversa e tenderebbero a disperdersi durante
il moto cambiando quindi la forma del pacchetto. Si pu facilmente verificare quanto detto
sostituendo lespressione di un generico pacchetto donde nellequazione di Schrdinger
indipendente dal tempo della particella libera:
( ) ( ) ( ) [ ]
( ) ( ) ( ) x dk ikx A t dk ikx Ak
m
dk ikx
dx
d
A
m
dk ikx A
dx
d
m
x
dx
d
m
k k
k k
k k
k k
k k
k k
k k
k k

= =
= =
(
(

=
} }
} }
+

+

+

+

0
0
0
0
0
0
0
0
exp cos exp
2
exp
2
exp
2 2
2
2
2
2 2
2
2 2
2
2 2



Daltra parte il pacchetto donde sar, come facile verificare, soluzione dellequazione
di Schrdinger dipendente dal tempo.
Consideriamo ora il caso di una particella che non libera su tutto l'asse x ma per la
quale esistono delle limitazioni, cio delle "condizioni al contorno" (come negli esempi
che saranno fatti in seguito), da queste deriva in generale una quantizzazione
dellenergia, almeno per gli stati di energia pi bassa (stati legati).
Nella pratica, molte volte si interessati a particelle contenute in un recipiente
grande sulla scala microscopica ma non infinito, e delle cui "pareti" non si sa bene come
descrivere matematicamente gli effetti. Una brillante soluzione a questo problema, che
consente di continuare a considerare la propagazione di onde ideali sinusoidali in un
recipiente di dimensioni finite, stata data da Born e Von Krmn n, e consiste
nell'imporre al contorno le "condizioni periodiche". Idealmente si tratta di chiudere il
recipiente su se stesso in modo tale che londa sinusoidale disponga, per la sua
propagazione, di un mezzo ideale di dimensioni infinite. Se per esempio il "recipiente"
(nel caso unidimensionale) il segmento da x=0 a x=L, si impone che sia:
(x=0)=(x=L)

Fisicamente, questo corrisponde a chiudere il segmento in una circonferenza,
eliminando completamente i bordi e gli effetti ad essi connessi.



2.6.2 Buca di potenziale a pareti infinite

Mantenendoci nel caso unidimensionale, supponiamo ora che le forze agenti sulla particella
corrispondano a un'energia potenziale V(x) data da:

V(x) = 0 per -a x a
V(X) = per x<-a ; x> a

denominata (v. Fig.2.6-2) "buca di potenziale" (in inglese "potential well", cio
letteralmente" pozzo" di potenziale) quadrata a pareti infinite.
V(x)

x 0
+a -a
Figura 2.6-2 Buca di potenziale a pareti
infinite
36

Allinterno della buca I"equazione di Schrdinger si scrive esattamente come la 2.6-1,
per cui la soluzione pi generale ancora data dalla 2.6-2. Per comodit di conto
successivo, effettuiamo una diversa scelta delle costanti arbitrarie di integrazione,
ponendo:
|
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
+ =
i
B
A C
i
B
A C
2
1
;
2
1
2 1
dove A e B sono le nuove costanti. Sostituendo le
nuove costanti in 2.6-2 ed utilizzando le formule di Eulero, si ottiene
( )
( ) ( ) kx B kx A
i
e e
B
e e
A e
i
B
A e
i
B
A C x
ikx ikx ikx ikx
ikx ikx
sin cos
2 2 2
1
2
1
1
+ =
=

+
+
=
|
.
|

\
|
+
|
.
|

\
|
+ = =

Eq. 2.6-5

Fuori della buca, l'eq. di Schrdinger sarebbe:
( ) ( ) ( ) x x V x
dx
d
m
= +
2
2 2
2


con V . Per evitare tale divergenza, deve essere = 0. Fisicamente, ci significa
che la particella ha probabilit nulla di trovarsi fuori della buca, non potendo superare
una barriera energetica infinita. Da questo vengono le seguenti condizioni al contorno
da imporre alla 2.6-5:
(-a) = 0 =A cos(ka) -B sin(ka)
(+a) = 0 =A cos(ka) +B sin(ka)

Escludendo la soluzione banale A = B = 0, che renderebbe identicamente nulla la 2.6-5,
si hanno le seguenti due alternative (I) e (II) :

(I): ( )
a
N
a
n
a
n k n ka ka A
2 2
2 0 sin ; 0

= = = = = = (N pari)
(II): ( ) ( ) ( )
a
N
a
n k n ka kx B
2 2
1 2
2
1 2 0 cos ; 0

= + = + = = = (N dispari)

dove n un intero ed L rappresenta la larghezza della buca di potenziale(L=2a).
Ricordando la relazione che lega lenergia al numero donda per una particella libera, si
hanno dunque i seguenti autovalori discreti dellenergia:
2
2
2 2 2 2
2 2
N
mL m
k
N


= = Eq. 2.6-6
x 0
+a -a

4
Figura 2.6-3 Autovalori dellenergia per
una particella in una buca di potenziale a
pareti infinite
37

con N numero intero.
Lo schema di questi livelli energetici mostrato in Fig. 2.6-3.
Si noti che la quantizzazione dellenergia derivata dalle condizioni al contorno: come
gi detto, questo un fatto generale.
In corrispondenza di N pari ed N dispari si hanno rispettivamente le autofunzioni:
( )
|
.
|

\
|
= x
L
N sen B x
N N

(N pari)
( )
|
.
|

\
|
= x
L
N A x
N N

cos (N dispari)

Poich tutti i livelli energetici sono non degeneri, per etichettare le autofunzioni
sufficiente il numero quantico dell'energia N.
Le costanti A
N
e B
N
vanno determinate imponendo che sia 1 la probabilit di trovare la particella
cercandola in tutto il segmento tra a e +a (condizioni di normalizzazione):
( ) ( ) 1
*
=
}
+

a
a
dx x x
e non difficile vedere che viene
a
B A
N N
1
= =
In totale, gli autostati della particella, corrispondenti agli autovalori dell'energia 2.6-6,
sono dati dalle autofunzioni:
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
=
x
a
sen
a
x
a
sen
a
x x
a
a
x
x
a
sen
a
x
a
sen
a
x x
a
a
x
x
a
sen
a
x
a
sen
a
x x
a
a
x

3
1
2
6
1
;
2
5 cos
1
2
1
2
4
1
;
2
3 cos
1
1
2
2
1
;
2
1 cos
1
6 5
4 3
2 1


I grafci di queste autofunzioni e delle corrispondenti densit di presenza

N N
sono
mostrati in Fig. 2.6-4. Notare che il numero dei nodi delle
N
aumenta con N, cio con
lenergia dello stato; questo un altro fatto generale della meccanica quantistica, che

*
-a +a

1
2

2
2

3
2

-a +a


1

2

3

Figura 2.6-4 Densit di presenza per le tre autofunzioni di energia pi bassa della particella in una buca di
potenziale a pareti infinite
38
pu essere osservato anche nei casi che verranno affrontati successivamente.
Notare infine che la descrizione quantomeccanica della situazione fisica si esaurisce
nella conoscenza della densit di presenza d(x)=(x)
*
(x). Non sappiamo esattamente
quale sia la traiettoria della particella, e anzi (secondo la visione di Heisenberg e Born, e
contrariamente all'opinione di Einstein) non ha senso chiederselo. L'informazione
portata dalla d(x) che, effettuando un gran numero di misure su tutto l'asse x, un
istogramma della "frequenza di reperimento" della particella nei vari punti avr
certamente la forma della d(x) stessa. Ma per quel che riguarda la singola misura da
effettuare, la d(x) fornisce solo la probabilit (e mai la certezza) di reperimento. In
realt, osservando con attenzione in figura landamento della
2

2
facile capire che
lidea classica di traiettoria debba essere abbandonata per una particella quantistica.
Infatti per tale autofunzione, come pure per altre, la densit di presenza d(x) nulla al
centro della buca ed assume il suo massimo valore nei punti di ascissa a/2 e a/2. Tale
circostanza incompatibile con lidea classica di traiettoria che imporrebbe alla
particella di passare comunque per il centro.


2.6.3 Buca di potenziale a pareti finite

Lenergia potenziale sia ora come in Fig. 2.6-6, cio

V(x)=0 per a x a
V(x)=V
0
per x < -a; x > a

Dentro la buca, lequazione di Schrdinger identica al caso precedente, e la soluzione
generale ancora della forma

( ) ( ) ( ) kx B kx A x sin cos + =

Fuori della buca, lequazione di Schrdinger invece:
( ) ( ) ( ) x x V x
dx
d
m
= +
0
2
2 2
2

con Vo finito.
In forma canonica: ( )
( )
( ) 0
2
2
0
2
2
=

x
V m
x
dx
d



Ponendo
( )
2
0
2


=
V m
q
al solito, la soluzione pi generale
( )
qx qx
De Ce x

+ =
Interessiamoc agli stati aventi < V
o
, che
per la VI.6, hanno q reale; questi sono detti
"stati legati", in quanto classicamente la
particella con energia inferiore a Vo
resterebbe confinata nella buca. In questo
caso la soluzione dellequazione di
Schrdinger rappresentata da
esponenziali di argomento reale.
Naturalmente, per evitare divergenze (che
non avrebbero senso fisico) della (x) per
V(x)
x 0
+a -a
V
0
Figura 2.6-5 Rappresentazione schematica di un
buca di potenziale a pareti finite
39
x , occorre che per x<0 sia D = 0, e che per x>0 sia C = 0. In totale, le autofunzioni devono
essere della forma:

( )
( )
( ) a x De x
a x a kx B kx A x
a x Ce x
qx
qx
+ > =
+ =
< =

sin cos

Le condizioni al contorno da imporre sono la continuit della (x) e della sua derivata
prima ovunque, e in particolare nei punti x= a dove l'energia potenziale discontinua.
Questo necessario per soddisfare il requisito fisico che la densit di presenza della
particella d(x)=(x)
*
(x) sia ovunque una funzione univocamente definita e "regolare",
senza punti angolosi n discontinuit. Una volta imposte le condizioni al contorno
possibile svolgere il calcolo esplicito delle singole autofunzioni e degli autovalori
dell'energia.

Tale calcolo piuttosto tedioso. Risolvendolo per via numerica, si trovano gli
N
e le
N

mostrati in Fig. 2.6-6. E' molto notevole il fatto che le
N
(e le corrispondenti d(x)
=
N

N
*
siano significativamente non nulle anche al di fuori del segmento -a x +a,
bench la corrispondente
N
sia minore della barriera di potenziale Vo. In altre parole,
mentre una particella classica avente energia cinetica minore di Vo non potrebbe in
nessun modo superare le barriere di potenziale alte Vo situate a x = a, la particella
quantistica ha probabilit non nulla di trovarsi al di l di esse. Le funzioni donda, e
quindi le d(x), estendono una coda esponenziale allinterno della regione proibita (
<V
0
) avente lunghezza caratteristica pari a 1/q. In base alla definizione di q si vede
che tale lunghezza tanto maggiore quanto pi vicina lenergia della particella
allenergia V
0
della barriera. Questa circostanza si pu facilmente verificare nella figura
nel caso dellautofunzione
3
la cui energia molto vicina allenergia della barriera.
Questeffetto di sconfinamento dellelettrone analogo all'effetto tunnel, trattato pi in
dettaglio nel paragrafo seguente. A causa di questo sconfinamento dellelettrone oltre le
pareti della buca, la lunghezza donda , associata a ciascuno stato quantico , nel caso
di buca finita, maggiore di quanto sarebbe se lelettrone fosse intrappolato in una buca
Figura 2.6-6 Le tre autofunzioni di energia pi bassa per una buca
di potenziale a pareti finite
-a a


40
di profondit infinita. Pertanto, poich lenergia della particela quantistica libera
inversamente proporzionale al quadrato di , lenergia
N
posseduta dalla particella in
ciascuno stato quantico minore nel caso di buca finita rispetto a quello di buca infinita.
Mentre nel caso di buca infinita il numero di livelli quantistici a disposizione della
particella infinito, nel caso di buca finita tale numero limitato e dipende da V
0
e la
larghezza della buca. Se lenergia della particella maggiore di V
0
, gli stati non sono
pi quantizzati e la particella diviene libera di muoversi lungo tutto lasse x.

2.6.4 L'effetto tunnel

Supponiamo ora di avere, anzich una buca, una barriera di potenziale (v. Fig. 2.6-7),
cio unenergia potenziale definita come:

V(x)=0 per x < 0; x >L
V(x)=V
0
per 0 x L

Come al solito, l'equazione di Schrdinger si scrive, rispettivamente:
( ) ( )
( ) ( ) ( ) L x x x V x
dx
d
m
L x x x x
dx
d
m
= +
> < =
0
2
; 0
2
0 2
2 2
2
2 2



E' immediato vedere che tale equazione soddisfatta da autofunzioni della seguente
forma:

( )
( )
( ) L x Ce x
L x Ge Fe x
x Be Ae x
ikx
qx qx
ikx ikx
> =
+ =
< + =

0
0

Eq. 2.6-7

dove si posto, come in precedenza,

m
k
2
= , e
( )


=
0
2 V m
q ; q al solito reale se
lenergia della particella inferiore alla barriera di potenziale Vo. Il senso fisico delle
autofunzioni del tipo della 2.6-7 diventa chiaro se le si moltiplica per la parte temporale
t i
e

.
A sinistra della barriera si ha un'onda piana progressiva e una regressiva, rappresentanti
rispettivamente un fascio di particelle incidenti sullo scalino posto a x = 0, e un fascio di
particelle riflesse da esso. Dentro la barriera si hanno anche due fasci di particelle
propagantesi nei due versi (fasci formati
rispettivamente dalle particelle che
hanno superato lo scalino a x = 0 e da
quelle riflesse dallo scalino a x = L), ma
ora le loro funzioni donda non sono
oscillatorie, bens smorzate
esponenzialmente con la distanza dai
rispettivi scalini Infine, a destra della
barriera si ha solo unonda piana
progressiva, rappresentante le particelle
V(x)
x
0 L
Figura 2.6-7 Barriera di potenziale di altezza finita
41
che hanno superato la barriera, e
si allontanano all'infinito.
E' da notare che, classicamente,
il corrispondente problema
avrebbe una soluzione ben
diversa: nessuna delle particelle
incidenti da sinistra con energia
cinetica < Vo potrebbe
superare la barriera posta in x=0,
ma tutte verrebbero riflesse
allindietro.
Il calcolo quantistico va ultimato
imponendo alle 2.6-7 la
continuit ai bordi ( x = 0 e x =
L ) delle funzioni e delle loro
derivate prime. Ne conseguono le relazioni:

ikL qL qL
ikL qL qL
iKCe qGe qFe
qG qF ikB ikA
Ce Ge Fe
G F B A
= +
+ =
= +
+ = +



cio 4 equazioni nelle 5 incognite A, B, F, C, C (in generale grandezze complesse che
rappresentano le ampiezze dei 5 fasci).
Una caratteristica fisica molto importante della barriera tunnel rappresentata dal
coefficiente di trasmissione T. Il coefficiente T rappresenta la frazione di particelle
incidenti che superano la barriera. Il flusso di particelle incidenti sulla barriera da
sinistra proporzionale a
* *
AA e A Ae
ikx ikx
i i
= =

. Allo stesso modo il flusso di
particelle che si allontana dalla barriera, dopo averla attraversata, proporzionale a
* * *
CC e C Ce
ikx ikx
t t
= =

. Il coefficiente di trasmissione T quindi dato dal rapporto
*
*
AA
CC
. Dalle formule questo rapporto pu essere calcolato e risulta:
( )
( )
1
0
0 2 2
0
4
2
sinh
1

|
|
|
|
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

+ =

V
L
V m
V
T


Eq. 2.6-8


Come fisicamente ragionevole, T decresce all'aumentare sia di V
0
che di L. Un
andamento di T per un valore fissato di L e V
0
, al variare del rapporto /V
0
mostrato in
Fig. 2.6-8. Si vede che per ~ Vo/2 (cio particelle incidenti con energia cinetica pari
alla met dell'altezza della barriera) si ha ancora un "tunnelling" significativo.


T
/V
0
Figura 2.6-8 Trasmissione attraverso una barriera in
funzione del rapporto tra lenergia della particella e laltezza
della barriera
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1 2 3 4 5 6 7

42
Sulleffetto tunnel (effetto, come si visto, tipicamente quantistico, senza alcun analogo
classico) basato il funzionamento di alcuni componenti elettronici e quello del
microscopio pi sensibile oggi esistente, che consente di ottenere immagini reali degli
atomi nel solidi. Questo strumento prende il nome di microscopio ad effetto tunnel (in
inglese Scanning Tunnel Microcope, STM) ed basato sul fatto che la corrente di
tunnel (proporzionale al coefficiente T) dipende criticamente secondo la formula 2.6-8
dallo spessore della barriera. Il principio di funzionamento del microscopio STM
illustrato in figura 2.6-9. Una punta estremamente acuminata, idealmente terminata con
un singolo atomo, tenuta ad una distanza molto piccola (circa 10
-9
m) dalla superficie
della quale si vuole investigare la morfologia. Tra la superficie e la punta applicata
una differenza di potenziale elettrico V. La barriera rappresentata dallo spazio l(x)
che separa la punta dalla superficie. In queste condizioni una corrente di tunnel J
t

passer tra la punta e la superficie. Lintensit di questa corrente dipende in modo
critico dalla distanza l(x). Tramite un sofisticato sistema di controllo basato su cristalli
piezoelettrici la punta viene fatta scorrere orizzontalmente nella direzione x senza
variare la sua quota z. Nel corso del movimento (scanning) della punta lungo la
superficie la distanza l(x) e di conseguenza la corrente di tunnel J
t
varieranno. Avendo
quindi misurato la J
t
(x) sar possibile ricostruire la l(x) e quindi la morfologia della
superficie. Questo tipo di microscopio oggi disponibile commercialmente ed utilizzato
in laboratori di tutto il mondo. Una applicazione spettacolare della microscopia ad
effetto tunnel mostrata in fig. 2.6-10. Questa immagine stata ottenuta nel 1993
presso il centro ricerche IBM di Almaden in California. In questo caso, tramite tecniche
di nano manipolazione, quarantotto

Figura 2.6-9 Principio di funzionamento di un microscopio ad
effetto tunnel (STM)
43
atomi di ferro sono stati disposti in cerchio su di una superficie di rame. Il raggio della
circonferenza pari a sette . La circonferenza stata chiamata quantum corral
(recinto quantico). Il corral il recinto dove vengono tenuti gli animali dallevamento
negli Stati Uniti. Nel caso del recinto quantistico gli animali sono sostituiti dagli
elettroni. Gli elettroni sono visibili nellimmagine STM come ondine. Il cerchio di
atomi di ferro costituisce una barriera di potenziale per gli elettroni. Gli elettroni,
allinterno del recinto quantistico formano onde stazionarie circolari. Si pu anche
osservare come per effetto tunnel alcuni elettroni possano uscire dal recinto: le deboli
onde fuori dal cerchio di atomi di ferro.



2.6.5 Oscillatore armonico unidimensionale

Per un oscillatore armonico unidimensionale, soggetto a una forza di richiamo
elastica di costante K, l'energia potenziale pari a
2
2
1
Kx per cui leq. di Schrdinger si
scrive:
( )
( ) ( ) x x Kx
dx
x d
m

= +
2
2
2 2
2
1
2


Eq. 2.6-9

Questa equazione differenziale si sa risolvere
esattamente, ma il calcolo piuttosto lungo (vedi
p. es.. L Schiff, "Quantum Mechanics", ediz.
McGraw-Hill, pagg. 66-76) e rinunciamo a
riportarlo. Si trovano i seguenti . autovalori
dell'energia:

0
2
1
2
1

|
.
|

\
|
+ =
|
.
|

\
|
+ = n
m
K
n
n


Figura 2.6-10 Recinto quantistico di atomi di ferro sulla superficie di un cristallo di silicio
n=0
n=4
n=3
n=2
n=1

4
4
0 2
3

0 2
1

0 2
5

0 2
7

0 2
9

0

Figura 2.6-11 Rappresentazione
schematica dei livelli energetici
delloscillatore armonico
quantistico. Si osservi che lenergia
del livello fondamentale non zero
44
Quindi una particella quantistica soggetta a una forza elastica pu assumere solo certi
valori dell'energia (v. Fig. 2.6-11), spaziati di
0
, dove
m
K
=
0
la pulsazione
propria di una particella classica di ugual massa e soggetta alla stessa forza. Inoltre,
loscillatore quantistico non pu avere energia nulla: lo stato fondamentale ha energia
0 0
2
1
= , detta "energia di punto zero".


I livelli energetici delloscillatore armonico quantistico sono tutti non degeneri, cio in
corrispondenza di ognuno di essi si trova una sola autofunzione. Per classificare le
autofunzioni basta quindi il solo numero quantico n che conta i livelli energetici. Le ,
per n = 0, 1, 2, 3 sono (avendo posto /
0
m a = )
( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
2
3 3
3
2
2 2
2
2
1
2
0
2 2 2 2
2 2 2 2
12 8
48
2 4
8
2
2
x a x a
x a x a
e ax x a
a
x e x a
a
x
axe
a
x e
a
x


= =
= =




Figura 2.6-12 Rappresentazione grafica della densit di presenza per alcune autofunzioni di diversa energia
delloscillatore armonico quantistico. Per confronto viene anche mostrata la densit di presenza classica. La
densit di presenza delloscillatore classico d
c
(x) ovviamente inversamente proporzionale alla velocit del
punto materiale che oscilla. Pertanto d
c
minima per x=0 e tende a divergere per x uguale allampiezza
delloscillazione. Si osservi la differenza di comportamento tra loscillatore classico e quello quantistico.
45
che sono mostrate in Fig. 2.6.11. Si osservi che, come al solito, all'aumentare di n e
quindi dellenergia, cresce il numero di nodi della funzione d'onda, e che per n dispari la
probabilit di trovare la particella nell'origine nulla.

2.6.6 Latomo di idrogeno

Il problema questa volta tridimensionale. L'energia potenziale quella dovuta all'interazione
coulombiana nucleo-elettrone
( )
r
e
r V
2
0
4
1

=
per cui si ha l'eq. di Schrdinger si scrive:
( ) ( ) ( ) r r
r
e
r
m

=
2
0
2
2
4
1
2


Eq. 2.6-10
Tabella 1


La 2.6-10 si sa risolvere esattamente, usando le coordinate polari, e con un
procedimento lungo e complesso (v. p. es. lo Schiff, op. cit.) che omettiamo. Le
autofunzioni risultano classificate da tre numeri quantici, tradizionalmente detti n
(numero quantico principale"), l (numero quantico "azimutale") ed m
s
(numero quantico
"magnetico"). Essi possono assumere i seguenti valori:
n = 1, 2,3,4,.....
l = 0, 1, 2, ..., (n-1)
m
l
= -l,-l+1,, l-1, l
Il legame tra tali numeri quantici e i parametri fisici dello stato dell'elettrone il
seguente. Lenergia dello stato dipende solo dal valore di n, secondo la formula
( )
2
0
4
2
2
1

me
n
n
=
che esattamente la stessa formula ottenuta con il modello atomico di Bohr.
Simbolo sistema nome valori
n
Elettrone in un
atomo
Numero quantico
principale
1, 2, 3, ...
l
Elettrone in un
atomo
Numero quantico
azimutale
0, 1, ..., n-1
Elettrone in un
atomo
Numero quantico
magnetico
Elettrone
Numero quantico
di spin
46
Il numero quantico l legato al momento angolare dello stato dell'elettrone, che vale in
modulo ( ) 1 + = l l b . Poich, come detto, l=0 un valore ammesso, lelettrone pu
trovarsi in stati aventi momento angolare nullo, assai difficili da visualizzare come
"orbite classiche. Infine, il numero quantico m
l
misura, in unit di -h, la proiezione di
b

su un qualunque asse. Notare che la massima proiezione possibile l , mentre


( ) 1 + = l l b ; si dimostra che anche questa una conseguenza del principio di
indeterminazione.
I livelli energetici sono degeneri 2l+1 volte (quindi quelli aventi l = 0 non lo sono);
facile calcolare che ad ogni
n
corrispondono n
2
autofunzioni diverse.
Tradizionalmente, vengono denominati s p d f g h... gli stati aventi rispettivamente l = 0,
1, 2, 3, 4,....
Infine esiste un quarto numero quantico, quello di spin m
s
, che raddoppia la
degenerazione di tutti i livelli. In Tabella 1 sono riportati tutti i numeri quantici che
definiscono lo stato quantistico di un elettrone nellatomo di idrogeno.

Negli atomi a pi elettroni le degenerazioni vengono rimosse (cio i livelli energetici
corrispondenti ad ogni autofunzione leggermente separati tra loro) a causa delle
interazioni coulombiane tra gli elettroni stessi.
Restando allatomo didrogeno, per gli stati pi bassi in energia, il calcolo fornisce le
seguenti autofunzioni (in termini di r, , , ed etichettate con i numeri quantici n, l, m)

|
|
.
|

\
|
=
0
3
0
0 , 0 , 1
exp
1
a
r
a

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=
0 0
3
0
0 , 0 , 2
2
exp 1
8
1
a
r
a
r
a


( )
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=

0 0
3
0
1 , 1 , 2
2
exp exp sin
8
1
a
r
i
a
r
a




n=1
n=2
n=3
n=4
Livello di ionizzazione, =0
l=0 l=1 l=2 l=4
1s
2s
3s
4s 4p
3p



2p
4d
3d
4f
Figura 2.6-13 rappresentazione schematica dei livelli energetici
dellatomo di idrogeno
47
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=
0 0
3
0
0 , 1 , 2
2
exp cos
32
1
a
r
a
r
a



( )
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=
+
0 0
3
0
1 , 1 , 2
2
exp exp sin
8
1
a
r
i
a
r
a



In tabella 2 mostrata la forma tridimensionale della densit di presenza
( ) ( )
2
, , , , z y x z y x d = di alcuni stati. Si pu vedere che gli stati s, cio aventi l=0,
hanno simmetria sferica (infatti non dipendono da o ). Gli stati p, cio aventi l=1,
hanno la forma di un doppio lobo, mentre per valori pi elevati di l si hanno forme pi
complesse.
Queste distribuzioni spaziali vengono spesso chiamate nubi elettroniche, mentre
propriamente sono nubi di probabilit di trovare lelettrone (tutto lelettrone)nei vari
punti nello spazio. Comunque, agli effetti pratici, poich elettrone passa in ogni punto
r dello spazio un tempo proporzionale a ( )
2
r , sulla scala dei tempi macroscopici
come se la sua carica fosse effettivamente distribuita nello spazio in modo
proporzionale a ( )
2
r .






Tabella 2 Nella tabella sono mostrati alcuni orbitali atomici per diversi valori dei numeri quantici n, l,
m. Solo gli orbitali s, caratterizzati da l=0 hanno simmetria sferica.


n=1, l=0 n=2,l=0 n=2, l=1 n=3, l=0 n=3,l=1 n=3,l=2
m
l
= 0
m
l
= 1
m
l
= 2

2.7 Lo spin; bosoni e fermioni; il principio di esclusione di Pauli.

Oltre ad essere associate a una funzione d'onda , le particelle quantistiche posseggono
un'altra propriet sconosciuta ai punti materiali della fisica classica, cio un momento
angolare (momento della quantit di moto) "intrinseco. Esso detto "spin" (trottola in
48
inglese) perch classicamente pu essere visto come dovuto a un moto rotatorio della
particella attorno a un proprio asse di simmetria. Lo spin una caratteristica definita e
immutabile il cui valore dipende dal particolare tipo di particella: esso non dipende n
dallo stato dinamico della particella stessa, n da eventuali interazioni con altre
particelle.
Lo spin della particella indicato in generale con s, ad esso associato un numero
quantico (generalmente indicato con m
s
) che va aggiunto a quelli che "etichettano" la
per caratterizzare completamente lo stato della particella. I valori consentiti dello spin
sono s = 0, 1/2, 1, 3/2, 2, 5/2, ... Il momento angolare associato con lo spin vale in
modulo ( ) 1 + s s , e la sua proiezione b
z
su un qualunque asse (indicato in generale
come asse z) quantizzata in unit di e pu assumere soltanto i valori m
s
=-s, -
s+1,,+s (cfr. quanto detto per il numero quantico l a proposito dellatomo di
idrogeno). Per esempio, nel caso dellelettrone, essendo s = 1/2, possiamo avere
esclusivamente m
s
= 1/2.
Come si vedr in seguito, va fatta una fondamentale distinzione tra particelle che
hanno spin intero (dette "bosoni", poich seguono la statistica di Bose-Einstein) e quelle
che hanno spin semi-intero (dette "fermioni", poich seguono la statistica di Fermi-
Dirac). Lelettrone, il neutrone e il protone hanno s = 1/2 e sono quindi fermioni,
mentre il fotone ha s = 1 ed un bosone. Nello studio delle propriet elettriche e
magnetiche dei solidi, s'incontrano alcune "quasi-particelle che sono tutte bosoni:
hanno s = 0: il "fonone(quanto delle vibrazioni reticolari) e il "plasmone" (quanto delle
oscillazioni collettive del gas di elettroni di conduzione), mentre ha s= 1 il "magnone"
(quanto delle "onde di spin' che si formano nei materiali ferrmagnetici e nelle ferriti). I
bosoni pi peculiari sono certamente le "coppie di Cooper", formate da due elettroni (i
quali singolarmente sono fermioni) aventi spin opposto; lo spin della coppia quindi
nullo. Queste coppie costituiscono i portatori della "supercorrente" (corrente a
resistenza nulla) nei materiali superconduttori.

Le particelle quantistiche di una data specie (p. es. gli elettroni, o i fotoni, etc.) sono
intrinsecamente indistinguibili: p. es., non v'e' modo di distinguere, usando qualunque
rivelatore di elettroni, il segnale dato da un elettrone da quello dato da un altro.
Vediamo le conseguenze di tale indistinguibilit sulla forma delle funzioni d'onda.
Indichiamo lo stato complessivo di un sistema di N particelle identiche con la funzione
donda ( )
N i
q q q q ,... ,.., ,
2 1
, dove ogni q
i
indica l'insieme delle variabili (cio sia le
coordinate spaziali che quelle di spin) dell'iesima particella. Poich le particelle sono
indistinguibili, qualunque stato del sistema deve restare inalterato se vengono scambiate
due particelle qualunque i e j. Ci significa che il modulo quadro (che la quantit
osservabile) della non deve mutare scambiando, nellargomento della funzione, i ruoli
di q
i
e di q
j
. Dev'essere cio:
( ) ( )
2
2 1
2
2 1
,... , ,.., , ,... , ,.., ,
N i j N j i
q q q q q q q q q q =
Questo implica che scambiare nella i ruoli di q
i
e di q
j
equivale a moltiplicare la
stessa per un numero complesso di modulo unitario:
( ) ( )
N i j
i
N j i
q q q q q e q q q q q ,... , ,.., , ,... , ,.., ,
2 1 2 1


=

Eq. 2.7-1
Effettuando poi un nuovo scambio di q
i
e q
j
, la deve risultare moltiplicata per un ulteriore
fattore
i
e , ma d'altra parte torna identica a quella iniziale. Ne segue che
( ) 1
2
=
i
e , cio 1 =
i
e
Sostituendo nella 2.7-1, si hanno due possibilit: pu essere
49
( ) ( )
N i j N j i
q q q q q q q q q q ,... , ,.., , ,... , ,.., ,
2 1 2 1
+ =

Eq. 2.7-2

oppure
( ) ( )
N i j N j i
q q q q q q q q q q ,... , ,.., , ,... , ,.., ,
2 1 2 1
=

Eq. 2.7-3

(si dice che la rispettivamente simmetrica o antisimmetrica rispetto allo scambio di
particelle).
La natura utilizza entrambe queste possibilit. Sperimentalmente, si trova che vale la
2.7-2 per tutte le particelle che hanno spin nullo o intero (cio i bosoni: i fotoni, i
fononi, i plasmoni, i magnoni, le coppie di Cooper..) mentre vale la 2.7-3 per tutte le
particelle che hanno spin semi-intero (cio i fermioni: gli elettroni, i neutroni, i protoni
... ).
Nel caso dei fermioni, supponiamo che due delle N particelle siano nello stesso stato,
cio che la funzione donda dipenda da due variabili q
i
e q
j
, in modo identico.
Scambiando i ruoli di q
i
e q
j
, la deve restare inalterata, mentre per la 2.7-3 deve
cambiare segno: non c' modo di sanare questa contraddizione, a meno che non sia =
0. Di conseguenza, non esistono stati collettivi di un sistema di particelle a spin semi-
intero in cui due particelle occupino lo stesso stato; in altre parole, due particelle a spin
semi-intero non possono avere tutti i numeri quantici (quelli della funzione d'onda
spaziale e quello di spin) uguali" (Principio di Pauli).

E Principio di Pauli ha cruciali conseguenze sulla struttura dell'atomo, delle molecole e
dei solidi. Precedentemente sono stati illustrati gli stati quantistici disponibili
nellatomo di idrogeno per lunico elettrone presente, e i corrispondenti livelli energetici
(Fig. 2.6-11). Negli atomi aventi numero atomico Z > 1, per gli stati disponibili ai
singoli elettroni si ha uno schema molto simile: semplicemente, l'interazione
coulombiana tra i diversi elettroni causa lievi spostamenti dei livelli energetici degli
stati aventi ugual valore di n ma diversi valori di l, m
l
ed m
s
(come si dice, "rimuovendo
le degenerazioni presenti nellatomo di idrogeno).
Poich gli elettroni sono fermioni, in base al Principio di Pauli essi non possono stare
tutti nello stato ad energia pi bassa: ciascuno di essi deve occupare uno stato
caratterizzato da un diverso insieme dei numeri quantici n, 1, m
l
ed m
s
. Lo stato
fondamentale collettivo di un atomo avente Z elettroni quindi quello che vede
occupati gli Z stati pi bassi in energia. Al variare di Z da 1 (atomo di idrogeno) a 103
(atomo di Lawrenzio) si costruisce cos la Tavola di Mendeleyev, illustrata nel Corso di
Chimica..
Nelle molecole, la situazione molto simile a quella degli atomi. Nel solidi, esiste un
"gas" di elettroni liberi, formato dagli elettroni esterni dei singoli atomi; gli stati e i
livelli energetci a disposizione di questi elettroni sono radicalmente diversi da quelli
degli atomi liberi, a tali stati va applicato il Principio di Pauli In mancanza di questo,
cio in base alla sola fisica classica, gran parte delle modalit con cui avviene il
trasporto elettrico nei metalli e nei semiconduttori sarebbero assolutamente inspiegabili


2.8 Metalli, isolanti, semiconduttori

Nel capitolo 2.6-1 abbiamo risolto il problema di una particella quantistica libera
di muoversi lungo lasse x. In questo caso stato dimostrato che la soluzione
dellequazione di Schrdinger indipendente dal tempo rappresentata da unonda piana
sinusoidale. Lenergia cinetica della particella non quantizzata e pu assumere un
50
valore qualsiasi, legato al vettore donda k dalla relazione di dispersione parabolica
m
k
2
2 2

= .
Il fenomeno del trasporto elettrico nei metalli pu essere descritto tramite un semplice
modello di elettroni liberi. In questo modello si suppone che gli elettroni di conduzione
siano completamente liberi dagli atomi genitori e si muovano in un potenziale esterno
nullo: elettroni liberi. Una differenza comunque con il modello ideale della particella
libera che adesso gli elettroni sono comunque confinati allinterno di un conduttore
metallico di dimensioni finite. Le dimensioni del conduttore sono macroscopiche e
quindi molto maggiori delle distanze che separano gli atomi. In queste condizioni
possiamo aspettarci che le correzioni dovute alle dimensioni finite dei metalli possano
modificare il modello degli elettroni liberi senza stravolgerne limpianto. Da un punto di
vista concettuale il problema che le onde ideali sinusoidali, soluzioni del problema
della particella libera, non possono a rigore propagarsi in un conduttore di dimensioni
finite. Un metodo semplice per aggirare il problema delle dimensioni finite dei
conduttori quello di applicare le condizioni al contorno di Born e Von Krmn (o
condizioni periodiche). Per semplicit considereremo un conduttore unidimensionale
costituito da una fila di N atomi spaziati tra di loro di una distanza a (detta parametro
reticolare): lunghezza totale della catena L=Na. Le condizioni periodiche di Born e von
Krmn ( ) ( ) x L x = + equivalgono, da un punto di vista topologico, a unire
idealmente gli estremi del conduttore (x=0 e x=L) consentendo ad unonda sinusoidale
di lunghezza indefinita di potersi propagare in un conduttore molto lungo ma comunque
di dimensioni finite. Lapplicazione delle condizioni al contorno ad onde sinusoidale
consentono di scrivere
( ) ( ) ( ) L ik ik + = 0 exp 0 exp
Da questa relazione segue che ( ) ikL exp 1 = e quindi
k
n
L
2
= con n numero intero
qualsiasi positivo o negativo. Di conseguenza il numero donda delle onde sinusoidali
che si propagano lungo la catena atomica una variabile che pu assumere soltanto
alcuni valori, precisamente
L
n k
2
= . In Fig. 2.8-1 riportata la curva di dispersione
2/L

k

Figura 2.8-1 Relazione di dispersione (k) di un
elettrone libero in un conduttore unidimensioanle di
lunghezza L. I punti rappresentano gli stati ammessi.
La separazione tra due stati adiacenti in k pari a 2/L.
I punti pieni sono stati occupati.
51
(k) che ha un andamento parabolico. La curva disegnata per punti in quanto, a
ragione delle condizioni al contorno, non tutti i valori di k sono consentiti. Ciascun
puntino rappresenta uno stato quantico. La differenza tra due valori di k consecutivi
pari a
L
2
. Non tutti gli stati quantici sono occupati. Il numero di stati occupati dipende
dal numero di elettroni di conduzione a disposizione. Consideriamo quindi, a titolo di
esempio, un metallo monovalente (Li, Na, Au, Ag,). In questo caso il numero totale
di elettroni di conduzione sar pari al numero N di atomi lungo la catena. Gli N elettroni
andranno sistemati negli stati quantici cominciando ad occupare quelli di energia pi
bassa. Essendo gli elettroni fermioni essi obbediranno al principio di esclusione di
Pauli. Ciascuno stato sar caratterizzato da una coppia di numeri quantici: n ( numero
quantico principale che determina lenergia dello stato) ed m
s
(numero quantico di
spin). I primi quattro elettroni cominceranno ad occupare gli stati di energia pi bassa
n=1 (trascuriamo lo stato n=0 che corrisponde ad una soluzione non fisica con k=0 e
quindi con lunghezza donda infinita), due in n=+1 e due in n=-1 disposti con spin
antiparallelo. Nel caso quindi di un metallo monovalente gli stati di energia pi alta
occupati avranno n=N/4, il numero donda corrispondente sar
a L
N
k
2
2
4

= = e
la corrispondente energia
2
2
2 2
|
.
|

\
|
=
a m


. Il numero donda massimo e la massima
energia prendono il nome di numero donda di Fermi k
F
ed energia di Fermi
F
.
Naturalmente k
F
ed
F
sarebbero stati diversi (maggiori) se il metallo fosse stato
composto da atomi con una valenza pi alta. E importante osservare che in questo
semplice modello detto del gas di elettroni liberi o gas di Fermi, gli elettroni sono in
movimento anche a temperature molto prossime allo zero. Infatti tutta lenergia degli
elettroni, in mancanza di qualsisia forza (e quindi di qualsiasi energia potenziale), non
potr che essere energia cinetica. Avremo quindi
2
2
1
2
2
2
2 2
mv n
L m
n
=
|
.
|

\
|
=


. Questa
relazione ci consente di calcolare la velocit con la quale si muovono gli elettroni.
Lelettrone pi veloce sar quello avente energia pari allenergia di Fermi.
Naturalmente, pur essendo gli elettroni tutti in movimento, non vi sar trasporto netto di
carica elettrica poich la velocit media del sistema di tutti gli elettroni nulla.
Consideriamo ora il caso in cui un campo elettrico E costante sia applicato per esempio
nel verso negativo dellasse x (vedi Figura 2.8-2). In questo caso avremo una forza F=-
eE, dove e rappresenta il modulo della carica dellelettrone, che agisce su ciascuno degli
elettroni nel metallo. In base al secondo principio della dinamica avremo
dt
dp
eE = .
Essendo inoltre k p = potremo scrivere .
dt
dk
eE = . Questa relazione implica che, se
il campo applicato nel verso negativo dellasse x, gli elettroni, rappresentati da stati
occupati sullasse dei k, tenderanno a spostarsi collettivamente verso stati con k
maggiore generando la situazione illustrata in figura. A questo punto la media delle
velocit del sistema di elettroni, calcolata su tutti gli stati occupati,
N
k
m N
v
v
i
i
i
i
= =

non sar pi nulla e vi sar quindi una velocit di deriva diversa da
zero nel verso opposto al campo elettrico applicato e quindi una corrente elettrica.
52
Nel modello del gas di Fermi
abbiamo completamente trascurato
linterazione degli elettroni con gli
ioni che costituiscono il metallo. La
descrizione di questa interazione
piuttosto complessa e sar uno degli
argomenti principali del corso di
Fisica dello Stato Solido. In questo
corso affrontiamo il problema in
modo semplificato considerando la
natura ondulatoria degli elettroni.
Movendosi allinterno di un
reticolo cristallino gli elettroni di
conduzione possono subire effetti di diffrazione esattamente come qualsiasi altra onda.
In particolare, consideriamo un elettrone che si propaghi lungo la nostra catena
costituita da ioni positivi: se la lunghezza donda associata allelettrone soddisfa le
condizioni di Bragg ( ) sin 2a = , con a distanza interatomica e pari a 90,
lelettrone sar riflesso allindietro. Questa circostanza si verifica se a 2 = , ovverosia
se
a
k

= . Nel caso in cui si verifichino le condizioni di riflessioni alla Bragg, si
former unonda piana regressiva, di uguale vettore donda ed uguale ampiezza, che
interferir con londa progressiva dando luogo ad unonda stazionaria. A questo punto
vi sono due espressioni possibili per londa stazionaria risultante:
( ) ) (kx Asen x =
+

( ) ) cos(kx A x =


Queste due soluzioni sotto forma di onda stazionaria differiscono solo di un angolo di
fase di 90 eppure sono profondamente diverse quanto ad implicazioni fisiche.
Consideriamo infatti le densit di presenza dellelettrone costruita a partire dalle due
onde stazionarie
) (
2
kx sen AA

+ +
=
) ( cos
2
kx AA


=
E

k

Figura 2.8-2 Stati occupati in un campo applicato E.

*
x

Figura 2.8-3 Densit di presenza per le due soluzioni possibili di un
elettrone con k=/a. I cerchi neri rappresentano la posizione degli ioni
positivi
53
Poich lelettrone una particella carica, la densit di presenza spaziale rappresenta
anche una densit di carica. Le due densit di carica sono state graficate in Figura 2.8-3
in funzione dellascissa x lungo la catena atomica che rappresenta il nostro metallo
unidimensionale. I pallini neri rappresentano gli atomi della catena distanziati di a. Gli
atomi del metallo hanno perso gli elettroni di valenza e sono carichi positivamente (ioni
positivi). Come si vede dalla figura le due onde stazionarie distribuiscono la carica
dellelettrone in modo diverso lungo la catena di ioni. In particolare la
+
addensa
carica elettrica negativa intorno allo ione positivo, mentre la
-
addensa carica elettrica
negativa a met strada tra gli ioni positivi. Di conseguenza alle due onde stazionarie
associata un energia elettrostatica diversa, maggiore nel caso di
-
rispetto a quella di
+. In definitiva gli elettroni con numero donda
a
k

= saranno rappresentati da
onde stazionarie: la loro energia cinetica sar nulla ed avranno esclusivamente energia
elettrostatica. Le due soluzioni possibili avranno energia elettrostatica diversa. La
situazione rappresentata in figura 2.8-4. La differenza tra lenergie delle due onde
stazionarie pari ad E
g
e viene detta gap di energia proibita: come si vede dalla figura
infatti non esistono stati quantistici che hanno energia nellintervallo E
g
. Gli stati
quantistici consentiti hanno tutti valori che ricadono allinterno di bande di energia
consentite. Tutti i solidi hanno una struttura a bande che schematizzata in figura 2.8-4.
Le bande di energia consentite sono separate tra di loro da bande di energia proibite. Il
comportamento metallico o isolante del solido dipende dal riempimento delle bande.
Nel caso in cui le bande non siano completamente piene, il solido si comporta come un
metallo e risponde allapplicazione di un campo elettrico esterno con una corrente
elettrica. Nel caso di bande completamente piene il solido si comporta come un isolante:
lapplicazione di un campo elettrico non da luogo ad alcuna corrente elettrica. Infatti in
questo caso gli elettroni non hanno a disposizione stati vicini in k nei quali spostarsi,
dovrebbero passare alla banda superiore per aumentare il proprio numero donda, ma
lenergia fornita dal campo elettrico applicato non , in generale sufficiente ad effettuare
questo salto interbanda. Nella descrizione a bande dei solidi la differenza tra isolanti e
semiconduttori esclusivamente quantitativa e dipende dallampiezza della banda
proibita. Se E
g
non molto maggiore di 1 eV si parla di semiconduttori, in caso di gap
proibite pi ampie di isolanti.

2.9 Esercizi

-
(/a)

+
(/a)
E
g

/a -/a

k

Figura 2.8-4 Apertura della gap proibita E
g
in conseguenza dellinterazione
degli elettroni del metallo con il reticolo cristallino di parametro reticolare a.
54

Esercizio 1
Un fascio di raggi X di sezione circolare e raggio 1mm, aventi lunghezza d'onda =0.1nm, investe
perpendicolarmente uno schermo assorbitore di spessore d. Lintensit del fascio allinterno
dellassorbitore diminuisce secondo una legge esponenziale
|
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|

t
d
I exp , dove t una costante
(detta lunghezza dassorbimento) caratteristica del materiale (nel nostro caso t=1m). Sapendo
che lintensit del fascio (energia che incide perpendicolarmente su di unarea unitaria
nell'unit di tempo) pari a 10 kJ/m
2
s , si calcoli lo spessore minimo dellassorbitore affinch il
numero di fotoni X che riescono a passare per secondo sia minore di 100.

Il numero di fotoni incidenti sullassorbitore nellunit di tempo pari a
13
2
10 3 . 1

h
r
N
i


Detto N
f
il numero di fotoni che passano oltre lassorbitore, poich lassorbimento esponenziale,
abbiamo
m
N
N
t d
t
d
N
N
f
i
i
f
26 ln exp
|
|
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
=

Esercizio 2
Un elettrone (indicato tramite la linea tratteggiata in figura),
caratterizzato da una lunghezza donda di De Broglie pari a 1 nm,
si muove in assenza di forze applicate (regione I). Ad un certo
istante lelettrone attraversa una regione (II), di larghezza d= 1
mm, caratterizzata da un campo elettrico E=10 V/cm diretto come
in figura. Successivamente lelettrone torna a muoversi in una
regione (III) priva di forze applicate. Si calcoli la lunghezza
donda di De Broglie dellelettrone nella regione III.

Lenergia iniziale dellelettrone pari a J
m
h
i
i
19
2
2
10 4 . 2
2

= =


Il lavoro compiuto dal campo elettrico sar pari a eEd

Quindi lenergia finale sar J eEd
i f
19
10 4

= + =
Da cui nm
m
h
f
f
77 . 0
2
= =




Esercizio 3
Una buca di potenziale 1D a pareti infinite, di larghezza 100, alla temperatura di 0K, contiene 49
elettroni. Quale sar la velocit V
F
dellelettrone con lenergia pi elevata?

I livelli energetici della buca di potenziale hanno energia :
2
2 2 2
2
L
n
m
n


= con n intero.
E=0 E E=0
e
d
I II III
55
Poich gli elettroni sono fermioni, in ogni singolo livello energetico si possono sistemare due
elettroni (uno con spin down ed uno con spin up). Per n=24 sono sistemati 48 elettroni, per cui
il 49 sistemato nel livello n=25. La sua energia sar quindi:
2
2 2 2
25
25
2
L
m


=
Daltro canto s m
mL
v
L
m
mv
F F
/ 10 9 25
25
2 2
1
5
2
2 2 2
2
= = =



Esercizio 4
Un fascio di elettroni viene indirizzato verso un cristallo caratterizzato da una distanza
interplanare d=3. In queste condizioni si ottiene un picco intenso di diffrazione per un angolo di
incidenza pari a 30. Qual lenergia del fascio di elettroni incidenti? Se si vuole ottenere un
picco di diffrazione per lo stesso valore dellangolo di incidenza, utilizzando, per, un fascio di
radiazione elettromagnetica oppure un fascio di neutroni, quale dovr essere lenergia,
rispettivamente, della radiazione elettromagnetica o dei neutroni?


Nelle condizioni di diffrazione dsin 2 =
lenergia dellelettrone sar = =
e
e
m
k
2
2 2

eV
m sin d
h
m
h
e e
7 . 16
8 2
2 2
2
2
2
=

=


Nel caso in cui si utilizzino fotoni KeV
dsin
hc hc
h
f
1 . 4
2
= = = =



Esercizio 5
Un atomo di idrogeno viene ionizzato mediante radiazione elettromagnetica. Sapendo che
l'elettrone estratto (inizialmente nello stato energetico fondamentale) possiede un'energia cinetica
residua pari a 30 eV, si determini la lunghezza d'onda della radiazione incidente.

L'energia della radiazione elettromagnetica pari alla somma dell'energia di ionizzazione
dell'atomo di idrogeno (13.6 eV) e dell'energia cinetica residua (30eV). Pertanto dovr essere:

8
43.6 2.85*10
c
h h eV m

= =
Esercizio 6
Un metallo viene illuminato tramite brevi impulsi di radiazione elettromagnetica di lunghezza
donda pari a 200 nm. Un rivelatore di elettroni posto a 1 m dal metallo rivela i primi elettroni 1 s
dopo che la radiazione ha raggiunto il metallo. Si stimi lenergia di estrazione degli elettroni dal
metallo.

Per la conservazione dellenergia, lenergia del fotone incidente deve essere eguale allenergia di
estrazione dellelettrone pi l energia cinetica dellelettrone stesso nel vuoto:
2
2
1
mv h + =

Gli elettroni pi veloci percorrono 1 m in 10
-6
s, pertanto la loro velocit sar 10
6
m/s. Quindi:
56
= =
2
2
1
mv
c
h

3.37 eV.

Esercizio 7
Gli elettroni emessi da un filamento di tungsteno riscaldato vengono accelerati per una distanza
l=0.1 m tramite un campo elettrico applicato E. Il fascio cos generato viene fatto incidere con un
angolo =20 su di una superficie cristallina caratterizzata da una distanza interplanare d=4 .
Quale dovr essere il modulo del campo elettrico E affinch si abbia diffrazione dal cristallo? Si
consideri solo la riflessione al primo ordine (n=1).

Per la legge di Bragg avremo sin 2d = , (n=1). Daltro canto lenergia cinetica degli elettroni
dovr eguagliare il lavoro compiuto dal campo elettrico eEl
m
h
=
2
2
2
. Quindi otteniamo:
m V
meld
h
E / 196
sin 8
2 2
2
=

.

Esercizio 8
In una buca di potenziale 1D a pareti infinite di larghezza 50 e temperatura idealmente uguale a
0 K, sono confinati 6 elettroni. Ad un certo istante sulla buca viene inviata radiazione
elettromagnetica policromatica (contenente tutte le lunghezze donda). Quale sar la massima
lunghezza donda che il sistema sar in grado di assorbire?

I livelli energetici allinterno della buca sono dati dalla formula
2
2
2
|
.
|

\
|
=
L
n
m
n


Essendo gli elettroni fermioni, il livello occupato pi alto sar n=3.
La massima lunghezza donda assorbita (minima energia) corrisponder alla transizione di un
elettrone dal livello n=3 al livello n=4. Quindi:


hc
mL
= = =
2
2 2
3 4
2
7
da cui segue m
h
c mL
8 . 11
7
8
2
= =

Esercizio 9
Tre elettroni, a temperatura idealmente pari allo zero assoluto, sono intrappolati in una buca di
potenziale (1D) a pareti infinite, di larghezza pari ad L=10. Investendo il sistema quantistico con
una radiazione policromatica avente energie E comprese nell'intervallo 1eV<E<4eV, si osservano
alcune righe di assorbimento. Si determini il numero delle righe, indicando esplicitamente quali
sono le transizioni elettroniche coinvolte, e la massima frequenza assorbita.

Poich gli elettroni sono fermioni, per T che tende allo zero assoluto sono disposti in modo da
occupare lo stato fondamentale e, parzialmente, il primo livello eccitato (n=2).

L'autovalore dell'energia
n
vale: cost. 10 77 . 3
2
;
2
1
2
2 2
2
2
2 2
= = =

B eV
mL
con n
mL



E' facile rendersi conto che con la radiazione policromatica a disposizione possono essere assorbite
le energie corrispondenti alle seguenti quattro transizioni:

eV B n n 13 . 1 ) 1 4 ( ; 2 1
1 2
= = = =
57
eV B n n 89 . 1 ) 4 9 ( ; 3 2
2 3
= = = =
eV B n n 02 . 3 ) 1 9 ( ; 3 1
1 3
= = = =

Ne consegue che la massima frequenza assorbita sar:
Hz
h
14 1 3
max
10 3 . 7 =

=



Esercizio 10
Un neutrone animato da velocit v=100 m/s, incide su una barriera di potenziale di altezza V
0
non
nota Si calcoli l'altezza della barriera, sapendo che la probabilit di trovare la particella
immediatamente dopo il bordo della barriera (x=a
+
) 10
2
volte superiore della probabilit di
trovarla ad una distanza d=10
-8
m (cio in x=a+d).

L'energia (solo cinetica) della particella
2
2
1
mv =

La funzione d'onda per x>a si scrive:
qx
Ce

in cui
( )


=
0
2 V m
q

Il rapporto tra le due probabilit ci dice che
( )
( )
( )
( )
( )
2 2
2 2
2 2
2
2
10 = = =
+
=
+ =
=
+

+
+
+
qd
d a q
qa
e
e C
e C
d a
a
d a x P
a x P



eV J
d m
V
5 24
2
0
10 3 . 5 10 5 . 8
10 ln
2
1

= =
|
.
|

\
|
+ =






3 TERMODINAMICA STATISTICA

3.1 Stati di un sistema termodinamico

Nel corso di Fisica 1 stata affrontata il problema della descrizione del comportamento di
sistemi complessi, quali ad esempio i gas, utilizzando un numero ridotto di grandezze fisiche
direttamente misurabili dette variabili termodinamiche di stato. Tale descrizione di sistemi
complessi (termodinamica classica) trascura completamente la struttura microscopica del sistema.
Un approccio diverso parte invece dalla descrizione microscopica del sistema ed utilizza i metodi
della statistica e del calcolo delle probabilit per arrivare a descriverne. Questo secondo approccio
costituisce la termodinamica statistica.
Il punto di partenza per la costruzione della termodinamica statistica il concetto di stato
quantico. Considereremo in questa trattazione soltanto gli stati quantici stazionari, ovverosia quelli
che sono soluzione dellequazione di Schrdinger indipendente dal tempo. I sistemi che
confideremo potranno essere costituiti da una o pi particelle. Nel caso di sistemi a pi particelle, in
generale, trascureremo linterazione tra le particelle stesse. Ogni stato quantico ha unenergia
definita, e tutti gli stati con uguale energia definiscono un livello energetico. La molteplicit o
degenerazione di un livello energetico rappresenta il numero di stati quantici diversi che hanno la
58
B=0
z
B//z
Figura 3.1-1 Stati energetici di un momento
magnetico elementare in un campo B applicato nella
direzione z

2
=+
B
B


1
=-
B
B
stessa energia: ad esempio, nel caso dellatomo di idrogeno, il livello energetico fondamentale due
volte degenere, il primo livello eccitato otto volte degenere e cos via. E necessario non fare
confusione tra stato quantico e livello energetico: nella termodinamica statistica: ci che rilevante
lo stato quantico.
A scopo di semplificazione per sviluppare i concetti fondamentali della termodinamica statistica,
considereremo come sistema termodinamico un sistema binario ideale. Un sistema binario
costituito da particelle che possono accedere soltanto a due stati diversi ( zero o uno, bianco o nero,
pari o dispari, ..). Per fissare le idee considereremo come sistema fisico binario quello composto dai
momenti magnetici elementari (spin) degli elettroni. La componente del momento magnetico lungo
una generica direzione z (
z
) negli elettroni associato al numero quantico di spin m
s
dellelettrone
(=1/2) tramite la relazione
B s z
m 2 = , dove
B
rappresenta il magnetone di Bohr (pari a
9.2710
-24
J/T). Pertanto, scelta una qualsiasi direzione orientata z, la proiezione del vettore
momento magnetico dellelettrone lungo tale direzione sar pari a
B
. I due stati del sistema
binario saranno quindi quelli in cui la proiezione del momento magnetico parallela o antiparallela
rispetto allasse orientato z. Naturalmente, nel caso in cui non vi sia alcun campo magnetico esterno
applicato, i due stati saranno degeneri (eguale energia). Se invece vi un campo applicato B diretto
lungo la direzione z, allora lenergia associata al momento magnetico sar +
B
B oppure -
B
B nel
caso il cui i versi dei vettori campo magnetico e proiezione del momento magnetico siano,
rispettivamente, discordi o concordi. In questo caso, quindi, la differenza in energia tra i due livelli
sar =2
B
B. Nel caso di un sistema termodinamico costituito da un solo momento magnetico
elementare in assenza di campo magnetico avremo due stati quantici differenti degeneri. La
presenza di un campo magnetico elimina tale degenerazione. Consideriamo ora un sistema
termodinamico binario costituito da N particelle (spin). Per fissare le idee supponiamo N=3. Il
numero totale di stati diversi pari ad otto. Gli otto stati accessibili al sistema sono indicati in
figura. In assenza di un campo magnetico applicato tutti gli stati sono degeneri e la loro energia pu
essere assunta pari a zero del sistema dipende dalla particolare configurazione e varia come indicato
in figura. In presenza di un campo magnetico B applicato nella direzione z, gli stati acquistano
unenergia pari a = -MB.
Pertanto, anche in presenza di un campo applicato, la seconda, la terza e la quarta configurazione,
cos come la quinta, la sesta e settima configurazione sono degeneri. Come si vede, nel caso
illustrato, il numero di configurazioni diverse pari a otto. Pi in generale si pu dimostrare che,
nel caso di un sistema binario costituito da N elementi, il numero di stati accessibile pari a 2
N
. Se
si considera una particolare propriet, ad esempio il momento magnetico totale associato allo stato,
alcuni stati possono essere, come abbiamo
visto, equivalenti. Questo , ad esempio il caso
degli stati due, tre e quattro, rispetto al
momento magnetico globale. Il numero di stati
equivalenti (o funzione di molteplicit) si pu
calcolare utilizzando la formula

! !
!

=
N N
N
g
dove N

e N

rappresentano il numero
di spin orientati, rispettivamente,
M=3
B

B
-
B
-
B
-3
B
-3
B

Figura 3.1-2 Configurazioni possibili di un sistema di tre momenti magnetici elementari
59
antiparallelamente o parallelamente al campo magnetico. Se definiamo un eccesso di spin, che
rappresenta lo sbilanciamento tra le popolazioni di spin su e spin gi, come

= N N s 2 , allora,
poich

+ = N N N , potremo riscrivere la funzione di molteplicit come
( )
( ) ( )! !
!
,
2 2
s s
N
s N g
N N
+
=
Man mano che le dimensioni del sistema crescono, il calcolo dei fattoriali nella formula che
esprime la funzione di molteplicit, diviene sempre pi difficile. In pratica, quando si considerano
sistemi che comprendono un numero di particelle dellordine del numero di Avogadro
(NN
A
=610
23
mol
-1
), tale formula , in pratica, inutilizzabile. E possibile per dimostrare che,
quando N molto grande ed s molto minore di N ( 1 , 1 >> << N
N
s
) la funzione di partizione pu
essere approssimata attraverso una distribuzione gaussiana:
( ) ( ) ( ) N s N g s N g
2
2 exp 0 , ,
con ( ) ( )
N
N N g 2 2 0 ,
2 1
=
La distribuzione gaussiana g(N,s) mostrata, a titolo di esempio, in figura.
Lintegrazione rispetto a s della distribuzione di Gauss, tra - e +, come facile verificare,
fornisce il valore esatto 2
N
per il numero totale di stati. La funzione di molteplicit ha il suo valore
massimo per s=0 e decresce rapidamente sia per s positivo che negativo. La g(N,s) si riduce a e
-2

del valore massimo g(N,0) per N s = ( 1 = N s in
figura). La quantit
N
1
pu essere utilizzata per
una stima ragionevole dellampiezza relativa della
distribuzione. Tale ampiezza relativa diminuisce
rapidamente al crescere delle dimensioni del sistema
(N). Ad esempio per un sistema costituito da N100
particelle essa 10
-1
, mentre per un sistema
macroscopico costituito da 10
22
particelle, essa
appena dellordine di 10
-11
.

Assunto fondamentale della termodinamica statistica
che il sistema ha la stessa probabilit di trovarsi in uno
qualsiasi degli stati accessibili al sistema stesso. Si
intendono per stati accessibili al sistema quelli
compatibili con la descrizione macroscopica delle caratteristiche fisiche del sistema stesso quali
lenergia, la magnetizzazione etc. Questa propriet rispecchia la circostanza che non vi alcun
motivo per preferire uno stato accessibile rispetto ad un altro a sua volta accessibile. Ad esempio,
nel caso del sistema di tre spin elementari considerato precedentemente, in assenza di campo
magnetico applicato, tutti gli otto stati possibili sono accessibili ed equiprobabili. Questa
circostanza implica che la configurazione in cui due spin siano rivolti verso lalto, ed uno solo verso
il basso tre volte pi probabile della configurazione in cui tutti e tre gli spin sono paralleli. In
generale, la probabilit che si verifichi una particolare configurazione, caratterizzata ad esempio da
un particolare valore di s, sar pari al rapporto tra il numero totale di stati accessibili e la funzione di
molteplicit della particolare configurazione:
( )
( ) s N g
s P
N
,
2
= .
Nel caso del sistema di tre spin si ottengono le probabilit 1/8, 3/8, 3/8, 1/8 per le quattro
configurazioni che prevedono, rispettivamente, tre spin rivolti in alto, due in alto ed uno in basso,
0
0.5
1
-3 -2 -1 1 2 3
g(N,s)
N s
Figura 3.1-3
60
due in basso ed uno in alto, tre in basso. Naturalmente sar sempre vero che la somma delle
probabilit su tutte le configurazioni possibili, caratterizzate da un particolare s, pari ad uno
( ) 1 =

s
s P
Indichiamo ora con X una qualsiasi grandezza fisica macroscopica associabile al sistema
termodinamico (energia, momento magnetico, etc.). Il suo valore dipender dalla particolare
configurazione del sistema. Pertanto, la grandezza fisica X potr assumere molti valori diversi
quante sono le configurazioni possibili non equivalenti del sistema. In generale queste
configurazioni non sono equiprobabili: alcune configurazioni sono poco probabili, altre lo sono di
pi: una singola misura su un particolare sistema trover un particolare valore di X associabile ad
una delle configurazioni possibili. In termodinamica statistica si introduce il concetto di media
statistica <X> della grandezza fisica X. Tale valore rappresenta il valore medio che si otterrebbe a
seguito della misura di X su un numero molto grande di sistemi termodinamici identici. La media
statistica si calcola come
( ) ( )
( )

= =
s
N
s
s N g
X s P s X X
2
) ,

Nellapprossimazione gaussiana la somma viene sostituita da un integrale in ds tra - e + e la
media statistica si calcola come
( ) ( ) ( )ds N s s X N X
}
+

=
2 2 1
2 exp 2

Ad esempio, nel caso, gi pi volte considerato, del sistema costituito da tre spin possiamo calcolare
il momento magnetico medio del sistema
0
8
1
3
8
3
8
3
8
1
3 = + =
B B B B
M
In generale per una distribuzione binomiale, la media statistica dello sbilanciamento tra le due
popolazioni <2s> (eccesso di spin), nellapprossimazione gaussiana, si ottiene come
( ) ( )ds N s s N s
}
+

=
2 2 1
2 exp 2 2 2
In questo caso immediato verificare che lintegrando una funzione dispari (prodotto di una
funzione pari quale la funzione di Gauss, per la funzione dispari s) e che, pertanto, il suo integrale
tra - e + pari a zero. Questo risultato equivale a dire che se si getta in aria un numero elevato di
volte una moneta, ci aspettiamo che lo sbilanciamento tra testa e croce sia molto piccolo.
Naturalmente questo non implica che se, ad esempio, lanciamo 10 volte una moneta avremo
sicuramente sempre cinque volte testa e cinque volte croce ( 0 2 = s ): il risultato effettivo del
lancio fluttuer intorno a questo valore medio. Una misura conveniente dellampiezza delle
fluttuazioni intorno al valor medio rappresentato dal valore quadratico medio dello sbilanciamento
( )
2
2s . La media statistica di <2s
2
> pu essere calcolata tramite
( ) ( ) ( ) ( )ds N s s N s
}
+

=
2 2 2 1 2
2 exp 2 2 2
Lintegrando ora una funzione pari sar diverso da zero. Svolgendo esplicitamente il calcolo si
ottiene
( ) N s =
2
2 e quindi ( ) N s =
2
2
La fluttuazione relativa di 2s, ossia il rapporto tra il valore quadratico medio di 2s e le dimensioni
del sistema termodinamico risulta quindi:
61
( )
N
N
s
1
2
2
=
Quanto pi grande il sistema, tanto pi piccola sar la fluttuazione relativa. Questo spiega perch
per sistemi termodinamici macroscopici (N molto grande) il valore misurato di una qualsiasi
grandezza fisica macroscopica coincide in pratica con la media termodinamica. Invece per sistemi
molto piccoli il valore misurato si pu discostare anche in maniera sensibile dalla sua media
termodinamica. Questa osservazione molto importante in connessione con il funzionamento di
molti moderni dispositivi di dimensioni nanometriche, costituiti quindi da un numero molto piccolo
di componenti elementari (ad esempio elettroni, spin, etc.) In questo caso le fluttuazioni
termodinamiche possono condizionare in modo sensibile il comportamento del dispositivo
rendendolo inaffidabile.

3.2 Temperatura ed entropia

Supponiamo ora di avere un sistema termodinamico costituito da quattro spin. Supponiamo che i
quattro spin siano diretti tutti parallelamente ad un campo magnetico applicato B.Lenergia del
sistema sar pari a -4
B
B. Se il sistema isolato, ovvero non pu scambiare energia con lesterno,
la configurazione non potr variare ed i quattro spin rimarranno paralleli. Consideriamo un secondo
sistema costituito anchesso da quattro spin, questa volta diretti in verso opposto a quello del
campo magnetico applicato. Lenergia complessiva del sistema sar pari a +4
B
B. Anche in
questo caso, se il sistema isolato, lenergia non pu variare ed i quattro spin sono vincolati a
rimanere antiparalleli rispeto al campo. Supponiamo di mettere in contatto energetico i due sistemi
(o, come si dice in contatto termico) tra di loro, lasciandoli per isolati rispetto allambiente esterno
come illustrato in figura.
Lenergia totale del sistema, inizialmente pari a zero, non potr
variare. Saranno invece possibili scambi di energia tra i due
sistemi. Questo implica che se uno spin del primo sistema si
capovolge, aumentando quindi lenergia di A
1
deve, allo stesso
tempo, capovolgersi anche uno spin di A
2
in modo tale che
lenergia del sistema A
1
+ A
2
rimanga immutata. In altre parole necessario che leccesso di spin 2s
del sistema complessivo non vari. Naturalmente potranno variare s
1
ed s
2
con la condizione per che
s
1
+s
2
=s rimanga immutato. In particolare, accanto alla configurazione illustrata in figura saranno
possibili molte altre configurazioni equivalenti. In particolare potremo avere le seguenti cinque
configurazioni:

In base al calcolo elementare delle probabilit, la funzione di molteplicit di ciascuna di queste
configurazioni complessive sar data dal prodotto delle funzioni di molteplicit di A
1
ed A
2
:
( ) ( ) ( )
1 2 2 1 1 1
, , , s s N g s N g s N g =
62
Se calcoliamo esplicitamente la funzione di molteplicit per le cinque configurazioni possibili
otteniamo 1, 16, 36, 16 e 1, rispettivamente. Inoltre noi sappiamo che la probabilit che si verifichi
un particolare stato proporzionale alla funzione di molteplicit
( ) ( ) s N g s P ,
Questo implica che la configurazione in cui in A
1
(s
1
=2), cos come in A
2
, due spin siano rivolti
verso lalto e due verso il basso 36 volte pi probabile di quella in cui tutti gli spin di A
1
sono
rivolti verso lalto e tutti quelli di A
2
verso il basso. In altre parole, se noi prepariamo il sistema
nella configurazione con tutti gli spin di A
1
rivolti in alto e tutti quelli di A
2
rivolti in basso, e
lasciamo evolvere il sistema consentendo scambi di energia tra A
1
ed A
2
, molto probabile che, in
istante successivo troveremo il sistema in una configurazione in cui sia in A
1
che in A
2
met degli
spin sono rivolti in alto e met in basso. E facile poi osservare che la funzione ( )
1
, s N g ha un
massimo tanto pi stretto quanto pi grande N (si verifichi questa circostanza considerando
nellesempio precedente N=6).
Trattiamo ora il problema da un punto di vista pi generale. Supponiamo di aver preparato due
sistemi A
1
ed A
2
caratterizzati dalle funzioni di molteplicit ( )
1 1
, s N g e ( )
1 2
, s s N g
con s
1
+s
2
=s. Supponiamo di mettere i due sistemi in contatto termico permettendo allenergia di
fluire da un sistema allaltro senza che varino s, N
1
ed N
2
. s
1
e, conseguentemente, s
2
varieranno. La
funzione ( ) ( ) ( )

=
1
1 2 1 1
, , ,
s
s s N g s N g s N g , rappresenta la funzione di molteplicit del sistema
composto, ovverosia il numero totale di stati diversi accessibili, caratterizzati dallo stesso valore di
s. Nella sommatoria, la quantit s
1
varia tra -N
1
e +N
1
, se N
1
<N
2
. Il prodotto
( ) ( )
1 2 1 1
, , s s N g s N g avr un massimo in corrispondenza di un certo valore di s
1
che indicheremo
con
1
s . Se il numero di particelle che costituiscono i due sistemi molto grande, questo massimo
sar molto stretto (vedi figura)


Le propriet fisiche del sistema A
1
, cos come quelle del sistema A
2
, dipendono dalla particolare
configurazione del sistema (si consideri,. ad esempio, il momento magnetico complessivo). Daltra
parte la configurazione caratterizzata da
1
s molto pi probabile di qualsiasi altra configurazione.
Non faremo quindi un grosso errore a supporre che le propriet fisiche del sistema A
1
siano
esattamente quelle che si ottengono per
1 1
s s = . In conclusione, se si mettono in contatto termico
due sistemi termodinamici essi evolveranno spontaneamente dalla configurazione iniziale a quella
pi probabile (caratterizzata dal massimo della funzione di molteplicit g e detta configurazione di
di equilibrio termico s s = ) che massimizza la funzione di molteplicit. Naturalmente possibile
che i sistemi si trovino gi nella configurazione che massimizza la funzione di molteplicit: in
questo caso non vi sar evoluzione spontanea.
Nellindicare la funzione di molteplicit di un sistema termodinamico utilizzeremo pi in generale
lespressione g(N,U), dove U indica lenergia interna del sistema che funzione di s. Ad esempio
nel caso di un sistema di N spin in un campo magnetico lenergia U sar pari a 2s
B
B. Perch vi sia
1
s
s
s
1
( ) ( )
1 2 1 1
, , s s N g s N g
63
un massimo nel prodotto ( ) ( )
1 2 2 1 1 1
, , s s N g s N g necessario che il suo differenziale, in
corrispondenza ad uno scambio infinitesimo di energia si annulli.
0
2 1
2
2
1 2
1
1
12 1
=
|
|
.
|

\
|

+
|
|
.
|

\
|

dU g
U
g
dU g
U
g
N N

In termodinamica si indica nel pedice, accanto al simbolo di derivata parziale, la grandezza fisica
che rimane costante. Naturalmente, poich gli scambi di energia avvengono esclusivamente tra i
sistemi A
1
ed A
2
, sar, necessariamente
2 1
dU dU = . Di conseguenza avremo:
2 2
2
1 1
1
1 1
12 1
g U
g
g U
g
N N
|
|
.
|

\
|

=
|
|
.
|

\
|


che potremo riscrivere nel modo seguente

( ) ( )
12 1
2
2
1
1
ln ln
N N
U
g
U
g
|
|
.
|

\
|

=
|
|
.
|

\
|


Definiamo ora lentropia termodinamica come
g ln =
La condizione di equilibrio caratterizzata da
12 1
2
2
1
1
N N
U U
|
|
.
|

\
|

=
|
|
.
|

\
|



Definiamo ora una temperatura fondamentale tramite la relazione
N
U
|
.
|

\
|

1

Questo implica che due sistemi termodinamici in contatto termico tra di loro, ma isolati
dallesterno, evolvono spontaneamente fino a raggiungere la stessa temperatura. Le relazioni che
legano la temperatura fondamentale e lentropia termodinamica alla temperatura assoluta ed
allentropia classica studiate nel corso di Fisica 1 sono, rispettivamente, T k
B
e
B
k S . La
temperatura fondamentale ha le dimensioni di unenergia mentre lentropia termodinamica
adimensionale.

3.3 Legge dellaumento dellentropia

Si abbiano due sistemi termodinamici composti da N
1
ed N
2
particelle ed aventi energia iniziale U
1i

ed U
2i
. Poniamo i due sistemi in contatto termico consentendo allenergia di fluire liberamente
dalluno altro con il vincolo che non siano possibili scambi energetici con lesterno (sotto forma di
calore o lavoro meccanico). In queste condizioni lenergia totale U=U
1
+U
2
deve rimanere costante.
Il sistema complessivo inizialmente si trover nella configurazione caratterizzata dalla funzione di
partizione ( ) ( )
i i i i
U U N g U N g
1 2 2 1 1 1
, , , e quindi da unentropia iniziale ( )
2 1
ln g g
i
= . Lasciato
libero di evolversi esso raggiunger la configurazione di equilibrio caratterizzata dalla circostanza
che ( ) ( ) ( ) ( )
i i i i f f f f
U U N g U N g U U N g U N g
1 2 2 1 1 1 1 2 2 1 1 1
, , , , , e quindi
i f
. Naturalmente
la funzione di molteplicit finale sar coincidente con quella iniziale soltanto nel caso che
accidentalmente il sistema complessivo si trovi gi nella configurazione pi probabile. Questo caso
molto poco probabile specialmente se N
1
ed N
2
sono molto grandi, in pratica la molteplicit della
configurazione finale sempre molto maggiore di quella iniziale. Queste considerazioni portano ad
enunciare la legge di aumento dellentropia.
A titolodi esempio e per spiegare meglio i concetti esposti precedentemente consideriamo due
sistemi macroscopici costituiti rispettivamente da N
1
e N
2
spin. Poich N molto grande e lo
64
sbilanciamento di spin 2s molto minore di N, potremo utilizzare lapprossimazione gaussiana per
esprimere la funzione di molteplicit ( ) ( )
|
|
.
|

\
|
=
N
s
g s N g
2
2
exp 0 , . Per il sistema complessivo
avremo quindi ( ) ( ) ( )
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=
2
2
2
1
2
1
2 2 1 1
2
exp
2
exp 0 , 0 , ,
N
s
N
s
N g N g s N g con la condizione che
2 1
s s s + = e
2 1
N N N + = . Considerando che
1 2
s s s = , la funzione di molteplicit del sistema
complesso sar data da ( ) ( ) ( )
( )
|
|
.
|

\
|

=
2
2
1
1
2
1
2 2 1 1
2 2
exp 0 , 0 , ,
N
s s
N
s
N g N g s N g .
Consideriamo ora il logaritmo naturale della funzione di molteplicit, esso rappresenta lentropia
del sistema ( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( )
2
2
1
1
2
1
2 2 1 1
2 2
0 , 0 , ln , ln
N
s s
N
s
N g N g s N g

= . La configurazione finale di
equilibrio si otterr per quel valore di s
1
che massimizza la funzione entropia. Pertanto, dovr essere
0 , 0
2
1
2
1
<

s
s

(per garantire lesistenza di un massimo). Nel nostro caso otteniamo
( )
2
1
1
1
1
4 4
N
s s
N
s
s

, dove s N N , ,
2 1
sono costanti al variare di s
1
. Inoltre
0
1 1
4
2 1
2
1
2
<
|
|
.
|

\
|
+ =

N N s

, il che assicura che si tratti effettivamente di un massimo. Il massimo


dellentropia si ottiene quindi quando
2
2
2
1
1
1
N
s
N
s s
N
s
=

= : i due sistemi sono in equilibrio rispetto a


scambi di energia, quando i rispettivi eccessi percentuali di spin sono uguali. Nel caso particolare in
cui leccesso complessivo di spin sia nullo (s=0) avremo 0
1 1
2 1
1
=
|
|
.
|

\
|
+
N N
s il che implica 0
1
= s e
quindi anche 0
2
= s . In questo caso il massimo della funzione di molteplicit sar pari a
( ) ( )
2 1
2
2
0 , 0 ,
2 1
2 2 1 1
N N
Max
N N
N g N g g
+
= =


Lentropia massima sar
( ) ( ) 2 ln ln ln 2 ln
2 1 2 1 2
1
N N N N
Max
+ + =
se N
1
ed N
2
sono molto grandi, lultimo termine nella somma di gran lunga il pi importante cos
che si potr scrivere
( ) 2 ln
2 1
N N
Max
+
Supponiamo ora che i due sistemi termodinamici consistano entrambi in un numero di spin pari a
met del numero di Avogadro. Nel primo sistema inizialmente tutti gli spin sono rivolti verso lalto,
mentre nel secondo sono tutti rivolti verso il basso. I due sistemi vengono messi in contatto termico
e lasciati liberi di evolvere. La condizione finale di equilibrio, come si visto, sar quella in cui, in
ciascuno dei due sistemi, met degli spin sono rivolti in alto e met in basso. Vogliamo ora
calcolare la variazione di entropia tra lo stato iniziale e quello finale. Lentropia finale stata
appena calcolata, sar sufficiente sostituire N
1
+N
2
con N
A
. Per calcolare lentropia dovremo,
preliminarmente calcolare la funzione di molteplicit iniziale. In questo caso, poich lo
sbilanciamento tra le due popolazioni molto alto ( N s ), per il calcolo della funzione di
molteplicit dovremo utilizzare lespressione binomiale, quindi:
( )
( )
( )
( )
1
! 1 ! 2
! 2
! 1 ! 2
! 2
2 1
= = =
A
A
A
A
i i i
N
N
N
N
g g g
65
Lentropia iniziale sar quindi 0 ln
1
= = g
i
. La variazione di entropia
2 ln
A i Max
N = =
Per ottenere la variazione dellentropia clasica sar sufficiente moltiplicare questo numero per la
costante di Boltzman:
2 ln 2 ln R N k S
A B
= =
dove R la costante dei gas perfetti.

3.4 Il fattore di Boltzman

Consideriamo ora un sistema costituito da una particella che abbia a disposizione pi stati quantici
caratterizzati da diversi valori dellenergia. Questo , ad esempio, il caso di un elettrone in una buca
di potenziale. In figura 3.4-1 sono indicati tre stati possibili con energia crescente pari a
1
,
2
ed
3
.
Se il sistema A costituito dallelettrone nella buca di potenziale pu scambiare energia con una
sorgente termica S esterna allora lelettrone avr la possibilit di trovarsi in uno qualsiasi dei livelli
indicati come pure in un livello ancora superiore. In questa sezione calcoleremo la probabilit che il
sistema si trovi proprio in uno stato di energia
s
. Se U lenergia totale del sistema costituito da
A+S e
s
lenergia del sistema S. Allora lenergia della sorgente sar pari a U-
s
. Calcoliamo ora
la funzione di molteplicit del sistema complesso A+S. La funzione di molteplicit del sistema
complesso sar pari al prodotto tra la funzione di molteplicit di A e quella di S. Se il sistema S si
trova in uno stato completamente determinato, per esempio il primo livello eccitato nel caso
dellelettrone nella buca di potenziale, allora la sua funzione di molteplicit sar pari ad 1. Quindi
1 =
+ S A S
g g . Consideriamo ora due stati accessibili al sistema complesso S+A, il primo in cui il
sistema A caratterizzato da unenergia
1
(e quindi la sorgente S da unenergia U-
1
) ed il secondo
in cui il sistema A caratterizzato da unenergia
2
(e quindi la sorgente S da unenergia U-
2
). Il
rapporto tra le probabilit che si verifichino queste due particolari configurazioni caratterizzate da
una diversa energia del sistema S, sar pari al rapporto tra le funzioni di molteplicit
( )
( )
( )
( )
( )
( )
2
1
2
1
2
1
\
1

=


=
U g
U g
U g
U g
P
P
S
S
S
S
Eq. 3.4-1

Il rapporto di probabilit tra i due stati del sistema dipende dalla configurazione del sella sorgente.
Tale rapporto di probabilit, utilizzando la definizione di entropia termodinamica,, si potr
riscrivere come:
( )
( )
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( ) ( )
2 1
2
1
2
1
exp
exp
exp


= U U
U
U
P
P
S S
S
S
ovvero:
( )
( )
( )
S
P
P

= exp
2
1

x 0
+a -a

4
x 0
+a -a

4
x 0
+a -a

4
Figura 3.44-1 Particella in una buca di potenziale. Da sinistra a destra, rispettivamente, nello stato fondamentale,
nel primo e nel secondo stato eccitato.
66
Ovviamente, lenergia interna della sorgente S sar sempre
molto maggiore di , energia del sistema S. In queste
condizioni lentropia potr essere sviluppata in serie di Taylor
nellintorno di . Ricordando che lo sviluppo in serie di Taylor
di f(x) nellintorno di x
0

( ) ( ) ....
! 2
1
0
0
2
2
2
0 0
+
|
|
.
|

\
|
+
|
.
|

\
|
+ = +
x
x
dx
f d
a
dx
df
a x f a x f
possiamo scrivere
( ) ( ) ....
! 2
1
0
0
2
2
2
0 0
+
|
|
.
|

\
|
+
|
.
|

\
|
=
U
U
dU
d
dU
d
U U


Poich lenergia del sistema enormemente pi piccola di
quella della sorgente, nello sviluppo in serie di Taylor possiamo trascurare i termini del secondo
ordine o superiore in . Il rapporto di probabilit diventa
( )
( )
( ) ( )
( ) ( )
( )
( )
|
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|

=
0
0
2 0
1 0
2
1
2
1
exp
exp
exp
exp
U
U
S
S
dU
d
U
dU
d
U
U
U
P
P


semplificando e ricotdando la definizione di temperatura possiamo infine scrivere
( )
( )
|
.
|

\
|

|
.
|

\
|

2
1
2
1
exp
exp
P
P
Eq. 3.4-2
Questa espressione rappresenta forse il risulatato pi importante di tutta la termodinamica statistica.
Il termine ( )

exp viene detto fattore di Boltzman. Esso proporzionale alla probabilit che uno
stato termodinamico di energia sia occupato quando la temperatura pari a . La probabilit di
occupazione di un particolare stato termodinamico caratterizzato da unenergia
i
quindi
( ) ( )
|
.
|

\
|

|
.
|

\
|


i
s
i s
P P
exp
exp
Eq. 3.4-3
sommando su tutti gli stati s accessibili al sistema otteniamo

( ) ( )
|
.
|

\
|

|
.
|

\
|

= =


i
s
s
i
s
s
P P
exp
exp
1
da cui segue
( )
Z
P
i
i
|
.
|

\
|

exp
Eq. 3.4-4
avendo definito Z (funzione di partizione) come la somma su tutti gli stati accessibili del fattore di
Boltzmann
U-
s

s
Figura 3.4-2 Rappresentazione
schematica dei sistemi A ed S
A S
67

|
.
|

\
|
=
s
i
Z

exp Eq. 3.4-5


E facile verificare che la somma della probabilit su tutti gli stati accessibilli al sistema pari ad
uno
( ) 1
exp
= =
|
.
|

\
|

Z
Z
Z
P
i
i
i
i


A questo punto sar possibile calcolare il valore medio ad una temperatura di qualsiasi grandezza
fisica X che dipenda dalla configurazione del sistema utilizzando la seguente formula

( )


|
.
|

\
|

= =
i
i
i
i
i i
Z
X
P X X

exp
Eq. 3.4-6

Nel caso in cui X rappresenti proprio lenergia media del sistema, tale formula si riscrive nel modo
seguente
( )


|
.
|

\
|

= =
i
i
i
i
i i
Z
P U U


exp
Eq. 3.4-7
Un modo diverso di esprimere lenergia media del sistema il seguente

=
Z
U
ln
2
Eq. 3.4-8
Infatti
Z Z Z
Z
Z
Z
U
i
i
i
i
i
i
i
i

|
.
|

\
|

= |
.
|

\
|
=

|
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|

=

exp
exp
1
exp
ln
2
2 2 2
2


Consideriamo ora il caso particolare rappresentato da un elettrone in un campo magnetico applicato
B (Fig. 3.4-3). Come abbiamo visto sono possibili soltanto due stati per questo sistema, uno con
spin parallelo al campo e verso concorde, laltro con verso discorde. Lenergia di questi due stati
sar quindi
1
=+
B
B e
2
=-
B
B, rispettivamente (avendo assunto zero lenergia dellelettrone in
mancanza di campo magnetico applicato). Naturalmente, se la temperatura molto bassa,
(idealmente zero K) lelettrone occuper esclusivamente il livello pi basso. Ad una temperatura
finita T la probabilit di occupazione dei due livelli sar data dal rispettivo fattore di Boltzmann.
Vogliamo ora calcolare lenergia media di questo sistema a temperatura T

( ) ( )
2 2 1 1
P P + =

La funzione di partizione del sistema sar pari a
B=0
z
B//z

1
=+
B
B


1
=-
B
B
Figura 3.4-3 Livelli energetici di un elettrone in un campo
magnetico applicato.
68

B B
e e Z

+ =
e quindi lenergia media
|
.
|

\
|
=
+

=
+

B
tgh B
e e
e e
B U
B B
B B

E possibile calcolare il momento magnetico medio di questo sistema in funzione della temperatura
. Infatti noi sappiamo che lenergia di un momento M in un campo magnetico B pari a
B M U = , ovvero, poich rapprenda la media del momento lungo la direzione di B
|
.
|

\
|
= =


B
tgh B U
B
B



3.5 Energia libera di Helmotz

Si definisce lenergia libera di Helmotz nel modo seguente:
= U F Eq. 3.5-1


per trasformazioni a volume e temperatura costante si dimostra che F ha un massimo quando il
-1
-0.8
-0.6
-0.4
-0.2
0
1 2 3 4 5

/
U/
B
B
Figura 3.5-5 Variazione con la temperatura dellenergia
media, in unit di
B
B, del sistema rappresentato in Fig.3.4-3
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1 2 3 4 5
x


/
<>/
B
Fig. 3.4-4 Variazione con la temperatura del momento magnetico medio, in
unit di
B
del sistema rappresentato in Fig. 3.4-3
69
sistema termodinamico raggiunge lequilibrio. Ovverosia, ogni trasformazione spontanea
irreversibile dar luogo ad un aumento dellenergia libera di Helmotz, mentre nel caso di una
trasformazione ideale reversibile, lenergia di Helmotz rimarr costante. In formula:

0 dF Eq. 3.5-2

Dove il segno < vale per trasformazioni spontanee, mentre il segno = vale per trasformazioni ideali
reversibili. Dimostriamo ora tale propriet
Infatti, differenziando lequazione 3.5-1 otteniamo
d d dU dF =
lultimo termine a temperatura costante nullo, pertanto
d dU dF = Eq. 3.5-3
Inoltre dalla disequazione di Clausius (vedi corso di Fisica 1), sappiamo che

Q
d
Dove il segno > vale nel caso di una trasformazione irreversibile mentre il segno uguale valido per
una trasformazione ideale reversibile. Pertanto, sostituendo nella Eq. 3.5-3 otteniamo
L Q dU dF =
Se il sistema non compie e non subisce lavoro meccanico dallesterno (ipotesi del volume costante
nel caso dei gas) allora L=0. In questo caso 0 dF , il che corrisponde ad affermare che la
funzione di Helmotz ha un minimo rispetto a tutte le trasformazioni a volume e temperatura
costante. Il ruolo dellenergia libera di Helmotz nelle trasformazioni a temperatura e volume
costante uguale a quello svolto dallenergia U nei processi puramente meccanici (supposti sempre
isoentropici, non essendo permessi cambiamenti della configurazione interna).
Per una trasformazione qualsiasi (non a temperatura e volume costanti) abbiamo:
d d dU dF =
e, per il primo principio della termodinamica
pdV d dF = Eq. 3.5-4
Supponiamo ora di esprimere lenergia libera di Helmotz in funzione delle variabili
termodinamiche V e . Abbiamo quindi:
( ) dV
V
F
d
F
V dF
V

|
.
|

\
|

+ |
.
|

\
|

= , Eq. 3.5-5
Confrontando le Eq. 3.5-4 e 3.5-5, seguono le due identit termodinamiche
p
V
F F
V
= |
.
|

\
|

= |
.
|

\
|

;
Sostituendo la prima delle due nella definizione dellenergia libera di Helmotz (Eq. 2.5-1)
otteniamo lequazione differenziale
V
F
U F |
.
|

\
|

+ =

ovvero
( )
U
F
= |
.
|

\
|

2

e considerando la relazione 3.4-8 si ottiene

( )

= |
.
|

\
|

Z F ln
2 2

da cui segue, infine
Z F ln = Eq. 3.5-6
Pertanto, conoscendo la funzione di partizione Z di un sistema termodinamico sar possibile
calcolare sia lenergia media del sistema U che la sua energia libera di Helmotz. Ad esempio, caso
di un gas perfetto schematizzabile come N atomi in una scatola, si ottiene (per il calcolo esplicito
vedi Termodinamica Statistica di Kittel e Kroemer edito da Boringhieri)
70
N
V
M
N
Z
(
(

|
.
|

\
|
=
2
3
2
2 !
1

Eq. 3.5-7

dove M rappresenta la massa dellatomo e V il volume della scatola.
Calcoliamo lenergia interna utilizzando lespressione

=
Z
U
ln
2
Eq. 3.5-8
Dallequazione 3.5-7 si ottiene
( ) ( ) V N
M
N N
N
Z ln
2
ln ln
!
1
ln ln
2 2
3
2
3
+ |
.
|

\
|
+ + |
.
|

\
|
=


dove solo il secondo termine a destra dellequazione dipende dalla temperatura.
Sostituendo tale espressione nellequazione 3.5-8 otteniamo

N N U
2
3
2
3
2
1
= =

Se il numero di atomi che costituiscono il sistema pari al numero di Avogadro, otteniamo in
termini di temperatura classica
RT T k N U
B A 2
3
2
3
= =
R costante dei gas perfetti.
Il calore molare a volume costante, per un gas costituito da molecole monoatomiche, sar
R
dT
dU
C
V
V 2
3
= |
.
|

\
|
=

3.6 Funzione di distribuzione di Planck

Consideriamo ora un oscillatore armonico quantistico. Il problema stato discusso nella prima parte
del corso dove si era visto che gli autovalori dellenergia sono dati dallespressione
( ) s
S
+ =
2
1

dove rappresenta la pulsazione delloscillatore
|
|
.
|

\
|
=
M
K

.
Naturalmente a temperatura idealmente zero, loscillatore occupa il livello di energia minima s=0.
Ci poniamo ora il problema di calcolare quale sia il livello medio occupato (media statistica di s)
per un valore generico della temperatura. Avremo, trascurando lenergia di punto zero
2
1
,
.
( )
( )
Z
s s
s sP s
s
s

= =
0
0
exp
Eq. 3.6-1

Cominciamo a calcolare la funzione di partizione
( )

=
=
0
exp
s
s Z
se poniamo ( ) = exp x , sar sempre x<1. Quindi la funzione di partizione si potr riscrivere
( )

=

=

= =
0
exp 1
1
1
1
s
s
x
x Z

Eq. 3.6-2


71
Inoltre, avendo posto = y potremo scrivere
( ) ( ) ( )
( )
( )
( ) ( )
2
0 0 0
exp 1
exp
exp 1
1
exp exp exp
y
y
y dy
d
sy
dy
d
sy s s s
s s s

=

= = =


=

=

Eq. 3.6-3
In definitiva, utilizzando le 3.6-2 e 3.6-3 otteniamo
( )
( ) ( ) 1 exp
1
exp 1
exp

=
y y
y
s
ossia
( ) 1 exp
1

=

s Eq. 3.6-4

Questa funzione detta distribuzione di Planck. Essa consente di calcolare ad una temperatura
qual il livello medio di occupazione delloscillatore armonico quantistico. Lenergia media U
delloscillatore sar data dallespressione

( ) 1 exp
= =

s U Eq. 3.6-5

Applicazione: si calcoli il calore specifico (a volume costante) di un solido costituito da N
oscillatori armonici elementari.

Vogliamo anche osservare come la funzione di Planck sia anche adatta a descrivere la distribuzione
allequilibrio termico di fotoni in una cavit. In una cavit i fotoni possono essere assorbiti 0 emessi
dalle pareti tenute alla temperatura T (il numero di fotoni non si conserva). Il problema calcolare,
per una certa temperatura T della cavit, quale sia il numero medio s di fotoni con energia . In
termini classici si potr affermare che lenergia media del modo di frequenza pari a s . Il
problema del calcolo del numero medio di fotoni allinterno della cavit a temperatura T con
energia si risolve osservando che lo spettro di energia per questo problema identico a quello
delloscillatore armonico quantistico (senza energia di punto zero). Pertanto la funzione di Planck
sar in grado di fornire la risposta anche nel caso dei fotoni.

3.7 Potenziale chimico e distribuzione di Gibbs

Precedentemente abbiamo considerato le propriet di due sistemi termodinamici in contatto
energetico tra di loro giungendo alla definizione di temperatura: lenergia fluisce dal corpo a
temperatura pi alta a quello pi freddo finch la temperatura dei due sistemi non sia la stessa
(equilibrio termico). In questo capitolo considereremo il caso in cui i due sistemi siano anche in
grado di scambiare particelle (sistemi in contatto termico e diffusivo). Dal punto di vista del
contatto diffusivo i due sistemi saranno in equilibrio quando il flusso netto di particelle sar nullo.

72
Nel caso in considerazione il numero totale di particelle N fisso, per possono individualmente
variare N
1
ed N
2
numero di particelle nel primo e nel secondo sistema, rispettivamente. Inoltre sar
sempre verificata la condizione dN
1
= -dN
2
. La temperatura dei due sistemi sar la stessa ed il
volume costante. Se consideriamo il sistema globale 1+2 esso subir trasformazioni a volume,
temperatura e numero di particelle costanti. In queste condizioni la funzione di Helmotz F
appropriata per descrivere il sistema 1+2, con ( )
2 1 2 1 2 1
+ + = + = U U F F F
Allequilibrio avremo un minimo di F rispetto a variazioni dN
1
= -dN
2
= dN
0
2
,
2
2
1
,
1
1
=
|
|
.
|

\
|

+
|
|
.
|

\
|

= dN
N
F
dN
N
F
dF
V V

ovvero
V V
N
F
N
F
,
2
2
,
1
1

|
|
.
|

\
|

=
|
|
.
|

\
|


Si definisce il potenziale chimico come
( )
V
N
F
N V
,
, ,

|
.
|

\
|

= Eq. 3.7-1

Allequilibrio sar
( ) 0
2 1 2 2 1 1
= = + = dN dN dN dF
quindi, allequilibrio
2 1
=
In condizioni di non equilibrio sar
( ) 0
2 1
< = dN dF
Nel caso sia
1
>
2
, dN dovr essere negativo: il sistema a potenziale chimico pi alto perde
particelle a vantaggio di quello a potenziale chimico pi basso finch non sar raggiunto
lequilibrio.

3.8 Potenziale chimico del gas perfetto

U
Sorgente termica a temperatura
N
1
N
2
dN dN
Fig. 3.7-1 Rappresentazione schematica di due sistemi in contatto termico e diffusivo alla
stessa temperatura
73
A rigore, nel caso di un gas perfetto la popolazione N di molecole pu variare soltanto di numeri
interi. Pertanto appropriato definire il potenziale chimico come segue
( ) ( )
1
1
=
N F N F
Eq. 3.8-1

usando la formula Z F ln = con
( )
(
(

|
.
|

\
|
+ = V
M
N N Z
2
3
2
2
ln ! ln ln

, avendo posto
2
3
2
2
|
.
|

\
|
=

M
n
Q
, dimensionalmente linverso di
un volume e quindi una concentrazione otteniamo:


( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) [ ] ( ) ( ) [ ]
(
(

|
|
.
|

\
|
= = + =
V n
N
V n N V n N V n N N N
Q
Q Q Q
ln ln ln ln 1 ln ! 1 ln ! ln

In definitiva considerando che N/V rappresenta la concentrazione di particelle n, possiamo scrivere
( )
Q
n n ln = Eq. 3.8-2
oppure, considerando che in base alla legge dei gas perfetti N pV =
( )
Q
n p ln = Eq. 3.8-3
La quantit n
Q
prende il nome di concentrazione quantistica. Diamo ora un argomento qualitativo
per mostrare che:
a) un gas perfetto in condizioni di bassa concentrazione (n<<n
Q
) si comporta come un gas di
particelle classiche;
b) un gas perfetto in condizioni di alta concentrazione (n>>n
Q
) si comporta come un gas di
particelle quantistiche.
Infatti ragionevole che i fenomeni di interferenza quantistica, legati alla natura ondulatoria delle
particelle, si manifestino prevalentemente in condizioni di alta concentrazione quando la probabilit
di sovrapposizione spaziale delle funzioni donda di particelle diverse non trascurabile. Questa
condizione si verifica se un gran numero di particelle occupa contemporaneamente un volume pari a

3
, dove rappresenta la lunghezza donda di De Broglie della particella. Tale lunghezza donda si
pu stimare a partire dallenergia termica della particella

2
1
2 2
2
3
2 2
3
|
.
|

\
|
= = =
h
M
M
h


E possibile quindi definire una concentrazione critica pari a
2
3
2
3
3
1
|
|
.
|

\
|
= =
M
h
n


Tale concentrazione coincide a meno di fattori numerici trascurabili con la concentrazione
quantistica. E chiaro quindi che se la concentrazione di particelle molto minore di n
Q
gli effetti di
interferenza saranno trascurabili ed il gas potr essere considerato un gas di particelle classiche.
Daltra parte, se la concentrazione maggiore di n
Q
, gli effetti di interferenza quantistica non
potranno essere pi trascurati.

In molti casi possibile che sulle particelle agisca anche una forza esterna che ne modifica
lenergia potenziale. Questo, ad esempio, il caso delle particelle dotate di massa soggette alla
forza peso. In questo caso se le particelle si trovano ad una quota che differisce di h, la loro energia
potenziale differir di mgh. Una situazione analoga si verifica nel caso di particelle cariche in un
campo elettrico. In questo caso la differenza di energia potenziale qV dove q rappresenta la
74
carica della particella e V la differenza di potenziale elettrico. Ogni volta che si consideri
lequilibrio in sistemi soggetti anche a forze esterne bisogner tener conto anche del potenziale
esterno. Le condizioni di equilibrio si avranno quando saranno eguali i potenziali chimici totali
definiti come
ext tot
+ =
int

dove il potenziale chimico interno quello considerato precedentemente mentre quello esterno
dovuto alle forze esterne.

3.9 Somma di Gibbs

Si pu dimostrare con un procedimento semplice ma alquanto noioso, che omettiamo, la seguente
identit termodinamica
V U
N
,
|
.
|

\
|

=

Eq. 3.9-1

Il fattore di Boltzmann ricavato precedentemente permette di calcolare la probabilit che un sistema
termodinamico, in contatto termico ma non diffusivo (numero di particelle costante) con una
sorgente, occupi uno stato di energia
s
. Consideriamo ora lo stesso problema nel caso in cui il
sistema possa scambiare sia energia che particelle con una sorgente: sistema in contatto termico e
diffusivo con la sorgente. Naturalmente si potranno supporre le dimensioni della sorgente molto
maggiori di quelle del sistema.



Se N
0
ed U
0
rappresentano rispettivamente il numero totale di particelle e lenergia totale nel
sistema e nella riserva, allora ovvio che se il sistema ha energia pari ad
s
ed occupato da N
s

particelle, allora la riserva avr energia U
0
-
s
e particelle N
0
-N
s
. Possiamo supporre che il sistema
sia in uno stato completamente determinato, ad esempio, nel caso di una buca di potenziale
supponiamo di sapere che una particella si trova in un livello di energia . Come al solito la
probabilit che si verifichi una particolare configurazione del sistema complesso sorgente pi
sistema sar proporzionale al prodotto delle funzioni di molteplicit
( ) ( ) 1 , ,
0 0
= U N N g N P
R

essendo lo stato del sistema completamente determinato la sua funzione di molteplicit pari a uno.
Il rapporto tra le probabilit di trovare il sistema termodinamico in uno stato caratterizzato da
unenergia
1
e da N
1
particelle oppure in uno stato caratterizzato da unenergia
2
e da N
2
particelle
sar
( )
( )
( )
( )
2 0 2 0
1 0 1 0
2 2
1 1
,
,
,
,



=
U N N g
U N N g
N P
N P
S
S

Utilizzando la definizione di entropia
Riserva

Particelle: N
0
-N
1

Energia: U
0
-
1 N
1

1

Sistema
Stato 1
Riserva

Particelle: N
0
-N
2

Energia: U
0
-
2 N
2

2

Sistema
Stato 2
Fig. 3.9-1 Rappresentazione schematica di un sistema termodinamico in contatto termico e
diffusivo con una sorgente
75
( ) ( ) ( ) =
0 0
, ln , U N N g N
S
Eq. 3.9-2
si ottiene
( )
( )
( ) [ ]
( ) [ ]
2 0 2 0
1 0 1 0
2 2
1 1
, exp
, exp
,
,



=
U N N
U N N
N P
N P

poich la riserva molto pi grande del sistema, e quindi N
0
>>N ed U
0
>> , si pu considerare lo
sviluppo in serie di Taylor della funzione entropia dellEq. 3.9-2 troncandola al primo ordine in N
ed .
( ) ( ) ...... , ,
0 0
0 0
0 0 0 0
+
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

=
N U
U N
N U N U N N

in questo modo si ottiene


( )
( )
( )
( )
(
(

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

(
(

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

=
(
(

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

(
(

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

=
0 0
0 0
0 0
0 0
0
2
0
2
0
1
0
1
0
2
0
2 0 0
0
1
0
1 0 0
2 2
1 1
exp
exp
, exp
, exp
,
,
N U
N U
N U
N U
U N
N
U N
N
U N
N U N
U N
N U N
N P
N P


Utilizzando le identit termodinamiche
U
N
|
.
|

\
|

=

e
N
U
|
.
|

\
|

1
.otteniamo, infine
( )
( )
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|
=

2 2
1 1
2 2
1 1
exp
exp
,
,
N
N
N P
N P
Eq. 3.9-3

Il termine
|
.
|

\
|

N
exp rappresenta il fattore di Gibbs. Tale fattore dunque proporzionale alla
probabilit che il sistema sia costituito da N particelle ed abbia unenergia .


Definiamo ora la somma di Gibbs come la somma dei fattori di Gibbs su tutti gli stati e su tutte le
particelle



|
.
|

\
|
= |
.
|

\
|
=

= ASN
s
N s
s
N N


exp exp
0
Eq. 3.9-4
dove

ASN
indica la somma su tutti gli stati e numeri. La probabilit di trovare il sistema in uno stato
caratterizzato da N particelle e da unenergia totale sar dunque
( )

|
.
|

\
|
=
N
N P
exp
, Eq. 3.9-5

Infatti
76
( )
( )
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|
=

1 1 1 1
exp
exp
,
,
N
N
N P
N P
s
quindi

( ) ( ) ( ) ( )



|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
|
.
|

\
|
=

1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
exp
,
exp
, 1
exp
exp
, ,
N
N P
N
N P
N
N
N P N P
ASN
s
ASN
s

In analogia con quel che avviene con il fattore di Boltzmann, il fattore di Gibbs pu essere utilizzato
per calcolare il valore medio di una qualsiasi grandezza X che dipenda da N ed
s
secondo la
formula

( ) ( )
( ) ( )


= =
ASN
s s
ASN
s s
N N X
N P N X X
exp ,
, , Eq. 3.9-6

Un problema di particolare interesse quello di calcolare il numero di particelle medio in un
sistema in contatto termico e diffusivo con un sorgente
( ) ( )


=
ASN
s
N N
N
exp
Eq. 3.9-7
Altre espressioni di N , in alcuni casi di maggiore utilit pratica, si possono dedurre a partire dalla
definizione di .
( ) [ ]

ASM
N N

exp
1

quindi

=
ln
N Eq. 3.9-8

Applicazione: impurezza in un semiconduttore

Gli atomi di parecchi elementi chimici, se sono presenti in piccola percentuale nella struttura
cristallografica di un semiconduttore (impurezze), possono facilmente ionizzarsi cedendo un
elettrone alla banda di conduzione (ad esempio fosforo in un cristallo di silicio). Le impurezze
costituiscono dei sistemi termodinamici molto piccoli in equilibrio termico e diffusivo con il
serbatoio costituito dal resto del semiconduttore: essi scambiano con il semiconduttore sia energia
che elettroni.Chiamiamo E
i
lenergia di ionizzazione dellimpurezza, ovvero lenergia necessaria
perch lelettrone abbandoni limpurezza. Supponiamo inoltre che limpurezza possa legare un solo
elettrone. Gli stati possibili per il sistema impurezza saranno tre: impurezza ionizzata, impurezza
con un elettrone con spin up (m
s
= +1/2) , impurezza con un elettrone con spin down (m
s
= -1/2).
La situazione schematizzata in Fig.3.9-2.
77

Se il potenziale chimico del semiconduttore, la somma di Gibbs potr essere calcolata come
( ) [ ] / exp 2 1
i
E + + =
La probabilit che limpurezza sia ionizzata pari a
( )
( ) [ ] / exp 2 1
1 1
0 , 0
i
E
N U P
+ +
= = = =
La probabilit che sia neutro sar
( ) ( )
( ) [ ]
( ) [ ]

/ exp 2 1
/ exp 2
0 , 0 1 1 ,
i
i
i
E
E
P N E U P
+ +
+
= = = =


3.10 Distribuzioni di Fermi-Dirac e Bose-Eistein

Consideriamo come caso particolare un sistema costituito da un singolo orbitale che pu essere
occupato al pi da una particella fermionica. La situazione pu essere schematizzata come in figura
3.10-1.
Il nostro sistema costituito da un orbitale in contatto termico e diffusivo con un sistema molto pi
grande. Lorbitale pu essere vuoto o occupato da una singola particella (fermione). Nel primo caso
avremo N
1
=0 e
1
=0, nel secondo N
1
=1 e
1
=. Possiamo quindi scrivere:
|
.
|

\
|
+ =


exp 1
da cui segue
1 exp
1
exp 1
exp exp
+
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
+
|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
=


N
Il numero medio di occupazione definisce la funzione di Fermi-Dirac
Impurezza ionizzata
U=0
N=0
Impurezza occupata da
un elettrone con spin
up
U=-E
i

N=1

Impurezza occupata da un
elettrone con spin down U=-E
i

N=1
Fig. 3.9-2 Rappresentazione schematica di una impurezza in un semiconduttore
Riserva

Particelle: N
0

Energia: U
0 N
1
=0

1
=0
Sistema
Stato 1
Riserva

Particelle: N
0
-1


Energia: U
0
-

N2=1
2=

Sistema
Stato 2
Figura 3.10-1 Rappresentazione schematica di un sistema in contatto termico e diffusivo
con una sorgente. Le particelle sono fermioni.
78
( )
1 exp
1
,
+
|
.
|

\
|
=


N f
FD
Eq. 3.10-1
Dallanalisi della funzione di Fermi-Dirac si vede che il numero di occupazione per dei fermioni
sempre compreso tra zero ed uno. In particolare, quando lenergia uguale al potenziale chimico
, la probabilit di occupazione sempre pari ad un mezzo. Il potenziale chimico dipende dalla
temperatura e tende a diminuire a temperature molto alte. Il potenziale chimico a temperatura zero
prende il nome di energia di Fermi
( )
F
= 0 Eq. 3.10-2

Consideriamo ora il caso in cui ad occupare lorbitale siano bosoni, cio particelle che non
obbediscono al principio di esclusione di Pauli. Questo il caso, ad esempio, di una buca di
potenziale a pareti infinite occupata da un numero complessivo di particelle bosoniche N
tot
. Un
particolare livello energetico potr contenere zero oppure un numero N di particelle con lunica
condizione che N sia minore od uguale a N
tot
. In generale la situazione potr essere rappresentata
come in figura 3.10-3.
In questo caso la funzione di partizione di Gibbs si potr scrivere
( )

=
(


= |
.
|

\
|
=
N N
N
ASN
i
x
N N


exp exp
avendo definito
|
.
|

\
|
=


exp x con x<1
In queste condizioni la serie geometrica ha come somma (in realt la somma andrebbe estesa solo
fino ad N
0
, ma N
0
un numero molto grande)
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
-4 -2 0 2 4

Figura 3.10-2 Funzione di Fermi-Dirac per diversi valori crescenti della
temperatura

-
f
FD

3
Riserva

Particelle: N
0

Energia: U
0 N
1
=0

1
=0
Sistema
Stato 1
Riserva

Particelle: N
0
-N


Energia: U
0
-N
s
N2=N
2=N
s
Sistema
Stato 2
Figura 3.10-3 Rappresentazione schematica di un sistema in contatto termico e diffusivo
con una sorgente. Le particelle in questo caso sono bosoni e non obbediscono al principio
di esclusione di Pauli.
79
|
.
|

\
|

=

exp 1
1
1
1
x

Se definiamo la funzione di distribuzione di Bose-Einsten come il numero medio di occupazione di
un certo livello di energia quando la temperatura pari a , otteniamo:
( )

=
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|

=
|
|
|
.
|

\
|

|
|
.
|

\
|
=

=
e
e
e
e
e
e
e N f
BE
1
1
1
1
1
1
1 ,
2

dove abbiamo utilizzato lequazione 3.9-8. Otteniamo quindi
( )
1
1
,



e
f
BE
Eq. 3.10-4

In pratica, lunica differenza formale con la funzione di distribuzione di Fermi-Dirac rappresentata
soltanto dal segno meno a denominatore. Questa piccola differenza ha conseguenze enormi sul
comportamento del sistema di bosoni rispetto ai fermioni. Nel caso di bosoni il numero di
occupazione pu essere molto grande, il potenziale chimico deve essere negativo o nullo per evitare
numeri di occupazione negativi.
0
1
2
3
4
5
1 2 3 4 5

Figura 3.10-4 Funzione di Bose-Einstein per diversi valori crescenti della temperatura


Nel caso in cui lenergia dello stato sia molto maggiore del potenziale chimico, e quindi il numero
di occupazione molto minore di 1, le due distribuzioni tendono alla stessa espressione

e f f
BE FD

Tale espressione rappresenta il limite classico delle distribuzioni quantistiche di Fermi-Dirac e
Bose-Einstein. Si pu facilmente osservare che, in base allequazione 3.8-2, se la concentrazione di
particelle molto minore della concentrazione quantistica, allora il potenziale chimico negativo
ed, in modulo, molto maggiore di . In queste circostanze lapprossimazione classica delle
distribuzioni quantistiche certamente giustificata.

3.11 Esercizi

Esercizio 1
Due recipienti adiabatici identici, collegati da un rubinetto, contengono una mole di gas perfetto.
Inizialmente il rubinetto chiuso ed il gas confinato nel primo recipiente mentre il secondo
-
f
BE

3
80
vuoto. Ad un certo istante il rubinetto viene aperto ed il gas si espande nel secondo recipiente. Si
calcoli la funzione di molteplicit g del gas sia nello stato iniziale che in quello finale. Si stimi
infine la variazione di entropia conseguente alla trasformazione.

Nella situazione iniziale, poich tutte le molecole si trovano nel primo contenitore, abbiamo
1
! 0 !
!
= =
A
A
i
N
N
g
Nella situazione finale, al termine dellespansione, le molecole di gas saranno distribuite con eguale
probabilit tra il primo ed il secondo contenitore. Quindi
( ) )! 2 / ( ! 2 /
!
A A
A
f
N N
N
g = . Poich N
A
un
numero molto grande, potremo utilizzare lapprossimazione gaussiana. Quindi
N
A
f
N
g 2
2
2 / 1
|
|
.
|

\
|

.
Avremo quindi: 2 ln ln
2
1 2
ln ln ln
A A i f i f
N N g g + = = =

. I primi due termini sono


trascurabili rispetto al terzo, quindi
1
76 . 5 2 ln 2 ln

= = = = JK R N k k S
A B B


Esercizio 2
Un sistema costituito da 10
22
elettroni non interagenti si trova a temperatura 100 K in un campo
magnetico applicato pari ad 1T. Ad un certo stante il campo viene spento ed il sistema evolve verso
un nuovo stato dequilibrio. Si calcoli la variazione di entropia tra lo stato iniziale
(immediatamente dopo che stato spento il campo) e lo stato finale di equilibrio.


Esercizio 3
Un sistema termodinamico costituito da tre atomi identici aventi numero quantico azimutale l=1.
In conseguenza il numero quantico magnetico pu assumere i valori m
l
= +1,0,-1. Questa
circostanza implica che il momento magnetico orbitale, rispetto ad una direzione z, pu assumere
esclusivamente i valori +
B
, 0, -
B
.
1. Si calcoli la funzione di molteplicit g del sistema al variare del suo momento magnetico
complessivo .
2. Si ipotizzi che un campo B sia applicato nella direzione z e che, successivamente, questo
campo venga spento lasciando i momenti magnetici liberi di riarrangiarsi fino a
raggiungere lo stato pi probabile. Si calcoli la variazione di entropia tra lo stato
iniziale e quello finale.













Dalla tabella si vede che g(+3)=1, g(+2)=3, g(+1)=6, g(0)=7, g(-1)=6, g(-2)=3, g(-3)=1. Lo stato pi
probabile quello caratterizzato da un momento magnetico nullo.
1 1+ 2 1+2+ 3
1 1+2 1+2+ 3
1 1+2 1+2+ 3
+3 +2 +1
+2 +2 +1 +1 0 0
+1 0 -1

+2 +1 0
+1 +1 +1 0 0 0 -1 -1 -1
0 -1 -2

+1 0 -1
0 0 -1 -1 -2 -2
-1 -2 -3
81
La variazione di entropia sar
=ln(g
f
)-ln(g
i
)=1.95


Esercizio 4
Studiando lo spettro di emissione di un gas riscaldato di atomi di idrogeno, si osserva che il
rapporto di intensit tra la linea spettrale a 653 nm (transizione da n=3 ad n=2) e la linea
spettrale a 486 nm (transizione da n=4 a n=2) pari a 20. Si stimi la temperatura del gas.

Le linee spettrali di emissione sono dovute al decadimento degli elettroni, rispettivamente, dal terzo
e dal secondo stato eccitato al primo stato eccitato. Un rapporto di intensit tra le linee di emissione
pari a 20 implica che il secondo livello eccitato sia popolato il doppio rispetto al primo.
Utilizzando il fattore di Boltzmann
( )
( )
|
|
.
|

\
|
= =
T K P
P
B
1 3
3
2
exp 2

da cui
( ) ( ) ( )
K
K
R
K
R
K
T
B B B
725
20 ln 36
5
9
1
4
1
20 ln 20 ln
2 3
= |
.
|

\
|
=

=




Esercizio 5
Un elettrone si trova in una buca di potenziale 1D a pareti infinite di larghezza 5 nm. Sapendo che
il rapporto tra le probabilit che lelettrone si trovi al primo stato eccitato o nello stato
fondamentale 10
-4
, si calcoli la temperatura T


Esercizio 6
Un gas ideale di molecole di idrogeno (H
2
) alla temperatura di 300 K, contenuto in un recipiente
cilindrico. Il recipiente in rotazione intorno al proprio asse con velocit angolare =1000 rad/s.
Supposta n(0) la concentrazione delle molecole a distanza 0 dallasse di rotazione, a quale distanza
r dallasse di rotazione la concentrazione n(r) sar uguale a 2n(0)?
Si ricordi che la forza centrifuga pari a m
2
r.


L'energia potenziale del campo della forza centrifuga
2
2 2
r M

Per cui il potenziale chimico totale : =
|
|
.
|

\
|
=
2
) (
ln
2 2
r M
n
r n
a

costante
La costante si pu ricavare dal valore per r=0:
|
|
.
|

\
|
=
|
|
.
|

\
|
a a
n
n r M
n
r n ) 0 (
ln
2
) (
ln
2 2


Da cui si ricava
) 2 ln(
2
2
exp ) 0 ( ) (
2
2
2 2

M
r
r M
n r n =
|
|
.
|

\
|
=
e quindi finalmente: cm
M
T K
r
B 2
2
10 3 . 1 ) 2 ln(
2
=



82
N.B. la massa della molecola di H
2


circa uguale alla massa di 2 protoni.

Esercizio 7
Un tubo sottile chiuso su se stesso sagomato a formare un quadrato di lato 2 m. Il tubo ha una
capacit di 1 litro e contiene 0.1 moli di gas perfetto. Il tubo viene posto in rotazione intorno ad un
asse perpendicolare al piano definito dal quadrato e passante per il centro geometrico del
quadrato stesso con velocit angolare pari a 100 rad/s. Si calcoli il rapporto tra la pressione
massima e quella minima allinterno del tubo.

Esercizio 8
In una buca di potenziale 1D a pareti infinite di larghezza 1000 e temperatura idealmente uguale
a 0 K, vengono confinati in successione 2000 elettroni. Quale sar lenergia
F
dellultimo
elettrone confinato allinterno della buca? Il sistema viene quindi riscaldato fino a 1000 K. In
queste condizioni, supponendo che il potenziale chimico coincida con
F
, quale sar la probabilit
che uno stato con energia =0.99
F
risulti vuoto?

I livelli energetici allinterno della buca sono dati dalla formula
2
2
2
|
.
|

\
|
=
L
n
m
n



Essendo gli elettroni fermioni, il livello occupato pi alto sar n=1000. Quindi:

J
L m
F
18
2
2
10 5 . 5
1000
2

=
|
.
|

\
|



La probabilit che lo stato sia vuoto pari a
02 . 0
1 ] / ) exp[(
1
1 ) ( 1 =
+
=

FD
f



Esercizio 9
Un gas ideale di molecole di idrogeno (H
2
) alla temperatura di 300 K, contenuto in un recipiente
cilindrico. Il recipiente in rotazione intorno al proprio asse con velocit angolare =1000 rad/s.
Supposta n(0) la concentrazione delle molecole a distanza 0 dallasse di rotazione, a quale distanza
r dallasse di rotazione la concentrazione n(r) sar uguale a 2n(0)?
Si ricordi che la forza centrifuga pari a m
2
r.

L'energia potenziale del campo della forza centrifuga
2
2 2
r M

Per cui il potenziale chimico totale : =
|
|
.
|

\
|
=
2
) (
ln
2 2
r M
n
r n
a

costante
La costante si pu ricavare dal valore per r=0:
|
|
.
|

\
|
=
|
|
.
|

\
|
a a
n
n r M
n
r n ) 0 (
ln
2
) (
ln
2 2


Da cui si ricava
) 2 ln(
2
2
exp ) 0 ( ) (
2
2
2 2

M
r
r M
n r n =
|
|
.
|

\
|
=
83
e quindi finalmente: cm
M
T K
r
B 2
2
10 3 . 1 ) 2 ln(
2
=



N.B. la massa della molecola di H
2


circa uguale alla massa di 2 protoni.

Esercizio 10
Quale dovrebbe essere la pressione di un gas di idrogeno molecolare (H
2
) a temperatura ambiente
affinch la sua concentrazione eguagli la concentrazione quantica n
Q
.

La concentrazione quantica pari a:
2
3
2
2
|
|
.
|

\
|
=

M
n
Q
ove M la massa della molecola di idrogeno (
2 protoni). Ma la concentrazione n pu essere ricavata anche dallequazione di stato dei gas perfetti
N PV = (dove N il numero di molecole di gas):

P
V
N
n = = per cui uguagliando:
atm
M
P
M
n
P
Q
5
2
3
2
2
3
2
10 15 . 1
2 2

|
.
|

\
|
=
|
.
|

\
|
= =



Esercizio 11
Un metallo monovalente costituito da atomi disposti in una struttura cubica, separati tra di loro
da una distanza pari a 0.4 nm. Si stimi la concentrazione del gas di elettroni e la si confronti con la
concentrazione quantica n
Q
a temperatura ambiente
.


La concentrazione di elettroni nel metallo pari allinverso del volume della cella unitaria
3 28
3
10 6 . 1
1

= m
a
n
La concentrazione quantistica
3 25
2
3
2
10 3 . 1
2


|
.
|

\
|
= m
M
n
Q


Il gas di elettroni (gas di Fermi) si trova senzaltro in regime quantistico.

Esercizio 12
Un singolo elettrone confinato in una buca di potenziale 1D a pareti infinite di larghezza 50 ed
a temperatura ambiente. Quale sar il rapporto tra le probabilit di occupazione del primo livello
eccitato e del livello fondamentale? E tra il secondo livello eccitato e lo stato fondamentale?Quale
sar lenergia media del sistema

Lenergia dei primi due livelli sar:
2
2 2
1
2mL


= ,
2
2 2
2
2
4
mL


=
di conseguenza avremo:
17 . 0 exp
) (
) (
2 1
1
2
= |
.
|

\
|
=

P
P
e 01 . 0 exp
) (
) (
3 1
1
3
= |
.
|

\
|
=

P
P


Considerando solo i primi tre livelli (infatti si pu verificare che
4
1
4
10
) (
) (

P
P
) otteniamo:
84
eV
Z
U
S S 2
10 2 . 2
) / exp(

=

=




Esercizio 13
Come varia la concentrazione di molecole, e quindi la pressione, nellatmosfera terrestre in
funzione della quota h? Si consideri latmosfera costituita da un gas ideale di molecole di azoto N
2

di massa M, in contatto termico e diffusivo. Si supponga inoltre che la temperatura non dipenda
dalla quota h e sia pari a T.




Il potenziale chimico totale sar Mgh + =
int


Allequilibrio
(
(

= +
(
(

Q Q
n
n
Mgh
n
h n ) 0 (
ln
) (
ln con T k
B
=

(

Mgh
n h n exp ) 0 ( ) (



Esercizio 14
La presenza di una membrana semipermeabile consente ad alcune cellule vegetali di mantenere al
loro interno una concentrazione di ioni potassio (K
+
) maggiore di un fattore 10
4
rispetto alla
concentrazione nellambiente circostante. Supponendo che la cellula si trovi a temperatura
ambiente, si stimi la differenza di potenziale elettrico tra linterno e lesterno della cellula. Si
supponga che il potenziale chimico abbia lespressione data nel caso del gas perfetto.


In condizioni di equilibrio, la differenza di potenziale chimico tra linterno e lesterno della cellula
sar uguale alla differenza di potenziale elettrostatico:

|
|
.
|

\
|
=
Q
n
n
ln da cui V
n
n
V e
e
i
23 . 0 ln = = =




Esercizio 15
Un semiconduttore caratterizzato da una gap di energia proibita pari a 0.4 eV. Supponendo che il
potenziale chimico sia disposto a met della gap di energia proibita, si calcoli il numero di
occupazione di un livello energetico posta 0.1 eV sopra la soglia della banda di conduzione Si
supponga la temperatura pari a 300 K
.
85





Name Symbol Value
Atomic Nass Unit mu 1.66053873(13) x 10
-27
kg
Avogadro's Number NA 6.0221+199(+7) x 10
23
mol
-1

Bohr Nagneton
B
9.27+00899(37) x 10
-2+
J T
-1

Bohr Radius ao 0.5291772083(19) x 10
-10
m
Boltzmann's Constant k 1.3806503(2+) x 10
-23
J K
-1

Compton Wavelength
c
2.+26310215(18) x 10
-12
m
Electric Constant o 8.85+187817 x 10
-12
F m
-1

Electron Nass me 9.10938188(72) x 10
-31
kg
Electron-volt ev 1.602176+62(63) x 10
-19
J
Elementary Charge e 1.602176+62(63) x 10
-19
C
Faraday Constant F 9.6+853+15(39) x 10
+
C mol
-1

Fine Structure Constant

7.297352533(27) x 10
-3

Hydrogen Ground State

13.6057 ev
Nagnetic Constant
o
+ x 10
-7

Nolar Gas Constant R 8.31++72(15) J K
-1
mol
-1

Natural Unit of Action

1.05+571596(82) x 10
-3+
J s
Newtonian Constant of Gravitation G 6.673(10) x 10
-11
m
3
kg
-1
s
-2

Neutron Nass mn 1.67+92716(13) x 10
-27
kg
Planck Constant
h
6.62606876(52) x 10
-3+
J s
h = 2
Proton Nass mP 1.67262158(13) x 10
-27
kg
Rydberg Constant RH 10 9.737315685+9(83) x 10
5
m
-1

Stefan Boltzmann Constant

5.670+00(+0) x 10
-8
W m
-2
K
-+

Speed of Light in vacuum c 2.99792+58 x 10
8
m s
-1

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