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Con i partiti "Cambiare (non) si pu" di Paolo Ermani - 23/01/2013 Fonte: ilcambiamento parlamento "A partiti e politici in disarmo

non sembrava vero di aver trovato un bellautobus che li riportasse nel loro nido naturale che il parlamento, sede di ogni possibile parassitismo" Si concluso il circo delle candidature elettorali e se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sul fatto che dai partiti ci si possa aspettare qualcosa di positivo, le vicende della corsa ai candidati hanno sgomberato il campo. Sembrava un incrocio fra le partite a figurine dei bambini e il mercato delle vacche dei grandi. Fra le varie comiche, tutti a cercare di scimmiottare quello che dice Grillo rifacendosi impossibili verginit nelle liste elettorali mettendo da parte due o tre dei maggiori compromessi fra i vari impresentabili di cui sono assortiti i partiti. Uno spettacolo pietoso e indegno. In questo quadro mi soffermo sul tentativo di Cambiare si pu che stato illustrato anche sulle pagine di questo giornale e sullimpossibile speranza che la societ civile possa contare qualcosa attraverso i partiti. I partiti non fanno mai nulla per nulla e se sembra che diano qualcosa solo perch sanno che in cambio avranno molto di pi di quello che apparentemente danno. Possono anche perdere molto pelo ma di sicuro non il vizio. Quei personaggi, soprattutto con un background di partito, che parlano di societ civile, di 'nuovi soggetti politici' e cos via, cercando di attirare a s movimenti, comitati o simili, non fanno altro che cercare di avere il consenso per salire su qualche poltrona. Tutti i tentativi di unione di vari gruppi e istanze falliscono miseramente perch c una insanabile contraddizione di partenza nel fatto che chi parla di unione lo fa spesso pensando che il suo punto di vista sia poi lunico da seguire. Ridicoli ducetti malati di protagonismo adolescenziale cercano di attrarre a s pi persone possibili con ogni mezzo apparentemente onesto e condivisibile per poi improvvisamente giocare la carta del partito finalmente e veramente diverso, nuovo, indispensabile, mettendosi in questo modo al di sopra e in conflitto con tutti. Di fronte a mille di questi episodi e trasformismi non un caso che le fortune di Grillo sono anche derivate da una presa di posizione netta contro i partiti e chi agisce con la loro logica. In una situazione del genere credo che non si sia dato sufficientemente risalto alla grande rilevanza morale e significato della scelta di Carlo Petrini di Slow food di non candidarsi con nessuno, nonostante gli avrebbero fatto ponti doro. Di sicuro Petrini fa pi cos con la sua organizzazione che non ostaggio e trofeo da mostrare da parte di qualche partito. Il progetto di Cambiare si pu, come altri tentativi del genere fatti in passato e che verranno fatti in futuro, servono solo ai partiti per avere una possibilit, fornita pi o meno inconsapevolmente da persone volenterose e in buona fede, di rientrare dalla finestra dopo che come nel caso attuale, erano usciti dalla porta del parlamento. A partiti e politici in disarmo non sembrava vero di aver trovato un bellautobus che li riportasse nel loro nido naturale che il parlamento, sede di ogni possibile parassitismo. Dopo discussioni di mesi, preparazioni, programmi, propositi, fiumi di parole, tempo, energia e soldi sprecati, piove dal cielo tale Ingroia che in base alla sua visibilit mediatica in pochissimo tempo si impadronisce di tutto il palcoscenico. Si accorda con partiti malconci e personalit decadute, piazza i suoi capetti a destra e sinistra con qualche condimento di un paio di rappresentanti della cosiddetta societ civile e il giochetto fatto con tanti saluti a chi ha creduto lennesima volta nella 'politica dal basso'. Cosa altro c da capire, accertare, valutare? Ma non sar che invece di seguire sterili programmi politici bisogna costruire solidi progetti? Ma non sar che la vera unione da cercare sul cambiamento concreto e non sulla mozione numero uno, due o tre su cui scannarsi? Quando intellettuali, politici, ex politici, teorici di ogni risma e cos via si mettono a capo di qualcosa difficilmente se ne cava qualcosa di buono, se non fiumi di parole su cui si cavilla allinfinito inutilmente e si finisce

per spararsi addosso fra galli che si massacrano per essere padroni del pollaio anche se si tratta di due galline. Chiss se lennesimo e non ultimo fallimento di una utopica gestione dal basso della politica istituzionale possa insegnare che questa politica ha fatto il suo tempo, che arrivato il momento di elaborare proposte di cambiamento su progettualit concrete ora e qui e non su pii desideri che si realizzeranno quando avremo preso il potere, cio mai. Il potere oggi di chi con le sue scelte decide di cambiare. Il potere oggi di chi boicotta, rifiuta, coltiva, scambia, agisce, cammina, autoproduce, riduce, impara, apprezza e soprattutto sa essere umile pur essendo fermo nelle sue scelte e nella sua voglia di cambiare. Il potere oggi di chi non segue nessun gatto e volpe ma decide anche assieme ai suoi simili che ce la pu fare e ce la far. Democrazia, oligarchia e capitalismo* di Costanzo Preve - Andrea Bulgarelli 23/01/2013 Fonte: Arianna Editrice Nell'intervista apparsa sul primo numero della nostra rivista tu affermi: La dicotomia non dunque oggi (parlo di oggi, non del 1930) Democrazia/Dittatura, ma Democrazia/Oligarchia. Si tratta di una presa di posizione radicale, che pu suggerire almeno due conclusioni importanti. La prima che la categoria di Dittatura come nemico principale viene tenuta in animazione sospesa, fungendo da paravento per interessi evidentemente inconfessabili. Al proposito, bene ricordare la profonda ambiguit di tale categoria, che oggi viene utilizzata come sinonimo dei cosiddetti totalitarismi novecenteschi e dei loro presunti eredi (i social-populismi di Chavez e Ahmadinejad, la giunta militare birmana, ecc), ma che in passato stata utilizzata da correnti democratiche, non necessariamente di ispirazione marxista. I giacobini francesi (Marat) e i repubblicani italiani (Mazzini) teorizzarono apertamente la dittatura, intesa come Stato di eccezione transitorio, indispensabile durante le prime fasi di una rivoluzione democratica, quando essa ancora minacciata da nemici interni ed esterni. La seconda che la grande narrazione dell'ultimo secolo come teatro della progressiva e addirittura definitiva (la famosa fine della storia di Fukuyama) affermazione del modello democratico, o meglio liberal-democratico, deve essere rigettata o perlomeno fortemente ridimensionata. Se il nemico principale non nel Myanmar e in Iran ma a casa nostra, se i regimi che ci governano sono in realt feroci oligarchie capitaliste, allora il novecento non stato il secolo del trionfo della Democrazia attraverso tre fasi strettamente concatenate: il felice matrimonio con il liberalismo (una dottrina in realt anti-democratica fin dalla sua origine, seppur apprezzabile per altri aspetti) la sconfitta prima del nazifascismo e infine del comunismo sovietico. Le cose stanno veramente cos? La categoria metastorica di Dittatura e la grande narrazione liberal-democratica in tre fasi sono aspetti complementari del medesimo sistema di legittimazione oligarchica? Per semplicit svilupperei la mia risposta in due parti. Innanzitutto, affermare che la dicotomia politico-sociale esistente in occidente oggi non la dicotomia democrazia /dittatura, che una dicotomia ideologica tesa a legittimare l'attuale sistema della democrazia elettorale, ma quella democrazia/oligarchia, importante perch in questo modo si pu far capire che la democrazia oggi diventata una specie di legittimazione referendaria dell'oligarchia economica. Secondo me questo assolutamente un punto chiave. La parola democrazia stata manipolata nel corso dei secoli fino a perdere ogni significato originario, ma questo capita a molte parole, pensiamo alla parola riforma: per 200 anni stata contrapposta alla parola rivoluzione come miglioramento graduale e pacifico contro le pretese di miglioramento violento ed immediato. La parola riforma ha perso completamente questo significato: oggi significa peggioramento delle condizioni sociali e adeguamento a un mercato globalizzato. Mi ha colpito ad esempio il fatto che le poste un tempo distribuivano le lettere in tutti i sei giorni della settimana, compreso il sabato. Oggi il sabato la posta non pi distribuita, ed interessante che questa limitazione venga chiamata razionalizzazione. In questo modo una diminuzione del servizio viene fatta passare come elemento di razionalit. Quindi la parola

democrazia oggi stata quasi completamente svuotata del suo significato originario, che invece il controllo collettivo e comunitario del popolo sulla sua riproduzione economica. Se la riproduzione economica dei popoli espropriata dalla volont dei popoli stessi, a questo punto la democrazia non esiste pi, soltanto un simulacro. E' per questo che oggi la parola democrazia ha significato soltanto se contrapposta alle oligarchie economiche; se invece viene concepita come appoggio alle oligarchie economiche perde ogni significato. Il secondo punto riguarda il bilancio storico del novecento come secolo delle dittature. La questione interessante perch effettivamente la dittatura oggi pu essere utilizzata come capro espiatorio quando c' una crisi sociale: pensiamo alla Tunisia, dove il popolo ha abbattuto la dittatura di Ben Al, per cui c' per circa dieci giorni il permesso di saccheggiarne le ville, laddove invece la vera dittatura che aveva causato l'impoverimento del popolo tunisino era quella del Fondo monetario internazionale. Quindi la dittatura viene mantenuta come nemico principale in animazione sospesa. In base a ci, possibile accusare di dittatura tutti i governi che intraprendono, bene o male, dei programmi di riformismo sociale. Tra l'altro anche vero che nell'ottocento la parola dittatura non era considerata di per s negativa, bens uno Stato di eccezione per l'instaurazione di un riforme democratiche. Mescolando la parola dittatura con tutte le forme di potere autoritario, da Hitler a Mussolini a Stalin, viene eliminato anche il significato storico settecentesco-ottocentesco che la legittimava parzialmente come rottura rivoluzionaria per intraprendere delle riforme sociali. Il fatto che il novecento sia stato ridotto a una grande narrazione ideologico-totalitaria fa parte della legittimazione dell'attuale sistema di potere, il quale si basa sull'agitare i famosi diritti umani; interessante ad esempio che nelle riunioni con i Cinesi gli Americani, che mantengono basi militari nel mondo intero, che hanno scatenato conflitti sanguinosissimi e che sono l'unico Paese ad avere usato la bomba atomica in guerra, si presentino come difensori dei diritti umani contro la Cina la quale invece non li tutela. Ora, vero che la Cina non tutela il diritto legale di fondare partiti apertamente capitalistici (la Cina capitalistica, ma sto parlando di partiti di tipo americano) per cui ha imprigionato l'attuale nobel per la pace Liu Xiaobo, il quale, non dimentichiamolo, estensore di un manifesto per l'instaurazione di un sistema politico di tipo americano, il che vorrebbe dire praticamente la fine del controllo statale sull'economia cinese e pertanto la totale omogeneizzazione della Cina al sistema capitalistico occidentale. Quindi la categoria metastorica di Dittatura e la grande narrazione liberal-democratica in tre fasi sono aspetti complementari del medesimo sistema di legittimazione oligarchica, per cui la domanda che ti poni in realt un'affermazione che io condivido completamente. E' opinione comune (anche, anzi soprattutto a livello accademico) che i presupposti pi o meno impliciti della democrazia siano il relativismo filosofico e l'agnosticismo religioso (con la parziale eccezione dell'impero americano, il quale mantiene la sua ideologia teocratica puritana). Qualsiasi universalismo, quindi anche la teoria della natura umana, rappresenterebbe una minaccia alla libert di scelta e di opinione, una pericolosa anticamera del totalitarismo. Eppure la teoria della natura umana ci permette di sperare che l'emancipazione si sostituisca all'oppressione e la giustizia all'ingiustizia, in altre parole che l'umanit possa lottare per un mondo migliore. Al contrario il rifiuto dell'umanesimo, anche se motivato con argomenti libertari, non a priori incompatibile con la colonizzazione antropologica integrale da parte del capitalismo o di un potere politico dispotico. Riassumendo, la teoria della natura umana una preziosa alleata della democrazia e della dignit dell'uomo? Questa domanda ci invita a discutere sulla teoria della natura umana. Ora, sulla natura umana si possono sostenere due posizioni, che c' e che non c'. Quelli che sostengono che c' lo fanno in base a una mescolanza di una teoria biologicocomportamentale, la quale riguarda ci che specifico della natura umana dell'Homo Sapiens, e di una teoria di tipo storico-educativo, per la quale l'uomo un animale migliorabile ed educabile grazie alla sua capacit innata di elaborazione simbolica e culturale. Quelli

che rifiutano la natura umana dicono che non esiste perch l'uomo un animale completamente plastico, il quale non possiede una natura se non intesa come insieme di istinti primari, e che in realt la natura umana si riduce unicamente alla storia. Io personalmente sono sostenitore dell'esistenza della natura umana e pertanto polemizzo contro ogni forma di storicismo integrale, che secondo me l'anticamera per la manipolazione, perch se l'uomo fosse veramente solo una sorta di creta modellabile, a questo punto tutti i discorsi sulla giustizia diventerebbero questioni puramente opinabili. La natura umana una preziosa alleata della democrazia e della dignit dell'uomo? Risposta: s ma dipende. La teoria prevalente della natura umana del capitalismo occidentale deriva dalla filosofia scettica del grande filosofo scozzese Hume, che scrisse un trattato sulla natura umana, in realt il vero manifesto del capitalismo, per alcuni aspetti ancora di pi del libro di Adam Smith su The Wealth of Nations o dei libri di Max Weber. Questo perch David Hume in questo trattato di met settecento voleva autofondare lo scambio economico capitalistico, prescindendo completamente sia da Dio, nella cui esistenza lui non credeva, sia dalla filosofia dei diritti naturali, che lui respingeva come teoria metafisica indimostrabile, e dalla teoria politica del contratto sociale, che secondo Hume era anch'essa infondata e indimostrabile. Eliminata la religione, la filosofia e la politica, cio eliminati questi tre elementi di etero-fondazione della societ e dell'economia stessa (che non deve essere negata, ma inserita nel contesto della riproduzione sociale), Hume considera la natura umana come attitudine allo scambio, cio di attesa reciproca del venditore e del compratore. Ora, questa natura umana la natura umana difesa dalla teoria borghese capitalistica, magari coniugata con altri termini secondari come l'umanesimo cristiano, ed chiaramente incompatibile con la critica della societ capitalistica, del capitale finanziario e della globalizzazione. A mio parere la teoria della natura umana che ci interessa e che pi fondata quella espressa dal pensiero greco classico, secondo la quale l'uomo un animale politico per natura, dove la parola politikon significa fondamentalmente socialecomunitario, per cui la natura dell'uomo non n quella di una formica o di una termite, che ricevono unicamente informazioni genetiche per l'organizzazione della loro societ, n quella del lupo solitario slegato da qualsiasi tipo di legame sociale. In particolare la teoria della natura umana dei Greci era la teoria dello zoon logon echon, cio dell'animale che possiede il logos. La cosa fondamentale capire che per gli antichi greci logos non voleva dire unicamente linguaggio oppure parola oppure ragione, ma soprattutto capacit di calcolo (loghizomai in greco significa calcolare) sociale del giusto equilibrio (isorropia) delle ricchezze e del potere. Ora, se la natura dell'uomo per cos dire lo forma ad essere un animale politico socialecomunitario, un animale che in grado di calcolare socialmente i giusti rapporti all'interno della comunit, questa teoria della natura umana, lungi dall'essere inutile o totalitaria o pericolosa, il fondamento di qualsiasi filosofia critica del presente. Tu interpreti la democrazia come il processo di educazione individuale e collettiva attraverso il quale il demos (la maggioranza svantaggiata della popolazione) accede al potere politico; inoltre sostieni che tale processo innanzitutto una reazione al caos del potere economico lasciato a s stesso. In questo modo il logos comunitario, inteso come ragione ed armonia, pone un argine alle dinamiche incontrollate del denaro. Tuttavia nell'epoca attuale sembra prevalere una razionalit completamente diversa, che trasforma l'universo sociale in un deserto solcato da individui-atomo, uno spazio omogeneo che si differenzia al suo interno solo per gradienti di reddito e potere; anche l'unit dialettico-dialogica del logos sostituita da una totalit statica, oggettiva, apparentemente immodificabile, che si riflette in tutti gli ambiti della riproduzione sociale come in uno specchio. Possiamo dire che il conflitto tra la ragione comunitaria da una parte e la razionalit strumentale del capitalismo dall'altra sia la contraddizione principale, non solo in filosofia ma soprattutto in politica? La democrazia fortemente legata all'educazione; anche questa idea era tipica dei Greci, dal momento che il concetto di paideia era strettamente

legato al concetto di comunit: non c' comunit senza educazione comunitaria. Su questo punti i Greci antichi si dividevano, perch c'erano delle concezioni di paideia di carattere democratico e altre, come quella di Platone, che invece prefiguravano una specie di dittatura pitagorica dei filosofire. In ogni caso esisteva un legame tra la democrazia e la paideia. Questo concetto oggi visto male perch si ha paura che la parola educazione voglia dire conformazione totalitaria a un unico modello autoritario di Stato, ma non cos, perch l'educazione non deve essere confusa con un conformismo imposto dall'alto, come se l'uomo, invece di essere un politikon zoon, fosse unicamente uno zoon, un animale che deve essere addomesticato all'interno di uno Stato concepito come uno zoo oppure un circo. In realt l'educazione lo sviluppo onnilaterale delle capacit che ognuno porta in s, delle proprie preferenze, dei propri bisogni ecc. Questa concezione dell'educazione comunitaria non ha nulla a che fare con l'idea della societ concepita come insieme di individui competitivi, per cui il mercato capitalistico esteso alla societ in quanto tale. Non sto dicendo che si debba essere contro il mercato, che storicamente parlando si rivelato capace di fornire una distribuzione abbastanza buona di servizi e di beni, ancorch questo non sia l'unico criterio per giudicarlo. Non si tratta di essere contro il mercato in nome di una pianificazione globale e totalitaria: questa sarebbe una concezione errata dell'uomo stesso. Il punto che il mercato deve essere subordinato alla volont politica, ovvero esattamente quello che oggi non . Dunque educazione e democrazia sono contrapposte all'automatismo e della sottomissione dell'intera societ alla unica logica cogente del mercato. Conciliare democrazia e teoria delle classi non semplice, almeno se diamo retta alla vulgata storico-filosofica contemporanea. In effetti spesso si preferito rifiutare l'una o l'altra piuttosto che tentare una sintesi di entrambe. E' seguendo questa logica che Georges Sorel identific la democrazia con la mescolanza delle classi, cio il loro sfaldamento e snaturamento a opera delle dottrine del dovere sociale promosse da una borghesia decadente; si tratta quindi di sostituire alla falsa unit democratica il dualismo borghesia/proletariato, tramite una lotta violenta che trova il suo approdo finale nello sciopero generale. Tu proponi un altro tipo di mescolanza (anamixis), ispirata dalle riforme di Clistene, che permette la prevalenza del demos pur restando distinta dalla dittatura democratica del proletariato del pensiero comunista novecentesco. Come si inserisce questo concetto nella Tua visione complessiva della democrazia? Pu essere considerato un superamento sia di una pensiero democratico che rifiuta la teoria classista sia di un classismo anti-democratico? La teoria classista nacque nel settecentoottocento e registr un fatto storicamente reale, per cui non si pu respingere il classismo di per s. Il classismo giusto nella misura in cui constata l'esistenza di una polarit tra borghesia e proletariato, tra proprietari dei mezzi di produzione e gruppi sociali privati di tale propriet e che pertanto devono vendere la propria forza-lavoro. Quindi non si tratta di respingere il classismo, e chi lo fa si assume l'onere di provare che viviamo in una societ non classista, il che impossibile. Secondo me la vera questione invece prima di tutto vedere se il classismo non si sia evoluto negli ultimi 50 o 100 anni in una forma nuova, che non pu pi essere spiegata con la polarit borghesia/proletariato ma che ha bisogno di nuove interpretazioni, e in secondo luogo se il classismo possa servire da strumento politico immediato per una ricostruzione egualitaria della societ. Ora, il comunismo storico novecentesco si basato sulla leva del classismo proletario operaio o dei contadini poveri per la riforma rivoluzionaria della societ. Questo grande esperimento storico fallito, perch si rivelato darwinianamente pi debole del suo interlocutore, cio il capitalismo con le sue modificazioni interne. Ci pone una domanda: questo fallimento del modello classista per la trasformazione della societ deve essere inteso come una fallimento definitivo o come un fallimento provvisorio, che pu essere ripreso in futuro, magari con piccole modificazioni? Questo un problema, che richiede una discussione aperta. La mia personale impostazione la seguente. Quando io faccio riferimento al concetto pitagorico-greco di anamixis

intendo una mescolanza dei pi ricchi e dei pi poveri all'interno di una societ che per sia in grado di abolire le forme estreme di povert e di ricchezza, a favore di una mediet che la politica in grado di dirigere. Questa forma di mescolanza pu apparire di certo un passo indietro rispetto all'ideale della proletarizzazione globale dell'intera societ portata avanti dal comunismo sovietico di Stalin e da quello cinese di Mao e pu sembrare un ritorno a delle forme di riformismo socialdemocratico. Io per non avrei paura, perch tiro le conseguenze (magari sbagliando) del fallimento delle forme di classismo integrale sviluppate in Russia e in Cina. Se queste forme di classismo integrale realmente perseguite da Stalin e Mao (cosa che non dur qualche mese, ma decenni e decenni) sono fallite sulla base di una controrivoluzione delle classi medie sovietiche e cinesi (il che secondo me un fatto storico da registrare, non una mia opinione personale) bisogna chiedersi se il progetto di proletarizzazione dell'intera societ, che necessariamente portava a delle forme di potere burocratico (da questo punto di vista non era altro che una manifestazione superficiale di un processo profondo di livellamento sociale coattivo, il quale richiede ovviamente una dittatura, poich non viene prodotto spontaneamente dalla societ), pu essere riproposto nella societ contemporanea. Le risposte possono essere tre. La prima pensare che si possano riproporre delle soluzioni staliniane e maoiste, dicendo che sono fallite perch non erano ancora mature; io questo non lo penso. La seconda porta a pensare che, dato il fallimento del progetto staliniano e maoista di livellamento sociale, il capitalismo nella sua attuale configurazione globalizzata sia l'unica forma di organizzazione sociale, pertanto bisogna ritenere le dittature fasciste e comuniste dei mostri che appartengono al passato e accettare il mondo cos come ; io respingo anche questa seconda risposta. Poi c' una terza soluzione, che secondo me la linea da sviluppare nei prossimi decenni, cio non riprendere il progetto di proletarizzazione forzata, pur riconoscendole un carattere storicamente positivo nel 1917 in Russia e nel 1949 in Cina, in quanto si contrapponeva a delle cose ancora peggiori (ovvero la prima guerra mondiale e il sistema feudale cinese), bens proporre una democrazia che accetti l'esistenza di gruppi sociali con diverso accesso al consumo e al potere, regolati per da una politica che funziona come elemento di moderazione e di mescolanza. Questa secondo me la terza via da percorrere, anche se deve essere ancora articolata, perch evocarla e basta come faccio io non ha alcun significato, se non si esprime in gruppi sociali concreti; per io penso che questo piccolo gruppo torinese di Socialismo XXI abbia questa impostazione. *La seguente intervista sarebbe dovuta comparire sul terzo numero della rivista Socialismo XXI; in seguito a problemi organizzativi, gli autori hanno concordato di diffonderla in rete e di metterla a disposizione di un pubblico pi vasto. Nonostante faccia riferimento ad eventi ormai non recenti, crediamo che mantenga gran parte della sua attualit e del suo interesse. Leconomia del Prozac di Giovanni Sartori - 23/01/2013 Fonte: Corriere della Sera Fino allOttocento leconomia era soprattutto agricola. Cerano anche lartigianato (le botteghe) e i commerci; ma prima di tutto, tutti dovevano mangiare. Poi arriv, allinizio dellOttocento, la prima rivoluzione industriale con linvenzione del telaio meccanico, e per esso delle fabbriche tessili. La seconda rivoluzione industriale fu quella della catena di montaggio delle automobili di Henry Ford, del quale si ricorda il detto: comprate lautomobile del colore che volete purch sia nero. Ma gi negli anni Sessanta si profetizz lavvento della societ dei servizi che pu essere considerata anchessa una rivoluzione industriale perch fondata sullavvento dei computer. Difatti il paesaggio esib sempre meno fabbriche e sempre pi uffici. Il guaio della societ dei servizi che si gonfiata oltremisura, e che diventata parassitaria nella misura in cui assorbe la crescita della disoccupazione. Nel contempo abbiamo incautamente sposato una dottrina sprovveduta della globalizzazione, che avrebbe inevitabilmente spostato grosse fette delle merci prodotte in Occidente in Paesi a basso, molto pi basso, costo di lavoro.

Ma ecco la novit: in arrivo una quarta rivoluzione industriale che sembra ancora pi radicale di tutte quelle che lhanno preceduta. Non ha ancora un nome ufficiale, ma io la chiamer rivoluzione digitale. In questo contesto un prodotto viene disegnato su un computer e poi stampato su una stampante 3D che a sua volta produce un conforme oggetto solido fondendo assieme successivi strati di materiali. Non chiedetemi di pi. Sono troppo vecchio per capirlo, e poi a me interessa che fine far, in questo radioso futuro, loccupazione o meglio la disoccupazione. vero che, in condizioni normali, leconomia tira di pi se siamo ottimisti. Questo principio stato consacrato negli Stati Uniti dalla formula della consumer confidence, la fiducia del consumatore, e del positive thinking, del pensare positivo. Ma la severissima recessione di gran parte dei Paesi benestanti oramai incrina questa fiducia nella fiducia. Un libro molto letto, oggi, nelle universit americane, Prozac Leadership di David Collinson: un titolo che dice tutto, e cio che il crac figlio di una cultura che premiando lottimismo ha indebolito la capacit di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilit al pericolo. Come si sa, il Prozac la pillola della felicit; e dunque il testo di Collinson si potrebbe anche intitolare leconomia del Prozac. E un indiano rincara la dose: Se non vedi le cose negative del mondo che ti circonda vivi in un paradiso per idioti (Jaggi Vasudev). Bankitalia ha test peggiorato le stime sul Pil (Prodotto interno lordo) che nel 2013 scender dell1% e altrettanto scender loccupazione. Che in verit scender di pi, perch le statistiche non contano gli scoraggiati, chi non fa nemmeno domanda di lavoro. E il livello della nostra disoccupazione giovanile davvero intollerabile. Le imminenti elezioni non ci illumineranno su niente di tutto questo.Ma urge lo stesso occuparsene. Da noi vige ancora la corsa per fabbricare tutti dottori. Ma il grosso dei dottori che produciamo e che andremo a produrre saranno inutili. O anche peggio, perch abbiamo troppe universit scadenti, di paternit clientelare, che andrebbero chiuse. Alle nuove generazioni occorrono istituti tecnici e scuole di specializzazione collegati alla economia verde, al ritorno alla terra, e anche alla piccola economia delle piccole cose. Altrimenti saremo sempre pi disoccupati. La Rubyfruit Mafia, la Mafia lesbica, comanda ad Hollywood? di Francesco Lamendola - 23/01/2013 Fonte: Arianna Editrice Rita Mae Brown una scrittrice americana che, oltre ad essere stata in primissima fila nei pi svariati movimenti per la liberazione degli anni Sessanta e Settanta, stata anche acclamata e festeggiata profetessa della liberazione lesbica, specialmente con una serie di romanzi, il pi famoso dei quali stato Rubyfruit Jungle (La giungla di fruttirubini, con evidente allusione allaspetto dei genitali esterni femminili), apparso nel 1973 e subito andato a ruba come il nuovo Vangelo delle donne omosessuali, americane e non. Nel corso del romanzo, dichiaratamente autobiografico, a un certo punto la protagonista (che, fra laltro, ha definito laborto clandestino come un grattar via dalla pancia un po di porcheria), parlando con una delle sue numerose amanti, si sente dire da questultima: Una volta provato cos con le donne, gli uomini diventano una barba tremenda. Non sto cercando di denigrarli, cio a volte come esseri umani mi piacciono, ma sessualmente non dicono niente. Direi che se una donna non ha provato altro, si pu anche pensare che non male. Detto, fatto: cos come il libro ha letteralmente spopolato, per anni, nelle classifiche dei best-seller pi venduti e pi tradotti allestero, anche il suo nuovo Verbo di liberazione ha spaziato e imperversato da un confine allaltro della Terra; si mormora, ormai da anni, che ad Hollywood detti praticamente legge la Rubyfruit Mafia, la mafia di fruttirubini, formata da una sorta di cartello o associazione (ma alcuni sostengono che non si tratta di un vero e proprio gruppo organizzato, bens, semplicemente, della forza del numero) di sceneggiatrici, produttrici, registe lesbiche, le quali, dichiaratesi tali e impegnate nella loro furiosa battaglia per la liberazione dai ceppi della schiavit eterosessuale, sono attivamente impegnate per diffondere la

loro buona novella, ossia che il maschio non pi necessario. Rita Mae Brown, del resto, si spinta ancora pi in l; da tempo ella sostiene che tutte le forme di oppressione e di discriminazione hanno un comune denominatore, e che questo consiste nella societ eterosessuale, con le sue regole, le sue repressioni, le sue imposizioni, eccetera; dottrina che consiste non solo nella necessit di liberare le donne dallodiosa repressione e dallo sfruttamento operati per secoli dal maschio, ma nel negare qualunque legittimit, qualunque valore, qualunque significato, bellezza o dignit al rapporto eterosessuale; e nel sostenere che solo nelle braccia di unaltra donna, la donna pu trovare la propria pienezza esistenziale ed il proprio completo appagamento sessuale. Inutile precisare che, in una simile ottica, si parte dalla tipica concezione edonista, materialista e utilitarista, per cui felicit sinonimo di benessere e, a sua volta, benessere lappagamento dei sensi; un approccio che nasce con il secolo dei Lumi e con la fiducia illuminista nella ragione e nel progresso; e che tende ad attribuire, con Rousseau e con lo stuolo innumerevole dei suoi nipotini, la colpa di ogni male, storico e metafisico, alla societ, mentre lessere umano, di per s, sarebbe buono, innocente e, appunto, felice; senza riflettere che nessuno sa che cosa sia lessere umano anteriormente e indipendentemente dalla societ, perch lessere umano al puro stato di natura una astrazione che non riusciamo neanche ad immaginare, dato che quello che noi conosciamo, e sul quale siamo in grado di svolgere osservazioni e riflessioni, sempre e soltanto luomo sociale. In un certo senso, questa cultura lesbica, dilagata dagli Stati Uniti in Europa e, sia pure a scoppio ritardato, diffusasi negli ultimi anni con incredibile velocit, al punto che ormai non fa pi neppure notizia perch si tende a darla piuttosto per scontata, si spinta anche oltre le frontiere cui da sempre mirava la cosiddetta cultura omosessuale maschile; la quale ultima, infatti, raramente era giunta a teorizzare che il solo rapporto sessuale giusto sia quello fra due uomini e che vi sarebbe qualche cosa di intrinsecamente sbagliato e patologico nel rapporto fra uomo e donna, oltre che di socialmente e politicamente reazionario. Ma tornando alla Mafia lesbica hollywoodiana (cos battezzata dalla rivista americana W), a proposito della quale si potrebbe fare una quantit impressionante di nomi e di cognomi pi o meno illustri, il fatto che si tratti di una Velvet mafia, di una mafia di velluto, non dovrebbe portare a sottovalutarne la forza e la capacit di penetrazione capillare: chi controlla Hollywood, infatti, controlla in buona parte limmaginario collettivo americano e, di riflesso, limmaginario collettivo mondiale: dunque la sua capacit di diffondere nuove mode culturali potenzialmente illimitata. Film, telefilm, sceneggiati televisivi, tutto serve a veicolare limmagine della lesbica rampante e felice, della lesbica in carriera che se ne ride delle donne ancora schiave delluomo, ancora schiave horribile dictu dei bambini, dei biberon e dei pannolini da cambiare; per non parlare della letteratura, della stampa, della pubblicit, di Internet, insomma di tutto quello che immagine, parola scritta o vocale, comunicazione di massa. Non si tratta di immaginare chiss quali complotti nellombra, chiss quali tremende cospirazioni pianificate a tavolino da insospettabili poteri occulti; si tratta di persone che hanno dichiarato e sbandierato con fierezza e aggressivit la loro identit omosessuale e che si stanno impegnando, in modo dichiarato ed esplicito, per divulgare il loro punto di vista: che non , lo ripetiamo, semplicemente di libert e di tolleranza nei confronti delle minoranze sessuali, ma tende a discriminare gli eterosessuali e a rovesciare il rapporto, numerico e culturale, esistente in passato a vantaggio della maggioranza, presentando il rapporto sessuale e affettivo fra uomo e donna come una forma inferiore, primitiva, intrinsecamente sbagliata e socialmente ingiusta, dalla quale le persone, e specialmente le donne, devono emanciparsi, se vogliono potersene andare in giro a testa alta e considerarsi pienamente moderne e liberate. I primi segni di questa mutazione cultuale sono gi evidenti da tempo, anche al di fuori della prospettiva omosessuale. Gi da anni, e specialmente in certi ambienti

sociali progressisti e benestanti, la donna divorziata tende a guardare dallalto in basso le sue amiche sposate, e queste ultime tendono a guardare a lei come a un modello vincente, meritevole di ammirazione e, se possibile, degno di essere imitato. La ragione ovvia (al di l di eventuali componenti psicologiche dettate da un istinto di rivalsa, specialmente per quante hanno subito il divorzio a causa di un tradimento o di un abbandono del marito): la donna divorziata, con dei figli ormai grandi che non vivono pi con lei, e per i quali non deve preoccuparsi troppo economicamente, perch la sentenza del giudice ha fissato un consistente assegno mensile da parte dellex marito, infinitamente pi libera di muoversi, di viaggiare, di frequentare amicizie, di assistere a conferenze, di recarsi in palestra o dallestetista, insomma di fare tutte quelle cose che le donne sposate non hanno il tempo di fare, di dedicarsi a quegli interessi, a quelle iniziative che quelle possono appena sognare, tutte prese, come sono, negli impegni e nelle responsabilit domestici. significativo che questa nuova percezione della donna divorziata o separata, libera di dedicarsi al proprio aspetto, al proprio svago, alla propria cultura e, perch no, al proprio piacere, anche in senso specificamente sessuale, sia stata elaborata proprio nelle fasce sociale medio-alte e in quelle culturalmente pi avanzate, fra donne in possesso di un titolo di studio universitario, insomma fra donne intellettuali o che si ritengono tali, e che come tali vengono percepite e giudicate dalle loro amiche e conoscenti, nonch dai loro amici e colleghi di sesso maschile. E anche se tale superiorit culturale consiste solo nel fatto che, invece di leggere Oggi o, magari (Dio non voglia), Famiglia cristiana, leggono i libri di Naomi Klein, la pagina di psicologia di Umberto Galimberti e, naturalmente, i romanzi di Umberto Eco, e anche se si riduce nellidentificarsi in personaggi come Marina Ripa di Meana o nel seguire i salotti televisivi con Alba Parietti o con i soliti psicanalisti e psicanaliste la page, per i quali non c altro Dio che Freud e non ci sono altri profeti che quelli ufficialmente autorizzati dal Maestro. Adesso questa cultura femminista sta facendo un salto di qualit e sta presentando il lesbismo come il giusto orientamento sessuale, quello vincente e il solo realmente liberato; e, di conseguenza, la condizione della donna eterosessuale, specialmente se sposata, come deprecabile e biasimevole, degna soltanto di una donna sottomessa, pavida, inconsapevole. Sacerdotesse della liberazione femminista, come Rita Mae Brown o Germaine Greer (che definiva la donna naturalmente portata al lesbismo) non avrebbero osato sperare, quando predicavano simili cose una trentina o anche una quarantina di anni fa, che esse sarebbero uscite dal regno delle parole, della letteratura o del cinema, per divenire realt nella vita dogni giorno. Non solo un nuovo modello di donna, vincente e in carriera, e soprattutto felice (secondo loro), ad aver conquistato le luci della ribalta, ma soprattutto limmagine tradizionale della donna eterosessuale, e di riflesso, quella della famiglia basata sullunione delluomo e della donna, ad uscirne gravemente compromessa. Ci che viene suggerito, e talvolta apertamente proclamato, che la donna che si unisce con luomo, che si sposa con luomo, che mette al mondo dei figli, una povera creatura meritevole di compassione, un imbarazzante retaggio del passato, destinato ad essere superato; e che la famiglia nata dallamore di un uomo e di una donna anticaglia da rottamare, qualche cosa che non trova pi spazio nella realt moderna e che suscita pena e compatimento. In compenso, vengono rivalutate le unioni di fatto contro la famiglia tradizionale, e le unioni omosessuali contro quelle eterosessuali; vengono esaltate le famiglie formate da due donne, o due uomini, che adottano dei bambini, perch limportante lamore e, nel caso delle lesbiche, che ottengono dei bambini mediante la fecondazione eterologa (cfr. anche il nostro precedente articolo: Ma il problema lomosessualit o lomofobia?, apparso sul sito di Arianna Editrice in data 05/07/2012). Ci si pu domandare a chi giovino una tale denigrazione della donna eterosessuale, della sposa, della madre, e una tale deformazione unilaterale della realt della famiglia basata sullunione

delluomo e della donna; e a questo punto, s, difficile immaginare che si tratti di una campagna mediatica puramente spontanea e priva di registi, data la sua capacit pervasiva e la sua martellante insistenza, per non parlar della vastit dei mezzi, anche economici e finanziari, messi in campo per assicurarle la vittoria contro le forze brutte e cattive della tradizione, dellimmobilismo e delloscurantismo. Quando si presenta come sbagliata, frustrante e fallimentare la figura della donna che cerca di completarsi e di realizzarsi nellunione con luomo e nella procreazione dei figli; quando si presenta luomo come il peggior nemico della donna, un essere subdolo, egoista e meschino, geneticamente incapace di assicurare alla propria compagna amore, tenerezza, comprensione; quando si sminuisce, si denigra, si insulta la famiglia fondata sul legame stabile fra luomo e la donna, mettendone in luce solo gli eventuali aspetti negativi e passando del tutto sotto silenzio tutti quelli positivi, si fa molto di pi che una semplice opera di proselitismo culturale a vantaggio di una certa idea della donna, della famiglia e della societ rispetto ad unaltra: si conduce una guerra senza quartiere contro ci che di pi bello, di pi nobile e di pi fecondo sta alla base della convivenza umana, vale a dire unopera intensa, imperterrita e deliberata di distruzione sociale. Che si tratti anche, e soprattutto, di unopera deliberata di distruzione morale; che non vi sia nulla di casuale in essa, nulla di spontaneo, tranne forse da parte dei soliti utili idioti, i quali si limitano a ripetere frasi fatte, basate sulla cultura dei diritti contrapposta a quella dei doveri (come se quelli fossero possibili in assenza di questi), una nostra intima convinzione, per la quale non possiamo esibire delle prove nel senso abituale del termine, anche se esiste una tale quantit di indizi, da renderla unipotesi tuttaltro che improbabile. Deformare volutamente la realt; presentare una immagine parziale delle cose, sottolineando solo ci che funzionale alla propria tesi e tacendo, minimizzando, ridicolizzando tutto ci che con essa contrasta, una antica, inveterata prassi dei faziosi, dei disonesti, di quanti vogliono contrabbandare la parte per il tutto e, con ci stesso, lapparenza per la sostanza, lingiustizia per la giustizia, lerrore per la verit. A chi abbia occhi per vedere e una testa per riflettere, accorgersi di tutto ci Non si mescolano il sacro e il profano, se si ha rispetto per luno e per laltro di Francesco Lamendola - 23/01/2013 Fonte: Arianna Editrice Una nota cantante italiana, gi finalista al concorso di Miss Italia e frequentatrice di reality televisivi - prove che ha affrontato senza chiedere sconti per la sua cecit, salvo poi farsene forte ogni volta che le cose non prendevano la piega da lei voluta -, ha partecipato (e vinto) alle Paralimpiadi di Londra del 2012, esibendo un grande rosario tatuato sul collo del piede e un altro crocifisso metallico, penzolante da una vistosa catenina, che le ballonzolava sullo stomaco generosamente scoperto. Nessuno ci ha trovato niente da dire, nemmeno il solito Famiglia cristiana e meno ancora il solito salotto televisivo in cui, chioccianti attorno alla solita presentatrice, i soliti, eterni ospiti fissi hanno sproloquiato le solite, immancabili banalit circa lindomita forza danimo delleroina, capace di affrontare e vincere anche il dolore del tatuaggio per amore dellIdea; ascoltandola poi estatici mentre ella magnificava la propria impresa, affermando, peraltro, che doveva tutto ad una benefica Forza superiore. Peccato che lesibizionismo centri poco o niente con il vero rispetto e lautentica confidenza in quella Forza, alla quale ci si accosta, semmai, nel religioso silenzio della propria anima, lontano dai microfoni e dai riflettori. gi un fatto discutibile, anche se ormai quasi universalmente accettato. che, per gareggiare in una competizione di atletica leggera, bisogni per forza presentarsi seminudi, tanto pi in una disciplina che non ha niente a che fare con gli sport balneari; ma che su quelle nudit bisogni ostentare il crocifisso, cos come altre soubrette lo fanno per mettere in maggiore evidenza le generose curve del seno, decisamente troppo. Si perso di vista il confine tra il sacro e il profano; nel parlare, nel vestire, nella scelta dei tempi e dei luoghi, si

mescolano continuamente le due cose: il che non solamente una mancanza di umilt e di rispetto verso la dimensione del sacro, ma anche verso quella del profano; perch ciascuno dei due ambiti possiede una sua dignit, ognuno dei due possiede un proprio statuto ontologico e, di conseguenza, esige di essere accostato tenendo conto della sua autonomia. In altre parole, chi non rispetta lambito del sacro, non rispetta neppure quello del profano: il giusto atteggiamento verso le cose parte dallalto e scende verso il basso, a cascata, investendo ogni pi piccolo aspetto o manifestazione del reale. Oggi, non solo tale rispetto essenziale sembra essere venuto meno; si arrivati al punto che il sacro diventa pretesto di ostentazione, di esibizione, di immodestia, di vanit, perfino di provocazione sessuale; non basta vestire limmodestia, la vanit e la provocazione con gli abiti profani, bisogna vestirle anche con quelli del sacro: si pretende di strumentalizzare e di piegare i simboli del sacro ad un uso che non solamente profano, ma che appartiene alla sfera pi bassa del profano: quella del narcisismo e della smania di successo. Un tempo, a partire dal 1971, un famoso marchio italiano di jeans, denominato Jesus, mandava a spasso le ragazze con la scritta Chi mi ama mi segua stampata sulle natiche, le cui forme venivano sottolineate dalladerenza dei pantaloni: era una parodia del sacro, una dissacrazione del religioso; ma almeno era esplicita, franca, inequivocabile nella sua volgarit. Oggi la volgarit ha fatto un ulteriore salto di qualit: le persone non acquistano gi bello e pronto il capo blasfemo, si abbigliano da se stesse in maniera blasfema, per convinte in buona o in mala fede, non si sa di rendere onore a Dio, di manifestare con franchezza il loro credo religioso in un mondo desacralizzato. E lo fanno in una maniera tale che rivela la totale scomparsa, in loro, non solo del buon gusto, ma anche del senso del limite, del confine tra sincerit e menzogna, tra narcisismo e devozione. E proprio questo lultimo stadio raggiunto dalla pornografia della vita quotidiana, nel senso letterale del termine pornografia lostentazione della parte rispetto allintero, avulsa dal resto, brutalmente decontestualizzata-: lo stadio nel quale non si vede pi il confine tra cose totalmente diverse; dove si mescolano malizia e spiritualit; dove si riesce a introdurre una nota sensuale e provocante, ma con simulata naturalezza, perfino l dove ci dovrebbero essere soltanto pudore, sobriet, raccoglimento. Intendiamoci: non c nulla di male nella sensualit e nemmeno nella provocazione; a patto che esse siano sfoggiate a casa loro, nellambito che di loro pertinenza. Che una bella donna ami mettersi in mostra, non certo cosa innaturale; quanto ai limiti del buon gusto e della opportunit, si tratta di questioni che hanno a che fare con leducazione, con il rispetto dovuto agli altri ed a se stessi, insomma con il mondo dei valori; e la nostra epoca, che una tipica epoca di trapasso, sta attraversando una crisi di valori abbastanza consistente da spiegare la gran confusione che regna anche in fatto di buon gusto e di opportunit. Ma che quella bella donna voglia mettersi in mostra in un ambito che non profano, ma sacro; sfruttando simboli che non sono profani, ma sacri; approfittando di un tempo che non profano, ma sacro - pensiamo a certe ragazze della pubblicit vestite, o per meglio dire svestite, da Babbo Natale: tutto ci ha a che fare non solo con la confusione dei valori, ma anche con la distruzione delle barriere fra ambiti radicalmente diversi, come lo sono il sacro e il profano. Quando si tengono aperti i centri commerciali tutte le domeniche, Natale e Pasqua compresi; quando, per pubblicizzare un determinato prodotto, si inondano i giornali e i cartelloni murali con le fotografie di giovani suore che baciano giovani preti, sulle labbra, con sensuale abbandono; quando si trasforma la notte che precede la commemorazione dei defunti, nella notte delle streghe e del Diavolo, sostituendo pensieri e pratiche di pietas verso le anime dei trapassati con pensieri e pratiche pagani, sguaiati, radicalmente irreligiosi: allora la mescolanza dei due ambiti totale, e rispecchia linversione dei valori caratteristica delle epoche di materialismo e di edonismo sfrenato, come lo la nostra.

N si creda che la sfera del sacro sia esclusivamente quella che attiene alla dimensione religiosa. Larte, la filosofia, la scienza la vera scienza possiedono, ciascuna, una dimensione sacrale, alla quale sarebbe doveroso accostarsi con umilt, rispetto, devozione. Vi una sacralit dellopera darte, cos come vi una sacralit del pensiero e cos come vi una sacralit della ricerca scientifica: e il profano dovrebbe avvicinarsi a queste cose trattenendo il fiato e camminando in punta di piedi. Si osservi, invece, come si comportano moltissime persone durante un concerto di musica classica, una rappresentazione teatrale, una conferenza filosofica o scientifica; si osservino il parlottare e lagitarsi scomposto del pubblico, lo squillo dei telefonini cellulari lasciati distrattamente accesi, lo sbadigliare, lalzarsi prima del tempo. E ora si trasportino queste osservazioni nellambito che proprio del sacro per eccellenza, ossia nella dimensione religiosa. Anche qui vi sono sguardi e gesti dimpazienza; telefonini che squillano fuori luogo; abbigliamenti e atteggiamenti inadatti e inopportuni; commenti a voce alta che disturbano la concentrazione e il devoto raccoglimento. Le funzioni religiose, gi largamente permeate di spirito secolare e ridotte, sovente, a poco pi che delle semplici assemblee civili, non incutono quel senso reverenziale di timore e tremore che corrisponde al loro intimo significato: un elevarsi dellanima a Dio, un discendere dello spirito divino tra i fedeli. Nelle parole delle omelie, non di rado, si sente parlare di tutto, tranne che del bene e del male, del lecito e delillecito, delle cose di Dio e delle cose del mondo. Oppure si osservi il comportamento delle persone nei cimiteri, specialmente in occasione della ricorrenza dei defunti. Quasi nessuno si fa pi il segno della croce quando entra o quando esce; quasi tutti parlano a voce alta, alcuni ridono e scherzano come se fossero in piazza; i bambini corrono qua e l, come ai giardini pubblici: tutto linsieme si riduce a uno stanco rito borghese, che consiste nel cambiare i fiori sulle tombe e davanti ai loculi, cos come si potrebbe cambiare lolio del motore quando si porta la macchina dal meccanico o dal benzinaio. La mancanza di propriet, di maturit, di buon gusto, si nota anche in quegli ambiti che, pur non essendo di pertinenza del sacro, dovrebbero, nondimeno, godere di uno statuto socioculturale alto, pur allinterno della societ profana: scuole, ospedali, palazzi di giustizia, uffici pubblici, sale daspetto di medici o dentisti. Invece, gi a cominciare dallabbigliamento, si vede quotidianamente che ben pochi entrano in simili luoghi con un atteggiamento rispettoso; la maggioranza si veste, destate specialmente, quasi come se dovesse recarsi in spiaggia; parla come se si trovasse in strada o al mercato; molti si portano la musica da ascoltare con lIpod e se ne vanno per i corridoi di un liceo o per le scale di un ufficio pubblico con la stessa disinvoltura con cui si muoverebbero per le stanze di casa loro, ciabattando e urtando le altre persone, magari anche esibendo generose superfici del proprio corpo, cos, tanto per seguir la moda. Che ci siano dei tempi e dei luoghi, oltre che delle modalit precise, per regolarsi in una maniera piuttosto che in unaltra, nelle varie circostanze della vita; che non tutto si possa fare in qualunque momento e in qualunque luogo; che una mamma che deve allattare il proprio bambino farebbe cosa educata evitando di scoprirsi il seno in piena sala daspetto ferroviaria, anche se nessuna legge esplicitamente lo proibisce, o che un giovane che entra nel cortile della scuola con la moto dovrebbe rallentare e dare la precedenza ai pedoni, anche se non vi sono gli appositi cartelli stradali a ricordarlo: tutto questo sembra ormai dimenticato. Resta il dubbio fino a che punto le persone siano semplicemente inconsapevoli e maleducate e fino a che punto si nascondano dietro il comodo lasciapassare della spontaneit, della spigliatezza, della modernit. Resta il dubbio fino a che punto ci si trovi in presenza di scarsa maturit e di scarsa consapevolezza e fino a che punto gli esibizionisti, i narcisisti, i malati di protagonismo facciano semplicemente finta di non accorgersi della inopportunit e della cafoneria dei loro comportamenti, per poter occupare sempre maggiori spazi di visibilit e costringere il prossimo a prendere atto che loro ci sono, che si credono belli e interessanti, che hanno il diritto di

occupare leterno palcoscenico del mondo, leterna fiera delle vanit. Non lo sapremo mai; non sapremo mai dove finiscano la trasandatezza, lesibizionismo, la volgarit e dove incominci una subdola strategia per attirare lattenzione su di s, in qualunque modo ed a qualunque costo. Lindividualista di massa ha la forza del numero dalla sua: se ostenta, se provoca, se mette gli altri perfino in imbarazzo con i suoi comportamenti, pu sempre respingere qualsiasi critica, dicendo che tutto quel che gli altri devono fare, se non hanno voglia di vederlo, guardare altrove. Facile a dirsi: ma provate a mettervi nei panni, per esempio, dellimpiegato di un ufficio postale, e a dover trattare con un utente che si presenta al vostro sportello con tre o quattro chiodi infilati sulla lingua, nel naso, sulle labbra, perforandole da parte a parte: non saprete, letteralmente, da che parte guardare. Eppure state bene attenti a lasciarvi sfuggire il pi piccolo segno di disagio, se non vorrete esporvi allaccusa di essere delle persone retrograde, intolleranti, perfino razziste. Non parliamo poi se quellutente si presenta con i pantaloni cos bassi da mostrarvi i peli del pube: attenti a dove guardate, se non volete fare la figura del porco. E cos via. Insomma: il sacro e il profano hanno significato in una societ e in una cultura che possiedono il senso del limite, il senso della distinzione, il senso dei valori. Se ci non avviene, allora il sacro e il profano si mescolano in un torbido minestrone dove tutto diventa lecito, tutto diventa giusto e buono, purch si abbia laccortezza di invocare il sacrosanto diritto allautenticit: parola magica, questultima, che apre tutte le porte, come la formula di Al Bab. Anche se quei comportamenti sono lesatto contrario dellautenticit, anche se sono nello stile massificato che adottano gli uomini e le donne da nulla, anonimi, insignificanti, e tuttavia smaniosi di riconoscimenti per il loro supposto valore, famelici di notoriet, impazienti di strappare sguardi ammirati. Inversione di valori: quando il falso viene spacciato per vero; il brutto, per bello; il cattivo, per buono. Inversione voluta, programmata, imposta quasi per decreto, con la scusa che nessuno pu ergersi a giudice dei supremi valori e che essi eccedono le capacit umane. Tutto perfettamente logico - del resto - in un mondo che ha ucciso Dio, forse per poter meglio infierire sul prossimo Lipocrisia antirazzista di Enrico Galoppini - 23/01/2013 Fonte: Europeanphoenix Considerando la questione del degrado di una determinata societ umana, se da un lato necessario prendere in considerazione quei comportamenti che, dilagando e sembrando sempre pi normali, fanno precipitare gli uomini che la compongono negli abissi del loro fallimentare edonismo, dallaltro non bisogna tralasciare quei concetti e quelle convinzioni che informano le menti dei medesimi soggetti. La capacit di suggestione di queste idee infatti tale che sono proprio queste, una volta penetrate al posto di quelle sane e rette, ispirate dallAlto, a condizionare le scelte e le azioni degli uomini di un preciso tempo e luogo. Una societ, da che era retta da principi e valori effettivamente universali, finisce per rotolare lungo una china che conduce ad un piano esattamente inverso, quello in cui dominano principi e valori particolari, ispirati invece dal Maligno, che stuzzica con le sue arti la nostra provvidenziale facolt di libero arbitrio. Lattuale situazione delle cosiddette societ moderne o occidentali quella appena descritta sinteticamente: teoria e pratica, pensiero ed azione, agiscono in maniera consequenziale e solidale nel dare forma ad una modalit del vivere insieme e del corrispondente tipo umano mai visti prima, tanto che viene da ipotizzare che nel breve volgere di tempo tutta lumanit, tranne le eccezioni rappresentate da chi si terr saldo ai principi universali, finir per essere schiava del proprio ego, del satana interiore, con una societ globale che glorificher un umano ridotto ad un simulacro disanimato di quello che avrebbe potuto essere ben altro, ovvero vicario di Dio sulla terra. Ma per non tradire se stesso e il compito assegnatogli, luomo deve darsi una scala di priorit, al culmine della quale vi lintellettualit pura (che niente ha a che spartire con lintellettualismo moderno, mero sfoggio di una anarchica facolt razionale), che coincide con la

Conoscenza, ovvero con lAmore, che implica lidentit tra il conoscente e il conosciuto e la vittoria sulla morte. Ad un livello subordinato, con la sua importanza relativa, vi il piano della morale, che riguarda le interrelazioni tra gli uomini, la quale finch i principi non vengono obliati e contestati resta relativamente stabile nel tempo. Ora, se c un segno tangibile del decadimento del nostro vivere civile e dellattacco che viene portato al carattere della nostra popolazione, quindi di ciascuno di noi, linsistenza con cui, attraverso i mezzi di persuasione di massa (media, spettacolo, letteratura ecc.) e le istituzioni educative viene introdotto un moralismo degenerazione ipertrofica del piano della morale - sempre pi asfissiante e dilagante. Lo si vede plasticamente nella vicenda del cosiddetto razzismo negli stadi. Recentemente, un noto calciatore nero[1], nel bel mezzo di una partita, stufo di sentirsi beccare ed insultare da parte della tifoseria avversaria, ha preso la palla in mano per scagliarla con unenergica pedata al loro indirizzo, abbandonando subito dopo il campo. Immediatamente, allunisono, e senza eccezioni (il che sempre sospetto perch denota una completa uniformazione che spontaneamente non esiste), si sono tutti messi, in vario modo e grado, a dargli ragione, lagnandosi e dolendosi per il razzismo negli stadi che, a loro dire, infesterebbe gli stadi di calcio (e lintera societ italiana!). Si tratta di un episodio marginale, certo, che per rende il polso della situazione del livello di conformismo moralistico che sta imponendosi in Italia e in tutti quei paesi sottoposti ad una cura da cavallo mirata a snaturarne il carattere, da quello che era, mediterraneo, incline alla focosit e alla platealit, nel bene e nel male, a quello puritano e moderato dimportazione doltremanica e doltreoceano, caratterizzato da una repressione ipocrita di tutti quegli istinti che comunque luomo ha in s e che, in una maniera ritualizzata quale pu essere una partita di calcio o una festa paesana, positivo che si sfoghino, per non provocare poi danni peggiori di quelli che si vorrebbe prevenire e contenere con tutti questi controlli e divieti. Ma alla base di tutta questa vera e propria isteria sul razzismo, negli stadi e fuori, c un fatto: dobbiamo, per forza o per amore, accettare la societ multietnica. Ricordo distintamente, nei primi anni Novanta (un vero spartiacque tra un prima e un dopo, non a caso inaugurati dallo spettacolo moralizzatore di Mani Pulite), schiere dimprovvisati pedagoghi indottrinarci con le fantastiche e meravigliose prospettive di unItalia che ormai assicuravano - un paese multietnico. Attenzione, nei primi anni Novanta, lItalia non era affatto multietnica, ma tutto quel lavaggio del cervello nel quale sinscrisse anche uninsostenibile Miss Italia originaria di Santo Domingo! puntava a far percepire come una condizione acquisita ed ineluttabile una prescrizione, anzi una vera e propria imposizione: multiculturalizzatevi! da quegli anni che ci stato imposto di gioire acriticamente per il multietnico, e per la sua premessa, limmigrazione di massa, come se, senza bisogno di alcuna dimostrazione, solo per la magia delle parole tipica dellipocrisia moralistica, fosse di per s positiva una societ in cui devono convivere le popolazioni le pi diverse, per mentalit, usi, costumi ecc. Multietnico bello, e stop, senza possibilit di replica. Addirittura, per non permettere a nessuno di fiatare e, soprattutto, di utilizzare questo tema in politica, sempre nello stesso torno di tempo venne imposta in fretta e furia la Legge Mancino/Modigliani, quella che sanziona implacabilmente ogni dichiarazione (o supposta tale) di superiorit etnica e religiosa. Eppure, allepoca, non cerano n la societ multietnica n i razzisti da colpire con lapposita legge, fatti salvi piccoli gruppetti che fisiologicamente occupano i residuali spazi a destra della destra e, per la verit, un piccolo ma preveggente sodalizio, il Fronte Nazionale, che per un breve periodo, prima del suo scioglimento coatto proprio a causa della suddetta legge, aveva fatto della sensibilizzazione sui problemi derivanti dalla societ multietnica (o multirazziale, come riportavano i suoi scritti) il suo unico cavallo di battaglia. Cera anche, ad onor

del vero, una Lega Nord non ancora poltronizzata e ridotta a pi miti consigli (vedasi il recente e continuo bersagliamento giudiziario), la quale, per, se la prendeva a livello propagandistico pi che altro coi terun. Ma non cera, con tutta evidenza, alcuna emergenza razzismo Cera, piuttosto, la volont, da parte delle lite dominanti (alta finanza e sette*2+ mondialiste, con tutto il resto, intellettuali compresi, che va al carro dei loro impulsi), di modificare profondamente il volto delle nostre societ, sul modello del melting pot anglosassone, utilizzando la leva della immigrazione di massa di cui, lo sbarco rocambolesco di migliaia di albanesi che si lanciavano in mare da un piroscafo, rimarr sempre unimmagine-simbolo. Nessun pedagogo della domenica ha mai per dimostrato che multietnico bello. Semplicemente perch indimostrabile, avendo piuttosto a che fare con un approccio moralistico, con quel che si vuol far digerire per forza a colpi di ricatti morali, di pressioni, di perentorie minacce di esclusione dal consesso delle persone civili. Intendiamoci, come ho gi avuto modo di scrivere su Eurasia*3+, la questione immigratoria, quand affrontata estrapolandola dal contesto, prendendosela perci solo con un anello della catena, per giunta il pi debole, diventa la prateria sulla quale scorazzano tutti i demagoghi e i vigliacchi di questo mondo, che strillano, minacciano e talvolta esagerano, ma poi non fanno assolutamente nulla, anche quando andrebbe fatto (si pensi a certi quartieri di alcune citt italiane), e, colmo dellimbecillit e della malafede, se la prendono proprio con quegli aspetti dellimmigrazione che maggiormente andrebbero esaltati, come lattaccamento alle proprie tradizioni e alla religione: lislamofobo che getta carrettate di letame sul terreno sul quale sorger una moschea non ha capito nulla di quello che critica a vanvera e di quello che dice di voler difendere. L, pi che di razzismo da sventolare in faccia agli allocchi progressisti di tutte le risme, bisognerebbe parlare chiaro e tondo di occidentalismo e modernismo, perch non c nulla di pi moderno che dellodio verso la religione e la tradizione. Ma tornando alla questione del razzismo, prima di chiudere il cerchio tornando allepisodio calcistico che ha dato lo spunto per queste considerazioni, c da rilevare un altro fatto assurdo, dato per acquisito senza che nessuno osi fiatare, sempre per paura dessere linciato moralmente, il che la dice lunga sulla libert che vige in questa societ che si loda e simbroda di continuo come aperta, tollerante ecc. Il costante panegirico del meticciato e della mescolanza, entrato anche nel mondo della cultura, dove pi una cosa ibrida e pi esalta, non viene mai messo in discussione, eppure, di per s, non si tratta di concetti dei pi elevati. Da sempre, infatti, puro sinonimo di pulito, di incorrotto, e non possibile che tutti quelli che sono venuti prima di noi si siano sbagliati. Ha sempre valso il principio per cui la forma tutto, principio dordine, anche per una societ, poich linforme, il non definito, corrisponde al caos, da cui deriva ogni sciagura. Ma oggi, sembra che i moderni non vogliano pi stare entro alcuna forma, declamando invece le lodi dellinformale, e quindi del meticciato, in ogni campo e a tutti i livelli, come se avessero timore, se non un vero e proprio orrore, di tutto ci che ha una sua identit definita. Ci devessere un odio di s dietro tutto questatteggiamento unilaterale, frutto duna educazione pluridecennale al centro della quale sta - colpa di una scuola e una cultura in mano a scellerati ed invertebrati senza amor patrio - una costante damnatio memoriae per tutto quel che siamo stati ed abbiamo realizzato in passato. Eppure, in giro per il mondo, non sono tutti cos antirazzisti come dovremmo essere noi pedagogizzati. Ma queste cose le pu sapere solo chi ha viaggiato, chi ha potuto osservare, confrontare, valutare e, perch no, apprezzare anche lalta considerazione che, rispetto agli altri, hanno parecchi popoli nel mondo. Senza che per questo ci si debba mettere a giudicarli male per il loro atteggiamento discriminatorio e altezzoso. Se vado in casa daltri so che devo entrarci rispettoso e in punta di piedi, senza per ci approvare tutto, ma nemmeno per ergermi a supremo tribunale di quello che probabilmente non potr mai capire appieno.

C dellaltro: il senso dellospitalit verso lo straniero (parola ormai proibita!) e della dignit che ci piace costatare in molti popoli extraeuropei non viene certo dalliperspazio, e tantomeno da un corso accelerato di antirazzismo. Deriva da una corretta valutazione di s, dal sapere quel che si vale, fino a considerarsi (terribile sacrilegio!) il centro del mondo. Cos, da quella posizione di forza, si pu aprire le porte al forestiero ed accoglierlo volentieri e degnamente. Qui, al contrario, tutto un autoflagellarsi, un piangere sui propri crimini. Un plaudire masochistico alla Legge Mancino e un invocare ancor pi draconiane pene per i razzisti. Cos, a parte la spocchia del ricco (o di chi si crede tale) verso il povero, che in fondo il razzismo moderno ridotto allosso*4+, non c una civilt, un carattere a sostenere noialtri quando ci troviamo di fronte chi viene da fuori. Di qui sorgono due tipi di reazione: una, minoritaria, quella dei cosiddetti naziskin e dei gruppetti identitaristi (i quali hanno unidea della identit esageratamente ingessata); laltra, maggioritaria, quella del progressista, di quello che vede la comunit come un mero esito contrattuale e non un dato naturale frutto duna lenta civilizzazione che non pu permettersi lo tsunami dellimmigrazione di massa. Per questultimo tipo, che quello che fa danni nelle scuole, nelle istituzioni e nella cultura, tutto il mondo paese, tranne che il suo quartiere, radical chic, bello tranquillo e assolutamente immacolato dal punto di vista multietnico, mentre i babbei che pendono dalle sue labbra (se un intellettuale) o che lo votano (se un politico) abitano in quartieri il pi delle volte oltre i limiti del degrado, nei quali pu essere persino pericoloso girare dopo limbrunire. Ma come scrivevo nel summenzionato articolo per Eurasia, al di l di tutto il chiacchiericcio sulla integrazione e il diverso, c un motivo preciso per cui alta finanza e progressismo si danno la mano sulla questione immigratoria e la societ multietnica*5+: si tratta di sfruttare pi che si pu lessere umano, usando la leva economico-finanziaria, inducendo masse ad emigrare con ogni meschino e spregevole mezzo e forzando a vivere insieme, in una sorta desperimento, gente che non ha nulla a che spartire se non le meravigliose, sovente illusorie, opportunit economiche di un Paese. La patria in questo modo diventa un PIL, o uno spread, o la disoccupazione e gli assegni familiari da percepire, ma gli imbonitori delle nuove forme di cittadinanza sembrano non rendersene conto: continuano a cantare la loro filastrocca ad un pubblico senza pi capacit critica, aduso solo ad annuire e a dare la caccia al razzista, che potrebbe sempre annidarsi ovunque, dal lavoro alla scuola, e persino in casa! Di tutto ci, certamente, sorridono i giovanotti miliardari che tirano calci a un pallone, e soprattutto coloro che tirano le fila dun baraccone che ha smesso da tempo dessere qualcosa che ha a che fare col sano agonismo, per il quale ci si pu anche misuratamente appassionare. Il calcio, almeno da quando lo conosco, sempre stato una valvola di sfogo per gente dei ceti sociali bassi, o medio-bassi, gli altolocati preferendo per la maggior parte altri sport. Quel tipo di persone ha unesigenza da soddisfare, a causa del tipo di vita che conduce (quanto per propria colpa, non qui il punto): deve sfogarsi. E questo lo sa bene chi gli apparecchiato il giocattolo. Ma non lo comprenderanno mai gli educatori in servizio permanente effettivo. Che dotati dellesclusiva della fabbricazione delle opinioni, si scatenano in teorizzazioni una pi irreale dellaltra, come se loro fossero alieni da ogni passione o esagerazione, postulando un essere umano cloroformizzato, tra lameba e lo zombie, che non esiste se non nelle loro fantasie perverse. O forse proprio un obiettivo preciso quello che viene perseguito con tanta tenacia: costringere luomo in una camicia di forza, in una gabbia moralistica che alla fine lo faccia impazzire, facendogli commettere azioni molto pi gravi di un insulto ad un calciatore nero o alla tifoseria avversaria. Ma non c scampo nella societ del moralisticamente corretto: una volta che, compresso e represso in ogni modo, questuomo compiutamente moralizzato e perci democratico e moderno, avr sterminato la sua

famiglia oppure sbudellato un automobilista per una mancata precedenza, dovr sorbirsi lennesima predica da parte dei soliti educatori, inamovibili e senza possibilit dessere contraddetti nella loro torre davorio dei media e della cultura, inabbordabile da chiunque non sia stato dotato del bollino di democratico antirazzista. Tutto questo fa molto pena, per come si riduce luomo quando si mette a cazzottare con la sua indole naturale. Certo, non un bello spettacolo vedere una turba stravolta lanciare insulti allindirizzo di qualcuno, solo per stare meglio. Ma questo qualcuno non pu fare quello che casca dal pero, ignaro del contesto in cui vive (e piuttosto bene, direi): quello del mondo dello sport, in cui circolano cifre da capogiro e dove non si pu pretendere che, in uno stadio di calcio, la massa ci vada in pelliccia e col monocolo; e quello della societ multietnica, con la rabbia che alimenta presso i ceti sociali pi bassi, gli stessi che rimpolpano le tifoserie, e nella quale un privilegiato come un calciatore (nero o non nero) pu anche sorvolare su qualche parola di troppo, ch tutti gli altri sopportano di peggio. *1+ Di colore lo lasciamo volentieri agli schiavisti anglosassoni, che dopo aver rovinato lAfrica deportandone milioni di suoi figli, si sono pure inventati, come se bastasse una parola a ripulirsi la coscienza e la reputazione, il vago e pudico colored, che ovviamente non poteva non entrare nel vocabolario di noi italiani, subalterni e in costante imbarazzo per la sola radice cubica delle malefatte di questi campioni dipocrisia. *2+ Qui si usa il termine setta con riferimento a tutte quelle organizzazioni, religiose, culturali e politiche, che auspicano e lavorano, convergendo spontaneamente, per instaurare una Repubblica universale, un Nuovo ordine mondiale. La setta, in questo senso, pu anche avere un miliardo di simpatizzanti, pi o meno coscienti dellazione dei suoi dirigenti, non essendo qui in questione il numero esiguo di affiliati che caratterizza quel che comunemente viene definito setta. [3] Il fondamentale carattere economico del problema immigratorio, Eurasia 1/2006, pp. 119-122. *4+ Non esiste infatti razzismo verso gli svizzeri, gli austriaci o gli svedesi, ma verso i romeni s, perch visti come poveri, anche se pi vicini a noi culturalmente! [5] Come del resto su tutta la linea: si faccia caso che mentre le Femen si spogliano in Piazza San Pietro esibendo la scritta In Gay We Trust, tutti i bancomat della Citt del Vaticano sono stati bloccati dalle autorit bancarie italiane, imbeccate da quelle europee, giustificando tale inaudito provvedimento con la scarsa trasparenza dello IOR! Come se le altre banche fossero delle mammolette Cfr. M. Blondet, Il Vaticano non pu n vendere n comprare, Effedieffe.com, 15 gennaio 2013. Signoraggio bancario, l'origine sconosciuta del debito pubblico di Gianfredo Ruggiero - 23/01/2013 Fonte: Arianna Editrice In molti pensano che il debito pubblico sia il saldo negativo tra le entrate e le uscite del bilancio statale causato dai quei governi spendaccioni che negli ultimi decenni ci hanno fatto vivere al di sopra delle nostre possibilit. Non cos. Lincapacit, gli sprechi e le ruberie dei politici contribuiscono solo ad alimentarlo. La causa ben altra. Allorigine del debito pubblico, che ha generato nei conti dello Stato una voragine in continuo aumento, vi un meccanismo ben congeniato definito Signoraggio. Un termine, non a caso, di origine medioevale. Partiamo dalla Banca dItalia che non la Banca dello Stato Italiano, bens un consorzio di banche private. Lo Stato presente attraverso lINPS e lINAIL con un minuscolo 5,6%, questo per giustificare la definizione di Ente di Diritto Pubblico. La Banca dItalia - ora filiale della Banca Centrale Europea, anchessa privata svolge sostanzialmente due compiti. Il primo quello di organo di controllo sulloperato degli Istituti di credito (in pratica le banche controllano se stesse). Il secondo gli viene attribuito dallo Stato che concede loro il diritto esclusivo di stampare banconote, poi cedute al governo in cambio dei titoli di debito pubblico (BOT, CCT, CTZ, ecc.).

Queste cambiali sono a loro volta piazzate dalle banche sui mercati finanziari internazionali a tassi stabiliti dagli stessi mercati. In pratica lentit del debito pubblico, da cui deriva la politica finanziaria di una Nazione, non la decidono i governi bens gli onnipotenti mercati. Ossia una dozzina di banche e societ finanziarie che attraverso potentissimi software, con un clic del loro mouse fanno crollare intere economie al solo scopo di incrementare a dismisura i loro guadagni e preparare il terreno per il successivo indebitamento degli stati, e rattrista assistere al timore reverenziale espresso nei loro confronti dai nostri politici ed economisti. Allo Stato rimane la propriet delle sole monete metalliche coniate dalla Zecca, senza interessi e costi aggiuntivi, che valgono per solo il 2% della massa monetaria circolante. Il meccanismo in sintesi questo: la Banca dItalia, che in questo caso si comporta come una semplice tipografia, stampa una banconota, ad esempio da 500 euro, il cui costo di produzione di circa 30 centesimi tra filigrana e inchiostro e la cede alla Stato, non al costo di produzione maggiorato del suo guadagno, come logica vorrebbe, bens al suo valore nominale: 500 euro. E come se il tipografo, a cui stata commissionata la stampa dei biglietti dingresso di un cinema, si facesse pagare limporto scritto sul biglietto. Non finita: questo foglietto di carta colorata non viene venduto allo Stato, seppur ad un prezzo assurdo, bens dato in affitto e, cosa ancora pi scandalosa, senza alcun possibilit di riscatto. Lo Stato per tutta la sua esistenza pagher alle banche private gli interessi su delle banconote che in teoria gli dovrebbero appartenere. Un gran bellaffare, con c che dire Analizzando i dati ISTAT del periodo 1990/2008 (nell'allegato PDF riportata la tabella completa) si pu notare come il debito pubblico, per effetto dellanatocismo (interessi sugli interessi), costituito nella sua totalit da interessi (96,5%). Se lo Stato si riappropriasse del diritto di stampare moneta lItalia non avrebbe debiti e le risorse rese disponibili sarebbero impiegate esclusivamente il benessere del popolo italiano. Anni '70 e '80: formidabili quei miti fra tv, fumetti e cinema di Luca Negri - 23/01/2013 Fonte: il giornale C'erano una volta i miti, quelli dei culti pagani, delle iniziazioni che sancivano la fasi della crescita dell'uomo e il suo rapporto con la societ. Nei secoli la civilt occidentale si desacralizzata, secolarizzata. E i miti sembrano essere diventati altre cose: ormai, nel linguaggio comune un mito una rockstar, un divo hollywoodiano, un campione sportivo. In effetti, anche questi nuovi miti hanno qualcosa da insegnare e hanno costellato riti di passaggio generazionali o svolte epocali. Lo sa bene Marco Iacona, studioso del pensiero politico e appassionato di cultura popolare, e ce lo suggerisce in C'era una volta una generazione. Eroi e idoli popolari nei fumetti, al cinema, alla radio e in TV (Tabula Fati, pagg. 156, euro 12). La generazione del titolo la sua, nata nel cuore degli anni Sessanta ed entrata nella maggiore et negli Ottanta, appena in tempo per mandare in soffitta le ossessioni ideologiche dei fratelli maggiori e per dedicarsi ai miti pop. A partire dai fumetti come Tintin, inventato da Herg negli anni '30 sulle pagine di un settimanale per ragazzi legato alla destra cattolica francese, ma pronto a esplorare i misteri del Tibet e della luna ben prima della Nasa. Poi c'era Diabolik, accompagnato da quell'Eva Kant molto pi femminista di tante militanti. Zagor, della scuderia Bonelli, era un ottimo esempio di rigetto delle ideologie, pronto a schierarsi con gli indiani ma anche contro, nel caso avessero torto. Mentre il mondo dei Peanuts di Schulz, senza adulti tra i piedi, era utopia realizzata senza traccia di sovversione. Ma ancor pi del fumetto fu la tv a imporre i nuovi miti. Lo sceneggiato Il segno del comando, storia di probabili reincarnazioni, di fantasmi, di predestinazioni, portava sul piccolo schermo l'esoterismo. La forzuta, anarchica e magica Pippi Calzelunghe faceva sognare i pi piccini. Goldrake lanciava la moda dei robot giapponesi in lotta contro il male e le civilt nemiche dei terrestri. Heidi fuggiva dalla civilt urbana come un'eroina di Jack London o un anarca jngeriano. Al cinema c'era

John Travolta alias Tony Manero: era il '78, in Italia le Br assassinavano Moro mentre nelle discoteche di New York i giovani in preda alla febbre del sabato sera preferivano imporsi con il ballo, quasi devoti al Dio che danza invocato da Nietzsche. La strategia della tensione di Manlio Dinucci - 23/01/2013 Fonte: Il Manifesto Le drammatiche immagini dell'attacco al campo gasiero in Algeria, da parte di un commando definitosi jihadista, fanno il giro del mondo. Tecnici della Bp e della Statoil legati a esplosivi al plastico, uccisi dai sequestratori o durante gli scontri. Effetto garantito. Il ministro degli esteri francese Fabius lancia l'allarme sulla drammatica situazione algerina. Il premier britannico Cameron convoca il Comitato Cobra per le situazioni di emergenza. Il presidente Obama dichiara che l'attacco ci ricorda ancora una volta la minaccia posta da Al Qaeda in Africa e che gli Usa si muoveranno per far s che fatti analoghi non si ripetano. Secondo notizie diffuse da fonti non ben identificate, il commando terrorista riceveva gli ordini tramite telefono satellitare dall'emiro Moctar Belmoctar, ex capo di Al Qaeda del Maghreb islamico, ora a capo di una nuova formazione che ha base in Mali. Proprio dove (guarda caso) sta intervenendo militarmente la Francia e dove l'Unione europea sta per inviare una missione di addestramento, formata da 450 specialisti della guerra (italiani compresi), che fornir anche consulenza alle operazioni di comando. Resta il mistero di come il commando, formato da decine di uomini pesantemente armati, abbia potuto percorrere allo scoperto con il proprio convoglio di fuoristrada centinaia di chilometri in un territorio presidiato giorno e notte da circa 300mila uomini dell'esercito algerino, addestrato e armato dalla Francia e dal Comando Africa degli Stati uniti. Legittimo il sospetto che l'attacco al campo gasiero sia stato orchestrato e/o facilitato dalla Francia, con la copertura Usa, per coinvolgere l'Algeria e altri paesi nordafricani nell'operazione militare in Mali, allargandone l'area. In Africa, la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati uniti e altre potenze occidentali non sono in grado di reggere, con i loro gruppi multinazionali, la concorrenza economica della Cina e di altri paesi emergenti. Volendo mantenere a tutti i costi il controllo delle fonti energetiche e dei minerali strategici del continente, nonch delle sue zone di importanza geostrategica, soffiano sul fuoco delle tensioni e dei conflitti interni per giustificare il loro intervento militare, finalizzato a soffocare le lotte di liberazione dei popoli. A tal fine non si fanno scrupolo di usare gruppi jihadisti, i cui militanti di base, convinti di combattere l'imperialismo occidentale, finiscono per esserne strumenti. Li hanno usati in Libia per disgregare il paese dall'interno, mentre la Nato lo attaccava con cacciabombardieri e forze speciali infiltrate. Perfino il New York Times, dopo l'attacco in Algeria, ammette che Gheddafi aveva ragione quando avvertiva che l'abbattimento dello Stato libico avrebbe provocato il caos, dando mano libera ai gruppi juhadisti. Non dice per il New York Times che lo stesso la Nato sta facendo in Siria, confermando che ci rientra nella propria strategia della tensione. Ha capito tutto Bersani. Bisogna fermare le formazioni jihadiste sanguinarie - ha dichiarato - non si pu lasciare sola la Francia, intervenuta in Mali: I'intervento ci vuole ed tempo che la Ue riprenda il bandolo. Quello che in realt l'Europa ha gi ripreso in mano per svolgere la vecchia matassa delle guerre coloniali. Bobby Sands trentanni dopo di Rock Reynolds - 23/01/2013 Fonte: L'Unit Sono stati definiti Troubles i disordini dellUlster, lIrlanda del Nord che, nell 81, con lo sciopero della fame dei militanti repubblicani, cambiarono per sempre il volto della storia SONO TRASCORSI SOLO PI DI TRENTANNI, MA SEMBRA CHE SOTTO I PONTI DI ACQUA NE SIA PASSATA MOLTA DI PI. ACQUA TORBIDA E IMPETUOSA, PER GIUNTA. TALVOLTA MACCHIATA DI SANGUE. Per molti versi, il 1981 fu lo spartiacque di uno degli ultimi veri conflitti europei, bollato come poco pi di una scaramuccia locale dal governo britannico, timoroso di santificarne lo status ufficiale di guerra, e invocato dai simpatizzanti della causa repubblicana come vera e propria guerra di liberazione. Stiamo parlando dei

cosiddetti Troubles, i disordini dellUlster, lIrlanda del Nord. Alcuni dei principali protagonisti della scena pubblica di quei giorni non ci sono pi. Bobby Sands, capintesta dello sciopero della fame che nel 1981 fece saltare il tavolo su cui il governo britannico era convinto di avere pieno controllo, fu il primo martire del nuovo corso irlandese. Margaret Thatcher, la Lady di Ferro, nemica giurata della causa repubblicana e allora primo ministro britannico, ancora in vita, ma una malattia progressiva lha trasformata in una pallida immagine della donna dal polso dacciaio e dallo sguardo glaciale che tormentava il sonno di molti leader mondiali del tempo. Altri personaggi ancora, che erano ricercati come terroristi o detestati e perseguitati in quanto esponenti di bracci politici di organizzazioni terroristiche, oggi occupano ruoli di primo piano nelle istituzioni nordirlandesi. Martin McGuinnes, per esempio, temuto e odiato vicecomandante della Brigata di Derry dellIra, oggi vicepremier del governo semi-indipendente dellIrlanda del Nord. Ma torniamo a quel fatidico 1981. La lotta irredentista della comunit cattolica nordirlandese, ormai rassegnata a non ricevere il minimo aiuto dai fratelli della Repubblica di Irlanda, era giunta a una posizione di pericoloso stallo. Due fatti quasi contemporanei cambiarono per sempre il volto della storia: la clamorosa protesta dei membri dellIra e di altre organizzazioni paramilitari repubblicane rinchiusi nel carcere di Long Kesh che invocavano lo status di prigionieri politici a cui la Thatcher oppose il secco rifiuto che port alla decisione di dare vita a uno sciopero della fame a oltranza e la decisione conseguente di candidare il leader della protesta, Bobby Sands, alla poltrona di membro del parlamento per la circoscrizione di Fermanagh e South Tyrone lasciata vacante. La determinazione, labnegazione e la disperazione di Bobby Sands e dei suoi compagni di protesta, da un lato, e la scelta oltranzista di Margaret Thatcher, dallaltro, furono il fuoco della campagna elettorale che port alla elezione di Sands, che peraltro non valse a salvare la sua vita e quella di altri nove militanti. Sands non si accomod mai sugli scranni del parlamento. Per ironia di una sorte che aveva in larga parte il volto beffardo di Margaret Thatcher, le rivendicazioni di Bobby Sands e compagni ebbero soddisfazione solo dopo la loro morte e la fine dello sciopero della fame. Il 5 maggio 1981, alla notizia della morte del parlamentare britannico Bobby Sands, la lady di ferro ebbe a dire, di fronte alla Camera dei Comuni: Il signor Sands era un criminale. Ha scelto di togliersi la vita. Una scelta che la sua organizzazione non ha concesso a molte delle sue vittime. Invece, fu proprio quello sciopero della fame a decriminalizzare la figura del militante repubblicano persino agli occhi di una parte dellopinione pubblica britannica. Un periodo storico cos complesso ed emozioni cos forti hanno dato la stura a una serie di ottimi romanzi e pellicole intense. Lultimo in ordine di tempo La bambina dimenticata dal tempo (Uovonero, pagine 328, euro 14) della compianta Siobhan Dowd, gi autrice dello splendido Il mistero del London Eye. La vicenda si svolge sul duplice binario della contemporaneit (nella fattispecie, i giorni dello sciopero della fame del 1981) e del passato (duemila anni prima). Il cadavere mummificato di quella che sembra una bambina viene rinvenuto in una torbiera, sul confine sfumato tra Repubblica di Irlanda e Ulster, da Fergus, diciottenne cattolico, insieme allo Zio Tally. John Lennon, idolo di casa, morto da un anno, ma a preoccupare la bella famiglia di Fergus la decisione del fratello Joe, in carcere a Long Kesh per la sua appartenenza allIra, di unirsi allo sciopero della fame. In un crescendo di emozioni, sfumate dalla tonalit mai eccessiva scelta dallautrice forse anche per rendere la storia adatta anche a un pubblico pi giovane, la vicenda personale di Fergus, i suoi turbamenti sentimentali, le difficolt e le speranze della sua generazione in un paese che sembra non poter mai vedere il sereno, si incrociano con la storia che noi tutti conosciamo, con il contrappunto delle pagine che rievocano la vicenda della bambina dimenticata dal tempo, una sorta di anticipazione funesta del tragico destino di un popolo. C pure un colpo di scena finale, come si conviene a un buon romanzo di suspense. C tanta umanit, come si conviene a una vicenda autenticamente irlandese, in questo romanzo e leggerlo potrebbe essere un buon viatico per approfondire le circostanze che hanno fatto dellIrlanda

del Nord uno degli ultimi baluardi della violenza settaria nellEuropa Occidentale. Non mancano altri romanzi interessanti sullargomento. La primavera dellodio di Louise Dean la storia di Kathleen, madre frustrata e repressa con due figli giovani da crescere in un ambiente difficile, un marito pusillanime e un figlio rinchiuso nel famigerato carcere di Long Kesh. anche la storia di John, exmilitare, ora guardia giurata, con una coscienza civile e forti difficolt ad accettare gli orrori del carcere duro. Siamo a Belfast, a pochi mesi dal famoso sciopero della fame. Anche in questo caso, aleggia sullintera vicenda il terrore di una madre di fronte allipotesi che il figlio si immoli sullaltare del martirio per emulare le gesta dei compagni di prigione. Un libro sincero e poco solare, che per sa ricreare il clima di quei giorni. I romanzi Eureka Street di Robert McLiam Wilson e Resurrection Man di Eoin McNamee non si occupano strettamente di Bobby Sands e dintorni, ma offrono uno sguardo lucido sulla societ nordirlandese degli anni bui della guerra civile, con un substrato di cieca violenza settaria che poco ha a che vedere con la causa. Quanto ai film, Una scelta damore di Terry George, per quanto un po di maniera, descrive bene il dramma delle famiglie dei militanti repubblicani partecipanti allo sciopero della fame, le terribili condizioni di vita in carcere e la profonda spaccatura sociale che si venne a creare tra le famiglie di chi and fino in fondo e quelle che decisero di far intervenire lequipe medica del carcere, salvando il proprio caro da morte certa. La bravura di Helen Mirren e Fionnula Flanagan fa il resto. Hunger, film del 2008 votato miglior opera prima al festival di Cannes, ha quasi il piglio del documentario e lascia davvero poco allimmaginazione. Daltra parte, come ebbe a dire Laurence McKeown, che port avanti il digiuno assoluto per settanta giorni, prima che la famiglia richiedesse lintervento dei medici, Hai molto sonno e sei molto stanco...Non cera niente di coraggioso o glorioso...la morte sarebbe stata una liberazione... letteralmente come scivolare nella morte. LItalia entra in guerra per conto degli anglo-americani e dei francesi di Sebastiano Caputo - 24/01/2013 Fonte: lintellettualedissidente L'Italia va in Guerra Gli ultimi dati Istat fanno tremare anche i pi coraggiosi: otto milioni di poveri in Italia, redditi ai livelli del 1986, migliaia di aziende fallite, licenziamenti facili, aumento della disoccupazione, suicidi e fame. La situazione preoccupante tuttavia queste problematiche di natura sociale ed economica risultano periferiche agli occhi dei membri del Consiglio dei Ministri (Cdm) il quale ha approvato oggi alla Camera il decreto missioni relativo al conflitto in Mali. Con il via libera del Parlamento in linea con la risoluzione 2085 del Consiglio Onu sostenuto da tutti i principali gruppi parlamentari eccetto lIdv di Antonio di Pietro e su richiesta dellEliseo, lItalia potr intervenire nel Paese africano con una missione di supporto logistico che prevede limpiego di due aerei C-130 e un aereo 727 per il rifornimento in volo per un periodo di due mesi, estendibile a tre. Ad anticipare il decreto missioni votato oggi al Parlamento era stato ieri sera il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, insieme al collega della Farnesina, Giulio Terzi, il quale aveva sottolineato che lItalia non poteva non partecipare alloperazione militare in Mali. Dopo laccordo trovato con Washington per lacquisto dei cacciabombardieri F-35 i quali costeranno 127 milioni di dollari (99 milioni di euro) ad esemplare lItalia persiste nella sua politica guerrafondaia ed allineata agli interessi anglo-americani e francesi manifestando cos il suo sostegno logistico e militare. Da una parte in Africa, Inghilterra e Stati Uniti non sembrano in grado di reggere con le loro multinazionali la concorrenza economica della Repubblica Popolare Cinese e di altri Paesi emergenti di fatto per mantenere il controllo delle fonti energetiche e dei minerali strategici del continente nero, nonch della regione strategica del Sahel, alimentano la politica neo-conservatrice francese (sperimentata per la prima volta n Afghanistan dal presidente George.W Bush) con lobiettivo di legittimare lintervento militare. In Mali, come avvenuto in Libia, gli anglo-americani non agiscono in prima persona bens in

secondo piano. Non a caso Washington ha concretizzato oggi il suo appoggio alle operazioni delle forze francesi con larrivo di aerei cargo C-17, mettendo allo stesso tempo a disposizione una capacit di trasporto da 140 tonnellate di equipaggiamenti e di unottantina di uomini. Dallaltra parte la Francia, con loffensiva Serval, tenta di proteggere il suo orto (lex impero coloniale) dalle avanzate verso sud dei gruppi islamici, Ansar ad Din, al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e del Movimento per lunit e il jihad in Africa occidentale (Mujao). E allo stesso tempo con lintento di accaparrarsi il bottino maliano ricco di minerali strategici i quali oggi risultano poco sfruttati dalle potenze economiche mondiali: tra questi, oro (il Mali il terzo pi importante produttore di oro dellAfrica), uranio (le esplorazioni sono iniziate da pochi anni e risultano molto interessanti, soprattutto per il gruppo nucleare francese Areva) e diamanti. E lItalia? LItalia sperpera denaro con le missioni di pace votate dai partiti di destra come di sinista e si allinea agli interessi altrui (forse nemmeno per un paio di briciole), priva, ancora una volta, di una politica estera autonoma. Tutto cominciato da quando non si chiama pi signora una donna, n si dice pi mi scusi di Francesco Lamendola - 24/01/2013 Fonte: Arianna Editrice C un film statunitense lo ha osservato il missionario Fabio Ciardi -, Non un paese per vecchi, girato nel 2007 dai fratelli Coen, nel quale, dopo la solita orgia di violenza gratuita, lo sceriffo domanda a un suo collega come sia iniziata una simile spirale distruttiva; e quello gli risponde: Secondo me, tutto ha avuto inizio a partire da quando non ci si rivolge pi a una donna chiamandola signora, e nessuno dice pi a un altro essere umano Mi scusi. Come dire che la violenza cieca e selvaggia ha radici che partono da lontano: partono dalla maleducazione quotidiana, dai piccoli gesti strafottenti e dalle piccole parole sgarbate, o semplicemente ineducate; dal disuso e dalla dimenticanza delle buone maniere, che non sono come troppo a lungo si detto e ripetuto un qualcosa di puramente formale, ma sono il segno visibile di una attitudine rispettosa verso il prossimo, di un riconoscimento della sua dignit intrinseca, che va al di l delle barriere di classe o di censo. Laver assistito indifferenti alla scomparsa delle buone maniere; laver tollerato che i ragazzi dessero del tu agli adulti e agli anziani; aver perso labitudine di chiedere permesso o mi scusi e, con la scusa della fretta e del tempo che tiranno, aver smesso di cedere il passo davanti a una porta, a un ascensore, a una rampa di scale, per farsi largo a gomitate, magari passando sopra agli altri: tutto questo ha contribuito a un graduale, quasi impercettibile processo di imbarbarimento, che abbiamo visto solo nel momento in cui le sue manifestazioni sono diventate insopportabilmente moleste e offensive, ma che era iniziato assai prima. Anche la perdita del valore della bellezza ha contribuito per la sua parte: una televisione, una pubblicit, un cinema sempre pi volgari, sempre pi cialtroni, sempre pi aggressivi, magari con lalibi di una pretesa autenticit che solo la foglia di fico per nascondere grossolanit e mancanza di ide, ci hanno abituati allo spettacolo quotidiano della bruttezza; e, un po alla volta, a chiedere a nostra volta bruttezza, e non bellezza; volgarit, e non finezza; cialtroneria, e non eleganza, intelligenza e creativit. Non occorre pensare soltanto ai reality show; quasi tutto ci che oggi passa per spettacolo e intrattenimento un concentrato di stupidit, di cattivo gusto, di povert espressiva: si pensi alle coreografie, ai balletti, alle danze in cui gli artisti si esibiscono con movenze scimmiesche, degne delluomo di Neanderthal - o forse peggio, per quel che ne sappiamo -, al ritmo assordante di musiche frenetiche e allucinanti, ghignando, mostrando la lingua, cercando di essere sessualmente provocanti (si fa per dire: niente pi anti-erotico di simili spettacoli). E si pensi anche a certe espressioni di arte contemporanea: a certe architetture, a certe sculture, a certi quadri: gettate di cemento, di bronzo o di vernice, in cui trionfano forme sgraziate e colori arlecchineschi, roba che sedicenti esperti proclamano il non plus ultra della modernit e della profondit

esistenziale, ma che le persone comuni, se solo avessero il coraggio di esprimere le loro impressioni ad alta voce, trovano puramente e semplicemente brutte e sgradevoli, e, soprattutto, completamente prive di significato. Un poco alla volta il gusto e la sensibilit delle persone sono stati anestetizzati, travisati, pervertiti: il brutto diventato bello e viceversa; il falso diventato, chi sa come, vero (magari con il sofisma, caro agli psicanalisti, che chi predica la verit solo un ipocrita e un represso, che cela i suoi veri pensieri e sentimenti); il malvagio diventato buono. Dal conformismo di massa si passati allanticonformismo di massa, cio a una nuova forma di conformismo. Chi vive sprofondato nel fango, non si rende conto di esserci in mezzo; solo chi ci appena caduto se ne accorge; ma, per poco che incominci ad abituarsi, a considerare come immodificabile la propria condizione, preso o tardi finir per tessere lelogio del fango, per sostenere che il fango la cosa migliore che ci sia, e guarder con disprezzo e malcelata ostilit verso tutti coloro che nel fango non vivono, o che dal fango vorrebbero uscire. Resta da capire come si sia giunti a una simile deriva, che non la causa, ma, si badi, leffetto di una crisi molto pi profonda e che, senza dubbio, parte ancora da pi lontano di quando si sono incominciate a trascurare le buone maniere. Quello sceriffo diceva che, a un certo punto, si smesso di rivolgersi a una donna chiamandola signora; ma come avvenuta una cosa del genere? La risposta semplice, anche se politicamente scorretta: da quando la cultura femminista ha preteso la parit di trattamento dei sessi. Le donne, a un certo punto, non hanno pi voluto essere chiamate signore, n che gli uomini cedessero loro il passo davanti a una porta, o che offrissero loro il posto a sedere sul treno o sullautobus: consideravano tali gesti come simboli di discriminazione, di arroganza, di dominio sessista. Ma, dallabbandono dei segni esteriori del rispetto, si passati rapidamente allabbandono del rispetto in quanto tale; questo non era stato previsto, ma accaduto. Un discorso analogo si potrebbe fare per labbandono del mi scusi. Era un segno di cortesia: da quando stato cancellato, in nome di un malinteso democraticismo egualitario, anche la cortesia in se stessa tramontata, pi in fretta dello scorrere di una generazione. Non si tratta, lo ripetiamo, di semplice formalismo. Provate a interrogare un piccolo commerciante, diciamo un uomo di mezza et, cresciuto con un certo tipo di educazione e abituato a dare del lei ai suoi clienti. Vi dir che, da alcuni anni a questa parte, tutti, a cominciare dai pi giovani, hanno incominciato a interpellarlo con il tu, con una trasandatezza, con una noncuranza che, sulle prime, lo ha lasciato sbalordito. I genitori di quei ragazzi, condizionati da una idea erronea della spontaneit e della democrazia, non sono intervenuti quando sarebbero stati ancora in tempo per modificare latteggiamento dei loro figli; e poi, stato troppo tardi. Oppure provate a interrogare limpiegato di un ufficio pubblico. Moltissimi utenti, ormai, gli si rivolgono dandogli del tu; gli sbuffano sul viso, se lento ad eseguire il proprio lavoro (o se il lavoro da smaltire , semplicemente, troppo per una sola persona); lo rimproverano sgarbatamente e polemizzano con asprezza se commette un errore, anche lieve; fanno apprezzamenti pesanti sulle sue capacit, si permettono giudizi che a malapena si potrebbero tollerare in casa, tra congiunti, oppure tra amici; e non parliamo di come gli si presentano davanti. Molti, semplicemente, puzzano: si fanno avanti con i vestiti impregnati di sudore rappreso ed emananti un terribile cattivo odore; altri si presentano con spilloni nelle guance o anelli piantati nella lingua; altri ancora ciabattano in pianelle o sandali infradito e ostentano pantaloni corti, magliette trasparenti che non lasciano niente allimmaginazione, pantaloni cos bassi da mettere in evidenza le mutande o il perizoma: e il tutto con la massima indifferenza. Chiedete, infine, a una maestra, a un catechista, spesso anche a un professore di scuola media. considerato normale, ormai, che bambini e adolescenti si rivolgano alladulto masticando gomma americana; che tengano bottiglie, lattine e bicchieri sul banco, come se fossero al bar; che non si alzino affatto e neppure salutino, quando linsegnante entra

nellaula; che gli diano del tu, lo snobbino, continuino a fare il loro comodo, giocherellando o chiacchierando, come se lui non ci fosse, come se fosse trasparente. E domandante come reagiscono le famiglie se un bel giorno, esasperato, quellinsegnante si permesso di mettere una nota allo studente maleducato; chiedetegli come quei genitori lhanno presa, in che modo si son presentati non gi a porgere delle scuse, ma a chiedere e pretendere spiegazioni. Domandate a un professore delle superiori, o a un docente universitario, in che abbigliamento si presentano studenti e studentesse per sostenere un esame; chiedete loro dellimbarazzo che provano davanti a quei ventri scoperti, a quelle natiche debordanti dalla cintura dei pantaloni; e chiedete loro se non si siano sentiti umiliati davanti a quel miscuglio micidiale di sciatteria e di malizia, tale da farli sentire a disagio, sia che guardassero il candidato, sia che non lo guardassero, o che cercassero il modo di guardarlo facendo finta di niente, facendo finta che andasse tutto bene cos, che non ci fosse niente di strano e che strani, semmai, erano loro, i professori, che non sapevano stare al passo coi tempi, che vedevano qualcosa di sbagliato in comportamenti considerati ormai perfettamente normali e perfettamente innocenti. E, di nuovo: i genitori di quel ragazzo o di quella ragazza, al mattino, non hanno visto in che abbigliamento uscivano i loro pargoletti da casa, per recarsi a un appuntamento importante, come quello con un esame di Stato? Ma del resto, di che stupirsi, se perfino molti preti hanno rinunciato a sollevare la bench minima obiezione alle loro parrocchiane chi si presentano allaltare con la minigonna e lombelico scoperto, a fare la minima difficolt alle coppie di sposi che trasformano il sacramento del matrimonio in una fiera delle vanit, loro e i loro parenti ed invitati, prendendo dassalto la chiesa come fosse una discoteca o gi di l? Tutti gli adulti hanno lasciato perdere, davanti allavanzare dei piccoli gesti di maleducazione quotidiana: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti; tutti hanno pensato che, in fondo, il tu pi spontaneo e democratico; tutti hanno pensato che correggere un tal modo di fare sarebbe equivalso a perpetrare una ignobile azione repressiva, a infliggere a quelle povere, innocenti creature un trauma intollerabile. Gira e rigira, si torna sempre l: al mito del buon selvaggio di Rousseau e a tutte le altre sciocchezze e cialtronerie illuministe. Ma lIlluminismo ha prodotto la Rivoluzione francese e la Rivoluzione francese il cardine del mondo moderno: dunque, ci che viene da quella parte il Bene, DEVE essere il Bene, sempre e comunque; e ci che sottintenda anche solo una critica parziale, per forza di cose il Male: ossia le tenebre delloscurantismo, e, per soprammercato, dellautoritarismo repressivo e reazionario. E il 68, poi, ci ha insegnato penetrato ormai nei nostri cromosomi che proibito proibire, che libert non fa mai rima con responsabilit, che tutto va bene purch sia libero e spontaneo let it be, lascia che accada, cantavano i signorini Beatles, e tutti ad applaudire e ad andare in deliquio davanti ai quattro ragazzi inglesi con i capelli lunghi e la chitarra, fatti baronetti dalla regina Elisabetta (e ci mancherebbe altro, con tutti i soldi che hanno portato alla patria riconoscente, vendendo milioni e milioni di dischi in ogni angolo del mondo). Arrivati a questo punto, la domanda se si possa risalire la china, se si possa ritornare al mondo dei valori, incominciando dalla riscoperta e dal ripristino delle buone maniere, e arrivando fino a una completa inversione di tendenza riguardo ai fini e agli scopi della vita, tanto nella sfera del singolo, quanto per la societ nel suo complesso. Ovviamente non esiste una risposta, a meno di possedere la magica sfera di cristallo; per esiste la risposta che ciascuno di noi pu dare, cominciando dal proprio piccolo, nellambito della vita dogni giorno, nelle relazioni con laltro e con se stesso perch quando qualcosa non va con le relazioni che si hanno con laltro, ci significa che qualcosa si incrinato, o forse non mai andato per il verso giusto, nella relazione dellanima con se stessa. La disarmonia del rapporto che abbiamo con il mondo il riflesso della disarmonia del rapporto che abbiamo con noi stessi: questa la legge e da qui dobbiamo ripartire. Luomo contemporaneo non in pace con se stesso: per questo cos facile

preda di tutte le mode, di tutte le sette, di tutti gli umori, ma specialmente degli esempi pi stupidi e volgari, dei comportamenti pi cialtroni e superficiali: quelli, appunto, che non richiedono alcuna intelligenza, n un minimo di sensibilit; quelli nei quali pi facile portare in superficie gli egoismi pi profondi, le tendenze pi sordide e sgradevoli che albergano nellanima. La prima cosa da fare, dunque, imporre silenzio in noi stessi, ascoltare le voci pi autentiche, che bisbigliano talmente piano, da non essere mai udite se si trascorriamo tutta la nostra vita in mezzo al frastuono della cosiddetta civilt moderna. La seconda cosa da fare ascoltare bene quelle voci: ci parleranno di bont, di bellezza, di verit; e ci spingeranno sulla strada giusta, con istinto infallibile, purch respingiamo il ricatti dei cattivi maestri, della sapienza del mondo, che di quei valori ama farsi beffe. La terza cosa , come diceva S. Agostino: ama, e fa quel che vuoi: perch chi possiede lamore, quello vero, potr sbagliare, ma nei dettagli, non in ci che essenziale - qualunque cosa accada

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