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A Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana p.c.

- Al Pd nazionale e toscano Caro Presidente Enrico Rossi, veniamo entrambi dal PCI e in alcune sue posizioni pubbliche (in particolare sulla sua attenzione alla sofferenza sociale) trovo traccia di unidealit comune dalla parte della giustizia sociale, mentre su altre scelte definibili sviluppiste quantitative, a mio parere, bisognerebbe rendersi conto che il secolo in cui siamo impone uno sviluppo qualitativo, non quantitativo (per il nostro Paese e per tutti gli altri Paesi cosiddetti industrializzati e sviluppati). Detto questo, vorrei partire dalla situazione drammatica in cui si trovano gran parte dei Sindaci, Giunte e Consigli Comunali anche in Toscana: le leggi degli ultimi due governi (Berlusconi e Monti), hanno fatto tagli devastanti alle entrate finanziarie dei Comuni e nel Bilancio Preventivo per il 2013 si trovano costretti a tagliare servizi sociali fondamentali (per tutti i cittadini e in particolare per quelli dei ceti sociali pi deboli e poveri). Le faccio due esempi che, penso, sono estendibili a quasi tutti i Comuni di piccole e medie dimensioni: ad Agliana nella spesa corrente del 2013, dovranno tagliare/trovare oltre 1.000.000 euro ed a Quarrata oltre 2.000.000 euro (quindi dovranno tagliare servizi sociali e civili importanti e dovranno aumentare lImu, lIrpef e quasi tutte le tariffe). Quando in passato ci sono stati tentativi dei governi nazionali di tagliare risorse ai Comuni (anche in misura molto minore di quella decisa dagli ultimi due governi) cera una mobilitazione dellAnci e del Pds/Ds/Pd, che riusciva ad ottenere alcuni risultati che ridimensionavano i tagli e contribuiva a capire ai cittadini le responsabilit politiche e la possibilit di scelte diverse. Oggi lAnci come se non esistesse e anche il Pd non promuove nessuna mobilitazione significativa ed efficace: di conseguenza verranno smantellati servizi sociali e civili fondamentali e aumentate tasse e tariffe e i cittadini penseranno che la responsabilit dei Sindaci e della Giunte (la protesta prender di mira quelli di centro sinistra, perch la destra degli evasori e dei ricchi ha sempre chiesto di tagliare la spesa pubblica e Welfare nazionale e locale). La mia prima domanda : cosa pu fare Lei e la Regione Toscana per contribuire ad una presa di coscienza collettiva dei cittadini sulle responsabilit politiche alla radice dei tagli devastanti di vari servizi sociali e del contemporaneo aumento di tasse e tariffe che colpiranno in particolare i cittadini che non ce la fanno pi a vivere in modo dignitoso? Approfitto di questa lettera per parlare anche delle risorse finanziarie pubbliche destinate non alla spesa corrente ma agli INVESTIMENTI. A me sembra evidente che il Ponte sullo Stretto di Messina, come il progetto Tav in Val di Susa sono opere insensate; ma sono opere insensate anche il sottoattraversamento Tav a Firenze, la terza corsia sullautostrada A11 Firenze/mare, la costruzione di nuovi inceneritori, la pista parallela/convergente nellaeroporto di Peretola e tante altre simili in Toscana e in tutte le regioni dItalia. In Italia mancano le risorse finanziarie per: - mettere in sicurezza il territorio dalle alluvioni e dalle frane; - ridurre una sofferenza sociale sempre pi drammatica; - restituire risorse finanziare ai Comuni per evitare tagli devastanti al Welfare locale; - rinnovare la rete degli acquedotti, delle fognature e dei depuratori;

- costruire una moderna mobilit, modernizzando i tragitti orizzontali delle ferrovie (tanti dei quali ancora con il binario unico anche in unarea come quella Pistoia, Lucca, Pisa, Livorno); - ristrutturare gli edifici pubblici (a partire dalle scuole) e privati, per metterli in sicurezza sismica e per tagliare drasticamente la dispersione termica; - realizzare una moderna politica sui rifiuti, generalizzando (come in Veneto: vedi Consorzio Priula, esempio a livello europeo con tariffe la met di quelle toscane) la raccolta differenziata porta a porta e gli impianti logistici e industriali per riciclare le materie seconde tramite il mercato. Questi problemi sono realizzabili solo tramite unALTRA POLITICA che abbia la volont di ridefinire le PRIORIT nella destinazione della spesa pubblica (cos facendo si rianimerebbero le economie locali in tutta Italia e si moltiplicherebbero anche i posti di lavoro)! Perch Lei insiste testardamente nellillusione sviluppista/quantitativa dilagata nellultima parte del secolo passato, senza rendersi conto che necessario e urgente ridefinire le priorit negli investimenti pubblici per fare un salto nella qualit dello sviluppo? Perch ha dimenticato quanto scrisse subito dopo lesito dei referendum del 2011 (Il rapporto tra Pd e movimenti, senza confusione di ruoli, pu davvero aprire una prospettiva di rinnovamento democratico e di cambiamento politico del Paese http://www.partitodemocratico.it/doc/213918/politica-movimenti-dieci-anni-dopo-lasfida-il-dialogo.htm) e non ha fatto niente per impegnare la Regione Toscana in un percorso che si concluda nella ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico (tramite aziende pubbliche che operano a livello di bacini idrici e controllate dai Consigli Comunali e dai cittadini, con strumenti democratici di rappresentanza, pur nella consapevolezza che per realizzarsi necessita anche di una legge da approvare nel Parlamento nazionale, avendo come riferimento quella presentata nel luglio 2007 con la firma di oltre 400.000 cittadini)? In attesa di una risposta, cordiali saluti. Giuliano Ciampolini, membro dellAssemblea pistoiese e toscana di Sel ................................................ In Italia ciascuno dei 10 individui pi ricchi ha una ricchezza pari a quella di 300 mila italiani poveri. www.sbilanciamoci.info 19/03/2013 diseguaglianze, MicroMega LItalia disuguale, invisibile alla politica. di Mario Pianta LItalia uno dei paesi pi disuguali dEuropa. La politica ha aggravato le disparit prodotte dal mercato e tutto questo rimasto invisibile nella campagna elettorale. Fino al brusco risveglio del dopo-voto. Il prodotto delleconomia si distribuisce in tre parti: quella che va al lavoro come salari, quella che va alle imprese come profitti e quella che va alla finanza come interessi e rendite. Secondo Eurostat, nei 17 paesi delleurozona la quota dei profitti e delle rendite nel 2010 del 40%, mentre ai salari va il 60% del reddito.

In Italia la fetta dei profitti nel 2010 era del 45%, con la quota dei salari al 55%. I profitti sono cresciuti in Italia del 3% in media lanno tra il 1993 e il 2000, e dello 0,6% tra il 2000 e il 2007. La fetta dei salari cresciuta dello 0,8 negli anni novanta e dell1,8% lanno negli anni duemila. Ma se consideriamo i salari medi per lavoratore, troviamo che sono diminuiti di oltre lo 0,1% in media lanno per due decenni. Questa la distribuzione tra le classi sociali. E quella tra gli individui? Due rapporti dellOcse hanno analizzato i redditi degli individui, trovando un aumento generalizzato delle disuguaglianze in quasi tutti i paesi tra gli anni ottanta e oggi. Nel 2008 il reddito familiare disponibile medio degli italiani di et lavorativa era di 19.400 euro; per il 10% pi ricco era di 49.300 euro, per il rimanente 90% era di 16.000 euro, per il 10% pi povero di appena 4.900 euro. Tra la met degli anni ottanta e la fine degli anni duemila il reddito disponibile (in termini reali) per la popolazione in et di lavoro aumentato di 126 miliardi di euro: stato questo laumento della torta delle possibilit di spesa. Il 10% dei pi ricchi se ne preso un terzo, 42 miliardi, pari a 11 mila euro in pi per individuo. Al 10% dei pi poveri sono andate solo le briciole, 8 miliardi, pari a 200 euro di aumento pro capite. Il risultato che oggi, secondo lOcse, la disuguaglianza nei redditi di mercato in Italia - sulla base di diverse misure - superiore alla media dellEuropa, ed superata solo da Portogallo e Gran Bretagna. Guardiamo pi da vicino il vertice della piramide. L1% pi ricco degli italiani 380 mila persone in et di lavoro - ha una fetta del reddito totale di quasi il 10% nel 2008, contro il 7% degli anni ottanta. Ancora pi in alto, i 38 mila che sono lo 0,1% pi ricco degli italiani hanno una quota di reddito passata dall1,8 al 2,6% del totale del paese: 19 miliardi, oltre 500 mila euro lanno per ciascuno. Lo stesso ammontare se lo deve dividere oggi in Italia il 10% pi povero della popolazione in et di lavoro: 38 mila persone possono spendere come 3 milioni e 800 mila, ogni ricco ha il reddito di cento poveri. Poi c lo stock di ricchezza da considerare. Nel 2010 la ricchezza netta totale degli italiani era stimata in 9.500 miliardi di euro, ed cresciuta moltissimo: oggi (a prezzi costanti) sette volte e mezza in pi del 1965; il tasso di crescita stato del 4,7% lanno, un record a confronto con il ristagno del reddito complessivo. Il 10% delle famiglie pi ricche possiede quasi il 45% della ricchezza totale, mentre riceve il 27% del reddito. Il 50% delle famiglie pi povere dispone di appena il 10% della ricchezza totale. Allestremo vertice della piramide, ciascuno dei dieci individui pi ricchi dItalia ha una ricchezza pari a quella di trecentomila italiani poveri. Un dato da paese feudale. possibile che questa realt sia stata completamente invisibile nelle elezioni dello scorso febbraio? Il peso del debito pubblico, lobbligo dellausterit, i vincoli posti dallEuropa, la riduzione delle tasse sono i temi che hanno occupato lo spazio della politica e dato forma ai programmi elettorali. Il centro sinistra si presentato allinsegna dellItalia bene comune e dellItalia giusta: riferimenti opportuni, ma rimasti privi di contenuti quando si passava alle proposte politiche. Di quali fossero le ingiustizie dellItalia non si parlato in campagna elettorale.

Meno ancora di come porvi rimedio. Oggi lingiustizia pi grande del paese non sono le tasse, non la precariet, non la disoccupazione provocata dalla crisi, non nemmeno la casta dei politici: la disuguaglianza. questa lingiustizia in cui confluiscono tutte le precedenti, il fenomeno che indebolisce leconomia, frammenta la societ, snatura la politica. il risultato del cambiamento, a partire dagli anni ottanta, nei rapporti di forza tra capitale e lavoro, degli effetti di globalizzazione, nuove tecnologie e strategie dimpresa che hanno distrutto posti di lavoro, delle conseguenze di politiche che hanno ridotto tutele e diritti, fermato la redistribuzione, protetto i privilegi e lasciato crescere la povert. Da qui viene limpoverimento di nove italiani su dieci e la concentrazione di reddito e ricchezza nelle mani del 10% di privilegiati: una realt rimasta fuori dai riflettori della campagna elettorale e difficile da comprendere anche per molti cittadini. Alcuni hanno percepito come ingiustizia limposizione dellImu e il carico fiscale e questo ha portato allimpropria convergenza nelle urne tra llite dei veri privilegiati e classi medie impoverite aggrappate alle loro propriet, alle opportunit di condoni ed evasione fiscale. Si consolidato in questo modo quel 29% di elettorato restato fedele a Berlusconi e alla Lega. Altri hanno percepito come ingiustizia la perdita di lavoro, reddito e diritti provocata dalla crisi e dalle politiche di austerit. Lassenza di una prospettiva politica capace di intervenire su questi fattori di disagio sociale ha alimentato il consenso elettorale del Movimento Cinque Stelle, sottraendo voti a un centro sinistra che in questi decenni non ha visto il problema delle disuguaglianze e non intervenuto per limitarle. Se la politica tradizionale sorda e impotente di fronte al peggioramento delle condizioni di vita di nove italiani su dieci, allora il consenso va a chi offre un rifiuto radicale di quella politica. Oppure si estende lastensione dal voto. In entrambi i casi, il comportamento elettorale diventa lespressione diretta di una particolare condizione individuale. E questo orizzonte esclusivamente individuale esso stesso alla base della diffusa accettazione, negli ultimi decenni, di disuguaglianze crescenti. cresciuta la tolleranza sociale per i superstipendi di manager e calciatori, come per il crescente numero dei senza casa; mancata la protesta contro laumento delle disparit; luguaglianza stata ridotta alle pari opportunit. Di fronte alla profondit della crisi economica e sociale e alla gravit dello sconvolgimento politico avvenuto col voto di febbraio, essenziale mettere al centro la questione della disuguaglianza: capire come si pu cambiare una distribuzione del reddito cos ingiusta, come si pu ricomporre la frammentazione sociale, come si possono dare risposte alla frustrazione politica. ........................................... 29 gennaio 2013 - Fonte: http://www.rassegna.it ITALIA 2012: lanno zero del welfare In Italia allarme welfare. I Fondi nazionali per gli interventi sociali hanno perso il 75% delle risorse complessivamente stanziate dallo Stato negli ultimi 5 anni. quanto emerge da unindagine dello Spi-Cgil sullo stato sociale nel nostro paese. Ma c di pi: il Fondo per le politiche sociali (quello che costituisce la principale fonte di finanziamento statale degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie) ha subito la decurtazione pi significativa, passando da una dotazione di 923,3 mln di euro a quella di 69,95 mln. Non va meglio, per quanto riguarda il Fondo per la non autosufficienza , la cui dotazione finanziaria nel 2010 era di 400 mln di euro ed stato del tutto eliminato

dal governo Berlusconi. Nonostante le promesse, poi, non stato rifinanziato dal governo Monti. Ulteriori tagli, infine, sono stati apportati al Fondo per le politiche della famiglia (da 185,3 mln a 31,99 mln) e a quello per le politiche giovanili (da 94,1 mln a 8,18 mln). A livello locale la situazione non migliora (Ndr di Giuliano: come avrebbe potuto migliorare con i tagli devastanti che gli ultimi governi hanno fatto alle risorse finanziarie dei Comuni?). Nei Comuni italiani si infatti registrata una diminuzione della spesa per i servizi sociali in senso stretto nel 2012 del 3,6%. Del 6,8% stata invece la diminuzione di risorse stanziate per il welfare allargato (servizi sociali, istruzione, sport e tempo libero), con punte dell11% rilevate in diverse zone del Mezzogiorno. Pi contenuta stata la riduzione a carico delle spese per lamministrazione generale (auto-amministrazione, costi della politica), che si attestata al 2,9%. La riduzione delle risorse destinate ai servizi di assistenza non ha portato per ad una diminuzione delle entrate tributarie, che nel 2012 sono aumentate del 9,5%. Complessivamente il gettito derivante dalladdizionale comunale Irpef aumentato del 7,8%. Nei Comuni del Mezzogiorno questo aumento stato del 9,3% mentre in quelli del Centro-nord stato dell8,2%. La tassa sui rifiuti ha mostrato invece aumenti medi pari a circa il 4,2% ma se si considera il quinquennio 2008-2012 il trend supera mediamente il 35%. Al sud tali aumenti sono stati mediamente del 4,9% mentre al centronord del 3,1%. In termini di spesa a valori costanti nei Comuni italiani nellultimo quinquennio la spesa corrente prevista diminuita del 10,9% mentre le entrate tributarie sono aumentate del 6,7%. Ormai siamo davvero allanno zero del welfare pubblico ha dichiarato il segretario generale dello Spi Cgil Carla Cantone bene che la politica si affretti ad intervenire ed per questo che secondo noi il welfare deve essere messo al centro della campagna elettorale e del programma di governo di tutti i candidati. ................... 22 febbraio 2013 Per gli Enti locali serve la Cassa Antonio Tricarico Dal 2013 il patto di stabilit interno diventa ulteriormente rigido, sotto la gabbia imposta dal Fiscal Compact, e con la sua estensione anche ai comuni sotto i 5.000 abitanti. lultimo atto di una continua serie di attacchi agli enti locali e al loro ruolo , attuata scientificamente da anni in nome della necessit di contenere la spesa e controllare laumento del debito pubblico. Si taglia allimpazzata e finisce che il patto di stabilit viene pagato per tre quarti dalle amministrazioni locali e ben poco dallo Stato centrale, che spreca di pi, mentre il debito pubblico continua inesorabilmente a salire. I calcoli dei tagli complessivi alle spese da effettuare, al netto di quelli gi predisposti sui trasferimenti, includono per le spese, non solo correnti, ma anche in conto capitale. Si compromette cos la capacit dellente locale di finanziarsi nel lungo termine, anche se virtuoso nella spesa. Si aggiunge inoltre il vincolo del 4% per la spesa per interessi sul debito, rispetto a quella corrente. Chi e come potr finanziare la ristrutturazione di scuole a rischio o la messa in sicurezza idrogeologica del territorio, solo per citare due note emergenze nostrane? Al riguardo va ricordato che lo Stato ha gi tolto la possibilit agli enti locali di ottenere mutui a tassi vantaggiosi, come accaduto in Italia per ben 150 anni fino al 2003.

Infatti la Cassa depositi e prestiti, da sempre investita di questo ruolo, una volta diventata Spa con le Fondazioni bancarie nella sua governance e progressivamente indirizzata al ruolo di merchant bank, ha iniziato a prestare a tassi di mercato con mutui a lunga scadenza che oggi sono sopra il 5%. I mutui gi stipulati in lire furono rinegoziati nel 2005 a un tasso del 7%, oggi comunque esorbitante. Se si rinegoziassero nuovamente questi mutui, portandoli ad esempio al 4%, e i nuovi prestiti fossero emessi al 2,5%, i comuni potrebbero investire da subito in funzione anticiclica, con un immediato beneficio per lintera economia nazionale. Questo sarebbe stato, e potrebbe essere ancora, un modo sicuramente migliore di impiegare i 2 miliardi di euro che invece la Cassa ha contribuito e contribuisce a trasferire alle Fondazioni bancarie, come extra-profitti e plusvalenze nei concambi (si veda rubrica del 15/2). Per non parlare dei 2 miliardi e passa di dividendi che la Cassa girer a breve al ministero dellEconomia e alle Fondazioni. Non occorre fare grandi riforme o stravolgimenti legislativi per questo risultato. Occorre per che chi guida oggi la Cassa, lentusiasta privatizzatore bipartisan e affossatore di comuni, Franco Bassanini, accetti di cambiare impostazione. ancora pi auspicabile che il nuovo Parlamento non lasci alle Fondazioni bancarie e al governo il privilegio esclusivo di nominare il nuovo Presidente della Cassa, ma faccia sentire la sua voce e pretenda di audire i potenziali candidati alla carica di Presidente, magari esodando lattuale.

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