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Sergio Cesaratto

Sugli Eurobond 31 5 2012

Questo articolo uscito oggi su il manifesto col titolo "La finta panacea degli Eurobonds per un'europa a corto di idee" si collega agli ottimi interventi diMarco d'Eramo, una delle voci pi lucide di questo paese, sopratutto nel denunciare il disperante provincialismo del dibattito italiano. Non concordo completamente con lui, tuttavia, quando individua i problemi europei in un deficit di democrazia e la soluzione in una sinistra europea. Purtroppo questi richiami lasciano il tempo che trovano e rischiano di essere anch'essi un deus ex machina. Purtroppo la materialit, come cerco di spiegare sotto, che in un'Europa solidale i tedeschi pagano, una volta che la periferia cedendo lo strumento del cambio ha perso la propria capacit di autosostenersi senza aiuti esteri. Questo il puzzle. Dobbiamo inventarci qualcosa, ma non so cosa. Intanto la Spagna si avvia a diventare il quarto paese europeo fuori mercato. Evidentemente la storia, a passi veloci, sta trovando le soluzioni per noi.

La pezza degli Eurobonds


Alla ricerca di unancora che la porti fuori dalla crisi, lEuropa progressista si di nuovo aggrappata allidea degli eurobond che, eclissatasi per un po, stata ora rilanciata da Hollande. Lopposizione tedesca non appare, tuttavia, a mio avviso del tutto ingiustificata - sebbene questo non scagioni la Germania dalla responsabilit di proporre alternative al suicidio dellEuropa. La richiesta disperata del non certo acuto leader spagnolo Rajoy di un intervento della BCE a sostegno dei debiti sovrani ci appare invero come una misura immediata pi fattibile e imprescindibile. Infatti una socializzazione europea dei debiti sovrani, mentre comporterebbe un aggravio di spesa per interessi per la Germania, non porterebbe alla lunga a una significativa riduzione di quelli che mediamente verrebbero pagati sulla parte dei debiti europeizzata, lasciando inoltre alla merc dei mercati la parte eccedente. Questo per due motivi: (a) continuerebbe a mancare un ruolo della BCE quale garante di ultima istanza dei debiti sovrani sia con riguardo alla parte messa in comune che, tantomeno, di quella rimasta nazionale; i mercati continuerebbero dunque a dettare i tassi di interesse; (b) i problemi di fondo che hanno generato la crisi europea rimarrebbero insoluti, e questi non hanno a che fare con la crisi dei debiti sovrani che effetto, non causa, della crisi. Gli eurobonds, dunque, non assicurerebbero n una discesa significativa degli spread sovrani, n la soluzione delle cause di fondo della crisi. Non a caso la Germania li rifiuta vedendoli come un cappio che la legherebbe allannegante resto dEuropa. Apprendisti stregoni Le cause della crisi sono nella moneta unica, diciamocelo, uno sciagurato esperimento a cui il centro-sinistra italiano ha legato i propri destini non vedendone la profonda incompatibilit con politiche progressiste. Ladozione di quello che , di fatto, un gold standard ha generato da un lato la pi classica delle crisi di bilancia dei pagamenti per i paesi periferici europei (simile a quella dellArgentina di Menem, per esempio, culminata nel fallimento del 2002). Spagna, Irlanda e Grecia hanno goduto di afflussi di capitale dai paesi europei forti che hanno generato spesa privata (nel caso greco anche pubblica) e indebitamento estero. LItalia ingabbiata nella chimera della lira quota 90 - anzi meglio, con leuro ha adottato il marco tedesco - ha visto una significativa perdita di competitivit delle esportazioni, crescenti disavanzi di partite correnti e indebitamento estero (storia simile per il povero Portogallo). Questo nonostante un decennio di stagnazione e unimpressionante riduzione del tasso di inflazione realizzando lobiettivo europeo del 2%. Purtroppo i tedeschi hanno giocato in maniera opportunistica (come storicamente han fatto), e loro linflazione lhan tenuta ancora pi bassa guadagnando competitivit. Incantesimi e arsenico E rivolgendosi a ci che si legge in giro, smettiamoci di colpevolizzarci attribuendo la causa dei nostri mali alla corruzione e al clientelismo additandoci addirittura a causa della crisi europea in sgangherate analisi prive di sostanza economica. La lotta alla corruzione non genera domanda aggregata la chiave della crescita e gli studi ci suggeriscono che i legami fra corruzione e crescita sono molto complicati (si ricordi che lItalia, ad esempio, diventato un paese industrializzato sotto la DC). Certo, meglio non avercela, molto meglio. Ma lausterit giustificata dai moralisti, una vera quinta colonna anti-italiana, la condizione peggiore per abbatterla. Cos come dovremo smetterla di appellarci a deus ex machina salvifici come la Tobin Tax dimenticando la complessit della crisi di cui si propongono insoddisfacenti interpretazioni. Ma anche chi con altra levatura come Pierluigi Ciocca (Il manifesto 25/5/2012) si limita ad additare le insufficienze pubbliche e private del nostro sistema-paese senza ricordare lelevata reattivit delle nostre imprese a un tasso di cambio competitivo non coglie la questione pratica e immediata. Il suo appello alle politiche credibili per far scendere gli spread (che

tanto per aggiungere il necessario arsenico al volteriano incantesimo includerebbero tagli di 5 punti di Pil di spesa sociale) ci ricorda inoltre le cure di Domingo Cavallo e del FMI prima del defaultargentino. Mezzogiorno per sempre Anche gli eurobonds ci appaiono per come un frettoloso deus ex machina. Ma avrebbero essi maggior senso nellambito di un radicale salto in avanti dellunit europea? Ci duole per gli amici radicali, ma sebbene possiamo augurarci un consolidamento europeo dei debiti accompagnato da un bilancio pubblico europeo di orientamento espansivo entrambe sostenuti da una BCE collaborativa il tutto in cambio di una cessione di sovranit fiscale degli stati membri - unione politica significa tendenziale convergenza degli standard sociali. Tutto bene dunque? Attenzione, lunione politica non farebbe che sancire quanto gi la moneta unica ha realizzato, dunque la mezzogiornificazione della periferia europea una volta che questa ha perso la chiave di volta della crescita per i paesi pi deboli, un tasso di cambio competitivo. La convergenza sociale comporterebbe dunque massicci trasferimenti monetari dai paesi centrali, quella transfer union tanto temuta dai tedeschi. Oppure si dovrebbe sancire ununione con diritti sociali e lavorativi radicalmente diversi fra paesi, che poi quello che si sta gi imponendo attraverso lausterity. E con ci stiamo back to square one in un impossibile rompicapo. Il fallimento dellUlivo e una nuova sinistra Se tutto questo pu apparire di un disarmante pessimismo, proviamo a trarne il senso politico. Un ventennio di centro-sinistra italiano sidentifica col progetto dellunione monetaria, e il fallimento del primo spiega quello del secondo nel non aver arrecato al paese quella maggiore occupazione e benessere di cui ha disperatamente bisogno, vera causa della disaffezione dalla politica. La responsabilit storica della classe dirigente della sinistra stata, fra laltro, nellessersi affidata ai Padoa-Schioppa, ai Ciampi fino ad arrivare a consiglieri economici oggi al servizio di Montezemolo. La responsabilit storica stata nel non aver tenuto lasse della difesa della competitivit del paese nellambito di un compromesso socialdemocratico di sinistra. Certo, ex post pi facile dirlo, ma pur da questo si deve ripartire. Oggi Vendola si richiama alla socialdemocrazia. Queste un bene, ma va riempito di contenuti, in primo luogo un bilancio storico e un pensiero complesso, non fatto di deus ex machina. Non sto proponendo nessuna uscita dalleuro eventualmente questo cadr da solo ma la necessit di un pensiero forte adeguato alla drammaticit storica del momento. Questo il momento in cui i duri devono giocare.

Euro, il dibattito che non c'


COMMENTO - MARCO D'ERAMO

il segreto meglio conservato d'Italia. la domanda cui nessuno in grado di rispondere: cosa pensa Pierluigi Bersani dell'euro? O cosa ne dicono Rosy Bindi, Massimo D'Alema, Walter Veltroni? Mistero. Li avete mai sentiti pronunciarsi sul punto che preoccupa tutti gli europei, sul tema che ci mette in pericolo stipendi, pensioni, sanit, scuola? In diversa misura, la domanda vale anche per altri esponenti della sinistra. Si esprimono sul consiglio d'amministrazione Rai, sulla riforma elettorale, sul finanziamento ai partiti, ma sapere che futuro vedono per Eurolandia, come pensano di farci superare la crisi, quali misure adotterebbero se governassero da soli, tutto ci precluso saperlo. come se disquisissero su quante uova prevede la ricetta della nonna mentre la casa brucia. Perch invece sappiamo benissimo come vedono il futuro di Europa Angela Merkel, e persino Mario Monti, anche se pure loro ci devono spiegare come intendono farci uscire dal tunnel senza fondo in cui ci hanno intrappolati. Sul nodo che sta facendo precipitare le nostre societ, che ha abrogato le costituzioni di mezza Europa, che ha sospeso la democrazia, la sinistra (non solo) italiana latita. Quella rappresentata in parlamento si contenta di aver ingoiato il patto di stabilit e di aver votato un emendamento costituzionale furbetto che include gi le proprie scappatoie. Un voto all'italiana: perch lo sanno tutti che nel decennio a venire sar assolutamente impossibile rispettare il dogma del pareggio di bilancio, quindi un voto che gi sconta l'infrazione: un gesto alla Lazarillo de Tormes, da servitore che vuole accontentare la padrona (tedesca), salvo poi a buttarsi col nuovo patrono (francese), proprio come fa

Mario Monti che s'inventa un fantomatico asse con Franois Hollande dopo aver per mesi retto lo strascico alla cancelliera. E la sinistra che agisce fuori dal parlamento, nelle piazze, nei movimenti, nel sindacato, si ostina cocciuta a rinchiudersi in un orizzonte nazionale di una crisi che invece continentale e che non trover risposta se ci limitiamo a cercarla entro i nostri confini. Ma quando avremo una giornata di protesta europea? Quand' che i manifestanti scenderanno in piazza insieme a Roma, Parigi, Madrid, Berlino? Quand' che esprimeremo solidariet pubblica verso la Grecia? Si parla tanto di tornare a Keynes, anche se - sono d'accordo con l'analisi di Mario Pianta sul manifesto di ieri - ormai troppo tardi e troppo poco. Urge ristabilire la dimensione politica di una crisi che non affatto tecnica, ma politica, di democrazia. Altrimenti come meravigliarsi allora che i cittadini disertino? L'antipolitica che serpeggia in tutto il continente una risposta istintiva dei popoli al silenzio della politica tradizionale, alla sua incapacit a incidere per migliorare le nostre vite materiali. La risposta sbagliata, velleitaria, fuorviante, ma ci andrei piano a demonizzare l'antipolitica, a trattarla con il sussiego di chi reagisce a un peto in un salotto

Il declino e la via duscita


di Pierluigi Ciocca, da il manifesto L'economia italiana non accenna a risolvere i gravi problemi seguiti alla drammatica crisi della lira del 1992, che il governo Amato non seppe evitare. Da allora, la produttivit ha rallentato, per poi diminuire. Il peso economico dell'Italia scemato, dal 3 al 2,3% del Pil mondiale. Il debito pubblico resta su picchi storici, superiori al 120% del Pil. La posizione verso l'estero del Paese passiva per 350 miliardi di euro. Prevalgono le spinte recessive. Il Pil del 2011 risultato di cinque punti percentuali inferiore a quello del 2007, e ancor pi al prodotto potenziale. Il governo Monti sconta una caduta produttiva dell'1,2% quest'anno, seguita da una modesta ripresa (0,4 %) l'anno prossimo. L'Fmi prevede per l'Italia esiti peggiori: -1,9 e -0,3% nei due anni. Ma il calo di fiducia, il taglio pro ciclico di quasi quattro punti di Pil del disavanzo pubblico rispetto al 2011, l'inflazione che erode i redditi fissi, la restrizione creditizia, il ristagno europeo, la incapacit competitiva inducono a non escludere una caduta del Pil del 3% nel 2012 e ancora dell'1% nel 2013. Ci significherebbe mezzo milione di posti di lavoro in meno all'avvio del 2014. Le radici di questa serissima condizione sono risalenti nel tempo. Sono soprattutto nazionali. Si situano solo sullo sfondo i limiti della costruzione europea e i condizionamenti politici esercitati dall'Europa. La responsabilit si ripartisce fra le imprese e i governi italiani. Le imprese da anni si rimpiccioliscono, reinvestono i profitti meno di quanto potrebbero, non ricercano l'innovazione, non introducono progresso tecnico. Quindi la loro produttivit e la loro competitivit sono su un trend decrescente, come non era mai accaduto nella storia dell'Italia unita. I governi hanno solo, e vanamente, inseguito con le tasse una spesa pubblica incontrollata, montante, in larga misura inefficiente. Andrebbe spiegato in termini di scienza politica perch partiti e governi hanno temuto che una gestione rigorosa del danaro pubblico avrebbe fatto perdere loro consenso popolare pi dell'inasprimento continuo di una sperequata pressione tributaria. Il governo attuale ha commesso errori sia nella impostazione sia nella presentazione della sua politica economica. Nell'ultimo semestre il tasso reale d'interesse sui titoli di Stato ha solo lambito il 4 per

cento, livello inferiore ai picchi sperimentati nelle crisi, ben pi gravi, del 1980, del 1992, del 1995; le emissioni dei titoli sono state ampiamente collocate; la vita media del debito eccede i sette anni, mentre in passato si misurava in termini di mesi; le banche sono relativamente solide. Eppure il governo ha ripetuta-mente dichiarato di temere una catastrofe finanziaria imminente, assimilabile al dissesto della Grecia. Ha quindi immediatamente aumentato le imposte sui tartassati impossibilitati a evadere. Ha tagliato, in modo percepito come permanente, redditi e pensioni, anche ai pi bassi livelli. Lo ha fatto per riequilibrare i conti pubblici, che restano da riequilibrare. Ma la sua azione scaduta nella logica dei due tempi: fiscalit subito, crescita, poi. Non stata sin dall'inizio incentrata sul risparmio nelle spese pubbliche superflue, sul sostegno alla produttivit, sul rilancio della domanda effettiva. Sotto il vincolo del pareggio di bilancio nel 2013, secondo il governo non vi sarebbe molto margine per abbassare la spesa corrente, aumentare quella in conto capitale, ridurre le tasse. Si cos smarrito il controllo delle aspettative, divenute cupamente pessimistiche. La recessione, gi in atto dall'estate del 2011, si acuita. Una diversa politica economica possibile, lungo tre direttrici: mutare la composizione del bilancio pubblico, riscrivere il diritto dell'economia, imporre la concorrenza. In finanza pubblica bisogna frenare le spese correnti fino a mettere i conti in sicurezza e fare spazio nel bilancio a minore tassazione e a maggiori investimenti in infrastrutture, preziose anche per la produttivit. Una riduzione dello stock di debito pu ottenersi cedendo patrimonio immobiliare della PA. Va posto in atto un piano che, nel quinquennio 2012-2016, riduca la spesa corrente in rapporto al Pil di 5 o 6 punti. Queste risorse devono devolversi a consolidare l'azzeramento del disavanzo strutturale, agli investimenti in infrastrutture, alla riduzione del carico fiscale, da perequare in primo luogo attraverso la lotta a una evasione stimata nell'8 per cento del Pil. L'azzeramento del disavanzo strutturale - a cui stata data garanzia costituzionale con l'attuale art. 81 - dovrebbe concentrarsi su tre voci di spesa: acquisti di beni e servizi (riducendo non le quantit, ma i prezzi, oscenamente vantaggiosi per i fornitori); personale, da ridurre attraverso il turnover; trasferimenti alle imprese, da tagliare, insieme con altre spese correnti (diverse dalle precedenti, come pure da pensioni, sanit, interessi sul debito). Nell'insieme queste tre voci di spesa rappresentavano nel 2011 il 23,3 per cento del Pil, rispetto al 20,8 per cento del 2000. Possono scendere al 18 per cento del Pil. Lo spazio c'. Il moltiplicatore keynesiano (negativo) delle spese che perderebbero di peso nettamente inferiore a quello (positivo) dei maggiori investimenti e della minore imposizione. L'impatto netto del mutamento di composizione del bilancio sulla domanda globale risulterebbe quindi espansivo. Il premio al rischio sul debito pubblico e i tassi d'interesse scenderebbero, perch un piano siffatto quanto i creditori internazionali, e l'Europa, chiedono da anni all'Italia. Il miglioramento delle aspettative favorirebbe la propensione a consumare e a investire dei privati, contribuendo alla ripresa e accorciandone i tempi. L'impegno pi urgente , infatti, superare la recessione. Altrimenti, non avrebbe senso nemmeno parlare di ritorno alla crescita di trend. Il progresso di lungo periodo della produttivit dev'essere favorito, oltre che da potenziate infrastrutture fisiche, da una vasta riforma del diritto e delle istituzioni dell'economia. Pi che il diritto del lavoro, la riforma dovrebbe interessare altri blocchi dell'ordinamento giuridico: societario, fallimentare, processuale, amministrativo, del risparmio. Sul piano culturale, la riforma dovrebbe fondarsi su una visione d'assieme dell'intero ordinamento dell'economia e su criteri di teoria pi eclettici e realistici di quelli che pu offrire la law and economics anglosassone, di impianto strettamente neoclassico. L'ulteriore fronte per il recupero della produttivit e per il ritorno su un sentiero di crescita rappresentato da una decisa promozione della concorrenza. Alle imprese vanno precluse scorciatoie al profitto come quelle di cui hanno goduto dal 1992. Il cambio debole, la spesa pubblica larga, i salari bloccati, un'azione antitrust poco incisiva sono state le vie facili che hanno consentito fino a pochi anni fa utili tali da rendere superflua la ricerca della produttivit. Anche qui, sul piano culturale,

occorrerebbe muovere da una nozione di concorrenza diversa da quella sinora invalsa in Europa, e quindi in Italia. Non ci si pu limitare a sanzionare le tre fattispecie della concentrazione, della intesa collusiva, dell'abuso di posizione dominante. Deve affermarsi una concezione schumpeteriana, non statica ma dinamica, che valorizzi la competizione - anche fra pochi - attraverso le innovazioni, responsabilizzi al massimo l'impresa, la sottragga alla dipendenza da ogni protezione. In una economia di mercato capitalistica della produttivit rispondono in ultima analisi le imprese, non i governi. essenziale che le imprese italiane si dimostrino di nuovo capaci di innovazione e progresso tecnico. Ne va della loro stessa esistenza. Sapranno Cultura, Istituzioni e Politica corrispondere a questa vera e propria rifondazione economica del Paese? Si pu solo ribadire, sulla scorta della ricerca teorica, econometrica e storica pi aggiornata, che l'Italia economicamente decadr, se tale apporto dovesse continuare a mancare. (25 maggio 2012)

3 giugno 2012

Crollano le esportazioni verso il sud Europa


Lo Statistisches Bundesamt ha recentemente pubblicato i dati sul commercio estero tedesco del primo trimestre. Come previsto crolla l'export verso il sud-Europa, ma cresce quello verso le altre aree del mondo. Restano intatti i giganteschi avanzi commerciali.

L'export tedesco nel primo trimestre 2012, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente cresciuto del 5.8% raggiungendo i 276 miliardi di Euro. La crescita verso i 26 paesi membri dell'Unione Europea stata del 2.2% (a 161.2 miliardi), relativemante debole. La crescita verso i paesi dell'Eurozona stata con uno 0.9% ancora piu' debole. Con grandi differenze fra i paesi partner. Sono cos cresciute le esportazioni verso i vicini come la Francia (+6.7% a 27.3 miliardi di Euro),

Olanda (+9.6 % a 18.5 miliardi di Euro ), Austria (+5.5 % a 14.9 miliardi di Euro). Allo stesso tempo sono invece diminuite le esportazioni verso i paesi del sud come Italia (-7.6% a 14.9 miliardi di Euro), Spagna (-7.8% a 8.4 miliardi di Euro), Portogallo (-14% a 1.7 miliardi di Euro) e Grecia (-9.8% a 1.2 miliardi di euro). L'export verso i paesi extra UE cresciuto dell'11.2% (raggiungendo i 114,8 miliardi di euro), piu' di quanto abbiano fatto le esportazioni in generale. Le esportazioni verso gli Stati Uniti sono cresciute nel primo trimestre 2012 del 21.4% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Forte crescita delle esportazioni verso la Russia con un +17.5% (a 8.6 miliardi di Euro), Giappone con un +18.4% (a 4.3 miliardi di Euro), Corea del sud con un +17.% ( a 3.3 miliardi di Euro) e Brasile con un 15.6% (a 3.0 miliardi di Euro). Le importazioni tedesche sono cresciute nel primo trimestre del 4.7 % (a 230,5 miliardi di Euro). Le importazioni dagli stati membri EU sono cresciute del 5.6% (a 129.8 miliardi ) piu' rapidamente di quanto abbiano fatto le importazioni tedesche in generale. Le importazioni dall'Eurozona sono cresciute del 4.6%. Per la crescita delle importazioni sopra la media sono responsabilil le importazioni dall'Olanda con un +8.6% (a 21.6 miliardi), dall'Italia con un +8% (a 12.5 miliardi di Euro) e dal Regno Unito con un +9.4% (a 11.6 miliardi). Molto sotto il trend le importazioni dalla Francia con un +1.5% ( a 16.3 miliardi di Euro) e dalla Spagna con un +0.8% (a 6 miliardi di Euro).
1. trimestre 2012 1. trimestre 2011 Variazione percentuale rispetto al primo trim.

2011 Totale esportazioni di cui: Verso la EU27 verso l'Eurozona di cui: Francia Olanda Italia Non Eurozona di cui: UK verso Paesi extra EU di cui: USA Giappone Cina Russia Totale importazioni di cui: verso EU27 verso Eurozona di cui: Francia Olanda Italia Verso Non Eurozona di cui: UK verso paesi Extra UE di cui: USA Giappone Cina Russia Miliardi di Euro 276 260,9 161,2 107,4 27,3 18,5 14,9 53,8 18,1 114,8 21,4 4,3 16,7 8,6 230,5 129,8 86,7 16,3 21,6 12,5 43 11,6 100,8 12,5 5,7 19 10,9 157,7 106,5 25,6 16,9 16,1 51,3 16,8 103,2 17,6 3,6 15,8 7,4 220,1 122,9 82,9 16,1 19,9 11,6 40 10,6 97,2 12,1 6 19,1 9,5 % 5,8 2,2 0,9 6,7 9,6 7,6 4,9 8,2 11,2 21,4 18,4 6,1 17,5 4,7 5,6 4,6 1,5 8,6 8 7,7 9,4 3,7 3,3 4,2 0,7 14,7

3 GIUGNO 2012

Lettera aperta a Ferruccio De Bortoli: apra il Corriere al partito dellanti austerit


Oggi ho letto con una qualche emozione il Direttore del Corriere, che stimo, schierarsi contro la fine delleuro. Bello leggerlo. Solo una domanda Direttore: come non far finire leuro? Mi pare che la soluzione che lei offre sia questa: la politica chiarisse con atti
concreti che la moneta unica non ha alternative, costi quel che costi, (e) la Bce si sentirebbe autorizzata a intervenire riducendo spread che, come ha ricordato Visco, non riflettono pi la reale salute delle economie europee .

Come si chiarisce che la moneta unica non ha alternative allinterno di un progetto altamente democratico come quello europeo che deve, per vivere, godere mecessariamente di un forte consenso? Come? Con altre sovrastrutture improbabili come una unione federale di stati totalmente dissimili culturalmente? Gli Stati Uniti non a caso vi hanno impiegato pi di 150 anni a divenire veramente federali: accelerazioni brusche avrebbero frantumato il variegato tessuto sociale degli States e con esso il loro progetto comune. Con una Unione bancaria che pu salvare 2 o 3 banche a costo del contribuente? Lo sa bene anche lei che sarebbe lennesima dose di morfina per prendere tempo. No, lo sappiamo bene, Dott. De Bortoli, lunica soluzione la crescita economica. Sporca, maledetta e subito, questa crescita. Solo questa rimette a posto i conti pubblici e da certezze contemporaneamente ai mercati ed ai cittadini, salvando leuro. Ma come generare crescita subito visto che le riforme servono a farlo tra 5-10 anni? Pochi giorni fa Paul Krugman, Premio Nobel per leconomia, alla London School of Economics ha detto qualcosa tipo poche cose sappiamo noi economisti di questi tempi, ma una cosa la sappiamo di sicuro, perch abbiamo fatto il pi clamoroso esperimento su cavie che probabilmente sia stato portato a termine nel campo delleconomia. Esatto. Lausterit.

E, ha aggiunto, una cosa la sappiamo, ora: lausterit non funziona. E distrugge i conti pubblici. Lo conferma la Relazione della Banca dItalia. S, anche in Italia stato fatto lesperimento. Guardiamo ai suoi esiti per il 2011: per mantenere intatto il vincolo del deficit al misterioso 3,9% del PIl (colonna viola, colore verde stabile) nel corso del tempo, abbiamo distrutto la crescita (colonna blu, colore crollato dal verde al rosso). E fatto crescere dunque il rapporto debito PIL (colonna marrone) e la percezione di instabilit nei conti pubblici.

Nessuno domanda in questa crisi da domanda. Non i privati, terrorizzati e pessimisti consumatori, imprenditori e banchieri. E nessuno domander nel 2012 e nel 2013. E sa perch? Basta leggersi la Relazione della Banca dItalia del Governatore Visco:
Per il 2012, pur nel contesto di una marcata contrazione del PIL, lincidenza delle entrate sul PIL salirebbe di 2,6 punti, al 49,2 per cento, massimo storico. Per il 2013

lincidenza delle entrate sul PIL salirebbe ancora, al 49,5 per cento. Nelle previsioni la spesa (pubblica) primaria scende in termini reali nellanno in corso e nel prossimo biennio.

Lei pensa che in questo clima qualcuno se la senta di fare investimenti? di prestare? di consumare? Come dice di nuovo Krugman, lunico esperimento che non abbiamo provato lunico che Keynes raccomandava in queste tempeste perfette chiamate recessioni da domanda: pi spesa per acquisti di beni e servizi. E se 10% di questa spesa sar spreco, lasciate che sia, gli sprechi non si cancellano in 2 mesi, ma leuro s! Assieme ad essa una BCE pi espansiva e mirante alla crescita economica. Direttore, lei ebbe la voglia ed il coraggio nellottobre del 2008 di pubblicare un mio articolo sul suo Sole 24 ore, lho ritrovato stasera su di un sito e lo possono leggere tutti. Chiudeva cos quel pezzo:
E lEuropa? Tutto qui congiura invece per un orizzonte di potenziale disastro. Il Trattato europeo di cui ci siamo dotati infatti figlio di unepoca diversa, puramente anti-inflattiva, che non capace di permettere la mobilitazione appropriata davanti allo scenario delineatosi. Alla Banca Centrale fatto divieto di occuparsi delloutput e di abbandonare una politica che soffoca il tasso di cambio. Ai singoli Stati proibita una politica fiscale in deficit, fatta di basse tasse e momentaneamente alta spesa. Non c un Presidente ma addirittura 27, che certo non trovano facile al loro interno concordare per trovare un leader che influenzi le aspettative della nazione europea. E necessario dunque immediatamente una nuova Maastricht, che dia mandato alla BCE di dare peso allattivit economica e non solo allinflazione, che dia il permesso di superare tranquillamente il limite di deficit del 3%, possibilmente con spesa pubblica produttiva come quella in contro capitale. E infine necessario dare allUnione Europea meccanismi decisionali agili in funzione del peso economico dei singoli Paesi membri, escludendo veti da parte di questa o quella nazione. E possibile che emerga allora un leader europeo per lEuropa delle nazioni. Il tempo ancora dalla nostra parte. Vale la pena imparare dal passato ed agire subito. Meccanismi che semplicemente forniscano supporto alle banche con garanzie sono fiscalmente irresponsabili e, quando gli Stati non avranno pi tasse da far crescere per finanziare la spesa per far fronte a tali garanzie, si rischia di dover ricorrere a stampa di carta moneta, inflazionando leconomia europea. A rischio, pi che mai, c paradossalmente lunit della costruzione europea e poi, a quel punto, chiss che altro.

3 anni e mezzo fa. Si chiamava, larticolo, Subito il via a Maastricht 2. Purtroppo Maastricht 2 c stata, il Fiscal Compact, lesatto opposto di quanto proponevo allora.

Direttore, lei dice: Uno scatto dorgoglio e di responsabilit da parte delle leadership europee urgente. E non solo dei governi. Sono daccordo. Direttore, la responsabilit immensa anche nelle vostre mani, dei grandi media, del quarto e quinto potere. Avvii sul suo giornale, subito, un dibattito quotidiano aperto, apra il suo prestigioso giornale a voci diverse da quelle dellausterit e delle rifome. Se lobiettivo comune, salvare leuro, deve concordare che non se ne uscir ascoltando le stesse cose che provengono sempre dalle stesse persone che hanno fallito nel suggerire il loro esperimento. Guidi Dott. De Bortoli, lei per primo, la battaglia per leuro, chiedendo idee nuove alla gente e non ai soliti che hanno un peso sproporzionato sulle pagine del suo giornale. Tante, tante, persone hanno una visione diversa spesso profonda e intelligente e forse a questo punto tempo di dargli la parola. Il suo giornale potr influenzare lazione di Governo e dunque lesito finale di questa partita incredibilmente delicata per il futuro dei nostri figli. Con stima, Gustavo Piga

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