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Lettera aperta allA.I.MAN.

DISASTRO FERROVIARIO DI VIAREGGIO


Premessa
Ho letto con estremo interesse, sul n. 9 - Settembre 2009 di Manutenzione Tecnica e Management, la Riflessione sul ruolo della manutenzione proposta dal prof. Claudio Caneva, con riferimento al grave incidente ferroviario occorso a fine Giugno, e preciso fin da subito che ne condivido ogni parte: dallesame del guasto alla necessit di personale pi preparato. Ritengo opportuno aggiungere alcune considerazioni di tipo metodologico sulle cause di guasto, e soprattutto di tipo pratico prendendo spunto da quanto accade nel trasporto aereo sulle competenze del personale.

Le cause
Difficilmente, a fronte di catastrofi, ci si preoccupa delle cause dal punto di vista tecnico, bench si sappia che questa sia lunica modalit per attuare della seria prevenzione. Si preferisce ricercare le colpe, in quanto solo in questo filone pu esserci la prospettiva dello scoop giornalistico. Del resto le due inchieste in corso affidate a periti sicuramente competenti dal punto di vista tecnico sono state disposte una dalla Procura di Lucca, laltra dal Ministero dei Trasporti. Le conclusioni attese sono, credo, connesse alla individuazione delle responsabilit, non alla prevenzione di guasti simili. Nel merito, sono state fatte le ipotesi pi disparate: il ministro Matteoli, poco dopo lincidente, ha riferito alla Camera che un asse del carro cisterna si spezzato, e la superficie di rottura presenta un aspetto liscio con tracce di ruggine. Avrebbe anche aggiunto che la sezione di rottura ha evidenziato una cricca esterna, che ha portato la sezione resistente a ridursi notevolmente fino al totale cedimento, e che la superficie di rottura liscia con tracce di ruggine (in effetti il giornale da cui ho tratto queste affermazioni, con tanto di virgolette, parla di sezione esistente; la r lho aggiunta io, tenendo conto che un altro giornale ha scritto sessione resistente); allo stesso ministro un giornale, sotto il titolo Matteoli: Asse del carro arrugginito, attribuisce laffermazione L'asse del carro che non ha retto era corroso dalla ruggine; la Repubblica (a quanto pare unico giornale a disporre delle foto del guasto) del 2 luglio 2009 titolava Usurato fino a spaccarsi lasse della cisterna; salvo poi aggiungere, nellarticolo, attribuendola ai tecnici, lipotesi che si sia trattata di una fusione da attrito per difetto di lubrificazione. Che larticolista non sia un tecnico si pu evincere da quanto scrive subito dopo, spiegando che esiste lungo le linee una apparecchiatura (RTB) per il rilevamento della temperatura delle boccole, che registra il calore dellingranaggio (sic!);

altri hanno scritto di deragliamento causato dal distacco di un carrello; altri ancora hanno attribuito la causa (o la colpa?) allo sfoltimento feroce degli organici delle Ferrovie, con la conseguente assenza di manutenzione e di controlli. Salvo poi informare che il carro in questione era stato manutenuto da una ditta esterna; un ennesimo articolo di un ex dipendente di Trenitalia, comparso su internet, attribuisce la causa del deragliamento allo spessore insufficiente dei bordini delle ruote. Subito contraddetto da un ex operaio tecnico sui treni che scrive: secondo me rimasto frenato un asse, diventato incandescente, fuoriuscito dal binario per lo fregamento e il gas fuoriuscito ha avuto linnesco proprio da quellassale che immaginate voi a che temperatura era arrivato. Come si pu vedere, si scritto (e si continua a scrivere: lultimo articolo che mi capitato tra le mani di met Settembre) tutto e il contrario di tutto, senza rendersi conto delle evidenti contraddizioni. Che possa essersi trattato di surriscaldamento, o addirittura di fusione, sembra escluso dal colore e dalle caratteristiche della superficie di rottura. Lidea che un albero in acciaio di quel diametro possa rompersi in quanto corroso dalla ruggine semplicemente peregrina. Qualcuno ha creduto di vedere nella foto in bianco e nero ruggine nella parte interessata dalla rottura finale, immaginando quindi che il cedimento abbia riguardato la parte levigata. Dal punto di vista metodologico, vale la pena di notare che si parlato di cause certe e di cause vere, come se ci potessero essere quelle false. A pochi venuto in mente che ci sia, normalmente, una catena causa - effetto piuttosto lunga, e che ai vari livelli di questa catena ci possano essere pi fattori da considerare. Partendo dallanalisi del guasto e risalendo la catena, si incontra innanzitutto il modo di guasto (la rottura dellasse, nel caso specifico), dal quale identificare il meccanismo di guasto (nei componenti meccanici se ne riscontrano tipicamente quattro: corrosione, erosione, sovraccarico e appunto fatica). A monte del meccanismo di guasto troveremo le cause fisiche (es.: vibrazioni; oppure caratteristiche del metallo), a loro volta conseguenti alle cause umane (quelle che di solito, per ragioni differenti, interessano alle Procure e ai giornali). Un passo ancora e giungeremo alla causa prima o radice: una lacuna o un difetto dellorganizzazione, dei sistemi operativi, dei processi di lavoro. Scopriremo la mancanza di una procedura, di un controllo, di una informazione, di una competenza, e cos via. Troveremo, soprattutto, lelemento su cui agire per evitare che il disastro si ripeta, almeno partendo dalla stessa origine. In altri termini: sappiamo bene che non possiamo impedire che una cricca sfoci in un cedimento strutturale; possiamo per fare in modo da renderne la formazione meno probabile, o quanto meno (ma lultima spiaggia) da rilevarla prima che possa portare a gravi conseguenze.

La sicurezza

Tra le cause organizzative ho citato la mancanza di competenze. Preciso subito che non sto dando dellincompetente a nessuno: parlo di mancanza di competenze nel senso delle riflessioni del prof. Caneva; quindi intendo riferirmi a ci che le aziende fanno (o non fanno), in modo organizzato e sistematico, per garantire lo sviluppo di personale provvisto di conoscenze e capacit coerenti con i compiti assegnati. Nel campo del trasporto aeronautico si posto, da molti anni, il problema di assicurare la massima efficacia / efficienza delle attivit di manutenzione, al fine di raggiungere e mantenere elevati standard di sicurezza, in particolare per quanto concerne la prevenzione degli incidenti dovuti ai cedimenti strutturali o alla inadeguatezza della manutenzione. Di fatto, questi incidenti costituiscono oggi una percentuale modesta, relativamente a quelli causati da errori umani nella conduzione del velivolo, da condizioni meteorologiche avverse, da cattive condizioni delle piste o mal funzionamento dei servizi aeroportuali e da atti di terrorismo o sabotaggio. Per conseguire un adeguato livello di sicurezza, sono in vigore norme molto rigorose imposte dalle Autorit aeronautiche che non ammettono risparmi sui costi di manutenzione; lelusione di queste norme comporta sanzioni alla compagnia di trasporto, che possono giungere sino alla sospensione del Certificato di Operatore aereo. Il primo corpo sistematico di norme a livello internazionale in materia si deve alla JAA (Joint Aviation Authorities), che gi negli anni 90 ha reso obbligatori i criteri per lapprovazione delle ditte di manutenzione, basati sullesame della loro organizzazione, nonch i requisiti di qualificazione del personale certificatore, cio autorizzato a riammettere al servizio un velivolo dopo un intervento di manutenzione da parte di una ditta approvata. Queste norme, allinizio di questo decennio, non sono pi state giudicate sufficienti dai Paesi dellUnione Europea, che hanno costituito un nuovo organismo, lEASA (European Aviation & Safety Agency), col compito di definire regole comuni concernenti i livelli di sicurezza, gli standard di qualit e la compatibilit ambientale. I regolamenti emanati nel 2003 dallEASA riguardano, per quanto di interesse in questa sede, il mantenimento in stato di aeronavigabilit dei velivoli, la certificazione delle imprese che effettuano manutenzione, il rilascio delle licenze di manutentore aeronautico e la certificazione delle scuole che realizzano la formazione tecnica del personale di manutenzione. Ora, chiedo: perch non si fa altrettanto nel trasporto ferroviario? Si potrebbe obiettare che, in questo campo, il livello di sicurezza gi maggiore. In effetti, mentre nel caso di un aereo i tipi di guasto che possono portare al disastro sono assai numerosi, su un treno prevalgono quelli che, pur compromettendone il funzionamento, non comportano rischi particolari per le persone. Le statistiche, per, provano il contrario: tra il 2000 e il 2005, nellEuropa dei Quindici, sono morte in media 90 persone allanno in incidenti ferroviari e soltanto 70 in incidenti aerei. Venendo specificamente allItalia, troviamo una media di 37 morti / anno, nel periodo 1997 2006, in incidenti aerei (il disastro di Linate dellOttobre 2001 ha fatto, da solo, 118 vittime), contro i 43 morti / anno del periodo 1997 2007 in incidenti ferroviari tipici (sono tali le collisioni, i deragliamenti e i guasti dei

rotabili). Per questi ultimi, poi, si nota un sensibile incremento nellultima parte dellarco temporale considerato: la media degli anni 2004 2007 di circa 80 morti / anno. Limitando le statistiche italiane al periodo 2000 2005, troviamo in media 49 morti / anno in incidenti aerei e 43 morti / anno in incidenti ferroviari. Una constatazione immediata e inevitabile riguarda il rapporto tra dati europei e dati italiani: in quegli anni, in Italia, le vittime di incidenti aerei sono state, pare, il 70% del totale europeo, mentre quelle di incidenti ferroviari sono state il 48%. Si possono fare due considerazioni: o lincidentalit, in Italia, era eccessivamente elevata, o i dati forniti dalle statistiche sono errati, o quanto meno non omogenei e pertanto non confrontabili. Certamente improprio confrontare i dati del trasporto ferroviario con quelli del trasporto aereo; come gi notato, assai diverse sono le conseguenze di un guasto meccanico o di un cedimento strutturale. Vanno per messi in conto anche altri fattori, ai fini delle considerazioni proprie di questo scritto: nel caso degli aerei, solo il 17% degli incidenti deriva da problemi di natura tecnico-strutturale; non mi stato possibile reperire informazioni analoghe per i treni, ma penso si possa presumere una incidenza maggiore (certamente non entrano in gioco le condizioni meteorologiche, ed meno influente lerrore del personale di conduzione); inoltre il grosso degli incidenti aerei (46%) avviene nella fase di atterraggio; non mi risulta che nel caso dei treni esista una circostanza analoga. Non mi sembra utile portare il confronto sul piano pi tecnico del numero di passeggeri per chilometro o del numero di viaggi effettuati. Aggiungo invece una considerazione di natura emotiva: il treno considerato da molti assai pi sicuro dellaereo; la paura di volare diffusa, a dispetto di ogni considerazione tecnica o statistica. Proprio per questo tragedie come quella di Viareggio con trenta morti, unarea della citt completamente distrutta, il pensiero che sarebbero potuti esplodere anche gli altri tredici carri del convoglio hanno un impatto enorme sullopinione pubblica, suscitano lindignazione collettiva e portano inevitabilmente a chiedersi perch non si sia fatto nulla a livello di prevenzione.

Che fare?
Gi, ma prevenzione a quale livello? Molto opportunamente il prof. Caneva porta la questione a quattro livelli: la progettazione, la manutenzione, la fabbricazione e lesercizio, pur dedicando spazio prevalentemente ai primi due. Mi permetto di sottolineare gli ultimi, in molti casi non meno importanti, e in particolare lesercizio, inteso come conduzione del veicolo. Nel caso dellaereo di linea, le norme attribuiscono alla personale responsabilit del pilota comandante laccertamento dellidoneit dellaeromobile al volo e il buon esito dello stesso. Quindi il pilota responsabile della sicurezza del velivolo, tanto che pu far eseguire riparazioni anche senza lautorizzazione della Compagnia per cui lavora. Pochi giorni fa tornavo da Francoforte a Torino con lultimo volo della sera (partito per altro in ritardo); dopo 25 dal decollo, il comandante ha comunicato che ci stava

riportando a Francoforte, dove in effetti siamo atterrati dopo altri 15, motivando la sua decisione con il mal funzionamento dellimpianto di pressurizzazione della cabina. Noi passeggeri eravamo, a dir poco, indispettiti: il dover rientrare il mattino successivo stava creando complicazioni a molti. Quando per, passata la notte, ci siamo ritrovati per limbarco, i nostri commenti erano assai pi sereni: tutto sommato, il comandante aveva evitato di mettere a repentaglio la nostra incolumit. Nel caso delle ferrovie, se non sbaglio, il cosiddetto macchinista pure lui responsabile di alcuni aspetti della sicurezza: il suo ruolo, a quanto mi risulta, prevede anche la verifica della funzionalit della motrice, e sui treni merci (cio senza capotreno) dovrebbe estendere questa verifica anche al materiale rotabile trainato. Ne ha le competenze? Ha cio ricevuto una formazione adeguata? Soprattutto: le procedure operative e lorganizzazione del lavoro lo mettono in grado di farlo efficacemente? Tornando alla manutenzione ferroviaria, riprendo le conclusioni del prof. Caneva e, richiamando quanto ho scritto sopra a proposito dellaeronautica civile, sottolineo ancora la necessit di disporre anche in questo settore di personale con competenze adeguate, qualificato e certificato, in grado di operare efficacemente nellambito di un sistema, a sua volta, idoneo a garantire la massima affidabilit del materiale rotabile (nonch delle infrastrutture e degli impianti tecnologici). Propongo pertanto che lA.I.MAN. si faccia promotrice a livello italiano e, tramite le associazioni omologhe degli altri Paesi, a livello europeo, della istituzione di un sistema di norme e regole condivise che sullesempio di quanto avviene nel trasporto aereo assicuri che tutto quanto attiene la manutenzione, la messa in servizio e lesercizio dei treni avvenga nel rispetto della sicurezza e con lobiettivo di minimizzare il rischio di catastrofi. Infine, il tema dei costi: vero che il personale di manutenzione preparato, qualificato e certificato costa di pi, in quanto va retribuito meglio, dopo aver anche sostenuto la spesa per la sua formazione. Ma altres certo, e lesperienza nel campo aeronautico lo dimostra, che il costo totale della manutenzione eseguita da siffatto personale risulta minore, con risultati decisamente migliori. Pier Paolo Falcone
Consulente

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