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ISTITUZIONI DI FISICA

MATEMATICA
Corso di 6 Crediti
Corso di Laurea Specialistica in Matematica
Versione 2006-2007
Cornelis VAN DER MEE
Dipartimento di Matematica e Informatica
Universit`a di Cagliari
Viale Merello 92, 09123 Cagliari
070-6755605 (studio), 070-6755601 (FAX), 335-5287988 (cell.)
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oppure: http:krein.unica.itcornelis
Indice
I EQUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA 1
1 Classicazione delle equazioni alle derivate parziali . . . . . . . . 1
2 Alcune equazioni della sica matematica . . . . . . . . . . . . . 3
3 Separazione delle variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
II SPAZI DI BANACH E DI HILBERT 21
1 Spazi di Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2 Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3 Contrazioni e Punti Fissi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
4 Basi ortonormali in spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . 27
5 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
6 Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
7 Spettro di un operatore lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
8 Operatori lineari autoaggiunti e unitari . . . . . . . . . . . . . . 39
III EQUAZIONI INTEGRALI 43
1 Propriet`a Elementari e Iterazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
2 Equazioni integrali di Volterra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3 Equazioni Integrali con Nucleo Hermitiano . . . . . . . . . . . . 50
4 Teorema di Hilbert-Schmidt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
IVPROBLEMI AL CONTORNO E FUNZIONI SPECIALI 61
1 Problemi agli autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
2 Problema di Sturm-Liouville . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
3 Funzioni di Bessel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
4 Funzioni sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4.1 Funzioni sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4.2 Polinomi di Legendre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
4.3 Funzioni di Legendre associate . . . . . . . . . . . . . . . 94
4.4 Le funzioni sferiche per n = 3: Completezza . . . . . . . 95
5 Polinomi di Hermite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
i
6 Polinomi di Laguerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
7 Polinomi di Chebyshev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
V PROBLEMI AL CONTORNO 109
1 Equazione di Laplace nel disco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
2 Equazione di Laplace nel cilindro . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
3 Equazione del calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
4 Equazione delle Onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
5 Equazione di Schrodinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
5.1 La buca di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
5.2 Oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
5.3 Atomo didrogeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
VI TRASFORMATA DI FOURIER E DISTRIBUZIONI 139
1 Trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
1.1 Trasformata di Fourier negli spazi L
1
e L
2
. . . . . . . . . 139
1.2 Funzioni Generalizzate di Crescita Lenta . . . . . . . . . 142
1.3 Trasformata di Fourier delle funzioni generalizzate di crescita lenta144
2 Funzioni di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
2.1 Equazione di Laplace-Poisson . . . . . . . . . . . . . . . 150
2.2 Equazione di Helmholtz . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
3 Problemi al Contorno con Spettro Continuo . . . . . . . . . . . 159
3.1 Equazione del Calore sulla Retta e la Semiretta . . . . . 159
3.2 Equazione delle Onde sulla Retta . . . . . . . . . . . . . 162
3.3 Equazione del Calore in R
n
. . . . . . . . . . . . . . . . 163
A Funzioni analitiche 165
B La Funzione Gamma 171
C Approssimazione delle funzioni continue da polinomi 173
D INTEGRAZIONE SECONDO LEBESGUE 175
1 Insiemi di Borel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
2 Integrale di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
3 Alcuni Teoremi Importanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
Bibliography 183
ii
Capitolo I
EQUAZIONI DELLA FISICA
MATEMATICA
1 Classicazione delle equazioni alle derivate
parziali
Consideriamo unequazione dierenziale quasi-lineare (lineare in tutte le sue
derivate di ordine superiore) del secondo ordine
n

i,j=1
a
ij
(x)

2
u
x
i
x
j
+ (x, u, u) = 0 (I.1)
a coecienti continui a
ij
(x) deniti su un aperto G R
n
. Lequazione (I.1)
soddisfa la condizione di simmetria
a
ij
(x) = a
ji
(x) reale, x G. (I.2)
Esempi importanti dellequazione (I.1) sono lequazione di Poisson n-di-
mensionale
1
u = f, (I.3)
dove a
ij
(x) =
ij
(la delta di Kronecker), lequazione delle onde n-dimensionale

2
u
t
2
c
2
u = f, (I.4)
dove a
00
(x) = 1 (essendo t la coordinata zero-esima), a
ii
(x) = c
2
(i =
1, , n), e a
ij
(x) = 0 per i ,= j, e lequazione del calore n-dimensionale
u
t
= a
2
u +f, (I.5)
1
`e loperatore di Laplace: =

n
j=1

2
x
2
j
= = div grad.
1
dove a
00
(x) = 0 (essendo t la coordinata zero-esima), a
ii
(x) = a
2
(i = 1, , n),
e a
ij
(x) = 0 per i ,= j.
Allequazione (I.1) si associa la matrice n n
A(x) = (a
ij
(x))
n
i,j=1
, (I.6)
che dipende soltanto dai termini con le derivate parziale del secondo ordine.
Grazie alla (I.2), la matrice A(x) `e reale e simmetrica. Quindi A(x) ha n
autovalori reali
1
(x), ,
n
(x). Inoltre esiste una matrice ortogonale O(x)
(cio`e, O(x)
T
= O(x)
1
e la O(x) `e reale) tale che
O(x)
1
A(x)O(x) = diag (
1
(x), ,
n
(x)), (I.7)
dove la parte a destra `e una matrice diagonale. La colonna j-esima della O(x)
`e un autovettore (di norma euclidea 1) della A(x) corrispondente allautovalore

j
(x) (j = 1, , n). Le colonne della O(x) costituiscono una base ortonormale
dello spazio euclideo R
n
.
Introduciamo la seguente classicazione delle equazioni (I.1) che soddisfano
la (I.2). Tale equazione si dice
a. ellittica se tutti gli autovalori
j
(x) sono diversi da zero e hanno lo stesso
segno.
b. iperbolica se tutti gli autovalori
j
(x) sono diversi da zero, ma non tutti
hanno lo stesso segno. La (I.1) si dice di tipo iperbolico normale se `e
iperbolica e tutti gli autovalori tranne uno hanno lo stesso segno.
c. parabolica se almeno uno degli autovalori (ma non tutti) si annullano. La
(I.1) si dice di tipo parabolico normale se `e parabolica e tutti gli autovalori
non nulli hanno lo stesso segno.
Torniamo agli esempi (I.3), (I.4) e (I.5):
(I.3): Si ha A(x) = diag (1, , 1) di ordine n. Tutti gli autovalori sono uguali
ad 1 e quindi lequazione di Poisson `e ellittica.
(I.4): Si ha A(x) = diag (1, c
2
, , c
2
) di ordine n+1. Uno degli autovalori
`e uguale ad 1 e gli altri sono uguali a c
2
. Quindi lequazione delle onde
`e di tipo iperbolico normale.
(I.5): Si ha A(x) = diag (0, a
2
, , a
2
) di ordine n+1. Uno degli autovalori
si annulla e gli altri sono uguali a a
2
. Quindi lequazione del calore `e
di tipo parabolico normale.
2
2 Alcune equazioni della sica matematica
Una descrizione di molti processi sici porta ad equazioni dierenziali ed inte-
grali o persino ad equazioni integro-dierenziali. Una classe sucientemente
vasta di processi sici viene descritta mediante equazioni lineari del secondo
ordine
n

i,j=1
a
ij
(x)

2
u
x
i
x
j
+
n

i=1
b
i
(x)
u
x
i
+c(x)u = F(x). (I.8)
In questo paragrafo consideriamo processi sici tipici che si possono ridurre a
diversi problemi al contorno per le equazioni dierenziali.
1. Equazione di vibrazioni. Molti problemi di meccanica (vibrazione
di corde, di barre, di membrane e di volumi tridimensionali) e di sica (onde
acustiche e elettromagnetiche) sono descritte da equazione di vibrazioni della
forma

2
u
t
2
= div(p gradu) qu +F(x, t), (I.9)
dove la funzione incognita u(x, t) dipende da n (n = 1, 2, 3 nella maggior parte
delle applicazioni) coordinate spaziali x = (x
1
, x
2
, , x
n
) e dal tempo t; i
coecienti , p e q sono determinati dalle propriet`a del mezzo in cui si svolgono
le vibrazioni; il termine noto F(x, t) esprime lintensit`a della perturbazione
esterna. Nellequazione (3.2), conformemente alla denizione degli operatori
di divergenza e di gradiente, si ha
div(p gradu) =
n

i=1

x
i
_
p
u
x
i
_
.
Illustriamo la deduzione dellequazione (I.9) con lesempio di piccole vibra-
zioni trasversali di una corda. Si dice corda un lo teso che non resiste alla
essione.
Supponiamo che nel piano (x, u) la corda esegua piccole vibrazioni trasver-
sali vicino alla sua posizione di equilibrio coincidente con lasse x. Denotiamo
con u(x, t) il valore dello spostamento della corda dalla posizione di equilibrio
nel punto x allistante t in modo che u = u(x, t) descrive lequazione della
corda allistante t. Limitandoci allesame delle piccole vibrazioni della corda,
trascureremo innitesimi di ordine superiore in confronto con tg =
u
x
. Visto
che la corda non resiste alla essione, la sua tensione T(x, t), nel punto x al-
listante t, `e diretta lungo la tangente alla corda al punto x (Vedi Fig. I.1).
Qualunque sezione della corda (a, b) dopo lo spostamento dalla posizione di
equilibrio nei limiti della nostra approssimazione non cambia la sua lunghezza
=
_
b
a

1 +
_
u
x
_
2
dx b a
3
x
x,t)
x,t)
u
u(x,t)
T(x,t)
x x x+

T(x+
u(x+
Figura I.1: Derivazione dellequazione di vibrazioni
e, per conseguenza, conformemente alla legge di Hooke, il valore della tensione
[T(x, t)[ rimarr`a costante ed indipendente sia da x che da t, cio`e [T(x, t)[ = T
0
.
Indichiamo con F(x, t) la densit`a delle forze esterne agenti sulla corda, nel
punto x allistante t, dirette perpendicolarmente allasse x nel piano (x, u).
Inne, sia (x) la densit`a lineare della corda nel punto x, in modo che (x)x
rappresenti approssimativamente la massa dellelemento della corda (x, x +
x).
Costruiamo lequazione del moto della corda. Sul suo elemento (x, x+x)
agiscono le forze di tensione T(x + x, t) e T(x, t) e la forza esterna, la cui
somma, conformemente alle leggi di Newton, devessere uguale al prodotto
della massa di questelemento per la sua accelerazione. Proiettando questu-
guaglianza vettoriale sullasse u, in base ai ragionementi precedenti, si ottiene
la seguente uguaglianza:
T
0
sin [
x+x
T
0
sin [
x
+F(x, t)x = (x)x

2
u(x, t)
t
2
. (I.10)
Ma nellambito della nostra approssimazione si ha
sin =
tg
_
1 + tg
2

tg =
u
x
,
e perci`o otteniamo dalla (I.10)

2
u(x, t)
t
2
= T
0
1
x
_
u(x + x, t)
x

u(x, t)
x
_
+F(x, t),
da cui, per x 0, segue luguaglianza

2
u
t
2
= T
0

2
u
x
2
+F. (I.11)
4
Questa `e lequazione delle piccole vibrazioni trasversali di una corda. Per F ,=
0, le vibrazioni della corda sono dette forzate e, per F = 0, libere.
Se la densit`a `e costante, cio`e (x) = , lequazione di vibrazioni della
corda assume la forma

2
u
t
2
= a
2

2
u
x
2
+f, (I.12)
dove f = F/ e a
2
= T
0
/ `e una costante. Lequazione (I.12) `e detta anche
equazione delle onde unidimensionale.
Dalle considerazioni siche segue che, per una descrizione univoca delle
vibrazioni di una corda o di una barra, `e anche necessario assegnare supple-
mentarmente i valori dello spostamento u e della velocit`a u
t
allistante ini-
ziale (condizioni iniziali) ed anche il regime di comportamento alle estremit`a
(condizioni di frontiera). Riportiamo alcuni esempi di condizioni di frontiera.
a) Se lestremit`a x
0
della corda o della barra si muove conformemente alla
legge (t), si ha
u[
x=x
0
= (t).
b) Se sullestremit`a destra x
0
della corda agisce una forza data v(t), si ha
u
x

x=x
0
=
v(t)
T
0
.
Infatti, in questo caso si ha
T
0
u
x

x=x
0
T
0
sin [
x=x
0
= v(t).
c) Se lestremit`a destra x
0
`e elasticamente ssata ed `e il coeciente di
rigidit`a del ssaggio, si ha
E
u
x
+u

x=x
0
= 0,
conformemente alla legge di Hooke.
In modo analogo si deduce lequazione delle piccole vibrazioni trasversali di
una membrana

2
u
t
2
= T
0
_

2
u
x
2
1
+

2
u
x
2
1
_
+F. (I.13)
Se la densit`a `e costante, lequazione di vibrazioni di una membrana
assume la forma

2
u
t
2
= a
2
_

2
u
x
2
1
+

2
u
x
2
2
_
+f, a
2
=
T
0

, f =
F

, (I.14)
5
ed `e detta equazione delle onde bidimensionale.
Lequazione delle onde tridimensionale

2
u
t
2
= a
2
_

2
u
x
2
1
+

2
u
x
2
2
+

2
u
x
2
3
_
+f (I.15)
descrive i processi di propagazione del suono in un mezzo omogeneo e delle
onde elettromagnetiche in un mezzo omogeneo non conduttore. Soddisfano
questa equazione la densit`a di un gas, la sua pressione ed il potenziale di
velocit`a, nonche le componenti dintensit`a dei campi elettrico e magnetico ed
i corrispondent potenziali.
Scriveremo le equazioni delle onde (I.12), (I.14) e (I.15) con la singola
formula
2
a
=

2
t
2
a
2
(2 2
1
), (I.16)
e `e loperatore di Laplace:
=

2
x
2
1
+

2
x
2
2
+ +

2
x
2
n
.
2. Equazione di diusione. I processi di diusione del calore o di
diusione delle particelle in un mezzo vengono descritti mediante la seguente
equazione di diusione generale:

u
t
= div(p gradu) qu +F(x, t). (I.17)
Deriviamo lequazione di diusione del calore (o lequazione del calore).
Denotiamo con u(x, t) la temperatura del mezzo nel punto x = (x
1
, x
2
, x
3
)
allistante t. Considerando isotropo il mezzo, denotiamo con (x), c(x) e k(x)
rispettivamente la densit`a, la capacit`a termica specica ed il coeciente di
conducibilit`a termica del mezzo nel punto x. Indichiamo con F(x, t) linten-
sit`a delle sorgenti termiche nel punto x allistante t. Calcoliamo il bilancio
termico in un volume V arbitrario per un intervallo di tempo (t, t + t). De-
notiamo con S la frontiera di V e sia n una normale esterna a questa frontiera.
Conformemente alla legge di Fourier, attraverso la supercie S del volume V ,
entra una quantit`a di calore
Q
1
=
_
S
k
u
n
dS t =
_
S
(k grad u, n) dS t,
che `e uguale, secondo il teorema di Gauss (della divergenza), a
Q
1
=
_
V
div(k gradu) dxt.
6
Le sorgenti termiche nel volume V producono una quantit`a di calore
Q
2
=
_
V
F(x, t) dxt.
Visto che la temperatura in V durante lintervallo di tempo (t, t + t) cresce
di
u(x, t + t) u(x, t)
u
t
t,
ci`o richiede una quantit`a di calore uguale a
Q
3
=
_
V
c
u
t
dxt.
Daltra parte, Q
3
= Q
1
+Q
2
il che signica che
_
V
_
div(k gradu) +F c
u
t
_
dxt = 0,
da cui, in virt` u del carattere arbitrario di V , si ottiene lequazione di diusione
del calore
c
u
t
= div(k grad u) +F(x, t). (I.18)
Se il mezzo `e omogeneo, cio`e se c, e k sono costanti, lequazione (I.18)
assume la forma
u
t
= a
2
u +f, (I.19)
dove a
2
=
k
c
e f =
F
c
. Lequazione (I.19) `e detta equazione di conduzione
termica. Il numero n di variabili x
1
, x
2
, , x
n
in questequazione pu`o essere
arbitrario.
Come nel caso delle equazioni delle variazioni, per una completa descrizione
del processo di diusione del calore, si deve assegnare la distribuzione iniziale
della temperatura u nel mezzo (la condizione iniziale) ed il comportamento del
mezzo nella frontiera (le condizioni di frontiera).
a) Se sulla frontiera S va mantenuta una data distribuzione di temperatura
u
0
, si ha allora
u[
S
= u
0
. (I.20)
b) Se su S va mantenuto un dato usso di calore u
1
, si ha allora
k
u
n

S
= u
1
. (I.21)
7
c) Se su S ha luogo lo scambio di calore, conformemente alla legge di
Newton, allora si ha
k
u
n
+h(u u
0
)

S
= 0, (I.22)
dove h `e il coeciente di scambio di calore ed u
0
`e la temperatura
dellambiente.
In modo analogo si pu`o dedurre lequazione di diusione delle particelle.
In questo caso al posto della legge di Fourier si deve utilizzare la legge di Nerst
per il usso di particelle attraverso un elemento di supercie S per unit`a di
tempo: Q = D
u
n
S, dove D(x) `e il coeciente di diusione ed u(x, t) `e
la densit`a di particelle nel punto x allistante t. Lequazione per la densit`a u
avr`a la forma della (I.17) dove denota il coeciente di porosit`a, p = D e q
caratterizza lassorbimento del mezzo.
3. Le equazioni di Laplace, Poisson e Helmholtz. Per i processi
stazionari F(x, t) = F(x) and u(x, t) = u(x), le equazioni delle vibrazioni (I.9)
e di diusione (I.17) assumono la forma
div(p gradu) +qu = F(x). (I.23)
Per p = costante e q = 0 lequazione (I.23) `e detta equazione di Poisson:
u = f, f = F/; (I.24)
per f = 0 lequazione (I.24) si dice equazione di Laplace
u = 0. (I.25)
Un processo stazionario `e completamente denito se `e ssata una delle
condizioni di frontiera (I.20)-(I.22).
Supponiamo che, nellequazione delle onde (I.16), la perturbazione esterna
f(x, t) sia periodica di frequenza e di ampiezza a
2
f(x):
f(x, t) = a
2
f(x)e
it
.
Se cerchiamo perturbazioni periodiche u(x, t) della stessa frequenza e di am-
piezza incognita u(x), cio`e
u(x, t) = u(x)e
it
,
per la funzioneu(x) si ottiene lequazione di stato stazionario
u +k
2
u = f(x), k
2
=

2
a
2
, (I.26)
8
detta equazione di Helmholtz.
Problemi al contorno per lequazione di Helmholtz sorgono dai problemi
di dirazione. Supponiamo, per esempio, che sia data unonda piana e
ik(ax)
,
[a[ = 1, k > 0, che arrivi dallinnito e sia sottoposta ad una certa variazione
dovuta ad un ostacolo sulla frontiera S di una regione limitata G (Vedi Fig.
I.2). Questo ostacolo pu`o essere assegnato, per esempio, mediante la condizione
u[
S
= 0 o (u/n)[
S
= 0. Lostacolo genera unonda diusa v(x). Lontano
dai centri diondenti questonda sar`a prossima ad unonda sferica divergente
v(x) = f
_
x
[x[
_
e
ik|x|
[x[
+o([x[
1
). (I.27)
Per questa ragione per [x[ londa v(x) deve soddisfare condizioni della
forma
v(x) = O
_
1
[x[
_
,
v(x)
[x[
ikv(x) = o
_
1
[x[
_
, (I.28)
dette condizioni di radiazione di Sommerfeld. La perturbazione totale u(x)
allinfuori della regione G rappresenta la somma di unonda piana e di unonda
diusa:
u(x) = e
ik(x)
+v(x). (I.29)

n
(x)
G
S
Figura I.2: Scattering di unonda piana da un ostacolo
Osserviamo di passaggio che la funzione f(s), s = x/[x[, che gura nella
(3.21), `e detta ampiezza di dirazione; lampiezza di dirazione `e anche una
funzione dellimpulso ka.
4. Equazioni della dinamica dei uidi. Consideriamo il moto di un
uido perfetto (gas), cio`e di un uido in cui non esiste la viscosit`a. Siano
V (x, t) = (v
1
, v
2
, v
3
) il vettore velocit`a del uido, (x, t) la sua densit`a, p(x, t)
9
la sua pressione, f(x, t) lintensit`a delle sorgenti e F(x, t) = (F
1
, F
2
, F
3
) linten-
sit`a delle forze di massa. Allora queste quantit`a soddisfano il seguente sistema
(non lineare) di equazioni dette equazioni di dinamica dei uidi:

t
+ div(V ) = f, (I.30)
V
t
+ (V grad)V +
1

grad p = F. (I.31)
Le equazioni (I.30) e (I.31) sono rispettivamente dette equazione di con-
tinuit`a ed equazione (del moto) di Eulero. Per completare questo sistema di
equazioni `e necessario assegnare una relazione tra la pressione e la densit`a:
(p, ) = 0, (I.32)
la cosiddetta equazione di stato. Per esempio, per un liquido incompressibile
lequazione di stato ha la forma = costante, mentre per il moto adiabatico
di un gas
p

= costante, =
c
p
c
v
,
dove c
p
e c
v
sono rispettivamente i calori specici del gas a pressione ed a
volume costanti.
In particolare, se un liquido `e incompressibile ( = costante) ed il suo
moto `e conservativo (cio`e, esiste un potenziale V tale che V = grad u),
dallequazione di continuit`a (I.30) segue che il potenziale u soddisfa lequazione
di Poisson (I.24).
5. Equazioni di Maxwell. Supponiamo che in un mezzo sia immerso
un campo elettromagnetico alternato. Siano E(x, t) = (E
1
, E
2
, E
3
) lintensit`a
di campo elettrico, H(x, t) = (H
1
, H
2
, H
3
) lintensit`a di campo magnetico,
(x) la densit`a di cariche elettriche, la costante dielettrica del mezzo,
il coeciente di permeabilit`a magnetica del mezzo e I(x, t) = (I
1
, I
2
, I
3
) la
corrente di conduzione. Allora queste quantit`a soddisfano il seguente sistema
lineare di equazioni dierenziali dette equazioni di Maxwell:
div(E) = 4, div(H) = 0, (I.33)
rotE =
1
c
(H)
t
, (I.34)
rotH =
1
c
(E)
t
+
4
c
I, (I.35)
10
dove e = 3 10
10
cm/sec `e la velocit`a della luce nel vuoto.
Lequazione (I.34) esprime la legge di Faraday e lequazione (I.35) le legge
di Amp`ere.
Riportiamo alcuni casi particolari delle equazioni di Maxwell.
a) = 0, , e sono costanti ed I = E (legge di Ohm). Applicando alle
equazioni (I.34) e (I.35) loperatore rot ed utilizzando le equazioni (I.33),
si ottiene per le componenti dei vettori E e H la cosiddetta equazione
del telegrasta
2
a
u +
4

u
t
= 0, a =
c

. (I.36)
b) I = 0, e e sono costanti. Introducendo il potenziale elettromagne-
tico a quattro componenti (
0
, ), = (
1
,
2
,
3
), rappresentiamo la
soluzione delle equazioni di Maxwell nella forma
E = grad
0

1
c

t
, H =
1

rot . (I.37)
Le componenti del potenziale elettromagnetico debbono in questo caso
vericare le equazioni delle onde
2
a

0
=
4c
2

, 2
a
= 0, (I.38)
e la condizione di Lorentz

0
t
div = 0. (I.39)
c) Se il processo `e stazionario, le equazioni di Maxwell si trasformano nelle
equazioni dellelettrostatica
div(E) = 4, rot E = 0, (I.40)
e nelle equazioni della magnetostatica
div(H) = 0, rot H =
4
c
I. (I.41)
Per = costante il potenziale elettrostatico
0
soddisfa, in virt` u della
(I.38), lequazione di Poisson (I.24) per f = (4/).
11
Per trasformare le equazioni di Maxwell abbiamo utilizzato le seguenti
formule dellanalisi vettoriale:
div grad = , rot rot = grad div I, rot grad = 0, div rot = 0,
dove I `e la matrice unit`a.
6. Equazione di Schrodinger. Supponiamo che una particella quanti-
stica di massa m
0
si muova in un campo di forza esterno con potenziale V (x).
Denotiamo con (x, t) la funzione donda di questa particella, di modo che
[(x, t)[
2
x sia la probabilit`a che la particella si trovi nellintorno U(x) del
punto x allistante t; qui x `e il volume innitesimo di U(x). Allora la funzione
soddisfa lequazione di Schrodinger
i

t
=

2
2m
0
+V , (I.42)
dove = 1, 054 10
27
erg sec; h = 2 si dice costante di Planck.
Se lenergia E di una particella ha un valore denito, questo stato di par-
ticella `e detto stazionario, grazie al principio dincertezza di Heisenberg. In
questo caso la funzione donda (x, t) ha la forma
(x, t) = e
iEt/
(x),
dove la funzione donda (x), in virt` u della (I.42), verica lequazione stazio-
naria di Schrodinger


2
2m
0
+V = E. (I.43)
Per V = 0 (particella libera) lequazione di Schrodinger (I.43) si trasforma
nellequazione omogenea di Helmholtz (I.26).
Se lenergia E `e negativa, si deve richiedere che lintegrale della densit`a di
probabilit`a [(x)[
2
sia uguale ad 1, siccome la probabilit`a totale che la parti-
cella si trovi nello spazio `e uguale ad 1. In tal caso possono esistere soltanto
soluzioni per opportuni valori di E, spesso solo per un numero nito (nume-
rabile) di valori negativi di E. Daltra parte, se lenergia E `e non negativa,
lequazione (I.43) descrive lo scattering della particella allenergia E. In tal ca-
so, come per lequazione di Helmholtz, si deve richiedere che siano vericate le
condizioni di radiazione di sommerfeld (I.28) allinnito (per k =

2m
0
E /).
In tal caso la funzione f(x/[x[) nella (I.27) si dice intersezione di scattering ed
il suo valore assoluta (tranne un fattore banale) ampiezza.
12
3 Separazione delle variabili
1. Trasformazioni Ortogonali. Sia u = (u
1
, u
2
, u
3
) una trasformazione
delle variabili in R
3
, dove x = (x
1
, x
2
, x
3
) sono le coordinate cartesiane, u
j
=
u
j
(x
1
, x
2
, x
3
) (j = 1, 2, 3) sono funzioni di classe C
2
e la matrice Jacobiana `e
invertibile (per x in un aperto di R
3
). La trasformazione si dice ortogonale se
le righe della matrice Jacobiana
J =
_

_
x
1
u
1
x
2
u
1
x
3
u
1
x
1
u
2
x
2
u
2
x
3
u
2
x
1
u
3
x
2
u
3
x
3
u
3
_

_
sono ortogonali. In altre parole, la trasformazione si dice ortogonale se
3

j=1
x
j
u
k
x
j
u
l
= 0, k ,= l.
Siccome J
1
`e la matrice Jacobiana della trasformazione inversa, risulta la sua
ortogonalit`a. Ponendo
h
k
=
_
3

j=1
_
x
j
u
k
_
2
_
1/2
, k = 1, 2, 3,
si vede facilmente che la matrice diag (1/h
1
, 1/h
2
, 1/h
3
) J `e ortogonale (cio`e,
U
1
= U
T
e quindi det U 1, +1). Dunque
[ det J[ = h
1
h
2
h
3
.
Loperatore di Laplace
=
2
=
3

j=1

2
x
2
j
si rappresenta nella seguente forma:
=
1
h
1
h
2
h
3
_

u
1
_
h
2
h
3
h
1

u
1
_
+

u
2
_
h
3
h
1
h
2

u
2
_
+

u
3
_
h
1
h
2
h
3

u
3
__
.
Esempi:
13
a. Coordinate Cilindriche: x = r cos , y = rsen , z = z. dove r 0,
0 < 2, z R. Allora h
r
= 1, h

= r, h
z
= 1. In tal caso
=

2

r
2
+
1
r

r
+
1
r
2

2
+

2

z
2
. (I.44)
Sostituendo per una funzione = (r, ) che non dipende da z si trova
loperatore di Laplace in coordinate polari:
=

2

r
2
+
1
r

r
+
1
r
2

2
. (I.45)
b. Coordinate Sferiche: x = rsen cos , y = rsen sen , z = r cos ,
dove r 0, [0, ], [0, 2). Allora h
r
= 1, h

= r, h

= rsen .
In tal caso
=

2

r
2
+
2
r

r
+
1
r
2
sen
2

2
+
1
r
2
sen

_
sen

_
. (I.46)
Introducendo la nuova variabile = cos [1, 1] (tale che d =
sen d, 1
2
= sen
2
) otteniamo
2
=

2

r
2
+
2
r

r
+
1
r
2
(1
2
)

2
+
1
r
2

_
(1
2
)

_
. (I.47)
c. Coordinate Parabolico-cilindriche (vedi [10]): x =
c
2
(u
2
v
2
), y =
cuv, z = z, dove u R, v 0, z R, e c `e una costante positiva. Allora
h
u
= h
v
= c

u
2
+v
2
, h
z
= 1.
In tal caso
=
1
c
2
(u
2
+v
2
)
_

u
2
+

2

v
2
_
+

2

z
2
. (I.48)
d. Coordinate Ellittico-cilindriche (vedi [10]): x = c cosh u cos v, y =
c senh u sen v, z = z, dove u > 0, v [0, 2], z R, e c `e una costante
positiva. Allora
h
u
= h
v
= c
_
cosh
2
u sen
2
v + senh
2
u cos
2
v, h
z
= 1.
In tal caso
=
1
c
2
[cosh
2
u sen
2
v + senh
2
u cos
2
v]
_

u
2
+

2

v
2
_
+

2

z
2
. (I.49)
2
Usando le coordinate ortogonali (r, , ) direttamente si trovano le espressioni h
r
= 1,
h

= r
_
1
2
e h

= (r/
_
1
2
).
14
2. Separazione in Coordinate Polari. Consideriamo ora lequazione di
Helmholtz
+ k
2
= 0
in due variabili (x, y) per k 0 nel dominio
D =
_
(x, y) : 0
_
x
2
+y
2
L
_
,
dove L (0, +). Ponendo
(r, ) = R(r)(),
dove R(r) e () sono funzioni di classe C
2
in r (0, L) e R con (+2) =
(), si trova
0 =

+k
2
=
1
R(r)
_
d
2
R
dr
2
+
1
r
dR
dr
_
+
1
r
2
()
d
2

d
2
+k
2
,
oppure
r
2
R(r)
_
d
2
R
dr
2
+
1
r
dR
dr
_
+k
2
r
2
+
1
()
d
2

d
2
= 0.
Lespressione precedente `e la somma costante di una funzione di r (che non
dipende da ) e una funzione di (che non dipende da r). Dunque i due
termini devono essere costanti.
Proposizione I.1 Sia () una funzione di classe C
2
, non banale, tale che
1
()
d
2

d
2
= C, ( + 2) ().
Allora C = m
2
per qualche m = 0, 1, 2, e
() =
_
costante, m = 0
cost
1
cos m + cost
2
senm, m = 1, 2, 3, .
Dimostrazione. Per C < 0 si ha la soluzione generale
() = c
1
cosh(

C) +c
2
senh (

C).
Sostituendo ( + 2) () e le formule daddizione
_
cosh( +) = cosh cosh + senh senh
senh ( +) = senh cosh + cosh senh ,
15
risulta
c
1
cosh(

C) +c
2
senh (

C)
=
_
c
1
cosh(2

C) +c
2
senh (2

C)
_
cosh(

C)
+
_
c
1
sinh(2

C) +c
2
cosh(2

C)
_
senh (

C),
dove (0, 2) `e arbitrario. Quindi
_
1 cosh(2

C) senh (2

C)
senh (2

C) 1 cosh(2

C)
_ _
c
1
c
2
_
=
_
0
0
_
,
implicando c
1
= c
2
= 0, poich`e il determinante del sistema 2(1cosh(2

C))
< 0.
3
Daltra parte, per C > 0 troviamo la soluzione generale
() = c
1
cos(

C) +c
2
sen (

C).
Nella stessa maniera risulta il sistema
_
1 cos(2

C) sen (2

C)
sen (2

C) 1 cos(2

C)
_ _
c
1
c
2
_
=
_
0
0
_
con determinante 2(1 cos(2

C)). Il determinante si annulla se e solo se


C = m
2
per m N. In tal caso tutti gli elementi della matrice si annullano
e quindi le costanti c
1
e c
2
sono arbitrarie. Inne, per C = 0 troviamo la
soluzione generale () = c
1
+ c
2
. In tal caso ( + 2) () implica
c
2
= 0. 2
Sostituendo
1
()
d
2

d
2
= m
2
per m = 0, 1, 2, , otteniamo
d
2
R
dr
2
+
1
r
dR
dr
+
_
k
2

m
2
r
2
_
R(r) = 0
con le condizioni al contorno R(0
+
) nito e R(L) = 0. Se invece della condi-
zione di Dirichlet [
D
0 si considera la condizione di Neumann

n
[
D
0,
risultano le condizioni al contorno R(0
+
) nito e R

(L) = 0.
3
Dimostrazione alternativa per C < 0:
_
2
0
[()[
2
d = C
_
2
0

()() d =
C
_

()()
_
2
0
+ C
_
2
0
[

()[
2
d < 0, poich`e il primo termine dellultima parte si
annulla per ragioni di periodicit` a, C < 0 e

() , 0. Contraddizione.
16
Per k = 0 si trova lequazione di Eulero r
2
R

(r) + rR

(r) m
2
R(r) = 0
con soluzione generale
R(r) =
_
c
1
+c
2
log r, m = 0
c
1
r
m
+c
2
r
m
, m = 1, 2, 3, .
La condizione che R(0
+
) sia nito, implica c
2
= 0. In tal caso R(L) ,= 0 per
ogni L > 0, eccetto nel caso banale c
1
= c
2
= 0. Quindi per k = 0 non ci sono
soluzioni non banali. Purtroppo, se studiamo lequazione di Helmholtz con la
condizione di Neumann, risulta la soluzione non banale costante se m = 0; per
m = 1, 2, 3, non ci sono soluzioni non banali.
Per k > 0 si ponga = kr. In tal caso risulta lequazione di Bessel
d
2
R
d
2
+
1

dR
d
+
_
1
m
2

2
_
R() = 0.
Questequazione ha una singola soluzione linearmente indipendente limitata se
0
+
. Con unopportuna normalizzazione questa soluzione si chiama J
m
(),
la cosiddetta funzione di Bessel di ordine m. Infatti J
m
() ha le seguenti
propriet`a: (i) J
0
(0) = 1, J
1
(0) = J
2
(0) = = 0, (ii) J
m
() 0 se +,
e (iii) J
m
() ha un numero innito di zeri positivi: 0 <
m1
<
m2
< .
4
Ci`o implica che R(L) = 0 se e solo se kL =
mn
per qualche n N. In altre
parole, si trovano le autofrequenze k
mn
=
mn
/L (m, n N).
Inne otteniamo la soluzione generale
(r, ) =

n=1
a
0n
J
0
_

0n
r
L
_
+

m=1

n=1
[a
mn
cos m +b
mn
sen m] J
m
_

mn
r
L
_
.
Se consideriamo la condizione di Neumann al posto di quella di Dirichlet,
arriviamo alla soluzione generale
(r, ) = a
00
+

n=1
a
0n
J
0
_

0n
r
L
_
+

m=1

n=1
[a
mn
cos m +b
mn
sen m] J
m
_

mn
r
L
_
,
dove 0 <
m1
<
m2
< sono gli zeri della derivata prima J

m
() della
funzione di Bessel di ordine m. La spiegazione per il termine costante a
00
nello
sviluppo per (r, ) `e il fatto che la funzione costante soddisfa lequazione di
Helmholtz con la condizione di Neumann per k = 0.
4
Perch`e gli zeri sono semplici?
17
3. Separazione in Coordinate Sferiche. Consideriamo lequazione di
Schrodinger
+k
2
= V (
_
x
2
+y
2
+z
2
)
nelle variabili (x, y, z) per k > 0, dove il potenziale V dipende soltanto dalla
variabile r =
_
x
2
+y
2
+z
2
).
`
E compreso il caso dellequazione di Helmholtz
(V 0). Ponendo
(r, , ) = R(r)S(, ),
dove R(r) e S(, ) sono funzioni di classe C
2
in r (0, +) e (, )
R (0, ), si trova facilmente
0 =

+k
2
V =
1
R(r)
_
d
2
R
dr
2
+
2
r
dR
dr
_
+
1
r
2
S(, )
_
1
sen
2

2
S

2
+
1
sen

_
sen
S

__
+k
2
V (r).
Quindi
1
sen
2

2
S

2
+
1
sen

_
sen
S

_
= CS(, )
e
d
2
R
dr
2
+
2
r
dR
dr
+
_
k
2

C
r
2
_
R(r) = V (r)R(r),
dove C `e una costante.
Lequazione dierenziale per S(, ) ha soltanto una soluzione non banale
per certi valori della costante C. Per tali valori di C le funzioni S(, ) sono
multipli delle cosiddette funzioni sferiche.
Consideriamo ora lequazione per S(, ). Ponendo
S(, ) = ()(),
si trova
1
sen
2

1
()
d
2

d
2
+
1
()
1
sen
d
d
_
sen
d
d
_
+ C = 0.
Come di solito,
1
()
d
2

d
2
= m
2
,
dove m = 0, 1, 2, . Utilizzando la trasformazione X() = (arccos ), =
cos arriviamo allequazione dierenziale
d
d
_
(1
2
)
dX
d
_
+
_
C
m
2
1
2
_
X() = 0.
18
Questequazione si chiama lequazione per le funzioni associate di Legendre. Le
sue soluzioni non banali limitate se 1 esistono soltanto per C = l(l +1)
dove l = m, m+1, m+2, . Nel caso particolare m = 0 si ottiene lequazione
di Legendre
d
d
_
(1
2
)
dX
d
_
+l(l + 1)X() = 0,
dove l = 0, 1, 2, .
Ritorniamo allequazione per R(r) con C = l(l + 1):
d
2
R
dr
2
+
2
r
dR
dr
+k
2
R(r) =
_
V (r) +
l(l + 1)
r
2
_
R(r),
dove m = l, l + 1, , l 2, l 1, l.
Nella meccanica quantistica il dominio dellequazione originale `e R
3
. Per
descrivere gli stati limite di una particella che si muove in un campo di poten-
ziale V (r), si richiede che L
2
(R
3
). Siccome dxdydz = r
2
sen drdd =
r
2
drdd e lo sviluppo come funzione di `e una serie di Fourier, risulta una
condizione del tipo r(r) L
2
(0, +) per che dipende soltanto da r. Inol-
tre, landamento asintoto J
m
() cost
m

m
con costante cost
m
,= 0 implica la
condizione al contorno R(0
+
) nito per l = 0 e R(0
+
) = 0 per l = 1, 2, .
Lasciamo perdere i dettagli.
Nel caso dellequazione di Helmholtz [V (r) 0] nel dominio D = (x, y, z) :
0
_
x
2
+y
2
+z
2
L richiediamo che R(0
+
) sia nito e che R(L) = 0
[condizione di Dirichlet] oppure R

(L) = 0 [condizione di Neumann].


19
20
Capitolo II
SPAZI DI BANACH E DI
HILBERT
In questo capitolo si introducono gli spazi di Banach e di Hilbert, gli operatori
lineari e loro spettro.
1 Spazi di Banach
Consideriamo noto il concetto di spazio vettoriale X rispetto ad un campo
di scalari F che supponiamo uguale a R (numeri reali) oppure a C (numeri
complessi). Quindi in X sono state denite laddizione X X X e la
moltiplicazione scalare F X X con le solite propriet`a aritmetiche.
Uno spazio normato X `e uno spazio vettoriale su cui `e denita una norma
| | : X R con le seguenti propriet`a:
a. || 0 per ogni X; (positivit`a)
b. || = 0 se e solo se = 0; (denitezza)
c. || = [[ || per F e X; (omogeneit`a)
d. | +| || +|| per , X. (disuguaglianza triangolare)
Dalle (c)-(d) segue subito che
e. [|| ||[ | | per , X.
Per distanza tra e si intende la | |.
Una successione
n
|

n=1
di elementi di X `e detta convergente al vettore
X se lim
n
|
n
| = 0, ossia se, per ogni > 0, esiste un intero n()
tale che |
n
| < per ogni n > n().
21
Una successione
n

n=1
di elementi di uno spazio normato X si dice suc-
cessione di Cauchy se per ogni > 0 esiste un intero n() tale che |
n

m
| <
per n, m > n(), ossia se lim
n,m
|
n

m
| = 0. La norma in X si dice
completa se ogni successione di Cauchy in X `e convergente in X. Uno spazio
normato con norma completa si dice spazio di Banach.
Siano X e Y due spazi normati, U X e f : U Y . Allora f si dice
continua in U se f(
n
)

n=1
converge a f() in Y per ogni successione

n=1
in U che converge a . La funzione f si dice continua se `e continua
in ogni punto U.
Discutiamo ora alcuni esempi di spazi di Banach, trascurando la dimostra-
zione della completezza della norma.
1. Per ogni sottoinsieme chiuso e limitato di R
n
,
1
sia C() lo spazio
vettoriale di tutte le funzioni scalari (reali o complesse) continue in .
Allora la funzione | |

: R,
|f|

= max
z
[f(x)[,
introduce una norma completa in C().
2. Per ogni sottoinsieme limitato di R
n
,
2
sia C() lo spazio vettoriale
di tutte le funzioni scalari (reali o complesse) continue e limitate in .
Allora la funzione | |

: R,
|f|

= sup
x
[f(x)[,
introduce una norma completa in C().
3. Sia un sottoinsieme misurabile in R
n
. Con L
2
() si indica lo spazio
vettoriale di tutte le funzioni al quadrato sommabili (nel senso di Lebe-
sgue) in , dove due funzioni per cui i valori sono diversi soltanto in un
sottoinsieme di di misura zero, vengono considerate uguali. Allora la
funzione | |
2
: L
2
() R,
|f|
2
=
__

[f(x)[
2
dx
_
1/2
,
`e una norma completa in L
2
().
1
In generale, per ogni spazio compatto di Hausdor .
2
In generale, per ogni spazio di Tychono , cio`e per ogni sottospazio di uno spazio
compatto di Hausdor.
22
4. Sia 1 p < . Sia un sottoinsieme misurabile in R
n
. Con L
p
()
si indica lo spazio vettoriale di tutte le funzioni sommabili alla potenza
p-esima (nel senso di Lebesgue) in , dove due funzioni per cui i valori
sono diversi soltanto in un sottoinsieme di di misura zero, vengono
considerate uguali. Allora la funzione | |
p
: L
p
() R,
|f|
p
=
__

[f(x)[
p
dx
_
1/p
,
`e una norma completa in L
p
().
5. Sia
2
lo spazio vettoriale di tutte le successioni x
n

n=1
scalari (reali o
complesse) per cui la serie

n=1
[x
n
[
2
`e convergente. Allora la funzione
| |
2
:
2
R,
|x
n

n=1
|
2
=
_

n=1
[x
n
[
2
_
1/2
,
`e una norma completa in
2
.
6. Sia 1 p < . Sia
p
lo spazio vettoriale di tutte le successioni x
n

n=1
scalari (reali o complesse) per cui la serie

n=1
[x
n
[
p
`e convergente.
Allora la funzione | |
p
:
p
R,
|x
n

n=1
|
p
=
_

n=1
[x
n
[
p
_
1/p
,
`e una norma completa in
p
.
Per un elemento di uno spazio normato X e r > 0, linsieme
B(; r) = X : | | < r
`e denito la sfera aperta di raggio r e centro . Un sottoinsieme U si dice
aperto se per ogni X esiste r > 0 (che dipende da ) tale che B(; r) U.
Dato il sottoinsieme U di X, la parte interna U
0
di U `e linsieme aperto pi` u
grande di X contenuto in U.
Un sottoinsieme U di X si dice chiuso se esso contiene tutti i limiti di tutte
le successioni con termini in U e limiti in X. Dato il sottoinsieme U di X, la
sua chiusura U `e il sottoinsieme chiuso pi` u piccolo di X che contiene U.
Dato il sottoinsieme U di X, la frontiera U di U `e linsieme dei punti di X
che possono essere il limite sia di una successione in U sia di una successione
in X U. Si dimostra facilmente che
U = U (X U).
23
Un sottoinsieme U di X si dice limitato se il diametro
diam(U) = sup| | : , X
`e nito. In tal caso esiste r > 0 (con r >
1
2
diam(U)) tale che U B(; r) per
ogni vettore X.
Un sottoinsieme D di X si dice denso in X se ogni vettore X `e il limite
di una successione con termini in D. Uno spazio di Banach si dice separabile
se ha un sottoinsieme denso innito numerabile.
2 Spazi di Hilbert
Sia X uno spazio vettoriale reale o complesso (cio`e, F = R oppure F = C).
Allora una funzione (, ) : X X F soddisfacente le seguenti propriet`a:
a. (, ) 0, (positivit`a)
b. (, ) = 0 se e solo se = 0, (denitezza)
c. (, ) = (, ) per ogni , X, (simmetria)
d. ( +, ) = (, ) +(, ) per , F e , , X, (linearit`a)
`e denita prodotto scalare (oppure prodotto interno, oppure, nel caso F = C,
prodotto sesquilineare). Nella (c) il soprasegno indica il coniugato complesso
se F = C. Dalle (c)-(d) segue subito che
e. (, +) = (, ) +(, ) per , F e , , X.
Ogni prodotto scalare induce la cosiddetta norma indotta
|| =
_
(, ).
Inoltre vale la disuguaglianza di Schwartz
3
[(, )[ || || per , X,
che `e unuguaglianza se e solo se e sono proporzionali. La disuguaglianza
di Schwartz implica la disuguaglianza triangolare
4
| +| || +||, , X.
3
Dim: Sia un numero complesso di modulo 1 tale che (, ) = [(, )[ e sia = .
In tal caso || = ||, mentre per ogni t R si ha 0 | + t|
2
= ||
2
+ 2t(, ) +
t
2
||
2
. Quindi il discriminante di questo polinomio reale quadrato `e non positivo. Dunque
4(, )[
2
4||
2
||
2
0 e quindi [(, )[ || ||.
4
Dim: |+|
2
= ||
2
+||
2
+ 2Re(, ) ||
2
+||
2
+2|| || = (|| +||)
2
.
24
Uno spazio vettoriale con prodotto scalare si chiama spazio pre-Hilbert.
Uno spazio pre-Hilbert con norma indotta completa si dice spazio di Hilbert.
Uno spazio di Hilbert soddisfa allidentit`a del parallelogramma
| +|
2
+| |
2
= 2
_
||
2
+||
2
_
.
Vice versa, se la norma di uno spazio di Banach soddisfa allidentit`a del
parallologramma, essa `e la norma indotta di uno spazio di Hilbert.
Il prodotto scalare pu`o essere espresso nella norma tramite la cosiddetta
formula di polarizzazione:
(, ) =
_
1
4
(| +|
2
| |
2
), F = R
1
4
(| +|
2
| |
2
+i| +i|
2
i| i|
2
), F = C.
Discutiamo ora alcuni esempi di spazi di Hilbert.
1. Sia un sottoinsieme misurabile in R
n
. Con L
2
() si indica lo spazio
vettoriale di tutte le funzioni al quadrato sommabili (nel senso di Lebe-
sgue) in , dove due funzioni per cui i valori sono diversi soltanto in un
sottoinsieme di di misura zero, vengono considerate uguali. Allora la
funzione (, ) : L
2
() L
2
() C,
(f, g) =
__

f(x)g(x) dx
_
1/2
,
`e un prodotto scalare in L
2
() che induce la solita norma.
2. Sia
2
lo spazio vettoriale di tutte le successioni x
n

n=1
scalari (reali o
complesse) per cui la serie

n=1
[x
n
[
2
`e convergente. Allora la funzione
(, ) :
2

2
C,
(x
n

n=1
, y
n

n=1
) =
_

n=1
x
n
y
n
_
1/2
,
`e un prodotto scalare in
2
che induce la solita norma.
3 Contrazioni e Punti Fissi
Sia M un sottoinsieme chiuso di uno spazio di Banach X. Una funzione F :
M M si dice contrazione se per unopportuna costante (0, 1) vale la
stima
|F(x) F(y)| |x y|, x, y X.
25
Ovviamente, una contrazione `e una funzione uniformemente continua. Un
punto y M si dice punto sso di una funzione F : M M se F(y) = y.
Ovviamente, una contrazione F : M M non ha pi` u di un punto sso.
Dimostriamo ora lesistenza del punto sso.
Teorema II.2 (Teorema delle Contrazioni) Sia M un sottoinsieme chiu-
so di uno spazio di Banach X e sia F : M M una contrazione. Allora F
ha un unico punto sso.
Dimostrazione. Scegliendo x
0
M si deniscono i punti x
1
, x
2
, x
3
, . . . ri-
cursivamente da x
n+1
= F(x
n
) per n = 1, 2, . . .. Scrivendo, per m = 1, 2, . . .,
F
m
: M M per la funzione ottenuta applicando la F m volte in seguito, si
vede subito che
|x
m+1
x
m
| = |F
m
(x
1
) F
m
(x
0
)|
m
|x
1
x
0
|.
Per dimostrare che la successione x
n

n=0
`e di Cauchy, si faccia il seguente
calcolo:
|x
n+p
x
n
|
p1

k=0
|x
n+k+1
x
n+k
|

p1

k=0

n+k
|x
1
x
0
| =
1
p
1

n
|x
1
x
0
|
|x
1
x
0
|
1

n
,
mostrando che x
n

n=0
`e di Cauchy. Siccome M `e un sottoinsieme chiuso di
uno spazio di Banach, esiste y M tale che |y x
n
| 0 se n . Di
conseguenza e grazie alla continuit`a della F,
F(y) = F
_
lim
n
x
n
_
= lim
n
F(x
n
) = lim
n
x
n+1
= y.
Quindi y `e punto sso della F. 2
Unaltra situazione importante che guarantisce lesistenza di un punto sso,
viene descritta dal teorema di Riesz-Schauder. Non diamo la sua dimostrazio-
ne.
Teorema II.3 Sia M un sottoinsieme compatto e convesso di uno spazio di
Banach e sia F : M M una funzione continua. Allora F ha almeno un
punto sso.
Sotto il teorema di Riesz-Schauder potrebbe esistere pi` u di un punto sso
della F. Un suo caso particolare `e il teorema di Brouwer che dice che ogni
funzione continua F : B
n
B
n
, dove B
n
= x R
n
: |x|
2
1, ha almeno
un punto sso. La dimostrazione dei due teoremi richiede lapplicazione di
metodi geometrici.
26
4 Basi ortonormali in spazi di Hilbert
Consideriamo prima uno spazio vettoriale di dimensione N con prodotto sca-
lare. Tale spazio ha una base ortonormale
n

N
n=1
di vettori di lunghezza 1
ortogonali tra loro. Partendo da una base (i.e., un sistema linearmente indi-
pendente massimale)
n

N
n=1
qualsiasi, si pu`o costruire una base ortonormale
utilizzando il processo di Gram-Schmidt:
_

1
=

1
|
1
|

2
=

2
(
2
,
1
)
1
|
2
(
2
,
1
)
1
|

3
=

3
(
3
,
1
)
1
(
3
,
2
)
2
|
3
(
3
,
1
)
1
(
3
,
2
)
2
|
.
.
.

N
=

N
(
N
,
1
)
1
. . . (
N
,
N1
)
N1
|
N
(
N
,
1
)
1
. . . (
N
,
N1
)
N1
|
.
`
E facile controllare induttivamente che
j
`e ortogonale ai vettori
1
, . . . ,
j1
e ha norma 1 (j = 1, 2, . . . , N).
Per trovare la base ortonormale
n

N
n=1
dalla base
n

N
n=1
in modo non
iterativo, si consideri la matrice di Gram
G = (
n
,
m
)
N
n,m=1
.
Sostituendo

n
=
n

k=1
c
nk

k
,
m
=
m

l=1
c
ml

l
,
e richiedendo che (
n
,
m
) =
nm
(essendo
nm
la delta di Kronecker), ottenia-
mo
n

k=1
m

l=1
c
nk
c
ml
(
k
,
l
) =
nm
.
In altre parole, si cerchi una matrice sottotriangolare C = (c
nm
)
N
n,m=1
tale che
CGC

= I,
dove I `e la matrice identit`a e C

`e la trasposta coniugata di C. Quindi bisogna


trovare una matrice sottotriangolare L (con trasposta coniugata L

) tale che
vale la cosiddetta fattorizzazione G = LL

e poi invertire la L: C = L
1
. Per
ottenere un risultato unico si richiede che gli elementi diagonali L
11
, . . . , L
NN
siano positivi. In tal caso la fattorizzazione G = LL

si dice di Cholesky.
27
Appena trovata una base ortonormale
n

N
n=1
, si ottengono subito le
cosiddette identit`a di Parseval:
||
2
=
N

n=1
[(,
n
)[
2
,
(, ) =
N

n=1
(,
n
)(
n
, ).
Consideriamo ora uno spazio di Hilbert separabile X a dimensione in-
nita. Estraendo da un sottoinsieme denso e innito numerabile D un siste-
ma di vettori linearmente indipendente massimale e applicando il processo di
Gram-Schmidt senza fermarsi ad un indice superiore N, si ottiene una base
ortonormale e innita numerabile
n

n=1
. Daltra parte, linsieme di tutte
le combinazioni lineari dei vettori di una base ortonormale innita numerabile
di X `e denso in X. Concludiamo dunque che uno spazio di Hilbert separabile a
dimensione innita viene caratterizzato dallesistenza di una base ortonormale
innita numerabile.
Data una base ortonormale
n

n=1
in X, risultano le identit`a di Parseval:
||
2
=

n=1
[(,
n
)[
2
,
(, ) =

n=1
(,
n
)(
n
, ).
Inoltre, vale lo sviluppo
=

n=1
(,
n
)
n
nel senso che
lim
N
_
_
_
_
_

N

n=1
(,
n
)
n
_
_
_
_
_
= 0.
Introducendo la successione crescente di sottospazi
E
N
= span
1
, . . . ,
N

di dimensione N, si pu`o leggere questultima relazione limite nella seguente


maniera: La distanza (ortogonale) tra e il sottospazio E
N
tende a zero se
28
N .
5
Quindi

N

n=1
(,
n
)
n
denisce la proiezione ortogonale di in E
N
.
Dato lo spazio di Hilbert separabile X con base ortonormale
n

n=1
, si
denisce la trasformazione lineare U : X
2
da
U = (,
n
)

n=1
,
ossia U `e la successione dei coecienti (,
n
) vista come vettore in
2
. Allora,
applicando la denizione della norma in
2
,
|U|
2
=

n=1
[(,
n
)[
2
= ||
2
,
secondo lidentit`a di Parseval. Si verica facilmente che U denisce una cor-
rispondenza biunivoca tra X e
2
. Costruendo la U per X =
2
e la sua base
ortonormale canonica, si vede subito che U coincide con la trasformazione iden-
tit`a in
2
. Concludiamo che, tranne per una trasformazione unitaria della base
ortonormale, esiste un singolo spazio di Hilbert separabile.
5 Applicazioni
1. In X = L
2
(, ) le funzioni

n
(x) =
1

2
e
inx
, n Z,
formano una base ortonormale. Data una funzione f L
2
(, ) e introdu-
cendo i suoi coecienti di Fourier
c
n
=
1
2
_

f(x)e
inx
dx,
si vede subito che c
n
= (2)
1/2
(,
n
) per n Z. Secondo lidentit`a di Parseval
segue
|f|
2
2
= 2

n=
[c
n
[
2
,
5
Sia

N
n=1

n

n
un vettore arbitrario in E
N
e F(
1
, . . . ,
N
) =
_
_
_

N
n=1

n

n
_
_
_
2
la distanza tra e E
N
al quadrato. Si pu` o dimostrare che il minimo viene assunto per

n
= (,
n
) (n = 1, . . . , N).
29
ossia
1
2
_

[f(x)[
2
dx =

n=
[c
n
[
2
.
Inoltre, vale la convergenza della sua serie di Fourier
f(x) =

n=
c
n
e
inx
nel senso che
lim
N
_

f(x)
N

n=1
c
n
e
inx

2
dx = 0.
2. In X = L
2
(, ) le funzioni

0
(x) =
1

2
,
c
n
(x) =
cos(nx)

,
s
n
(x) =
sin(nx)

, n = 1, 2, 3, . . . ,
formano una base ortonormale. Data una funzione f L
2
(, ) e introdu-
cendo i suoi coecienti di Fourier
_

_
a
n
=
1

f(x) cos(nx) dx, n = 0, 1, 2, . . . ,


b
n
=
1

f(x) sin(nx) dx, n = 1, 2, 3, . . . ,


si applichi lidentit`a di Parseval per trovare luguaglianza
1

[f(x)[
2
dx =
[a
0
[
2
2
+

n=1
_
[a
n
[
2
+[b
n
[
2
_
.
Inoltre, vale la convergenza della sua serie di Fourier
f(x) =
a
0
2
+

n=1
(a
n
cos(nx) +b
n
sin(nx))
nel senso che
lim
N
_

f(x)
a
0
2

N

n=1
(a
n
cos(nx) +b
n
sin(nx))

2
dx = 0.
3. Sia X = L
2
(1, 1). Applicando il processo di Gram-Schmidt al sistema

n=0
dove
n
(x) = x
n
, si ottengono le versioni normalizzate dei polinomi di
30
Tabella II.1: I polinomi ortogonali classici
Nome dei polinomi I w(x)
Legendre (1, 1) 1
Chebyshev di 1
a
specie (1, 1) (1 x
2
)
1/2
Chebyshev di 2
a
specie (1, 1) (1 x
2
)
1/2
Legendre associati (1, 1) (1 x
2
)
m
per m = 1, 2, 3, . . .
Jacobi (1, 1) (1 x)

(1 +x)

con , > 1
Gegenbauer o ultrasferici (1, 1) (1 x
2
)

con > 1
Laguerre (0, ) x

e
x
per > 1
Hermite (, ) e
x
2
Legendre. Infatti, moltiplicando questi polinomi da costanti positive tali che
hanno il valore 1 in x = 1, risultano i soliti polinomi di Legendre
P
n
(x) =
1
2
n
(n!)
_
d
dx
_
n
(x
2
1)
n
soddisfacenti
_
1
1
P
n
(x)P
m
(x) dx =
2
2n + 1

nm
.
Data una funzione f L
2
(1, 1) e denendo i coecienti

l
=
2l + 1
2
_
1
1
f(x)P
l
(x) dx, l = 0, 1, 2, . . . ,
otteniamo lidentit`a di Parseval
_
1
1
[f(x)[
2
dx =

l=0
2
2l + 1
[
l
[
2
e lo sviluppo
f(x) =

l=0

l
P
l
(x)
nel senso che
lim
L
_
1
1

f(x)
L

l=0

l
P
l
(x)

2
dx = 0.
4. Siano I un intervallo della retta reale e w una funzione positiva quasi
ovunque su I tali che
_
I
[x[
2n
w(x) dx < (n = 0, 1, 2, . . .). Applicando il
31
processo di Gram-Schmidt al sistema
n

n=0
dove
n
(x) = x
n
, si ottengono i
polinomi ortogonali p
n

n=0
rispetto al peso w, dove il grado di p
n
`e uguale ad n
e i coecienti principali sono tutti positivi. Data una funzione f L
2
(I; wdx)
e denendo i coeenti
c
n
=
_
I
f(x)p
n
(x)w(x) dx, n = 0, 1, 2, . . . ,
otteniamo lidentit`a di Parseval
_
I
[f(x)[
2
w(x) dx =

n=0
[c
n
[
2
e lo sviluppo
f(x) =

n=0
c
n
p
n
(x)
convergente nel senso che
lim
N
_
I

f(x)
N

n=0
c
n
p
n
(x)

2
w(x) dx = 0.
6 Operatori lineari
Siano X e Y due spazi di Banach. Unapplicazione T : X Y si dice operatore
lineare se
T(
1
x
1
+
2
x
2
) =
1
T(x
1
) +
2
T(x
2
), x
1
, x
2
X,
1
,
2
F,
dove F = R oppure F = C. Molto spesso scriviamo Tx invece di T(x). Gli
esempi principali degli operatori lineari sono le matrici nm (come rappresen-
tazioni degli operatori lineari da F
m
in F
n
) e gli operatori dierenziali lineari.
Limmagine di tale T `e linsieme Im(T) = Tx : x X; questinsieme `e un
sottospazio lineare di Y . Il kernel di T `e il sottospazio lineare di X denito da
Ker T = x X : Tx = 0.
Un operatore lineare T : X Y si dice invertibile se `e una corrispondenza
biunivoca tra X e Y .
Proposizione II.4 Un operatore lineare T : X Y `e invertibile se e solo se
ImT = Y e Ker T = 0.
32
Dimostrazione. Se T `e invertibile, si ha ovviamente ImT = Y e Ker T =
0. Daltra parte, se ImT = Y e Ker T = 0, per ogni y Y lequazione
Tx = y ha almeno una soluzione x X (poich`e ImT = Y ). Se ci fossero
x
1
, x
2
X tali che Tx
1
= Tx
2
= y, allora T(x
1
x
2
) = Tx
1
Tx
2
= 0 e
quindi x
1
x
2
= 0 (poich`e Ker T = 0) e x
1
= x
2
. Quindi la soluzione x X
dellequazione Tx = y `e unica per ogni y Y . 2
Siano X e Y spazi di Banach. Un operatore lineare T : X Y si dice
limitato se sup
x=1
|Tx| < +. In tal caso il numero
|T| = sup
xX, x=1
|Tx| = sup
0=xX
|Tx|
|x|
si dice norma di T. Se X = F
n
(dove F = R oppure F = C) ha dimensione
nita, ogni operatore lineare T : X Y `e limitato.
a. Sia e
1
, , e
n
la base canonica di F
n
. Allora ogni operatore limitato
T : F
n
Y pu`o essere rappresentato come
T
_
n

i=1
x
i
e
i
_
=
n

i=1
x
i
Te
i
.
Se si applica ad una matrice, la norma si chiama norma spettrale.
6
Utilizzando questa rappresentazione, si dimostri la limitatezza di T.
b. Siano X, Y, Z tre spazi di Banach e siano T : X Y e S : Y Z due
operatori lineari limitati. Allora ST : X Z `e un operatore lineare
limitato e |ST| |S||T|.
Proposizione II.5 Siano X, Y spazi di Banach e sia T : X Y un operatore
lineare. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
a. T `e un operatore limitato.
b. T : X Y `e una funzione uniformemente continua.
c. T : X Y `e una funzione continua.
d. T : X Y `e continua in 0.
Dimostrazione. [(a)=(b)] Per x
1
, x
2
X si ha grazie alla limitatezza di
T: |Tx
1
Tx
2
| |T||x
1
x
2
|. Quindi, se |x
1
x
2
| < (/|T|), allora
|Tx
1
Tx
2
| < . Allora T `e uniformemente continuo.
6
La norma spettrale di una matrice `e uguale al suo numero singolare pi` u grande.
33
[(b)=(c)=(d)] Ovvio.
[(d)=(a)] Sia T continuo in 0. Allora esiste > 0 tale che |x| <
implica |Tx| < 1. Quindi per qualsiasi x X con |x| = 1 si ha |(/2)x| <
e dunque (/2)|Tx| = |T(/2)x| < 1. Allora |x| = 1 implica |Tx| < (2/).
Di conseguenza T `e limitato con norma (2/). 2
Consideriamo adesso lo spazio normato L(X, Y ) di tutti gli operatori lineari
e limitati da X in Y , dove X e Y sono spazi di Banach. Scriviamo L(X) se
X = Y . Se X = F
m
e Y = F
n
(per F = R o F = C), L(X, Y ) coincide con lo
spazio delle matrici n m.
Proposizione II.6 Siano X, Y spazi di Banach. Allora L(X, Y ) `e uno spazio
di Banach.
Dimostrazione. Sia T
n

n=1
una successione di Cauchy in L(X, Y ). In
altre parole, per ogni > 0 esiste N tale che |T
n
T
m
| < per n, m > .
Per x X abbiamo la successione di Cauchy T
n
x

n=1
in Y . Per x = 0 questo
`e chiaro. Per x ,= 0 si ha: per ogni > 0 esiste N tale che |T
n
x T
m
x| <
|x| se n, m > , mentre |x| `e una costante positiva arbitraria. Siccome Y
`e uno spazio completo, esiste, per ogni x X, un vettore Tx Y tale che
lim
n
|T
n
xTx| = 0. Si dimostra facilmente che T `e un operatore lineare.
Inoltre, per quel = () si ha |T
n
x Tx| |x| se n > (calcolando il
limite se m ). Quindi per un opportuno n
0
> si ha
|Tx| |T
n
0
x Tx| +|T
n
0
||x| ( +|T
n
0
|) |x|, x X,
implicando la limitatezza di T. Inoltre, siccome per ogni > 0 esiste N
tale che |T
n
x Tx| |x| se n > , si ha |T
n
T| 0 se n . In altre
parole, T
n

n=1
`e convergente in L(X, Y ). 2
Discutiamo due esempi.
a. Sullo spazio
1
deniamo loperatore A come
(Ax)
i
=

j=1
a
i,j
x
j
, x = (x
n
)

n=1
,
dove a
i,j
)

i,j=1
`e una matrice innita. Allora A `e limitato se
|A| = sup
jN

i=1
[a
i,j
[ < +.
34
Infatti, sotto questa condizione abbiamo
|Ax|
1
=

i=1
[(Ax)
i
[

i=1

j=1
[a
i,j
[[x
j
[ |A|

j=1
[x
j
[ = |A||x|
1
.
Abbiamo infatti trovato il valore esatto della norma di A, ma questo non
verr`a dimostrato.
b. Sullo spazio L
2
(G) e per qualsiasi funzione misurabile limitata h su G
deniamo loperatore M da
(Mf)(x) = h(x)f(x), x G.
Allora hf `e misurabile se f `e misurabile. Inoltre,
|hf|
2
=
_
G
[h(x)f(x)[
2
dx |h|
2

_
G
[f(x)[
2
dx = |h|
2

|f|
2
2
,
dove |h|

= sup
xG
[h(x)[. Quindi M `e limitato su L
2
(G). Si dimostra
nella stessa maniera che M `e limitato su L
1
(G). In entrambi i casi |h|

`e un maggiorante della norma di M. Infatti |h|

`e il valore esatto della


norma, ma questo non verr`a dimostrato.
Finora tutte le dimostrazioni sono state abbastanza elementari. Il prossimo
teorema non `e facile da dimostrare e richiede una certa propriet`a topologica
(quella di Baire) degli spazi metrici completi.
Teorema II.7 (Teorema dellOperatore Inverso) Siano X e Y spazi di
Banach e sia T L(X, Y ) invertibile. Allora loperatore inverso T
1

L(Y, X).
Il prossimo teorema fornisce un algoritmo per dimostrare linvertibilit`a di
un operatore limitato e per calcolare (almeno in principio) il suo inverso. Lope-
ratore inverso verr`a costruito come la somma della cosiddetta serie di Neumann
che generalizza la serie geometrica. Abbiamo bisogno delloperatore didentit`a
I
X
(oppure I se non c`e pericolo di confusione) su uno spazio di Banach X: Si
denisca I
X
x = x per ogni x X.
Teorema II.8 Sia X uno spazio di Banach e sia T L(X). Allora T `e
invertibile se |I T| < 1. In tal caso
T
1
=

j=0
(I T)
j
,
dove (I T)
0
= I
X
e la serie `e convergente nella norma di L(X).
35
Dimostrazione. Consideriamo le somme parziali
S
n
= I + (I T) + (I T)
2
+ + (I T)
n
=
n

j=0
(I T)
j
.
Si vede subito (o quasi subito) che
TS
n
= S
n
T = S
n
(I T)S
n
= S
n
S
n+1
+I. (II.1)
Adesso facciamo la stima [Vedi lesercizio 1.9]
|S
n+p
S
n
| =
_
_
_
_
_
n+p

j=n+1
(I T)
j
_
_
_
_
_

n+p

j=n+1
|I T|
j

|I T|
n+1
1 |I T|
,
ci`o implica che S
n

n=1
`e una successione di Cauchy in L(X). Dalla Propo-
sizione II.6 segue lesistenza di S L(X) tale che |S
n
S| 0 se n .
Calcolando il limite in (II.1) se n , otteniamo
TS = ST = S (I T)S = S S +I.
Di conseguenza TS = ST = I, cio`e S = T
1
. 2
Dalla serie di Neumann si ottiene facilmente
|T
1
|
1
1 |I T|
se |I T| < 1.
Corollario II.9 Siano X, Y spazi di Banach, T, S L(X, Y ) e T invertibile.
Se
|T S| <
1
|T
1
|
,
allora S `e invertibile. In altre parole, linsieme degli operatori invertibili in
L(X, Y ) `e aperto in L(X, Y ).
Dimostrazione. Ovviamente, T
1
S L(X). Inoltre,
_
_
I
X
T
1
S
_
_
=
_
_
T
1
[T S]
_
_
|T
1
||T S| < |T
1
||T
1
|
1
= 1
implica (secondo il teorema precedente) che T
1
S `e invertibile. In tal caso S
`e invertibile. 2
36
7 Spettro di un operatore lineare
Sia X uno spazio di Banach complesso e sia T L(X). Per ogni C
consideriamo gli operatori lineari T (cio`e, I
X
T scritto male). Studiamo
linvertibilit`a di T al variare di .
Il numero C si dice autovalore di T se esiste 0 ,= x X tale che
(T)x = 0 (cio`e, tale che Tx = x). Il vettore x si chiama un corrispondente
autovettore. In tal caso Ker ( T) = x X : ( T)x = 0 `e linsieme
di tutti gli autovettori corrispondenti allautovalore , pi` u il vettore zero. La
denizione generalizza quella per le matrici quadrate. Infatti, come per le
matrici quadrate lesistenza dellautovettore 0 ,= x X tale che Tx = x
implica che T non `e invertibile. Per le matrici quadrate T basta risolvere
lequazione det( T) = 0 per trovare tutti gli autovalori di T. Nel caso di
uno spazio X a dimensione innita la situazione `e molto pi` u complicata.
Sia X uno spazio di Banach complesso e sia T L(X). Il numero complesso
appartiene allo spettro di T, (T), se T NON `e invertibile. Quindi tutti
gli autovalori di T appartengono allo spettro di T. Il numero complesso
appartiene al risolvente di T, (T), se T `e invertibile. Dunque (T) `e il
complementare di (T).
Teorema II.10 Sia T L(X). Allora lo spettro (T) di T `e un sottoinsieme
chiuso e limitato di C, mentre il risolvente (T) di T `e un aperto non limitato.
Dimostrazione. Sia (T). Se [[ < |(T)
1
|
1
, allora (T).
Questo segue subito dal Corollario II.9, poich`e ()I
X
= (T) ( T).
Quindi (T) `e un aperto in C.
Se [[ > |T|, |
1
T| < 1 implica linvertibilit`a delloperatore T =
(I
X

1
T). Inoltre
( T)
1
=
1

j=0
T
j

j
=

j=0
T
j

j+1
, (II.2)
dove la serie `e convergente nella norma di L(X). Quindi lo spettro `e un insieme
chiuso contenuto nella palla di centro zero e raggio |T|. 2
Utilizzando il teorema di Liouville dellanalisi complessa e il teorema di
Hahn-Banach dellanalisi funzionale, si pu`o dimostrare che lo spettro di un
operatore lineare limitato non `e mai vuoto. Quindi il suo risolvente non `e mai
lintero piano complesso.
Sia r(T), il raggio spettrale di T, il minimo di tutti gli r per cui la serie (II.2)
`e assolutamente convergente per ogni C con [[ > r. Allora r(T) |T| e
(T) `e contenuto nel disco di centro 0 e raggio r(T). Infatti quel disco `e il disco
37
di centro 0 pi` u piccolo che contiene lo spettro di T. Utilizzando lespressione
per il raggio di convergenza di una serie di potenze, troviamo
r(T) = lim
n
|T
n
|
1/n
.
Sia T L(X). La formula C = (T) (T) rappresenta una partizione
del piano complesso in due insiemi disgiunti. Adesso discutiamo unulteriore
suddivisione di C in quattro insiemi due a due disgiunti.
a. Se T `e invertibile, (T). Altrimenti, (T).
b. Se Ker ( T) = 0, Im( T) `e un sottospazio lineare denso in X
e Im( T) ,= X, si ha
c
(T). Tali punti appartengono allo
spettro continuo di T. In tal caso ogni x X si pu`o approssimare da
vettori ( T)z per qualche z X. Purtroppo esistono x X tale che
lequazione ( T)z = x non ha nessuna soluzione z X.
c. Se Ker ( T) = 0 e Im( T) `e un sottospazio NON denso in X, si
ha
r
(T) [lo spettro residuo di T].
d. Se Ker ( T) ,= 0, `e un autovalore di T. Linsieme degli auto-
valori si scrive come
p
(T) [inglese: point spectrum]. Gli autovettori
corrispondenti allautovalore sono tutti i vettori in Ker ( T) 0.
Abbiamo ottenuto la partizione
C = (T)
c
(T)
r
(T)
p
(T)
. .
(T)
del piano complesso in quattro insiemi due a due disgiunti.
Per determinare lo spettro continuo pi` u facilmente, dimostriamo il seguente
lemma.
Lemma II.11 Sia T L(X). Sia
ap
(T)
7
linsieme di tutti i tali che
|( T)x
n
| 0 per unopportuna successione x
n

n=1
con |x
n
| = 1. Allora

p
(T)
c
(T)
ap
(T) (T).
Dimostrazione. Dimostriamo prima che
p
(T)
c
(T)
ap
(T).
Se
p
(T) e 0 ,= x X `e un corrispondente autovettore, prendiamo
x
n
= (x/|x|) per ogni n N. In tal caso ( T)x
n
= 0 per ogni n N. Ne
segue che
ap
(T). Quindi
p
(T)
ap
(T).
7
Linsieme si dice approximate point spectrum.
38
Se /
ap
(T), esiste > 0 tale che |( T)x| se |x| = 1. In tal caso
si ha
|( T)x| |x|, x X.
Quindi non `e un autovalore di T. Se y Im( T), esiste un unico vettore
x X tale che ( T)x = y. In tal caso
|( T)
1
y|
1
|y|, y Im( T). (II.3)
Se Im(T) non `e denso in X, ne segue che
r
(T). Se Im(T) `e denso
in X, la stima (II.3) si estende ad y X per continuit`a, e dunque (T).
In altre parole, C
ap
(T) (T)
r
(T), oppure
p
(T)
c
(T)
ap
(T).
Se (T), esistono M, m > 0 tali che M|x| |( T)x| m|x| per
ogni x X (infatti, M = |T| e m = |(T)
1
|
1
). Quindi se x
n

n=1
`e
una successione con |x
n
| = 1, non vale |( T)x
n
| 0. Quindi /
ap
(T).
Ne segue che
ap
(T) (T). 2
8 Operatori lineari autoaggiunti e unitari
Discutiamo ora gli operatori lineari su uno spazio di Hilbert. Sia X uno spazio
di Hilbert e sia T L(X). Si denisce loperator aggiunto T

dalluguaglianza
(T

x, y) = (x, Ty), x, y X.
Utilizzando lesercizio 1.3 si dimostra facilmente che
|T

| = sup
x=1
|T

x| = sup
x=y=1
[ < T

x, y > [
= sup
x=y=1
[ < x, Ty > [ = sup
y=1
|Ty| = |T|.
Quindi T

L(X) e |T

| = |T|.
1.8. Si dimostrino le seguenti propriet`a: (T)

= T

[(T)

= T

in uno
spazio di Hilbert reale], (T +S)

= T

+S

, (TS)

= S

, (T

= T.
Sia X uno spazio di Hilbert e sia T L(X). Introduciamo le seguenti
classi di operatori lineari:
a. Gli operatori autoaggiunti: T

= T.
b. Gli operatori unitari: T invertibile e T
1
= T

.
c. Gli operatori normali: TT

= T

T. Osserviamo che gli operatori au-


toaggiunti e unitari sono ambedue normali.
39
1.9. Sia X uno spazio di Hilbert complesso e sia T L(X). Si dimostri che T
`e autoaggiunto se e solo se (Tx, x) `e un numero reale per ogni x X. Si
consiglia sviluppare il prodotto scalare (T(x + iy), x + iy) per x, y X,
utilizzando che (Tz, z) R per z = x, z = y e z = x + iy. Il risultato
non vale in uno spazio di Hilbert reale.
Teorema II.12 Sia T L(X) un operatore autoaggiunto. Allora
(T) (Tx, x) : |x| = 1 R.
Inoltre,
r
(T) = .
Dimostrazione. Sia
p
(T)
c
(T). Secondo il Lemma II.11 esiste una
successione x
n

n=1
in X tale che |x
n
| = 1 (n N) e |( T)x
n
| 0 se
n . Allora la stima [(( T)x
n
, x
n
)[ |( T)x
n
||x
n
| con |x
n
| = 1
implica che
(Tx
n
, x
n
) = (( T)x
n
, x
n
) 0, n . (II.4)
Siccome (Tx
n
, x
n
) R per n N, ne segue R. Dunque
p
(T)
c
(T) R.
Sia
r
(T). Siccome Im( T) `e un sottospazio lineare non denso in
X, esiste 0 ,= x X tale che (( T)z, x) = 0 per ogni z X. In tal caso ne
segue, per z = x,
=
(Tx, x)
(x, x)
R.
Quindi
r
(T) R. Da questo fatto si trova per ogni z X
0 = (( T)z, x) = (z, ( T)x),
e quindi ( T)x = 0 mentre x ,= 0. Risulta che
p
(T). Siccome

p
(T) R, si ha
p
(T). Contraddizione. Ne segue allora che
r
(T) = .
Inne, (T) =
p
(T)
c
(T) e la relazione (II.4) [dove |x
n
| = 1 per
ogni n N] implicano che lo spettro di T `e contenuto nellintervallo chiuso
e limitato pi` u piccolo che contiene linsieme (Tx, x) : |x| = 1. Infatti, sia
(Tx, x) : |x| = 1 [m, M]. Allora
m|x|
2
(Tx, x) M|x|
2
, x X.
Dunque per ogni x X
_
> M : ( M)|x|
2
(( T)x, x) ( m)|x|
2
< m : (m)|x|
2
((T )x, x) (M )|x|
2
.
Di conseguenza, se R[m, M], non esiste nessuna successione x
n

n=1
tale
che |x
n
| = 1 (n N) e |( T)x
n
| 0. Quindi (T) [m, M]. 2
40
Si pu`o infatti dimostrare che per un operatore lineare autoaggiunto lin-
sieme (Tx, x) : |x| = 1 `e lintervallo chiuso e limitato reale pi` u piccolo
che contiene lo spettro di T. In particolare, gli estremi di quellintervallo
appartengono a (T). Purtroppo la dimostrazione non `e elementare.
Teorema II.13 Sia T L(X) un operatore autoaggiunto. Allora il suo raggio
spettrale coincide con la sua norma: r(T) = |T|.
Dimostrazione. Sia T L(X) autoaggiunto. Allora
|Tx|
2
= (Tx, Tx) = (T
2
x, x) |T
2
x||x|, x X,
dove `e stata applicata la disuguaglianza di Schwartz. Passando allestremo
superiore per gli x X con |x| = 1 si ottiene |T|
2
|T
2
| e dunque [Vedi
lesercizio 1.9]
|T
2
| = |T|
2
.
Questo implica
|T
2
n
|
1/2
n
= |T|, n N.
Passando al limite se n si trova r(T) = |T|. 2
Passiamo ora agli operatori unitari. Utilizzando la formula di polarizza-
zione si pu`o dimostrare che unisometria (cio`e, un operatore lineare U su uno
spazio di Hilbert X tale che |U| = || per ogni X) ha la propriet`a
(U, U) = (, ), , X,
e quindi la propriet`a
(U

U, U) = (, ), , X.
Questultimo implica che U `e unisometria in X se e solo se U

U = I
X
. Nella
stessa maniera si vede che un operatore U ha la propriet`a che U

`e unisometria
se e solo se UU

= I
X
. Conclusione: U `e un operatore unitario se e solo se U e
U

sono ambedue isometrie se e solo se U `e unisometria invertibile. Siccome


in tal caso anche U
n
e U
n
= (U
1
)
n
sono isometrie (n = 1, 2, 3, . . .) se U `e
unitario, risulta
|U
n
| = |U
n
| = 1, n = 1, 2, 3, . . . .
Di conseguenza,
r(U) = r(U
1
) 1,
e quindi (U) z C : [z[ = 1.
41
42
Capitolo III
EQUAZIONI INTEGRALI
1 Propriet`a Elementari e Iterazione
Le equazioni contenenti la funzione incognita sotto il segno dellintegrale sono
dette equazioni integrali. Molti problemi della sica matematica possono essere
ridotti ad equazioni integrali lineari della forma
_

/(x, y)(y) dy = f(x), (III.1)


(x) =
_

/(x, y)(y) dy +f(x), (III.2)


rispetto alla funzione incognita (x) in una regione R
n
. Lequazione
(III.1) si dice equazione integrale di prima specie, mentre lequazione (III.2) si
dice equazione di Fredholm di seconda specie. Le funzioni note /(x, y) e f(x)
sono dette nucleo e termine noto dellequazione integrale; `e un parametro
complesso.
Lequazione integrale (III.2) per f = 0
(x) =
_

/(x, y)(y) dy (III.3)


si dice equazione integrale di Fredholm omogenea di seconda specie corrispon-
dente allequazione (III.2). Le equazioni integrali di Fredholm di seconda
specie
(x) =
_

(x, y)(y) dy +g(x), (III.4)


(x) =
_

(x, y)(y) dy, (III.5)


43
dove /

(x, y) = /(y, x), sono dette aggiunte alle equazioni (III.2) e (III.3),
rispettivamente. Il nucleo /

(x, y) si dice nucleo coniugato aggiunto al nucleo


/(x, y). Il nucleo /(x, y) si dice hermitiano se /

(x, y) = /(x, y), cio`e se


/(y, x) = /(x, y) quasi ovunque. Il nucleo /(x, y) si dice reale e simmetrico
se /(x, y) `e reale e /(y, x) = /(x, y) quasi ovunque. Ovviamente un nucleo
reale e simmetrico `e hermitiano.
Scriveremo le equazioni (III.2), (III.3), (III.4) e (III.5) in forma contratta,
utilizzando la notazione doperatore:
_
= K +f, = K,
= K

+g, = K

,
dove gli operatori integrali K e K

sono determinati dai nuclei /(x, y) e


/

(x, y), rispettivamente:


(Kf)(x) =
_

/(x, y)f(y) dy, (K

f)(x) =
_

(x, y)f(y) dy.


Tra poco metteremo opportune condizioni sul dominio e sul nucleo
/(x, y) anche gli operatori lineari K e K

siano limitati in un opportuno


spazio di Banach (o di Hilbert) di funzioni f(x) denite in . In particolare,
verranno considerati gli spazi L
1
(), L
2
() e C().
Supponiamo che nellequazione integrale (III.2) la regione sia limitata in
R
n
, la funzione f appartenga allo spazio L
2
() ed il nucleo /(x, y) sia continuo
su (diremo continui questi nuclei).
Lemma III.1 Loperatore integrale K con nucleo continuo /(x, y) trasferisce
L
2
() in C() (e, di conseguenza, C() in C() e L
2
() in L
2
(). Dunque,
K `e limitato come operatore lineare tra questi spazi, ed inoltre
|Kf|
C
M
_
m()|f|
2
, f L
2
(), (III.6)
|Kf|
C
Mm()|f|
C
, f C(), (III.7)
|Kf|
2
Mm()|f|
2
, f L
2
(), (III.8)
dove M = max
x,y
[/(x, y)[ e m() `e la misura di .
Il lemma si descrive tramite il seguente schema:
C()
imm.
L
2
()
imm.
L
1
()
K
C()
L
2
()
imm.
L
1
()
K
C()
imm.
L
2
()
L
1
()
K
C()
imm.
L
2
()
imm.
L
1
()
44
Dimostrazione. Siccome `e compatto,
1
il nucleo /(x, y) `e uniforme-
mente continuo in (x, y) . Ci ricordiamo che una funzione continua
denita su uno spazio compatto `e uniformemente continua. Quindi, dato > 0,
esiste > 0 tale che [/(x
1
, y
1
) /(x
2
, y
2
)[ < se |(x
1
x
2
, y
1
y
2
)| < . Di
conseguenza, se f L
2
(), per [x
1
x
2
[ < si ha la stima
[(Kf)(x
1
) (Kf)(x
2
)[
_

[/(x
1
, y) /(x
2
, y)[ [f(y)[dy

_

[f(y)[dy
_
M() |f|
2
,
e quindi K trasferisce L
2
() in C().
Per f C() si trova la stima
|f|
2
2
=
_

[f(x)[
2
dx m()|f|
2
C
, f C(),
implicando |f|
2

_
m() |f|
C
. Dunque C() `e contenuto in L
2
(), do-
ve loperatore di immersione `e limitato di norma limitata superiormente da
_
m(). 2
Cerchiamo la soluzione dellequazione (III.2) mediante il metodo delle ap-
prossimazioni successive, ponendo
(0)
(x) = f(x),

(p)
(x) =
_

/(x, y)
(p1)
(y) dy +f(x) K
(p1)
+f, p = 1, 2, .
(III.9)
Quindi

(p)
=
p

j=0

j
K
j
f, p = 0, 1, 2, , (III.10)
dove K
j
denotano le potenze j-esime delloperatore K. Secondo il Lemma
III.1, le iterazioni di f L
2
() soddisfano la disuguaglianza
|K
p
f|
2
= |K(K
p1
f)|
2
Mm()|K
p1
f|
2
(Mm())
2
|K
p2
f|
2
(Mm())
p
|f|
2
,
cio`e
|K
p
f|
2
(Mm())
p
|f|
2
, p = 0, 1, 2, . (III.11)
1
Per i sottoinsiemi di uno spazio euclideo, compatto vuol dire chiuso e limitato.
45
Da questa disuguaglianza segue che la serie

j=0

j
(K
j
f)(x), x , (III.12)
detta serie di Neumann, `e maggiorata nella norma L
2
dalla serie numerica
|f|
2

j=0
[[
j
(Mm())
j
=
|f|
2
1 [[Mm()
, (III.13)
che converge nel disco [[ < 1/Mm().
Stabiliamo preliminarmente che `e valida la seguente uguaglianza:
(Kf, g) = (f, K

g), f, g L
2
(). (III.14)
Infatti, se f e g appartengono a L
2
(), conformemente al Lemma III.1, anche
Kf e K

g appartengono a L
2
() e quindi si ha
(Kf, g) =
_

(Kf)(x)g(x) dx =
_

__

/(x, y)f(y) dy
_
g(x) dx
=
_

f(y)
__

/(x, y)g(x) dx
_
dy =
_

f(y)
__

(y, x)g(x) dx
_
dy
=
_

f(x)(K

g)(x) dx = (f, K

g).
Lemma III.2 Se K
1
e K
2
sono operatori integrali con nuclei continui /
1
(x, y)
e /
2
(x, y), rispettivamente, loperatore K
3
= K
2
K
1
`e un operatore integrale con
nucleo continuo
/
3
(x, y) =
_

/
2
(x, y

)/
1
(y

, y) dy

. (III.15)
In questo caso `e valida la seguente formula:
(K
2
K
1
)

= K

1
K

2
. (III.16)
Dimostrazione. Per tutte le f L
2
() abbiamo
(K
3
f)(x) = (K
2
K
1
f)(x) =
_

/
2
(x, y

)
_

/
1
(y

, y)f(y) dy dy

=
_

[/
2
(x, y

)/
1
(y

, y) dy

] f(y) dy,
46
da cui segue la formula (III.15).
`
E evidente che il nucleo /
3
(x, y) `e continuo
per (x, y) . Infatti, dato > 0, per i = 1, 2 esiste
i
> 0 tale che
[/
i
(x
1
, y
1
) /
i
(x
2
, y
2
)[ < /([M
1
+ M
2
]m()) se |(x
1
, y
1
) (x
2
, y
2
)| <
i
.
Quindi, se |(x
1
, y
1
) (x
2
, y
2
)| < = min(
1
,
2
), risulta
[/
3
(x
1
, y
1
) /
3
(x
2
, y
2
)[
_

[/
2
(x
1
, y

) /
2
(x
2
, y

)[[/
1
(y

, y
1
)[ dy

+
_

[/
2
(x
2
, y

)[[/
1
(y

, y
1
) /
1
(y

, y
2
)[ dy

<
[M
2
m() +M
1
m()]
[M
1
+M
2
]m()
= ,
implicando la continuit`a uniforme di /
3
(x, y).
Prendendo in considerazione luguaglianza (III.14), per tutte le f e g ap-
partenenti a L
2
() si ottiene
(f, K

3
g) = (K
3
f, g) = (K
2
K
1
f, g) = (K
1
f, K

2
g) = (f, K

1
K

2
g), f, g L
2
(),
cio`e (f, K

3
g K

1
K

2
g) = 0 per tutte le f, g L
2
(), e, quindi, K

3
= K

1
K

2
,
il che equivale alluguaglianza (III.16). Il lemma `e dimostrato. 2
Dal Lemma III.2 appena dimostrato segue che gli operatori K
p
= K(K
p1
)
= (K
p1
)K, p = 2, 3, , sono operatori integrali ed i loro nuclei /
p
(x, y) sono
continui e soddisfano le relazioni di ricorrenza /
1
(x, y) = /(x, y),
/
p
(x, y) =
_

/(x, y

)/
p1
(y

, y) dy

=
_

/
p1
(x, y

)/(y

, y) dy

. (III.17)
I nuclei /
p
(x, y) sono detti nuclei iterati del nucleo /(x, y).
Dalle relazioni di ricorrenza (III.17) segue che i nuclei iterati soddisfano la
disuguaglianza
[/
p
(x, y)[ M
p
m()
p1
, p = 1, 2, . (III.18)
Dalla (III.18) segue che la serie

p=0

p
/
p+1
(x, y), (x, y) , (III.19)
`e maggiorata mediante la serie numerica

p=0
[[
p
M
p+1
m()
k
,
convergente nel disco [[ < 1/Mm(). Perci`o la serie (III.19) `e uniforme-
mente (anche totalmente) convergente in (x, y, ) z C : [z[ <
47
(1/Mm()) , per > 0 qualsiasi. Di conseguenza, la sua somma `e con-
tinua in z C : [z[ < (1/Mm()) ed analitica in nel disco
[[ < 1/Mm(). Indichiamo la somma della serie (III.19) con 1(x, y; ):
1(x, y; ) =

p=0

p
/
p+1
(x, y).
La funzione 1(x, y; ) `e detta risolvente del nucleo /(x, y).
Teorema III.3 La soluzione dellequazione integrale (III.2) `e unica nella
classe L
2
() per [[ < 1/Mm() e per qualunque f L
2
() `e rappresentata
con il risolvente 1(x, y; ) del nucleo /(x, y) mediante lequazione
(x) = f(x) +
_

1(x, y; )f(y) dy, (III.20)


in altre parole, `e valida la seguente equazione operatoriale:
(I K)
1
= I +R(), [[ < (1/Mm()), (III.21)
dove R() `e un operatore integrale con nucleo 1(x, y; ).
Si pu`o dimostrare che il risolvente 1(x, y; ) di un nucleo continuo /(x, y)
ammette un prolungamento meromorfo in tutto il piano della variabile com-
plessa ed inoltre i suoi poli sono i numeri caratteristici del nucleo /(x, y).
2
2 Equazioni integrali di Volterra
Supponiamo che n = 1, la regione G sia lintervallo limtato (0, a) ed il nucleo
/(x, y) si annulli nel triangolo 0 < x < y < a. Questo nucleo si dice nucleo di
Volterra. Lequazione (III.2) con nucleo di Volterra ha la forma
(x) =
_
x
0
/(x, y)(y) dy +f(x) (III.22)
e `e detta equazione integrale di Volterra di seconda specie.
Supponiamo che nellequazione (III.22) sia f C([0, a]) e che il nucleo
/(x, y) sia continuo nel triangolo chiuso 0 y x a. Allora [/(x, y)[ M
per unopportuna costante M e loperatore integrale
(Kf)(x) =
_
x
0
/(x, y)f(y) dy
2
si dice numero caratteristico di K se esiste 0 ,= L
1
() tale che = K. In tal
caso ,= 0, 1/ `e autovalore di K e C().
48
trasferisce C([0, a]) in C([0, a]).
Deniamo ora le approssimazioni successive
(p)
:

(0)
= f,
(p)
=
p

k=0

k
K
k
f = K
(p1)
+f, p = 1, 2, . (III.23)
Le iterazioni K
p
f appartengono a C([0, a]) e soddisfano la stima
[(K
p
f)(x)[ |f|
C
(Mx)
p
p!
, x [0, a], p = 0, 1, . (III.24)
Dimostriamo la stima (III.24) per induzione rispetto a p. Per p = 0, la
stima (III.24) `e valida. Supponendola valida per p 1, dimostriamo la sua
validit`a per p:
[(K
p
f)(x)[ =

(K(K
p1
f))(x)

_
x
0
[/(x, y)[[(K
p1
f)(y)[ dy
M|f|
C
M
p1
_
x
0
y
p1
(p 1)!
dy = |f|
C
(Mx)
p
p!
.
Dalla stima (III.24) segue che la serie di Neumann (III.10) `e maggiorata su
[0, a] mediante la serie numerica convergente
|f|
C

k=0
[[
k
(Ma)
k
k!
= |f|
C
e
||Ma
(III.25)
e per questa ragione `e uniformente (infatti, totalmente) convergente in x
[0, a] per qualsiasi, denendo una funzione continua (x). Dunque, in
virt` u della (III.23), le approssimazioni successive
(p)
per p tendono
uniformemente alla funzione :
lim
p
max
x[0,a]
[
(p)
(x) (x)[ = 0, (x) =

k=0

k
(K
k
f)(x). (III.26)
Qui, in virt` u della (III.25), `e valida la disuguaglianza
||
C
|f|
C
e
||Ma
. (III.27)
Formuliamo i risultati ottenuti nella forma del seguente
Teorema III.4 Ogni equazione integrale di Volterra (III.22) con nucleo conti-
nuo /(x, y) nel triangolo (x, y) : 0 y x a per qualsiasi ha ununica
soluzione nella classe C([0, a]) per qualunque termine noto f C([0, a]).
Questa soluzione `e data dalla serie di Neumann uniformemente convergen-
te (III.26) soddisfa la disuguaglianza (III.27). Dunque un nucleo di Volterra
continuo non ha numeri caratteristici.
49
Risolviamo ora lequazione di Volterra
(x) =
_
x
0
(y) dy +f(x), 0 x a.
Se f C
1
([0, a]), allora lequazione integrale si riduce al problema di Cauchy

(x) = (x) +f

(x), (0) = f(0).


La sua soluzione unica ha la forma
(x) = e
x
f(0) +
_
x
0
e
(xy)
f

(y) dy
= e
x
f(0) +
_
e
(xy)
f(y)

x
y=0
+
_
x
0
e
(xy)
f(y) dy
= f(x) +
_
x
0
e
(xy)
f(y) dy.
Questultima espressione si generalizza facilmente a f C([0, a]).
3 Equazioni Integrali con Nucleo Hermitiano
Un nucleo /(x, y) `e detto hermitiano se questo nucleo coincide con il suo coniu-
gato hermitiano, /(x, y) = /

(x, y) = /(y, x). La corrispondente equazione


integrale
(x) =
_

/(x, y)(y) dy +f(x) (III.28)


per reali coincide con la sua aggiunta, essendo K

= K un operatore autoag-
giunto nello spazio L
2
(). Se il nucleo /(x, y) `e continuo, K `e anche limitato
su L
2
(). I numeri caratteristici e le autofunzioni trovati sono anche i nume-
ri caratteristici e le autofunzioni se la (III.28) viene considerata nello spazio
L
2
() per un nucleo continuo ed hermitiano qualsiasi.
a. Operatori integrali con nucleo continuo hermitiano: Compat-
tezza. Supponiamo che K sia un operatore integrale con nucleo continuo her-
mitiano /(x, y). Questoperatore trasferisce L
2
() ( `e una regione limitata)
in L
2
() (vedi il Lemma III.1) ed `e autoaggiunto:
(Kf, g) = (f, Kg), f, g L
2
(). (III.29)
Inversamente, se un operatore integrale K con nucleo continuo /(x, y) `e au-
toaggiunto, questo nucleo `e hermitiano. Infatti, dalla (III.29) (valida anche per
50
f, g C()) segue che /(x, y) e /

(x, y) sono ambedue il nucleo delloperatore


integrale K e quindi /(x, y) = /

(x, y) per ogni (x, y) .


Ne segue facilmente che tutti i nuclei iterati /
p
(x, y) di un nucleo continuo
hermitiano /(x, y) sono anchessi hermitiani:
/

p
(x, y) = (/

)
p
(x, y) = /
p
(x, y).
Sia M un compatto.
1
Un sottoinsieme / (cio`e, un insieme di funzioni
continue su M) si dice equicontinuo su M se per ogni > 0 esiste > 0
tale che [f(x
1
) f(x
2
)[ < per ogni f /, non appena [x
1
x
2
[ < per
x
1
, x
2
M. In particolare, f C(M) `e (uniformemente) continua se e solo se
linsieme /= f `e equicontinuo.
Lemma III.5 Un operatore integrale K con nucleo continuo /(x, y) trasfe-
risce ogni insieme limitato appartenente a L
2
() in un insieme limitato in
C() e equicontinuo su .
Dimostrazione. Sia B un insieme limitato in L
2
(): A : |f|
p
A per
ogni f B. Dal Lemma III.1 segue che |Kf|
C
Mm()
1/2
A, f B,
p = 1, 2, e quindi K trasferisce B in un insieme limitato in C(). Inoltre,
visto che il nucleo /(x, y) `e uniformemente continuo su , per un > 0
qualsiasi esiste > 0 tale che
[/(x

, y) /(x

, y)[ <

A(m())
1/2
,
quando [x

[ < e x

, x

, y . Da ci`o, utilizzando la disuguaglianza


(III.6), in cui /(x, y) `e sostituito con [/(x

, y) /(x

, y)[, per ogni f B si


ottiene
[(Kf)(x

) (Kf)(x

)[ =

[/(x

, y) /(x

, y)] f(y) dy

(m())
(p1)/p
|f|
p
A(m())
(p1)/p
,
quando [x

[ < e x

, x

, y . Ci`o vuol dire che linsieme Kf : f B


`e equicontinuo su . 2
Teorema III.6 (Teorema di Ascoli-Arzel`a) Se un insieme innito B `e li-
mitato in C(M) dove M `e un compatto, ed `e equicontinuo su M, da questin-
sieme si pu`o estrarre una successione convergente in C(M).
3
3
In altre parole, se un insieme B `e limitato in C(M) dove M `e un compatto, ed `e
equicontinuo su M, la sua chiusura in C(M) `e compatta.
51
Dimostrazione. Come `e noto, ogni sottoinsieme chiuso e limitato in R
n
ha
un sottoinsieme denso numerabile x
n
: n = 1, 2, . Per ipotesi, linsieme
di numeri f(x
1
) : f B `e limitato. Quindi esiste una successione f
(1)
k

k=1
tale che f
(1)
k
(x
1
) `e convergente se k . Inoltre, visto che linsieme di numeri
f
(1)
k
(x
2
) : k = 1, 2, `e limitato, estraiamo dalla f
(1)
k
una sottosuccessione
f
(2)
k
tale che f
(2)
k
(x
2
) `e convergente. Continuando cos`, troviamo le suc-
cessioni f
(m)
k
in B, dove n = 1, 2, e f
(n+1)
k
`e una sottosuccessione della
f
(n)
k
, tale che f
(n)
k
(x
n
) `e convergente se n .
Consideriamo ora la successione diagonale g
k
in B dove g
k
= f
(k)
k
, k =
1, 2, . Per un qualunque punto x
i
la successione numerica g
k
(x
i
) converge
se k , poich`e, per costruzione, per k i, questa successione `e una
sottosuccessione della successione convergente f
(i)
k
(x
i
).
Dimostriamo ora che la successione di g
k
, k = 1, 2, , `e uniformemente
convergente su M. Supponiamo che sia > 0. Visto che questa successione `e
equicontinua su M, esiste > 0 tale che per k = 1, 2, si ha
[g
k
(x) g
k
(x

)[ <

3
(III.30)
quando [x x

[ < e x, x

M. Essendo M compatto, dallinsieme di punti


x
1
, x
2
, si pu`o scegliere un numero nito di questi punti, x
1
, x
2
, , x
l
, l =
l(), in modo che, per ogni punto x M esista un punto x
i
, 1 i l, tale che
[x x
i
[ < . Ricordando che la successione di g
k
(x), k = 1, 2, , converge ai
punti x
1
, , x
l
, concludiamo che esiste un numero N = N() tale che
[g
k
(x
i
) g
p
(x
i
)[ <

3
, k, p N, i = 1, 2, , l. (III.31)
Sia ora x un punto arbitrario dellinsieme M. Scegliendo un punto x
i
, 1 i l,
tale che [x x
i
[ < , in virt` u delle (III.30) e (III.31) si ottiene
[g
k
(x) g
p
(x)[ [g
k
(x) g
k
(x
i
)[ +[g
k
(x
i
) g
p
(x
i
)[ +[g
p
(x
i
) g
p
(x)[
<

3
+

3
+

3
= , k, p N,
dove N non dipende da x M. Ci`o signica che la successione di g
k
, k =
1, 2, , `e una successione di Cauchy in C(M). Siccome C(M) `e uno spazio
di Banach, la successione converge uniformemente su M. 2
Il teorema di Ascoli-Arzel`a esprime la propriet`a di compattezza di un qua-
lunque insieme limitato e equicontinuo in C(M). Inoltre, il Lemma III.5 af-
ferma che un operatore integrale con nucleo continuo trasferisce ogni insieme
limitato in L
2
() in un sottoinsieme di C() con chiusura (in C()) compatta.
52
c. Equazioni integrali con nucleo continuo hermitiano: Il princi-
pio variazionale. In questo paragrafo descriviamo i numeri caratteristici di
un operatore integrale con nucleo hermitiano.
Teorema III.7 (Principio di Rayleigh-Ritz) Per ciascun nucleo continuo
hermitiano /(x, y) , 0 loperatore integrale K ha almeno un numero caratte-
ristico e il numero caratteristico
1
pi` u piccolo in modulo soddisfa il principio
variazionale
1
[
1
[
= sup
0=fL
2
()
|Kf|
2
|f|
2
. (III.32)
Dimostrazione. Sia
= sup
f
2
=1
|Kf|
2
. (III.33)
Dalla (III.8) segue che |Kf|
2
M m() sulle funzioni di L
2
() di norma
1 e quindi M m().
`
E inoltre evidente che 0. Dimostriamo che
> 0. Infatti, se = 0, allora, in virt` u della (III.33), avremmo |Kf|
2
= 0,
cio`e Kf = 0 per tutte le f L
2
(), e quindi /(x, y) = 0, x, y , il che
contraddice lipotesi.
Dalla denizione della segue lesistenza di una successione di f
k
, k =
1, 2, , |f
k
|
2
= 1, tale che
|Kf
k
|
2
, k +; (III.34)
inoltre, `e valida la disuguaglianza
|K
2
f|
2
=
_
_
_
_
K
_
Kf
|Kf|
2
__
_
_
_
2
|Kf|
2
|Kf|
2
, f L
2
(). (III.35)
Dimostriamo ora che
K
2
f
k

2
f
k
0, k +, in L
2
(). (III.36)
Infatti, utilizzando le (III.29), (III.34) e (III.35), si ottiene
|K
2
f
k

2
f
k
|
2
2
= (K
2
f
k

2
f
k
, K
2
f
k

2
f
k
)
= (K
2
f
k
, K
2
f
k
) +
4
(f
k
, f
k
)
2
(f
k
, K
2
f
k
)
2
(K
2
f
k
, f
k
)
= |K
2
f
k
|
2
2
+
4
2
2
(Kf
k
, Kf
k
)

2
|Kf
k
|
2
2
+
4
2
2
|Kf
k
|
2
2
=
4

2
|Kf
k
|
2
2
0, k +,
il che `e equivalente alla relazione limite (III.36).
53
Conformemente al Lemma III.5, la successione delle funzioni Kf
k
, k =
1, 2, , `e limitata in C() e equicontinua su . Ma in questo caso, in base
al teorema di Ascoli-Arzel`a, esiste anche una sottosuccessione
i
= Kf
k
i
,
i = 1, 2, , che converge in C() ad una funzione C(), |
i
|
C
0,
i . Da ci`o, utilizzando le (III.6) e (III.7), e la relazione (III.36), si ottiene
|K
2

2
|
C
|K
2
(
i
)|
C
+
2
|
i
|
C
+|K
2

i
|
C
M m()|K(
i
)|
C
+
2
|
i
|
C
+|K(K
2
f
k
i

2
f
k
i
)|
C
(M
2
m()
2
+
2
)|
i
|
C
+M
_
m()|K
2
f
k
i

2
f
k
i
|
2
0, i +,
e, di conseguenza,
K
2
=
2
.
Dimostriamo che ,= 0. Dalla relazione limite (III.36) segue che
K
i

2
f
k
i
0, i + in L
2
(),
e, di conseguenza, |K
i
|
2

2
, i +. Daltra parte, dal Lemma III.1
segue che |K
i
|
2
|K|
2
, i +. Quindi, |K|
2
=
2
> 0, da cui segue
che ,= 0.
Dunque, la funzione costruita `e unautofunzione del nucleo /
2
(x, y) cor-
rispondente allautovalore
2
. Ma, allora, almeno uno dei numeri `e auto-
valore del nucleo /(x, y). In tal modo, il numero caratteristico
1
costruito `e
uguale a 1/ in modulo e, quindi, in virt` u della (III.33), soddisfa il principio
variazionale (III.32).
Non resta altro che stabilire che
1
`e il numero caratteristico pi` u piccolo in
modulo del nucleo /(x, y). Infatti, se
0
e
0
sono il numero caratteristico e la
corrispondente autofunzione, cio`e
0
K
0
=
0
, allora, in virt` u della (III.32),
si ha
1

1
= sup
fL
2
()
|Kf|
2
|f|
2

|K
0
|
2
|
0
|
2
=
1
[
0
[
,
e quindi [
1
[ [
0
[. 2
Considerando il teorema sopra dimostrato, per le equazioni integrali con
nucleo continuo hermitiano /(x, y) , 0, si ottengono le seguenti asserzioni:
Linsieme dei numeri caratteristici
k
non `e vuoto, `e situato sullas-
se reale, e non ha punti di accumulazione niti; ogni numero caratteristico
`e di moltiplicit`a nita ed il sistema di autofunzioni
k
pu`o essere scelto
ortonormale:
(
k
,
i
) =
k,i
. (III.37)
54
Se ,=
k
, k = 1, 2, , lequazione (III.28) `e univocamente risolvibile per un
termine noto f C() qualsiasi. Se =
k
, per la risolvibilit`a dellequazione
(III.28) `e necessario e suciente che
(f,
k+1
) = 0, i = 0, 1, , r
k
1, (III.38)
dove
k
,
k+1
, ,
k+r
k
1
sono autofunzioni corrispondenti al numero carat-
teristico
k
e r
k
`e la moltiplicit`a di
k
.
Sia /(x, y) , 0 un nucleo integrale hermitiano e sia K il corrispondente
operatore integrale in L
2
(). Allora esistono un numbero caratteristico 0 ,=

1
R e unautofunzione
1
L
2
() di norma 1 tali che
1
[
1
[
= sup
f
2
=1
|Kf|
2
= |K
1
|.
Poniamo
/
1
(x, y) = /(x, y)

1
(x)
1
(y)

1
.
Se /
1
(x, y) 0, allora
1
`e lunico numero caratteristico di K e /(x, y) =

1
(x)
1
(y)/
1
`e un nucleo degenere. Se /
1
(x, y) , 0 e K
1
`e il corrispondente
operatore integrale, allora esistono un numero caratteristico 0 ,=
2
R con
[
1
[ [
2
[ e unautofunzione
2
L
2
() di norma 1 e ortogonale a
1
tali che
1
[
2
[
= sup
f
2
=1
|K
1
f|
2
= |K
2
|.
Poniamo
/
2
(x, y) = /
1
(x, y)

2
(x)
2
(y)

2
.
Se /
2
(x, y) 0, allora
1
e
2
sono gli unici numeri caratteristici di K e
/(x, y) =
2

j=1

j
(x)
j
(y)

j
.
Se /
2
(x, y) , 0 e K
2
`e il corrispondente operatore integrale, allora esistono
un numero caratteristico 0 ,=
3
R con [
1
[ [
2
[ [
3
[ e unautofunzione

3
L
2
() di norma 1 e ortogonale a
1
e
2
tali che
1
[
3
[
= sup
f
2
=1
|K
2
f|
2
= |K
3
|,
55
ECC. Supponiamo di aver trovato i numeri caratteristici
1
, . . . ,
p
(con 0 <
[
1
[ . . . [
p
[) e il sistema ortonormale
1
, . . . ,
p
tali che
j
=
j
K
j
(j = 1, . . . , p). Poniamo
/
p
(x, y) = /
p1
(x, y)

p
(x)
p
(y)

p
.
Se /
p
(x, y) 0, allora
1
, . . . ,
p
sono gli unici numeri caratteristici di K e
/(x, y) =
p

j=1

j
(x)
j
(y)

j
.
Se /
p
(x, y) , 0 e K
p
`e il corrispondente operatore integrale, allora esistono
un numero caratteristico 0 ,=
p+1
R con [
1
[ [
2
[ . . . [
p
[ [
p+1
[ e
unautofunzione
p+1
L
2
() di norma 1 e ortogonale a
1
, . . . ,
p
tali che
1
[
p+1
[
= sup
f
2
=1
|K
p
f|
2
= |K
p+1
|.
Se lapplicazione ripetuta del principio di Rayleigh-Ritz viene abortito dopo
p passaggi, abbiamo trovato tutti i p numeri caratteristici
1
, . . . ,
p
(con 0 <
[
1
[ . . . [
p
[) con il corrispondente sistema ortonormale di autofunzioni

1
, . . . ,
p
, mentre il nucleo integrale di partenza
/(x, y) =
p

j=1

j
(x)
j
(y)

j
`e degenere. Se non si abortisce la procedura, troviamo un numero innito di
numeri caratteristici
j

j=1
in ordine di valor assoluto crescente con il corri-
spondente sistema ortonormale
j

j=1
di autofunzioni. Almeno formalmente
si pu`o scrivere
/(x, y) =

j=1

j
(x)
j
(y)

j
.
In tutti i casi vale
1
[
j
[
= sup
f
2
=1
f
1
,...,f
j1
|Kf|
2
= |K
j
|
2
,
dove j = 2, 3, . . . , p +.
56
Studiamo ora la condizione sotto cui `e una base ortonormale il sistema
ortonormale delle autofunzioni
j
. Se K = 0, allora
(,
j
) =
1

j
(, K
j
) =
1

j
(K,
j
) = 0.
Daltra parte, se (,
j
) = 0 per ogni j, allora
K =

j
(,
j
)
j
= 0.
In altre parole,
L
2
() : K = 0 = L
2
() :
j
per ogni j.
Di conseguenza,
j

j=1
`e una base ortonormale se e solo se = 0 `e lunico
vettore ortogonale a tutte le autofunzioni
j
se e solo se = 0 `e lunico vettore
tale che K = 0. Dunque
j

j=1
`e base ortonormale di L
2
() se e solo se
zero non `e autovalore di K.
4 Teorema di Hilbert-Schmidt
Supponiamo che
1
,
2
, siano i numeri caratteristici del nucleo continuo
hermitiano /(x, y) , 0 disposti in ordine di crescita del loro modulo, [
1
[
[
2
[ , e che
1
,
2
, siano le corrispondenti autofunzioni ortonormali,
(
k
,
i
) =
kl
.
Come sappiamo, i numeri caratteristici
k
sono reali e le autofunzioni
k
(x)
sono continue su ; in questo caso linsieme
k
`e nito o numerabile; nel-
lultimo caso si ha [
k
[ , k . Inoltre, in virt` u della (III.32), `e valida
la disuguaglianza
|Kf|
2

1
[
1
[
|f|
2
, f L
2
(). (III.39)
Notiamo unaltra disuguaglianza, e cio`e
4

k=1
[
k
(x)[
2

2
k

[/(x, y)[
2
dy, x . (III.40)
Nel seguito verr`a infatti dimostrato che vale luguaglianza nella (III.40).
4
Se il nucleo /(x, y) ha un numero nito di numeri caratteristici ,
1
,
2
, ,
N
, poniamo

k
= + per k > N.
57
Introduciamo ora la successione di nuclei continui hermitiani
/
(p)
(x, y) = /(x, y)
p

i=1

i
(x)
i
(y)

i
, p = 1, 2, , . (III.41)
I corrispondenti operatori integrali K
(p)
hermitiani soddisfano
K
(p)
f = Kf
p

i=1
(f,
i
)

i
, f L
2
(). (III.42)
Dimostriamo che
p+1
,
p+2
, , e
p+1
,
p+2
, costituiscono tutti i nu-
meri caratteristici e tutte le autofunzioni del nucleo /
(p)
(x, y). Infatti, in virt` u
della (III.42) abbiamo
K
(p)

k
= K
k

i=1
(
k
,
i
)

i
= K
k
=
1

k
, k p + 1,
di modo che
k
e
k
, k p +1, siano numeri caratteristici ed autofunzioni del
nucleo /
(p)
(x, y). Inversamente, siano
0
e
0
un numero caratteristico e la
corrispondente autofunzione del nucleo /
(p)
(x, y), e cio`e, in virt` u della (III.42),
si avr`a

0
=
0
K
(p)

0
=
0
K
0

0
p

i=1
(
0
,
0
)

i
. (III.43)
Da qui per k = 1, 2, , p si ottiene
(
0
,
k
) =
0
(K
0
,
k
)
0
p

i=1
(
0
,
i
)(
i
,
k
)

i
=
0
(
0
, K
k
)
0
p

i=1
(
0
,
i
)

ik
=

0

k
(
0
,
k
)

0

k
(
0
,
k
) = 0,
e quindi, in virt` u della (III.43),
0
=
0
K
0
. Dunque,
0
e
0
sono il numero
caratteristico e la corrispondente autofunzione del nucleo /(x, y). Visto che

0
`e ortogonale a tutte le autofunzioni
1
,
2
, ,
p
, ne segue che
0
coincide
con uno de numeri caratteristici
p+1
,
p+2
, e
0
pu`o essere considerata
uguale a
k
per k p +1. Dunque,
p+1
`e il numero caratteristico pi` u piccolo
del nucleo /
(p)
(x, y) in modulo. Applicando la disuguaglianza (III.39) a questo
nucleo e tenendo conto della (III.42), si ottiene la disuguaglianza
|K
(p)
f|
2
=
_
_
_
_
_
Kf
p

i=1
(f,
i
)

i
_
_
_
_
_
2

|f|
2
[
p+1
[
, f L
2
(), (III.44)
58
dove p = 1, 2, .
Supponiamo che il nucleo hermitiano /(x, y) abbia un numero nito di
numeri caratteristici:
1
,
2
, ,
N
. Da quanto abbiamo dimostrato, il nucleo
hermitiano /
(N)
(x, y) non ha numeri caratteristici, e quindi, in base al Teorema
III.7, si ha /
(N)
(x, y) 0, in modo che, in virt` u della (III.41), si ha
/(x, y) =
N

i=1

i
(x)
i
(y)

i
, (III.45)
il che signica che il nucleo /(x, y) `e degenere.
Da ci`o, e ricordando anche che un nucleo degenere ha sempre un numero
nito di numeri caratteristici, formuliamo il seguente risultato: anche un
nucleo continuo hermitiano sia degenere, `e necessario e suciente che questo
nucleo abbia un numero nito di numeri caratteristici.
Dimostriamo che il nucleo iterato /
2
(x, y) di un nucleo continuo hermi-
tiano /(x, y) pu`o essere sviluppato in una serie bilineare in termini delle
autofunzioni di questo nucleo,
/
2
(x, y) =

k=1

k
(x)
k
(y)

2
k
, (III.46)
e la serie `e uniformemente convergente su .
Tenendo conto del fatto che, in virt` u della (III.17), si ha
/
2
(x, y)=
_

/(x, y

)/(y

, x) dy

=
_

/(x, y

)/(x, y

) dy

=
_

[/(x, y)[
2
dy,
si ottiene luguaglianza

k=1
[
k
(x)[
2

2
k
=
_

[/(x, y)[
2
dy. (III.47)
Dal teorema di Dini
5
segue che la serie (III.47) `e uniformemente convergente in
x , poich`e la parte a destra `e una funzione continua in x . Integrando
termine a termine la serie uniformemente convergente (III.47) e tenendo conto
della normalizzazione delle autofunzioni, si ottiene la formula

k=1
1

2
k
=
_

[/(x, y)[
2
dxdy. (III.48)
Dimostriamo or il seguente risultato.
5
Teorema di Dini: Sia f
n

n=1
una successione crescente di funzioni continue denite
su un compatto. Se esiste f(x) = lim
n
f
n
(x) e f `e continua sul compatto, allora la
convergenza `e uniforme.
59
Teorema III.8 (Teorema di Hilbert-Schmidt) Se una funzione f appar-
tiene allimmagine di un operatore integrale K di nucleo continuo hermitiano
/(x, y), cio`e f = Kh, la sua serie in termini delle autofunzioni del nucleo
/(x, y) `e uniformemente convergente su G alla funzione
f(x) =

k=1
(f,
k
)
k
(x) =

k=1
(h,
k
)

k
(x). (III.49)
Dimostrazione. Visto che f = Kh, h L
2
(G), in base al Lemma III.1,
f C(G) ed i coecienti di Fourier delle funzioni f e h in termini delle
autofunzioni
k
del nucleo /(x, y) sono collegati con la relazione
(f,
k
) = (Kh,
k
) = (h, K
k
) =
(h,
k
)

k
. (III.50)
Se il nucleo /(x, y) ha un numero nito di autovalori, si ha, in virt` u della
(III.45),
f(x) = (Kh)(x) =
N

k=1
(h,
k
)

k
(x),
ed il teorema di Hilbert-Schmidt `e dimostrato.
Supponiamo ora che il nucleo /(x, y) abbia un numero innito di autovalori.
In questo caso [
k
[ +, k +. Perci`o la serie (III.49) converge a f
nella norma di L
2
(G):
_
_
_
_
_
f
p

k=1
(f,
k
)
k
_
_
_
_
_
2
=
_
_
_
_
_
Kh
p

k=1
(h,
k
)

k
_
_
_
_
_
2

|h|
2
[
p+1
[
0, p +.
Resta da dimostrare che la serie (III.49) converge in modo uniforme su G.
Utilizzando la disuguaglianza di Schwartz e la (III.40), si ottiene, per tutti i
valori di p e q e per ogni x G,
q

k=p
[(h,
k
)[

k
(x)

_
q

k=p
[(h,
k
)[
2
_
1/2
_
q

k=p
[
k
(x)[
2

2
k
_
1/2

_
q

k=p
[(h,
k
)[
2
_
1/2 __
G
[/(x, y)[
2
dy
_
1/2
M
_
m(G)
_
q

k=p
[(h,
k
)[
2
_
1/2
.
(III.51)
Il primo membro della disuguaglianza (III.51) tende a zero per p, q +.
Ci`o signica che la serie (III.49) `e puntualmente convergente su G. Siccome il
maggiorante in (III.51) non dipende da x G, la convergenza risulta uniforme
in x G. 2
60
Capitolo IV
PROBLEMI AL CONTORNO
E FUNZIONI SPECIALI
In questo capitolo vengono studiati alcuni problemi al contorno per le equa-
zioni di tipo ellittico, in particolare le equazioni di Laplace, di Poisson, delle
onde e di Schrodinger nello spazio e nel piano. La separazione delle variabi-
li in tali equazioni conduce spesso a certe equazioni dierenziali ordinarie in
un intervallo della retta di tipo Sturm-Liouville, in particolare le equazioni di
Bessel e di Legendre. Per questo motivo vengono anche studiate alcune cosid-
dette funzioni speciali, in particolare le funzioni di Bessel, le funzioni sferiche
ed alcuni polinomi ortogonali come quelli di Legendre, Hermite e Laguerre.
Se non si fanno esplicite riserve, la regione G `e supposta limitata e la sua
frontiera S regolare a tratti. Nel caso unidimensionale abbiamo G = (a, b),
dove a, b R.
1 Problemi agli autovalori
a. Impostazione del problema agli autovalori. Consideriamo il seguente
problema al contorno omogeneo lineare per unequazione di tipo ellittico:
div (p gradu) +qu = u, x G, (IV.1)
_
u +
u
n
_

S
= 0. (IV.2)
Supponiamo che
_

_
p C
1
(G), q C(G); p(x) > 0, q(x) R, x G,
C(S), C(S),
(x) 0, (x) 0, (x) +(x) > 0, x S.
(IV.3)
61
Sia S
0
= x S : min((x), (x)) > 0. In alcuni casi supponiamo inoltre che
q(x) 0 per x G. Notiamo i seguenti casi particolari:
_
_
_
(x) 1, (x) 0, quindi u = 0, x S, [condizione di Dirichlet]
(x) 0, (x) 1, quindi
u
n
= 0, x S, [condizione di Neumann].
Il problema (IV.1)-(IV.2) consiste nel trovare una funzione u(x) di classe
C
2
(G) C
1
(G) che soddis lequazione (IV.1) in G e la condizione (IV.2)
sulla frontiera S. Il problema (IV.1)-(IV.2) deve essere considerato come un
problema agli autovalori per loperatore
L = div (grad) +q.
Tutte le funzioni f di classe C
2
(G) C
1
(G) che soddisfano la condizione al
contorno (IV.2) e la condizione Lf L
2
(G) costituiscono il dominio /
L
delloperatore L. Siccome lo spazio vettoriale T(G) di tutte le funzioni di
classe C

(G) di supporto compatto (cio`e, che si annullano fuori di un compatto


contenuto in G) `e denso in L
2
(G) ed `e contenuto in /
L
, /
L
`e denso in L
2
(G).
In generale, il dominio /
L
di L non `e abbastanza grande per trovare tutte
le autofunzioni. Per questa ragione bisogna estendere loperatore L ad un
dominio abbastanza grande per contenere le autofunzioni.
b. Formule di Green. Se u C
2
(G) C
1
(G) e v C
1
(G), `e valida la
prima formula di Green:
_
G
v Lu dx =
_
G
p
n

i=1
v
x
i
u
x
i
dx
_
S
pv
u
n
dS +
_
G
quv dx. (IV.4)
Per dimostrare la formula (IV.4) prendiamo una regione arbitraria G

con
frontiera S

una supercie regolare a tratti tale che G

G. Visto che u
C
2
(G), si ha anche u C
2
(G

) e, di conseguenza,
_
G

v Lu dx =
_
G

v [div (p gradu) +qu] dx


=
_
G

div (pv gradu) dx +


_
G

p
n

i=1
v
x
i
u
x
i
dx +
_
G

quv dx.
Utilizzando il teorema della divergenza (di Gauss) si ottiene
_
G

v Lu dx =
_
G

p
n

i=1
v
x
i
u
x
i
dx +
_
G

quv dx
_
S

pv
u
n

dS

,
62
dove S

`e la frontiera di G

. Facendo tendere G

a G nelluguaglianza ottenuta
ed utilizzando il fatto che u, v C
1
(G), concludiamo che il limite del secondo
membro esiste. Quindi esiste anche il limite del primo membro ed `e valida
luguaglianza (IV.4). In tal caso lintegrale del primo membro della (IV.4)
deve essere considerato improprio. I limiti non dipendono della maniera in
cui G

tende a G, poich`e gli integrali nelle parte a destra della (IV.4) sono
assolutamente convergenti.
Se u, v C
2
(G) C
1
(G), `e valida la seconda formula di Green:
_
G
(v Lu u Lv) dx =
_
S
p
_
u
v
n
v
u
n
_
dS. (IV.5)
Per dimostrare la formula (IV.5), scambiamo u e v nella (IV.4):
_
G
u Lv dx =
_
G
p
n

i=1
u
x
i
v
x
i
dx
_
S
pu
v
n
dS +
_
G
qvu dx, (IV.6)
e sottraiamo luguaglianza ottenuta della (IV.6). Come risultato, si ottiene la
seconda formula di Green (IV.5).
In particolare per p(x) 1 e q(x) 0, le formule (IV.4) e (IV.5) di Green
si trasformano nelle seguenti uguaglianze:
_
G
v u dx =
_
G
n

i=1
v
x
i
u
x
i
dx +
_
S
v
u
n
dS, (IV.7)
_
G
(v u u v) dx =
_
S
_
v
u
n
u
v
n
_
dS. (IV.8)
c. Propriet`a delloperatore L. Loperatore L `e hermitiano:
(Lf, g) = (f, Lg), f, g /
L
. (IV.9)
Infatti, visto che f, g /
L
, si ha Lf L
2
(G) e Lg = Lg L
2
(G). In tal
caso la seconda formula di Green (IV.5), per u = f e v = g, assume la forma
(Lf, g) (f, Lg) =
_
G
(g Lf f Lg) dx =
_
S
p
_
f
g
n
g
f
n
_
dS. (IV.10)
Inoltre, le funzioni f e g soddisfano le condizioni al contorno (IV.2):
_
f +
f
n
_

S
= 0,
_
g +
g
n
_

S
= 0. (IV.11)
63
Per lipotesi (IV.3), (x) + (x) > 0 per x S. Perci`o per ogni x S il
sistema omogeneo di equazioni algebriche lineari (IV.11) ha una soluzione non
nulla ((x), (x)) e quindi il suo determinante si annulla, cio`e
det
_

_
f
f
n
g
g
n
_

_
=
_
f
g
n
g
f
n
_

S
= 0.
Tenendo conto delluguaglianza ottenuta, dalla formula (IV.10) otteniamo lu-
guaglianza (IV.9), la quale signica che loperatore L `e hermitiano.
Sia f /
L
. Ponendo u = f e v = f nella prima formula di Green (IV.4)
e tenendo conto del fatto che f L
2
(G), si ottiene
(Lf, f) =
_
G
p[gradf[
2
dx
_
S
pf
f
n
dS +
_
G
q[f[
2
dx. (IV.12)
Dalla condizione al contorno (IV.2) segue che
_
_
_
f
n
=

f, (x) > 0, x S;
f = 0, (x) = 0, x S.
Sostituendo queste relazioni nelluguaglianza (IV.12), si ottiene lespressione
per la forma quadratica
(Lf, f) =
_
G
_
p[gradf[
2
+q[f[
2
_
dx +
_
S
0
p

[f[
2
dS, f /
L
, (IV.13)
dove S
0
`e la parte di S per cui min((x), (x)) > 0. La forma quadratica
(Lf, f), f /
L
, `e detta integrale denergia.
In virt` u delle ipotesi (IV.3) pi` u lipotesi che q(x) 0 per ogni x G,
nel secondo membro della (IV.13), tutti e tre termini sono non negativi. Per
questa ragione, eliminando il secondo ed il terzo termine e stimando per difetto
il primo termine, otteniamo la disuguaglianza
(Lf, f)
_
G
p[gradf[
2
dx min
xG
p(x)
_
G
[gradf[
2
dx,
cio`e
(Lf, f) p
0
| [gradf[ |
2
2
, f /
L
, (IV.14)
dove p
0
= min
xG
p(x); in virt` u del fatto che la funzione p `e continua e positiva
su G, si ha p
0
> 0.
64
Dalla disuguaglianza (IV.14) segue che loperatore L `e positivo se q(x) 0
per ogni x G, cio`e in tal caso
(Lf, f) 0, f /
L
. (IV.15)
d. Propriet`a degli autovalori e delle autofunzioni delloperatore
L. Prima bisogna estendere il dominio delloperatore hermitiano L. Per quello
ci vuole una teoria sugli operatori lineari autoaggiunti non limitati su uno
spazio di Hilbert.
Siano H uno spazio di Hilbert complesso e T un operatore lineare
con dominio T(T) denso in H. Allora T si dice hermitiano [oppure
simmetrico] se (Tx, y) = (x, Ty) per ogni x, y T(T). Per un
operatore hermitiano T, deniamo loperatore T

da
_

_
T(T

) =
_
y H :
c = c(y) > 0 :
[(Tx, y)[ c(y)|x|, x T(T)
_
,
In tal caso ! z H : (Tx, y) = (x, z); Poniamo T

y = z.
Per y T(T) abbiamo [(Tx, y)[ = [(x, Ty)[ |Ty||x| per x
T(T); quindi T(T) T(T

) e T

y = Ty per ogni y T(T). Cio`e,


T

`e unestensione di T.
Un operatore lineare T si dice autoaggiunto se T(T) `e denso in
H, T `e hermitiano e T

= T. Quindi T `e autoaggiunto se T `e
hermitiano e il suo dominio `e denso e soddisfa
T(T) = y H : c = c(y) > 0 : [(Tx, y)[ c(y)|x|, x T(T).
Ritorniamo adesso alloperatore di Sturm-Liouville L con dominio /
L
.
Allora L `e hermitiano su L
2
(G) con dominio denso in L
2
(G). Sotto opportune
condizioni che non specicheremo,
1
esiste unestenzione autoaggiunta unica L
delloperatore L. Le autofunzioni del problema al contorno (IV.1)-(IV.2) si
cercano nel dominio T(L).
Consideriamo ora gli autovalori e autofunzioni delloperatore L. Infatti
bisogna discutere gli autovalori e le autofunzioni dellestensione autoaggiunta
L. In altre parole, essi dipendono dalle condizioni al contorno (IV.2), ma le
autofunzioni non potrebbero appartenere al dominio /
L
ma invece al dominio
dellestensione autoaggiunta L.
1
Certamente per , 0 costanti con + > 0 e S regolare.
65
Proposizione IV.9 Abbiamo le seguenti propriet`a:
a) Tutti gli autovalori sono reali. Se q(x) 0 per ogni x G, gli autovalori
sono non negativi.
b) Le autofunzioni corrispondenti ad autovalori diversi sono ortogonali tra
loro.
c) Le autofunzioni possono essere scelte reali.
d) Sia q(x) 0 per ogni x G. Anch`e = 0 `e necessario e suciente
che q(x) 0 ed (x) 0. In tal caso = 0 `e un autovalore semplice e
lautofunzione `e costante.
Dimostrazione. Per dimostrare la parte (a), sia f T(L) tale che Lf =
f e f , 0. Allora ( )|f|
2
= (Lf, f) (f, Lf) = 0, e quindi = `e
reale. Inoltre, se q(x) 0 per ogni x S, dalla (IV.13) segue che (Lf, f) 0.
Per dimostrare la parte (b), consideriamo f, g T(L) non banali tali che
Lf = f e Lg = g; in tal caso , R. Si controlla facilmente che (
)(f, g) = (Lf, g) (f, Lg) = 0 e quindi = oppure (f, g) = 0.
Per dimostrare la parte (c), se f `e unautofunzione, il fatto che il corri-
spondente autovalore `e reale implica che anche f `e una autofunzione. Siccome
le parti reale ed immaginaria della f non si possono ambedue annullare quasi
ovunque, una di loro `e unautofunzione reale.
Inne, per dimostrare la parte (d), sia = 0 un autovalore con correspon-
dente autofunzione f, mentre q(x) 0 per ogni x G. Allora dalla (IV.13)
segue p[gradf[
2
0 e quindi [p(x) > 0 sempre] f `e costante e qf 0.
2
Se f
fosse non nulla, ne seguirebbe q(x) = 0 per ogni x G e f(x) 0 per ogni
x S
0
. Quindi f 0 e q 0. 2
2 Problema di Sturm-Liouville
Nel caso unidimensionale (n = 1, G = (0, ), S = 0, ) il problema al
contorno (IV.1)-(IV.2) `e detto problema di Sturm-Liouville. Ha la forma
Lu (pu

+qu = u, 0 < x < , (IV.16)


h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0, H
1
u() +H
2
u

() = 0, (IV.17)
2
Ne segue se f /
L
.
66
dove h
1
, h
2
, H
1
, H
2
sono costanti non negative tali che h
1
+h
2
> 0 e H
1
+H
2
>
0.
3
Assumiano che p C
1
[0, ], p(x) > 0 per ogni x [0, ], e q C[0, ] `e
reale. Come dominio delloperatore L prendiamo
/
L
=
_
_
_
u C
2
(0, ) C
1
[0, ] :
u

L
2
(0, )
h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0
H
1
u() +H
2
u

() = 0
_
_
_
.
Se h
2
= H
2
= 0 (cio`e u(0) = u() = 0), abbiamo le condizioni di Dirichlet.
Se h
1
= H
1
= 0 (cio`e u

(0) = u

()), stiamo parlando delle condizioni di


Neumann. Gli altri casi si dicono condizioni miste oppure condizioni di Robin.
Loperatore L `e hermitiano, cio`e (Lf, g) = (f, Lg) per ogni f, g /
L
.
Inoltre esiste ununica estensione autoaggiunta L di L. Le autofunzioni del
problema di Sturm-Liouville si cercano nel dominio di L (e non necessariamente
in /
L
).
Lespressione (IV.13) per lintegrale denergia assume la seguente forma:
(Lf, f)=
_

0
_
p[f

[
2
+q[f[
2
_
dx +
h
1
h
2
p(0)[f(0)[
2
+
H
1
H
2
p()[f()[
2
, f /
L
,
dove gli ultimi termini del secondo membro si annullano per h
2
= 0 o per
H
2
= 0, rispettivamente. Se q(x) 0 per ogni x [0, ], lintegrale denergia
(Lf, f) `e non negativo per ogni f /
L
. In particolare, se q(x) 0 per x
[0, ], = 0 `e autovalore del problema (IV.16)-(IV.17) e f `e la corrispondente
autofunzione, si ottiene f

0, e quindi f `e costante; anch`e la funzione f


sia non banale, ci vogliono le condizioni di Neumann u

(0) = u

() = 0.
a. Funzione di Green. Supponiamo che = 0 non sia un autovalore
delloperatore L. Consideriamo il problema al contorno
Lu (pu

+qu = f(x), 0 < x < , (IV.18)


h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0, H
1
u() +H
2
u

() = 0, (IV.19)
dove f C(0, ) L
2
(0, ). Dato che = 0 non `e autovalore delloperatore L,
la soluzione del problema al contorno (IV.18)-(IV.19) nella classe /
L
(e anche
nella classe T(L)) `e unica. Costruiamo la soluzione di questo problema.
Siano v
1
e v
2
soluzioni non nulle (reali) dellequazione omogenea Lv = 0
che soddisfano le condizioni
h
1
v
1
(0) h
2
v

1
(0) = 0, H
1
v
2
() +H
2
v

2
() = 0. (IV.20)
3
Siccome queste quattro costanti si possono moltiplicare da una costante positiva qualsiasi
senza cambiare la (IV.17), possiamo scegliere , [0,

2
] tali che h
1
= cos , h
2
= sin ,
H
1
= cos e H
2
= sin. Una tale convenzione viene addottata in molti testi sul problema
di Sturm-Liouville.
67
Dalla teoria delle equazioni dierenziali lineari ordinarie segue che queste so-
luzioni esistono ed appartengono alla classe C
2
[0, ]. Le soluzioni lineari v
1
e
v
2
sono linearmente indipendenti. Infatti, nel caso contrario v
1
(x) = cv
2
(x)
per qualche 0 ,= c R e, di conseguenza, in base alla (IV.20) la soluzione v
1
soddisfa anche la seconda condizione al contorno (IV.19). Ci`o signica che v
1
`e unautofunzione delloperatore L corrispondente allautovalore = 0, con-
trariamente allipotesi; inoltre ne segue che in tal caso v
1
/
L
. Perci`o il
determinante Wronskiano vale
w(x) = det
_
v
1
(x) v
2
(x)
v

1
(x) v

2
(x)
_
,= 0, x [0, ].
Siccome (pw)

(x) 0, risulta lidentit`a


pw
def
p(x)w(x), x [0, ]. (IV.21)
Cercheremo la soluzione del problema (IV.18)-(IV.19) per mezzo del meto-
do della variazione dei parametri,
u(x) = c
1
(x)v
1
(x) +c
2
(x)v
2
(x). (IV.22)
Allora c

1
(x) e c

2
(x) soddisfano il sistema lineare
_
v
1
(x) v
2
(x)
v

1
(x) v

2
(x)
_ _
c

1
(x)
c

2
(x)
_
=
_
0
f(x)/p(x)
_
(IV.23)
col determinante w(x) ,= 0. Risolvendo questo sistema ed utilizzando lidentit`a
(IV.21), si ottiene
c

1
(x) =
f(x)v
2
(x)
pw
, c

2
(x) =
f(x)v
1
(x)
pw
.
Dunque esistono due costanti di integrazione c
1
e c
2
tali che
c
1
(x) = c
1
+
1
pw
_
x
0
v
2
(y)f(y) dy, c
2
(x) = c
2
+
1
pw
_
l
x
v
1
(y)f(y) dy. (IV.24)
Sostituendo la (IV.24) nella (IV.22) si ottiene
u(x) = c
1
v
1
(x) +c
2
v
2
(x)
v
1
(x)
pw
_

x
v
2
(y)f(y) dy
v
2
(x)
pw
_
x
0
v
1
(y)f(y) dy.
Calcolando la derivata si trova
u

(x) = c
1
v

1
(x) + c
2
v

2
(x)
v

1
(x)
pw
_

x
v
2
(y)f(y) dy
v

2
(x)
pw
_
x
0
v
1
(y)f(y) dy.
68
Tenendo conto dalle condizioni (IV.20), otteniamo
0 = h
1
u(0) h
2
u

(0) = c
1
[h
1
v
2
(0) h
2
v

2
(0)] ;
0 = H
1
u() +H
2
u

() = c
1
[H
1
v
2
() +H
2
v

2
()] ,
e quindi, in virt` u del fatto che le espressioni tra parentesi quadrate non si
annullano, troviamo c
1
= c
2
= 0. In altre parole,
u(x) =
_

0
((x, y)f(y) dy, (IV.25)
dove
((x, y) =
1
pw
_
v
1
(x)v
2
(y), 0 x < y ,
v
2
(x)v
1
(y), 0 y < x ,
(IV.26a)
oppure
((x, y) =
1
pw
v
1
(min(x, y))v
2
(max(x, y)). (IV.26b)
La funzione ((x, y) `e detta funzione di Green del problema al contorno (IV.18)-
(IV.19) o delloperatore L. Questo nucleo `e reale, simmetrico e continuo.
Inoltre, vale luguaglianza
((y + 0, y)
x

((y 0, y)
x
=
w(y)
pw
=
1
p(y)
, y (0, ). (IV.27)
Consideriamo loperatore integrale G su L
2
(0, ) con nucleo ((x, y). Allora
questo nucleo `e reale, simmetrico e continuo. Dunque G `e un operatore lineare
autoaggiunto sullo spazio di Hilbert L
2
(0, ). Siccome u = Gf appartiene ad
/
L
per ogni f C(0, ) L
2
(0, ), il dominio /
L
`e strettamente contenuto
nellimmagine delloperatore integrale G. Ne segue facilmente che limmagi-
ne di G (cio`e, Gf : f L
2
(0, ) coincide con il dominio dellestensione
autoaggiunta L di L, Infatti, L = G
1
.
T(L)
L=G
1
L
2
(0, )
G=L
1
T(L)

/
L

L
C(0, ) L
2
(0, )
G|
C(0,)L
2
(0,)
=L
1
/
L
Nel caso in cui = 0 `e autovalore del problema (IV.18)-(IV.19), bisogna
scegliere qualche R che non `e autovalore, e riscrivere (IV.18)-(IV.19) nella
forma equivalente
(L )u (pu

+ (q )u = f(x) u(x), 0 < x < , (IV.28)


69
h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0, H
1
u() +H
2
u

() = 0. (IV.29)
Partendo dalle due soluzioni v
1
e v
2
dellequazione omogenea (L )u = 0
che soddisfano le condizioni (IV.20) e quindi sono linearmente indipendenti,
arriviamo ad una funzione di Green ((x, y; ) ed un operatore integrale G()
dipendente di tali che
u = G() [f u] .
Questultima si pu`o scrivere nella forma dellequazione integrale di Fredholm
u(x) +
_

0
((x, y; )u(y) dy =
_

0
((x, y; )f(y) dy, 0 x . (IV.30)
Il dominio dellestensione autoaggiunta L di L [o di L ] coincide con
limmagine delloperatore integrale G().
Esempio IV.10 Consideriamo il problema di Sturm-Liouville
u

= f(x), h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0, H
1
u() +H
2
u

() = 0.
Le soluzioni v
1
e v
2
dellequazione omogenea u

= 0 che soddisfano le
condizioni (IV.20), hanno la forma (tranne un fattore costante)
v
1
(x) = h
1
x +h
2
, v
2
(x) = H
1
+H
2
H
1
x,
e quindi w(x) = h
1
(H
1
+ H
2
) h
2
H
1
si annulla se e solo se h
1
= H
1
= 0
(cio`e, sotto le condizioni di Neumann in ambedue gli estremi). Se h
1
+H
1
> 0,
si trova per la funzione di Green
((x, y)=
_

_
1
h
1
(H
1
+H
2
) +h
2
H
1
[h
1
x +x
2
][H
1
( y) +H
2
], 0 x < y ,
1
h
1
(H
1
+H
2
) +h
2
H
1
[H
1
( x) +H
2
][h
1
y +h
2
], 0 y < x .
Per trovare gli autovalori, cerchiamo le soluzioni v
1
(x, ) e v
2
(x, ) delle-
quazione omogenea u

= u che soddisfano le condizioni (IV.20), mentre


> 0. Otteniamo
v
1
(x, ) = h
2

cos(x

) +h
1
sin(x

);
v
2
(x, ) = H
2

cos(( x)

) +H
1
sin(( x)

),
e quindi
w(x) = v
1
(0, )v

2
(0, ) v

1
(0, )v
2
(0, )
=

_
(h
2
H
2
h
1
H
1
) sin(

) (h
2
H
1
+h
1
H
2
)

cos(

)
_
.
70
Un numero > 0 `e autovalore se e solo se w(x) 0. Sotto le condizioni di
Dirichlet (h
2
= H
2
= 0) e sotto quelle di Neumann (h
1
= H
1
= 0) segue
sin(

) = 0.
Quindi gli autovalori e le autofunzioni sono

n
=
_
n

_
2
,
_

_
n = 1, 2, 3, , u
n
(x) = sin
_
nx

_
, [Dirichlet]
n = 0, 1, 2, , u
n
(x) = cos
_
nx

_
. [Neumann]
Sotto le altre condizioni (cio`e, se h
2
H
1
+ h
1
H
2
> 0), = 0 non `e mai auto-
valore e > 0 `e autovalore se e solo se `e una radice positiva dellequazione
transcedente
4
cotg (

) =
h
2
H
2
h
1
H
1
(h
2
H
1
+h
1
H
2
)

.
C`e un numero innito di tali radici (infatti, una successione crescente
n
che
tende a +) ed ogni radice corrisponde allautofunzione
u
n
(x, ) = h
2
_

n
cos(x
_

n
) +h
1
sin(x
_

n
).
Le radici

n
si trovano pi` u facilmente in modo graco. Non ci sono autovalori
fuori dellintervallo [0, +).
b. Riduzione del problema di Sturm-Liouville ad unequazione
integrale. Facciamo vedere che il problema di Sturm-Liouville pu`o essere
ridotto ad unequazione integrale di Fredholm con nucleo reale, simmetrico e
continuo ((x, y).
Teorema IV.11 Il problema al contorno
Lu = u +f, u T(L), f C(0, ) L
2
(0, ), (IV.31)
con la condizione che = 0 non sia un autovalore delloperatore L `e equivalente
allequazione integrale
u(x) =
_

0
((x, y)u(y) dy +
_

0
((x, y)f(y) dy, u L
2
(0, ), (IV.32)
dove ((x, y) `e la funzione di Green delloperatore L. Inoltre, le soluzioni u dei
problemi equivalenti (IV.31) e (IV.32) appartengono ad /
L
.
4
Ponendo x =

, = h
2
H
1
+h
1
H
2
> 0, = h
2
H
2
0 e = h
1
H
1
0 con + > 0,
si vede subito che i graci di (x)/(x
2
) e tg (x) hanno un numero innito di punti di
intersezione x > 0.
71
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
5
4
3
2
1
0
1
2
3
4
5
k
Figura IV.1: Il plot contiene i graci delle funzioni y = tan(xL) e y =
k tan per L = 5 e =

3
. Gli autovalori sono i valori di
k > 0 corrispondenti ai loro punti di intersezione.
Dimostrazione. Se u(x) `e una soluzione del problema al contorno (IV.31),
allora
u(x) = (G[u +f])(x) =
_

0
((x, y)[u(y) +f(y)] dy, 0 x ,
cio`e u(x) soddisfa lequazione integrale (IV.32).
Inversamente, supponiamo che la funzione u
0
L
2
(0, ) soddis lequazione
integrale (IV.32). Se G denota loperatore integrale con nucleo ((x, y), allora
u
0
= G(u
0
+f) T(L) e Lu
0
= u
0
+f. Dalluguaglianza
u
0
(x) =
v
1
(x)
_

x
v
2
(y)[u
0
(y) +f(y)] dy+v
2
(x)
_
x
0
v
1
(y)[u
0
(y) +f(y)] dy
p(0)w(0)
segue che u
0
C[0, ], poich`e le funzioni sotto il segno degli integrali appar-
tengono ad L
1
(0, ) e la primitiva di una funzione sommabile `e continua. In
tal caso segue dallequazione precedente che u
0
C
1
[0, ] con derivata
u

0
(x)=
v

1
(x)
_

x
v
2
(y)[u
0
(y) +f(y)] dy+v

2
(x)
_
x
0
v
1
(y)[u
0
(y) +f(y)] dy
p(0)w(0)
.
72
Da quellultima equazione segue che u
0
C
2
[0, ]. Inoltre, dalla (IV.20) segue
che u
0
(x) soddisfa le condizioni al contorno (IV.17). Dunque u
0
/
L
. Di
conseguenza, Lu
0
= Lu
0
= u
0
+f. 2
Applicando il teorema precedente al caso f = 0, concludiamo che ogni
autofunzione delloperatore L (in principio appartenente a T(L)) appartiene ad
/
L
. Inoltre, tutte le autofunzioni appartengono a C[0, ]. Quindi il problema
al contorno per f = 0 (cio`e, il problema agli autovalori) `e equivalente a quello
agli autovalori dellequazione integrale omogenea
u(x) =
_

0
((x, y)u(y) dy (IV.33)
in C[0, ] oppure in L
2
(0, ), a condizione che = 0 non sia autovalore dello-
peratore L.
Eliminiamo ora lipotesi che = 0 non sia un autovalore delloperatore L.
Per farlo, sia
0
R un numero che non `e un autovalore. Allora = 0 non `e
un autovalore del problema di Sturm-Liouville
L
1
u (pu

+ (q
0
)u = u, (IV.34)
h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0, H
1
u() +H
2
u

() = 0. (IV.35)
Ma /
L
= /
L
1
e T(L) = T(L
1
). Quindi il problema di Sturm-Liouville
(IV.16)-(IV.17) `e equivalente allequazione integrale
u(x) = (
0
)
_

0
(
1
(x, y)u(y) dy, (IV.36)
dove (
1
(x, y) `e la funzione di Green delloperatore L
1
.
c. Propriet`a degli autovalori e delle autofunzioni. Abbiamo dunque
stabilito lequivalenza tra il problema di Sturm-Liouvville omogeneo ed il pro-
blema agli autovalori per lequazione integrale omogenea (IV.36) con nucleo
integrale (
1
(x, y) reale, simmetrico e continuo. Gli autovalori del proble-
ma (IV.16)-(IV.17) sono collegati ai numeri caratteristici del nucleo (
1
(x, y)
con la relazione =
0
, mentre le corrispondenti autofunzioni coincido-
no. Quindi, per il problema di Sturm-Liouville sono validi tutti gli enunciati
della teoria delle equazioni integrali con nucleo continuo, reale e simmetrico.
In particolare linsieme degli autovalori
k
di questo problema non `e vuoto
e non ha punti di accumulazione niti; gli autovalori sono reali e sono anche
di moltiplicit`a nita; le autofunzioni possono essere scelte reali ed ortonormali
ed appartengono a C
2
[0, ].
Il problema di Sturm-Liouville ha alcune propriet`a speciche.
73
1) Gli autovalori appartengono allintervallo [q
min
,) dove q
min
= min
x[0,]
q(x).
Infatti, per f /
L
si ha
(Lf, f) =
_

0
_
p[f

[
2
+q[f[
2
_
dx +
h
1
h
2
p(0)[f(0)[
2
+
H
1
H
2
p()[f()[
2
q
min
|f|
2
2
,
dove gli ultimi termini del secondo membro si annullano per h
2
= 0 o
per H
2
= 0, rispettivamente. Quindi, se `e un autovalore di L con
corrispondente autofunzione u, allora u /
L
e |u|
2
2
= (Lu, u)
q
min
|u|
2
2
, e dunque q
min
.
2) Linsieme degli autovalori `e innito numerabile. Infatti, se questinsieme
fosse nito,
1
, ,
N
, il nucleo (
1
(x, y) sarebbe degenere:
(
1
(x, y) =
N

k=1

k
(x)
k
(y)

0
, (IV.37)
dove
1
, ,
k
sono le corrispondenti autofunzioni ortonormalizzate.
Siccome
k
C
2
[0, ], risulterebbe una contraddizione con la (IV.27):
(
1
(y + 0, y)
x

(
1
(y 0, y)
x
= 0, y (0, ).
3) Ogni autovalore `e semplice. Sia
0
un autovalore. Allora la corrispon-
dente autofunzione u soddisfa Lu =
0
u e le due condizioni al con-
torno (IV.20) [per v
1
= v
2
= u]. Ciascuna di queste condizioni de-
nisce uno sottospazio di L
2
(0, ) di dimensione 1. Quindi lautospazio
corrispondente allautovalore
0
`e unidimensionale.
Le condizioni al contorno (IV.17) si dicono separate, poich`e riguardano i
valori e le derivate della u in estremi diversi dellintervallo (0, ). Pi` u general-
mente, per u, v C
2
[0, ] risulta dopo due integrazioni per parti:
(Lu, v) (u, Lv) = [p (uv

v)]

0
.
La parte a destra si annulla se u, v soddisfano le condizioni separate (IV.17).
Purtroppo si annullano anche se consideriamo le condizioni non separate
_
p(0) u(0) =
_
p() u(),
_
p(0) u

(0) =
_
p() u

(),
per la u e per la v, dove bisogna scegliere il segno + due volte oppure il segno
meno due volte. In tal caso si pu`o introdurre il dominio /
L
ed estenderlo
74
ad un dominio su cui loperatore dierenziale L `e autoaggiunto. Per esempio,
consideriamo il problema di Sturm-Liouville con condizioni periodiche
u

= u, u(0) = u(), u

(0) = u

().
In tal caso gli autovalori e le autofunzioni sono:
_

n
=
_
2n

_
2
, n = 0, 1, 2,
u
0
= 1, u
n
(x) = c
1
cos
_
2nx

_
+c
2
sin
_
2nx

_
, n = 1, 2, 3, .
Tranne per lautovalore
0
= 0, tutti gli autospazi hanno la dimensione 2.
Daltra parte, per il problema di Sturm-Liouville con condizioni antiperiodiche
u

= u, u(0) = u(), u

(0) = u

(),
gli autovalori e le autofunzioni sono:
_

n
=
_
(2n 1)

_
2
, n = 1, 2, 3,
u
n
(x) = c
1
cos
_
(2n 1)x

_
+ c
2
sin
_
(2n 1)x

_
, n = 1, 2, 3, .
In questo caso tutti gli autospazi hanno la dimensione 2.
Siano (
n
)

n=1
gli autovalori della L e (
n
)

n=1
le corrispondenti autofunzioni
ortonormalizzate. Siccome il problema agli autovalori `e equivalente a quello per
unequazione integrale con nucleo continuo reale e simmetrico, il sistema delle
autofunzioni `e completo in L
2
(0, ). In altre parole, ogni funzione f L
2
(0, )
pu`o essere sviluppata in una serie
f =

k=1
(f,
k
)
k
, (IV.38)
dove
|f|
2
2
=

k=1
[(f,
k
)[
2
, lim
N+
_

0

f(x)
N

k=1
(f,
k
)
k
(x)

2
dx = 0.
Teorema IV.12 Ogni funzione f /
L
pu`o essere sviluppata in una serie
(IV.38) uniformemente convergente in x [0, ].
75
Dimostrazione. Il problema di Sturm-Liouville non omogeneo `e equivalen-
te allequazione integrale (IV.30), dove il termine noto appartiene allimma-
gine delloperatore integrale con nucleo (
1
(x, y). Quindi il teorema segue dal
Teorema di Hilbert-Schmidt (Teorema III.8). 2
Esempio IV.13 Consideriamo il problema di Sturm-Liouville con condizioni
periodiche
u

= u, u(0) = u(), u

(0) = u

().
Allora gli autovalori e le corrispondenti autofunzioni ortonormalizzate sono:
_

0
=0,
c
n
=
s
n
=
_
2n

_
2
,

0
(x)=
1

,
c
n
(x)=
_
2

_
1/2
cos
_
2nx

_
,
s
n
(x)=
_
2

_
1/2
sin
_
2nx

_
,
dove n = 1, 2, 3, . Per f L
2
(0, ) risulta la serie di Fourier
f(x) =
a
0
2
+

n=1
_
a
n
cos
_
2nx

_
+b
n
sin
_
2nx

__
,
dove
a
0
=
2

_

0
f(x) dx,
a
n
=
2

_

0
f(x) cos
_
2nx

_
dx, b
n
=
2

_

0
f(x) sin
_
2nx

_
dx.
3 Funzioni di Bessel
Consideriamo lequazione dierenziale
x
2
u

+xu

+ (x
2

2
)u = 0, (IV.39)
detta equazione di Bessel. Ogni soluzione di questequazione non identicamente
nulla `e detta funzione cilindrica. Osserviamo che i coecienti dellequazione
(IV.39) non soddisfano le condizioni del paragrafo precedente.
a. Denizione e propriet`a semplici delle funzioni di Bessel. Sosi-
tuendo
u(x) = x

n=0
c
n
x
n
=

n=0
c
n
x
n+
76
nella (IV.39) otteniamo

n=0
_
(n +)(n + 1)c
n
+ (n +)c
n
+c
n2

2
c
n

x
n+
= 0,
dove c
1
= c
2
= 0. Oppure:
(
2

2
)c
0
x

+((1+)
2

2
)c
1
x
1+
+

n=2
_
((n +)
2

2
)c
n
+c
n2

x
n+
= 0.
Dunque,
(
2

2
)c
0
= (( + 1)
2

2
)c
1
= 0, ((n +)
2

2
)c
n
= c
n2
, (IV.40)
dove n = 2, 3, 4, . . .. Per trovare una soluzione non banale per cui c
0
,= 0,
scegliamo ora = 0. Siccome n + > = per n N, risultano
c
1
= c
3
= c
5
= . . . = 0 e
c
n
c
n2
=
1
(n + 2)n
, n = 2, 4, 6, . . . .
Ponendo n = 2k per k N risulta (c
2k
/c
2(k1)
) = 1/4k(k +), implicando
c
2k
=
(1)
k
2
2k
(k!)( + 1)
k
c
0
=
(1)
k
2
2k
(k + 1)(k + + 1)
c
0
( + 1),
dove ( +1)
0
= 1 e ( +1)
k
= ( +1)( +2) . . . ( +k). NellAppendice B viene
discussa la funzione (z) che soddisfa (z +1) = z(z) e (1) = 1. Scegliendo
c
0
tale che c
0
( + 1) = 1, otteniamo per u(x) la funzione
J

(x) =

k=0
(1)
k
(k + + 1)(k + 1)
_
x
2
_
2k+
. (IV.41)
Questa funzione pu`o essere rappresentata nella forma
J

(x
2
) = x

(x
2
), (IV.42)
dove f

() `e una funzione analitica su tutto il piano complesso,


f

() =

k=0
(1)
k

k
2
2k+
(k + + 1)(k + 1)
. (IV.43)
Infatti, la serie di potenze in (IV.43) converge uniformemente su ogni compatto
del piano complesso, poich`e il suo raggio di convergenza R = +. Quindi la
77
sua somma denisce una funzione analitica f

() su tutto il piano complesso.


La funzione cilindrica J

(x) si dice funzione di Bessel di ordine , dove x

> 0
per x > 0. In particolare
_

_
J
1/2
(x) =
_
2
x

k=0
(1)
k
(2k + 1)!
x
2k+1
=
_
2
x
sin x,
J
1/2
(x) =
_
2
x

k=0
(1)
k
(2k)!
x
2k
=
_
2
x
cos x.
(IV.44)
Inoltre si vede subito che
J

(x) =
x

( + 1)
[1 +O(x
2
)], x 0, (IV.45)
per ,= 1, 2, 3, . . ..
Sostituendo = 0 nella (IV.40), si possono ripetere i calcoli prece-
denti e arrivare alla (IV.41) se 2 / Z. Consideriamo ora il caso in cui 2 Z.
Allora, se = (N+
1
2
) per un opportuno N = 0, 1, 2, . . ., si ha (n+)
2

2
= 0
per n = 2N + 1, risultando in c
2N1
= ((2N + 1 + )
2

2
)c
2N+1
= 0. An-
dando indietro, risultano c
2N1
= . . . = c
3
= c
1
= 0. Scegliendo poi c
2N+1
= 0
arriviamo a c
1
= c
3
= . . . = c
2N+1
= c
2N+3
= . . . = 0. Partendo da c
0
con
c
0
( + 1) = c
0
(
1
2
N) ,= 0, si trova u(x) = J

(x) per = (N +
1
2
). Sce-
gliendo invece c
0
= 0 e c
2N+1
,= 0, si arriva ad un multiplo di J
N+
1
2
(x). In altre
parole, abbiamo trovato due soluzioni linearmente indipendenti della (IV.39)
se / Z.
Il caso = = N per N = 1, 2, 3, . . . `e pi` u complicato. In tal caso
(n +)
2

2
= 0 per n = 2N. Di conseguenza,
0 = c
2N2
= c
2N4
= . . . = c
0
,
mentre (n + )
2

2
,= 0 per n dispari conduce a c
1
= c
3
= c
5
= . . . = 0.
Dunque scegliendo la costante arbitraria c
2N
, si calcolano c
2N+2
, c
2N+4
, . . . e si
arriva ad un multiplo di J
N
(x). Infatti,
J
N
(x) =

k=N
(1)
k
(k N + 1)(k + 1)
_
x
2
_
2kN
=

l=0
(1)
N+l
(l + 1)(l +N + 1)
_
x
2
_
2k+N
= (1)
N
J
N
(x). (IV.46)
Conclusione: Per Z abbiamo trovato soltanto una singola soluzione linear-
mente indipendente della (IV.39).
78
Il Wronskiano W[u, v] = uv

v di due soluzioni u e v dellequazione di


Bessel soddisfa allequazione dierenziale di primo ordine
W

[u, v](x) +
1
x
W[u, v](x) = 0,
e quindi W[u, v](x) `e proporzionale alla funzione 1/x. Per trovare la costante
di proporzionalit`a basta studiare landamento del Wronskiano se x 0. Per
/ Z si vede subito che
_

_
J

(x) =
1
( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
),
xJ

(x) =

( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
),
_

_
J

(x) =
1
( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
),
xJ

(x) =

( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
),
e dunque [vedi lAppendice B]
W[J

, J

](x) =
2
x( + 1)( + 1)
+O(x)
=
2
x( + 1)( + 1)
=
2 sin()
x
.
Quindi J

(x) e J

(x) sono linearmente indipendenti [cio`e, il Wronskiano non


si annulla per x ,= 0] se e solo se non `e un intero.
b. Funzioni di Bessel di seconda specie. Per = n (n = 0, 1, 2, )
esiste una soluzione dellequazione di Bessel linearmente indipendente della
J
n
(x). Per trovare una soluzione linearmente indipendente da J

(x) per Z,
deniamo la funzione di Bessel di seconda specie
Y

(x) =
J

(x) cos() J

(x)
sin()
per / Z. Siccome sia il numeratore che il denominatore sono funzioni anali-
tiche di C e (d/d) sin() = cos() ,= 0 per = 0, 1, 2, , il limite
di Y

(x) per n N 0 esiste ed `e uguale allespressione


Y
n
(x) =
1

_
J

(x)

_
=n
(1)
n
_
J

(x)

_
=n
.
79
Calcolando la derivata della serie di potenza per J

(x) rispetto a ed intro-


ducendo la funzione (z) =

(z)/(z) otteniamo
Y
n
(x) =
1

n1

k=0
(n k 1)!
k!
_
z
2
_
2kn
+
1

k=0
(1)
k
(z/2)
n+2k
k!(n +k)!
_
2 log
z
2
(k + 1) (k +n + 1)
_
=
2

J
n
(x) log
x
2

1

n1

k=0
(n k 1)!
k!
_
x
2
_
2kn

k=0
(1)
k
(z/2)
n+2k
k!(n +k)!
[(k + 1) +(k +n + 1)] ,
dove x [0, +) e la prima sommatoria sparisce per n = 0. Questespressione
conduce alle rappresentazioni asintotiche
Y
n
(x)
_

_
2

log
x
2
, x 0, n = 0

(n 1)!

_
x
2
_
n
, x 0, n = 1, 2, ,
(IV.47)
implicando che [Y
n
(x)[ + se x 0.
c. Ortogonalit`a. Dimostriamo il seguente.
Proposizione IV.14 Per , 0 con + > 0, siano
1
e
2
zeri reali
dellequazione
J

() +J

() = 0, (IV.48)
dove > 1. Allora
_
1
0
xJ

(
1
x)J

(
2
x) dx
=
_

_
0,
2
1
,=
2
2
,
1
2
[J

(
1
)]
2
+
1
2
_
1

2

2
1
_
J

(
1
)
2
,
1
=
2
,

1
2
J

(
1
)J

(
1
) +
1
2
_
1

2

2
1
_
J

(
1
)J

(
1
),
1
=
2
.
(IV.49)
Dimostrazione. Siano
1
,
2
R. In virt` u della (IV.39), le funzioni
80
J

(
1
x) e J

(
2
x) soddisfano le equazioni
d
dx
_
x
dJ

(
1
x)
dx
_
+
_

2
1
x

2
x
_
J

(
1
x) = 0,
d
dx
_
x
dJ

(
2
x)
dx
_
+
_

2
2
x

2
x
_
J

(
2
x) = 0.
Moltiplichiamo la prima di queste equazioni per J

(
2
x) e la seconda per
J

(
1
x), poi sottraiamo termine a termine la prima dalla seconda ed integriamo
da 0 a 1. Si ottiene
(
2
2

2
1
)
_
1
0
xJ

(
1
x)J

(
2
x) dx
=
_
1
0
_
J

(
2
x)
d
dx
_
x
dJ

(
1
x)
dx
_
J

(
1
x)
d
dx
_
x
dJ

(
2
x)
dx
__
dx
= [
1
xJ

(
2
x)J

(
1
x)
2
xJ

(
1
x)J

(
2
x)]
1
x=0
. (IV.50)
Dalla (IV.41) [vedi anche la (IV.45)] abbiamo per x 0
+
J

(x) =
1
( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
), xJ

(x) =

( + 1)
_
x
2
_

+O(x
+2
),
e perci`o

1
xJ

(
2
x)J

(
1
x)
2
xJ

(
1
x)J

(
2
x) = O(x
2+2
), x 0
+
.
Quindi, grazie alla condizione > 1, il primo membro della (IV.50) si annulla
per x = 0 e si ottiene
_
1
0
xJ

(
1
x)J

(
2
x) dx =

1
J

(
2
)J

(
1
)
2
J

(
1
)J

(
2
)

2
2

2
1
. (IV.51)
Se
1
e
2
sono zeri reali dellequazione (IV.48) dove , 0 e + > 0, il
determinante del sistema lineare
J

(
1
) +
1
J

(
1
) = 0, J

(
2
) +
2
J

(
2
) = 0,
per (, ) si annulla, cio`e il numeratore della frazione nella (IV.51) si annulla.
Di conseguenza, se
2
1
,=
2
2
, segue la propriet`a di ortogonalit`a (cio`e, si annulla
la parte a sinistra della (IV.51)).
81
Per dimostrare la (IV.49) se
1
=
2
, si passi al limite per
2

1
nella
(IV.51) utilizzando la regola di De LHopital:
_
1
0
xJ

(
1
x)
2
dx = lim

1
J

(
2
)J

(
1
)
2
J

(
1
)J

(
2
)

2
2

2
1
=
1
2
[J

(
1
)]
2

1
2
1
J

(
1
) [J

(
1
) +
1
J

(
1
)]
=
1
2
[J

(
1
)]
2
+
1
2
J

(
1
)
2
_
1

2

2
1
_
.
Abbiamo dimostrato la (IV.49) per
1
=
2
. La dimostrazione per
1
=
2
`e analoga. 2
0 2 4 6 8 10
0.5
0
0.5
1
x
0 2 4 6 8 10
2
1.5
1
0.5
0
0.5
1
x
Figura IV.2: Panello sinistro: le funzioni di Bessel J

(x), = 0, 1, 2, 3.
Panello destro: le funzioni di Neumann Y

(x), = 0, 1, 2, 3.
d. Relazioni di ricorrenza. Sono valide le seguenti relazioni di ricorren-
za:
J

(x) = J
1
(x)

x
J

(x) = J
+1
(x) +

x
J

(x). (IV.52)
Infatti, la prima formula (IV.52) segue dalla (IV.41):
J

(x) J
1
(x)
=

k=0
_
(1)
k
(2k +)
2(k + + 1)(k + 1)
_
x
2
_
2k+1

(1)
k
(k +)(k + 1)
_
x
2
_
2k+1
_
=

k=0
(1)
k
(k + + 1)(k + 1)
_
x
2
_
2k+
=

x
J

(x).
82
Nello stesso modo si ottiene
J

(x) +J
+1
(x)
=

k=0
_
(1)
k
(2k +)
2(k + + 1)(k + 1)
_
x
2
_
2k+1
+
(1)
k
(k +)(k + 1)
_
x
2
_
2k++1
_
=

2( + 1)
_
x
2
_
1

l=0
_
(1)
l
(2l + + 2)
2(l + + 2)(l + 2)

(1)
l
(l + + 2)(l + 1)
_
_
x
2
_
2l++1
=

2( + 1)
_
x
2
_
1

l=0
(1)
l
(l + + 2)(l + 2)
_
x
2
_
2l++1
=

x
J

(x).
Le formule (IV.52) si possono riscrivere nella forma
d
dx
[x

(x)] = x

J
1
(x),
d
dx
_
x

(x)

= x

J
+1
(x).
In particolare per = 0 si trova
J

0
(x) = J
1
(x).
Inne, sottraendo le formule (IV.52), si ottiene ancora una relazione di ricor-
renza:
J
+1
(x)
2
x
J

(x) +J
1
(x) = 0.
Per motivi di linearit`a le funzioni di Bessel di seconda specie soddisfano
alle stesse formule di ricorrenza. In particolare
Y

(x) = Y
1
(x)

x
Y

(x) = Y
+1
(x) +

x
Y

(x);
d
dx
[x

(x)] = x

Y
1
(x),
d
dx
_
x

(x)

= x

Y
+1
(x);
Y

0
(x) = Y
1
(x);
Y
+1
(x)
2
x
Y

(x) +Y
1
(x) = 0.
e. Zeri delle funzioni di Bessel. Dimostriamo ora le seguenti propriet`a
degli zeri dellequazione (IV.48) per > 1. Per = 0 questequazione
denisce gli zeri delle funzioni di Bessel.
83
Teorema IV.15 Gli zeri dellequazione (IV.48) per > 1 sono reali, sem-
plici, ad eccezione, forse, dello 0; gli zeri sono simmetricamente disposte ri-
spetto allorigine e non hanno punti di accumulazione.
Dimostrazione. Dalla (IV.41), in virt` u del fatto che , e () sono reali,
per reali, si ottiene J

(x) = J

(x). Quindi
J

() +J

() = J

() +J

().
Per questa ragione, se `e uno zero dellequazione (IV.48), `e ancheesso uno
suo zero. Se
2
,=
2
, applicando la formula (IV.49) per
1
= e
2
= , si
arriva ad una contraddizione:
0 =
_
1
0
xJ

(x)J

(x) dx =
_
1
0
x[J

(x)[
2
dx.
Ci`o signica che
2
=
2
, cio`e `e un numero reale o immaginario. Ma questul-
timo caso non ha luogo, poich`e, in virt` u della (IV.41) e del fatto che () > 0
per > 0, si ha per 0 ,= a R
J

(ia) +i aJ

(ia) =
_
ia
2
_

k=0
+(2k +)
(k + + 1)(k + 1)
_
a
2
_
2k
,= 0.
Siccome

[J

() +J

()] `e una funzione analitica di in tutto il piano


complesso, i suoi zeri non si possono accumulare ad un punto nito.
Dimostriamo ora la semplicit`a degli zeri. Sia
0
> 0 uno zero della (IV.48)
di moltiplicit`a 2, in modo che
_
_
_
J

(
0
) +
0
J

(
0
) = 0,
J

(
0
) +J

(
0
) +
0
J

(
0
) =
_

0
_
J

(
0
) +J

(
0
) = 0,
(IV.53)
in virt` u dellequazione (IV.39). Dalla (IV.53) [che `e un sistema di equazioni
lineari per J

(
0
) e J

(
0
)] concludiamo che a) J

(
0
) = J

(
0
) = 0, oppure
b)
2
+
2
(
2
0

2
) = 0. Il caso a) `e impossibile grazie al teorema sullunicit`a
della soluzione della (IV.39), poich`e
0
> 0 non `e un punto singolare dellequa-
zione (IV.39). Dimostriamo che `e anche impossibile il caso b). Per realizzare
il caso b) ci vuole > 0 e (/) =
_

2
0
, dove 0 <
0
[[. Sostituendo
questequazione nella (IV.53) si ottiene
[J

(
0
)]
2
=
_

2
0
1
_
J

(
0
)
2
,
84
il che, in virt` u della (IV.49), porta alluguaglianza contraddittoria
_
1
0
xJ

(
0
x)
2
dx =
1
2
_
[J

(
0
)]
2
+
_
1

2

2
0
_
J

(
0
)
2
_
= 0.
Il teorema `e stato dimostrato. 2
In base al teorema dimostrato si possono enumerare gli zeri dellequazione
(IV.48), disponendoli in ordine crescente:
0 <
()
1
<
()
2
<
()
3
< .
Se > 0, J

(x) si annulla per x = 0.


Senza dimostrazione poniamo lespressione asintotica per la funzione J

(x):
J

(x) =
_
2
x
cos
_
x

2


4
_
+O(x
3/2
), x +. (IV.54)
Ne segue la formula approssimativa per gli zeri di J

(x):

()
k

3
4
+

2
+k, k +.
f. Altre funzioni cilindriche. Insieme con le funzioni di Bessel J

(x),
sono importanti per le applicazioni altri tipi di funzioni cilindriche. Queste
funzioni sono le seguenti:
1. Le funzioni di Neumann o le funzioni di Bessel di seconda specie
Y

(x) =
_

_
J

(x) cos() J

(x)
sin()
, / Z
1

_
J

(x)

(1)
n
J

(x)

_
=n
, = n = 0, 1, 2,
(1)
n
Y
n
(x), = n = 1, 2, .
Spesso si vede la notazione N

(x) invece di Y

(x).
2. Le funzioni di Hankel di prima specie
H
(1)

(x) = J

(x) +i Y

(x)
e le funzioni di Hankel di seconda specie
H
(2)

(x) = J

(x) i Y

(x).
85
3. Le funzioni di Bessel di argomento immaginario
I

(x) = e
i/2
J

(ix), K

(x) =
i
2
e
i/2
H
(1)

(ix).
Le funzioni I

(x) si chiamano funzioni di Bessel modicate di prima


specie (modied Bessel functions of the rst kind), mentre le funzioni
K

(x) si chiamano funzioni di MacDonald.


5
Utilizzando lespressione asintotica (IV.54) per J

(x), si ottiene per x


+
H
(1)

(x) =
_
2
x
e
i

2


4
!
+O(x
3/2
), (IV.55)
H
(2)

(x) =
_
2
x
e
i

2


4
!
+O(x
3/2
), (IV.56)
Y

(x) =
_
2
x
sin
_
x

2


4
_
+O(x
3/2
), (IV.57)
I

(x) =
e
x

2x
_
1 +O(x
1
)

, (IV.58)
K

(x) =
_

2x
e
x
_
1 +O(x
1
)

. (IV.59)
Analogamente, utilizzando la (IV.45), si ottiene per x 0
+
_

_
H
(1)
0
(x)
2i

ln
1
x
, H
(2)
0
(x)
2i

ln
1
x
,
Y
0
(x)
2

ln
1
x
, K
0
(x) ln
1
x
.
Troviamo ora le equazioni dierenziali per le funzioni I

(x) e K

(x). So-
stituendo x ix nella (IV.39), otteniamo lequazione dierenziale
x
2
u

+xu

(x
2
+
2
)u = 0. (IV.60)
Dal Teorema IV.15 segue che per > 1 le funzioni di Bessel immaginarie
I

(x) e le loro derivate prime non hanno zeri reali (con leccezione di x = 0 se
> 0).
5
La nomenclatura non `e uniforme. Nella letteratura ci sono diversi nomi e notazioni per
queste funzioni.
86
4 Funzioni sferiche
Consideriamo adesso una classe di funzioni speciali molto importante per la
sica matematica.
4.1 Funzioni sferiche
Si dice funzione sferica di ordine l = 0, 1, 2, ogni polinomio armonico
6
omogeneo di grado l considerato sulla sfera unitaria S
n1
R
n
. Dunque, tra
le funzioni sferiche Y
l
(s), s S
n1
, di ordine l ed i polinomi armonici omogenei
u
l
(x), x R
n
, lidentit`a
Y
l
(s) = u
l
_
x
[x[
_
=
u
l
(x)
[x[
l
, s =
x
[x[
, (IV.61)
dove u
l
= 0, stabilisce una corrispondenza biunivoca.
Le funzioni sferiche Y
l
e Y
l
, di ordini diversi sono ortogonali in L
2
(S
n1
),
cio`e
(Y
l
, Y
l
) =
_
S
n1
Y
l
(s)Y
l
(s) ds = 0, l ,= l

.
Infatti, applicando per la sfera la formula di Green ai polinomi armonici
u
l
(x) = [x[
l
Y
l
_
x
[x[
_
, u
l
(x) = [x[
l

Y
l

_
x
[x[
_
,
si ottiene
0 =
_
R
n
_
[x[
l

Y
l

_
[x[
l
Y
l
_
[x[
l
Y
l

_
[x[
l

Y
l

__
dx
=
_
S
n1
_
[x[
l

Y
l

([x[
l
Y
l
)
n
[x[
l
Y
l
([x[
l

Y
l
)
n
_
ds
=
_
S
n1
_
Y
l

(r
l
Y
l
)
r
Y
l
(r
l

Y
l
)
r
_
ds = (l l

)
_
S
n1
Y
l
(s)Y
l
(s) ds,
come volevasi dimostrare.
Consideriamo ora le funzioni sferiche sulla circonferenza S
1
(n = 2). In
coordinate polari abbiamo
u
l
(x) = r
l
Y
l
(), x = (r cos , rsen ),
dove u
l
= 0. Risulta lequazione dierenziale
Y

l
() +l
2
Y
l
() = 0,
6
Una funzione v = v(x
1
, . . . , x
n
) di classe C
2
si dice armonica se v =

n
j=1

2
v
x
2
j
= 0.
87
da cui seguono le funzioni trigonometriche
Y
l
() =
_
costante, l = 0
c
1
cos(l) +c
2
sen (l), l = 1, 2, 3, .
Consideriamo ora le funzioni sferiche sulla sfera S
2
(n = 3). In coordinate
sferiche abbiamo per y
l
(x) = r
l
Y
l
(, )
1
sen

_
1
sen
Y
l

_
+
1
sen
2

2
Y
l

2
+l(l + 1)Y
l
(, ) = 0, (IV.62)
dove [0, 2], [0, ] e l = 0, 1, 2, . Cerchiamo le soluzioni della
(IV.62) in C

(S
2
). Introduciamo prima = cos e scriviamo (IV.62) nella
forma
1
1
2

2
Y
l

2
+

_
(1
2
)
Y
l

_
+l(l + 1)Y
l
(, ) = 0. (IV.63)
Applicando la separazione delle variabili
Y
l
(, ) = T()(),
otteniamo
() =
_
costante, m = 0
c
1
cos m +c
2
sen m, m = 1, 2, 3, ,
dove abbiamo sfruttato la periodicit`a della (): ( + 2) (). Dunque

() = m
2
(). Risulta lequazione dierenziale
d
d
_
(1
2
)
dT
d
_
+
_
l(l + 1)
m
2
1
2
_
T() = 0. (IV.64)
Questequazione si pu`o scrivere nella forma

_
(1
2
)T

+
m
2
1
2
T = l(l + 1)T.
Le soluzioni di questequazione nei punti 1 debbono assumere valori niti.
4.2 Polinomi di Legendre
I polinomi di Legendre P
l
() si possono denire nei seguenti modi:
88
1. tramite la formula generatrice
1
_
1 2h +h
2
=

l=0
P
l
()h
l
, [h[ < 1,
2. tramite lequazione dierenziale,
[(1 x
2
)P

l
]

(x) = l(l + 1)P


l
(x), 1 < x < +1; P
l
(1) = 1,
3. tramite lortogonalit`a: P
l
() sono i polinomi in di grado l con coe-
ciente principale positivo tali che
_
1
1
P
l
()P
l
() d =
ll

2
2l + 1
,
4. tramite la formula di Rodrigues
P
l
() =
1
2
l
l!
_
d
d
_
l
(
2
1)
l
,
5. tramite la formula di ricorrenza
(2l + 1)P
l
() = (l + 1)P
l+1
() +lP
l1
(), P
0
() = 1, P
1
() = .
Noi dimostriamo lequivalenza tra queste denizioni.
4 2. Consideriamo lequazione dierenziale
[(1 x
2
)u

(x) = u(x), 1 < x < +1, (IV.65)


sotto le condizioni iniziali che i limiti di u(x) per x 1 esistano niti.
Questo problema al contorno ha soluzioni polinomiali per = l(l + 1) dove
l = 0, 1, 2, . Verichiamo se i polinomi
P
l
(x) =
1
2
l
l!
_
d
dx
_
l
(x
2
1)
l
, l = 0, 1, 2, , (IV.66)
soddisfano la (IV.65) per = l(l + 1). Questi polinomi (di grado l) sono
detti polinomi di Legendre e la (IV.66) si dice formula di Rodrigues. Infatti,
7
ponendo W
l
(x) = (x
2
1)
l
e derivando lidentit`a
(x
2
1)W

l
(x) 2l xW
l
(x) = 0
7
Vale la formula di Leibnitz (fg)
(m)
=

m
j=0
_
m
j
_
f
(j)
g
(mj)
. Quindi (xf)
(m)
= xf
(m)
+
mf
(m1)
e ((x
2
1)f)
(m)
= (x
2
1)f
(m)
+ 2mxf
(m1)
+m(m1)f
(m2)
.
89
1 0.5 0 0.5 1
1
0.5
0
0.5
1
x
Figura IV.3: I polinomi di Legendre di grado 1, 2, 3 e 4. Si osservi che il
numero degli zeri `e uguale al grado del polinomio.
l + 1 volte, si ottiene
(x
2
1)W
(l+2)
l
(x) + 2xW
(l+1)
l
(x) l(l + 1)W
(l)
l
(x) = 0.
Dunque la funzione W
(l)
l
(x) = 2
l
(l!)P
l
(x) soddisfa lequazione (IV.65). Inoltre,
P
l
(x) =
1
2
l
l!
l

s=0
_
l
s
___
d
dx
_
s
(x 1)
l
_
_
_
d
dx
_
ls
(x + 1)
l
_
=
1
2
l
l!
l

s=0
_
l!
(l s)!
(x 1)
ls
__
l!
s!
(x + 1)
s
_
,
il quale implica che P
l
(1) = 1 e P
l
(1) = (1)
l
.
2 4. Sostituendo u(x) = P
l
(x)z(x) e w(x) = z

(x) nella (IV.65) con


= l(l + 1), otteniamo lequazione separabile
w

(x)
w(x)
= 2
P

l
(x)
P
l
(x)
+
2x
1 x
2
,
implicando che
y(x) = c
1
P
l
(x) +c
2
P
l
(x)
_
x
0
dt
(1 t
2
)P
l
(t)
2
.
Lintegrale nellultima espessione `e divergente in x = 1 (poich`e P
l
(1)
2
= 1].
Quindi P
l
(x) `e lunica soluzione dellequazione dierenziale (IV.65) con =
90
l(l + 1) che soddisfa P
l
(1) = 1. Siccome la formula di Rodrigues rappresenta
una tale soluzione, si ottiene questa formula dalla propriet`a 2.
(2 + 4) 3. Si dimostra facilmente che i polinomi di Legendre sono orto-
gonali nello spazio L
2
(1, 1). Infatti, utilizzando la (IV.65) si ha
[l(l + 1) k(k + 1)]
_
1
1
P
l
(x)P
k
(x) dx
=
_
1
1
_
P
l
(k)
_
(1 x
2
)P

P
k
(x)
_
(1 x
2
)P

_
dx
=
_
1
1
_
P

l
(k)(1 x
2
)P

k
(x) P

k
(x)(1 x
2
)P

l
(x)

dx = 0,
dopo unintegrazione per parti. Quindi (P
l
, P
k
) =
_
1
1
P
l
(x)P
k
(x) dx = 0 se
l ,= k. Per trovare il fattore di normalizzazione, calcoliamo (P
l
, P
l
) tramite l
integrazioni per parti consecutive. Otteniamo
(P
l
, P
l
) =
1
2
l
l!
_
1
1
P
l
(x)
_
d
dx
_
l
(x
2
1)
l
=
1
2
l
l!
_
_
_
_
P
l
(x)
_
d
dx
_
l1
(x
2
1)
l
_
1
1

_
1
1
P

l
(x)
_
d
dx
_
l1
(x
2
1)
l
dx
_
_
_
=
1
2
l
l!
_

_
l

k=1
_

_
(1)
k1
P
(k1)
l
(x)
_
d
dx
_
lk
(x
2
1)
l
. .
contiene il fattore (x
2
1)
k
_

_
1
1
+ (1)
l
_
1
1
P
(l)
l
(x)
. .
costante
(x
2
1)
l
dx
_
_
_
=
1
2
l
l!
P
(l)
l
_
1
1
(1 x
2
)
l
dx.
Purtroppo,
P
(l)
l
(x) =
1
2
l
l!
_
d
dx
_
2l
(x
2
1)
l
=
1
2
l
l!
_
d
dx
_
2l
x
2l
=
(2l)!
2
l
l!
.
Applicando la formula di ricorrenza (I
l1
/I
l
) = 1 + (1/2l) and I
0
= 2 per
lintegrale I
l
=
_
1
1
(1 x
2
)
l
dx per arrivare allespressione I
l
= 2
l+1
l!/(2l +1)!!
[essendo (2l + 1)!! = 1.3.5. . . . .(2l 1)(2l + 1)], si ottiene inne
(P
l
, P
l
) =
1
2
l
l!
(2l)!
2
l
l!
2
l+1
l
(2l + 1)!!
=
2
2l + 1
.
91
(3 + 4) 5. Per trovare una formula di ricorrenza per i polinomi di Le-
gendre calcoliamo prima il prodotto scalare (P
l+1
, xP
l
). Infatti, dopo l + 1
integrazioni per parti consecutive e utilizzando (xf)
(l+1)
= xf
(l+1)
+(l +1) f
(l)
si ottiene
(P
l+1
, xP
l
) =
1
2
l+1
(l + 1)!
_
1
1
xP
l
(x)
_
d
dx
_
l+1
(x
2
1)
l+1
dx
=
1
2
l+1
(l + 1)!
_

_
l+1

k=1
_

_
(1)
k1
(xP
l
)
(k1)
(x)
_
d
dx
_
l+1k
(x
2
1)
l+1
. .
contiene il fattore (x
2
1)
k
_

_
1
1
+ (1)
l+1
_
1
1
(xP
l+1
)
(l+1)
(x)
. .
costante
(x
2
1)
l+1
dx
_
_
_
=
1
2
l+1
(l + 1)!
(xP
l
)
(l+1)
(x)I
l+1
,
dove
(xP
l
)
(l+1)
=
l + 1
2
l
l!
_
d
dx
_
2l
(x
2
1)
l
=
(l + 1) (2l)!
2
l
l!
.
Dunque,
(P
l+1
, xP
l
) =
1
2
l+1
(l + 1)!
(l + 1) (2l)!
2
l
l!
2
l+2
(l + 1)!
(2l + 3)!!
=
2(l + 1)
(2l + 1)(2l + 3)
.
Siccome i polinomi di Legendre sono ortogonali, essi sono linearmente indipen-
denti. Dunque
(2l + 1)xP
l
(x) =

j=0
a
j
P
j
(x),
dove a
j
= 0 per j > l + 1 [poich`e xP
l
(x) ha grado l + 1]. Risultano (2l +
1)(xP
l
, P
j
) = (2l + 1)(P
l
, xP
j
) = 0 per l < j 1 [poich`e xP
j
(x) ha grado < l]
e (2l + 1)(xP
l
, P
l
) = 0 [poich`e xP
l
(x)
2
`e una funzione dispari]. Quindi
(2l + 1)xP
l
(x) = a
l+1
P
l+1
(x) +a
l1
P
l1
(x).
Inne troviamo
(2l + 1)(xP
l
, P
l+1
) = a
l+1
(P
l+1
, P
l+1
) = a
l+1
(2/(2l + 3));
(2l + 1)(xP
l1
, P
l
) = a
l1
(P
l1
, P
l1
) = a
l1
(2/(2l 1)).
92
Quindi a
l+1
= l + 1 e a
l1
= l. Risulta la formula di ricorrenza
(2l + 1)xP
l
(x) = (l + 1)P
l+1
(x) +l P
l1
(x), P
0
(x) = 1, P
1
(x) = x.
(IV.67)
Per induzione matematica si dimostrano facilmente
P
l
(1) = 1, P
l
(1) = (1)
l
, P
l
(x) = (1)
l
P
l
(x);
1 P
l
(x) +1, 1 x +1. (IV.68)
5 1. Dimostriamo ora la formula generatrice

l=0
P
l
(x)h
l
=
1

1 2xh +h
2
, [h[ < 1. (IV.69)
Infatti, scriviamo F(x, h) per la parte a sinistra della (IV.69). Per [h[ < 1 `e
permessa la derivazione termine a termine rispetto ad h, grazie alla (IV.68).
Si trovano facilmente le seguenti espressioni:

l=0
(2l + 1)xP
l
(x)h
l
= xF(x, h) + 2xh

l=0
l P
l
(x)h
l1
= xF(x, h) + 2xh
F
h
;

l=0
(l + 1)P
l+1
(x)h
l
=

l=1
l P
l
(x)h
l1
=

l=0
l P
l
(x)h
l1
=
F
h
;

l=1
l P
l1
(x)h
l
= h
2

l=1
(l 1)P
l1
(x)h
l2
+h

l=1
P
l1
(x)h
l1
= h
2
F
h
+hF(x, h).
Applicando la (IV.67) si ha
xF(x, h) = (1 2xh +h
2
)
F
h
+hF(x, h),
dove F(x, 0) = P
0
(x) = 1. Oppure:
F/h
F(x, h)
=
x h
1 2xh +h
2
, F(x, 0) = 1.
La soluzione unica di questo problema di Cauchy `e la funzione F(x, h) data
dalla parte a destra della (IV.69).
93
1 2. Scrivendo F(x, h) per la parte a destra nella (IV.69) risulta (dopo
alcuni calcoli)

x
_
(1 x
2
)
F
x
_
= h
_

h
_
2
(hF(x, h)) .
In altre parole,

x
_
(1 x
2
)

x

l=0
P
l
(x)h
l
_
=

l=0
l(l + 1)P
l
(x)h
l
.
Ci`o implica lequazione dierenziale. Inne, sostituendo x = 1 nella (IV.69) si
ha

l=0
P
l
(1)h
l
=
1
_
(1 h)
2
=
1
1 h
,
implicando P
l
(1) = 1.
4.3 Funzioni di Legendre associate
Sostituiamo T() = (1
2
)
m/2
z() nella (IV.64). Risulta
(1
2
)z

() 2(m+ 1)z

() + (l m)(l +m + 1)z() = 0. (IV.70)


Moltiplicando la (IV.70) per (1
2
)
m
, otteniamo per T = T
l
_
(1
2
)
m+1
T

= (l m)(l +m+ 1)(1


2
)
m
T
l
. (IV.71)
Per m = 0 risulta lequazione dierenziale per il polinomio di Legendre di
grado l:
(1
2
)P

l
() 2P

l
() +l(l + 1)P
l
() = 0.
Calcolando la derivata m-esima z = P
(m)
l
di questequazione otteniamo
(1
2
)z

() 2(m+ 1)z

() + (l m)(l +m + 1)z() = 0.
Quindi le funzioni (d/d)
m
P
l
() sono soluzioni della (IV.70). Moltiplicando
la (IV.71) per P
l
() e la (IV.71) con l

invece di l per P
l
() e sottraendo,
otteniamo
[(l l

)(l +l

+ 1)] (1
2
)
m
T
l
()T
l
() = T
l
()
_
(1
2
)
m+1
T

T
l
()
_
(1
2
)
m+1
T

.
94
Integrando questequazione tra 1 e +1 e applicando lintegrazione per parti
risulta
[(l l

)(l +l

+ 1)]
_
1
1
(1
2
)
m
T
l
()T
l
() d = 0.
Quindi, se P
l
() sono i polinomi di Legendre, i polinomi (d/d)
m
P
l+m
() (l =
0, 1, 2, ) costituiscono un sistema di polinomi ortogonali (di grado l) rispetto
al peso w() = (1
2
)
m
.
Troviamo ora la costante di normalizzazione. Si ha
_
1
1
(1
2
)
m
P
(m)
l
()P
(m)
l

() d
=
_
(1
2
)
m
P
(m)
l
()P
(m1)
l

()
_
1
1

_
1
1
P
(m1)
l

()
_
(1
2
)
m
P
(m)
l
()
_

d
= (l m1)(l +m)
_
1
1
(1
2
)
m1
P
(m1)
l
()P
(m1)
l

() d
= (l +m)(l m + 1)(l +m1)(l m + 2)

_
1
1
(1
2
)
m2
P
(m2)
l
()P
(m2)
l

() d
=
(l +m)!
(l m)!
_
1
1
P
l
()P
l
() d =
2
2l + 1
(l +m)!
(l m)!

l.l
.
Quindi
_
2(l +m) + 1
2
l!
(l + 2m)!
_
1/2
_
d
d
_
m
P
l+m
(), l = 0, 1, 2, ,
`e il sistema ortonormale dei polinomi rispetto al peso (1
2
)
m
[con coeciente
di
l
positivo].
4.4 Le funzioni sferiche per n = 3: Completezza
Nella letteratura ci sono diverse normalizzazioni delle funzioni sferiche in R
3
.
Qui ne scegliamo una. Poniamo
Y
m
l
(, ) =
_
P
m
l
(cos )(sen )
m
cos(m), m = 0, 1, , l;
P
|m|
l
(cos )(sen )
|m|
sen ([m[), m = 1, 2, , l,
dove l = 0, 1, 2, . Le funzioni sferiche Y
m
l
(m = 0, 1, , l) di ordine l
sono linearmente indipendenti e le loro combinazioni lineari
Y
l
(s) =
l

m=l
a
(m)
l
Y
m
l
(s)
95
a coecienti arbitrari a
(m)
l
sono anchesse funzioni sferiche di ordine l.
Le funzioni sferiche Y
m
l
formano un sistema ortogonale e completo in
L
2
(S
2
), ed inoltre
|Y
m
l
|
2
L
2
(S
2
)
= 2
1 +
0,m
2l + 1
(l +[m[)!
l [m[)!
.
Infatti,
|Y
m
l
|
2
=
_

0
_
2
0
[Y
m
l
(, )[
2
d d
=
_
1
1
P
|m|
l
()
2
(1
2
)
m
d
_
2
0
_
cos
2
m
sen
2
m
_
d = 2
1 +
0,m
2l + 1
l +[m[)!
(l [m[)!
.
La completezza di un sistema ortogonale di funzioni sferiche Y
m
l
signica
che ogni funzione f appartenente a L
2
(S
2
) pu`o essere sviluppata in serie di
Fourier di queste funzioni:
f(s) =

l=0
l

m=l
a
(m)
l
Y
m
l
(s) =

l=0
Y
l
(s),
convergente in L
2
(S
2
). I coecienti a
(m)
l
sono calcolati mediante la formula
a
(m)
l
=
2l + 1
2(1 +
0,m
)
(l [m[)!
(l +[m[)!
_

0
_
2
0
f(, )Y
m
l
(, )sen d d.
Le funzioni sferiche Y
m
l
, m = 0, 1, , l, sono autofunzioni del cosid-
detto operatore di Beltrami,

1
sen

_
sen

1
sen
2

2
,
che corrisponde allautovalore = l(l + 1) di moltiplicit`a 2l + 1.
5 Polinomi di Hermite
Lequazione di Laplace in coordinate parabolico-cilindriche (u, v, z) (anche
dette coordinate paraboliche) ha la forma (I.48). Sostituendo
(u, v, z) = U(u)V (v)Z(z)
otteniamo
1
c
2
(u
2
+v
2
)
_
U

(u)
U(u)
+
V

(v)
V (v)
_
+
Z

(z)
Z(z)
= 0.
96
Se richiediamo che Z(z) sia limitata, risulta
1
c
2
(u
2
+v
2
)
_
U

(u)
U(u)
+
V

(v)
V (v)
_
=
Z

(z)
Z(z)
=
2
,
dove 0 `e una costante. Dunque
U

(u) + (
2
c
2
u
2
)U(u) = 0,
V

(v) ( +
2
c
2
v
2
)V (v) = 0,
dove `e unaltra costante. Introducendo le variabili = u

c e = v

c,
dove R e 0, e ponendo = (2 + 1)c otteniamo
U

() + (2 + 1
2
)U() = 0,
V

() (2 + 1 +
2
)V () = 0.
Studiamo ora lequazione
u

+ (2 + 1 z
2
)u = 0, (IV.72)
dove u, z e non hanno pi` u lo stesso signicato come prima. Sostituendo
u = e
z
2
/2
v, (IV.73)
risulta lequazione
v

2zv

+ 2v = 0. (IV.74)
Per = 0, 1, 2, . . . la (IV.74) si dice equazione dierenziale di Hermite. Le
soluzioni della (IV.72) si dicono funzioni parabolico-cilindriche.
Sostituendo v(z) =

l=0
c
l
z
l
nella (IV.74) si trova la seguente espressione
per il coeciente di z
l
:
(l + 2)(l + 1)c
l+2
+ 2( l)c
l
= 0. (IV.75)
La (IV.75) `e una relazione di ricorrenza che ci consente a calcolare tutti i
coecienti c
l
dai coecienti c
0
= v(0) e c
1
= v

(0). Si vede facilmente che


esistono soluzioni polinomiali se e solo se = n = 0, 1, 2, . . .. Tali soluzioni
hanno la propriet`a v(z) = (1)
n
v(z) e hanno il grado n (cio`e, c
n+2
= c
n+4
=
c
n+6
= . . . = 0).
Deniamo ora
H
n
(z) = (1)
n
e
z
2
_
d
dz
_
n
e
z
2
. (IV.76)
97
Allora H
n
(z) `e un polinomio di grado n, ha il coeciente principale positivo e
soddisfa H
n
(z) = (1)
n
H
n
(z). Derivando lequazione w

+ 2zw = 0 (che ha
la soluzione w e
z
2
) n + 1 volte e ponendo u = w
(n)
risulta
u

+ 2zu

+ 2(n + 1)u = 0.
Poi si sostituisca u = e
z
2
v. Inne risulta lequazione (IV.74) per = n:
v

2zv

+ 2nv = 0. (IV.77)
In altre parole, il polinomio di Hermite H
n
(z) soddisfa lequazione dierenziale
di Hermite (IV.77). La (IV.76) si dice formula di Rodrigues.
Scriviamo ora la (IV.74) nella forma
(e
z
2
v

= 2ne
z
2
v.
Allora
2(n m)H
n
(z)H
m
(z)e
z
2
= (e
z
2
H

m
)

H
n
(z) (e
z
2
H

n
)

H
m
(z).
Calcolando lintegrale rispetto a z si ottiene
2(n m)
_

H
n
(z)H
m
(z)e
z
2
dz =
_
e
z
2
(H

m
(z)H
n
(z) H

n
(z)H
m
(z))
_

z=

_
e
z
2
H

m
(z)H

n
(z) e
z
2
H

n
(z)H

m
(z)
_
dz = 0.
Quindi i polinomi di Hermite formano un sistema ortogonale nello spazio di
Hilbert L
2
(R; e
z
2
dz). Per calcolare la costante di normalizzazione si applichi-
no la formula di Rodrigues (IV.76) e n integrazioni per parti, risultando nella
seguente successione di passaggi:
_

H
n
(z)
2
e
z
2
dz =
n

j=1
(1)
nj+1
_
H
(j1)
n
(z)
_
d
dz
_
nj
e
z
2

z=
+
_

__
d
dz
_
n
H
n
(z)
_
e
z
2
dz
=
_
p(z)e
z
2
_

z=
+c
n
n!
_

e
z
2
dz = c
n
n!

,
dove p(z) `e un polinomio e c
n
`e il coeciente principale di H
n
(z) (cio`e, H
n
(z) =
c
n
z
n
+. . .). Calcoliamo ora i coecienti c
n
. Derivando la formula di Rodrigues
(IV.76) si arriva allidentit`a
H

n
(z) = 2zH
n
(z) H
n+1
(z). (IV.78)
98
Confrontando i coecienti di z
n+1
nella (IV.78) otteniamo 0 = 2c
n
c
n+1
,
mentre c
0
= 1. Quindi c
n
= 2
n
. Inne si arriva alla seguente formula di
ortogonalit`a:
_

H
n
(z)H
m
(z)e
z
2
dz = 2
n
(n!)


n,m
, (IV.79)
dove
n,m
`e la delta di Kronecker.
Derivando la (IV.77) rispetto a z e scrivendo il risultato come unequazione
dierenziale per v

si ottiene
(v

2z(v

+ 2(n 1)(v

) = 0.
Dunque H

n
(z) e H
n1
(z) sono soluzioni della stessa equazione dierenziale che
ha soltanto una singola soluzione polinomiale linearmente indipendente. Di
conseguenza, H

n
(z) = cost.H
n1
(z). Siccome H
n
(z) = 2
n
z
n
+. . . e H
n1
(z) =
2
n1
z
n1
+. . ., risulta n2
n
= cost.2
n1
e quindi cost. = 2n. In altre parole,
H

n
(z) = 2nH
n1
(z). (IV.80)
Dalle equazioni (IV.78) e (IV.80) arriviamo alla formula di ricorrenza
2zH
n
(z) = H
n+1
(z) + 2nH
n1
(z), (IV.81)
dove H
0
(z) = 1 e H
1
(z) = 2z. In Fig. IV.4 abbiamo tracciato alcuni graci
dei polinomi di Hermite.
Dimostriamo ora la formula generatrice
e
2ztt
2
=

n=0
H
n
(z)
n!
t
n
, t C. (IV.82)
Infatti, ponendo F(z, t) = e
2ztt
2
e scrivendo
F(z, t) =

n=0
h
n
(z)
n!
t
n
(IV.83)
per opportuni coeenti h
n
(z), risultano
F
z
= 2tF(z, t)
e [poich`e?]

n=0
h

n
(z)
n!
t
n
=

n=1
2h
n1
(z)
(n 1)!
t
n
.
99
2 1 0 1 2
40
20
0
20
40
60
80
x
Figura IV.4: I polinomi di Hermite di grado 1, 2, 3 e 4. Osserviamo che il
numero degli zeri `e uguale al grado del polinomio.
Quindi h
n
(z) `e un polinomio in z di grado n e
h

n
(z) = 2nh
n1
(z). (IV.84)
Dalla (IV.83) risulta che h
n
(0) coincide con la derivata n-esima di e
t
2
per
t = 0, cio`e con 0 se n `e dispari, e con (1)
n/2
(n!)/(n/2)! se n `e pari. Dalla
formula di Rodrigues (IV.76) si vede facilmente che H
n
(0) = h
n
(0) per n =
0, 1, 2, . . .. Utilizzando le espressioni (IV.80) e (IV.84) arriviamo alla identit`a
H
n
(z) = h
n
(z) e quindi alla formula generatrice (IV.82).
6 Polinomi di Laguerre
I polinomi di Laguerre si deniscono tramite la seguente formula di Rodrigues:
L
()
n
(x) =
x

e
x
n!
_
d
dx
_
n
x
n+
e
x
. (IV.85)
Si dimostra facilmente che la (IV.85) rappresenta un polinomio di grado n per
ogni R. La regola di Leibnitz ci d`a subito la rappresentazione L
()
n
(x) =
(1)
n
(x
n
/n!) +. . .. Ci limitiamo al caso > 1.
La funzione w(x) = x
n+
e
x
soddisfa lequazione dierenziale
xw

+ (x n )w = 0. (IV.86)
100
Derivando la (IV.86) n + 1 volte e ponendo u = w
(n)
si arriva allequazione
dierenziale
xu

+ (x + 1 )u

+ (n + 1)u = 0.
Sostituendo u = x

e
x
v in questultima equazione si ottiene la seguente equa-
zione dierenziale di Laguerre:
xv

+ ( + 1 x)v

+nv = 0. (IV.87)
Di conseguenza, L
()
n
(x) `e una soluzione dellequazione (IV.87).
Consideriamo ora lequazione dierenziale
xv

+ ( + 1 x)v

+v = 0. (IV.88)
Sostituendo v(x) =

l=0
c
l
x
l
si trova la seguente espressione per il coeciente
di x
l
:
(l + 1)(l + + 1)c
l+1
+ ( l)c
l
= 0.
Quindi abbiamo trovato la formula di ricorrenza
c
l+1
c
l
=
l
(l + 1)(l + + 1)
, (IV.89)
che ci consente a calcolare tutti i coeenti c
l
dal coeciente iniziale c
0
= v(0);
bisogna richiedere > 1 per garantire la positivit`a del denominatore nella
parte a destra della (IV.89). Risulta una soluzione polinomiale di grado n =
0, 1, 2, . . . se e solo se = n.
Scrivendo la (IV.87) nella forma
_
x
+1
e
x
v

+nx

e
x
v = 0, (IV.90)
otteniamo
(nm)x

e
x
L
()
n
(x)L
()
m
(x)=L
()
n
(x)
_
x
+1
e
x
L
()
m

L
()
m
(x)
_
x
+1
e
x
L
()
n

.
Calcolando lintegrale sullintervallo (0, ) [dove lipotesi > 1 serve per la
convergenza dellintegrale] si ottiene
(n m)
_

0
L
()
n
(x)L
()
m
(x)x

e
x
dx
=
_
L
()
n
(x)x
+1
e
x
L
()
m

(x) L
()
m
(x)x
+1
e
x
L
()
n

(x)
_

x=0

_

0
_
L
()
n

(x)x
+1
e
x
L
()
m

(x) L
()
m

(x)x
+1
e
x
L
()
n

(x)
_
dx = 0,
101
dove abbiamo utilizzato x
+1
0 per x 0
+
. Quindi per > 1 i polinomi
di Laguerre L
()
n
(x)

n=0
formano un sistema ortogonale nello spazio di Hilbert
L
2
(R
+
; x

e
x
dx).
Per calcolare la costante di normalizzazione facciamo i seguenti passaggi:
_

0
L
()
n
(x)
2
x

e
x
dx =
1
(n!)
2
_

0
L
()
n
(x)
_
d
dx
_
n
x
n+
e
x
dx
=
_
1
(n!)
2
n

j=1
(1)
j1
(L
()
n
)
(j1)
(x)
_
d
dx
_
nj
x
n+
e
x

x=0
+
(1)
n
(n!)
2
_

0
__
d
dx
_
n
L
()
n
(x)
_
x
n+
e
x
dx
=
_
1
(n!)
2
n

j=1
(1)
j1
(L
()
n
)
(j1)
(x)x
+j
e
x
L
(+j)
nj
(x)
_

x=0
+
(1)
n
(n!)
2
__
d
dx
_
n
L
()
n
(x)
__

0
x
n+
e
x
dx =
(n + + 1)
n!
,
dove abbiamo fatto n integrazioni per parti, utilizzato la (IV.85) con + j
al posto di , applicato lespressione L
()
n
(x) = (1)
n
(x
n
/n!) +. . . e lidentit`a
(B.1). In altre parole,
_

0
L
()
n
(x)L
()
m
(x)x

e
x
dx =
(n + + 1)
n!

n,m
, (IV.91)
dove
n,m
`e la delta di Kronecker.
Derivando la (IV.87) si ottiene la seguente equazione dierenziale:
x(v

+ ( + 2 x)(v

+ (n 1)(v

) = 0.
Quindi L
()
n

(x) `e proporzionale a L
(+1)
n1
(x). Siccome
L
()
n

(x) =
(1)
n
x
n1
(n 1)!
+. . . , L
(+1)
n1
(x) =
(1)
n1
x
n1
(n 1)!
+. . . ,
risulta per > 1
L
()
n

(x) = L
(+1)
n1
(x). (IV.92)
Lortogonalit`a di L
()
n
(x) a tutti i polinomi di grado minore di n nello spazio
di Hilbert L
2
(R
+
; x

e
x
dx) conduce allidentit`a
xL
()
n
(x) = A
()
n
L
()
n+1
(x) +B
()
n
L
()
n
(x) +C
()
n
L
()
n1
(x), (IV.93)
102
dove n = 1, 2, 3, . . . e A
n
, B
n
e C
n
sono opportune costanti da determinare.
Calcoliamo ora il seguente integrale:
C
()
n
=
_

0
xL
()
n
(x)L
()
n+1
(x) x

e
x
dx
=
1
(n + 1)!
_

0
xL
()
n
(x)
_
d
dx
_
n+1
x
n+1+
e
x
dx
=
_
1
(n + 1)!
n+1

j=1
(1)
j1
(xL
()
n
)
(j1)
(x)
_
d
dx
_
n+1j
x
n+1+
e
x

x=0
+
(1)
n+1
(n + 1)!
_

0
_
_
d
dx
_
n+1
xL
()
n
(x)
_
x
n+1+
e
x
dx
=
_
(1)
n
(n + 1)!
n+1

j=1
(xL
()
n
)
(j1)
(x)(n + 1 j)!x
+j
e
x
L
(+j)
n+1j
(x)
_

x=0
+
(1)
n+1
(n + 1)!
_
_
d
dx
_
n+1
xL
()
n
(x)
_
_

0
x
n+1+
e
x
dx
=
(n + + 2)
n!
,
dove abbiamo utilizzato xL
()
n
(x) = (1)
n
(x
n+1
/n!) + . . .. Poi calcoliamo il
seguente integrale:
D
()
n
=
_

0
xL
()
n
(x)
2
x

e
x
dx
=
1
n!
_

0
xL
()
n
(x)
_
d
dx
_
n
x
n+
e
x
dx
=
_
1
n!
n

j=1
(1)
j1
(xL
()
n
)
(j1)
(x)
_
d
dx
_
nj
x
n+
e
x

x=0
+
(1)
n
n!
_

0
__
d
dx
_
n
xL
()
n
(x)
_
x
n+
e
x
dx
=
_
1
n!
n

j=1
(1)
j1
(xL
()
n
)
(j1)
(x)(1)
nj
(n j)!x
+j
e
x
L
(+j)
nj
(x)
_

x=0
+
(1)
n
n!
_

0
__
d
dx
_
n
xL
()
n
(x)
_
x
n+
e
x
dx
=
(1)
n
n!
_

0
((n + 1)! x n(n +)n!) x
n+
e
x
dx
103
=
(n + 1)(n + + 2) n(n +)(n + + 1)
n!
=
(2n + 1 +)(n + + 1)
n!
,
dove abbiamo utilizzato xL
()
n
(x) = (1)
n
((x
n+1
n(n+)x
n
)/n!)+. . .. Dalla
(IV.93) e le espressioni per C
()
n
e D
()
n
seguono A
()
n
= (n + 1), B
()
n
=
2n + 1 + e C
()
n
= (n +). Dunque risulta la formula di ricorrenza
(2n + 1 + x)L
()
n
(x) = (n + 1)L
()
n+1
(x) + (n +)L
()
n1
(x), (IV.94)
dove L
()
0
(x) = 1 e L
()
1
(x) = 1+x. In Fig. IV.5 abbiamo tracciato i graci
di alcuni polinomi di Laguerre.
0 2 4 6 8 10 12
80
60
40
20
0
20
40
x
0 5 10 15
100
50
0
50
x
Figura IV.5: I polinomi di Laguerre di grado 1, 2, 3 e 4 per = 1 (panello
sinistro) e = 3 (panello destro). Osserviamo che il numero
degli zeri `e uguale al grado del polinomio.
Per dimostrare la validit`a della formula generatrice
(1 t)
(1+)
exp
_

xt
1 t
_
=

n=0
L
()
n
(x)t
n
, [t[ < 1, (IV.95)
partiamo dalla serie di funzioni
F(x, t) = (1 t)
(1+)
exp
_

xt
1 t
_
=

n=0
c
n
(x)t
n
, [t[ < 1, (IV.96)
dove c
n
(x) n! `e la derivata parziale n-esima di F(x, t) rispetto a t per t = 0.
Sostituendo la serie (IV.96) nella equazione
(1 t)
2
F
t
+ [x (1 +)(1 t)] F = 0,
104
otteniamo le seguenti espressioni per i coecienti t
n
(n = 1, 2, 3, . . .) e per il
coeciente di t
0
:
_
(n + 1)c
n+1
(x) + (x 2n 1)c
n
(x) + (n +)c
n1
(x),
c
1
(x) + (x 1)c
0
(x) = 0,
dove c
0
(x) = 1. Quindi c
n
(x) = L
()
n
(x) per n = 0, 1, 2, (vedi la (IV.94)).
Inne, per esprimere i polinomi di Hermite in quelli di Laguerre riscriviamo
i prodotti scalari tra questultimi utilizzando la trasformazione x = t
2
:
_

0
L
()
n
(x)L
()
m
(x)x

e
x
dx =
_

L
()
n
(t
2
)L
()
m
(t
2
)[t[
2+1
e
t
2
dt, (IV.97)
_

0
L
()
n
(x)L
()
m
(x)x

e
x
dx =
_

tL
()
n
(t
2
)tL
()
m
(t
2
)[t[
21
e
t
2
dt. (IV.98)
Per fare scomparire i fattori [t[
21
in (IV.97) e (IV.98) scegliamo =
1
2
in (IV.97) e =
1
2
in (IV.98). Quindi H
2n
(t) `e proporzionale a L
(
1
2
)
n
(t
2
)
e H
2n+1
(t) `e proporzionale a tL
(
1
2
)
n
(t
2
). Confrontando i coecienti principali
otteniamo
H
2n
(t) = 2
2n
n!(1)
n
L
(
1
2
)
n
(t
2
), (IV.99)
H
2n+1
(t) = 2
2n+1
n!(1)
n
tL
(
1
2
)
n
(t
2
). (IV.100)
7 Polinomi di Chebyshev
I polinomi di Chebyshev di prima specie T
n
(x) e di seconda specie U
n
(x) si
deniscono nel seguente modo:
8
T
n
(x) = cos(nt), U
n
(x) =
sin((n + 1)t)
sin t
, (IV.101)
where x = cos(t). Allora T
n
(x) e U
n
(x) sono polinomi di x di grado n che
hanno le seguenti propriet`a:
T
0
(x) = 1, T
1
(x) = x, T
n+1
(x) +T
n1
(x) = 2xT
n
(x),
U
0
(x) = 1, U
1
(x) = 2x, U
n+1
(x) +U
n1
(x) = 2xU
n
(x).
8
Per x = cosht valgono le identit` a T
n
(x) = cosh(nt) e U
n
(x) = (sinh((n + 1)t)/ sinh t).
105
La formula di ricorrenza `e facile da vericare:
T
n+1
(x) +T
n1
(x) = cos((n + 1)t) + cos((n 1)t)
= 2 cos(t) cos(nt) = 2xT
n
(x),
U
n+1
(x) +U
n1
(x) =
sin((n + 2)t)
sin(t)
+
sin(nt)
sin(t)
=
2 cos(t) sin((n + 1)t)
sin(t)
= 2xU
n
(x).
Si vede subito che 1 T
n
(x) +1 per x [1, 1], mentre T
n
(x) = 2
n1
x
n
+
. . . e U
n
(x) = 2
n
x
n
+. . . per n N. In Fig. IV.6 abbiamo tracciato i graci di
T
n
(x) e U
n
(x) per n = 1, 2, 3, 4.
1 0.5 0 0.5 1
1
0.5
0
0.5
1
x
1 0.5 0 0.5 1
4
3
2
1
0
1
2
3
4
5
x
Figura IV.6: I polinomi di Chebyshev di prima e seconda specia di grado 1,
2, 3 e 4. Nel panello sinistro si trovano i graci dei polinomi di
Chebyshev di prima specie e nel panello destro quelli di seconda
specie. Osserviamo che il numero degli zeri `e uguale al grado
del polinomio. Inoltre, i polinomi di Chebyshev di prima specie
hanno 1 come i loro valori estremi.
Sono vericate le relazioni di ortogonalit`a
_

0
cos(nt) cos(mt) dt =

2
(1 +
n,0
)
n,m
,
_

0
sin((n + 1)t) sin(m+ 1)t) dt =

2

n,m
.
Sostituendo x = cos(t) otteniamo
_
1
1
T
n
(x)T
m
(x)
dx

1 x
2
=

2
(1 +
n,0
)
n,m
, (IV.102)
106
_
1
1
U
n
(x)U
m
(x)

1 x
2
dx =

2

n,m
. (IV.103)
Quindi T
n
(x)

n=0
sono i polinomi ortogonali su [1, 1] con peso (1 x
2
)
1/2
e U
n
(x)

n=0
sono i polinomi ortogonali su [1, 1] con peso (1 x
2
)
1/2
, tranne
per fattori costanti.
Le funzioni u(t) = cos(nt) e u(t) = sin(nt) soddisfano allequazione die-
renziale u

(t) +n
2
u(t) = 0. Sostituendo x = cos(t) e utilizzando le denizioni
per T
n
(x) e U
n
(x) otteniamo
(1 x
2
)T

n
(x) xT

n
(x) +n
2
T
n
(x) = 0,
(1 x
2
)U

n
(x) 3xU

n
(x) +n
2
U
n
(x) = 0.
In forma Sturm-Liouville abbiamo
d
dx
_
(1 x
2
)
1/2
T

n
(x)
_
= n
2
T
n
(x)

1 x
2
,
d
dx
_
(1 x
2
)
3/2
U

n
(x)
_
= n
2

1 x
2
U
n
(x).
107
108
Capitolo V
PROBLEMI AL CONTORNO
In questo capitolo risolviamo alcuni problemi al contorno per unequazione
dierenziale alle derivate parziale, dove il dominio ci permette di eseguire una
separazione delle variabili.
1 Equazione di Laplace nel disco
Consideriamo lequazione di Laplace
u = 0 (V.1)
nel disco D = (x, y) R
2
:
_
x
2
+y
2
< L sotto le condizioni al contorno
u = f sul bordo D. (V.2)
Ponendo G = D, assumiamo che f sia continua sulla circonferenza D, e
cerchiamo una soluzione u C
2
(G) C
1
(G). In coordinate polari lequazione
di Laplace ha la forma
1
r

r
_
r
u
r
_
+
1
r
2

2
u

2
= 0,
dove 0 < 2 (con periodicit`a) e 0 < r < L con continuit`a della solu-
zione per r 0
+
. La separazione delle variabili conduce alle soluzioni u
0
(r),
u
m
(r) cos m e u
m
(r) sinm, dove m = 0, 1, 2, . . . e la funzione u
m
(r) soddisfa
lequazione dierenziale ordinaria
1
r
d
dr
_
r
du
m
dr
_

m
2
r
2
u
m
(r) = 0. (V.3)
109
Lequazione (V.3) `e unequazione di Eulero [r
2
u

m
(r) +ru

m
(r) m
2
u
m
(r) = 0]
con la soluzione generale
u
m
(r) =
_
c
1
+c
2
ln(r), m = 0
c
1
r
m
+c
2
r
m
, m = 1, 2, . . . ,
dove c
1
e c
2
sono costanti arbitrarie. La continuit`a se r 0
+
conduce ad una
soluzione costante se m = 0 e una proporzionale a r
m
se m = 1, 2, . . .. Quindi
la soluzione generale ha la forma
u(r, ) =
a
0
2
+

n=1
r
n
(a
n
cos n +b
n
sin n) , (V.4)
dove a
0
, a
1
, b
1
, a
2
, b
2
, . . . sono opportune costanti.
Sostituiamo r = L in (V.4) e applichiamo la condizione al contorno u(L, )
= f(). Risulta
f() =
a
0
2
+

n=1
L
n
(a
n
cos n +b
n
sin n) . (V.5)
Applicando la teoria delle serie di Fourier abbiamo for n = 1, 2, . . .
_

_
a
0
=
1

f() d
a
n
L
n
=
1

f() cos n d, b
n
L
n
=
1

f() sin n d,
dove la serie (V.5) `e uniformente convergente in [, ] (e anche totalmente
convergente) se f() `e continua (con f() = f()) e regolare a tratti.
Sostituiamo ora le espressioni per i coecienti di Fourier nellespressione
per la u(r, ). Risulta
u(r, ) =
1

_
1
2
+

n=1
_
r
L
_
n
_
cos n cos n

+ sin n sin n

_
_
f(

) d

=
1

_
1
2
+

n=1
_
r
L
_
n
cos n(

)
_
f(

) d

=
1

1
2
_
1 +

n=1
__
r
L
e
i(

)
_
n
+
_
r
L
e
i(

)
_
n
_
_
f(

) d

=
1

1
2
_
_
1 +
_
_
_
e
i(

)
r
L
1 e
i(

)
r
L
+
e
i(

)
r
L
1 e
i(

)
r
L
_
_
_
_
_
f(

) d

110
=
1
2
_

1
_
r
L
_
2
1 2
r
L
cos(

) +
_
r
L
_
2
f(

) d

=
1
2
_

L
2
r
2
L
2
2rLcos(

) +r
2
f(

) d

,
il cosiddetto integrale di Poisson. Osserviamo che il nucleo di Poisson
L
2
r
2
L
2
2rLcos(

) +r
2
`e simmetrico in r e L e simmetrico in e

. Inoltre, `e strettamente positivo;
le sue uniche singolarit`a si trovano sulla circonferenza r = L per =

.
Discutiamo adesso le propriet`a delle funzioni u(r, ).
Proposizione V.1 Sia f L
2
(, ). Allora u L
2
(D). Inoltre,
lim
rL

[f() u(r, )[
2
d = 0. (V.6)
Dimostrazione. Applicando luguaglianza di Parseval alla (V.5) si ha
1

[f()[
2
d =
[a
0
[
2
2
+

n=1
L
2n
([a
n
[
2
+[b
n
[
2
) < +.
Quindi
1

|u|
2
L
2
(G)
=
_
L
0
1

r[u(r, )[
2
d dr
=
L
2
[a
0
[
2
4
+

n=1
L
2n+2
2n + 2
_
[a
n
[
2
+[b
n
[
2
_

L
2
2
_
[a
0
[
2
2
+

n=1
L
2n
([a
n
[
2
+[b
n
[
2
)
_
=
1

L
2
2
|f|
2
L
2
(,)
.
In altre parole, u L
2
(G).
Per dimostrare la (V.6), si calcoli
1

[f() u(r, )[
2
d =

n=1
(L
2n
r
2n
)
_
[a
n
[
2
+[b
n
[
2
_
,
implicando la (V.6). 2
111
2 Equazione di Laplace nel cilindro
Consideriamo lequazione di Laplace
u = 0 (V.7)
nel cilindro G = (x, y, z) R
3
:
_
x
2
+y
2
< L, 0 < z < h sotto la
condizione al contorno
u = f sul bordo G del cilindro.

L
h
L
Figura V.1: Suddivisione del cilindro in
0
,
h
e
L
.
Assumiamo che f sia continua sul bordo G del cilindro e cerchiamo una
soluzione u C
2
(G) C
1
(G) del problema al contorno. Tale soluzione `e
unica (perch`e?). Suddividendo G nei tre insiemi
L
= (x, y, z) R
3
:
_
x
2
+y
2
= L, 0 z h,
0
= (x, y, z) R
3
:
_
x
2
+y
2
L, z = 0
e
h
= (x, y, z) R
3
:
_
x
2
+y
2
L, z = h, scriviamo f come la somma
f
L
+ f
0
+ f
h
di tre funzioni con supporto in
L
,
0
e
h
, rispettivamente.
Le corrispondenti soluzioni u
L
, u
0
e u
h
dellequazione di Laplace (V.7) con
condizione al contorno u
L
= f
L
, u
0
= f
0
e u
h
= f
h
su G soddisfano
u
l
+u
0
+u
h
= u,
grazie alla linearit`a del problema al contorno.
Risolviamo i tre problemi (per u
L
, u
0
e u
h
) separatamente, utilizzando le
coordinate cilindriche (r, , z). In queste coordinate si ha G = (r, , z) : 0 <
112
r < L, 0 < z < h. Applicando la separazione delle variabili allequazione di
Laplace in coordinate cilindriche
1
r

r
_
r
u
r
_
+
1
r
2

2
u

2
+

2
u
z
2
= 0, (V.8)
cio`e sostituendo u(r, , z) = R(r)()Z(z) nella (V.7) e utilizzando la condi-
zione di periodicit`a ( + 2) (), otteniamo
1
rR(r)
d
dr
_
r
dR
dr
_

m
2
r
2
+
1
Z(z)
d
2
Z
dz
2
= 0, (V.9)
dove m = 0, 1, 2, . . ., () `e costante per m = 0 e () `e una combinazione
lineare di cos m e sin m per m = 1, 2, . . ..
Prima risolviamo il problema al contorno per u
L
. Per convenienza scriviamo
u al posto di u
L
e f invece di f
L
. In coordinate cilindriche si ha
u(r, , 0) = u(r, , h) = 0 = Z(0) = Z(h) = 0,
mentre Z

(z)/Z(z) `e una costante C. Anche Z(z) sia non banale, questa


costante C deve essere non positiva. Si ottiene
Z(z) sin
_
nz
h
_
, C =
_
n
h
_
2
, n = 1, 2, . . . .
Dalla (V.9) e dal valore di C troviamo
d
2
R
dr
2
+
1
r
dR
dr

_
_
n
h
_
2
+
m
2
r
2
_
R(r) = 0.
Sostituendo R(r) =

R() per = nr/h, otteniamo lequazione di Bessel
immaginaria di ordine m
d
2

R
d
2
+
1

R
d

_
1 +
m
2

2
_

R() = 0. (V.10)
Lunica soluzione della (V.10) (tranne un fattore costante) limitata se
0
+
`e la funzione di Bessel immaginaria I
m
(). Questa funzione `e reale per
> 0, `e proporzionale a J
m
(i), e non ha nessuno zero in R 0. Ci`o
segue dal fatto che la funzione di Bessel J
m
() non ha zeri non reali. Quindi
J
m
() > 0 per > 0.
In variabili separate abbiamo trovato le soluzioni
_
_
_
I
0
_
nr
h
_
sin
_
nz
h
_
, m = 0, n = 1, 2, . . . ,
I
m
_
nr
h
_
sin
_
nz
h
_
[c
1
cos m +c
2
sin m], m, n = 1, 2, . . . .
113
Dunque la soluzione u(r, , z) si pu`o sviluppare nella serie di Fourier
u(r, , z) =

n=1
sin
_
nz
h
__
a
0n
2
I
0
_
nr
h
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) I
m
_
nr
h
_
_
, (V.11)
dove
f(, z) =

n=1
sin
_
nz
h
_
_
a
0n
2
I
0
_
nL
h
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) I
m
_
nL
h
_
_
. (V.12)
Discutiamo ora la convergenza della serie (V.12). Supponiamo che f sia di
classe C
1
su
L
e si annulli su
L
[
0

h
]. Allora, per ogni [0, 2], f(, )
`e di classe C
1
in [0, h], soddisfa f(, 0) f(, h) 0 e f(0, z) f(2, z) e
`e di classe C
1
in [0, 2]. Quindi la sua serie di Fourier in z `e totalmente
convergente e i suoi coecienti di Fourier sono funzioni di di classe C
1
che
hanno gli stessi valori per = 0 e = 2. Si ha
a
0n
2
I
0
_
nL
h
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) I
m
_
nL
h
_
=
2
h
_
h
0
f(, z) sin
_
nz
h
_
dz. (V.13)
Ci ricordiamo ora la teoria degli operatori di Sturm-Liouville monodimen-
sionali. Sia Lu = u

su [0, 2] con condizioni periodiche u(0) = u(2) = 0 e


u

(0) = u

(2). Allora ogni g C


1
[0, 2] con g(0) = g(2) e g

(0) = g

(2) ha
uno sviluppo uniformemente convergente
g() =
g
0
2
+

m=1
(g
mc
cos(m) +g
ms
sin(m)) ,
dove
g
0
=
1

_
2
0
g() d, g
mc
=
1

_
2
0
g() cos(m) d,
g
ms
=
1

_
2
0
g() sin(m) d,
1

|g|
2
L
2
(0,2)
=
[g
0
[
2
2
+

m=1
_
[g
mc
[
2
+[g
ms
[
2
_
.
114
Torniamo al problema originale. Dalle (V.13) si ha
a
0n
I
0
_
nL
h
_
=
2
h
_
h
0
_

f(, z) sin
_
nz
h
_
ddz;
a
mn
I
m
_
nL
h
_
=
2
h
_
h
0
_

f(, z) cos m sin


_
nz
h
_
ddz;
b
mn
I
m
_
nL
h
_
=
2
h
_
h
0
_

f(, z) sin m sin


_
nz
h
_
ddz,
dove

n=1
_
[a
0n
[
2
2
I
0
_
nL
h
_
2
+

m=1
_
[a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
_
I
m
_
nL
h
_
2
_
=
2
h
_
h
0
_

[f(, z)[
2
ddz.
Nel modo analogo si ottiene dalla (V.11)

n=1
_
[a
0n
[
2
2
I
0
_
nr
h
_
2
+

m=1
_
[a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
_
I
m
_
nr
h
_
2
_
=
2
h
_
h
0
_

[u(r, , z)[
2
ddz,
e dalla (V.11) e (V.12)

n=1
_
[a
0n
[
2
2
_
I
0
_
nL
h
_
I
0
_
nr
h
_
_
2
+

m=1
_
[a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
_
_
I
m
_
nL
h
_
I
m
_
nr
h
_
_
2
_
=
2
h
_
h
0
_

[f(, z) u(r, , z)[


2
ddz.
Quindi
lim
rL

_
h
0
_

[f(, z) u(r, , z)[


2
ddz = 0. (V.14)
Adesso risolviamo i problemi al contorno per la u
0
e u
h
, cio`e sotto lipotesi
che f(L, , z) 0 e ponendo u = u
0
+u
h
e f = f
0
+f
h
. In tal caso sfruttiamo
il fatto che dalla separazione delle variabili segue:
1
R(r)
_
r
dR
dr
_

m
2
r
2
= C
115
`e costante. Anche ci sia una soluzione non banale limitata se r 0
+
e con
uno zero per r = L, bisogna scegliere la costante C tale che risulta lequazione
di Bessel [cio`e, C < 0] invece dellequazione di Eulero [C = 0] e lequazione di
Bessel immaginaria [C > 0]. Ponendo C =
2
con > 0, risulta
d
2
R
dr
2
+
1
r
dR
dr
+
_

m
2
r
2
_
R(r) = 0.
La sostituzione

R() = R(r) e = r conduce allequazione di Bessel di ordine
m
d
2

R
d
2
+
1

R
d
+
_

m
2

2
_

R() = 0.
Anche la sua soluzione sia limitata se 0
+
, bisogna richiedere

R()
J
m
(). Siano 0 <
m1
<
m2
< . . . gli inniti zeri della funzione di Bessel J
m
()
in (0, +). Allora la condizione al contorno
u(L, , z) = 0 = R(L) = 0
implica che L =
mn
per qualche n = 1, 2, . . .. Di conseguenza,
1
Z(z)
d
2
Z
dz
2
=
2
=
_

mn
L
_
2
.
In tal caso
Z(z) sinh
_

mn
z
L
_
_
u = u
h
, f = f
h
,
quindi se u(r, , 0) = 0 e f(r, ) = 0;
Z(z) sinh
_

mn
(h z)
L
_
_
u = u
0
, f = f
0
,
quindi se u(r, , h) = 0 e f(r, ) = 0.
Nel primo caso [u(r, , 0) = 0 e f(r, ) = 0] si ha lo sviluppo
u(r, , z) =

n=1
_
a
0n
2
J
0
_

0n
r
L
_
sinh
_

0n
z
L
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
z
L
_
_
, (V.15)
dove
f(r, ) =

n=1
_
a
0n
2
J
0
_

0n
r
L
_
sinh
_

0n
h
L
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
h
L
_
_
, (V.16)
116
mentre nel secondo caso [u(r, , h) = 0 e f(r, ) = 0] si ha lo sviluppo
u(r, , z) =

n=1
_
a
0n
2
J
0
_

0n
r
L
_
sinh
_

0n
(h z)
L
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
(h z)
L
_
_
,
(V.17)
dove
f(r, ) =

n=1
_
a
0n
2
J
0
_

0n
r
L
_
sinh
_

0n
h
L
_
+

m=1
(a
mn
cos m +b
mn
sin m) J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
h
L
_
_
, (V.18)
Discutiamo ora la convergenza delle serie (V.16) e (V.18). Supponiamo che
f sia di classe C
1
su
h
[rispettivamente,
0
] e si annulli su
h

L
[rispetti-
vamente,
0

L
]. Allora, per ogni r [0, L], f(r, ) `e di classe C
1
in [, ],
soddisfa f(r, ) f(r, ), `e di classe C
1
in r [0, L] e si annulla per r = L.
Quindi la sua serie di Fourier `e totalmente convergente e i suoi coecienti di
Fourier sono funzioni di r di classe C
1
che si annullano per r = L. Si ha
Analogamente alle (V.13) si ha in ambedue casi

n=1
a
0n
J
0
_

0n
r
L
_
sinh
_

0n
h
L
_
=
1

f(r, ) d; (V.19)

n=1
a
mn
J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
h
L
_
=
1

f(r, ) cos m d; (V.20)

n=1
b
mn
J
m
_

mn
r
L
_
sinh
_

mn
h
L
_
=
1

f(r, ) sin m d. (V.21)


Ci ricordiamo ora la teoria degli operatori di Sturm-Liouville. Sia Lu =
(ru

+ (m
2
/r) con condizioni al contorno u(r) = O(1) per m = 0, u(r) =
O(r) per m = 1, 2, . . ., e u(L) = 0, e problema agli autovalori (Lu)(r) = ru(r).
Allora gli autovalori sono
2
mn
e le autofunzioni sono J
m
(
mn
r/L) dove
mn
`e
lo zero positivo n-esimo delle J
m
() (n = 1, 2, . . .). Essi sono ortogonali nello
spazio di Hilbert L
2
([0, L]; r dr). Inoltre,
_
L
0
rJ
m
_

mn
r
L
_
2
dr = L
2
_
1
0
xJ
m
(
mn
x)
2
dx =
L
2
2
J

m
(
mn
)
2
117
[Vedi il Teorema IV.14]. Allora ogni g C
2
((0, L]) che soddisfa le condizioni al
contorno in r = 0 ed r = L e la condizione (rg

+(m
2
/r)g L
2
([0, L]; r dr)
[cio`e, g /
Lm
], si pu`o sviluppare nella serie uniformemente convergente
g(r) =

n=1
g
n
J
m
_

mn
r
L
_
,
dove
g
n
=
2
L
2
J

m
(
mn
)
2
_
L
0
rg(r)J
m
_

mn
r
L
_
dr;
|g|
2
L
2
([0,L];r dr)
=
L
2
2

n=1
[g
n
[
2
J

m
(
mn
)
2
.
Partendo dalle (V.19)-(V.21), si ha
a
0n
sinh
_

0n
h
L
_
=
2
L
2
J

0
(
0n
)
2
_
L
0
_

rf(r, )J
0
_

0n
r
L
_
ddr; (V.22)
a
mn
sinh
_

mn
h
L
_
=
2
L
2
J

m
(
mn
)
2
_
L
0
_

rf(r, ) cos mJ
m
_

mn
r
L
_
ddr;
(V.23)
b
mn
sinh
_

mn
h
L
_
=
2
L
2
J

m
(
mn
)
2
_
L
0
_

rf(r, ) sinmJ
m
_

mn
r
L
_
ddr,
(V.24)
dove

n=1
_
[a
0n
[
2
2
J

0
(
0n
)
2
sinh
2
_

0n
h
L
_
+

m=1
([a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
)J

m
(
mn
)
2
sinh
2
_

mn
h
L
_
_
=
2
L
2
_
L
0
_

r[f(r, )[
2
ddr.
Nel modo analogo si ottiene

n=1
_
[a
0n
[
2
2
J

0
(
0n
)
2
sinh
2
_

0n
z
L
_
+

m=1
([a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
)J

m
(
mn
)
2
sinh
2
_

mn
z
L
_
_
=
2
L
2
_
L
0
_

r[u(r, , z)[
2
ddr;
118

n=1
_
[a
0n
[
2
2
J

0
(
0n
)
2
_
sinh
_

0n
h
L
_
sinh
_

0n
z
L
_
_
2
+

m=1
([a
mn
[
2
+[b
mn
[
2
)J

m
(
mn
)
2
_
sinh
_

mn
h
L
_
sinh
_

mn
z
L
_
_
2
_
=
2
L
2
_
L
0
_

r[f(r, ) u(r, , z)[


2
ddr.
Di consequenza, se f ha il suo supporto su
0
(
h
, rispettivamente), allora
_
L
0
_

r[f(r, ) u(r, , z)[


2
ddr
tende a zero se z 0
+
(z h

, rispettivamente).
3 Equazione del calore
Lequazione del calore (la cui soluzione rappresenta la temperatura come fun-
zione della posizione-tempo (x, t))
u
t
= a
2
u +f,
dove x G R
3
, a > 0 e t > 0, ha una delle seguenti condizioni iniziali [14]:
a. La condizione iniziale u(x, t = 0) = u
0
(x) per x G;
b. La condizione al contorno u[
S
= u
S
[specicando la temperatura al bor-
do], oppure (u/n)[
S
= (u
1
/k) [specicando il usso di calore attra-
versa il bordo], oppure k(u/n) + h(u u
amb
)[
S
= 0 [dove u
amb
`e la
temperatura dellambiente e h il coeciente di scambio di calore]. In
questequazione G `e una regione con bordo S regolare a tratti.
Lequazione del calore si pu`o generalizzare come
du
dt
= Lu(t) +f(t), t > 0, (V.25)
con condizione iniziale
u(t = 0) = u
0
, (V.26)
dove L `e un operatore di Sturm-Liouville autoaggiunto sullo spazio di Hilbert
L
2
(G), u
0
`e un vettore in L
2
(G) [modellizzando la temperatura iniziale], f(t) `e
un vettore in L
2
(G) continuo nel tempo t 0 [modelizzando i sorgenti di calore
119
al momento t], e u(t) `e un vettore di L
2
(G) [modellizzando la temperatura al
momento t]. Supponiamo che L abbia un numero innito di autovalori
n
,
tutti non negativi, con base ortonormale di corrispondenti autofunzioni
n
:
L
n
=
n

n
, dove n = 1, 2, . . .. In tal caso ogni u L
2
(G) soddisfa lidentit`a
di Parseval
|u|
2
L
2
(G)
=

n=1
[(u,
n
)[
2
.
Da questa impostazione segue subito
d
dt
(u(t),
n
) =
n
(u(t),
n
) + (f(t),
n
)
con condizione iniziale
(u(t = 0),
n
) = (u
0
,
n
),
dove n = 1, 2, . . . e il prodotto scalare `e quello complesso di L
2
(G). Utilizzando
la formula della variazione dei parametri si trova immediatamente
(u(t),
n
) = e
nt
(u
0
,
n
) +
_
t
0
e
n(ts)
(f(s),
n
) ds.
Quindi
u(t) =

n=1
_
e
nt
(u
0
,
n
) +
_
t
0
e
n(ts)
(f(s),
n
) ds
_

n
. (V.27)
La (V.27) si pu`o scrivere nella forma
u(t) = e
tL
u
0
+
_
t
0
e
(ts)L
f(s) ds,
dove
e
tL
u
0
=

n=1
e
nt
(u
0
,
n
)
n
.
Discutiamo alcuni esempi. Prima facciamo G = (0, a) e Lu = u

con
condizioni di Dirichlet, cio`e il problema al contorno
u
t
=

2
u
x
2
+f(x, t), 0 < x < a, t > 0;
u(0, t) = u(a, t) = 0, u(x, 0) = u
0
(x).
120
In tal caso gli autovalori sono
n
= (n/a)
2
e le corrispondenti autofunzioni
ortonormalizzate in L
2
(0, 1) sono
n
(x) =
_
2
a
sin(
nx
a
), dove n = 1, 2, . . ..
Quindi la soluzione ha la forma
u(x, t) =
2
a

n=1
_
e
n
2

2
t/a
2
sin
_
nx
a
_
_
a
0
u
0
(y) dy sin
_
ny
a
_
+
_
t
0
_
a
0
e
n
2

2
(ts)/a
2
f(y, s) sin
_
nx
a
_
sin
_
ny
a
_
dy ds
_
=
_
1
0
((x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_
1
0
((x, y; t s)f(y, s) dy ds,
dove
((x, y; t) =
2
a

n=1
e
n
2
(
2
t/a
2
)
sin
_
nx
a
_
sin
_
ny
a
_
=
1
a
_
_
1 + 2

n=1
e
n
2
(
2
t/a
2
)
cos
_
n(x+y)
a
_
+ cos
_
n(xy)
a
_
2
_
_
=

3
(
x+y
a
, e

2
t/a
2
) +
3
(
xy
a
, e

2
t/a
2
)
2a
,
in cui
3
(z, q) = 1 + 2

n=1
q
n
2
cos(2nz) `e una delle funzioni Theta di Jacobi
([16], 21.11).
1
Consideriamo Lu = u

nellintervallo (0, a) con le condizioni di Neumann


u

(0) = u

(a) = 0. In tal caso


n
= (n/a)
2
e
n
(x) =
_
2
n0
a
cos(nx/a),
dove n = 0, 1, 2, 3, . . .. Allora
u(x, t) =
_
a
0
((x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_
a
0
((x, y; t s)f(y, s) dy ds,
dove
((x, y; t) =
1
a
_
1 + 2

n=1
e
n
2
(
2
t/a
2
)
cos
_
nx
a
_
cos
_
ny
a
_
_
=
1
a
_
_
1 + 2

n=1
e
n
2
(
2
t/a
2
)
cos
_
n(x+y)
a
_
+ cos
_
n(xy)
a
_
2
_
_
=

3
(
x+y
a
, e

2
t/a
2
) +
3
(
xy
a
, e

2
t/a
2
)
2a
.
1
Si ha
3
(z, q) = G

n=1
(1 + 2q
2n1
cos(2z) +q
4n2
), dove G =

n=1
(1 q
2n
).
121
Consideriamo ora Lu = u

nellintervallo (0, a) con la condizione di Di-


richlet allestremo sinistro e quella di Neumann allestremo destro: u(0) =
u

(a) = 0. In tal caso


n
= ((n +
1
2
)/a)
2
e
n
(x) =
_
2
a
sin((n +
1
2
)x/a),
dove n = 0, 1, 2, 3, . . .. Allora
u(x, t) =
_
a
0
((x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_
a
0
((x, y; t s)f(y, s) dy ds,
dove
((x, y; t) =
2
a

n=0
e
(2n+1)
2
(
2
t/4a
2
)
sin
_
(2n + 1)x
2a
_
sin
_
(2n + 1)y
2a
_
=
1
a

n=0
e
(2n+1)
2
(
2
t/4a
2
)
_
cos
_
(2n + 1)(x +y)
2a
_
+ cos
_
(2n + 1)(x y)
2a
__
=

2
(
x+y
a
, e

2
t/a
2
) +
2
(
xy
a
, e

2
t/a
2
)
2a
,
in cui
2
(z, q) = 2

n=0
q
(2n+1)
2
/4
cos((2n +1)z) `e una delle funzioni Theta di
Jacobi ([16], 21.11).
2
Consideriamo inne Lu = u

nellintervallo (0, a) con condizioni perio-


diche. In tal caso ci sono un autovalore semplice
0
= 0 con autofunzione
corrispondente
0
(x) =
_
1
a
e gli autovalori doppi
n
= (2n/a)
2
con auto-
funzioni corrispondenti
c
n
(x) =
_
2
a
cos(2nx/a) e
s
n
(x) =
_
2
a
sin(2nx/a),
dove n = 1, 2, 3, . . .. Allora
u(x, t) =
_
a
0
((x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_
a
0
((x, y; t s)f(y, s) dy ds,
dove
((x, y; t) =
1
a
_
1 + 2

n=1
e
(
2n
a
)
2
t
_
cos
_
2nx
a
_
cos
_
2ny
a
_
+ sin
_
2nx
a
_
sin
_
2ny
a
___
=
1
a
_
1 + 2

n=1
e
(
2n
a
)
2
t
cos
_
2n(x y)
a
_
_
=
1
a

3
_
(x y)
a
, e
(
2
a
)
2
t
_
.
2
Si ha
2
(z, q) = 2Gq
1/4
cos(z)

n=1
(1 + 2q
2n
cos(2z) +q
4n
), dove G =

n=1
(1 q
2n
).
122
Adesso discutiamo il caso G = (x, y) R
2
:
_
x
2
+y
2
< L e L =
con la condizione di Dirichlet al bordo. In tal caso gli autovalori > 0.
Infatti, cambiando la parte a destra in (V.8) in u(r, ) e applicando la solita
separazione delle variabili arriviamo, per > 0, alla equazione dierenziale
d
2
R
d(r

)
2
+
1
r

dR
d(r

)
+
_
1
m
2
(r

)
2
_
R(r) = 0,
dove m = 0, 1, 2, . . . e R(r) `e limitato se r 0
+
. Allora R(r) J
m
(r

),
mentre R(L) = 0. Quindi gli autovalori sono
mn
= (
mn
/L)
2
[essendo
mn
lo
zero positivo n-esimo della J
m
(x)], dove m = 0, 1, 2, . . . e n = 1, 2, 3, . . .. Le
autofunzioni normalizzate in L
2
(G) L
2
([0, L] [0, 2]; rdr d) sono
_

0n
(r, ) =
1
L

[J

0
(
0n
)[
J
0
_

0n
r
L
_
, n = 1, 2, 3, . . .

c
mn
(r, ) =

2 cos m
L

[J

m
(
mn
)[
J
m
_

mn
r
L
_
, m = 1, 2, 3, . . . , n = 1, 2, . . .

s
mn
(r, ) =

2 sin m
L

[J

m
(
mn
)[
J
m
_

mn
r
L
_
, m = 1, 2, 3, . . . , n = 1, 2, . . . .
Le costanti di normalizzazione seguono dallidentit`a
_
L
0
_
2
0
rJ
m
_

mn
r
L
_
cos m ddr = (1 +
m0
)
_
L
0
rJ
m
_

mn
r
L
_
dr
= (1 +
m0
)
L
2
2
J

m
(
mn
)
2
,
e ugualmente con sin m al posto di cos m se m 1.
Risulta
u(r, , t) =
_

0
_
2
0
r((r, ; t)u
0
(r, ) d dr
+
_
t
0
_

0
_
2
0
r(( r,

; t s)f( r,

, s) d

d r ds,
dove
((r, ; t) =

n=1
_

_
e

2
0n
t/L
2
J
0
_

0n
r
L
_
J
0
_

0n
r
L
_
L
2
J

0
(
0n
)
2
+ 2

m=1
e

2
mn
t/L
2
J
m
_

mn
r
L
_
J
m
_

mn
r
L
_
cos[m(

)]
L
2
J

m
(
mn
)
2
_

_
,
123
in cui abbiamo utilizzato la formula
cos(m[

]) = cos m cos m

sin m sin m

.
4 Equazione delle Onde
Lequazione delle onde ha la forma

2
u
t
2
= a
2
u, (V.28)
dove a > 0 `e la velocit`a della onda, x G (un aperto limitato in R
n
),
3
, e
valgono la condizione di Dirichlet
u(x, t) = 0, x G, (V.29)
e le due condizioni iniziali
u(x, 0) = u
0
(x), (V.30)
u
t
(x, 0) = u
1
(x). (V.31)
La separazione delle variabili
u(x, t) = (x)T(t) (V.32)
conduce alle equazioni
1
a
2
T

(t)
T(t)
=

(x)
(x)
= costante, (V.33)
(x) = 0 per x G. (V.34)
Supponiamo che lequazione di Helmholtz
+
2
= 0
su G con la condizione di Dirichlet abbia un innito numerabile di autovalori
positivi
2
n
(dove
n

n+1
) con autofunzioni corrispondenti
n
che formano
una base ortonormale di L
2
(G). In tal caso la costante nella (V.33) vale
2
n
,
e quindi
T(t) = c
n
cos(a
n
t) +d
n
sin(a
n
t).
3
Ci sono anche applicazioni in cui G `e illimitato.
124
La soluzione generale della equazione delle onde (V.28) con la condizione di
Dirichlet (V.29) ha la forma
u(x, t) =

n=1
(c
n
cos(a
n
t) +d
n
sin(a
n
t))
n
(x). (V.35)
Quindi dalle (V.30) e (V.31) otteniamo
u
0
(x) =

n=1
c
n

n
(x), (V.36)
u
1
(x) =

n=1
d
n
a
n

n
(x). (V.37)
Dallortonormalit`a delle autofunzioni
n
in L
2
(G) seguono i coecienti c
n
e
d
n
:
c
n
= u
0
,
n
)
L
2
(G)
=
_
G
u
0
(x)
n
(x) dx, (V.38)
d
n
=
u
1
,
n
)
a
n
=
1
a
n
_
G
u
1
(x)
n
(x) dx. (V.39)
Lo stesso discorso vale se al posto della condizione di Dirichlet (V.29) si
considera la condizione di Neumann. Lunica dierenza `e che ora zero `e auto-
valore (con lautofunzione costante) dellequazione di Helmholtz su G con la
condizione di Neumann. Al posto della (V.35) si consideri ora
u(x, t) =
1
_
mis(G)
(c
0
+d
0
t)
+

n=1
(c
n
cos(a
n
t) +d
n
sin(a
n
t))
n
(x), (V.40)
dove
0
(x) = 1/
_
mis(G) `e lautofunzione normalizzata corrispondente allau-
tovalore zero. Per n 1 si trovano le espressioni (V.38) e (V.39), mentre
c
0
=
_
G
u
0
(x) dx
_
mis(G)
, d
0
=
_
G
u
1
(x) dx
_
mis(G)
.
Nel caso in cui G = (0, L), abbiamo per le condizioni di Dirichlet

n
=
n
L
,
n
(x) =
_
2
L
sin
_
nx
L
_
, (V.41)
125
dove n = 1, 2, 3, . . ., e per le condizioni di Neumann

n
=
n
L
,
n
(x) =
_
2
L
cos
_
nx
L
_
, (V.42)
dove n = 1, 2, 3, . . ., mentre
0
= 0 e
0
(x) = 1/

L.
Nel caso delle condizioni di Dirichlet, utilizzando le espressioni
2 sin
_
nx
L
_
cos
_
nat
L
_
= sin
_
n
L
(x at)
_
+ sin
_
n
L
(x +at)
_
,
2 sin
_
nx
L
_
sin
_
nat
L
_
= cos
_
n
L
(x at)
_
cos
_
n
L
(x +at)
_
,
e sostituendo la (V.41) nella (V.35), otteniamo
u(x, t) =
1
2
_
2
L

n=1
c
n
_
sin
_
n
L
(x at)
_
+ sin
_
n
L
(x +at)
__
+
1
2
_
2
L

n=1
d
n
_
cos
_
n
L
(x at)
_
cos
_
n
L
(x + at)
__
=
1
2
[u
0
(x at) +u
0
(x +at)] +

t
_
1
2
[u
1
(x at) +u
1
(x +at)]
_
,
dove abbiamo utilizzato gli sviluppi di Fourier (V.36) e (V.37).
5 Equazione di Schrodinger
Lequazione di Schrodinger descrive (nellambito della meccanica quantistica
non relativistica) la probabilit`a che una particella si trova in una regione dello
spazio al momento t. Se m `e la massa della particella e h = 2 la costante di
Planck, si ha per la funzione onda (x, t):
i

t
=

2
2m
+V (x)(x, t), x R
3
, t > 0; (V.43)
(x, t = 0) =
0
(x), (V.44)
con condizioni al contorno. La funzione V (x) `e reale e rappresenta il potenziale.
Scegliendo unit`a siche tali che = 1 e 2m = 1, risulta invece della (V.43)
i

t
= +V (x)(x, t), x R
3
, t > 0. (V.45)
Se E R
3
`e misurabile,
_
E
[(x, t)[
2
dx (sotto la condizione di normalizzazione
(, t) L
2
(R
3
)) `e la probabilit`a di trovare la particella in E al momento t.
126
Studiamo esclusivamente il problema stazionario, dove lenergia prende
il posto delloperatore i(/t), cio`e
+V (x)(x) = k
2
(x), x R
3
, (V.46)
dove = k
2
con Imk 0. Ci sono due problemi di rilevante importanza:
1. il problema degli stati limite: L
2
(R
3
). In tal caso lenergia = k
2
`e
un valore discreto negativo.
2. il problema di scattering: in tal caso si impone la condizione di Sommer-
feld
(k, x) = e
ikx
+
e
ik|x|
[x[
A
_
k, ,
x
[x[
_
+o
_
1
[x[
_
, [x[ +,
dove A(k, ,

) `e lampiezza (come funzione dellenergia = k


2
e le
direzioni ,

S
2
); e
ikx
rappresenta unonda piana nella direzione .
Nel problema di scattering si ha lenergia > 0.
Consideriamo il caso di simmetria sferica, dove
V (x) = V (r), r = [x[.
In tal caso lampiezza dipende da k e dallangolo tra le direzioni e

:
A(k, ,

) = A(k,

). Per risolvere il problema di scattering bisogno se-


parare le variabili in coordinate cilindriche, dove la direzione di prende il
posto dallasse z positivo. Discutiamo ora soltanto il problema degli stati
limite. In tal caso si esprime lequazione di Schrodinger in coordinate sferiche:
1
r
2
_
r
2

r
_
+
1
r
2
sin

_
sin

_
+
1
r
2
sin
2

2
V (r) = ,
dove x = (r sin cos , r sin sin , r cos ) R
3
. Sostituendo
(x) = R(r)X(, )
e moltiplicando da r
2
/R(r)X(, ) si ottiene
1
R(r)
d
dr
_
r
2
dR
dr
_
+
1
X(, )
_
1
sin

_
sin
X

_
+
1
sin
2

2
X

2
_
r
2
V (r) = r
2
.
127
Come al solito, seguono le seguenti equazioni dierenziali:
d
2
R
dr
2
+
2
r
dR
dr
+
_

C
r
2
+ V (r)
_
R(r) = 0; (V.47)
1
sin

_
sin
X

_
+
1
sin
2

2
X

2
= CX(, ), (V.48)
dove C `e una costante. Lequazione (V.48) si chiama spesso lequazione di
Beltrami.
Grazie alle (C1.2) degli appunti sulle funzioni sferiche, esiste una soluzione
non banale della (V.48) se e solo se C = l(l + 1) per qualche l = 0, 1, 2, . . ., ed
in tal caso X(, ) `e una combinazione lineare delle funzioni sferiche Y
m
l
(, ),
dove m = l, . . . , l. Infatti, eseguendo unulteriore separazione delle variabili
nella (V.48), X(, ) = T()() dove = cos e (+2) (), risultano
() =
_
costante, m = 0
c
1
cos m +c
2
sin m, m = 1, 2, 3, . . . ;
d
d
_
(1
2
)
dT
d
_
+
_
l(l + 1)
m
2
1
2
_
T(). (V.49)
La (V.49) si dice equazione dierenziale per le funzioni di Legendre associate:
T() T
m
l
(), dove l = m, m+ 1, m+ 2, . . . e m = 0, 1, 2, . . ..
Discutiamo ora la (V.47). Sostituendo R(r) = r

S(r) nella (V.47) [con


C = l(l + 1)] per unopportuna (da stabilire successivamente) e dividendo
da r

, si trova
d
2
S
dr
2
+
2( + 1)
r
dS
dr
+
_
( + 1) l(l + 1)
r
2
+ V (r)
_
S(r) = 0. (V.50)
Per far somigliare la (V.50) allequazione di Bessel si scelga tale che 2(+1) =
1, cio`e = 1/2:
d
2
S
dr
2
+
1
r
dS
dr
+
_

(l +
1
2
)
2
r
2
+ V (r)
_
S(r) = 0. (V.51)
Per far sparire il termine con la derivata prima dalla (V.50), ci vuole = 1.
Quindi per S(r) = rR(r) abbiamo
d
2
S
dr
2
+
_
l(l + 1)
r
2
+ V (r)
_
S(r) = 0. (V.52)
Per = 0 otteniamo dalla (V.50)
d
2
R
dr
2
+
2
r
dR
dr
+
_

l(l + 1)
r
2
+ V (r)
_
R(r) = 0, (V.53)
128
dove l = 0, 1, 2, . Imporremo le seguenti due condizioni al contorno:
_
_
_
R(r) = O(r
l
), r 0
+
_

0
r[R(r)[
2
dr < +.
(V.54)
I seguenti casi sono di rilevante interesse:
1. Loscillatore armonico, dove V (r) = (/2)r
2
per una costante > 0.
2. Latomo di idrogeno, dove V (r) = e
2
/r per e la carica dellelettrone.
Lequazione (V.47) pu`o essere risolta esattamente in tutti e tre casi.
Consideriamo ora il problema di scattering dove lenergia E = k
2
`e positiva.
In tal caso la funzione onda (k, x) non appartiene a L
2
(R
3
) e infatti soddisfa
alla condizione di Sommerfeld
(k, x) = e
ikx
+
s
(x)
= e
ikx
+
e
ik|x|
[x[
A
_
k, ,
x
[x[
_
+o
_
1
[x[
_
, [x[ +,
dove A(k, ,

) `e lampiezza e k > 0. Ovviamente il potenziale V (x) deve


essere localmente sommabile (cio`e, V L
1
loc
(R
3
) e tendere a zero abbastanza
rapidamente se [x[ .
4
Cercando la cosiddetta funzione di Green ((k; x, x

)
tale che
( +k
2
)((k; x, x

) = 4(x x

),
cio`e scegliendo [Vedi la (VI.41) per n = 3]
((k; x, x

) =
e
ik|xx

|
[x x

[
,
si ottiene facilmente

s
(x) =
1
4
_
((k; x, x

)V (x

)(x

) dx

.
Quindi
(x) = e
ikx

1
4
_
((k; x, x

)V (x

)(x

) dx

.
Per calcolare dal potenziale si pu`o risolvere lequazione precedente per itera-
zione. Facendo una singola iterazione si arriva alla cosiddetta approssimazione
di Born
(x) e
ikx

1
4
_
((k; x, x

)V (x

)e
ikx

dx

.
4
I potenziali di Coulomb V (x) =
cost.
|x|
non conducono ad una teoria di scattering
quantistica tanto semplice, poich`e non decadono abbastanza rapidamente.
129
Discutiamo ora il problema di scattering per i potenziali radiali V (x) =
V (r) con r = [x[ (Vedi [6]). Allora per V 0 lequazione di Schrodinger per
E = k
2
con k > 0 ha la soluzione generale
(x) = cost.
1
f
l
(kr) + cost.
2
g
l
(kr),
dove
f
l
() =
_

2
J
l+
1
2
() = j
l
(), g
l
() = (1)
l
_

2
J
(l+
1
2
)
() = n
l
(),
dove l = 0, 1, 2, . . . e j
l
e n
l
si chiamano funzioni di Bessel sferiche di prima e
seconda specie. Sviluppando londa piana
e
ikx
=

l=0
l

m=l
c
l,m
f
l
(kr)
kr
Y
m
l
(, ),
si trova per lampiezza
f(k;

)
def
= A(k, ,

) =
1
k

l=0
(2l + 1)e
i
l
(k)
sin
l
(k)P
l
(

),
dove
l
(k) si chiamano fasi di scattering.
5.1 La buca di potenziale
In tal caso
V (r) =
_
V
0
, 0 r < r
0
,
0, r > r
0
,
(V.55)
dove V
0
> 0. Sostituendo R(r) = r
1/2
S(r) otteniamo [Vedi (V.51)]
d
2
S
dr
2
+
1
r
dS
dr
+
_
V
0

(l +
1
2
)
2
r
2
_
S(r) = 0, 0 < r < r
0
,
d
2
S
dr
2
+
1
r
dS
dr

_

2
+
(l +
1
2
)
2
r
2
_
S(r) = 0, r > r
0
, (V.56)
dove =
2
per > 0. Ovviamente, per r > r
0
la (V.56) `e lequazione
immaginaria di Bessel di ordine l +
1
2
nella variabile r. Siccome deve tendere
a zero se r , si trova
S(r) K
l+
1
2
(r), r > r
0
, (V.57)
130
dove K

(z) `e la funzione di MacDonald di ordine . Per , z > 0 la funzione


di MacDonald K

(z) `e decrescente.
Per 0 < r < r
0
la situazione `e pi` u complicata. Siccome S(0
+
) esiste, risulta
per 0 < r < r
0
S(r)
_

_
J
l+
1
2
(r

V
0

2
), V
0
>
2
,
r
l+
1
2
, V
0
=
2
,
I
l+
1
2
(r

2
V
0
), V
0
<
2
,
(V.58)
dove J

(z) `e la funzione di Bessel di ordine e I

(z) `e la funzione di Bessel


imaginaria di ordine .
Per trovare i stati limite richiediamo che la derivata logaritmica della S
(cio`e, S

/S) sia continua in r = r


0
. Grazie al decadimento della funzione di
MacDonald, si vede subito che S

(r)/S(r) ha un limite negativo se r (r


0
)
+
.
Daltra parte, r
l+
1
2
e la funzione di Bessel immaginaria sono crescenti per r > 0,
mentre la funzione di Bessel stessa `e oscillatoria. Quindi gli stati limiti possono
esistere soltanto per V
0
>
2
. In tal caso
S(r) J
l+
1
2
(r
_
V
0

2
), (V.59)
dove
r
0
K

l+
1
2
(r
0
)
K
l+
1
2
(r
0
)
= r
0
_
V
0

2
J

l+
1
2
(r
0

V
0

2
)
J
l+
1
2
(r
0

V
0

2
)
. (V.60)
Le energie =
2
corrispondenti agli stati limite si trovano dal numero nito
di zeri della (V.60) per 0 < <

V
0
; ci sono zeri per soltanto un numero nito
di l = 0, 1, 2, . . ..
Per l = 0 abbiamo
K1
2
(z) =
_

2z
e
z
, J1
2
(w) =
_

2w
sin(w).
Allora (V.60) si riduce allidentit`a
tan(
_
V
0
r
2
0
z
2
)
_
V
0
r
2
0
z
2
=
1
1 +z
,
dove z = r
0
. Gli zeri z = r
0
(0, r
0

V
0
) si ottengono gracamente.
Per l = 0 si pu`o ottenere i risultati in modo pi` u semplice senza utilizzare
le funzioni di Bessel. Partendo dallequazione di Schrodinger (V.52) per V (r)
in (V.55), otteniamo per S(r) = rR(r)
_
S

(r) + (V
0

2
)S(r) = 0, 0 < r < r
0
,
S

2
S(r) = 0, r > r
0
,
(V.61)
131
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5
5
4
3
2
1
0
1
2
3
4
5
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
10
8
6
4
2
0
2
4
6
8
10
Figura V.2: Per l = 0 e per r
0

V
0
= 5 (pannello sinistro) o 10 (pannello
destro) vengono calcolati gracamente i valori di z = r
0
per cui
lequazione di Schrodinger per la buca sferica ha stato limite.
dove
_

0
[S(r)[
2
dr < , S(0) = 0
5
e S `e di classe C
1
in r = r
0
. Per r > r
0
risulta S(r) e
r
. Quindi ci vuole (S

/S)(r
0
) = < 0.
Se 0 V
0
<
2
, per 0 < r < r
0
risulta S(r) sinh(r

2
V
0
) [gra-
zie alla condizione S(0) = 0] per 0 < r < r
0
e quindi `e impossibile avere
(S

/S)(r
0
) < 0. Per =

V
0
risulta S(r) r [grazie alla condizione S(0) = 0]
e quindi (S

/S)(r
0
) = (1/r
0
) > 0. Di conseguenza, siamo costretti a limi-
tarci al caso 0 < <

V
0
. In tal caso la condizione S(0) = 0 conduce
a S(r) sin(r

V
0

2
) per 0 < r < r
0
. Dalla condizione di derivabilit`a
continua in r = r
0
si trova
_
V
0

2
cos(r
0

V
0

2
)
sin(r
0

V
0

2
)
= .
Per studiare questultima equazione, poniamo = r
0

V
0

2
(che appar-
tiene allintervallo (0, r
0

V
0
) e scriviamo lequazione nella forma

tan()
=
_
V
0
r
2
0

2
, 0 < < r
0
_
V
0
,
oppure
tan() =

_
V
0
r
2
0

2
, 0 < < r
0
_
V
0
.
Per n = 1, 2, 3, . . . e (n
1
2
) < r
0

V
0
(n +
1
2
) ci sono n soluzioni di
questequazione e quindi n stati limite.
5
Una condizione tecnica mai spiegata dal punto di vista sico per costringere ad una
successione nita di autovalori.
132
5.2 Oscillatore armonico
a. Utilizzando le coordinate sferiche. In tal caso
V (r) =
1
2
r
2
, (V.62)
dove > 0 `e una costante. Ponendo c =
_
/8 e R(r) = e
cr
2
(r), la (V.53)
si riduce allequazione dierenziale

(r) +
_
2
r
4cr
_

(r) +
_
k
2
6c
l(l + 1)
r
2
_
(r) = 0. (V.63)
Sostituendo la serie di potenze
(r) = r

s=0
c
s
r
s
, (V.64)
dove `e un parametro da stabilire, troviamo

s=0
[( +s)( +s 1) + 2( +s) l(l + 1)c
s
+ (k
2
6c) 4c( +s 2)c
s2

r
+s2
= 0,
dove c
1
= c
2
= 0. Supponendo che il coeciente di r
2
sia diverso da zero,
si trova
( 1) + 2 l(l + 1) = 0,
e quindi = l oppure = (l + 1). La condizione al contorno (V.54) se
r 0
+
implica che = l. In tal caso c
1
= 0 e
s(s + 2l + 1)c
s
+(k
2
6c) 4c(s +l 2)c
s2
= 0. (V.65)
Dunque c
1
= c
3
= c
5
= = 0 e
c
s
=
4c(s +l 2) (k
2
6c)
s(s + 2l + 1)
c
s2
,
dove s = 2, 4, 6, . Il rapporto c
s
r
2
/c
s2
(4cr
2
/s) se s +. Quindi
scegliamo k
2
tale che c
s
= 0 per qualche s = 2, 4, 6, , cio`e
k
2
= 4c(s +l 2) + 6c, s = 2, 4, 6, .
Quindi abbiamo trovato gli autovalori e le autofunzioni
_
k
2
l,n
= 2c(2n + 3), l = n, n 2, n 4, . . . , l = 0, 1, 2, ,

l,n
(r, , ) = e
cr
2

l,n
(r)Y
m
l
(, ), m = l, l + 1, , l,
(V.66)
133
dove
l,n
(r) = r
l
v
l,n
(r) e v
l,n
(r) `e un polinomio in r
2
di grado n l. Quel
polinomio soddisfa lequazione
r
2
v

(r) + 2r(l + 1 2cr


2
)v

(r) + 4c(n l)r


2
v(r) = 0.
Ponendo t = 2cr
2
e w(t) = v(r) [tali che rv

(r) = 2tw

(t) e r
2
v

(r) = 4t
2
w

(t)+
2tw

(t)] otteniamo lequazione dierenziale


tw

(t) + (l +
3
2
t)w

(t) +
1
2
(n l)w(t) = 0, (V.67)
dove n l = 0, 2, 4, . . . e w(t) `e un polinomio in t di grado
1
2
(n l).
b. Utilizzando le coordinate cartesiane. Siccome V (r) =

2
r
2
=

2
(x
2
+ y
2
+ z
2
), lequazione di Schrodinger `e anche separabile in coordinate
Cartesiane. Infatti, scrivendo (x, y, z) = X(x)Y (y)Z(z) otteniamo le tre
equazioni
_

_
X

(x) +
_
k
2
x

x
2
2
_
X(x) = 0,
Y

(y) +
_
k
2
y

y
2
2
_
Y (y) = 0,
Z

(z) +
_
k
2
z

z
2
2
_
Z(z) = 0,
(V.68)
dove k
2
= k
2
x
+ k
2
y
+ k
2
z
. Studiamo ora una delle equazioni in una variabi-
le. Ponendo X(x) = e
cx
2
(x) per c =
_
/8, lequazione X

(x) + [k
2
x

(x
2
/2)]X(x) = 0 si riduce allequazione

(x) 4cx

(x) + (k
2
x
2c)(x) = 0. (V.69)
Sostituendo (x) = x

s=0
c
s
x
s
, otteniamo

s=0
_
( +s)( +s 1)c
s
+(k
2
x
2c) 4c( +s 2)c
s2

x
+s2
= 0,
(V.70)
dove c
1
= c
2
= 0. Scegliendo = 0, troviamo c
1
= c
3
= c
5
= = 0 e
c
s
c
s2
=
4c(s 2) (k
2
x
2c)
s(s 1)
, s = 2, 4, 6, ,
risultando in polinomi in x di grado n = 0, 2, 4, se k
2
x
= 2c(2n + 1).
Scegliendo = 1, troviamo c
1
= c
3
= c
5
= = 0 e
c
s
c
s2
=
4c(s 1) (k
2
x
2c)
s(s + 1)
, s = 2, 4, 6, ,
134
risultando in polinomi in x di grado n = 1, 3, 5, se k
2
x
= 2c(2n+1). Insieme
troviamo le seguenti soluzioni X
n
(x) =
n
(x)e
cx
2
, dove
n
(x) `e un polinomio
di grado n = 0, 1, 2, 3, 4, e k
2
x
= 2c(2n+1). Raccogliendo X, Y e Z risulta
_
k
2
= 2c(2n + 3), n = 0, 1, 2, 3, ,
(x, y, z) = e
c(x
2
+y
2
+z
2
)

n
1
(x)
n
2
(y)
n
3
(z),
(V.71)
dove n = n
1
+n
2
+n
3
.
c. Analisi dei polinomi. Sostituendo z = x

2c e v(z) = (x) si arriva


allequazione dierenziale di Hermite (IV.77). Quindi i polinomi
n
(x) nella
(V.71) sono proporzionali a H
n
(x

2c), dove H
n
`e il poinomio di Hermite di
grado n. Vale la relazione dortogonalit`a [vedi la (IV.79)]
_

H
n
(x

2c)H
m
(x

2c)e
2cx
2
dx =
2
n
(n!)

2c

n,m
,
dove
n,m
`e la delta di Kronecker.
I polinomi w
m
(t) (m = n l = 0, 1, 2, . . .) soddisfano lequazione dieren-
ziale
tw

m
(t) + (l +
3
2
t)w

m
(t) +mw
m
(t) = 0.
Questultima equazione coincide con lequazione dierenziale di Laguerre per
= l +
1
2
[vedi la (IV.87)]. Quindi w
m
(t) `e proporzionale al polinomio di
Laguerre L
(l+
1
2
)
m
(t). In altre parole,

l,n
(r) = cost.r
l
L
(l+
1
2
)
nl
(2cr
2
).
Calcoliamo ora il numero N
n
di autofunzioni linearmente indipendenti cor-
rispondenti allo stesso livello di energia, cio`e allo stesso intero n = 0, 1, 2, . . ..
Dalla derivazione in coordinate cartesiane segue che N
n
`e uguale al numero di
punti (n
1
, n
2
, n
3
) con coordinate intere non negative per cui n
1
+n
2
+n
3
= n.
Dalla derivazione in coordinate sferiche segue che
N
n
=
_

_
#(n
1
, n
2
, n
3
) Z
+
: n
1
+n
2
+n
3
= n =
1
2
(n + 1)(n + 2),

l=0,1,...,n
nl pari
(2l + 1) =
1
2
(n + 1)(n + 2),
dove ci rendiamo conto del fatto che ad ogni l = 0, 1, 2, 3, . . . corrispondono
2l + 1 autofunzioni linearmente indipendenti (corrispondenti ai valori di m =
l, l + 1, . . . , l) con lo stesso livello di energia.
135
5.3 Atomo didrogeno
In tal caso V (r) = e
2
/r, dove e `e la carica dellelettrone. Ponendo =

2
per > 0 (cio`e, richiedendo che lenergia sia negativa), lequazione di
Schrodinger (V.52) ha la seguente forma:
S

(r) +
_

2
+
e
2
r

l(l + 1)
r
2
_
S(r) = 0, (V.72)
dove l = 0, 1, 2, . Sostituendo S(r) = e
r
w(r) otteniamo
w

(r) 2w

(r) +
_
e
2
r

l(l + 1)
r
2
_
w(r) = 0. (V.73)
Sostituendo ora w(r) = r

s=0
c
s
r
s
si ottiene

s=0
_
( +s)( +s 1) l(l + 1)c
s
+e
2
2( +s 1)c
s1

r
+s2
= 0.
(V.74)
Osserviamo che il termine costante nella (V.74) coincide con (l1)(+l)c
0
.
Scegliendo = l + 1 (escludendo = l) otteniamo
c
s
c
s1
=
2(s +l) e
2
s(s + 2l + 1)
, s = 1, 2, 3, . (V.75)
Per produrre soluzioni polinomiali richiediamo che = (e
2
/2n) per n =
l + 1, l + 2, .
6
In tal caso risulta c
nl
= c
n+1l
= = 0; dunque w(r) =
r
l+1
v(r), dove v(r) `e un polinomio in r di grado n l 1. In altre parole,
_
_
_

2
n
=
e
4
4n
2
, n = l + 1, l + 2, ,
(r, , ) = r
l+1
e
e
2
r/2n
v
l,nl1
(r)Y
m
l
(, ), m = l, l + 1, , l.
(V.76)
Ponendo w(r) = r
l+1
v(r), t = 2r, e
2
= 2n e v(t) = v(r), otteniamo
t v

(t) + (2l + 2 t) v

(t) + (n l 1) v(t) = 0. (V.77)


Sostituendo x t, 2l +1 e n n l 1 nellequazione dierenziale
di Laguerre si arriva alla (V.77). Dunque v(t) `e proporzionale a L
(2l+1)
nl1
(t). In
altre parole,
_

_
E
n
=
2
n
=
e
4
4n
2
, n = l + 1, l + 2, ,
(r, , )=cost.r
l+1
e
e
2
r/2n
L
(2l+1)
nl1
_
e
2
r
n
_
Y
m
l
(, ), m = l, l + 1, , l,
(V.78)
6
Si pone n = s + l, dove s = 1, 2, . . . e l = 0, 1, 2, . . .. Quindi n = 1, 2, 3, . . . e l =
0, 1, . . . , n 1.
136
dove n = 1, 2, 3, . . ., l = 0, 1, . . . , n 1 e m = l, l + 1, . . . , l.
Osserviamo che le energie E
n
= (e
2
/2n
2
) degli stati limite dellidrogeno
vengono determinate dallintero n N. Ad ogni n N corrispondono n 1
valori di l (l = 0, 1, . . . , n1) e ad ogni tale l 2l +1 valori di m (m = l, . . . , l).
Quindi ad ogni n N corrispondono
1 + 3 + 5 + 7 + + (2n 1) = n
2
valori di (l, m) (l, m Z, [m[ l < n). In altre parole, per E = e
4
/4n
2
lequazione di Schrodinger con potenziale V (r) = (e
2
/r) ha n
2
soluzioni
linearmente indipendenti in L
2
(R
3
).
137
138
Capitolo VI
TRASFORMATA DI
FOURIER E DISTRIBUZIONI
Nella prima parte di questo capitolo introduciamo la trasformata di Fourier e
calcoliamo la funzione di Green dellequazione delle onde in R
n
.
1 Trasformata di Fourier
1.1 Trasformata di Fourier negli spazi L
1
e L
2
.
Sia f : R
n
C una funzione sommabile. Allora lintegrale (di Lebesgue)

f()
def
= F[f]() =
_
f(x)e
i(,x)
dx, R
n
,
`e assolutamente convergente e [

f()[ |f|
1
, dove |f|
1
=
_
[f(x)[ dx `e la
norma L
1
di f. In tal caso si denisce una funzione

f
F[f]()
su R
n
che si chiama la trasformata di Fourier della f. Dal teorema della
convergenza dominata
1
segue che F[f]() `e continua in R
n
.
Proposizione VI.1 Sia f L
1
(R
n
). Allora F[f]() `e continua in R
n
e
tende a zero se [[ +.
2
1
Teorema della convergenza dominata (di Lebesgue): Sia f
n

n=1
una successione di
funzioni misurabili tali che f
n
(t) f(t) per quasi ogni t, [f
n
(t)[ g(t) per quasi ogni t e
_
g(t) dt < +. Allora lim
n
_
f
n
(t) dt =
_
f(t) dt.
2
La seconda parte si chiama il Lemma di Riemann-Lebesgue.
139
Dimostrazione. La continuit`a di F[f]() al variare di segue dal teorema
della convergenza dominata (infatti, dal Lemma 6.9.1 in [4], Vol. 2). La seconda
parte segue approssimando (Re f)

e (Imf)

da una successione crescente di


funzioni semplici sommabili e applicando il teorema di Beppo-Levi.
3
2
Siano f, g L
1
(R
n
). Inoltre, siano (, )
c
il prodotto scalare complesso di
L
2
(R
n
) e (, ) quello reale. Allora F[f], F[g] L

(R
n
). In tal caso risulta per
f, g L
1
(R
n
)
(F[f], g) =
_ __
f(x)e
i(x,)
dx
_
g() d
=
_
f(x)
__
g()e
i(,x)
d
_
dx = (f, F[g]); (VI.1)
(F[f], g)
c
=
_ __
f(x)e
i(x,)
dx
_
g()d
=
_
f(x)
__
g()e
i(,x)
d
_
dx = (f, F[g]())
c
, (VI.2)
dove il secondo passaggio `e giusticato grazie al teorema di Fubini.
4
Siano f, g L
1
(R
n
). Allora il teorema di Fubini dimostra che il prodotto
di convoluzione
(f g)(x) =
_
f(y)g(x y) dy =
_
f(x y)g(y) dy
conduce ad una funzione f g L
1
(R
n
). Dal teorema di Fubini segue che
f g = g f, (f g) h = f (g h),
dove f, g, h L
1
(R
n
). Applicando la trasformazione z = x y con y ssato si
ha
F[f g]() =
_ __
f(y)g(x y) dy
_
e
i(x,)
dx
=
_ __
f(y)e
i(y,)
g(z)e
i(z,)
dy
_
dz = F[f]()F[g](). (VI.3)
3
Teorema della convergenza monotona (di Beppo-Levi): Sia f
n

n=1
una successione
crescente di funzioni misurabili non negative tali che f
n
(t) f(t) per quasi ogni t. Allora
lim
n
_
f
n
(t) dt =
_
f(t) dt.
4
Sia f(t, s) una funzione misurabile di due variabili. Supponiamo che almeno uno de-
gli integrali ripetuti
_
(
_
[f(t, s)[ ds)dt e
_
(
_
[f(t, s)[ dt)ds sia convergente. Allora si pu` o
scambiare lordine di integrazione:
_
(
_
f(t, s) ds)dt =
_
(
_
f(t, s) dt)ds.
140
In altre parole, la trasformata di Fourier manda lalgebra L
1
(R
n
) dove la mol-
tiplicazione `e il prodotto di convoluzione, nellalgebra C(R
n
) dove la moltipli-
cazione `e il prodotto algebrico usuale.
Consideriamo ora la trasformata di Fourier su L
2
(R
n
).
Teorema VI.2 (di Plancherel) Sia f L
1
(R
n
) L
2
(R
n
). Allora
1
(2)
n
_
[F[f]()[
2
d =
_
[f(x)[
2
dx. (VI.4)
Inoltre, F ammette unestensione lineare ad L
2
(R
n
) che soddisfa la (VI.4) per
ogni f L
2
(R
n
) ed `e un operatore invertibile su L
2
(R
n
).
Dimostrazione. Prima diamo la dimostrazione per n = 1.
Sia f una funzione continua e regolare a tratti con supporto in (, ).
Allora la serie di Fourier di f converge uniformemente ad f in x [, ]
(vedi [4], Teorema 2.5.2, Vol. 2):
f(x) =
a
0
2
+

n=1
(a
n
cos(nx) +b
n
sen (nx))
=
a
0
2
+

n=1
_
a
n
ib
n
2
e
inx
+
a
n
+ib
n
2
e
inx
_
=

n=
c
n
e
inx
,
dove c
n
= (1/2)
_

f(x)e
inx
dx = (2)
1
F[f](n) e

[f(x)[
2
dx =
_
[a
0
[
2
2
+

n=1
([a
n
[
2
+[b
n
[
2
)
_
= 2

n=
[c
n
[
2
=
1
2

n=
[F[f](n)[
2
.
Siccome c
n
[e
ixt
f] = (2)
1
F[f](n + t) per ogni n Z, t R e [f(x)[
2
=
[e
ixt
f(x)[
2
, risulta
_

[f(x)[
2
dx =
_
1
0

[f(x)[
2
dxdt
=
1
2

n=
_
1
0
[F[f](n +t)[
2
dt =
1
2
_

[F[f]()[
2
d.
141
Se f ha supporto compatto in R, si scelga c > 0 tale che g(x) = c
1/2
f(cx)
ha supporto in (, ). In tal caso
_

[f(x)[
2
dx =
_

[g(x)[
2
dx
=
1
2
_

[F[g]()[
2
d =
1
2
_

[F[f]()[
2
d.
Se f L
1
(R)L
2
(R), approssimiamo f da funzioni continue e regolari a tratti
con supporto compatto e troviamo la stessa relazione.
Lequazione (VI.4) dimostra che F pu`o essere estesa ad un operatore li-
neare F da L
2
(R) in L
2
(R) che soddisfa (VI.4). Inne, siccome F manda il
sottospazio denso L
1
(R) L
2
(R) di L
2
(R) nel sottospazio denso C(R) L
2
(R)
di L
2
(R) e limmagine di F `e chiuso, F `e un operatore invertibile su L
2
(R).
La generalizzazione ad n N segue applicando n trasformazioni di Fourier
unidimensionali in seguito. 2
Corollario VI.3 Sia f L
2
(R
n
). Allora loperatore inverso ha la forma
F
1
[f]() =
1
(2)
n
F[f]() =
1
(2)
n
_
f(x)e
i(x,)
dx. (VI.5)
Dimostrazione. Si ricordi che (, )
c
`e il prodotto scalare complesso in
L
2
(R
n
). Allora per f, g L
1
(R
n
) L
2
(R
n
) segue
(F[f], g)
c
= (F[f], g) = (f, F[g]) = (f, F[g]())
c
,
e questa relazione si generalizza per f, g L
2
(R
n
). Dalla (VI.4) segue che
(f, g)
c
= (2)
n
(F[f], F[g])
c
= (2)
n
(f, F[F[g]]())
c
,
dove f, g L
2
(R
n
). Siccome f, g sono arbitrarie, `e valida la (VI.5). 2
Dal Corollario VI.3 si vede subito che (2)
n/2
F `e un operatore lineare uni-
tario sullo spazio di Hilbert complesso L
2
(R
n
). Lapplicazione delloperatore
lineare (2)
n/2
F ad una funzione f L
2
(R
n
) non ne cambia la norma L
2
.
1.2 Funzioni Generalizzate di Crescita Lenta
Uno dei metodi pi` u ecaci di risoluzione dei problemi della sica matematica
`e il metodo delle trasformate di Fourier. Nel prossimo paragrafo sar`a esposta
la teoria della trasformata di Fourier per le cosidette funzioni generalizzate
di crescita lenta (distribuzioni rinvenute). Per questa ragione si deve prima
studiare la classe delle funzioni generalizzate di crescita lenta.
142
1.2.a Spazio delle funzioni fondamentali o
Riportiamo nellinsieme delle funzioni fondamentali o = o(R
n
) tutte le fun-
zioni della classe C

(R
n
) decrescenti, per [x[ +, con tutte le derivate pi` u
rapidamente di ogni potenza non negativa di 1/[x[. Deniamo la convergenza
in o come segue: la successione delle funzioni
1
,
2
, , da o converge ad
una funzione o, cio`e
k
per k in o, se, per tutti i valori dei
moltiindici
5
e , si ha
lim
k
sup
xR
n

k
(x) x

(x)

= 0.
Le operazioni di derivazione D

(x) e di sostituzione lineare non singolare


di variabili (Ay +b) (dove det A ,= 0) sono continue da o in o. Questo segue
direttamente dalla denizione di convergenza nello spazio o.
Daltro canto, la moltiplicazione per una funzione innitamente derivabile
pu`o far uscire allesterno dellinsieme o, per esempio e
|x|
2
e
|x|
2
= 1 / o.
1.2.b Spazio delle funzioni generalizzate di crescita lenta o

Si dice funzione generalizzata di crescita lenta ogni funzionale lineare continuo


sullo spazio o delle funzioni fondamentali. Denotiamo o

= o

(R
n
) linsieme
di tutte le funzioni generalizzate di crescita lenta.
`
E evidente che o

`e un
insieme lineare. Deniamo come debole la convergenza di una successione di
funzionali: una successione di funzioni generalizzate f
1
, f
2
, , appartenenti a
o

, converge ad una funzione generalizzata f o

, cio`e f
k
f per k in
o

se, per qualunque o si ha (f


k
, ) (f, ) per k . Linsieme lineare
o

dotato di convergenza debole `e detto spazio o

delle funzioni generalizzate


di crescita lenta.
1.2.c Esempi di funzioni generalizzate di crescita lenta
(a) Se f(x) `e una funzione localmente sommabile di crescita lenta allinnito,
cio`e per un certo m 0,
_
[f(x)[(1 +[x[)
m
dx < +,
questa funzione denisce un funzionale regolare f appartenente a o

in
conformit`a con la regola
(f, ) =
_
f(x)(x) dx, o.
5
Se x = (x
1
, , x
n
) R
n
, = (
1
, ,
n
) (N 0)
n
e = (
1
, ,
n
)
(N0)
n
, allora x

= x
1
1
x
n
n
e D

(x) = D
1
x1
D
2
x2
D
n
xn
(x). Secondo il teorema di
Schwartz, lordine di derivazione parziale non importa. Inoltre, [[ =
1
+ +
n
.
143
Ma non tutte le funzioni localmente sommabili deniscono una funzione
generalizzata di crescita lenta, per esempio, e
x
/ o

(R). Daltro canto,


non tutte le funzioni localmente sommabili appartenenti a o

sono di
crescita lenta. Per esempio, la funzione (cos e
x
)

= e
x
sen e
x
non `e di
crescita lenta, eppure denisce una funzione generalizzata da o

mediante
la formula
((cos e
x
)

, ) =
_
(cos e
x
)

(x) dx, o.
(b) La funzione Delta di Dirac `e il funzionale lineare
f

f(0), f o.
(c) La derivata D

della funzione Delta di Dirac appartiene a o

. Infatti,
il terzo membro delluguaglianza
(D

, ) = (1)
||
(, D

) = (1)
||
[D

](0)
`e un funzionale lineare continuo su o.
(d) Se f o

, allora ogni derivata D

f o

. Infatti, visto che lope-


razione di derivazione D

`e continua da o in o, il secondo membro


delluguaglianza
(D

f, ) = (1)
||
(f, D

), o,
`e un funzionale lineare continuo su o.
(e) Sia n = 1. Allora la funzione di Heaviside H, H(x) = 1 per x > 0 e
H(x) = 0 per x < 0, induce il funzionale lineare
f
H

_

0
f(x) dx, f o.
In tal caso, per f o

e o risulta
(H

, ) = (H, ) =
_

0

(x) dx = (0) = (, ).
Di conseguenza, H

= in o

.
1.3 Trasformata di Fourier delle funzioni generalizzate
di crescita lenta
La propriet`a rimarchevole della classe delle funzioni generalizzate di crescita
lenta consiste nel fatto che loperazione di trasformazione di Fourier non porta
fuori dai limiti di questa classe.
144
1.3.a Trasformazione di Fourier delle funzioni fondamentali in o
Visto che le funzioni fondamentali appartenenti a o sono sommabili in R
n
, su
queste funzioni `e denita loperazione F di trasformazione di Fourier
F[]() =
_
(x)e
i(,x)
dx, o.
In questo caso la funzione F[]() la quale rappresenta la trasformata di Fou-
rier della funzione , `e limitata e continua in R
n
. La funzione fondamen-
tale decresce allinnito pi` u rapidamente di qualunque potenza positiva di
1/[x[ e perci`o la sua trasformata di Fourier pu`o essere derivata sotto il segno
dintegrale un numero di volte arbitrario:
D

F[]() =
_
(ix)

(x)e
i(,x)
dx = F[(ix)

](), (VI.6)
da cui segue che F[] C

(R
n
). Inoltre, possiede le stesse propriet`a ogni
derivata D

e quindi
F[D

]() =
_
_
D

(x)
_
e
i(,x)
dx = (1)
||
_
(x)D

_
e
i(,x)
_
dx
= (1)
||
(i)

F[]() = (i)

F[](). (VI.7)
Inne, dalle formule (VI.6) e (VI.7) si ottiene

F[]() =

F[(ix)

]() = (i)
||+||
F[D

(x

)](). (VI.8)
Dalluguaglianza (VI.8) segue che per tutti gli , i valori di

F[]()
sono uniformemente limitati rispetto a R
n
:
[

F[]()[
_
[D

(x

)[ dx. (VI.9)
Ci`o vuol dire che F[] o. Dunque, la trasformata di Fourier trasforma lo
spazio o in se stesso.
Visto che la trasformata di Fourier F[] di una funzione appartenente a
o `e una funzione sommabile e continuamente derivabile su R
n
, allora, siccome
L
2
(R
n
), la funzione `e espressa in termini della sua trasformata di Fourier
F[] mediante loperazione di trasformazione inversa di Fourier F
1
:
= F
1
[F[]] = F[F
1
[]], (VI.10)
dove
F
1
[](x) =
1
(2)
n
_
()e
i(,x)
d =
1
(2)
n
F[](x)
=
1
(2)
n
_
()e
i(,x)
d =
1
(2)
n
F[()](x). (VI.11)
145
Dalle formule (VI.10) e (VI.11) deriva che ogni funzione appartenente a o
`e la trasformata di Fourier della funzione = F
1
[] appartenente a o, con
= F[], e se F[] = 0, anche = 0.
6
Ci`o vuol dire che la trasformazione di
Fourier F trasforma o in o ed inoltre in modo univoco.
Lemma VI.4 La trasformazione di Fourier F `e continua da o in o.
Dimostrazione. Supponiamo che
k
0 per k + in o. Allora,
applicando la (VI.9) alle funzioni
k
, si ottiene per tutti gli e
[

F[
k
]()[
_
[D

(x

k
)[ dx
sup
xR
n
[D

(x

k
)[(1 +[x[)
n+1
_
dy
(1 +[y[)
n+1
,
da cui segue che
lim
k
sup
R
n
[

F[
k
]()[ = 0,
cio`e F[
k
] 0 per k in o. Il lemma `e dimostrato. 2
La trasformazione inversa di Fourier F
1
possiede propriet`a analoghe.
1.3.b Trasformazione di Fourier delle funzioni generalizzate appar-
tenenti a o

Assumiamo luguaglianza (VI.1) come denizione di trasformata di Fourier


F[f] di qualunque funzione generalizzata di crescita lenta f:
(F[f], ) = (f, F[]), f o

, o. (VI.12)
Verichiamo che il secondo membro di questuguaglianza denisce un fun-
zionale lineare continuo su o, cio`e che F[f] o

. Infatti, visto che F[] o


per tutte le o, (f, F[]) `e un funzionale (evidentemente, lineare)
su o. Supponiamo che
k
0 per k in o. Per la Proposizione VI.1,
F[
k
] 0 per k in o e quindi, in virt` u del fatto che f appartiene a o

,
si ha (f, F[
k
]) 0 per k , di modo che il funzionale (f, F[]) `e
continuo su o. Dunque, loperazione di trasformazione di Fourier F porta lo
spazio o

in o

.
6
Se f L
1
(R
n
) e F[f] = 0, allora f = 0 quasi ovunque. Per mancanza di una descrizione
della classe delle trasformate di Fourier delle funzioni in L
1
(R
n
), questa propriet` a non si
dimostra tanto facilmente.
146
Inoltre, F `e unoperazione lineare e continua da o

in o

. La linearit`a di
F `e evidente. Dimostriamo la sua continuit`a. Supponiamo che f
k
0 per
k in o

. In questo caso, in base alla (VI.12), si ottiene per tutte le o


(F[f
k
], ) = (f
k
, F[]) 0, k .
Ci`o signica che F[f
k
] 0 per k in o

, cio`e loperazione F `e continua


da o

in o

.
Introduciamo in o

ancora unoperazione di trasformazione di Fourier che


denotiamo con F
1
:
F
1
[f] =
1
(2)
n
F[f(x)], f o

. (VI.13)
Dimostriamo che loperazione F
1
`e unoperazione inversa di F, cio`e
F
1
[F[f]] = f, F[F
1
[f]] = f, f o

. (VI.14)
Infatti, dalle (VI.10)-(VI.13) per tutte le o, si ottengono le uguaglianze
(F
1
[F[f]], ) =
1
(2)
n
(F[F[f]()], ) =
1
(2)
n
(F[f](), F[])
=
1
(2)
n
(F[f], F[]()) = (F[f], F
1
[]) = (f, F[F
1
[]])
= (f, ) = (f, F
1
[F[]]) = (F
1
[f], F[]) = (F[F
1
[f]], ),
dove abbiamo utilizzato le corrispondenti propriet`a in o al sesto ed al settimo
passaggio.
7
Ora seguono le formule (VI.14).
Dalle formule (VI.14) deriva che ogni funzione generalizzata f appartenen-
te a o

`e la trasformata di Fourier della funzione generalizzata g = F


1
[f]
appartenente a o

, con f = F[g], e se F[f] = 0, si ha anche f = 0. Abbiamo,


quindi, dimostrato che le trasformazioni di Fourier F e F
1
trasformano o

in
o

in modo biunivoco e continuo.


Supponiamo che f = f(x, y) o

(R
n+m
) dove x R
n
ed y R
m
. Introdu-
ciamo la trasformata di Fourier F
x
[f] rispetto alle variabili x = (x
1
, x
2
, , x
n
),
ponendo per qualunque = (x, y) o(R
n+m
)
(F
x
[f], ) = (f, F

[]). (VI.15)
Come nella Proposizione VI.1, si stabilisce che
F

[](x, y) =
_
(, y)e
i(,x)
d o(R
n+m
)
7
Si noti che o L
2
(R
n
).
147
e loperazione F

[] `e continua da o(R
n+m
) in o(R
n+m
), di modo che la formula
(VI.15) denisce realmente una funzione generalizzata F
x
[f](, y) appartenente
a o

(R
n+m
).
Esempio. Dimostriamo che
F[(x x
0
)] = e
i(,x
0
)
. (VI.16)
Infatti,
(F[(x x
0
)], ) = ((x x
0
), F[]) = F[](x
0
)
=
_
()e
i(,x
0
)
d = (e
i(,x
0
)
, ), o.
Ponendo nella (VI.16) x
0
= 0, si ottiene
F[] = 1, (VI.17)
da cui
= F
1
[1] =
1
(2)
n
F[1],
di modo che
F[1] = (2)
n
(). (VI.18)
1.3.c Propriet`a della trasformazione di Fourier
(a) Derivazione della trasformata di Fourier. Se f o

, si ha
D

F[f] = F[(ix)

f]. (VI.19)
Infatti, utilizzando la (VI.7), si ottiene per tutte le o
(D

F[f], ) = (1)
||
(F[f], D

) = (1)
||
(f, F[D

])
= (1)
||
(f, (ix)

F[]) = ((ix)

f, F[]) = (F[(ix)

f], ),
da cui segue la formula (VI.19).
In particolare, ponendo nella (VI.19) f = 1 ed utilizzando la formula
(VI.18), abbiamo
F[x

]() = i
||
D

F[1]() = (2)
n
i
||
D

(). (VI.20)
148
(b) Trasformata di Fourier della derivata. Se f o

, si ha
F[D

f] = (i)

F[f]. (VI.21)
Infatti, utilizzando la formula (VI.6), si ottiene per tutte le o
(F[D

f], ) = (D

f, F[]) = (1)
||
(f, D

F[])
= (1)
||
(f, F[(i)

]) = (1)
||
(F[f], (i)

) = ((i)

F[f], ),
da cui segue la formula (VI.21).
(c) Trasformata di Fourier di una traslazione. Se f o

, si ha
F[f(x x
0
)] = e
i(x
0
,x)
F[f]. (VI.22)
Infatti, abbiamo per tutte le o
(F[f(x x
0
)], ) = (f(x x
0
), F[]) = (f, F[](x +x
0
))
= (f, F[e
i(x
0
,)
]) = (F[f], e
i(x
0
,)
) = (e
i(x
0
,)
F[f], ),
da cui segue la formula (VI.22).
(d) Traslazione della trasformata di Fourier. Se f o

, si ha
F[f]( +
0
) = F[e
i(
0
,x)
f](). (VI.23)
Infatti, utilizzando la formula (VI.22), si ottiene per tutte le o
(F[f]( +
0
), ) = (F[f], (
0
)) = (f, F[(
0
)])
= (f, e
i(
0
,x)
F[]) = (e
i(
0
,x)
f, F[]) = (F[e
i(
0
,x)
f], ),
da cui segue la formula (VI.23).
(e) Trasformata di Fourier di similitudine (con riessione). Se f
o

, per tutti i valori reali di c ,= 0 si ha


F[f(cx)]() =
1
[c[
n
F[f]
_

c
_
, (VI.24)
poich`e per tutte le o abbiamo
(F[f(cx)], ) = (f(cx), F[]) =
1
[c[
n
_
f, F[]
_
x
c
__
=
1
[c[
n
_
f,
_
()e
i(
x
c
,)
d
_
= (f,
_
(c

)e
i(x,

)
d

) = (f, F[(c)])
= (F[f], (c)) =
1
[c[
n
_
F[f]
_

c
_
,
_
.
149
2 Funzioni di Green
Nel Cap. IV abbiamo introdotto le funzioni di Green dei problemi di Sturm-
Liouville unidimensionali. Sotto lipotesi che zero non sia autovalore, abbiamo
convertito il problema di Sturm-Liouville
Lu = (pu

+qu = u +f, x (0, L),


h
1
u(0) h
2
u

(0) = 0,
H
1
u(L) +H
2
u(L) = 0,
in unequazione integrale
u Gu = Gf,
u(x)
_
L
0
((x, y)u(y) dy =
_
L
0
((x, y)f(y) dy.
Si vede subito (in modo non molto rigoroso) che per = 0 e f(x) = (x x
0
)
la soluzione
u(x) = ((x, x
0
).
Quindi la funzione di Green potrebbe essere considerata come la soluzione del
problema di Sturm-Liouville (per = 0) se il termine non omogeneo f `e una
funzione delta di Dirac.
In questo paragrafo introdurremo una generalizzazione della funzione di
Green ad alcuni problemi di Sturm-Liouville multidimensionali.
2.1 Equazione di Laplace-Poisson
Consideriamo lequazione di Laplace-Poisson in n variabili
c
n
= (x), x R
n
. (VI.25)
Per calcolare la sua soluzione in o

(R
n
) applichiamo la trasformata di Fourier.
Poich`e =

n
j=1
D

j
per
j
= (0, . . . , 0, 2, 0, . . . , 0) con il 2 al j-esimo posto,
si ottiene dalla (VI.25)
[[
2
F[c
n
]() = 1, (VI.26)
e quindi
F[c
n
]() =
_

1
[[
2
, n = 2,
1
[[
2
, n 3.
(VI.27)
Per n 3 la (VI.27) is valida, poich`e 1/[[
2
`e localmente sommabile in R
n
per
n 3.
150
Per n = 2 bisogna riinterpretare il rapporto 1/[[
2
, poich`e questultima
funzione ha una singolarit`a non sommabile allorigine. In tal caso si denisce
il valore principale di Cauchy (inglese: Cauchys principal value)
_

1
[[
2
,
_
=
_
||<1
() (0)
[[
2
d +
_
||1
()
[[
2
d, o.
Per dimostrare che [[
2
`e veramente la soluzione della (VI.25) per n = 2, si
calcola
_
[[
2

1
[[
2
,
_
=
_
||<1
[[
2
() [[[
2
()]
=0
[[
2
d +
_
||1
[[
2
()
[[
2
d
=
_
() d = (1, ), o.
Quindi [[
2
[[
2
= 1 in o.
Teorema VI.5 Si ha
c
n
(x) =
_

_
1
2
ln
_
1
[x[
_
, n = 2,
1
4[x[
, n = 3,
1
(n 2)
n
[x[
n2
, n 3,
(VI.28)
dove
n
`e la misura di S
n1
.
8
Dimostrazione. Ci limitiamo ai casi n = 3 e n = 2.
Presentiamo prima la dimostrazione per n = 3. Infatti, per n = 3 e o
si ha
F
1
_
1
[x[
2
_
=
1
4[x[
. (VI.29)
Considerando che la funzione 1/[[
2
`e localmente sommabile in R
3
, per tutte
8
Siano V
n
e
n
le misure della palla unitaria in R
n
e della sua supercie. In tal caso
V
n
= V
n1
B(
n+1
2
,
1
2
) =
n/2
/(
n
2
+ 1) in termini della funzione beta di Eulero B(p, q) =
((p)(q)/(p + q)). Inoltre, V
n
=
_
1
0
r
n1

d
dr =
n
/n. Quindi
n
=
n1
B(
n1
2
,
1
2
) =
2
n/2
/(
n
2
). Ovviamente V
1
= 2, V
2
= e V
3
= (4/3) e dunque
2
= 2 e
3
= 4.
151
le o otteniamo la seguente successione di uguaglianze:
_
F
1
_
1
[[
2
_
,
_
=
_
1
[[
2
, F
1
[]
_
=
_
1
[[
2
F
1
[] d
=
1
(2)
3
lim
R
_
||<R
1
[[
2
_
(x)e
i(x,)
dxd
=
1
(2)
3
lim
R
_
(x)
_
||<R
e
i(x,)
[[
2
d dx
=
1
(2)
3
lim
R
_
(x)
_
R
0
_

0
_
2
0
e
i|x| cos

2

2
d sen d d dx
=
1
(2)
2
lim
R
_
(x)
_
R
0
_
1
1
e
i|x|
dd dx
=
1
2
2
lim
R
_
(x)
[x[
_
R
0
sen ([x[)

d dx. (VI.30)
Visto che
[x[

_

R
sen ([x[)

cos([x[R)
R

_

R
cos([x[)

2
d

1
R
+
_

R
d

2
=
2
R
,
`e possibile il passaggio al limite per R sotto il segno dellintegrale
nellultimo termine delle uguaglianze (VI.30). Tenuto in conto che
_

0
sen ([x[)

d =
_

0
sen t
t
dt =

2
, [x[ , = 0,
in denitiva, si ottiene
_
F
1
_
1
[[
2
_
,
_
=
1
2
2
_
(x)
[x[
2
[x[
_

0
sen ([x[)

d =
_
(x)
4[x[
dx,
da cui segue la formula (VI.29).
Consideriamo ora il caso n = 2. Per n = 2 e o facciamo i seguenti
calcoli:
_
F
1
_

1
[[
2
_
,
_
=
_

1
[[
2
, F
1
[]
_
=
_
||<1
F
1
[]() F
1
[](0)
[[
2
d +
_
||>1
F
1
[]()
[[
d
152
=
1
(2)
2
_

_
_
||<1
1
[[
2
_
(x)
_
e
i(,x)
1

dxd+
_
||>1
1
[[
2
_
(x)e
i(,x)
dxd
_

_
=
1
(2)
2
__
1
0
1
r
_
(x)
_
2
0
_
e
ir|x| cos
1
_
ddxdr
+
_

1
1
r
_
(x)
_
2
0
e
ir|x| cos
ddxdr
_
=
1
2
__
1
0
1
r
_
(x)[J
0
(r[x[) 1] dxdr +
_

1
1
r
_
(x)J
0
(r[x[) dxdr
_
=
1
2
_
(x)
__
1
0
J
0
(r[x[) 1
r
dr +
_

1
J
0
(r[x[)
r
dr
_
dx
=
1
2
_
(x)
_
_
|x|
0
J
0
(u) 1
u
du +
_

|x|
J
0
(u)
u
du
_
dx
=
1
2
_
(x)(C
0
+ ln([x[)) dx,
da cui segue luguaglianza
F
1
_
T
1
[[
2
_
=
C
0
+ ln
_
1
[x[
_
2
,
dove
C
0
=
_
1
0
1 J
0
(u)
u
du
_

1
J
0
(u)
u
du.
Siccome la costante C
0
/2 soddisfa allequazione di Laplace, si pu`o traslasciare.
Quindi (1/2) ln(1/[x[) `e una soluzione fondamentale della (VI.25). 2
Consideriamo ora lequazione di Poisson
u = f(x), x R
n
,
dove f o

. In tal caso la trasformazione di Fourier conduce allequazione


[[
2
u() =

f(), R
n
, (VI.31)
dove

f = T[f] o

. Quindi
u() =

f()
[[
2
, R
n
,
153
rappresenta una distribuzione in o

. Applicando inne la trasformata di Fou-


rier inversa si arriva ad una soluzione u o

. Si vede subito che f o con

f(0) ,= 0 (cio`e, una f di classe C

con decadimento rapido allinnito per la f


e tutte le sue derivate parziali consecutive, ma con
_
R
n
f(x) dx ,= 0) conduce
ad una soluzione u distribuzionale. In tal caso non esiste alcuna soluzione
u L
1
(R
n
) o

, poich`e si avrebbe u(0) nito, il quale contraddice la (VI.31).


Per f o qualsiasi (ma anche per f continua con decadimento abbastanza
rapido allinnito) si ha
u(x) =
_
R
n
c
n
(x y)f(y) dy, (VI.32)
grazie alla linearit`a dellequazione di Poisson.
Per n = 2 risulta
u(x) =
1
2
_
R
2
f(y) ln
_
1
[x y[
_
dy.
Per n = 3 risulta
u(x) =
1
4
_
R
3
f(y)
[x y[
dy. (VI.33)
Sia ora G un aperto limitato semplicemente connesso in R
n
tale che la sua
supercie G `e regolare a tratti. In tal caso, cerchiamo la soluzione generale
u C
2
(G) C(G) dellequazione di Poisson
u = f(x), x G, (VI.34)
dove f C
1
(G)C(G). Estendendo la f fuori di G (come f(x) = 0 per x / G)
si ottiene lequazione di Poisson in R
n
per qualche f o

. Dalla (VI.32) segue


che la soluzione generale dellequazione di Poisson in G ha la forma
u(x) = v(x) +
_
G
c
n
(x y)f(y) dy, (VI.35)
dove v = 0 in G.
Si pu`o dimostrare che il massimo e minimo di una funzione armonica v
(cio`e, una soluzione v C
2
(G) C(G) dellequazione di Laplace v = 0) si
assumono sulla frontiera G. Ci`o implica che una funzione armonica che si
annulla sulla frontiera del dominio G si annulla dappertutto. Quindi per ogni
f C
1
(G) C(G) e per ogni g C(G) esiste ununica u C
2
(G) C(G)
tale che u = f in G e u[
G
= g.
Prima di dimostrare il principio del massimo, facciamo alcuni calcoli. Sia
G una regione limitata in R
n
e supponiamo la sua frontiera S regolare a tratti.
Applicando la prima formula di Green per u C
2
(G) C
1
(G) e v = 1 risulta
_
G
u dx =
_
S
u
n
dS,
154
dove n `e il versore normale esterno. Quindi per una funzione armonica u
C
2
(G) C
1
(G) risulta
_
S
u
n
dS = 0. (VI.36)
Sia x G R
n
. Utilizzando la seconda formula di Green e lidentit`a
y
c
n
(x
y) = (x y), risulta per u C
2
(G) C
1
(G) armonica:
u(x) =
_
G
(x y)u(y) dy =
_
G
(
y
c
n
(x y)) u(y)
=
_
G
(
y
c
n
(x y)) u(y) c
n
(x y)
y
u dy
=
_
S
_
u

n
y
c
n
(x y) c
n
(x y)
u
n
y
_
dS
y
,
dove lultimo passaggio segue dallarmonicit`a della u. Sostituendo la (VI.28)
si trovano le identit`a
u(x)=
_

_
1
(n 2)
n
_
S
_
1
[x y[
n2
u
n
y
u(y)

n
y
1
[x y[
n2
_
dS
y
, n 3
1
2
_
S
__
ln
1
[x y[
_
u
n
y
u(y)

n
y
ln
1
[x y[
_
dS
y
, n = 2.
Adesso consideriamo un dominio sferico S
R
di raggio R e centro lorigine.
Sia x = 0. Sia S
R
la supercie della sfera di questa sfera. Allora
u(0) =
_

_
1
(n 2)
n
_
S
R
_
1
R
n2
u
n
y
u(y)

n
y
1
[y[
n2
_
dS
y
, n 3
1
2
_
S
R
__
ln
1
R
_
u
n
y
u(y)

n
y
ln
1
[y[
_
dS
y
, n = 2.
Utilizzando la (VI.36) otteniamo
u(0) =
_

_
1
(n 2)
n
_
S
R
u(y)

n
y
1
[y[
n2
dS
y
=
1

n
R
n1
_
S
R
u(y) dS
y
, n 3
1
2
_
S
R
u(y)

n
y
ln
1
[y[
dS
y
=
1
2R
_
S
R
u(y) dy, n = 2.
Siccome
n
R
n1
(per n 3) oppure 2R (per n = 2) `e la misura di S
R
, si ha
1

n
R
n1
_
S
R
[u(y) u(0)] dS
y
= 0, n 2.
Essendo
n
R
n1
la misura della ipersfera di raggio R in R
n
, non si pu`o avere
u(y) u(0) o u(y) u(0) per quasi ogni y S
R
per u non costante. In altre
155
parole, se u ha un punto di massimo o di minimo (relativo) allinterno di G,
allora u deve essere costante in ogni palla intorno a quel punto di massimo o
minimo contenuta in G.
Teorema VI.6 [principio del massimo]. Se una funzione u(x) , costante
`e armonica in una regione limitata G e appartiene a C
2
(G) C
1
(G), questa
funzione non pu`o assumere i suoi valori massimo e minimo in G.
Dimostrazione. Sia x G un punto di massimo della funzione armonica
u su G. Scegliendo un dominio sferico U
1
con la sua chiusura contenuta in
G, u `e anche armonica su quel dominio. Grazie al ragionamente precedente la
funzione u deve essere costante su quel sottodominio sferico.
Prendiamo ora due punti arbitrari x, y G tali che u assume il suo massimo
in x. Siccome G`e una regione e quindi `e connesso per archi, esiste una funzione
continua : [0, 1] G tale che (0) = x e (1) = y. Allora la compattezza
di [0, 1] conduce allesistenza di un numero nito di palle U
1
, . . . , U
n
con centri
x
0
= x, x
1
, . . . , x
n
= y sulla curva ([0, 1]) tale che U
1
, . . . , U
n
coprono ([0, 1])
e U
j
U
j+1
,= (j = 1, . . . , n1). In tal caso segue che u assume il suo massimo
nei punti x
1
, . . . , x
n
e quindi che u `e costante in ogni palla U
j
(j = 1, . . . , n).
Ci`o implica che u(x) = u(y). In altre parole, u `e costante.
Lo stesso ragiomento vale per un punto di minimo allinterno di G. 2
Dal teorema precedente segue che una funzione armonica non pu`o avere
allinterno di una regione n`e massimi, n`e minimi locali.
Corollario VI.7 Sia u C
2
(G)C
1
(G) una funzione armonica. Se u(x) 0
sulla frontiera S, si ha u(x) 0 in G.
2.2 Equazione di Helmholtz
Studiamo ora lequazione di Helmholtz
( +)c
n
= (x), x R
n
, (VI.37)
dove C `e una costante. Applicando la trasformata di Fourier otteniamo
([[
2
)F[c
n
]() = 1, (VI.38)
e dunque per C [0, ) risulta immediatamente
F[c
n
]() =
1
[[
2

. (VI.39)
Per C [0, ) lespressione nella (VI.39) appartiene ad o e quindi c
n
o.
156
Il caso di maggior interesse `e quello in cui = k
2
[0, ). In tal caso la
(VI.37) ha la forma
( +k
2
)c
n
= (x), x R
n
, (VI.40)
dove k R.
Teorema VI.8 Si ha
c
n
(x) =
_

_
i
4
H
(1)
0
(k[x[), n = 2,
e
ik|x|
4[x[
, n = 3,
(VI.41)
dove H
(1)
0
`e la funzione di Hankel di prima specie di ordine zero.
Dimostrazione. Ci limitiamo al caso n = 3. Utilizando

x
j
1
[x[
=
x
j
[x[
3
,

x
j
e
ik|x|
=
ikx
j
[x[
e
ik|x|
,
si calcola facilmente che
e
ik|x|
=
_
2ik
[x[
k
2
_
e
ik|x|
.
Quindi
( +k
2
)e
ik|x|
= e
ik|x|

1
[x[
+ 2
_
e
ik|x|
,
1
[x[
_
+
1
[x[
e
ik|x|
+
k
2
[x[
e
ik|x|
= e
ik|x|

1
[x[
+
_

2ik
[x[
2
+
2ik
[x[
2

k
2
[x[
+
k
2
[x[
_
e
ik|x|
= e
ik|x|

1
[x[
= 4e
ik|x|
(x) = 4(x),
dove abbiamo utilizzato lidentit`a
_

1
[x[
,
_
= 4(0) = 4(, ), o. (VI.42)
Per dimostrare la (VI.42) esprimiamo in coordinate sferiche e sfruttia-
157
mo il fatto che
1
|x|
`e sommabile. Infatti, per o abbiamo
_

1
[x[
,
_
=
_
1
[x[
,
_
= lim
0
+
_
|x|
1
[x[
dx
= lim
0
+

dr
r
2
_
0
d

_
0
d
_
1
sin

2
+

_
sin

_
+ sin

r
_
r
2

r
__
= lim
0
+
_
_

dr
r
_

0
d
sin
_

_
2
=0
+
_

dr
r
_
2
0
d
_
sin

=0
+
_
2
0
d
_

0
(sin )d
__
r

r
_

r=

dr

r
__
= lim
0
+
_
2
0
d
_

0
(sin )d
_
r

r
(r, , )
_

r=
=
_
2
0
d
_

0
(sin )d
_
r

r
(r, , )
_

r=0
=
_
2
0
d
_

0
(sin )d[(r, , )]

r=0
= (r = 0)
_
2
0
d
_

0
(sin )d = 4(0).
Ci`o implica la (VI.42). 2
La soluzione della (VI.40) in Eq. (VI.41) si comporta asintoticamente come
P(
1
|x|
)e
ik|x|
se [x[ , dove P `e una funzione elementare che dipende soltanto
dalla dimensione n del problema. Siccome lequazione (VI.40) contiene k
2
anzicch`e k, si aspetta lesistenza di unaltra soluzione di tipo P(
1
|x|
)e
ik|x|
.
Infatti, si ha per questaltra soluzione
c
n
(x) =
_

i
4
H
(2)
0
(k[x[), n = 2,
e
ik|x|
4[x[
, n = 3,
(VI.43)
dove H
(2)
0
`e la funzione di Hankel di seconda specie di ordine zero.
Le soluzioni c
n
(x) e c
n
(x) rappresentano onde sferiche decrescenti in R
n
.
Spesso lequazione di Helmholtz `e proveniente da unapplicazione (in ottica,
acustica, sismica, ecc.), dove (a) la scelta di k reale ha il signicato sico
dellassenza di assorbimento e quindi lassorbimento viene modellizzato da una
k C, e (b) lequazione di Helmholtz si ottiene della corrispondente equazione
158
delle onde sostituendo u(x, t) = e
it
v(x) oppure u(x, t) = e
it
v(x). La prima
scelta conduce a k = /c (c `e la velocit`a dellonda) con parte immaginaria non
negativa, mentre la seconda scelta conduce ad una k con parte immaginaria
non positiva. Se facciamo la prima scelta, la funzione di Green da considerare
`e c
n
(x); se facciamo la seconda scelta ci vuole c
n
(x).
Consideriamo lo scattering di unonda piana e
ik(,x)
di direzione S
n1
da un ostacolo limitato (in cui la velocit`a della onda `e diversa da 1, la sua
velocit`a fuori dellostacolo). Allora bisogna risolvere lequazione di Helmholtz
(VI.40) sotto la condizione di Sommerfeld
9
u(k, x, ) = e
ik(,x)
+A(k,
x
[x[
, )c
n
(x)
_
1 +O
_
1
[x[
__
, [x[ , (VI.44)
dove lassorbimento corrisponde ad una k con parte immaginaria positiva.
Lampiezza A(k, ,

) dipende da k e dalle direzioni darrivo

e partenza
. Se si conoscono le caratteristiche siche dellostacolo, si pu`o risolvere il
cosiddetto problema diretto e calcolare lampiezza. Spesso si interessa di pi` u
della risoluzione del problema inverso del calcolo delle caratteristiche siche
dellostacolo partendo dallampiezza.
3 Problemi al Contorno con Spettro Continuo
Nel Cap. IV abbiamo soltanto soltanto il problema di Sturm-Liouville unidi-
mensionale se lo spettro consiste esclusivamente di autovalori reali di moltipli-
cit`a nita senza punti di accumulazione niti. In questo paragrafo discutia-
mo alcuni problemi di Sturm-Liouville su domini illimitati dove L ha spettro
continuo.
3.1 Equazione del Calore sulla Retta e la Semiretta
Consideriamo il problema a valori iniziali
_
_
_
u
t
(x, t) =

2
u
x
2
+f(x, t), x R, t > 0,
u(x, 0) = u
0
(x).
(VI.45)
Applicando la trasformata di Fourier unidimensionale u
F
u otteniamo
_
_
_
u
t
(, t) =
2
u(, t) +

f(, t), R, t > 0,
u(, 0) = u
0
().
(VI.46)
9
La (VI.44) signica che la soluzione della equazione di Helmholtz lontano dallostaco-
lo si pu` o scrivere come la superposizione dellonda piana originale e di unonda sferiche
decrescente con unampiezza A(k,
x
|x|
, ).
159
La soluzione del problema (VI.46) `e elementare:
u(, t) = e

2
t
u
0
() +
_
t
0
e

2
(t)

f(, ) d. (VI.47)
Quindi
u(x, t) =
1
2
_

e
ix
u(, t) d
=
1
2
_

e
ix
_
e

2
t
u
0
() +
_
t
0
e

2
(t)

f(, ) d
_
d
=
_

/(x y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_

/(x y; t )f(y, ) du d,
dove
/(x, t) =
1
2
_

e
ix
e

2
t
d =
1
2
e
x
2
/4t
_

e
(
ix
2t
)
2
t
d =
1

4t
e
x
2
/4t
.
Consideriamo ora il problema a valori iniziali e al contorno
_

_
u
t
(x, t) =

2
u
x
2
+f(x, t), x R
+
, t > 0,
u(0, t) = 0, x R
+
,
u(x, 0) = u
0
(x).
(VI.48)
Per risolvere la (VI.48) introduciamo la trasformata di Fourier seno
(T
s
u)() =
_
2

_

0
u(x) sin(x) dx =
i

2
u(), (VI.49)
dove u(x) = u(x) per x R

`e lestensione di u ad una funzione dispari.


Si vede subito che
u(x) =
_
2

_

0
(T
s
u)() sin(x) d. (VI.50)
Applicando la trasformata di Fourier seno T
s
alla (VI.48) risulta
_
_
_
T
s
u
t
(, t) =
2
(T
s
u)(, t) + (T
s
f)(, t), R
+
, t > 0,
(T
s
u)(, 0) = (T
s
u
0
)(),
(VI.51)
160
e ha la soluzione unica (VI.47). Dunque
u(x, t) =
_
2

_

0
sin(x)(T
s
u)(, t)
=
_
2

_

0
sin(x)
_
e

2
t
(T
s
u
0
)() +
_
t
0
e

2
(t)
(T
s
f)(, ) d
_
d
=
_

0
/
s
(x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_

0
/
s
(x, y; t )f(y, ) dy d,
dove
10
/
s
(x, y; t) =
2

_

0
sin(x) sin(y)e

2
t
d
=
1

_

0
e

2
t
cos((x +y)) + cos((x y)) d
=
1

4t
_
e
(x+y)
2
/4t
+e
(xy)
2
/4t
_
. (VI.52)
Consideriamo ora il problema a valori iniziali e al contorno
_

_
u
t
(x, t) =

2
u
x
2
+f(x, t), x R
+
, t > 0,
u
x
(0, t) = 0, x R
+
,
u(x, 0) = u
0
(x).
(VI.53)
Per risolvere la (VI.53) introduciamo la trasformata di Fourier coseno
(T
c
u)() =
_
2

_

0
u(x) cos(x) dx =
1

2
u(), (VI.54)
dove u(x) = u(x) per x R

`e lestensione di u ad una funzione pari. Si


vede subito che
u(x) =
_
2

_

0
(T
c
u)() cos(x) d. (VI.55)
Applicando la trasformata di Fourier coseno T
c
alla (VI.53) risulta
_
_
_
T
c
u
t
(, t) =
2
(T
c
u)(, t) + (T
c
f)(, t), R
+
, t > 0,
(T
c
u)(, 0) = (T
c
u
0
)(),
(VI.56)
10
Si utilizza
1

0
e
z
2
t
cos(zt) dz =
1

4t
e
z
2
/4t
. Vedi [1], Eq. 7.4.6.
161
e ha la soluzione unica (VI.47). Dunque
u(x, t) =
_
2

_

0
cos(x)(T
c
u)(, t)
=
_
2

_

0
cos(x)
_
e

2
t
(T
c
u
0
)() +
_
t
0
e

2
(t)
(T
c
f)(, ) d
_
d
=
_

0
/
c
(x, y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_

0
/
c
(x, y; t )f(y, ) dy d,
dove
/
c
(x, y; t) =
2

_

0
cos(x) cos(y)e

2
t
d
=
1

_

0
e

2
t
cos((x +y)) + cos((x y)) d
=
1

4t
_
e
(x+y)
2
/4t
+e
(xy)
2
/4t
_
. (VI.57)
3.2 Equazione delle Onde sulla Retta
Consideriamo lequazione delle onde
_

2
u
t
2
(x, t) =

2
u
x
2
(x, t) +f(x, t), x R, t > 0,
u(x, 0) = u
0
(x),
u
t
(x, 0) = u
1
(x).
(VI.58)
Applicando la trasformata di Fourier arriviamo al sistema di equazioni
_

2
u
t
2
(, t) =
2
u(, t) +

f(, t), R, t > 0,
u(, 0) = u
0
(),
u
t
(, 0) = u
1
(),
(VI.59)
con la soluzione unica
u(, t) = cos(t) u
0
() +
sin(t)

u
1
() +
_
t
0
sin((t ))

f(, ) d. (VI.60)
Per = 0 si calcola il limite:
u(0, t) = u
0
(0) +t u
1
(0) +
_
t
0
(t )

f(0, ) d. (VI.61)
162
Quindi
u(x, t) =
1
2
_

e
ix
u(, t) d
=
1
2
_

e
ix
_
cos(t) u
0
() +
sin(t)

u
1
() +
_
t
0
sin((t ))

f(, ) d
_
d
=
_

_
H
t
(x y; t)u
0
(y) +H(x y; t)u
1
(y)
+
_
t
0
H(x y; t )f(y, ) d
_
dy,
dove
H(x y; t) =
1
2
_

e
i(xy)
sin(t)

d =
1
2
[H(y x +t)+H(y x t)] ,
H
t
(x y; t) =
1
2
_

e
i(xy)
cos(t) d =
1
2
[(y x +t) (y x t)] ,
essendo H() la funzione di Heaviside [cio`e, H() = 1 per > 0 e H() = 0
per < 0] e () quella di Dirac. In particolare, abbiamo trovato la cosiddetta
soluzione di DAlembert
u(x, t)=
1
2
[u
0
(x t) +u
0
(x +t)]+
1
2
_
x+t
xt
u
1
(y) dy+
1
2
_
t
0
_
x+t
xt+
f(y, ) dy d.
3.3 Equazione del Calore in R
n
Consideriamo il problema a valori iniziali
_
_
_
u
t
(x, t) = u +f(x, t), x R
n
, t > 0,
u(x, 0) = u
0
(x).
(VI.62)
Applicando la trasformata di Fourier unidimensionale u
F
u otteniamo
_
_
_
u
t
(, t) = [[
2
u(, t) +

f(, t), R
n
, t > 0,
u(, 0) = u
0
().
(VI.63)
La soluzione del problema (VI.63) `e elementare:
u(, t) = e
||
2
t
u
0
() +
_
t
0
e
||
2
(t)

f(, ) d. (VI.64)
163
Quindi
u(x, t) =
1
(2)
n
_

e
i(x,)
u(, t) d
=
1
(2)
n
_
R
n
e
i(x,)
_
e
||
2
t
u
0
() +
_
t
0
e
||
2
(t)

f(, ) d
_
d
=
_
R
n
/(x y; t)u
0
(y) dy +
_
t
0
_
R
n
/(x y; t )f(y, ) du d,
dove
/(x, t) =
1
(2)
n
_
R
n
e
i(x,)
e
||
2
t
d
=
1
(2)
n
e
|x|
2
/4t
_
R
n
e
(+
ix
2t
,+
ix
2t
)t
d =
_
1

4t
_
n
e
|x|
2
/4t
.
In questultima equazione i prodotti scalari sono reali, anche se i vettori sono
complessi.
164
Appendice A
Funzioni analitiche
Nel presente corso faremo uso di alcune propriet`a (da discutere in questo
paragrafo) delle funzioni analitiche.
Sia f : G C, dove G `e un aperto in C. Allora f si dice analitica se
`e derivabile rispetto alla variabile complessa z G e la sua derivata f

`e
continua. In altre parole, per ogni w G esiste un numero complesso f

(w)
tale che
f(z) = f(w) + (z w) [f

(w) +(z)] ,
dove [(z)[ 0 se [z w[ 0 per z G; inoltre, la funzione f

: G
C `e continua. Una funzione analitica `e continua. Inoltre valgono le regole
per lanaliticit`a della somma, del prodotto e della composta di due funzioni
analitiche analoghe quelle che valgono per le funzioni derivabili in una variabile
reale.
Sia f : G C una funzione denita su un aperto G in C che `e rappre-
sentabile come la somma di una serie di potenze avente raggio di convergenza
positiva in ogni punto w G. Ci`oe, per ogni w G esistono coecienti
a
n
(w)

n=0
ed un numero positivo R(w) tali che
f(z) =

n=0
a
n
(w)(z w)
n
, [z w[ < R(w). (A.1)
In tal caso f `e analitica indenitamente derivabile:
f
(k)
(z) =

n=0
(n+k)(n+k1) (n+1)a
n+k
(w)(z w)
n
, [z w[ < R(z
0
),
mentre a
n
(w) = f
(n)
(w)/(n!). Daltra parte, una funzione analitica f : G C
si pu`o scrivere nella forma (A.1) per un opportuno R(w) > 0 per ogni w G.
165
Sia f : G C una funzione analitica su un aperto G in C. Allaperto
G C facciamo corrispondere un aperto

G R
2
tale che (x, y)

G se e solo
se x +i y G. Ora deniamo u, v :

G R dalla formula
f(x +iy) = u(x, y) +i v(x, y), (x, y)

G.
Allora u, v :

G R sono dierenziabili (nel senso del corso di Analisi Mate-
matica III), esiste un numero innito di derivate parziali successive di u e v
rispetto ad x ed y, e valgono le cosiddette equazioni di Cauchy-Riemann
1
u
x
=
v
y
,
u
y
=
v
x
. (A.2)
In tal caso, abbiamo

2
u
x
2
+

2
u
y
2
=

2
v
xy


2
v
yx
= 0,

2
v
x
2
+

2
v
y
2
=

2
u
xy
+

2
u
yx
= 0. (A.3)
Usando luguaglianza (simbolica) (u+iv)(dx+i dy) = (u dxv dy) +i(v dx+
u dy), si vede facilmente (dalla (A.2)) che le forme dierenziali u dx v dy e
v dx + u dy sono ambedue chiuse. Quindi, se

G (oppure G) `e semplicemente
connesso, queste due forme dierenziali sono esatte. Di conseguenza, se G `e
semplicemente connesso e `e una curva chiusa e retticabile (cio`e, di lunghezza
ben denita e nita) in G, allora
_

(u dx v dy) = 0,
_

(v dx +u dy) = 0,
dove = (x, y) R
2
: x +i y . Ci`o implica che
_

f(z) dz =
_

(u dx v dy) +i
_

(v dx +u dy) = 0. (A.4)
Laermazione (A.4) si chiama il Teorema di Cauchy.
`
E il risultato pi` u impor-
tante della teoria delle funzioni analitiche. Osserviamo che purtroppo il ragio-
namento seguito non `e una dimostrazione esaustiva e quindi completamente
rigorosa.
Enunciamo adesso due altri importanti teoremi (collegati al precedente).
Teorema A.1 Sia f
n

n=1
una successione di funzioni analitiche sullaperto
G che converga ad una funzione f : G C uniformemente in z K per un
qualunque compatto K in G. Allora f `e analitica.
1
Se si specica il valore della f nel punto a G, allora f(z) = 2u(
1
2
[z + a],
1
2i
[z a])
f(a) = 2iv(
1
2
[z +a],
1
2i
[z a]) +f(a) per z G. Vedi [11].
166
Teorema A.2 Sia f
n

n=1
una successione di funzioni analitiche sullaperto
G tale che la serie di funzioni

n=1
f
n
(z)
converga uniformemente in z K per un qualunque compatto K in G. Allora
la sua somma rappresenta una funione analitica su G.
Discutiamo due risultati semplici ed importanti per le funzioni analitiche.
Teorema A.3 Siano f, g : G C due funzioni analitiche sullaperto connes-
so G tali che f(z) = g(z) per ogni z E, dove E `e un sottoinsieme di G con
almeno un punto di accumulazione allinterno di G. Allora f(z) = g(z) per
ogni z G.
In particolare, applicando il Teorema A.3 per g(z) 0, si vede facilmente
che una funzione analitica f , 0 ha un numero nito di zeri oppure i suoi zeri
si accumulano sulla frontiera di G.
Adesso enunciamo il fondamentale Teorema di Liouville.
Teorema A.4 Sia f : C C una funzione analitica denita sullintero piano
complesso. Allora f `e non limitata oppure costante.
La dimostrazione `e abbastanza facile. Di seguito ne diamo lo schema qui.
Sia f : C C una funzione analitica e sia C
R
il cerchio di centro 0 e raggio R
in C con orientamento positivo. Allora (2i)
1
_
C
R
(z w)
1
dz = 1 per w C
con [w[ < R (lo si controlli!) implica
2
che
f(w) =
1
2i
_
C
R
f(z)
z w
dz, [w[ < R.
Ci`o comporta [perche?] che
f

(w) =
1
2i
_
C
R
f(z)
(z w)
2
dz, [w[ < R.
Di conseguenza, se [f(z)[ M per z C, risulterebbe
[f

(w)[
1
2
2R
M
(R [w[)
2
, R > [w[,
2
Si scriva f(z) = f(w) + [f(z) f(w)] e si osservi che [f(z) f(w)]/(z w) `e analitica
in z C. Poi si applichi il Teorema di Cauchy.
167
e quindi f

(w) = 0. Siccome w C `e arbitrario, f deve essere una funzione


costante. Come corollario si aerma che una funzione analitica f : C C con
limite zero per [z[ + deve annularsi in ogni z C.
Deniamo ora le funzioni meromorfe e discutiamo le loro singolarit`a. In
primo luogo una funzione analitica f : G C con f , 0 ha un numero
nito o uninnit`a numerabile di zeri. Un numero complesso z
0
si dice zero
di ordine m per f se f(z) = (z z
0
)
m
g(z) per g : G C una funzione
analitica e g(z
0
) ,= 0. In altri termini, z
0
`e uno zero di ordine m se e solo se
f(z
0
) = f

(z
0
) = = f
(m1)
(z
0
) = 0 e f
(m)
(z
0
) ,= 0. Se G `e un aperto in C,
w G e f `e analitica su G w, il punto w si dice polo di ordine m se esiste
una funzione analitica g : G C con g(w) ,= 0 tale che f(z) = g(z)/(z w)
m
per z G w.
Sia G un aperto in C. Una funzione f si dice meromorfa su G se esiste un
sottoinsieme nito oppure numerabile E di G senza punti di accumulazione
allinterno di G tale che f sia analitica in GE ed ogni punto di E sia un polo
della f.
Teorema A.5 (Principio dellargomento) Sia f una funzione meromorfa
nellaperto G. Sia una curva chiusa, semplice e retticabile in G che non
passa per i poli e per gli zeri di f, con un orientamento tale che il sottodominio
di G racchiuso da si trova alla sinistra di . Allora
1
2i
_

(z)
f(z)
dz =
n

k=1
N(z
k
)
m

j=1
P(p
j
),
dove z
1
, , z
n
sono gli zeri in , p
1
, , p
m
sono i poli in , N(z
k
) `e lordine
dello zero z
k
e P(p
j
) `e lordine del polo p
j
.
Dimostrazione. Posta
f(z) = g(z)

n
k=1
(z z
k
)
N(z
k
)

m
j=1
(z p
j
)
P(p
j
)
,
dove g(z) `e una funzione meromorfa in G che non ha zeri n`e poli in , si ha
f

(z)
f(z)
=
n

k=1
N(z
k
)
z z
k

j=1
P(p
j
)
z p
j
+
g

(z)
g(z)
,
dove g

(z)/g(z) `e continua in e analitica in . Il teorema segue quindi


dal Teorema di Cauchy. 2
168
Corollario A.6 (Teorema di Rouche) Siano f, g funzioni meromorfe nel-
laperto G. Sia una curva chiusa, semplice e retticabile in G che non passa
per i poli e per gli zeri di f e g, con un orientamento tale che il sottodominio
di G racchiuso da si trova alla sinistra di . Se
[f(z) g(z)[ < [g(z)[, z , (A.5)
allora
Z
f
P
f
= Z
g
P
g
,
dove Z
f
e P
f
sono il numero degli zeri e dei poli della f in e Z
g
e P
g
sono
il numero degli zeri e dei poli della g in .
Dimostrazione. Lipotesi (A.5) implica che f/g manda nella palla w
C : [w1[ < 1. In questa palla si pu`o denire log(w) come funzione analitica
tale che log(w) 0 se w 1. In tal caso, (log(f/g))

= (f/g)

/(f/g) =
(f

/f) (g

/g). Quindi, utilizzando il Teorema di Cauchy e il Teorema A.5, si


ha
0 =
1
2i
_

_
f

(z)
f(z)

g

(z)
g(z)
_
dz = (Z
f
P
f
) (Z
g
P
g
).
2
Usando il Teorema di Rouche si trova facilmente una dimostrazione del
Teorema Fondamentale dellAlgebra. Sia p(z) = z
n
+ a
1
z
n1
+ + a
n
un
polinomio complesso di grado n e con coeciente principale 1. Applichiamo
il Teorema di Rouche per f(z) = p(z) e g(z) = z
n
. Siccome esiste R > 0 tale
che

f(z)
g(z)
1

1 +
a
1
z
+ +
a
n
z
n

< 1, [z[ = R,
si pu`o applicare il Teorema di Rouche per = z C : [z[ = R e = z
C : [z[ < R. Abbiamo Z
g
= n e P
f
= P
g
= 0. Quindi Z
f
= n; di conseguenza
p(z) ha n zeri nel dominio = z C : [z[ < R.
Unaltra dimostrazione si basa sul Teorema di Liouville. Se p(z) `e un
polinomio in z di grado n N senza zeri complessi, la funzione f(z) = 1/p(z)
sarebbe una funzione analitica in tutto il piano complesso tale che f(z) 0
se [z[ . Ci`o implica che f(z) = 0 per ogni z C. Contraddizione. Di
conseguenza, p(z) ha almeno uno zero complesso.
169
170
Appendice B
La Funzione Gamma
La funzione Gamma `e denita dallintegrale generalizzato assolutamente con-
vergente
(z) =
_

0
e
t
t
z1
dt = 2
_

0
s
2z1
e
s
2
ds, Re z > 0, (B.1)
dove la convergenza assoluta segue spezzando lintervallo di integrazione in due,
in (0, 1) ed in (1, +). Infatti [e
t
t
z1
[ t
Re z1
per t (0, 1) e t

[e
t
t
z1
[
0 se t + per ogni > 1. La funzione `e analitica nel semipiano destro
Re z > 0.
Dopo unintegrazione per parti si ottiene facilmente
(z + 1) = z(z), Re z > 0. (B.2)
Questidentit`a pu`o essere utilizzata per denire la funzione Gamma altrove.
Prima si denisca la funzione Gamma nella striscia 1 < Re z 0 da (z) =
(z + 1)/z, poi nella striscia 2 < Re z 1, ecc. Siccome il denominatore
nelluguaglianza (z) = (z + 1)/z si annulla per z = 0, risulta una funzione
analitica nellaperto C 0, 1, 2, 3, . Negli punti z = 0, 1, 2, la
funzione Gamma ha dei poli semplici.
Si ha (1) =
_

0
e
t
dt = 1. Utilizzando la (B.2) risulta
(n + 1) = n!, n = 0, 1, 2, . (B.3)
Un altro valore particolare della funzione Gamma `e quello per z = 1/2. Si ha
(
1
2
) =
_

0
t
1/2
e
t
dt = 2
_

0
e
u
2
du =
_

e
u
2
du =

.
Utilizzando la (B.2) si ottiene
(n +
1
2
) =
1 3 (2n 1)
2
n

, n = 0, 1, 2, . (B.4)
171
Sia ora
B(p, q) =
_
1
0
t
p1
(1 t)
q1
dt = 2
_
/2
0
(cos )
2p1
(sin )
2q1
d, (B.5)
dove min(Re p, Re q) > 0 e la trasformazione t = cos
2
serve per cambiare la
prima expressione per B(p, q) nella seconda. La funzione B(p, q) si chiama
funzione beta di Eulero. Si vede facilmente che per min(Re p, Re q) > 0
(p)(q) = 4
_

0
_

0
t
2p1
s
2q1
e
(t
2
+s
2
)
dt ds
(sostituendo t = cos e s = sin )
=
_
2
_

0

2(p+q)1
e

2
d
_
_
2
_
/2
0
(cos )
2p1
(sin )
2q1
d
_
=
__

0
t
p+q1
e
t
dt
_
_
2
_
/2
0
(cos )
2p1
(sin )
2q1
d
_
= (p +q)B(p, q).
Quindi
B(p, q) =
(p)(q)
(p +q)
, min(Re p, Re q) > 0. (B.6)
Per 0 < Re z < 1 si ha
(z)(1 z) = B(z, 1 z) =
_
1
0
t
z1
(1 t)
z
dt
= 2
_
/2
0
(sin )
2z1
(cos )
12z
d =
_

0
v
z1
1 +v
dv,
dove abbiamo sostitutuito prima t = sin
2
e poi v = tan
2
. Lultimo integrale
si pu`o scrivere in unaltra forma [vedi E.C. Titchmarsh, Theory of Functions,
Oxford Univ. Press, London, 1939; p. 105], cio`e
(z)(1 z) =

sin(z)
, (B.7)
valida per z C Z per lunicit`a delle estensioni analitiche.
172
Appendice C
Approssimazione delle funzioni
continue da polinomi
In questappendice dimostriamo il famoso teorema di Weierstrass sullappros-
simazione delle funzioni continue da polinomi. Noi seguiamo il testo di Walter
Rudin [7, Teorema 8.24]. La dimostrazione fornita nellappendice si deve a
Bernstein.
Teorema C.1 [Weierstrass] Se f `e una funzione complessa, continua in [a, b],
allora esiste una successione di polinomi P
n
tale che
lim
n
P
n
(x) = f(x)
uniformemente in x [a, b]. Se f `e reale, si possono prendere i P
n
reali.
Dimostrazione. Senza perdere la generalit`a supponiamo che [a, b] = [0, 1].
Inoltre supponiamo che f(0) = f(1) = 0. Perch`e, se il teorema `e dimostrato
in questo caso, si consideri
g(x) = f(x) f(0) x[f(1) f(0)], 0 x 1.
Allora g(0) = g(1) = 0 e, se g pu`o essere ottenuto come limite di una succes-
sione uniformemente convergente di polinomi, `e chiaro che lo stesso vale per
f, visto che f g `e un polinomio.
Inoltre, per denizione, poniamo f(x) uguale a zero per x fuori da [0, 1].
Allora f `e uniformemente continua su tutta la retta reale.
Poniamo
Q
n
(x) = c
n
(1 x
2
)
n
, n N,
dove c
n
`e scelto in modo tale che
_
1
1
Q
n
(x) dx = 1, n N. (C.1)
173
Abbiamo bisogno di alcune informazioni sullordine di grandezza dei c
n
. Dal
momento che
_
1
1
(1 x
2
)
n
dx = 2
_
1
0
(1 x
2
)
n
dx 2
_
1/

n
0
(1 x
2
)
n
dx
2
_
1/

n
0
(1 nx
2
) dx =
4
3

n
>
1

n
,
dalla (C.1) segue che
c
n
<

n. (C.2)
Si pu`o facilmente dimostrare la disuguaglianza (1x
2
)
n
1nx
2
che abbiamo
usato prima.
1
Per ogni > 0, la (C.2) implica
Q
n
(x)

n(1
2
)
n
, [x[ 1, (C.3)
e quindi Q
n
0 uniformemente in [x[ 1.
Sia ora
P
n
(x) =
_
1
1
f(x + t)Q
n
(t) dt, 0 x 1.
Le ipotesi su f ci permettono a dimostrare, con un semplice cambio di variabile,
che
P
n
(x) =
_
1x
x
f(x +t)Q
n
(t) dt =
_
1
0
f(t)Q
n
(t x) dt,
e lultimo integrale `e chiaramente un polinomio in x. Perci`o la P
n
`e una
successione di polinomi che sono reali se f `e reale.
Dato > 0, scegliamo > 0 tale che per [y x[ < si ha
[f(y) f(x)[ <

2
.
Sia M = sup [f(x)[. Servendoci dalla (C.1), della (C.3) e della relazione
Q
n
(x) 0, vediamo che, per 0 x 1,
[P
n
(x) f(x)[ =

_
1
1
[f(x +t) f(x)]Q
n
(t) dt

_
1
1
[f(x +t) f(x)[Q
n
(t) dt
2M
_

1
Q
n
(t) dt +

2
_

Q
n
(t) dt + 2M
_
1

Q
n
(t) dt
4M

n(1
2
)
n
+

2
<
per n abbastanza grande; il che conclude la dimostrazione del teorema. 2
1
`
E un corollario della disuguaglianza di Bernouilli.
174
Appendice D
INTEGRAZIONE SECONDO
LEBESGUE
Lintegrale di Riemann non basta per studiare la sica matematica, grazie alle
sua pessime propriet`a di convergenza. Daltra parte, lintegrale di Lebesgue
copre tutte le applicazioni di sica matematica ma non `e facile da introdurre in
poco tempo. Fortunatamente lo studio degli insiemi di Borel e delle funzioni
misurabili secondo Borel ci permette a generalizzare il concetto di integrale
abbastanza ma a farlo in tempi ragionevoli.
1 Insiemi di Borel
Un sottoinsieme di R
n
`e detto insieme di Borel se appartiene alla famiglia
di sottoinsiemi di R
n
pi` u piccola ottenuta dagli insiemi aperti applicando le
seguenti operazioni: 1) unione nita o numerabile, 2) intersezione nita o
numerabile, e 3) complementazione [cio`e loperazione B R
n
B].
`
E chiaro
che tutti i sottoinsiemi aperti e chiusi di R
n
sono di Borel. Per n = 1 gli
intervalli [a, b) =

n=1
(a
1
n
, b) e (a, b] =

n=1
(a, b +
1
n
) sono di Borel.
Siano a, b R
n
, dove a = (a
1
, . . . , a
n
), b = (b
1
, . . . , b
n
), a
1
< b
1
, . . .,
a
n
< b
n
. Allora
m([a, b)) = (b
1
a
1
) . . . (b
n
a
n
)
`e la misura del pluriintervallo [a, b). Per ununione nita o numerabile E di
pluriintervalli due a due disgiunti si denisce la sua misura m(E) come la
somma delle misure dei pluriintervalli, possibilmente con m(E) = +. Allora
m([a, )) = +, dove [a, +) = x R
n
: x
1
> a
1
, . . . , x
n
> a
n
. Siccome
tutte le palle B

(a) = x R
n
: |x a|
2
< sono unioni numerabili due
a due disgiunti di pluriintervalli, anche la misura di B

(a) si pu`o calcolare.


175
Osservando ora che tutti gli aperti sono unioni nite o numerabili di palle, si
pu`o estendere la misura a qualsiasi sottoinsieme aperto di R
n
.
Sia la cosiddetta -algebra degli insiemi di Borel in R
n
, dove -algebra
vuol dire una famiglia di sottoinsiemi chiusa rispetta allunione nita e nume-
rabile, allintersezione nita e numerabile e alla complementazione che contiene
linsieme vuoto e R
n
stesso, insieme con la misura di Borel. Questa misura ha
le seguenti propriet`a:
1. m() = 0 e m(R
n
) = +,
2. Se B
n

n=1
`e una famiglia numerabile di insiemi di Borel due a due
disgiunti, allora

n=1
B
n
`e un insieme di Borel e
m
_

_
n=1
B
n
_
=

n=1
m(B
n
).
Di conseguenza, se C
n

n=1
`e una successione crescente di insiemi di Borel,
allora
m
_

_
n=1
C
n
_
= lim
n
m(C
n
).
Purtroppo la -algebra degli insiemi di Borel ha la propriet`a che non tutti
i sottoinsiemi degli insiemi di Borel di misura zero sono di Borel. Per questo
motivo la -algebra di Borel viene estesa a quella di Lebesgue: Un sottoinsieme
A di R
n
si dice misurabile (secondo Lebesgue) se esiste un insieme di Borel B
tale che la cosiddetta dierenza simmetrica AB
def
= (A B) (B A) `e un
sottoinsieme di un insieme di Borel di misura zero. In tal caso si denisce
come la misura m(A) quella dellinsieme di Borel B. Si pu`o dimostrare che gli
insiemi misurabili secondo Lebesgue costituiscono una -algebra con le seguenti
propriet`a:
1. m() = 0 e m(R
n
) = +,
2. Se B
n

n=1
`e una famiglia numerabile di insiemi misurabili due a due
disgiunti, allora

n=1
B
n
`e un insieme misurabile e
m
_

_
n=1
B
n
_
=

n=1
m(B
n
).
Di conseguenza, se C
n

n=1
`e una successione crescente di insiemi misurabili,
allora
m
_

_
n=1
C
n
_
= lim
n
m(C
n
).
176
`
E molto dicile individuare un sottoinsieme di R
n
che non `e misurabile.
Dallassioma di scelta segue la sua esistenza.
1
Purtroppo esistono altri as-
siomi della teoria degli insiemi che conducono ad una situazione in cui ogni
sottoinsieme di R
n
`e misurabile.
2 Integrale di Lebesgue
Si dice funzione semplice una funzione complessa denita in R
n
che ha
soltanto un numero nito di valori e per cui tutti gli insiemi x R
n
: (x) =
c sono misurabili di misura nita. Essendo
1
, . . . ,
m
i valori diversi della
funzione semplici , si ha
(x) =
m

j=1

E
j
=
_

j
, x E
j
,
0, x R
n

m
j=1
E
j
,
dove E
1
, . . . , E
m
sono insiemi misurabili di misura nita disgiunti due a due e

E
`e la funzione caratteristica di E (cio`e,
E
(x) = 1 se x E, e
E
(x) = 0 se
x / E). Come integrale di Lebesgue si denisce
_
(x) dx
def
=
m

j=1

j
m(E
j
).
Una funzione f : R
n
C si dice misurable se per ogni insieme di Borel E
in C limmagine inversa
f
1
(E) = x R
n
: f(x) E
`e misurabile. In particolare, le funzioni continue f : R
n
C sono misurabili.
Le funzioni misurabili hanno le seguenti propriet`a:
1. Se f, g : R
n
C sono misurabili, allora f +g e f g sono misurabili.
2. Se f : R
n
C `e misurabile e C, allora f `e misurabile.
1
Dim: La relazione x y x y Q `e una relazione di equivalenza in [0, 1)
che suddivide [0, 1) in classi di equivalenza. Applicando lAssioma di Scelta, sia E un
sottoinsieme di [0, 1) che contiene esattamente un elemento di ogni classe di equivalenza.
Allora, per ogni q [0, 1) Q, E
q
def
= [(q +E) [0, 1)] [(q 1 +E) [0, 1)] `e un sottoinsieme
di [0, 1) che contiene esattamente un elemento di ogni classe di equivalenza. Se E fosse
misurable, lo sarebbe anche E
q
per ogni q [0, 1) Q. In tal caso la misura di E
q
non
dipenderebbe da q, mentre
q[0,1)Q
E
q
= [0, 1). Quindi sia lipotesi m(E) = 0 che quella
m(E) > 0 condurebbe alla contraddizione che m([0, 1)) 0, +. Di conseguenza, E non
pu` o essere misurabile.
177
3. Se f, g : R
n
C sono misurabili, allora fg `e misurabile.
4. Se f : R
n
C e g : C C sono misurabili, allora il prodotto di
composizione g f : R
n
C `e misurabile.
5. Se f, g : R
n
R sono misurabili, allora max(f, g), min(f, g), [f[ =
max(f, f), f
+
= max(f, 0) e f

= max(f, 0) sono misurabili.


6. Se f
1
, f
2
, . . . sono misurabili e f = lim
n
f
n
, allora f `e misurabile.
Deniamo ora lintegrale di Lebesgue per le funzioni misurabili non ne-
gative. Sia f : R
n
R
+
misurabile e non negativa. Allora esiste una suc-
cessione crescente di funzioni semplici non negative f
n

n=1
tali che f(x) =
lim
n
f
n
(x) per ogni x R
n
(tranne in un sottoinsieme di misura zero). In
tal caso la successione degli integrali di Lebesgue
_
f
n
(x) dx `e crescente e il
suo limite (che potrebbe essere uguale a +) si denisce come lintegrale di
Lebesgue della f:
_
f(x) dx = lim
n
_
f
n
(x) dx.
Nel seguente teorema i valori degli integrali possono essere uguali a +.
Teorema D.1 (Beppo-Levi) Sia f
n

n=1
una successione crescente di fun-
zioni misurabili non negative. Sia f(x) = lim
n
f
n
(x) per x R
n
. Allora
lim
n
_
f
n
(x) dx =
_
f(x) dx.
Passiamo ora allintegrazione delle funzioni a valori reali. Sia f : R
n
R
misurabile. Poniamo f

= max(f, 0). Allora f

: R
n
R
+
sono misurabili
e non negative e f
+
f

= f. Poniamo ora
_
f(x) dx
def
=
_

_
_
f
+
(x) dx
_
f

(x) dx se ambedue gli integrali sono niti,


+ se
_
f
+
(x) dx = + e
_
f

(x) dx < +,
se
_
f
+
(x) dx < + e
_
f

(x) dx = +,
non esistente se
_
f
+
(x) dx =
_
f

(x) dx = +.
178
Inoltre,
_
[f(x)[ dx
def
=
_

_
_
f
+
(x) dx +
_
f

(x) dx se ambedue gli integrali sono niti,


+ se
_
f
+
(x) dx = + e
_
f

(x) dx < +,
+ se
_
f
+
(x) dx < + e
_
f

(x) dx = +,
non denito se
_
f
+
(x) dx =
_
f

(x) dx = +.
Una funzione misurabile f : R
n
R si dice sommabile se ambedue gli integrali
_
f

(x) dx sono niti.


Per denire gli integrali delle funzioni misurabili f : R
n
C, si osservi
prima che Re f : R
n
R e Imf : R
n
R sono misurabili. In tal caso, se
sono deniti ambedue gli integrali
_
Re f(x) dx e
_
Imf(x) dx, allora
_
f(x) dx
def
=
_
Re f(x) dx +i
_
Imf(x) dx.
Una funzione misurabile f : R
n
C si dice sommabile se `e nito lintegrale
della funzione [f[ =
_
(Re f)
2
+ (Imf)
2
.
Lintegrale di Lebesgue ha le seguenti propriet`a:
1.
_
(f(x) g(x)) dx =
_
f(x) dx
_
g(x) dx.
2.
_
cf(x) dx = c
_
f(x) dx,
3. [
_
f(x) dx[
_
[f(x)[ dx.
4. Se x R
n
: f(x) ,= g(x) ha misura zero, allora
_
f(x) dx =
_
g(x) dx.
Lultima propriet`a `e di estrema importanza per capire lintegrale di Lebesgue:
Il suo valore non si cambia se la funzione viene modicata su un insieme di
misura zero. Due funzione f, g come nella propriet`a 4 si dicono quasi uguali.
Oppure: Si dice che f(x) = g(x) quasi ovunque.
Inne, se E `e un sottoinsieme misurabile di R
n
, una funzione f : E C si
dice misurabile se la sua estensione

f : R
n
C denita da

f(x) =
_
f(x), x E,
0, x R
n
E,
`e misurabile. In tal caso
_
E
f(x) dx
def
=
_

f(x)
E
(x) dx,
dove
E
(x) = 1 per x E e
E
(x) = 0 per x R
n
E.
Discutiamo ora il seguente esempio illustrativo.
179
Esempio D.2 Sia f : R
+
R denita da
f(x) =
_
_
_
sin(x)
x
, x > 0,
1, x = 0.
Allora la f `e continua per x 0 e quindi misurabile. Vale lintegrale di
Riemann generalizzata
_

0
sin(x)
x
dx
def
= lim
N+
_
N
0
sin(x)
x
dx =

2
.
Purtroppo questo integrale non `e un integrale di Lebesgue. Infatti,
f
+
(x) =
_
_
_
sin(x)
x
, 2(n 1) x (2n 1),
0, altrove;
f

(x) =
_
_
_

sin(x)
x
, (2n 1) x 2n,
0, altrove,
dove n = 1, 2, 3, . . .. Osservando che
_
(2n1)
2(n1)
sin(x) dx =
_
2n
(2n1)
sin(x) dx = 1,
si vede facilmente che
_
f
+
(x) dx

n=1
1
(2n 1)
= +,
_
f

(x) dx

n=1
1
2n
= +.
Quindi
_
f(x) dx non esiste nel senso di Lebesgue.
3 Alcuni Teoremi Importanti
Il seguente risultato riguarda lo scambio tra limite e integrazione.
Teorema D.3 (della convergenza dominata, di Lebesgue) Sia f
n

n=1
una successione di funzioni misurabili tali che
a. lim
n
f
n
(x) = f(x) per quasi ogni x,
180
b. per n = 1, 2, 3, . . . si ha [f
n
(x)[ g(x) per quasi ogni x, dove g `e
sommabile.
Allora
lim
n
_
f
n
(x) dx =
_
f(x) dx.
La seconda condizione `e assolutamente necessaria.
Esempio D.4 Sia : R R una funzione continua e non negativa tale che
lim
x
(x) = 0,
_

(x) dx = 1.
Ponendo f
n
(x) = (x n), si vede facilmente che
lim
n
_
f
n
(x) dx
. .
sempre uguale ad 1
= 1,
_
lim
n
f
n
(x)
. .
uguale a 0 q.o.
dx = 0.
Dunque non `e consentita lapplicazione del Teorema della Convergenza Domi-
nata.
Esempio D.5 Sia : R R
+
una funzione continua e non negativa tale che
(0) > 0, lim
x
x(x) = 0,
_

(x) dx = 1.
Ponendo f
n
(x) = n(nx), si vede subito che f
n
(x) 0 per x ,= 0 e f
n
(0)
+. Quindi
lim
n
_
f
n
(x) dx
. .
sempre uguale ad 1
= 1,
_
lim
n
f
n
(x)
. .
uguale a 0 q.o.
dx = 0.
Dunque non `e consentita lapplicazione del Teorema della Convergenza Domi-
nata.
Il Teorema della Convergenza Dominata `e fondamentale e ha molti corollari
di importanza. Per esempio, sia f(, ) : R
n
C una funzione somma-
bile che depende in modo continuo dal parametro . Allora
_
f(x, ) dx
depende in modo continuo da se esiste una funzione sommabile
g : R
n
C tale che [f(x, )[ g(x) per quasi ogni x R
n
e ogni . In-
fatti, scegliendo , basterebbe considerare una successione in
n

n=1
in
convergente ad e la successione di funzioni f
n
(x) = f(x,
n
) per n = 1, 2, 3, . . .
per dimostrare il corollario.
Lultimo risultato riguarda il cambio dellordine di integrazione.
181
Teorema D.6 (Fubini) Sia f : R
n+m
C, scritta come funzione di z =
(x, y) con x R
n
, y R
m
e z R
n+m
, misurabile e non negativa, oppure
sommabile. Allora
_
R
n+m
f(z) dz =
_
R
n
__
R
m
f(x, y) dy
_
dx =
_
R
m
__
R
n
f(x, y) dx
_
dy. (D.1)
In particolare, la (D.1) vale nei seguenti casi:
1. almeno uno degli integrali
_ _
[f(x, y)[ dy dx e
_ _
[f(x, y)[ dxdy `e nito.
2. La f `e non negativa quasi ovunque.
182
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184

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